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Italiano L2 e integrazione scolastica: una ricerca sulle competenze linguistiche degli studenti stranieri a Parma e Reggio Emilia

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ItalIano l2 e IntegrazIone scolastIca: una rIcerca sulle competenze lInguIstIche deglI studentI stranIerI a parma e reggIo emIlIa Marco Mezzadri, Università di Parma 1. Introduzione In questo contributo ci concentreremo sul percorso che ha portato a uno screening lin-guistico capillare svolto nelle province di Parma e Reggio Emilia a conclusione dell'anno scolastico 2008-09, ideato per sondare le competenze linguistico-comunicative, in particolare nell'italiano dello studio, degli studenti stranieri inseriti prevalentemente nel biennio delle scuole superiori. Accenneremo, inoltre, all'elaborazione ancora in corso di dati che sono stati ricavati dallo screening. Tuttavia, prima di passare alla descrizione dell'esperienza e all'analisi dei dati raccolti, ci pare necessario tentare una definizione del concetto stesso di lingua per lo studio. Nell'ottobre 2007 è stato reso pubblico un documento a cura dell'Osservatorio nazionale per l'integrazione degli alunni stranieri e per l'educazione interculturale che porta un titolo ambizioso: La via italiana per la scuola interculturale e l'integrazione degli alunni stra-nieri. In questo documento appare la distinzione tra Italbase e Italstudio con l'indicazione della necessità di un approfondimento di questi due concetti e gli strumenti didattici utili per affrontare le problematiche a essi correlate (p.13). A noi pare, qui, opportuno dare un'occhiata, anche se rapida e solo introduttiva, agli elementi della questione che risultano metodologicamente rilevanti per comprendere il percorso emiliano che ci accingiamo a descrivere. Le nostre riflessioni hanno preso le mosse dallo studio della letteratura di settore, da diversi decenni ricca di contributi soprattutto in ambito anglofono: alcune pietre miliari Le scelte maturate sono andate verso l'identificazione di un ambito di lingua generale per lo studio come oggetto degli interventi didattici e dell'esperienza di screening proposti. Abbiamo preferito, cioè, abbracciare una visione che vuole il tema affrontato in chiave interdisciplinare, con la identificazione di un common core (Hyland 2006, p. 11) di abilità e forme linguistiche ricorrenti in tutte o quasi tutte le varietà disciplinari. Questo ne rende, altresì, possibile il trasferimento a contesti diversi. Abbiamo scartato l'opzione di un'offerta didattica e di una linea di ricerca basate sulla
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Italiano L2 e integrazione scolastica: una ricerca sulle competenze linguistiche
ITALIANO L2 E INTEGRAZIONE SCOLASTICA: UNA RICERCA SULLE
COMPETENZE LINGUISTICHE DEGLI STUDENTI STRANIERI A PARMA E
REGGIO EMILIA
Marco Mezzadri, Università di Parma
1. Introduzione
In questo contributo ci concentreremo sul percorso che ha portato a uno screening lin-
guistico capillare svolto nelle province di Parma e Reggio Emilia a conclusione dell’anno
scolastico 2008-09, ideato per sondare le competenze linguistico-comunicative, in particolare
nell’italiano dello studio, degli studenti stranieri inseriti prevalentemente nel biennio delle
scuole superiori. Accenneremo, inoltre, all’elaborazione ancora in corso di dati che sono
stati ricavati dallo screening.
Tuttavia, prima di passare alla descrizione dell’esperienza e all’analisi dei dati raccolti,
ci pare necessario tentare una denizione del concetto stesso di lingua per lo studio.
Nell’ottobre 2007 è stato reso pubblico un documento a cura dell’Osservatorio nazionale
per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’educazione interculturale che porta un titolo
ambizioso: La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stra-
nieri. In questo documento appare la distinzione tra Italbase e Italstudio con l’indicazione
della necessità di un approfondimento di questi due concetti e gli strumenti didattici utili
per affrontare le problematiche a essi correlate (p.13).
A noi pare, qui, opportuno dare un’occhiata, anche se rapida e solo introduttiva, agli
elementi della questione che risultano metodologicamente rilevanti per comprendere il
percorso emiliano che ci accingiamo a descrivere.
Le nostre riessioni hanno preso le mosse dallo studio della letteratura di settore, da
diversi decenni ricca di contributi soprattutto in ambito anglofono: alcune pietre miliari
sono Cowie e Heaton 1977, Jordan 1997, Hyland 2006 e anche Hutchinson e Waters 1987,
Dudley-Evans e St. John 1998.
Le scelte maturate sono andate verso l’identicazione di un ambito di lingua generale
per lo studio come oggetto degli interventi didattici e dell’esperienza di screening proposti.
Abbiamo preferito, cioè, abbracciare una visione che vuole il tema affrontato in chiave
interdisciplinare, con la identicazione di un common core (Hyland 2006, p. 11) di abilità
e forme linguistiche ricorrenti in tutte o quasi tutte le varietà disciplinari. Questo ne rende,
altresì, possibile il trasferimento a contesti diversi.
