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Architettura e ricostruzione. Note sul contesto padovano

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Abstract

Il patrimonio architettonico del Novecento ha molteplici funzioni e importanze. In primo luogo rappresenta una testimonian-za storica e culturale del periodo, permetten-do di comprendere l'evoluzione dell'architet-tura e dell'urbanistica in Italia nel corso del secolo. È ricco di esempi di opere che rispec-chiano le diverse correnti e tendenze, dalle forme razionaliste del periodo fascista alle sperimentazioni più avveniristiche del Futu-rismo che hanno influenzato l'evoluzione del design ed hanno lasciato un'impronta dura-tura nella storia dell'architettura. In secondo luogo, rappresenta un'impor-tante risorsa turistica per l'Italia, attirando visitatori da tutto il mondo interessati ad ammirare le creazioni di grandi talenti come Piano e molti altri. È importante sottolineare che l'architettura del XX Secolo non si limita solo ai grandi monumenti ed agli edifici pubblici, ma include opere residenziali, industriali, infra-strutture e i complessi urbani che riflettono le tendenze e le trasformazioni della società del tempo. Considerare l'architettura del Novecento, rappresenta anche un dovere morale nei con-fronti delle generazioni future. La cura e la valorizzazione degli edifici e delle strutture architettoniche può contribuire a garantire la continuità storica e culturale, permettendo così, di comprendere e apprezzare le trasfor-mazioni del proprio territorio e del tessuto urbano. Molte delle opere del secolo scorso sono di-ventate dei veri e propri simboli negli spazi in cui si trovano, in primis le città, contri-buendo a definirne immagine e storia. Purtroppo, però, il patrimonio architettoni-co è spesso minacciato da fenomeni come l'abbandono, l'incuria, il degrado, l'inquina-mento, i disastri naturali e la speculazione edilizia. Inoltre, la valorizzazione dello stes-so può essere ostacolata dalla mancanza di risorse finanziarie, dallo scarso interesse del-le istituzioni e dei cittadini e dalla difficoltà di conciliare la conservazione dei beni con le esigenze di sviluppo urbano. È necessario promuovere politiche di tutela, incentivare la sensibilizzazione e la parte-cipazione dei cittadini, favorire la ricerca e l'innovazione nel campo della conservazione e sviluppare strategie di sviluppo sostenibi-le che siano compatibili con la salvaguardia del patrimonio storico-artistico anche del XX secolo. Il Novecento è stato un secolo cruciale per l'architettura. Ha generato tipologie inedite e un'incredibile varietà di linguaggi. Eppure nelle nostre città le opere del Novecento non vengono opportunamente protette e valorizzate. Abbiamo normative calibrate sulle nuove costruzioni e sulla tutela dei centri storici, poco sensibili al ripristino di edifici reputati non abbastanza vecchi, né sufficientemente tecnologici.
Il patrimonio architettonico del Novecento
ha molteplici funzioni e importanze.
In primo luogo rappresenta una testimonian-
za storica e culturale del periodo, permetten-
do di comprendere l'evoluzione dell'architet-
tura e dell'urbanistica in Italia nel corso del
secolo. È ricco di esempi di opere che rispec-
chiano le diverse correnti e tendenze, dalle
forme razionaliste del periodo fascista alle
sperimentazioni più avveniristiche del Futu-
rismo che hanno inuenzato l'evoluzione del
design ed hanno lasciato un'impronta dura-
tura nella storia dell'architettura.
In secondo luogo, rappresenta un'impor-
tante risorsa turistica per l’Italia, attirando
visitatori da tutto il mondo interessati ad
ammirare le creazioni di grandi talenti come
Gio Ponti, Quirino de Giorgio, Giuseppe e
Alberto Samonà, Gino Valle, Luigi Moretti,
Pier Luigi Nervi, Giovanni Michelucci, Renzo
Piano e molti altri.
È importante sottolineare che l’architettura
del XX Secolo non si limita solo ai grandi
monumenti ed agli edici pubblici, ma in-
clude opere residenziali, industriali, infra-
strutture e i complessi urbani che riettono
le tendenze e le trasformazioni della società
del tempo.
Considerare l’architettura del Novecento,
rappresenta anche un dovere morale nei con-
fronti delle generazioni future. La cura e la
valorizzazione degli edici e delle strutture
architettoniche può contribuire a garantire la
continuità storica e culturale, permettendo
così, di comprendere e apprezzare le trasfor-
mazioni del proprio territorio e del tessuto
urbano.
