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Hegel e l'appercezione storica. L'antinomia della verità come fondamento della vita individuale

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Abstract

In this essay we will first try to find out if and what relation exists between the philosophy of logic and the logic of philosophising. We will do this by means of the thought of Georg Wilhelm Friedrich Hegel, whose reflections, because of their inclusion in the historical-conceptual interstice that is the debate on Kantian philosophy, seem to us to have a single deep meaning, very close to our question, which could also be formulated thus: What is the relation between thinking and life?
Filosofia della logica, “logiche”del filosofare
ISBN 978-88-255-1687-6
DOI 10.4399/97888255168766
pag. 71–90(luglio 2018)
Hegel e l’appercezione storica
L’antinomia della verità come fondamento della vita individuale
M P
Nel presente saggio partiremo provando a individuare se e quale
relazione esista tra la filosofia della logica e la logica del filosofare. Lo
faremo attraverso il pensiero di Georg Wilhelm Friedrich Hegel, la
cui riflessione, in virtù del suo incunearsi in quell’interstizio stori-
co–concettuale che è il dibattito sulla filosofia kantiana, ci pare abbia
un unico profondo senso, molto vicino alla nostra domanda, la quale
d’altronde potrebbe esser detta anche così: quale relazione esiste tra il
pensiero e la vita?
Università degli Studi di Napoli “Federico II”.
. Si può aermare con relativa sicurezza che la riflessione hegeliana sia un punto di
non ritorno nella storia del pensiero occidentale. È indiscusso, infatti, che il pensiero di Hegel
sia la scintilla della profonda trasformazione avviatasi in tutti gli ambiti del sapere in termini
di radicale rivalorizzazione erisemantizzazione dell’intera grammatica dell’umano. Nulla di
tutto ciò, però, avrebbe potuto attuarsi senza l’assunzione, da parte di Hegel, della profondità
del pensiero kantiano (come testimoniato dalla famosa nota del filosofo di Stoccarda in G. W.
F. H,Scienza della logica, con una Introduzione di L. Lugarini, con una Nota e revisione
della traduzione di C. Cesa, trad. it. A. Moni, t. , Roma–Bari, , qui t. , p. , nota ).
La particolare posizione hegeliana rispetto al rapporto soggetto–oggetto permise al filosofo di
Stoccarda di giungere all’analisi e alla strutturazione di nuove categorie, in particolare quelle
sociali (si pensi al fino ad allora non ben definito concetto di società civile) che hanno segnato
lo sviluppo successivo del pensiero occidentale in maniera incontrovertibile, e soprattutto in
stretta connessione con l’incisività nella storia e nelle cose del mondo (cfr., nel merito, il noto
H. M,Ragione e rivoluzione. Hegel e il sorgere della teoria sociale, Il Mulino, Bologna, ).
Hegel è stato, in questo senso, senza dubbio l’anello di congiunzione tra l’analitica filosofica
kantiana e il contatto con il mondo, con la vita, con la carne, il sangue della storia, che vide
per citare un celebre esempio nelle opere di Karl Marx e Friedrich Engels i presupposti
per l’incarnazione delle idee nella storia, causa e ragione tanto di guerre e conflitti, quanto
di trasformazione dell’esistente (altrettanto celebre ed esemplificativa è l’undicesima tesi su
Feuerbach marxiana: «I filosofi hanno soltanto diversamente interpretato il mondo; si tratta
di trasformarlo» in K. M, F. E,Opere, voll. I–L, Editori Riuniti, Roma, , qui vol.
V, p. ). Per una generale lettura degli sviluppi della filosofia dopo Hegel, cfr. E. C,

