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Estendere la visione d'insieme: da Smart City a Smart Land

Authors:
  • SKY WALKER SRL

Abstract

Cittadini e tecnologia per sviluppare un'identità di territorio che guarda al futuro Per anni il concetto di Smart City è rimasto legato alla visione "futuristica" di una città completamente immersa nella tecnologia (quello che oggi si chiama "Internet of Things"): molti sensori e dispositivi elettronici pensati per monitorare, analizzare e prevedere il contesto urbano. Immediatamente il pensiero si focalizza sui temi principali, più chiacchierati, che da anni sono gli obiettivi mai affrontati davvero in modo radicale in molte città italiane: la riduzione dell'inquinamento, lo sviluppo di una mobilità sostenibile, la produzione e la gestione dell'energia elettrica a livello locale, una migliorata capacità nella raccolta e nella gestione dei rifiuti in un'ottica sempre più improntata al riciclo e un Ambiente Urbano in cui gli stessi edifici "sostenibili" (che in ottica Smart City possiamo definire Smart Buildings) contengono impianti gestibili dal telefonino e da pannelli di controllo. L'idea di Smart City ha coinciso per anni con l'idea di "Città Tecnologica", tralasciando completamente il vero elemento fondamentale della città: il cittadino, la persona che abita e fa vivere l'Ambiente Urbano e che tramite azioni e relazioni lo modifica e lo trasforma nel tempo. Ma si è andati oltre: da quando esiste questo concetto di "città intelligente", si è pensato di mettere da parte l'uomo come persona attiva e fattiva del luogo che abita, mettendo al centro dell'attenzione la tecnologia. Sensori, telecamere, dispositivi per la ricarica di veicoli, hot spot wifi, isole e info point digitali, sistemi di car e bike sharing sono solo alcuni dei sistemi digitali impiantati nelle nostre città: sistemi graditissimi dai turisti più evoluti, ma meno dai nostri cittadini italiani che ad oggi non sono stati dotati di strumenti per creare una mentalità digitale e tanto meno una competenza necessaria all'uso. Ma c'è di più, solo in rari casi si è pensato di capire se tali sistemi smart fossero davvero necessari agli utilizzatori, o se non potessero essere modificati e migliorati per adattarli meglio all'Ambiente Urbano in cui venivano inseriti. Molto spesso infatti, si tratta di progetti "trapiantati" da altre città europee, perché in tali Ambienti Urbani hanno riscosso successo, ma nessuno si è mai
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Estendere la visione d’insieme:
da Smart City a Smart Land
Silvia Bernardini (a) e Ruben Lino Villa (b)
(a) Umania srl, Via Broseta, 67/e Bergamo, +39 3479148368, silvia.bernardini@umania.it
(b) Skywalker srl, Via T. Tasso, 50, Bergamo, +39 3405583525, rubenlinovilla@gmail.com
Cittadini e tecnologia per sviluppare un’identità di territorio che
guarda al futuro
Per anni il concetto di Smart City è rimasto legato alla visione “futuristica” di
una città completamente immersa nella tecnologia (quello che oggi si chiama
“Internet of Things”): molti sensori e dispositivi elettronici pensati per
monitorare, analizzare e prevedere il contesto urbano. Immediatamente il
pensiero si focalizza sui temi principali, più chiacchierati, che da anni sono gli
obiettivi mai affrontati davvero in modo radicale in molte città italiane: la
riduzione dell’inquinamento, lo sviluppo di una mobilità sostenibile, la
produzione e la gestione dell’energia elettrica a livello locale, una migliorata
capacità nella raccolta e nella gestione dei rifiuti in un’ottica sempre più
improntata al riciclo e un Ambiente Urbano in cui gli stessi edifici “sostenibili”
(che in ottica Smart City possiamo definire Smart Buildings) contengono
impianti gestibili dal telefonino e da pannelli di controllo.
L’idea di Smart City ha coinciso per anni con l’idea di “Città Tecnologica”,
tralasciando completamente il vero elemento fondamentale della città: il
cittadino, la persona che abita e fa vivere l’Ambiente Urbano e che tramite
azioni e relazioni lo modifica e lo trasforma nel tempo. Ma si è andati oltre: da
quando esiste questo concetto di “città intelligente”, si è pensato di mettere da
parte l’uomo come persona attiva e fattiva del luogo che abita, mettendo al
centro dell’attenzione la tecnologia. Sensori, telecamere, dispositivi per la
ricarica di veicoli, hot spot wifi, isole e info point digitali, sistemi di car e bike
sharing sono solo alcuni dei sistemi digitali impiantati nelle nostre città: sistemi
graditissimi dai turisti più evoluti, ma meno dai nostri cittadini italiani che ad
oggi non sono stati dotati di strumenti per creare una mentalità digitale e tanto
meno una competenza necessaria all’uso.