Molte delle opere del secolo scorso sono di-
ventate dei veri e propri simboli negli spazi
in cui si trovano, in primis le città, contri-
buendo a denirne immagine e storia.
Purtroppo, però, il patrimonio architettoni-
co è spesso minacciato da fenomeni come
l'abbandono, l'incuria, il degrado, l'inquina-
mento, i disastri naturali e la speculazione
edilizia. Inoltre, la valorizzazione dello stes-
so può essere ostacolata dalla mancanza di
risorse nanziarie, dallo scarso interesse del-
le istituzioni e dei cittadini e dalla dicoltà
di conciliare la conservazione dei beni con le
esigenze di sviluppo urbano.
È necessario promuovere politiche di tutela,
incentivare la sensibilizzazione e la parte-
cipazione dei cittadini, favorire la ricerca e
l'innovazione nel campo della conservazione
e sviluppare strategie di sviluppo sostenibi-
le che siano compatibili con la salvaguardia
del patrimonio storico-artistico anche del XX
secolo.
EDITORIALE
SALVAGUARDIA
DELLE OPERE DEL XX
SECOLO
Paolo Simonetto
PATRIMONIO
TUTELA MINIMA E
TUTELA ESSENZIALE
Antonio Buggin
ARCHITETTURA E
RICOSTRUZIONE
NOTE SUL CONTESTO
PADOVANO
ENRICO PIETROGRANDE
A cura di Antonio Buggin
L’APPUNTO
PADOVA E LA
SUA PROVINCIA
NELLARCHITETTURA
DEL NOVECENTO
AMERIGO RESTUCCI
ANDREA VALENTINI
A cura di Paolo Simonetto
MOSTRE IN CORSO
18° MOSTRA INTERNAZIONALE
DI ARCHITETTURA
VENEZIA (GIARDINI,
ARSENALE E FORTE
MARGHERA)
20 MAGGIO - 20 NOVEMBRE
2023
CURATRICE LESLEY LOKKO
PRACTITIONER
(PRATICANTI)
THE LABORATORY OF THE
FUTURE
A cura di Michele Gambato
LA NUOVA
SANT’AGNESE
(EX CHIESA)
SEDE ESPOSITIVA DELLA
FONDAZIONE ALBERTO
PERUZZO VIA DANTE
ALIGHIERI 63 PADOVA
A cura di Michele Gambato
SCATTI D’ARCHITETTURA
A cura di Pietro Leonardi e Paolo Simonetto
PILLOLE
SU LL’ENIGMA
Francesco Migliorini
PADRE, RINUNCIO
ALL’EREDITÀ…
Davide Scagliarini
THE WANDERING
VILLAGE
Alberto Trento
LIBRERIA
A cura della Redazione
NOTIZIE DALL’ORDINE
Roberto Righetto
01/03
2023
01/03
2023
ARCHITETTI
NOTIZIE
Rivista trimestrale
Poste Italiane Spa
Spedizione in
abbonamento
postale - 70% NE/PD
ISSN 2279-7009
ORDINE DEGLI ARCHITETTI P.P. E C. DELLA PROVINCIA DI PADOVA
35131 Padova - Piazza G. Salvemini, N° 20 - tel. 049 662340 - fax 049 654211 - mail: architetti@padova.archiworld.it - www.ordinearchitetti.pd.it
Architetto Giuseppe Davanzo, ex foro boario, Padova
(Fotografia di Paolo Mazzo)
EDITORIALE
SALVAGUARDIA
DELLE OPERE
DEL XX SECOLO
Paolo Simonetto
Il Novecento è stato un secolo cruciale per l’architettura.
Ha generato tipologie inedite e un’incredibile varietà di linguaggi.
Eppure nelle nostre città le opere del Novecento non vengono
opportunamente protette e valorizzate.
Abbiamo normative calibrate sulle nuove costruzioni e sulla tutela
dei centri storici, poco sensibili al ripristino di edici reputati non
abbastanza vecchi, né sucientemente tecnologici.