 Mattia Papa
Nel porre siatta questione, Hegel sapeva di star lottando con
il problema più delicato della filosofia. E per farlo non poteva non
vincere ogni forma di separatezza esistente tra l’analitica filosofica
(che chiameremo filosofia della logica) e la quotidianità dell’esistere.
La necessità prima e ultima di Hegel era individuare le sfumature,
le modalità con cui il pensiero appronta la vita stessa, ossia il senso,
la logica del filosofare. Si proverà quindi a far emergere una specifica,
benché parziale, lettura del pensiero hegeliano puntualizzando il
valore e il significato della logica nella sua riflessione.
Nella seconda parte, invece, si proverà a trarre le conseguenze
di questa risposta non solo sul versante teoretico, ma soprattutto su
quello pratico, provando a indicare una sintesi tra la libertà individuale
e lo spirito assoluto hegeliano, per dare un senso all’intersoggettività,
allo spirito con gli individui, e non nonostante questi, considerati
notoriamente da Hegel come la polvere che si perde nella «fatica del
concettdurante il dispiegamento dello spirito.
Storia della filosofia moderna. Il problema della conoscenza nella filosofia e nella scienza, a cura di
E. Arnaud, voll. I–IV, Einaudi, Torino, , in part. vol. IV; H. S,La filosofia
della storia dopo Hegel. I problemi dello storicismo, con una Introduzione di C. Cesa, trad. it. G.
Moretto, Morano, Napoli, ). Per una ricostruzione storica dall’Ottocento al Novecento, si
rimanda a E. H,Il trionfo della borghesia. , trad. it. B. Ma, Laterza, Roma–Bari,
; I., L’età degli imperi. , trad. it. F. Salvatorelli, Laterza, Roma–Bari, ; infine
I., Il secolo breve. , trad. it. B. Lotti, Rizzoli, Milano, . Per una ricostruzione delle
interpretazioni principali del pensiero hegeliano, soprattutto nelle influenze economiche e
politiche durante i decenni centrali del XX secolo, si rimanda, infine, all’utilissimo R. B,
Studi sul pensiero politico ed economico di Hegel nell’ultimo trentennio, in «Rivista critica di Storia
della Filosofia»,  (,), pp. , in cui lo studioso riassume i caratteri fondamentali
delle interpretazioni novecentesche le quali, da Marx, Lukács, Marcuse, Horkheimer a Popper
non negandosi riferimenti all’immancabile interpretazione diltheyana –, ci consegnano la cifra
di quanto la svolta data da Hegel al pensiero, abbia permesso il passaggio da una conciliazione
delle pluralità della realtà (a cui Hegel era ancora legato), ad una trasformazione di essa (in
merito, cfr. ivi, pp. , in part. p. ), permettendo l’incarnazione delle idee nella storia.
Ma di ciò si parlerà più avanti. Infine, per un’introduzione generale alla vita e al pensiero
hegeliano, cfr. il collettaneo Guida a Hegel, a cura di C. Cesa, Laterza, Roma–Bari,  e gli
irrinunciabili V. V,Introduzione a Hegel, Laterza, Roma–Bari,  e I., La filosofia di Hegel,
Loescher, Torino, . Si veda per la biografia hegeliana, l’aggiornato T. P,Hegel. A
Biography, Cambridge University Press, Cambridge, ; H.S. H,Hegel’s Development,
Oxford University Press, Oxford, ; R. B,La civetta e la talpa. Sistema ed epoca in Hegel, Il
Mulino, Bologna, ; P. M,Hegel, Celuc, Milano, ; L. L,Hegel dal mondo
storico alla filosofia, Guerini, Milano, .
. G. W. F. H,Fenomenologia dello Spirito, voll. I–II, a cura di E. de Negri, La Nuova
Italia, Firenze, , citato in edizione anastatica, con una Introduzione di G. Cantillo, Edizioni
di Storia e Letteratura, Roma, , vol. I, p.  (da qui in poi l’opera verrà citata come
Hegel e l’appercezione storica 
È particolarmente rilevante sottolineare, ai fini dell’ottica attraver-
so cui qui leggiamo Hegel, la nostra concordanza con quanto scrisse
Enrico de Negri nell’Avvertenza al suo Interpretazione di Hegel, ossia
che l’Enciclopedia hegeliana è perlopiù «un compendio» e, durante
il suo studio, «più che a chiarificare riesce a soocare il pensiero
hegeliano»
. Anche il nostro lavoro, si parva licet, è, come quello di
de Negri, «appoggiato a un esame della produzione hegeliana dagli
scritti giovanili e da quelli del periodo jenese fino alla Fenomenolo-
gia, alla Scienza della logica e alla Filosofia del diritto»
, pur riservando
all’Enciclopedia lo spazio di alcune definizioni e passaggi che, proprio
per la loro essenza compendiatrice, risultano funzionali non tanto ad
un lavoro di studio, interpretazione o ricostruzione della riflessione
di Hegel, ma particolarmente diretti a dare la giusta “spinta” per
tracciare ponti con il presente: un’opera “camaleontica”, che solo
attraverso una precedente o contestuale interpretazione di tutto il
pensiero di Hegel, acquista un particolare significato.
. Ciò che immediatamente bisogna qui prendere in consegna, è la
consapevolezza di una separazione. E in primo luogo domandare
e domandarci della sua eettiva sussistenza. Si discute ovvero se
esista una dierenza tra Weltansichten, o se queste non solo siano
intimamente connesse, ma persino la stessa unità guardata da una
diversa prospettiva. Non parliamo, quindi, solo dell’individuare la
relazione tra la filosofia della logica e la logica del filosofare, ma di
trovare l’intercapedine concettuale, la ragione, in cui e per cui qualcosa
dierisce da un’altra.
Individuare questo momento preciso di dierenziazione vuol dire
prendere posizione. E questa posizione, in e con Hegel, aonda le
proprie radici nell’intima complessità del suo sistema, in particolare
nella disputa che con veemenza intraprese fin da giovanissimo
con-
Fenomenologia, seguita dal numero del volume e il numero delle pagine citate).
. E.  N,Interpretazione di Hegel, Sansoni, Firenze, , p. .
.Ibid.
. Per un’analisi di questo momento del pensiero hegeliano, rimandiamo alle celebri
analisi di G. L,Il giovane Hegel e i problemi della società capitalistica, trad. it. R. Solini, voll.
I–II, Einaudi, Torino, , in part. vol. I, pp. . In particolare, riteniamo sia fondamentale
concentrarsi sul concetto di “positività”, al quale riguardo il filosofo ungherese dedica attenta
e approfondita analisi nelle pp.  del testo succitato. Per un chiarimento, inoltre, sulla
storia del problema storiografico legato agli anni giovanili di Hegel, rimandiamo a E. M,
Introduzione generale, in G. W. F. H,Scritti giovanili, a cura di E. Mirri, Orthotes, Napoli,
 Mattia Papa
tro le filosofie a lui contemporanee durante le fasi dello sviluppo del
suo pensiero.
, pp. , e alle Introduzioni, ancora a cura di Mirri, alle sei parti in cui è diviso il testo,
in ivi, pp. , pp. , pp. , pp. , pp. . Si rimanda poi al noto
lavoro hegeliano curato da Herman Nohl, G. W. F. H,Theologische Jugendschriften, hrsg.
v. H. Nohl, Mohr, Tübingen,  e a W. D,Storia della giovinezza di Hegel e Frammenti
postumi, a cura di G. Cacciatore e G. Cantillo, Guida, Napoli, . Cfr. anche G. C,
Hegel e la religione nell’interpretazione di Dilthey, in A.V., Fede e sapere. La genesi del pensiero
del giovane Hegel, a cura di G. Cantillo e R. Bonito Oliva, Guerini, Milano, , pp. .
Si vedano poi i volumi, R. F,Mito e critica delle forme. La giovinezza di Hegel (),
Editori Riuniti, Roma, ; A. T,Teologia e Aufklärung.Le radici del giovane Hegel, La città
del sole, Napoli, ; I., Hegel a Berna. Le premesse di un sistema, Rubbettino, Soveria Mannelli,
; V. V,Introduzione a Hegel, Laterza, Roma–Bari, , pp. ; R. B O,
“Jenaer Geistesphilosophie” di Hegel (una recente rilettura critica delle “Vorlesungen” del / e del
/), in «Discorsi», (), pp. . Il filosofo di Stuttgart guardò sempre con sospetto
alla secolarizzazione della teologia, e non ne furono esenti neanche gli anni dello Stift. Non è
dicile immaginare che fu la Rivoluzione francese, accompagnata dalla seconda Kritik kantiana,
ad aver “avviato”, nel giovane Hegel, i primi passi verso la revisione del suo tempo, arrivando
presto all’inquadramento del problema nel più ampio merito della crisi del moderno. Di
questo parleremo poi. Per un approfondimento su Hegel e la Rivoluzione francese, cfr. C.
C,Hegel e la Rivoluzione francese, in «Rivista Critica di Storia della Filosofia», /(),
pp. ; J. R,Hegel e la Rivoluzione francese, Guida, Napoli, ; R. F,Mito e
critica delle forme. La giovinezza di Hegel (), Editori Riuniti, Roma, ; G. C,
«Privatleben» e senso dello Stato negli scritti giovanili di Hegel, in I., Forme dell’umano. Studi su
Hegel, con una Premessa di A. Masullo, ESI, Napoli, , pp. ; P. V,La serietà tragica
della religione, in A.V., Fede e sapere. La genesi del pensiero del giovane Hegel, cit., pp. .
. Anche se fuori dagli interessi del presente contributo, crediamo sia fondamentale
sottolineare, ai fini dell’inquadramento della prospettiva in cui viene letto qui Hegel, che nella
famosa lettera del novembre  a Schelling si possa individuare, l’inizio di un processo di
maturazione di una nuova forma di riflessione nel filosofo (quella, per intenderci, del periodo
successivo a Jena), e che appunto si conclude proprio con la Vorrede alla Fenomenologia dello
spirito. Ci sembra opportuno quindi riportare un significativo passaggio della lettera, tenendo
tuttavia a sottolineare che sarebbe di grande interesse porre la giusta attenzione tra il pensiero
teologico degli anni giovanili e quel delicato momento intellettuale, condensatosi nella Logica e
metafisica del hegeliana, che molto ha a che fare con quanto il filosofo di Stuttgart scrisse
all’amico Schelling: «nella mia formazione scientifica che è partita dai bisogni più subordinati
degli uomini, dovevo essere sospinto verso la scienza, e nello stesso tempo l’ideale degli
anni giovanili doveva mutarsi, in forma riflessiva, in un sistema. Mi chiedo ora, mentre sono
ancora occupato con questo sistema, come possa trovare un punto di riferimento per agire
ecacemente sulla vita degli uomini» (Hegel a Schelling,novembre  in G.W.F. H,
Lettere, con una Introduzione di E. Garin, a cura di P. Manganaro, Laterza, Bari, , p. ). Per
la citata lettera, si veda anche J.K.F. R,Vita di Hegel, con una Introduzione e a cura di
R. Bodei, Bompiani, Milano, , in part. pp. . Per tutti questi aspetti si vedano anche i
seguenti testi: A.V., Hegel. Guida storica e critica, a cura di P. Rossi, Laterza, Roma–Bari, ;
A.V., Hegel’s History of Philosophy, ed. by D.A. Duquette, State University of New York Press,
Albany, ; H. M,L’ontologia di Hegel e la fondazione di una teoria della storicità, con
Hegel e l’appercezione storica 
Infatti, prima di quella che qui definiamo la Kehre
della sua ri-
flessione, Hegel aveva già segnato le distanze con il proprio tempo,
decostruendo man mano le intere riflessioni che con veemenza si
condensarono in quel trentennio che va dalla pubblicazione della
una Presentazione di M. Dal Pra, trad. it. E. Arnaud, La Nuova Italia, Firenze, ; F. N,
Hegel . Leben, Werk, Wirkung, Klett, Stuttgart, ; T. P,Hegel’s dialectic: the
explanation of possibility, Temple University Press, Philadelphia, ; O. P,Hegel. L’idea
di una fenomenologia dello spirito, con una Presentazione di V. Verra, a cura di A. De Cieri, Guida,
Napoli, ; M. V,Hegel e i confini dell’Occidente. La Fenomenologia nelle interpretazioni di
Heidegger, Marcuse, Löwith, Kojève, Schmitt, Bibliopolis, Napoli, .
. L’attribuzione di una hegeliana Kehre, è usata qui per “lanciare” una provocazione,
chiaramente verso l’evidente cambio di prospettiva del pensiero del filosofo di Stoccarda dopo
la Fenomenologia dello spirito, ossia prima che Hegel scrivesse la Vorrede del : la stesura della
Prefazione coincise con la traumatica sfilata dell’esercito prussiano per la città di Jena, con il
conseguente assedio e vittoria di Napoleone Bonaparte nel . Dalle pagine del Rosenkranz
(Vita di Hegel, cit., pp. ), e in particolare dalla lettera hegeliana a Niethammer (ivi, pp.
), traspare il terrore di Hegel il quale non si può considerare ininfluente nello sviluppo di
una “svolta” hegeliana, verso una necessità di cui la storia è intrisa e in cui «l’idea paga il tributo
dell’esistenza e della caducità non di sua tasca, ma con le passioni degli individui» (G.W.F.
H,Lezioni sulla filosofia della storia, trad. it. G. Calogero e G. Fatta, voll. I–IV, La Nuova
Italia, Firenze, , qui vol. I, p. ), piuttosto che di uno spirito intersoggettivo in cui è la libertà
degli individui a prevalere e a far da guida al da–farsi (e non il da–darsi hegeliano) della storia
(sugli sviluppi che dal kantismo portarono alla fondazione dello Historismus, cfr. di F. T,
Da Humboldt a Weber. Note critiche e polemiche, in I., Parerghi e paralipomeni allo Historismus,
in «Atti della Accademia Nazionale dei Lincei», XXXV/(), pp. , in part. ;
I., Trittico anti–hegeliano da Dilthey a Weber, con una Introduzione di E. Massimilla, Edizioni di
Storia e Letteratura, Roma,  e I., Introduzione allo storicismo, Laterza, Roma–Bari, ). È
noto però che il termine Kehre è comunemente rivolto alla cosiddetta “svolta” nel pensiero di
Martin Heidegger, così come sostiene una buona parte della critica rispetto ad un’annotazione
tra il
°
e il
°
paragrafo di Dell’essenza della verità (ora in M. H,Segnavia, a cura di
F. Volpi, Adelphi, Milano, , pp.  e sgg.) e a cui si fa risalire l’inizio del cambiamento
radicale nel pensiero del filosofo di Messkirch, dierenziando così la sua riflessione fino alla
pubblicazione di Essere e tempo () da quella successiva al , ossia il cambio di prospettiva
nel rapporto tra Sein eDasein. Non ci sembra quindi inopportuno pensare che Heidegger si
considerasse «uno dei grandi “discepoli” di Hegel» del XX secolo (come sottolinea F.S. T,
De Negri, Heidegger e lo Hegel di Jena, in A.V., Fede e sapere. Le premesse di un sistema, cit., pp.
, qui p. ), e che quindi giustificasse il cambio del suo sguardo con un’anità che ha
molto a che fare con quella Storia dell’Essere di cui in maniera per noi comunque distante
dagli intenti e dai fini di Hegel si è fatto interprete. Se in Hegel infatti si manifesta una
certa rigidità nell’avanzare della sua riflessione conclusasi con la pubblicazione del secondo
e terzo volume della Scienza della logica in Heidegger ci pare che l’accostamento sia più
opportuno al pensatore dell’Enciclopedia e del periodo dei Lineamenti sulla filosofia del diritto
() e delle Lezioni sulla filosofia della storia (le lezioni, tenute in maniera discontinua tra il 
e il , sono state pubblicate postume nel ), in cui comunque resta da “salvare” qualcosa
del giovane studioso dello Stift, a dierenza del nazional–socialista Heidegger.
 Mattia Papa
prima Critica di Kant () alla pubblicazione del primo volume
della Scienza della logica () in Germania. E ciò, proprio a partire
dalle riflessioni kantiane, seguite da quelle dei suoi commentatori,
fino a giungere alle potenti sterzate date da Fichte e infine da quelle
del suo, di Hegel, caro amico Schelling
. Quando infatti Hegel nella
Vorrede attacca l’Assoluto schellinghiano, non sta solo puntualizzando
all’amico di studi l’erroneità nel punto decisivo del suo sistema, ma
dando una precisa fenditura del modo in cui si intende l’esistere.
Nell’Assoluto, nello A = A, non ci sono certe possibilità, perché tutto è
uno. Contrapporre alla conoscenza distinta e compiuta, o alla conoscenza
che sta cercando ed esigendo il proprio compimento, questa razza di sapere,
che cioè nell’Assoluto tutto è eguale, oppure gabellare un suo Assoluto
per la notte nella quale, come si suol dire, tutte le vacche sono nere, tutto
ciò è l’ingenuità di una conoscenza fatua.
Credere di poter ridurre l’Assoluto al principio di identità vuol
dire cadere in un’ingenuità speculativa che perde di vista «la rosa
nella croce»