Ma c’è di più, solo in rari casi si è pensato di capire se tali sistemi smart
fossero davvero necessari agli utilizzatori, o se non potessero essere modificati
e migliorati per adattarli meglio all’Ambiente Urbano in cui venivano inseriti.
Molto spesso infatti, si tratta di progetti “trapiantati” da altre città europee,
perché in tali Ambienti Urbani hanno riscosso successo, ma nessuno si è mai
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preoccupato di adattarli al nuovo contesto urbano e di analizzarne i reali effetti
sui cittadini con appropriati indici di performance e soddisfazione (KPI e SI). I
cittadini, in molti casi, si sono trovati immersi in sistemi digitali che non
capiscono fino in fondo e dunque non utilizzano, perché non hanno partecipato
al processo di creazione, nel senso che non li hanno chiesti e magari nemmeno
li vogliono.
Questo processo di “tecnologizzazione” invece di essere una rete di
connessioni, è una ragnatela che imbriglia e costringe i cittadini ad usare i
sistemi smart per come gli sono stati imposti. Inoltre, chi li ha installati
pretende anche dei ringraziamenti, perché avanza la pretesa di aver migliorato
la vita della città. Questa non è una demonizzazione di tutta la tecnologia
installata nei nostri centri urbani, ma è un invito a interrogarsi sugli effetti
prodotti e sui reali vantaggi che hanno creato. Nella pratica bisogna essere in
grado di rispondere a domande come:
Un sistema di car sharing, quanto ha ridotto l’uso delle auto? O è solo in
competizione con i mezzi pubblici di trasporto? Lo usano solo i turisti o
anche i cittadini e in che modo? La competizione con i mezzi pubblici
spinge ad un efficientamento del servizio, o porta semplicemente la PA
ad eliminare un costo?
Il sistema di bike sharing è sostenibile? Sono più i costi di gestione che i
reali benefici? Chi lo usa e perché?
E’ stato fatto un piano di risparmio sui costi d’illuminazione prima di
passare dalle lampade al sodio ai LED? E’ stato fatto uno studio sul tipo
di LED installati? Quanto sono nocivi per l’uomo in termini di emissione
della radiazione blu?
Le telecamere per la videosorveglianza sono usate per osservare le azioni
di microcriminalità o servono solo come deterrente (nel senso che non
funzionano nemmeno)? Possono essere usate per osservare le azioni
criminali, o la legge sulla privacy lo impedisce? Che uso ne fanno le forze
dell’ordine?
Quando si costruisce un sistema smart che ha avuto successo in altre
città, si pensa ad integrarlo o solo a trapiantarlo? Si pensa al nuovo
contesto e agli effetti sull’Ambiente Urbano e sui cittadini o si pensa solo
ai profitti?
Sono mai coinvolti i cittadini in un progetto cittadino? Perché? In quali
fasi del progetto devono partecipare? (Significativa la differenza tra il
progetto “Mose” di Venezia e il progetto “Coste Resilienti” a New York).
Il concetto di Smart City mantiene una visione d’insieme limitata, perché
fortemente locale, legata forse al concetto dei film di fantascienza USA degli
anni ’80 e ’90, dove le megalopoli di acciaio e tecnologia permeavano ogni
spazio possibile e alla fine l’impressione generale era che le persone vivessero
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in un “formicaio tecnologico”. In questa idea il concetto base era di una società
lineare e non circolare, legata ancora al paradigma della produzione di oggetti,
che dopo essere usati e consumati sono infine eliminati.
L’Italia ha assorbito questo modello calandolo nelle sue realtà cittadine, ma
senza adattarlo. Il risultato è stato che, dove si è cercato di evolvere un
Ambiente Urbano in Smart City, si è pensato unicamente a “tecnologicizzare”
quell’ambiente, o solo alcuni suoi aspetti. Non si è tenuto conto del fatto che la
realtà italiana non è fatta di megalopoli in stile americano, dove una città fatta
di grossi grattacieli occupa un’area vasta quanto una nostra provincia e dove
tra una città e un’altra possono esistere molti chilometri di nulla.
Dobbiamo renderci conto che non si è innovativi introducendo un po’ di
tecnologia qua e la per modernizzare il nostro “piccolo mondo antico”, solo per
poterlo definire “piccolo mondo moderno”. Bisogna inoltre considerare che il
nostro territorio è costituito da centri abitati con diverse densità che cambiano
sia da nord a sud, sia da est ad ovest, e che ad oggi hanno delle differenze
strutturali abissali anche sul piano delle infrastrutture.