Abbiamo scartato l’opzione di un’offerta didattica e di una linea di ricerca basate sulla
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Marco Mezzadri
lingua specica per lo studio, da un lato in quanto essa per denizione non è generalizza-
bile ai numerosi ambiti disciplinari in cui i soggetti dei nostri interventi sono impegnati,
dall’altro perché i livelli di competenze linguistico-comunicative su cui lavoriamo non
presuppongono, se non in maniera ridotta, la possibilità di priorizzare approfondimenti
microlinguistici in un unico ambito disciplinare o separatamente da altri. I destinatari dei
nostri interventi didattici, cui si fa cenno nei paragra successivi, sono, inoltre, studenti
verso i quali crediamo occorra mettere in atto strategie atte a sviluppare abilità di studio in
armonia con la progressione delle competenze linguistico-comunicative, come descritto in
Mezzadri 2008. Per ristrettezze di spazio, in questa sede ci limitiamo a sottolineare il taglio
dato negli interventi didattici proposti e nel test che descriviamo oltre, volto a una didattica
cognitiva che, ad esempio, trova una solida base nella centralità dei meccanismi legati alla
comprensione. Per maggiori riferimenti bibliograci, ci vediamo costretti a rimandare al
nostro lavoro Mezzadri 2007 e a Balboni 2008.
2. Il contesto
Il test si rivolge a un pubblico molto amplio di studenti stranieri delle scuole superiori,
dai neo-arrivati alle seconde generazioni. Ciò ha comportato precise scelte circa la struttura
dello strumento e l’elaborazione dei dati raccolti, sulle quali torneremo in seguito. Una per-
centuale elevata (73,31%) degli studenti testati erano inseriti nelle prime o seconde classi
del biennio.
Hanno partecipato alla rilevazione 22 scuole superiori di Reggio Emilia e della sua
provincia e 10 di Parma e provincia, per un totale di 1911 alunni testati.
Il progetto rientra in un percorso più articolato, in essere dall’anno scolastico 2006-2007
a Parma (Mezzadri 2008) ed esteso con forme e modalità in parte differenti a Reggio Emilia
a partire dall’anno scolastico 2008-2009 (Mezzadri 2009).
Lo screening è stato reso possibile grazie all’integrazione di diverse linee progettuali
e di nanziamento di cui le principali sono: a Parma, un progetto di rete nanziato dalla
Provincia di Parma, dal Piano nazionale L2 Scuole aperte e dalle risorse disponibili ex Art.
9 CCNL comparto scuola; a Reggio Emilia il percorso di testing è stato attuato attraverso le
risorse stanziate dalla Fondazione Manodori ed ex Art. 9 CCNL comparto scuola.
Sono stati coinvolti, oltre alle scuole, il Dipartimento di Italianistica dell’Universidi
Parma per il coordinamento scientico, per la creazione del test, per la formazione dei docenti
somministratori e dei valutatori, per parte delle attività di somministrazione e valutazione,
nonché per l’elaborazione dei dati di cui si fornisce un primo resoconto in questo contributo.
Dopo una prima fase sperimentale svoltasi nel mese di marzo 2009, la somministrazione
è avvenuta in tutte le scuole tra l’11 e il 16 maggio 2009.
Il percorso di testing è stato proposto a tutti gli studenti stranieri, ma ne sono state
escluse alcune tipologie, a seconda di criteri adottati in autonomia dalle singole scuole. Ad
esempio, nel periodo della somministrazione, alcune scuole stavano organizzando periodi
di stage per le classi del triennio, alcuni istituti hanno preferito non testare gli alunni delle
classi terminali (terze classi per alcuni professionali e quinte), e così via.
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Italiano L2 e integrazione scolastica: una ricerca sulle competenze linguistiche
L’attività di testing si raccorda con i corsi di italiano L2 (Italbase e Italstudio) tenutisi,
con il coordinamento dell’Università di Parma e la collaborazione di diversi Ctp di Parma e
di Reggio Emilia, durante l’anno scolastico 2008-09. I corsi si sono svolti in modo genera-
lizzato nella città di Parma e in alcuni istituti della provincia e in via sperimentale a Reggio
Emilia, coinvolgendo circa 400 studenti.
Un centinaio di studenti di tali corsi sono stati sottoposti alla prima versione del test
permettendo di validarne la struttura e contribuendo, inoltre, ai processi di sviluppo e va-
lidazione della versione nale (cfr. Carroll e Hall 1985, Weir 1990, Porcelli 1975 e 1992,
Bachman 1990, Bachman e Palmer 1996, McNamara 2006).
3. Gli obiettivi
Lo scopo principale era quello di ottenere una visione globale dei livelli di competenza
linguistico-comunicativa, in particolare per quanto riguarda l’italiano dello studio, degli
alunni non italofoni, attraverso la raccolta di una quantità di dati tale da poter considerarne
l’elaborazione rappresentativa di una realtà nel suo complesso. Dunque, lo strumento utiliz-
zato è stato creato al ne di testare la capacità degli studenti di gestire sul piano linguistico
e metacognitivo l’input scolastico in italiano L2.
A ciò si aggiungeva la volontà di fornire dati alle scuole per procedere a una valutazione
di ne anno degli alunni. Alla base di questa ipotesi di lavoro sta la considerazione che, nella
maggior parte delle situazioni studiate nel contesto geograco di riferimento, gli studenti non
italofoni, che hanno superato la prima fase di inserimento dopo l’arrivo in Italia, vengono
di norma valutati sui contenuti delle singole discipline senza un’attenta verica dei processi
di acquisizione della lingua italiana.