, ovvero la ragione che enuclea le parti come momenti
(dialettici) del tutto: la filosofia è la rosa nel contingente, il quale, se
gli si concede il primato di disquisire scientificamente sulla verità,
preclude l’accesso ad essa, ossia una lettura critica erazionale del
contingente stesso ritrovandolo in una cornice di necessità

. Infatti,
per quanto possa apparire «contraddittoria» un’unione tra contin-
. Non è qui possibile rimandare alla lunga, lunghissima schiera di autori che animarono
il dibattito nel periodo che va dalla pubblicazione della prima Critica di Kant al giovane
Hegel (la cosiddetta Aetas Kantiana). Rimandiamo quindi, solo a A.V., Die Wende von der
Aufklärung zur Romantik : Epoche im Überblick, hrsg. von H.A. Glaser u. G. M. Vajda,
Benjamins, Amsterdam–Philadelphia,  e H.A. K,Geistes der Goethezeit: Versuch einer
ideellen Entwiklung der klassich–romantischen Literaturgeschichte, Bde. I–V, Koehler & Amelang,
Leipzig, . Inoltre, per un approfondimento sul rapporto tra Hegel e Schelling, si rimanda
all’utilissimo R. P,Alcuni momenti dell’incidenza filosofica dell’epistolario schellinghiano,
in «Rivista di Storia della Filosofia», /(), pp. .
.Fenomenologia, cit., I, p. .

. G. W. F. H,Lineamenti di filosofia del diritto, nuova edizione rivedutacon le Aggiunte
redatte da Eduard Gans, a cura G. Marini, Laterza, Roma–Bari, , p.  (da qui in poi citato
come Lineamenti).

. Nelle pagine della Prefazione ai Lineamenti di filosofia del diritto, Hegel polemizza contro
le filosofie dei sentimenti, mosse dall’insana idea che «il vero sia quel che ciascuno intorno
agli oggetti etici, segnatamente intorno a stato, governo e costituzione, si lasci sorger dal cuore,
dall’animo edall’entusiasmo» (ivi, p. . Il curatore dell’edizione italiana sottolinea inoltre ivi,
p. , note e che l’attacco hegeliano è probabilmente rivolto a Jacob Friedrich Fries e al
suo volume Ethik oder die Lehren der Lebensweisheit, pubblicato per la prima volta ad Heidelberg
Hegel e l’appercezione storica 
genza e necessità, tra quotidianità e assoluto divenire dello spirito,
l’antinomia cioè la coesistenza dei contrari non è altro che
l’essenza della realtà stessa. Scrive Hegel: «per quanto possa sembrare
contraddittorio che l’Assoluto sia da concepire essenzialmente co-
me resultato, basta tuttavia riflettere alquanto per rendersi capaci di
questa parvenza di contraddizione»

. Solo nell’interezza, nell’unità,
si ritrova il vero essere della verità: «il vero è l’intiero»