Sara Bandi
PATRIMONIO LAPPUNTO
TUTELA
MINIMA E
TUTELA
ESSENZIALE
Antonio Buggin
Una recente ristampa del volume edito da Franco Angeli a
cura di Gentucca Canella e Paolo Mellano, dal tiolo “Il diritto
alla tutela” ripropone la riessione di architetti e studiosi di
dierenti generazioni sull'architettura d'autore del secondo
Novecento, sempre più oggetto, in particolare in questi ultimi
anni pieni di stimoli di bonus edilizi, di complessi interventi
di messa a norma, manutenzione, adeguamento funzionale,
che spesso rischiano di compromettere l'integrità dell'opera
alterandone la forma espressiva, il linguaggio e la percezione
originari.
Alle dicoltà legate alla comprensione del valore testimoniale
e culturale di queste architetture, per opportunismo o igno-
ranza spesso ritenuti non meritevoli dell’interesse artistico o
storico richiesto dal Codice dei beni culturali e quindi senza le
tutele attivabili di norma per i beni culturali tradizionalmente
intesi, si aancano le modalità di gestione ordinaria e straor-
dinaria, dove i problemi inediti di conservazione che pongono
questi manufatti moderni vengono per lo più risolti con banali
ripristini. Una condizione materiale nuova e diversa ha infatti
indotto a credere che dovessero essere nuovi anche principi
e metodi di intervento, così che nel complesso si è preferito
ripristinare quei manufatti per riguadagnarne l'immagine ori-
ginaria piuttosto che conservarli materialmente per tutelarne
valori storici e artistici.
Vorrei aprire una parentesi per segnalare, per chi ancora non
lo conoscesse, il Censimento delle architetture italiane dal 1945 ad
oggi, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contem-
poranea del Ministero della Cultura, avviato nel 2002 dall'al-
lora DARC - Direzione Generale per l'Arte e l'Architettura
Contemporanee, attraverso campagne di ricognizione e docu-
mentazione del patrimonio architettonico contemporaneo ita-
liano, eettuate in collaborazione con le strutture periferiche
del Ministero, gli enti locali, le Università e dierenti centri
di ricerca specialistici. Quale "punto zero" del censimento è
stata individuata la data del 1945, termine del conitto mon-
diale ma anche inizio della ricostruzione e, in qualche modo,
momento di svolta della produzione edilizia, dell'innovazione
tecnologica, delle politiche abitative, nonché di ripensamento
della disciplina architettonica e urbanistica.
Il punto che ritengo essenziale di questo cen-
simento è la griglia di valutazione per la sele-
zione delle opere, basata su criteri bibliograci
e storico-critici. In particolare, le veriche bi-
bliograche tengono conto della “fortuna criti-
ca” di un’opera, delle citazioni in pubblicazioni
speciche e del riconosciuto valore nazionale
e internazionale, mentre i criteri storico-critici
prendono in esame elementi legati alle vicen-
de storiche e architettoniche, all'evoluzione
del dibattito culturale e disciplinare, al ruolo
signicativo svolto dall'opera nel contesto, alla
notorietà e rilevanza del suo autore.
Quindi si propone una riessione non solo sul-
lo stato generale del patrimonio architettonico
recente, sulla sperimentazione dei materiali
o sui caratteri distributivi e funzionali o sulle
innovative tecnologie costruttive, ma si fa ri-
ferimento esplicito al particolare valore quali-
tativo all'interno del contesto urbano in cui è
realizzata.
Per Padova questi sono i quartieri in cui nel
novecento ci sono stati i più interessanti inter-
venti di "sostituzione" di diversi immobili che
hanno cambiato il valore qualitativo dell'intero
quartiere, come la Città Giardino o le diverse
Case Popolari ex IACP, solo per citare alcuni
esempi.
Ma il diritto alla "tutela minima" vorrei non
arrivasse ai paradossi a cui oggi è arrivata, in
alcuni casi, la "tutela minima" per le architet-
ture rurali minori, testimonianze del modo di
vivere e dell'organizzazione del lavoro nelle
zone agricole.
Mentre le ville e le barchesse dei maestri come
Michele Sanmicheli, Andrea Palladio, Baldas-
sarre Longhena, Giorgio Massari e atri vengo-
no tutelati o dal Codice o da norme di livello
regionale e provinciale, per le architetture mi-
nori (come per le architetture del novecento),
si lascia alla sensibilità delle varie amministra-
zioni comunali sia l'individuazione sia la nor-
mativa di tutela.