Nel nostro progetto, tale processo di valutazione doveva avvenire attraverso uno strumen-
to uniforme sul territorio che permettesse, altresì, di confrontare i risultati secondo diversi
parametri, ad esempio prendendo in considerazione i dati rilevati nei diversi tipi di scuola
o le diverse provenienze degli alunni.
Inoltre, era nostro obiettivo cercare di far entrare nelle scuole, anche nell’ambito del-
l’italiano L2, una proposta basata sull’idea di gestione della qualità di cui la certicazione
linguistica rappresenta una modalità efcace, ma non ancora presente per la lingua italiana
dello studio. In sostanza, le scuole accettano che i propri alunni vengano valutati sulla base
di uno strumento sviluppato esternamente da un’università.
Da ultimo, il percorso di valutazione intendeva consentire alla scuola di ottenere indi-
cazioni utili all’organizzazione delle attività didattiche di recupero per l’italiano L2 durante
l’estate 2009 e l’inizio dell’anno scolastico 2009-2010. Queste attività sono state gestite in
parte in rete tra le scuole coinvolte.
4. Le fasi del progetto
La prima fase del progetto è stata caratterizzata dalla sintesi di percorsi di ricerca svolti
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Marco Mezzadri
negli anni scolastici precedenti che avevano come scopo la rilettura delle scale di riferimento
del Quadro comune europeo per ni di studio e l’analisi delle testualità e della lingua usata
per la facilitazione linguistica per studenti non italofoni. A questo si aggiunge il lavoro che
abbiamo portato avanti per denire un sillabo delle abilità di studio in funzione di uno svi-
luppo delle competenze linguistico-comunicative in sintonia con i livelli di riferimento del
Quadro (cfr. Mezzadri 2008). Nella costruzione del test utilizzato per lo screening sono stati
impiegati le conoscenze e i dati elaborati in precedenza, creando in questo modo una cornice
di riferimento che dal Quadro si sposta verso la scuola superiore, abbracciandone i bisogni
e adattandosi alle necessità comunicative cui vanno incontro gli studenti in quei contesti.
Come affermato in apertura, la lingua dello studio che è stata affrontata come oggetto del
test non è specica, cioè riscontrabile in una singola disciplina o in un gruppo di discipline
afni, ma generale. Anche nei corsi di formazione condotti nell’ambito dei progetti di Parma
e di Reggio Emilia la lingua è in prevalenza aspecica.
La decisione su quali tipologie testuali utilizzare nel test deriva non solo dall’analisi della
lingua necessaria in contesto scolastico, dalle tipologie testuali e dalle strategie, tecniche
e abilità o sottoabilità utili per lo studio in italiano L2, ma anche da costrizioni oggettive,
come quelle date dai livelli presunti degli alunni cui il test è indirizzato o dai tempi e dalle
modalità di somministrazione e amministrazione. La versione nale del test ha, quindi,
ricompreso alcune delle tipologie testuali e le strategie o tecniche di studio riscontrate con
maggior frequenza in scuola (ad esempio la lezione frontale per l’ascolto e l’elaborazione
di appunti più o meno liberi).
La sperimentazione del prototipo è avvenuta su un centinaio di studenti inseriti in corsi
in svolgimento durante l’anno scolastico 2008-2009, ai quali sono stati proposti i diversi
elementi della prova, confermandone l’adeguatezza rispetto a criteri di validità, praticabilità
e attendibilità. Al primo prototipo è stata aggiunta la sezione di uso della lingua, anch’essa
testata su alcuni gruppi classe di tre diverse scuole superiori (circa 40 individui). In questo
caso, in particolare, si è sondata l’accettabilità della tipologia a completamento, poi risultata
quella denitiva, in sostituzione della più consueta tipologia a scelta multipla.
Il prototipo di test ha avuto anche un raffronto con docenti di italiano L2, in qualità di
esperti (Hudson e Lynch 1984).
Durante questa fase di sperimentazione, elementi di validazione del modello di test sono
stati acquisiti in maniera induttiva attraverso inferenze sulle possibili performance degli
studenti (Bachman e Palmer 1996) grazie alle analisi e ai confronti portati dagli insegnanti
incaricati della docenza nei corsi da cui provenivano gli studenti coinvolti nel piloting del
test.
Una volta ultimata la creazione del test, nella fase preparatoria, si sono svolti incontri
con i referenti per l’italiano L2 e con i docenti incaricati della somministrazione del test
nelle scuole coinvolte. Lo scopo era l’illustrazione e la condivisione del progetto di testing
e la formazione sulla ratio alla base del test, sulle caratteristiche e sulle procedure per la
sua somministrazione.
Nella fase di valutazione successiva alla somministrazione, abbiamo condotto incon-
tri di formazione hands-on cui hanno partecipato i docenti valutatori delle diverse scuole
coinvolte. Tali incontri erano nalizzati ad apprendere come applicare le indicazioni fornite
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Italiano L2 e integrazione scolastica: una ricerca sulle competenze linguistiche
sulla valutazione dei test e intendevano permettere di uniformare il più possibile le parti che
presupponevano elementi valutativi soggettivi. Successivamente, la valutazione è avvenuta
da parte dei singoli docenti o di gruppi di valutatori all’interno delle scuole.