, e si confi-
gura come ciò che non può che essere il risultato del processo del
suo stesso addivenire e manifestarsi attraverso la risoluzione delle
contraddizioni nel concetto.
Il rapporto tra il tutto e le parti diventa, quindi, il centro nevralgi-
co non solo delle fondamenta formali del sistema hegeliano, ma la
carne e il sangue che lo sostanziano. Rispetto a quanto detto finora,
il soggetto è il concetto, e il concetto è anche sempre l’oggetto. È
questo che Hegel intende quando aerma che «l’interiore necessità
che il sapere sia scienza, sta nella sua natura»

. Il significato di tutto
ciò che è, è attraverso la ragione, che nel processo dello spirito viene
raccontata e «concepita in modo universale»

. La «necessità esteriore»,
dice, «non è niente di diverso dalla necessità interiore»

: il soggetto e
l’oggetto sono unità, poiché tanto la natura e l’oggetto sono «forma
nel , ora in J. F. F,Sämtliche Schriften, Bd. X, Scientia, Aalen, ). La polemica è
rivolta all’incapacità di queste filosofie di individuare proprio la necessità, ciò che di essenziale
permane e definisce un’epoca, la ragione appunto di ogni momento, ossia di ogni “figura”
parlando fenomenologicamente. Con il «semplice rimedio casalingo di collocare sul sentimento
ciò ch’è il lavoro [.. . ] della ragione e del suo intelletto, è certamente risparmiata tutta la
fatica della conoscenza [. . . ] guidata dal concetto pensante» (Lineamenti, cit., p. ). Quando
quindi Hegel parla della “rosa nella croce”, sembra chiaro che l’analogia implicita costruita dal
filosofo di Stoccarda sia tra religione–croce e rosa–filosofia, laddove la religione è irrazionale e
vacuo sentimento. Certo, come Cassirer spiega riguardo al compito assegnato alla religione
dal giovane Hegel, «la religione, intesa nella sua profondità speculativa» è ciò che «presenta
e risolve il contrasto originario» tra soggetto e oggetto, funzione che poi sarà svolta, nella
maturità della ragione, dalla filosofia (E. C,Storia della filosofia moderna. Il problema della
conoscenza nella filosofia e nella scienza, cit., vol. III, t. , p. , legg. mod.; inoltre cfr. G. W. F.
H,Lezioni sulla filosofia della religione, voll. I–II, a cura di E. Oberti e G. Borruso, Laterza,
Roma–Bari,  e I., Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, con una Introduzione
di C. Cesa e Glossario eIndice dei nomi a cura di N. Merker, con una Prefazione e a cura di B.
Croce, Laterza, Roma–Bari, , in part. pp. , da qui in poi Enciclopedia).
.Fenomenologia, cit., I, p. .
.Ibid.
. Ivi, p. .
.Ibid.
.Ibid.
 Mattia Papa
nella quale un’età rappresenta l’esserci dei suoi momenti»

all’inter-
no del processo, quanto il soggetto è, insieme, colui che pone ed a
cui è in–posto il reale. È nello stesso esserci storico che si fonda tanto il
rapporto tra soggetto e oggetto quanto il movimento dell’Assoluto,
il quale si dà, allora, come identità degli opposti e non come mero
esser–posto.
Ma facciamo un piccolo passo indietro al primo scritto che Hegel
pubblicò nel :
In A = A, come principio di identità, si riflette all’esser–posto–in–rapporto;
e questo rapportare, questo esser uno, l’uguaglianza, è contenuta in questa
pura identità; si fa astrazione da ogni disuguaglianza. A = A, espressio-
ne dell’assoluto pensare o ragione, per quella riflessione formale che si
esprime in proposizioni d’intelletto, ha soltanto il significato dell’identità
intellettuale, dell’unità pura, cioè di un’unità tale che in essa si fa astrazione
dell’opposizione.
Nel puro principio di identità, il rapporto processuale della storia
svanisce nell’indierenziato; d’altronde, una riflessione puramente
formale “decolora” qualunque relazione tra il soggetto e l’oggetto,
trasponendola nella facoltà analitica della ragione, ossia in un intel-
letto che legge l’astrazione ma non il movimento reale e razionale di
cui quell’astrazione è sintesi concettuale. La ragione, quindi, «non si
trova espressa in questa unilateralità dell’unità astratta».
La riflessione formale
postula così Hegel anche il porre di ciò da cui nella pura uguaglianza
veniva fatta astrazione, il porre l’opposto, la disuguaglianza; il primo A è
soggetto, il secondo oggetto; e l’espressione per la loro dierenza è A
6=
A o A = B [.. .]. In A
6=
A, o A = B, è posta anche l’identità, il rapportare,
lo = del primo principio, ma solo soggettivamente, cioè solo in quanto il
non–pensare è posto dal pensare.

. Ivi, p. . L’Altro, in quanto altro individuo determinato, dovrebbe ora facilmente essere
inteso come condizione dell’oggetto, o anche come rappresentazione dell’esserci, ossia come
condizione di necessità che pone alla nostra attenzione lo sviluppo del nostro mutare nel
tempo. Ma torneremo più avanti, nel secondo momento del presente contributo, sul rapporto
tra esserci e divenire.

. G. W. F. H,Dierenza fra il sistema filosofico di Fichte e quello di Schelling, a cura di R.
Bodei, Mursia, Milano, , p.  (da qui in poi citato come Dierenza).
.Ibid.
.Ibid.
Hegel e l’appercezione storica 
In altre parole, la riflessione pone il non–pensare (definito B o A)
in sé, nel e dal pensare (A), come elemento separato (A
6=
A) o come
elemento congiunto ma contraddittorio (A = B); e questo rapporto
tra A e B, è colto solo dal soggetto della riflessione, ossia da A, dal
pensare soggettivo, che vive una divisione, la scissione.
La distanza frapposta tra il soggetto del conoscere e il suo oggetto,
è il corpo in cui si concretizza la separazione; e il criticismo nient’altro
è se non il luogo in cui tale separazione raggiunge il massimo grado
d’espressione, prima di cedere il passo ad altre e minori “configurazio-
ni” della Reflexionphilosophie. Nelle pagine della Enciclopedia, lo Hegel
maturo riassumerà sinteticamente

il problema così: «l’oggettività
vien detta l’elemento di universalità enecessità, cioè delle determina-
zioni stesse del pensiero»

. Ma se il kantismo ha avuto il merito di
aver elevato dalla «mera percezione» tale «oggettività» dicendola come
unità sintetica del molteplice, la rappresentazione della «esperienza»
che viene costituendosi per mezzo della produktive Einbildungskraft è
«unità soltanto della coscienza soggettiva», di concetti «vuoti», ovvero
«qualcosa di soltanto soggettiv

. È qui che risiede la materia di
cui si sostanzia qualunque forma riflessiva (e non speculativa) del
filosofare: il non poter cogliere, se non come altro da sé, come un
che di inconoscibile, la cosa in , l’oggetto.
La separazione è invece in unità, in primo luogo dal punto
di vista logico. Se infatti noi poniamo A, ossia diamo al pensare,
al porre, un fondamento, questo implica che, secondo quanto dice
Hegel ancora nella Dierenza,
ad A spetta un essere che non è un essere di A, A è un esser–posto che
non è l’esser–posto di A; dunque A
6=
A, A = B. Se si astrae dal fatto che A
è un posto, come si deve astrarre per avere il secondo principio nella sua
purezza, questo esprime in generale un non esser–posto di A. Porre nello
stesso tempo A come posto e come non–posto è già la sintesi del primo e
del secondo principio.
Se si pone A come un non–posto (come il porre il non–pensare), la
posizione è posizione del non–esser–posto. È un’astrazione che però indivi-
dua la risoluzione dell’opposizione posta in seno alla real dall’intelletto.
Come il filosofo tedesco scrive nell’Introduzione alla sua Scienza della logica,
«il negativo è insieme anche positivo», ossia «quello che si contraddice non si
. Si veda su ciò il già citato passaggio di E.  N,Interpretazione di Hegel, cit., p. .
.Enciclopedia, cit., p. .
. Ivi, p. .
.Dierenza, cit., p. .
 Mattia Papa
risolve nello zero, nel nulla astratto, ma si risolve essenzialmente solo nella
negazione del suo contenuto particolare», ovvero di un che di determinato,
e che la rende «negazione determinata»