Con il risultato che spesso sia l’individuazione
(basata quasi esclusivamente sulla presenza
Padova, il suo territorio ed i rapporti con l’architettura del no-
vecento narrano un’articolata storia di relazioni intense, signi-
cative progettualità ed esiti di rilievo, mossi da un impeto
di rinnovamento dell’idea e dell’immagine urbana, anche se
talvolta parziali o distanti dall’originaria idea di rinnovamento
della città. Gli esordi del XX secolo sono caratterizzati da un
contesto artistico-culturale Liberty con talune particolari as-
sonanze alla secessione viennese quali il palazzo della Cassa
di Risparmio cittadina opera del Donghi. Di particolare rilievo
opere ed interventi quali l’Hotel Grand'Italia (Palazzo Folchi)
realizzato nel 1909 dall'architetto Primo Tertulliano Miozzo, il
collegio Antonianum e palazzine dell’ex piazzale Boschetti a
nord dei giardini dell’Arena.
Successivamente alla ne del primo conitto mondiale che
vide Padova protagonista della logistica nel comando delle
operazioni belliche, ma altrettanto soggetta a pesanti bombar-
damenti da parte della neonata aviazione asburgica, si aerma-
no altre istanze culturali ed artistiche del secolo che trovano
traduzione architettonica in forme di “eclettismo” o esercizi
“di stile” quali Palazzo Moroni del 1929, realizzato dall'archi-
tetto Romeo Moretti e dall'ingegnere Giovanni Battista Scarpa-
ri, in stile “neoumbertiano” e la Chiesa della Pace (ossario di
guerra), progettata nel 1920 dagli architetti Antonio Zanivan e
Giovanni Zabai, inaugurata nel 1934 con uno stile “neoroma-
nico” e alcuni dettagli goticizzanti, impostata su una pianta a
croce greca. Il novecento architettonico Patavino è interessa-
to anche da una ventata futurista che trova una signicativa
progettualità nella gura di Quirino De Giorgio, che in una
lunga esperienza di lavoro aronta temi architettonici diver-
si, dalla scala puntuale a quella territoriale. Una progressione
creativa che evolve in una trasposizione “in opera” a scale di-
verse, dagli elementi razionalisti negli edici cittadini quali i
cinema ALTINO-MIGNON e QUIRINETTA, ad altri interventi
nella provincia come i Borghi Rurali di Candia e Vigonza, per
tornare alla singola opera con la scuola e villa delle Betulle
a Santa Giustina in Colle. Frequenti sono i dialoghi, cercati
e voluti, tra le architetture del XX secolo e quelle dei secoli
precedenti. Talvolta le prime si sostituiscono alle seconde per
ribadire il prevalere dell’innovazione come nel caso degli inter-
venti nell’attuale Piazza Insurrezione, già Piazza Spalato ed in
origine medievale Borgo Santa Lucia. Il luogo che nella prima
metà del ‘900 fu nel centro cittadino il simbolo di una città
in crescita e di un rinnovamento all'insegna della modernità,
della dinamicità sociale ed imprenditoriale di un territorio,
con la realizzazione del Palazzo della Camera di Commercio, il
Palazzo dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale e il Palaz-
zo dell’Itala Pilsen. Dalla distruzione del medievale quartiere
Santa Lucia, prendono corpo tre fra i più signicativi esempi di
architettura razionalista e monumentalista in Padova che an-
ticipano il secondo conitto mondiale contrapponendosi alla
voluta permanenza di un lacerto unico ma signicativo dell’an-
tico impianto, il Palazzo dell’Angelo; segno monitorio e con-
fronto tra l’oblio del passato e le magnicenze di un auspicato
futuro radioso, trasformato in un dialogo tra epoche, culture e
funzioni nella città. Tale luogo e di conseguenza gli edici che
lo deniscono e lo connotano, vivono oggi una momentanea
anonimità in attesa del concretizzarsi di visioni e scelte che ri-
consegnino le architetture alla loro funzione identitaria di una
comunità e di un luogo. Nello stesso periodo vedono luce e
forma opere quali il Palazzo Liviano dell’Università di Padova,
costruito dall'architetto milanese Gio Ponti, incorporando nel-
la sua struttura i resti dell'antico palazzo del Capitanio. La cre-
atività ed il genio del progettista interessarono anche diversi
particolari dell'arredamento interno, e l’architettura fu magi-
stralmente integrata dagli areschi dell’atrio di Massimo Cam-
pigli con ragurazioni dell'archeologia e del patrimonio della
cultura italiana. E ancora nel Gruppo rionale "Bonservizi" di un
più maturo Quirino De Giorgio rispetto agli esordi futuristi,
il grattacielo di Piazza Insurrezione, la Fiera Campionaria di
Giuseppe Tombola, la Casa della Giovane Italiana, la Sede della
Facoltà di Scienze Farmaceutiche in via Francesco Marzolo.