A seguito della trasmissione dei risultati tabulati da parte delle scuole, l’Università di
Parma ha proceduto all’elaborazione centralizzata dei dati forniti.
Da ultimo, si è affrontata l’organizzazione degli interventi previsti per l’estate 2009 e
per l’inizio dell’anno scolastico 2009-2010, sulla base di documentazione e di indicazioni
fornite dal gruppo di progetto coinvolto nella rete di scuole e guidato dall’Università di
Parma, nonché alla distribuzione delle risorse disponibili sulla base dei bisogni rilevati
tramite il test.
5. Il test
5.1. La progressione per livelli
Lo strumento ambisce a rilevare le competenze linguistico-comunicative relativamente
all’italiano per la comunicazione di base in ambito scolastico e per lo studio e a distinguere
tra studenti di livello A1, A2, B1, B2, e oltre il B2. Da qui è emersa da subito la necessità
di creare attività ad elevato grado di discriminazione. Tale grado è stato esaminato nelle
versioni del test somministrate ai gruppi pilota. Mentre per quanto riguarda la determi-
nazione dei livelli di correlazione tra parti del test, nel momento in cui scriviamo è in
corso l’elaborazione e l’analisi dei dati raccolti, nell’intento di aumentare l’afdabilità e
la validità del test.
Alcune scelte di metodo applicate al test somministrato vanno forzatamente in quella
direzione. Ad esempio, si è scelto di rendere il test di comprensione scritta (basato su due
attività: una mappa concettuale e un cloze) idoneo a discriminare gli studenti dei livelli
inferiori (A1/A2, B1 basso) da quelli di livello superiore.
Altre sezioni, come la comprensione orale o la sezione di uso della lingua, mirano,
invece, a distinguere tutti i livelli considerati. Dunque, è all’interno delle sezioni stesse che
si sviluppa la possibilità di discriminare i livelli in maniera più precisa, tramite una netta
differenziazione di tipologia di tecniche utilizzate (domande inferenziali ed elaborazione
di appunti dirette soprattutto ai livelli più alti) o attraverso l’inclusione di strutture su un
continuum graduato ricavato dalla sintesi di più sillabi morfosintattici per l’italiano L2/LS.
A tal ne, si è fatto riferimento in particolare alle certicazioni linguistiche per l’italiano
(cfr. Barki et al. 2003, Minciarelli e Comodi 2005, Patota e Pizzoli 2004) e al percorso per
l’italiano L2 descritto nel volume di M.G. Lo Duca 2006.
Risulta chiaro che questo modo di procedere è frutto di un compromesso: la sommi-
nistrazione è avvenuta alla ne dell’anno scolastico 2008-2009 e gli obiettivi erano anche
di tipo indirettamente valutativo, dovendo il test permettere, come già affermato sopra, di
assumere dati per una valutazione di ne anno basata su elementi linguistico-comunicativi
in italiano L2. Tale valutazione proposta in modo capillare e attraverso l’intervento esterno
dell’università costituisce un tratto di novità nel territorio e si propone come una sda per
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Marco Mezzadri
permettere ai percorsi di apprendimento-insegnamento dell’italiano no a livelli di compe-
tenza intermedio-avanzati di essere considerati parte integrante della valutazione globale
dei percorsi scolastici degli alunni non italofoni.
Sul piano tecnico, lo strumento si presenta come un test di ingresso, non tiene conto dei
percorsi didattici degli alunni se non in funzione delle performance richieste ed è organizzato
in modo da renderne possibile la somministrazione in un’unica sessione di lavoro di circa due
ore. L’elevato numero di studenti che si prevedeva avrebbero sostenuto il test e le necessità
di comparazione e comparabilità dei risultati tra le diverse realtà scolastiche e all’interno
delle singole istituzioni coinvolte hanno comportato, sin dall’inizio, scelte univoche in merito
alla tabulazione dei risultati, della somministrazione dei test, della formazione dei docenti
somministratori e dei valutatori.
5.2. La struttura
Il test risulta diviso in diverse sezioni: comprensione orale e scritta, uso della lingua e
produzione scritta.
La sezione di comprensione orale si basa su un testo audio registrato di circa due minuti.
La tipologia testuale scelta è quella della lezione frontale. Il percorso dell’ascolto è introdotto
da un’attività di pre-ascolto che mira all’attivazione delle preconoscenze e della capacità di
anticipazione. Seguono un’attività di ascolto a scelta multipla con domande anche di tipo
inferenziale e un’attività conclusiva di appunti liberi su un segmento del brano di ascolto.
La parte di comprensione scritta presenta due testi, uno descrittivo di ambito storico-giu-
ridico, con un’attività di comprensione basata su una mappa concettuale e l’altro descrittivo
di ambito geograco con un’attività di cloze.
La procedura cloze è fonte di riessione e di dibattito dal lontano 1953 quando è stata
introdotta (Taylor 1953). Essa è stata considerata da molti punti di vista (cfr. Marello 1989)
e valutata a volte adeguata per i livelli bassi (Alderson 1979), altre volte più idonea per i
livelli alti.