Partendo solo dalla geografia del territorio italiano si comprende subito come
l’idea di Smart City non possa esistere, ma sia più logico parlare di Smart
Land. Questo concetto include diversi cambiamenti che investono tutti gli attori
principali, dalle pubbliche amministrazioni ai cittadini, dalle imprese di
produzione a quelle di servizi. Ragionare come Smart Land è un vero modo di
pensare diverso che amplia la visione d’insieme e rende possibile pensare in
ottica di sostenibilità a 360 gradi.
Lo Smart Land
Oggi il digitale pervade ogni campo ed è utile sfruttarlo per creare relazioni,
processi e sistemi necessari al funzionamento di un territorio in ottica smart.
Ricordiamoci però che non è la tecnologia al centro dello Smart Land, sono le
persone i principali attori di questi luoghi, come cittadini, turisti, lavoratori ecc.
Siccome l’Italia è un territorio formato da aree con elevata urbanizzazione e da
aree in cui gli edifici hanno carattere disperso, è necessario capire come
identificare i confini dei vari Smart Land. “Sky Walker” ha definito un metodo,
che sfrutta l’analisi di Big Data, per comprendere i requisiti con cui è possibile
analizzare le varie realtà d’Italia, siano essi piccoli comuni o grandi città e unirli
poi in una rete che va a costruire lo Smart Land.
La piattaforma di “Sky Walker”
L’obiettivo di “Sky Walker” è sviluppare una piattaforma formata da diversi
strumenti software che aiutano tutti gli stakeholders dello Smart Land: i
cittadini, le imprese, le pubbliche amministrazioni (Governance) e, perché no,
anche i turisti. Questa piattaforma ha lo scopo di mettere in luce le aree forti e
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di miglioramento dello Smart Land. La piattaforma è costruita ad hoc e si fonda
su un metodo scientifico che si adatta al luogo preso in esame. Non stiamo
parlando chiaramente di una metodologia rigida e inflessibile, quanto di un
percorso digitale che a fronte di un investimento collettivo ha l’intenzione di
fondere la tecnologia con la mentalità delle comunità e con le necessità del
territorio circostante.
Questo perché “Sky Walker”, cioè colui che cammina nel cielo, vuole sviluppare
strumenti tecnologici di visioni ampie e complesse (dall’alto appunto), se non
totalizzanti nella loro gestione sistemica, decisamente omnicomprensivi di tutte
le possibili necessità umane, urbane e tecnologiche. Il metodo di “Sky Walker”
deve innanzitutto individuare i reali bisogni del cliente sulla base delle sue idee
e prospettive, per poi realizzare quegli strumenti (software e hardware)
necessari a soddisfare tali bisogni ed integrarli infine in una piattaforma in cui
poter far interagire gli stakeholders con diversi livelli di accesso a seconda del
ruolo che ricoprono nei vari campi dello Smart Land.
Alcuni esempi di questi strumenti possono essere: la gestione del comparto
social della pubblica amministrazione con lo scopo di avvicinare i cittadini a
comprendere il funzionamento della Governance, la realizzazione di un sistema
di trasporto pubblico a chiamata, un software che monitora costantemente il
consumo energetico di vari elementi del centro urbano (illuminazione pubblica,
riscaldamento edifici, ecc.), uno strumento per il calcolo della quantità dei
rifiuti riciclati nelle aree ecologiche per attuare un risparmio concreto nella
bolletta dei cittadini, un sistema che analizza il traffico 24/7, differenziando
auto, mezzi pesanti e a due ruote, in rapporto alle persone che si muovono.
Ragionando in ottica di Smart Land, “Sky Walker” ha bisogno di alcuni elementi
iniziali per costruire la piattaforma software. Innanzi tutto è necessario
scegliere l’area geografica d’interesse, che di solito include una discreta
quantità di centri urbani. “Sky Walker” ha posto dei limiti alla scelta dell’area
da analizzare, per sfruttare al meglio le potenzialità degli algoritmi usati nel
metodo che fa da struttura alla piattaforma. Si deve scegliere un minimo di 5
centri urbani fino ad un massimo di 20, per un totale massimo di 100 mila
persone, se invece un centro urbano ha una popolazione uguale o superiore a
100 mila persone va analizzato da solo includendo le periferie più vicine.
“Sky Walker” ha articolato il metodo in quattro fasi principali: Tracciabilità,
Analisi, Predittività, Innovazione. Tutte le fasi sono gestibili nella piattaforma
con accessi dedicati.