Il secondo dopoguerra, la ricostruzione, il boom economico
ed un nuovo dinamismo economico incontrano diversi e suc-
cessive istanze culturali e progettuali che incrociando fenome-
ni di intensa edicazione diusa a carattere prevalentemen-
te residenziale e produttivo, spiccano comunque per ricerca
compositiva ed espressiva, caratterizzando brani della città.
Tra questi: Il Palazzo delle Nazioni, costruito nel dopoguerra
al termine del grande viale alberato interno alla Fiera, quale
padiglione destinato ad ospitare gli stand dei paesi stranieri
nella Fiera Campionaria cittadina con una facciata razionalista
impreziosita dal portale in marmo con le sculture dell'artista
padovano Luigi Strazzabosco.
L'ex Foro Boario di corso Australia realizzato tra il 1963 e il
1968 su progetto di Giuseppe Davanzo, che vinse un concorso
per la realizzazione del nuovo foro boario. Esempio di inno-
vazione architettonica del Novecento realizzato con piastre di
calcestruzzo prefabbricato quadrate di dimensione 11x11 me-
tri.
L’edicio della Banca d'Italia tra via Roma e Riviera Tito Livio
realizzato tra il 1968 e il 1974 dagli ar-
chitetti Giuseppe e Alberto Samonà dove
particolare è il fronte di via Roma con nu-
merosi riferimenti alla storia cittadina: in
basso i due archi romani sormontati da
merli ghibellini. L’opera suscitò all'epoca
molte perplessità perché fu tra i primi
edici di Padova ad utilizzare il cemen-
to a vista. Oggi, appartiene all’immagine
consolidata della città, sia rispetto all’af-
faccio su via Roma, sia su quello verso
Riviera dei Ponti Romani. Ed ancora
come non ricordare il Palazzo di Giusti-
zia (tribunale) realizzato tra il 1984 e il
1994 dall'architetto Gino Valle, divenuto
caposaldo di una rigenerazione urbana
(ancora in corso), del “quadrante”: Sta-
zione ferroviaria, Chiesa della Pace, Fie-
ra, Intermodale della mobilità cittadina.
Solo alcuni esempi di un excursus storico
ed evocativo di opere del XX secolo che hanno caratterizzato
l’architettura di Padova e del suo territorio. Interventi, che so-
prattutto nelle manifestazioni più lontane, ma anche in caso
di opere più recenti, sono stati “metabolizzati” ed assimila-
ti dalla cultura, dall’identità cittadina e territoriale. Opere e
luoghi che per la loro specica connotazione di immagine e
organizzazione dello spazio riscuotono oggi interesse crescen-
te, ma richiedono uno specico impegno di comprensione e
ri-elaborazione del loro uso e funzione nella città. Nel rispetto
di un consolidato e spesso luminoso passato, proiettati in un
razionale e lungimirante uso e ri-uso sostenibile che garantisca
non solo la conservazione monumentale, ma un ecace impie-
go degli spazi e delle forme, coerenti con i tempi, gli stili di vita
ed il dinamismo nell’operare che da oggi al prossimo futuro
presumibilmente ci attendono.
ARCHITETTURA DEL XX SECOLO, UN
PATRIMONIO DA VALORIZZARE E TUTELARE
- COME OPERARE ?
Il nostro paese ha progressivamente sviluppato una sensibilità
ed una cultura molto attenta alla conservazione e valorizzazio-
ne verso i beni culturali e l’architettura storica nello specico,
ma corre concretamente il rischio di cristallizzare temporal-
mente l’evoluzione del concetto di “bene storico” all’epilogo
del XIX secolo e non oltre, mettendo a repentaglio le testimo-
nianze architettoniche, così come brani interi di città, generati
nel Novecento e assunti oramai a testimonianze storiche di un
secolo complesso, caratterizzato da una pluralità di movimenti
e approcci progettuali.