La scelta di applicare la procedura cloze si fonda sull’aver accolto la visione che, in
base all’elaborazione di una considerevole mole di dati proveniente da decenni di ricerca,
la considera efcace per quanto riguarda la capacità di predizione che essa attiva (Oller e
Jonz 1994, p. 177). Un’attività di cloze permette di focalizzare l’attenzione di chi la ese-
gue su varie componenti della competenza linguistico-comunicativa: nel caso di un testo
scritto, quelle lessicale e semantica, morfosintattica e ortograca, ma anche su una com-
petenza di carattere testuale. A ciò si aggiunge la capacità di dimostrare una competenza
di tipo pragmatico e conversazionale (Hughes 1981) o fonologica nel caso di testi orali.
La nostra scelta è stata determinata dal fatto che la procedura cloze, come ricorda Chiari
(2002), è stata studiata per la sua capacità di testare una competenza globale dello studente
che include aspetti non solo linguistici, ma anche metacognitivi. In particolare, nel nostro
caso, diventava fondamentale poter cogliere elementi legati alla capacità degli alunni non
italofoni, già ai livelli elementari di competenza linguistico-comunicativa, di comprendere
un testo scritto facendo leva sulle proprie abilità di applicazione di strategie legate all’uso
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Italiano L2 e integrazione scolastica: una ricerca sulle competenze linguistiche
delle ridondanze della lingua o alla cosiddetta expectancy grammar (Oller 1979). L’altra
attività di comprensione scritta proposta, così come l’attività di comprensione orale, pur
garantendo di coprire elementi simili, presuppone meccanismi che rendono in certa misura
meno accettabile il test da parte di tutti gli studenti. Ad esempio, il completamento di una
semplice mappa concettuale può costituire un ostacolo per studenti non abituati a questa
tecnica, così come il prendere appunti durante l’ascolto di un brano presuppone che lo stu-
dente sia in grado di gestire questa tecnica. Il cloze, invece, ha dimostrato un ottimo livello
di accettabilità nel percorso di piloting effettuato e, a posteriori, attraverso l’analisi dei dati
del test somministrato a quasi duemila studenti e un elevato grado di comparabilità con le
altre componenti del test.
Questa tecnica si è rivelata meno accettabile nella percezione di diversi docenti, che
l’hanno considerata troppo semplice, probabilmente a causa della carenza di elementi di
analisi basati su decenni di letteratura di settore.
La tipologia di cloze scelta è quella “classica” con cancellazione dei termini secondo una
sequenza ssa. Questa variante della tecnica permette di focalizzarsi su una molteplicità di
elementi linguistici e di applicare ad ambiti diversi le capacità legate alla predizione e alla
ridondanza (cfr. Chavez-Oller et al. 1985). Le parole estratte vengono elencate in disordine
in un riquadro in fondo al testo.
Da ultimo, una considerazione che deniremmo “gestionale”: tra le opzioni a disposizione
il cloze risulta essere quella che forse presenta il miglior rapporto costi-beneci, essendo
rapido da preparare e ancor più da valutare.
La sezione dedicata all’uso della lingua si articola su una serie di frasi basate sul com-
pletamento di un elemento morfosintattico, con suggerimenti che vengono esplicitati solo
nei casi dubbi. Per il resto, l’alunno è chiamato a individuare sia il termine che la struttura
necessari. Viene valutata la correttezza della struttura e del lessico. Gli item sono graduati,
suddivisi in quattro livelli, corrispondenti alle competenze dal livello A1 al B2 completo.
La tipologia di attività dà, quindi, la possibilità di posizionare lo studente su un continuum
dall’A1 al livello avanzato, cioè oltre il B2. Nel paragrafo successivo viene chiarito il rap-
porto ponderale tra elementi lessicali e morfosintattici.
La produzione scritta è un testo narrativo di un massimo di cento parole stimolato da
una sequenza di immagini che costituiscono una storia.
Vengono valutati i seguenti aspetti: la correttezza morfosintattica, la proprietà e la
ricchezza lessicale, l’efcacia comunicativa, l’ortograa e la punteggiatura, l’adeguatezza
stilistica alla tipologia testuale, la coerenza del testo con la consegna.
5.3. Criteri di valutazione e ponderazione
Alla comprensione orale viene attribuito un peso del 25%. Questa sezione è stata ela-
borata seguendo i descrittori del Quadro modicati per l’Italstudio secondo la proposta
contenuta in Mezzadri 2008. In particolare, ciò è avvenuto per la sottoabilità relativa al
prendere appunti.
Alla comprensione scritta è stato assegnato un peso pari al 40%. È una sezione par-
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Marco Mezzadri
ticolarmente importante per denire le differenze di livello tra l’A1 e l’A2. Assieme, la
comprensione scritta e la comprensione orale valgono 65 punti su 100.
Il test è stato costruito in modo tale per cui il 15% dei punti conseguiti nelle sezioni
dedicate alla comprensione poggi sull’impiego di abilità metacognitive e tecniche speciche
per la lingua dello studio.