. È solo nell’individuazione del
determinato e di ciò che in esso è fondamentale il suo contenuto che
si genera un «nuovo concetto»

. Nulla può divenire senza l’accettazione del
principio secondo cui in ogni negazione, in ogni opposto, in ogni contrad-
dizione, risiede il presupposto e l’essenza stessa della verità. Il rapporto di
A con B «è l’espressione dell’antinomia», e come antinomia, scrive Hegel,
ossia «come espressione dell’assoluta identità», nel rapporto tra A e B è
indierente porre A = B o A = A, sempre che A = B e A = A vengano presi
come rapporto di entrambi i principi. A = A contiene la dierenza di A
come soggetto da A come oggetto e ad un tempo la loro identità, così come
A = B contiene l’identità di A e B insieme con la loro dierenza.
Se dunque, «per il mero intelletto A = B non dice più del primo
principio; cioè l’intelletto comprende l’esser posto di A come B solo
come una ripetizione di A, [. .. ] mentre A viene ripetuto nell’esser
posto come B o in B», allora un altro termine, «un non–A, è posto, e
proprio come A, e dunque A in quanto non–A»

. In poche parole, il
porre un altro–da–sé, pensarlo, vederlo o immaginarlo già pone in
le ragioni della sua alterità: lo rende altro rispetto a ciò che pone.
Non nell’intelletto analitico quindi, bensì nella ragione sintetica si
può trovare la risoluzione dell’opposizione e il suo fondamento. È
nell’opposizione e questo intendeva il filosofo di Stuttgart nelle
pagine della Fenomenologia quando asseriva che «il vero è l’intiero»

che risiede la verità. Hegel lo diceva già chiaramente nella Die-
renza: «nell’antinomia, quando la contraddizione viene riconosciuta
come espressione formale della verità, la ragione ha sottomesso a
l’essenza formale della riflessione»

. È solo nel riconoscimento
di questo principio, nella compresenza dei contrari come forma più
alta della comprensione razionale del reale, per sua natura processua-
le, che la verità volge al suo svilupparsi e si realizza nella (e come)
Weltgeschichte.
La contraddizione come espressione formale della verità, è la prima
sostanziale presa di posizione hegeliana rispetto a tutta la riflessione
. G. W. F. H,Scienza della logica, cit., qui t. , p. .
.Ibid.
.Dierenza, cit., p. .
.Ibid.
.Fenomenologia, cit., I, p. .
.Dierenza, cit., p. .
Hegel e l’appercezione storica 
filosofica che lo aveva preceduto. Con essa egli vuole risolvere primaria-
mente la dignità del molteplice nella sua diversità, in quanto sostanziale
fondamento del rapporto soggetto-oggetto, e poi (soprattutto) come
fondamento del rapporto soggetto–soggetto, poiché l’oggetto nella sua
generalità concettuale è anche l’altro soggetto a me presente. Indivi-
duandoli come parti, come mediazione dell’essere (il quale «è assoluta-
mente mediato», ossia tanto «sostanziale contenuto» quanto «proprie
dell’Io»

), gli individui acquistano una fondamentale co–appartenenza
con la storia: nell’unità ontologica di essere e conoscere, si cancella
la ormai sottile (dopo la rivoluzione kantiana) linea di demarcazione
che divide il mondo naturale, oggettivo, e il mondo della riflessione
intellettuale, impregnando di un profondo valore logico la real

e
consegnando alla ragione (pratica) degli individui il compito di essere
collante dell’intero Geist, ossia della storia.
Scrive Hegel nella Fenomenologia:
Secondo il mio modo di vedere che dovrà giustificarsi soltanto mercé l’espo-
sizione del sistema stesso, tutto dipende dall’intendere e dall’esprimere il
vero non come sostanza, ma altrettanto decisamente come soggetto [. . . ]. La
sostanza viva è bensì l’essere il quale è in verità Soggetto, o, ciò che è poi lo
stesso, è l’essere che in verità è eettuale, ma soltanto in quanto la sostanza
è il movimento del porre se stesso, o in quanto essa è la mediazione del
divenir–altro–da–sé con se stesso.
L’essere–soggetto, è solo uno dei volti del divenire, che in altra
forma e guardato attraverso l’antinomia del reale, non solo fonda
l’Altro–da–sé come l’essere–oggetto, l’«Eettuale»

come lo chiama
nella Vorrede, ma si riconosce in esso e, in quanto tale, si aerma
nella realtà, fondandosi e fondandola: «il loro movimento che in tale
elemento si organizza in un intiero, è la logica ofilosofia speculativa»

.
.Fenomenologia, cit., I, p. .

. Non sarebbe neppure il caso qui di sottolineare il celeberrimo «ciò che è razionale è reale,
e ciò che è reale è razionale» (Lineamenti, cit., p. ), ma si crede che solo con Hegel si possa
giustificare il suo stesso pensiero e la sua coerenza interna, quantomeno nel salvare il suo concetto
fondamentale, il movimento dialettico, ossia la rinuncia dei pensieri dal loro «astratto isolamento,
al loro semplice “immobile porre se stessi”» come scrive Cassirer (E. C,Storia della filosofia
moderna. Il problema della conoscenza nella filosofia e nella scienza, cit., qui vol. III, t. , p. ).
.Fenomenologia, cit., I, pp. .
. Ivi, p. .
. Ivi, p. .
 Mattia Papa
Una prima risposta, perciò, al quesito da cui siamo partiti è: la di-
versificazione tra la logica del filosofare e la filosofia della logica in Hegel
è, a nostro parere, introvabile. Anzi, il compito di Hegel è stato esatta-
mente quello di sciogliere l’enormità della riflessione kantiana nella
storia. Non si parla infatti qui di una distinzione tra la logica e un qua-
lunque altro ramo del sapere, parte o momento della produzione dello
spirito: la logica è lo stesso percorso di estrinsecazione dello spirito
«nell’automovimento del concetto»

espresso nella Fenomenologia,
solo guardato dal punto di vista dell’astrazione pura.
Una differenza tra la logica del filosofare e la filosofia della logica è in-
trovabile in Hegel, se non forse da un punto di vista linguistico e come
sprone, come inizio della sua intera riflessione. Con gli occhi del sistema,
effettuare una tale distinzione apparirebbe un gesto superfluo: infatti
Hegel stesso ci ricorda che, «presa nella sua immediatezza, la proposi-
zione è una forma soltanto vuota [.. .]. Oltre al sensibilmente intuito
o rappresentato, quello che indica il puro soggetto, il vuoto uno acon-
cettuale, è prevalentemente il nome come nome». E benché «di quel
soggetto vengano predicate delle verità speculative, il loro contenuto è
pur sempre privo di concetto immanente, perché è dato soltanto come
soggetto statico, ed essere, per questa circostanza, ricevono con facili
la forma della mera edificazione»

. E così infatti, dal punto di vista
hegeliano, sarebbe mera edificazione l’individuare categorie concettuali
come quelle in esame, non coerenti o non funzionali alla descrizione
del processo di dispiegamento dello spirito. Dare sostanza alle cose,
significarle, è il compito del filosofare. E il processo di significazione, il
filosofare appunto, è l’esprimere «il movimento opposto [. . .] presentare
quel ritornare in del concetto. Questo movimento, costituente altri-
menti il compito della dimostrazione, è il movimento dialettico della
proposizione stessa». A chi spetta fare ciò?
. Ivi, p. .