1) Tracciabilità
In questa fase è prevista la raccolta di un’enorme mole di dati nell’area
geografica scelta, prendendo in esame vari settori e ambienti in cui vivono i
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cittadini. In particolare si possono tracciare diversi tipi di processo caratteristici
del territorio e per ciascuna realtà urbana (paese o città):
Il modus vivendi delle persone (dialetti parlati, attività di svago…);
Processi produttivi, artigianali e industriali;
Consumi energetici, idrici e gestione del ciclo dei rifiuti;
Cultura e storia;
Morfologia geografica e geologica;
Interconnessioni fisiche e digitali tra le varie realtà urbane;
Progetti in comune tra i vari centri urbani del territorio;
Desideri e obiettivi di coloro che vi abitano;
Questi sono solo alcuni esempi dell’enorme mole di dati, Big Data appunto, che
si possono raccogliere per affrontare i bisogni richiesti dal cliente e individuare
le caratteristiche peculiari delle varie realtà urbane dell’area geografica scelta.
2) Analisi
La necessità successiva è analizzare l’immensa quantità di dati raccolta, con un
solo scopo, produrre una traccia identificativa delle varie realtà urbane. Questo
processo è attuato da persone che sfruttano la loro competenza e algoritmi
particolari per l’analisi e la sintesi dei dati. Lo scopo finale è creare quello che
“Sky Walker” definisce “Identità Territoriale”: la vera impronta delle
caratteristiche del luogo, definita anche DNA dello specifico Ambiente Urbano.
Questa è la base di partenza per capire come mettere in relazione i vari centri
e attuare una rete su cui fondare lo Smart Land. A questo livello è possibile
coinvolgere anche alcuni gruppi di cittadini interessati e la pubblica
amministrazione, per confrontare i risultati ottenuti con le aspettative degli
abitanti del luogo.
3) Predittività
Con le “identità territoriali” generate, “Sky Walker” è in grado di creare degli
scenari predittivi sulla base delle richieste del cliente e su temi d’interesse per i
vari centri urbani, costruendo un processo d’interazioni e relazioni che attiva lo
Smart Land e lo canalizza in un ambiente digitale: la piattaforma. “Sky Walker”
suddivide gli scenari generati in tre tipi diversi, secondo la natura
dell’intervento che è necessario applicare per raggiungere un obiettivo, ad
esempio la sostenibilità a 360 gradi.
I tre tipi di scenario sono:
Maintenance (manutenzione) -> conservazione e ristrutturazione;
Integration (integrazione) -> aggiunta di migliorie da integrare nei centri
urbani senza stravolgerli;
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Evolution (evoluzione) -> modifica strutturale che stravolge in qualche
modo lo status del centro urbano;
Questi tipi di scenario, come si può capire dalla descrizione, sono stati ordinati
secondo gradi di difficoltà realizzativa diversi e dunque anche in base alla
quantità di risorse economiche e/o d’impegno da parte dei cittadini per
metterle in campo. Ovviamente è possibile vagliare il tipo di scenario che si
vuole realizzare, anche se per comprendere la sostenibilità a 360 gradi è
necessario raggiungere lo scenario all’ultimo stadio. Solo così è possibile
attuare uno Smart Land che ha la possibilità di evolvere.
“Sky Walker” però è consapevole di quanto le persone siano restie al
cambiamento e all’evoluzione, per questo motivo ha creato un processo
graduale per il suo raggiungimento suddiviso in tre stadi.
4) Innovazione
Giunti allo stadio evolutivo, è possibile affrontare un ulteriore passo che porta
lo Smart Land al miglioramento continuo. Data l’importanza e il salto di qualità
necessario per raggiungerlo, “Sky Walker” ha definito questo stadio in una
fase a parte all’interno del suo metodo. L’innovazione prevede un vero cambio
di mentalità da parte di tutti gli attori del contesto urbano e richiede
l’attuazione di un processo molto particolare.
In questa fase l’obiettivo è far acquisire a tutti gli attori principali dello Smart
Land, la consapevolezza che è possibile migliorare continuamente la loro
qualità di vita. Nella pratica gli stessi attori devono definire un processo, che
permette loro di ottenere un miglioramento progressivo in tempi ciclici
accettabili. Qui i cittadini hanno preso il controllo dello Smart Land, solo così
possono attuare progetti che tendono alla sostenibilità a 360°. In questa fase
le persone, sia come individui, sia come collettività, si sentono parte dello
Smart Land che abitano, attuano pratiche di formazione continua
(autoformazione), sanno che ogni loro azione singola, plurima ha un impatto
sul loro modo di vivere presente e futuro.
In breve i cittadini dello Smart Land hanno allargato la loro visione d’insieme:
sono diventati consapevoli che tutte le persone residenti sul pianeta Terra
sono solo di passaggio e se vogliono lasciare ai loro discendenti un luogo
abitabile e vivibile, devono attuare delle pratiche che lo salvaguardino.
L’innovazione dello Smart Land ci fa ricordare che noi siamo solo ospiti di
passaggio su questo pianeta e non i suoi dominatori assoluti.
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