La sezione dedicata all’uso della lingua ha un valore del 10% sul totale. Trattandosi di
un’attività di completamento senza soluzioni proposte, gli studenti svolgono un’attività in
parte simile a quella espressa nell’attività di cloze, dovendo contare sulle proprie capacità
di previsione e di ricostruzione del testo, anche se gli aspetti contestuali e le ridondanze
inferibili sono limitati dalla brevità delle frasi. Gli elementi da inserire sono sia morfosin-
tattici che lessicali, nel calcolo del punteggio per ogni singolo item prevale la componente
morfosintattica. Se una risposta è corretta, essa riceve il 50% del punteggio per il lessico e
il 50% per la morfosintassi. Se vi è un errore lessicale, ma non morfosintattico, lo studente
riceve il 50% del punteggio, se l’errore è di tipo morfosintattico non viene assegnato alcun
punto.
I risultati nali sono stati suddivisi raggruppando come segue i dati secondo i livelli del
Quadro, sulla base della rilettura delle scale proposta in Mezzadri 2008: da 0 a 25% A1, da
26% a 50% A2, da 51% a 80% B1, da 81% a 90% B2, da 91% a 100% oltre il B2.
Abbiamo volutamente, anche se a malincuore, rinunciato a testare la competenza pro-
duttiva orale.
6. I risultati
A Parma e a Reggio Emilia, sono stati testati 1911 alunni in totale, di cui 636 a Parma
e 1275 a Reggio Emilia, di 72 nazionalità diverse.
6.1. I livelli di competenza
Il graco seguente mostra la distribuzione per livelli degli studenti.
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Italiano L2 e integrazione scolastica: una ricerca sulle competenze linguistiche
Il livello B1 è stato ulteriormente suddiviso in B1 basso (da 51 a 65 punti su 100 nel
test) e B1 alto. Sono stati rilevati 425 studenti (22,24%) di livello B1 basso e 465 (24,33%)
di livello B1 alto.
Il 48,66% degli studenti, dunque, si situa all’interno delle fasce del B1 alto o del B2.
I presupposti e le opzioni adottate dai progetti didattici in atto a Parma e a Reggio Emilia
contemplano (cfr. Mezzadri 2008) il raggiungimento di livello B2 compiuto (90% nel
punteggio del test) come l’obiettivo di qualità da perseguire e conseguire nel più breve
tempo possibile, consentendo agli studenti un percorso formativo nalizzato a questo
scopo che deve essere riconosciuto ai ni della valutazione curricolare degli alunni. Si
tratta di un livello di competenza linguistico-comunicativa che permette una relativa
autonomia scolastica.
Già il livello B1 alto, pur non costituendo il punto nale del percorso di formazione
suggerito, può essere visto come una sorta di livello soglia, quantomeno per alcune discipline
nelle quali il grado di input verbale è meno elevato.
In altri termini, meno di un terzo degli studenti del nostro campione raggiunge la soglia
di un B2, quantomeno iniziale, indicata sopra.
Inoltre, solo l’8,16% dei testati presenta livelli avanzati, C1/C2.
Tali dati sono così analizzabili per nazionalità o raggruppamenti di lingue afni come
segue:
6.2. Le performance per nazionalità
Lingue SAE (il gruppo è qui esteso alle lingue periferiche dello Sprachbund): 752 (39%
degli studenti sul totale del campione):
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Marco Mezzadri
Marocco: 221 (11,56%)
India: 207 (10,83%)
Cina: 116 (6,07%)
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Italiano L2 e integrazione scolastica: una ricerca sulle competenze linguistiche
6.3. Studenti di seconda generazione
Una riessione ulteriore meritano gli studenti di seconda generazione. Ne sono stati
testati 285, cioè il 14,91% del campione totale; 69 (24.21%) sono risultati di livello entro il
B1 basso (<65/100); 216 (75,79%) di livello dal B1 alto in avanti.
I dati sugli alunni di seconda generazione testati hanno manifestato una distribuzione
degna di nota: 135 (47,37%) studenti sono iscritti agli istituti professionali; 128 (44,91%)
agli istituti tecnici; 15 (5,26%) a scuole “miste” che comprendono sia istituti tecnici che
professionali; 7 (2,46%), leggasi sette, ai licei.
Non è questa la sede per considerazioni di tipo sociologico oltre che pedagogico, ma
ci sta a cuore esprimere una viva preoccupazione in merito alla palese discriminazione
sociale nei confronti degli studenti stranieri, anche quando essi sono nati in Italia, e
l’inadeguatezza del sistema scolastico attuale a promuovere pari opportunità per tutti nei
percorsi educativi.
6.4. Livelli di competenza a cinque anni almeno dall’arrivo
I dati raccolti permettono alcune altre riessioni che siamo in grado di presentare, ri-
servandoci in seguito di elaborare ulteriori percorsi di analisi del campione, in grado, forse,
di mettere in luce nuovi aspetti.
Ad esempio abbiamo prodotto un confronto tra studenti di varie nazionalità in Italia
da almeno cinque anni. Inizialmente, l’analisi è stata effettuata mantenendo separate le
nazionalità che possono essere ricomprese, adottando la proposta di Whorf, nelle cosiddette
lingue SAE (Standard Average European) (cfr. Grandi 2003, pp. 82-87) con estensione
alle lingue periferiche dello Sprachbund. I risultati mostrano che tra gli studenti ucraini
il 14,81% si posiziona tra l’A2 e il B1 basso, senza alcun A1. Presso gli ispanofoni la
percentuale scende al 13,01% con nessuno studente di livello A1. Gli albanesi presentano
una percentuale del 12,49%, senza alunni di livello A1; i moldavi/romeni il 12,66%, senza
A1 e nemmeno A2.
