Psichiatria e Psicoterapia, 2020, 39 (1), 225-238. 1. Attaccamento familiare e funzione del padre nel periodo perinatale Negli ultimi anni la ricerca scientifica ha fornito prove molto convincenti sull'importanza del padre fin dai primi momenti della gravidanza e riguardo la sua influenza sul rapporto madre-bambino, sulla salute mentale della madre e sullo sviluppo psicofisico dei figli. L'attaccamento tra padre e figlio è risultato molto più importante di quanto non si pensasse, anche se a lungo sottovalutato, forse in conseguenza dell'atteggiamento tenuto dallo stesso Bowlby che ha concentrato la sua attenzione sulla funzione della madre come figura di attaccamento (Baldoni, 2016). Nell'ultimo decennio, ad esempio, la ricerca ha evidenziato anche nel maschio una naturale predisposizione biologica su base evoluzionistica a prendersi cura dei bambini, testimoniata da modificazioni ormonali e neurobiologiche che si manifestano quando il padre si occupa di un neonato (Abraham et al., 2014; Swain et al. 2014; Fisher et al., 2018; Feldman, Braun e Champagne, 2019). Queste riguardano i livelli aumentati di ossitocina (che favoriscono le attività empatiche e sociali) (Cong et al., 2015; Abraham et al., 2016), la diminuzione di testosterone (che rende i padri più sensibili, meno aggressivi e meglio disposti nei confronti del neonato e della madre) (Weisman et al., 2014; Gettler et al., 2015; Saxbe et al., 2017), livelli più elevati di prolattina (che aumentano quando il neonato piange o è più vulnerabile e bisognoso di cure) (Fleming et al. 2002; Gettler, 2014) e di cortisolo (che intensificano l'attenzione verso il neonato, ma che diminuiscono nel contatto "pelle a pelle") (Fleming et al. 2002; Cong et al. 2015). Le aree e i circuiti cerebrali attivati quando ci si prende cura di un neonato sono gli stessi nell'uomo e nella donna e riguardano le funzioni cerebrali emozionali-empatiche e quelle socio-cognitive (Abraham et al., 2014; Feldman, Braun e Champagne, 2019). In modo simile alla madre, quindi, anche il padre è predisposto biologicamente a una relazione precoce di attaccamento e questa relazione svolge una funzione nello sviluppo psicofisico del figlio, come ormai testimoniato da molte ricerche. Nel corso del tempo, quando il bambino cresce, l'influenza dell'attaccamento tra padre-figlio è legata non solo alla capacità di parlargli e di rivolgersi a lui mettendosi nei suoi panni in termini di pensieri, emozioni, aspettative e bisogni (cioè di mentalizzarlo), ma anche al coinvolgerlo in attività fisiche, in azzuffate e in giochi competitivi (come quelli sportivi). Queste esperienze si riveleranno determinanti per lo sviluppo nei figli di una valida regolazione degli impulsi, particolarmente quelli aggressivi, e di capacità a propria volta mentalizzanti (riflessive). Li incoraggeranno, inoltre, nell'esplorazione dell'ambiente interno ed esterno alla famiglia (Grossmann et al., 2002, 2008; Di Folco e Zavattini, 2014). Le attività cerebrali emotive-empatiche del padre a un anno di vita del bambino, ad esempio, favoriscono lo sviluppo di una migliore regolazione emotiva del figlio a quattro anni, mentre quelle socio-cognitive favoriscono le capacità sociali (Abraham et al., 2016). Questo si rivelerà molto utile nella gestione dei rapporti extra-familiari (tra coetanei, con la scuola, con i primi partner sentimentali), in particolare durante l'adolescenza e il periodo di autonomizzazione dei figli. Sarebbe riduttivo, però, considerare il padre solo nel rapporto diretto con il figlio (lo stesso vale per la madre). Un suo compito fondamentale durante la gravidanza e l'infanzia della prole, infatti, è garantire le condizioni perché la relazione tra madre e bambino si sviluppi e si mantenga in modo