. Scrive Hegel nelle prime pagine dell’Enciclopedia: «si può ben dire che la logica sia la
scienza del pensiero, delle sue determinazioni eleggi: ma il pensiero come tale costituisce solo
la caratteristica generale o l’elemento, in cui l’Idea è in quanto logica. L’idea è il pensiero non
come alcunché di formale, ma come la totalità che si svolge delle sue peculiari determinazioni
e leggi, le quali esso si da se stesso, e non già le ha semplicemente e trova in sé» (Enciclopedia,
cit., p. ). Cfr. anche il collettaneo Guida a Hegel, cit., pp. , e il noto V. Verra,Introduzione a
Hegel, cit., pp. .
.Fenomenologia, cit., I, p. .
.Ibid.
. Ivi, p. .
Hegel e l’appercezione storica 
La logica non è altro che l’espressione astratta del pensare, dello
stesso pensare che è realtà nella storia. La storia stessa è in logica,
ha una sua “logica” (una sua ragione), ossia la logica stessa nell’au-
toprodursi dello spirito. Essa, la storia, segue una precisa cadenza e
ragione, che la filosofia ritrova come ciò che è necessario, riconoscen-
do «nella parvenza di ciò ch’è temporale e transeunte, la sostanza
che è immanente e l’eterno che è presente»

: nell’identità del tutto
logico–storico, svanisce, in quanto tautologia, anche la distinzione
linguistica tra la logica del filosofare e la filosofia della logica.
Ciò che rimane invece è la domanda se l’individuo, non inteso co-
me il “soggetto” che si identifica con l’essere un «nome»

, abbia una
sua funzione nella storia che non sia predestinata necessità, bensì la
capacità di aprirsi un orizzonte di possibilità, l’attimo della decisione
in cui si esprime la libertà.
È giunto pertanto il momento di porre ora una domanda cen-
trale nell’interpretazione nostra al filosofo di Stoccarda. Volendo
infatti essere fedeli al lessico più utilizzato dagli interpreti hegeliani,
si dovrebbe ad onor del vero dire che il compito del filosofare
èenucleare la sostanza, specificare il significato della storia, e non so-
stanziare e significare in termini diretti. Il sostanziare e il significare,
infatti, vedono il soggetto del pensare individuale come attivo e de-
cisivo nel processo storico. La quotidianità del singolo, per quanto
dis-persa nel molteplice, e per quanto sottomessa necessariamente
allo Stato e alla Weltgeschichte

, contribuisce se non altro al “tenersi”
dell’intero nella sua staticità, divenendo quindi coestensivo allo spirito
stesso pur non essendo capace di quella eccezionalità in grado di farlo
“saltare” al di di

, al fine di trascinare l’epoca oltre i suoi limiti. E
resta comunque da chiedersi come l’individuo possa dirsi libero, non
solo non riducendolo a marionetta della storia, ma soprattutto per
poterlo credere in grado di invertire i processi storici tesi ad evitare,
ad esempio, il ripetersi di tragedie come quella nazista e fascista le
quali avevano logiche, ma annichilenti e distruttive.
.Lineamenti, cit., p. .
.Fenomenologia, cit., I, p. .

. Eccezion fatta per gli individui «cosmico–storici» (nel merito si veda G.W.F. H,
Lezioni sulla filosofia della storia, cit., vol. I, pp. ).
. Ci si riferisce qui al famoso «Hic Rhodus, hic saltus» dei Lineamenti, cit., p. .

. Si veda nel merito P. L–L, J.–L. N,Il mito nazi, con una Introduzione
di M. Gennari, traduzione di C. Angelino, il Melangolo, Genova, .
 Mattia Papa
Può l’uomo singolo inteso come colui che il suo contributo
complessivo all’umanità nella sua totalità indirizzare la (e incidere
nella) storia? È fondamentale sottolineare e porre questa domanda
perché, di contro a quanto lo stesso Hegel ha scritto nelle sue opere
e sottolineato durante le sue lezioni, resta per noi, oggi, un punto
decisamente problematico il ruolo dell’individuo nella storia.
Pertanto, non è nostro obiettivo negare ciò che Hegel ha scritto,
quanto dare una lettura storico–storiografica del pensatore di Stutt-
gart tale da poter riabilitare il pensiero hegeliano ai fini della vita,
persino quella di ogni singola individualità

. Proprio in chiusura
della Vorrede, è il filosofo che sottolinea: «soltanto minima può essere
la partecipazione all’intera opera dello spirito assegnata all’individuo;
così questo deve a maggior rag ione obliare se stesso [. . . ] e divenire
e fare quel che gli sarà possibile»

. Agire, scegliere, vivere, nella
costruzione della collettività .
. Da questo punto di vista bisognerebbe chiedersi allora qual è la “natu-
ra” dell’uomo, i frangenti in cui il suo spirito si forma, le sue peripezie,
le sue miserie e le sue grandezze

. Hegel tenta di dare un abbozzo

. Salvarlo, insomma, per intenderci, dalla autorevole sentenza cassireriana per cui la
filosofia hegeliana non prova neanche per un attimo a «cambiare il corso della storia» poiché
per Hegel «nuotare controcorrente era [. . .] un pensiero impossibile» (E. C,Albert
Schweitzer critico dell’etica del diciannovesimo secolo, in I., Scienza, cultura e storia. Cinque saggi di
Ernst Cassirer, a cura di A. Maccaro, Aracne, Roma, , pp. , qui p. ).
.Fenomenologia, cit., I, p. .

. Crediamo che Hegel fosse consapevole della complessità del lavoro che il concetto
compie nel tempo per realizzarsi. E in questo tempo, sono gli uomini, ogni singolo uomo, che
aiutano alla scrittura di un libro il quale è sempre un lavoro collettivo, soprattutto se quel libro
è quello della storia.

. Non è tra gli intenti di questo lavoro indagare i motivi “emotivi” e “personali” per cui
Hegel avrebbe “risolto”, nelle pagine del suo pensiero, l’individuo nello smarrimento della storia.
Certo è che, qualunque siano stati i motivi, questi hanno influenzato profondamente la riflessione
successiva a Hegel e su Hegel, legittimando in particolare la declinazione nell’indagine sociale e
il compito delle masse co come nel corso del secolo scorso queste hannoagito nella storia e ne
sono state indiscusse protagoniste, quantomeno sotto il profilo teorico degli studi sociologici e
filosofici. Per quel che crediamo, era un bisogno di generalizzare”, quello hegeliano, piuttosto che
una volontà di “trascurare” l’uomo “per” lo spirito. E per quanto non possa essere approfondito il
rapporto tra la vita e il pensiero di Hegel in questa sede, si rimanda comunque alle pagine di J. K. F.
R,Vita di Hegel, cit., pp. , pagine in cui vengono raccontate le vicissitudini del
filosofo di Stuttgart durante l’invasione di Jena nel , e dell’enorme turbamento che il filosofo
ne ebbe. È infatti non poco dirimente comprendere le ragioni per cui Hegel abbia compiuto un
rovesciamento così radicale tra l’uomo e lo spirito, ponendo il primo preda dei venti del secondo.
Hegel e l’appercezione storica 
di risposta a siffatta questione nel famoso discorso inaugurale che ten-
ne a Heidelberg nell’ottobre del 

, dove scrive: «noi vecchi, che
diventammo uomini fra le tempeste dell’età nostra, possiamo conside-
rare ben felici voi che vivete in un tempo in cui potrete dedicare senza
preoccupazioni la vostra gioventù alla veri e alla scienza».
Non vogliamo certo sottolineare qui, ancora una volta, che la
guerra sconvolge l’animo di chiunque, persino quello anzi in pri-
mo luogo di grandi pensatori, delle grandi sensibilità di un’epoca.
Vogliamo invece porre in risalto il dolore e le dicol soerte duran-
te gli anni bellici da Hegel, manifestati brevemente nel suo Discorso.
Fragilità accennate in un momento pubblico, e non certo da uomo
incline a certe aperture emotive. Porsi la questione circa un alcunché
riguardante la “emotività” di Hegel eccederebbe probabilmente i
limiti della lettera hegeliana; eppure sussiste in tutto ciò qualcosa
che lascia scorgere un legame tra la Storia e la storia “minore” delle
soerenze dei singoli.
Scrive infatti Marx nella Critica della dialettica e in generale della filo-
sofia di Hegel nel terzo dei Manoscritti economico–filosofici del , che
«l’importante nella Fenomenologia di Hegel e nel suo risultato finale
la dialettica della negatività come principio motore e generatore
sta dunque nel fatto che Hegel concepisce l’autogenerazione dell’uo-
mo come un processo, l’oggettivazione come una contrapposizione,
come alienazione e soppressione di questa alienazione»