Raggruppando le lingue in un macrogruppo SAE, con l’inclusione di altre dello Sprach-
bund oltre a quelle sopraindicate, la percentuale risulta del 13,29%, senza alcun A1. In questa
sede, adottiamo dunque questo criterio che ci permette di considerare un maggior numero di
lingue e nazionalità. Nel gruppo denominato delle Lingue SAE non sono compresi studenti
per i quali non si abbia la certezza che siano parlanti nativi di una lingua SAE: è il caso di
alunni provenienti da paesi africani in cui l’inglese o il francese sono sì lingue ufciali, ma
giustapposte a lingue africane o creole, queste ultime non inserite aprioristicamente nello
Sprachbund SAE. Gli studenti cinesi presentano un 34% di individui compresi tra l’A1 e il
B1 basso, di cui un signicativo 10% risulta di livello A1. Per i marocchini abbiamo rilevato
una percentuale del 32,37%, di cui 3,33% A1; per gli indiani il 38%, di cui un 1% A1.
Un altro dato che ci è apparso subito piuttosto signicativo è la percentuale di C1/C2 tra
gli studenti presenti in Italia da almeno cinque anni: essa è risultata più bassa tra gli ispa-
nofoni (6,52%). Mentre il gruppo delle lingue SAE – comprensive degli ispanofoni – che
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Marco Mezzadri
continuiamo a considerare una sorta di benchmark, rileva un 18,28%; i moldavi/rumeni il
26,58% e gli ucraini il 29,63%.
Approfondendo il dato, gli ispanofoni già entro 2 anni e mezzo dall’arrivo risultano C1/C2
nel 5,26% dei casi, in media con le SAE (5,59%). In seguito si rileva uno sviluppo differente
rispetto alle altre lingue, con i livelli avanzati che risultano bloccati e un “affollamento” dei
livelli B1 alto e B2 (a 2 anni e mezzo 42,1% e a 5 anni 80,44%).
6.5. Livelli di competenza a due anni e mezzo al massimo dall’arrivo
Un altro confronto è stato fatto sui livelli globali di competenza a due anni e mezzo, al
massimo, dall’arrivo in Italia. Gli studenti raggruppati nelle lingue SAE sono sempre quasi
il doppio nei livelli alti rispetto ad altri di lingue tipologicamente più distanti dall’italiano.
Circa il 63% delle SAE a due anni e mezzo al massimo dall’arrivo in Italia presenta un
livello almeno B1 alto. Mentre tra i cinesi la percentuale è dello 0%, tra i marocchini del
26,93% e tra gli indiani del 20,45%.
Nel momento in cui scriviamo questo contributo, sono in corso ulteriori elaborazioni
dei dati raccolti, i cui risultati non sono ancora disponibili. Tuttavia, a titolo esemplicativo,
siamo in grado di anticipare alcune valutazioni quantitative sulla produzione scritta degli
studenti delle diverse nazionalità e lingue esaminate. Appare di sicuro interesse il fatto che
gli ispanofoni hanno avuto la performance peggiore con una media di 13,43 punti su 25,
a fronte dei 14,23 punti degli indiani, 14,38 dei cinesi, 15,11 dei marocchini e 15,9 degli
ucraini, confermando, in un contesto di tipo L2 scolastico, quanto già si ritrova da decenni
nella letteratura (cfr. Carrera Diaz 1979).
7. Conclusioni
Se l’appetito vien mangiando…
Il percorso sopra descritto ha evidenziato da subito la necessità di procedere a un più
approfondito confronto tra le competenze linguistiche in italiano L2 degli alunni stranieri e
in italiano L1 degli studenti italiani. Il presupposto era che i risultati del test di italiano L2
per lo studio potessero essere in qualche modo considerati parziali se il pregiudizio alla base,
cioè che gli studenti stranieri presentassero competenze linguistico-comunicative inferiori
a quelle degli italiani, non fosse stato confermato da dati validati.
Abbiamo, così, creato un secondo progetto di screening sulla base dello stesso modello
di test per la lingua dello studio, avendolo modicato in alcune parti e avendo in particolare
cambiato le logiche della suddivisione per livelli, nonché il grado di competenza minima
per poterlo affrontare. Il test è stato somministrato a oltre 1200 studenti del primo anno,
raggruppati per classe, di parecchi istituti delle città di Parma e Reggio Emilia. Qui pre-
sentiamo i dati di un gruppo di 6 istituti, 4 istituti tecnici e 2 professionali. Il campione è
formato da alunni italiani e da studenti stranieri che hanno frequentato precedentemente per
almeno due anni le scuole in Italia.
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Italiano L2 e integrazione scolastica: una ricerca sulle competenze linguistiche
Abbiamo poi denito una soglia di “sufcienza” al 60% del test con i seguenti risultati:
su 857 studenti del campione misto, italiani e stranieri insieme, il 39,90% risulta insufcien-
te, ma scorporando i due gruppi emerge che gli italiani (650 in totale) non raggiungono la
sufcienza nel 37,07% dei casi, mentre la percentuale tra i 167 stranieri sale al 59,28%.