Certamente un secolo caratterizzato da eventi profondamente
traumatici ed altrettanti movimenti di ripresa e sviluppo non
sempre attenti al valore intrinseco dell’esistente, oppure, sup-
portati da losoe di intervento, di integrazione e relazione
tra epoche diverse, in nome di un troppo generico ed esclusivo
obiettivo economico. Azioni che hanno portato di frequente
alla cancellazione di tessuti urbanistici e/o singole opere, stra-
volgendo talvolta l’immagine delle città.
Oggi, gli edici del XX secolo, per una bearda nemesi della
storia architettonica del nostro territorio, subiscono proprio
per la reiterazione di quegli analoghi interessi economici che
li hanno generati, massici interventi di riuso e riqualicazio-
ne che mina la loro identità formale, la relazione con il tessu-
to consolidato di un patrimonio “glio” e testimonianza del
patrimonio costruito del XX secolo; quando non addirittura
un’alterazione irreversibile dell'integrità materica, strutturale
e tecnica delle architetture, o peggio porta alla loro irreversi-
bile demolizione. Tutto ciò avviene certamente per taluni li-
miti normativi, ma a monte sembra riconoscersi una più che
determinate carenza di sensibilità da scarsa conoscenza di un
periodo dell’architettura che è dato troppo per scontato, poco
valorizzato e privo di quell’aura di “sacralità” attribuito all’ar-
chitettura storica, rispetto alla quale esiste una maggior vici-
nanza “spirituale” nell’assistere al suo risorge e riappare sulla
scena urbana dopo minuziosi interventi di restauro, supportati
di frequente da potenti azioni comunicative.
Allora come sensibilizzare valorizzare un patrimonio che me-
rita attenzione quale depositario di contenuti e valori stori-
co-culturali da consegnare al futuro analogamente a quanto
proveniente da un più lontano passato, comunemente ricono-
sciuto come “antichità”? Proprio perseguendo un’azione co-
stante e capillare di conoscenza, di sensibilizzazione generale
verso un pubblico vasto; non limitato ai soli addetti ai lavori
ed agli esperti. Inoltre, intessendo un dialogo costruttivo con
gli Organi di Tutela, nell’accezione più estesa del termine, che
oltre alle Soprintendenze coinvolga gli Enti locali di ogni ordi-
ne e grado (Comuni, Province e Regioni), utilizzando armoni-
camente strumenti e misure di pianicazione e tutela già oggi
esistenti con nuove proposte che pongano l’obiettivo della
conservazione mediante un’opera di promozione e valorizza-
zione da cogliere come opportunità e non limite od ostacolo.
serrato mutismo riguardo ai dettagli, al contrario della piena
disponibilità degli edici storici ad esporre con ingenuità e
franchezza la propria materialità.
Con il passare del tempo si è andata accentuando la rinuncia
a tenere la qualità dello spazio pubblico come esigenza fonda-
mentale del progetto, si è aermato sempre più il potere delle
imprese edili e ridotto quello dei progettisti: l’assoluto prevalere
dell'aspetto nanziario su quello artistico è stato nel tempo un
processo lento e inesorabile. Progressivamente la ricerca della
qualità della concezione e della traduzione in opera ha iniziato
a perdere peso rispetto al prevalere delle ragioni nanziarie, che
un poco alla volta sono diventate le principali leve ispiratrici
di una pratica edilizia che sottostima le altre sollecitazioni.
E i cui risultati sono, secondo il titolo di un volume di Paolo
Zermani, un muro di gomma. Signicativo è quanto già nel 1962
Francesco Mansutti, uno dei principali arteci della città nel
secolo scorso, scrive nel “Bollettino dell’Ordine degli Architetti
della Provincia di Padova” n. 1, lamentando che “la prodigiosa
impresa del costruire è retta, per tutti, progettisti, impresari,
operai, da un solo scopo: il guadagno” e che “il lavoro non è
più gioia di dar vita al seme che si pianta, al mattone che si
mura, alla pietra che si incide”. Sul tema della scomparsa del
lavoro artigiano suona oggi davvero poco rassicurante un celebre
brano di Pier Paolo Pasolini tratto dal lm La rabbia: “Quando
il mondo classico sarà esaurito, quando saranno morti tutti i
contadini e gli artigiani, quando l'industria avrà reso inarre-
stabile il ciclo del consumo, allora la nostra storia sarà nita”.