. Marx sotto-
Un caso simile, ma non analogo, ci pare venga delineato da E. H. E nel suo Il giovane Lutero,
con una Introduzione di A. Armando, Armando, Roma, : lo psicanalista, insieme a tante altre
questioni, pone all’attenzione la fondamentale rilevanza di pochi, brevi istanti nella nostra vita,
in cui pe l’intera nostra esistenza cambia inesorabilmente (riferendosi, ovviamente, all’attimo
della conversione di Lutero). Grazie a questo spunto eriksoniano ci chiediamo se non sia stato il
vedere le «forze d’invasione francesi [.. .] entrare nelle case con la violenza e a saccheggiarle» (J. K.
F. R,Vita di Hegel, cit., p. ), l’incertezza e l’insicurezza tanto per la propria vita quanto
del proprio lavoro (la Fenomenologia era pronta quasi per essere spedita all’editore, cfr., ivi, p. ),
ad aver acceso in Hegel una disillusione per gli individui che, solo come massa inerme guidata da
grandi uomini, e asservita ad un’idea, svolge il suo ruolo nel mondo. E questa disillusione la
lasciamo come interrogativo può davvero aver spento a sua volta qualunque forma di affezione
nei confronti degli individui stessi, a cui aveva dedicato tanto del suo lavoro (cfr. supra, nota ) nella
ricerca dell’apparente antinomia tra verità e libertà.

. Il discorso inaugurale lo si può trovare in G. W. F. H,Lezioni sulla storia della filosofia,
voll. I–III/, a cura di E. Codignola e G. Sanna, La Nuova Italia, Firenze, , vol. I, pp. .
. Ivi, p. .

. K. M,Manoscritti economico–filosofici del , con una Prefazione e a cura di N.
Bobbio, Einaudi, Torino, , p. .
 Mattia Papa
linea non solo la forza con cui Hegel fa emergere «il comportamento
reale, attivo dell’uomo con se stesso come essere che appartiene ad
una specie, o l’attuazione di come essere reale appartenente ad una
specie»

, ma il ponte reale che come necessità deriva dalla riflessione
hegeliana.
Ci concediamo qui la licenza di intendere la Fenomenologia dello
spirito non solo come uno spartiacque nella riflessione hegeliana, ma
anche come il momento culminante dell’intero suo pensiero. Così
posta, la Fenomenologia diventa la chiave decisiva di una lettura della
logica in Hegel in senso storico. E non solo come abbiamo evinto
fino ad ora attraverso l’identità tra filosofia, storia e logica, ma identi-
ficando la logica con una funzione rivivificatrice della contraddizione,
rendendo quest’ultima non solo reale, ma legittima e vivente. Possia-
mo osare definire la funzione della logica nella riflessione hegeliana,
il tentativo della risoluzione dell’enorme frattura lasciata aperta da
Kant frattura già concreta e già praticata dai contemporanei di
Hegel

non riunita dalla terza critica del filosofo di Königsberg,
attraverso una logica che possiamo definire storica, strumento della
ragione sintetica:
.Ibid.

. È in particolare il pensiero francese della seconda metà del Novecento che ha lavorato
attentamente su Hegel e il rapporto con la frattura della contemporaneità, come principio di
uno svuotamento di senso. Nel merito, ci limitiamo a rimandare a J.–L. N,L’inquietudine
del negativo, traduzione di A. Moscati, Cronopio, Napoli, , del quale ci serviremo più
avanti.

. Il rapporto Hegel–Kant lo abbiamo già arontato supra, pp. . Eppure teniamo
a sottolineare che aermare un rapporto esclusivamente negativo tra Kant e Hegel non
risolve completamente i termini della questione, ben più ampia del consueto modo in cui tale
rapporto è stato interpretato dalla storiografia: esiste un legame, a nostro parere, tra il giudizio
teleologico, l’immaginazione produttiva e la storia hegelianamente pensata in quanto erede di
questi due momenti della produzione kantiana. Non possiamo, come si capirà, dilungarci qui
sul ruolo fondamentale che la Critica della ragion pura e la Critica del giudizio hanno giocato nella
costituzione del pensiero di Hegel. Per introdursi al problema cfr. F. M,La recezione
e la Critica del giudizio nella Logica hegeliana, in «Verifiche»,  (), pp.  e A. N,
Analisi filosofica e coscienza storica: Kant e Hegel oggi, in «Studi Kantiani»,  (), pp. .
Per un’analisi tra il rapporto tra Kant e Hegel, oltre alle già citate introduzioni al pensiero
hegeliano, si rimanda al saggio di F. C,Il doppio volto di Kant in Hegel, in «Rivista
di Storia della filosofia»,  (), pp. . Ci sembra inoltre qui opportuno segnalare il
volume di L. S,Giudizio e sillogismo in Kant e in Hegel, a cura di M. Corsi, Cadmo,
Roma,  e I., Osservazioni sulla Critica del giudizio, Scuola Normale Superiore, Pisa, .
Si rimanda infine all’interessante lettura del rapporto tra la prima e la terza Critica di U. E,
Kant e l’ornitorinco, La nave di Teseo, Milano, .
Hegel e l’appercezione storica 
Lo scopo di una vera logica scrisse Hegel a Jena dovrebbe perciò essere
quello di presentare le forme della finitezza, non ammassate empiricamente
alla rinfusa, ma nell’ordine stesso in cui vengono prodotte dalla ragione, in
modo tale tuttavia che, sottratte dall’intelletto alla ragione, esse appaiano
nella loro finitezza.
In altre parole quelle ancora di Marx —, Hegel attraverso la
logica

dice l’individuo «come essere umano»: un individuo, in quan-
to essere umano, «è possibile soltanto quando egli esplica realmente
tutte le forze proprie della sua specie ciò che di nuovo è possibi-
le soltanto attraverso l’opera collettiva dell’uomo, cioè solo come
risultato della storia».
Se si prova a leggere co la filosofia hegeliana, ossia fuori dalla
maggior parte delle considerazioni successive al , intese queste
come un ripiegamento su se stesse, il pensiero di Hegel diviene il
coltello affilato, lo strumento dello sforzo [Streben] di cui necessitava
la filosofia per attaccarsi alla vita, alla materialità di una teoresi non
metafisica, bensì storica. E questo necessitava uno spingersi fin là, oltre
persino l’astrazione, sull’equilibrio impossibile a cui bisogna darsi per
vincere le resistenze della storia stessa. Così, Hegel diventa un monito.
Infatti, nella sua analisi dell’autocoscienza hegeliana, Heidegger
sottolinea che questa, l’autocoscienza, non è «il compimento della
percezione interna» o la prova dell’«esser–semplicemente–presenti–in-
sieme di coscienza e autocoscienza»; non è «la dimostrazione della
non–cosalità dell’autocoscienza a differenza della cosalità degli ogget-
ti della coscienza», né «l’assicurazione della sfera di pure esperienze
vissute come ambito della visione d’essenze» altrettanto «la traspo-
sizione della coscienza trascendentale [. .. ] nel senso dell’appercezione
trascendentale kantian .
L’autocoscienza è invece «il conseguimento dell’essere–sé del
nella sua indipendenza»

, la «verità della coscienza», la sua «essenza»,

. Le parole hegeliane sono riportate in J. K. F. R,Vita di Hegel, cit., pp. .

. La logica di cui è intrisa la Fenomenologia, approdo di anni e anni di riflessioni, come
sottolinea più volte Rosenkranz nelle pagine del Libro II della Hegels Leben (ivi, in part. pp.
, soprattutto fino a p. ), e solo dopo analizzata nel grande lavoro di logica del .
. K. M,Manoscritti economico–filosofici del , cit., p. .