Questi dati, anche se parziali e frutto di una campionatura selettiva, sembrano confermare
la nostra ipotesi di lavoro e rilevano la necessità di proseguire il percorso didattico iniziato
per il consolidamento delle competenze linguistiche in italiano L2 per lo studio.
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... Since 2006, the University of Parma has been active in a research programme dedicated to academic language teaching and testing. In particular, high school students' competence in Italian as an L2 for study purposes have been investigated (see Mezzadri 2008Mezzadri , 2010Mezzadri , 2011Mezzadri , 2013aMezzadri , 2013bMezzadri , 2017. Concurrently, two other closely related lines of research have been developed: the former directed to university students with a native language different from Italian (Mezzadri 2016) and the latter involving first-year university students regardless of their mother tongue. ...
... Since 2006, the University of Parma has been active in a research programme dedicated to academic language teaching and testing. In particular, high school students' competence in Italian as an L2 for study purposes have been investigated (see Mezzadri 2008Mezzadri , 2010Mezzadri , 2011Mezzadri , 2013aMezzadri , 2013bMezzadri , 2017. Concurrently, two other closely related lines of research have been developed: the former directed to university students with a native language different from Italian (Mezzadri 2016) and the latter involving first-year university students regardless of their mother tongue. ...
Article
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This article presents a test model developed to assess university students’ academic language proficiency. The context is that of Italian universities, which are required by law to assess first year students’ initial preparation. Drawing on the literature regarding test construct, it explores the validity and reliability of the test through the analysis of the data collected during an experimental implementation phase carried out at the Universities of Genova, Parma and Urbino.
... A partire dal 2006 presso l'Università degli Studi di Parma si è dato vita a un filone di ricerca dedicato alla lingua per fini di studio. In particolare, gli studi si sono concentrati sull'italiano come L2 di studenti di scuola secondaria di secondo grado (Mezzadri 2008(Mezzadri , 2010(Mezzadri , 2011(Mezzadri , 2012(Mezzadri , 2013. In parallelo, sono stati sviluppati due percorsi contigui, l'uno rivolto agli studenti universitari internazionali (Mezzadri 2016) e l'altro alla valutazione della preparazione iniziale. ...
Chapter
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Atti del IV Congresso della società di Didattica delle Lingue e Linguistica Educativa DILLE (Università Ca’ Foscari Venezia, 2-4 febbraio 2017). Il fenomeno dell’internazionalizzazione è sempre più presente in ogni sfera della vita economica, sociale e culturale del paese. In ambito educativo, l’internazionalizzazione è associata a nuove condizioni culturali e linguistiche, nuove esigenze e problemi, e i suoi effetti sono ad ampio raggio, dal momento che il fenomeno produce un impatto importante sull’educazione linguistica, sui programmi formativi per gli studenti, sulla formazione dei docenti, sull’erogazione di corsi. Dietro lo sfondo della crescente natura internazionale del sistema educativo, i contributi presentati al Congresso hanno esplorato le implicazioni per l’insegnamento/apprendimento delle lingue e per l’educazione linguistica in generale.
Article
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Although research on the cloze test has offered differing evidence regarding what language abilities it measures, there is a general consensus among researchers that not all the deletions in a given cloze passage measure exactly the same abilities. An important issue for test developers, therefore, is the extent to which it is possible to design cloze tests that measure specific abilities.Two cloze tests were prepared from the same text. In one, different types of deletions were made according to the range of context required for closure, while in the other a fixed-ratio deletion procedure was followed. These tests were administered to 910 university and pre-university students, including both native and non-native speakers of English, with approximately half assigned at random to take the fixed-ratio test and the other half taking the rationally deleted test.While both tests were equally reliable and had equal criterion validity, the fixed-ratio test was significantly more difficult. Analyses of responses to different types of deletions suggest that the difficulty of cloze items is a function of the range of syntactic and discourse context required for closure. The study also provides practical and empirically supported criteria for making rational deletions and suggests that cloze tests can be designed to measure a range of abilities.
Chapter
In this chapter, we suggest abandoning the current form of EAP for a form of EAP that is actively explorative of and taught within individual subject contexts. We argue that for students to meet the 'academic purposes' in academic subjects requires them to think in these subjects, and that this thinking is expressed through the contextualised 'English' they use. Accordingly, we argue that although many of the base elements of EAP (e.g. focus on academic style, organisation of content and so on) are sound, the underlying 'academic purpose' of the 'English' in 'English for Academic Purposes' is linguistic, and only trains students to think 'English for Academic Purposes'. Instead, the 'English' to prepare and support students in their subjects must be aligned with the 'academic purpose' and thinking of those subjects. We first review literature related to EAP and then review theories and empirical studies around the importance of context and thought to language. Following this, we draw on empirical data from interviews with subject content lecturers in the broad subject areas of Psychology, Nursing, Engineering, and Design regarding the 'academic purposes' of describing and critically evaluating an object (in this case a teapot) from their subject perspective. What these lecturers say illustrates how the 'academic purpose' of the 'English' for their subjects necessitates thinking in the subject. We argue that we need to be teaching (and students need to be learning) thinking, 'academic purpose' and 'English' in the academic subjects, and not teaching the subject of English. We propose an existential refocusing of current EAP, from its current linguistic focus, to one that explores and emulates the 'academic purpose' of the 'English' in subjects and develops this usage through training students to think in the subject.