ARCHITETTURA E
RICOSTRUZIONE
NOTE SUL CONTESTO
PADOVANO
ENRICO PIETROGRANDE
A cura di Antonio Buggin
dell’edicio in una mappa storica, come il catasto austriaco
del 1845 – 1852) senza valutare se da quella data in poi, no
al periodo del censimento, l’edico sia stato rimaneggiato, e
quanto), sia la normativa sono orientati a tutelare “lo stato di
fatto”. Con il risultato molto spesso che ci si trova di fronte
ad un organismo edilizio diverso, e non sempre la sua attuale
consistenza risulta ancora, anche se in modo parziale, archi-
tettonicamente e tipologicamente “leggibile”, dove non sono
state conservate le caratteristiche tipologico architettoniche
della casa contadina presente nella campagna padovana, rea-
lizzata nel XVIII secolo e no agli inizi del XIX.
Appare quindi indispensabile, a mio avviso, passare da una
tutela minima ad una tutela essenziale inserendo l’assunto
oramai divenuto indispensabile per governare e accompagna-
re l’“invecchiamento attivo” del bene architettonico. Anche la
sola “messa a norma” per la sicurezza, il risparmio energetico,
il consolidamento antisismico, può essere motivo di altera-
zione della fedeltà al manufatto originario. Per altro verso, la
pietra articiale con legante cementizio che si diuse ai primi
del novecento, quando l’applicazione di stucchi e marmorini
venne sostituita dall’impiego di un nuovo legante, il cemento,
che pigmentato e adeguatamente lavorato consentiva la realiz-
zazione di manufatti esteticamente simili alle pietre naturali,
nonché il cemento armato faccia a vista molto diuso negli
anni ’50-’60, erano allora ritenuti materiali particolarmente
resistenti e duraturi nel tempo.
Ma il tempo stesso si è rilevato un osservatore attento e one-
sto, dimostrando la vulnerabilità e la deteriorabilità di questi
materiali "eterni".
Da queste semplici considerazioni emerge come il tema e il
senso della tutela delle architetture d’autore del secondo No-
vecento sia questione estremamente complessa, e che ogni
norma dovrebbe essere accompagnata da un innalzamento di
queste conoscenze in tutti i livelli della progettazione. Cono-
scenza delle tecniche costruttive e dei materiali di derivazione
industriale, estranei alla tradizione costruttiva storica, tra cui
i rivestimenti e i manufatti in pietra articiale, per stimolare
ecacemente la salvaguardia di questo patrimonio e da fare,
per esempio, nei corsi di aggiornamento professionale.
Nel momento in cui la dimensione artigianale è divenuta nel
processo costruttivo largamente minoritaria con risvolti evi-
denti anche sull’immagine dell’architettura, l'opportunità di
un confronto tra gli edici della ricostruzione e i fabbricati
residenziali di oggi si pone in modo concreto, dato che il feno-
meno di sostituzione dei secondi rispetto ai primi è in pieno
svolgimento e che, d’altro canto, si va acuendo la necessità
di disporre di speciche competenze nel campo del restauro
del moderno.
La ricchezza dei particolari che si coglie leggendo molti de-
gli edici che appartengono agli anni del secondo dopoguer-
ra, del periodo che ha inizio con i piani di ricostruzione del
1945, esprime un lavoro artigianale ingegnoso e accurato: i
migliori operatori del tempo erano consapevoli che la qualità
del progetto e dell’esecuzione aveva un peso di rilievo nella
denizione dell’architettura e dello spazio pubblico della città.
Come ha scritto Sergio Bettini, fondamentale è ritenuto allora
il “problema del valore artistico, cioè gurativo, del «principio»
della funzionalità in architettura” (Razionalismo e arte in Daniele
Calabi, in “L’architettura. Cronache e storia”, n. 19 del 1957),
ovvero – attualizzando al soggetto del contenimento dei con-
sumi energetici – il tema di come il progresso tecnologico è
compatibile con quanto Annalisa Avon chiama “l'appartenenza
del nuovo alla forma artistica specica della città” (Il confronto
con le preesistenze ambientali, nel volume a cura di G. Zucconi
Daniele Calabi. Architetture e progetti 1932-1964, Venezia 1992).
Non è marginale, tra l’altro, che gli anni della ricostruzione siano
quelli in cui, a seguito del diondersi della risorsa fotograca,
l’architetto è il più attento osservatore delle proprie opere.