. M. H,La fenomenologia dello spirito di Hegel, a cura di E. Mazzarella, Guida,
Napoli, , p. .
.Ibid.
 Mattia Papa
«coappartenenza», «medesimezza»

con essa. L’autocoscienza è g il
momento “pratico” della Fenomenologia, lo stadio dell’indipendenza, del-
l’allontanamento dal mondo dell’oggettualità, il distacco dalla coscienza
per una presenzialità con se stessi senza perdere la sostanziale unione
spirituale tra la coscienza e l’autocoscienza. La libertà è un problema
che può essere legato solo ed esclusivamente alla «vera effettualità dello
spirit

, all’essere presso–di–sé

, ma al contempo riconoscersi come
altro–desiderante, tra gli altri–desideranti

, in un cammino del che
a differenza di quanto pare faccia intendere Heidegger non è
mai statico. Facendoci notare infatti che “vita” è il modo in cui He-
gel definisce l’«autentico concetto di essere»

a partire dalla fine delle
ultime pagine dedicate alla coscienza nella Fenomenologia, Heidegger
perde l’elemento fondativo di tutta la riflessione hegeliana, ossia il
movimento. Crediamo invero che, se la vita, l’essere autentico, l’au-
tocoscienza, è «l’essere che produce da e che nel suo movimento
mantiene in [.. .], quell’essere in cui tutte le differenze non si
estinguono ma sono tolte, conservate e trattenute nella loro origine»

,
allora si condanna l’essere effettuale, l’io pratico della coscienza, il vero
dell’esser–coscienza, non a essere la trascendentale capacità kantiana
della «unità nella sintesi del molteplice»

immersa però anche in una
dimensione pratica, reale, storica quanto al contempo non distinta dal
piano dell’antinomia, di quella lacerazione indomabile ereditata dalla
modernità

, come era forse nelle intenzioni di Hegel, ben diventa
un essere–perennemente–presente tra le cose.
. Ivi, pp.  e sg.
. Ivi, p. .
. Cfr., ivi, pp.  e sg.

. Si rimanda alle famose pagine dell’autocoscienza della Fenomenologia, I, pp.  e, nello
specifico, alla figura de Il signore e del servo a pp. . Il concetto del desiderio in Hegel è
un altro dei temi analizzati dalla filosofia francese novecentesca. Si rimanda al famoso volume
volume che ha fatto scuola tra i banchi universitari francesi degli anni , e che ormai ha
consolidato un filone interpretativo nella storiografia hegeliana A. K,Introduzione alla
lettura di Hegel. Lezioni sulla Fenomenologia dello spirito tenute dal  al  all’École pratique des
hautes études, a cura di G. F. Frigo, Adelphi, Milano, .
. M. H,La fenomenologia dello spirito di Hegel, cit., p. .
. Ivi, p. .
. I. K,Critica della ragion pura, a cura di P. Chiodi, UTET, Torino, , p. .

. Rimandiamo ancora qui, per chiarezza espositiva, a J.–L. N,L’inquietudine del
negativo, cit., pp. .

. Si intende qui ciò che Heidegger analizza in particolare nei paragrafi  dedicati
Hegel e l’appercezione storica 
L’autocoscienza è l’essenza della coscienza, l’unità del sé–in–sé,
ma in quanto, come dice Jean–Luc Nancy, «unità dell’uno che non va
senza l’altro e, ancor di più, l’unità dell’uno che va all’altro, dell’uno
che èsolo questo andare all’altr

. Ma soprattutto, l’autocoscienza
“va”, è in movimento in quanto desiderante.
Il semplice Io scrive Hegel nelle pagine dell’autocoscienza della Fenomeno-
logia è questo genere o l’universale semplice, per il quale le dierenze
sono nulle; ma lo è, soltanto quando esso stesso Io sia l’essenza negativa dei
momenti indipendenti e figurati che si son venuti formando. E l’autoco-
scienza continua Hegel quindi è certa di se stessa soltanto perché toglie
questa alterità che le si presenta come vita indipendente: essa è concupiscenza
o appetito [. . . ].
Solo quando l’Io si riconosce come momento di esser–altro avvie-
ne «il conseguimento dell’essere–sé del nella sua indipendenza»

come scrive Heidegger. Ma il conseguimento passa inevitabilmente
attraverso l’altro, ossia attraverso l’autonegazione del proprio Io nel
rispecchiamento del proprio volere, che è un volere altro, è un volere
l’altro. Scrive infatti Hegel che
nella vita, che è l’oggetto dell’appetito, la negazione è: o in un altro, vale a
dire nell’appetito; o è come determinatezza verso un’altra figura indierente;
o è come universale natura inorganica di quella vita [.. . ]. L’autocoscienza
raggiunge il suo appagamento solo in un’altra autocoscienza.
L’autocoscienza pone in «la dierenza come dierenza nulla, ed
è, così, indipendente»

. Ed è proprio in virtù di questa indipendenza
che l’autocoscienza è desiderante, e si muove verso l’oggetto del suo
desiderio, che è, a sua volta, un indipendente.
In questa dimensione, «l’assoluto non è una dimensione supple-
mentare, eccedente o esorbitante che conviene lasciare in lontananza,
all’in–essere, nonché nel §, del suo Essere e tempo, a cura di P. Chiodi, Longanesi, Milano, .
Non ci è inoltre possibile qui spiegare più in profondità il rapporto tra Hegel e Heidegger, la
critica del secondo nei confronti del primo ed una eventuale possibile del primo nei confronti
del secondo. Ma è certo impossibile qui non rimandare alle pagine del volume heideggeriano
dedicate al concetto di tempo in Hegel in ivi, pp. .
. J.–L. N,L’inquietudine del negativo, cit., p. .
.Fenomenologia, cit., I, p. .
. M. H,La fenomenologia dello spirito di Hegel, cit., p. .
.Fenomenologia, cit., I, p. .
.Ibid.
 Mattia Papa
continuamente dierita, incessantemente spostata, di un ideale “re-
gno dei fini”», sottolinea ancora Nancy, bensì esso è da intendere
certo come qualcosa di esorbitante, «ma lo è immediatamente»

: il
movimento degli uni verso gli altri è sempre nel cuore di un asso-
luto che si immediatamente e che configura una dimensione di
valorialità «in cui si scava al cuore dell’eettività»

, della storia, della
vita.
Se quindi l’autocoscienza è la vita nella sua consapevolezza, nella
sua decisionalità pratica, in un orizzonte valoriale che si costante-
mente, il monito hegeliano è quello di un inno alla vita nell’attuazio-
ne e superamento (la sintesi in Hegel non è mai una mediazione, ma
sempre un superamento delle contraddizioni) di quelli presenti in
quanto attualità da costruire. In questo senso, in un costante costruirsi,
“l’individuo cosmico–storico” trascina l’epoca verso il suo eettivo
superamento, ma è anch’essa un’epoca che si è inevitabilmente co-
struita attraverso la cooperazione costante delle autocoscienze. Così
lo spirito, possiamo dire, addiviene a se stesso. Il monito hegeliano,
quindi, va verso un’operosità, un attivismo costante nella storia, nel-
l’irriducibile costruirsi della società in una visione che sappia pensare
il futuro e strutturarsi come orizzonte di possibilità sempre–presente:
non solo l’individuo è, agli occhi della contingenza, un necessario,
ma solo attraverso di esso esiste un anelare alla costruzione collettiva
nell’impegno individuale. In questa prospettiva, la dimensione di una
real logica e storica, è il terreno in cui il superamento di Kant nella
prospettiva di un’appercezione trascendentale, eppure storica, vuol di-
re un’autocoscienza eettuale, pratica, ossia attiva nella storia perché
anelito alla costruzione della società e, quindi, della storia stessa. Nel
nodo cruciale di quella che definiamo qui appercezione storica, si dà
il rapporto tra logica e pratica, tra lo spirito e la libertà individuale,
ossia si significato all’intersoggettività e all’individuo nella filosofia
hegeliana, non più marchiata della sterilità di cui è stata accusata.
. J.–L. N,L’inquietudine del negativo, cit., pp. .
. Ivi, p. .
. E. C,Albert Schweitzer critico dell’etica del diciannovesimo secolo, cit., p. .
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