Sul rapporto tra procedimento costruttivo artigianale e contesto
urbano storico si è soermato nella sua fondamentale dispensa
Appunti per le lezioni di elementi costruttivi (Venezia 1964) Daniele
Calabi, segnalando il pericolo che “una progettazione elaborata
secondo i nuovi metodi industriali potrebbe risultare in contrasto
con il carattere storico, psicologico e sociale dei gruppi umani,
per i quali vengono costruiti gli edici”, tenendo anche conto
ma oggi non è lo stesso? ” che “i problemi che urgono per il
riassetto delle città italiane richiedono non opere di eccezione,
ma la diusione di un metodo, direi di un costume, di edilizia
corretta, espressione di civile ed ordinata convivenza”. L’edicio,
spiega, e particolarmente nella città storica, deve saper mante-
nere le proprie caratteristiche nel tempo, e più facilmente lo fa
l'opera che espone i dettagli costruttivi e di nitura a spiegare
come si è svolto il procedimento realizzativo. Sostiene infatti
ancora Calabi che “l’opera di architettura nei suoi elementi
quanto nel suo complesso, deve saper ‘invecchiare bene’: e
concretamente con la ‘fruizione in atto’”, osservando che “i
materiali da costruzione tradizionali, praticamente omogenei,
erano e duravano: dati di natura; e rimanevano praticamen-
te eguali, nella loro qualità e caratteristiche e possibilità. ( )
Nuovi materiali – invece – non sono ma si fanno”. Bene i più
attenti studiosi del tempo che l’opera architettonica – come del
resto osserva Bettini – “non è risolta in un «dato» (come nella
pittura); ma diviene, impegna il tempo come svolgimento”,
in accordo con “la nostra esperienza dell'opera d'architettura
che necessariamente è itinerante: si sviluppa e dura nel tem-
po”. Questa capacità di naturale invecchiamento è dimostrata
dalle opere di molti progettisti della metà del secolo scorso,
architetti e ingegneri ma anche ingegni privi di laurea di cui
non esiste bibliograa. A Padova, oltre ai più noti, infatti,
hanno operato felici naturali inserimenti nell’ambiente storico
progettisti dimenticati di cui i più giovani non sanno nulla:
Sergio Pasqualotto, Renzo Menegazzo, Giovanni Morassutti,
Silvio Malatesta, Luigi Saccardo, Giulio Genta, Mario Marcozzi,
Mario Bertorelle e molti altri – ma anche del lavoro dei più noti,
come ad esempio di Paolo Roncali e Roberto Carta Mantiglia,
qualcuno dovrà occuparsi un domani di operare un approfon-
dimento. Tutti costoro, infatti, sono la città alla cui immagine
hanno atteso. Venendo ad oggi, non si può non osservare come
i nuovi edici, nella loro sintesi volumetrica, tendano ad un
Nuova sede della Banca d’Italia a Padova di Giuseppe Samonà
(particolare della galleria) - (Foto di A. Buggin)
Giovanni Zabai, complesso edilizio all’angolo tra via Rezzonico e via
Berchet (1953-1957). Particolare del fronte su via Berchet.
(Foto di Matteo Danesin)
Daniele Calabi, Antonio Salce, edificio ad appartamenti in via Vescovado
(1952). Particolare dell’ingresso. (Foto di Matteo Danesin)
Sergio Pasqualotto, chiesa del Complesso Socio Sanitario dei Colli,
Brusegana (1956-1958). Veduta della calotta del presbiterio, dietro al
volume della sacrestia. (Foto di Matteo Danesi)
Il mercato coperto di Trieste, di Camillo Iona, esempio di riuscito equilibrio
tra la forma e la funzione - (Foto di A. Buggin)
Edilizia minore a Padova - (Foto di A. Buggin)
Prof. Arch. Amerigo RESTUCCI
Presidente dell’Istituto Regionale per
le Ville Venete già Docente Ordinario e
Rettore dell'Università Iuav di Venezia
Arch. Andrea VALENTINI
Responsabile Tecnico dell’Istituto
Regionale per le Ville Venete
PADOVA E LA
SUA PROVINCIA
NELLARCHITETTURA
DEL NOVECENTO
AMERIGO RESTUCCI
ANDREA VALENTINI
A cura di Paolo Simonetto
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