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Non solo breve. Frammentazione e ricomposizione
nella testualità dei Media Digitali
Giulio Lughi (Torino)
in Testi brevi 2. Teoria e pratica della testualità nell'era multimediale, Peter Lang, Bern, 2010
This paper aims to examine the phenomenon of "short forms" not only in relation to their size but especially
because they match with the technological characteristics of the new media textuality, and with the forms of
transition from the old media to the new ones.
Some examples of literature, films, music and art will be considered, responding to the criteria of granularity,
modularity, programmability that are the foundation of the so-called "database logic", or "database culture",
strictly connected to the structural essence of the ICT (Information and Communication Technologies). We also
point out some aspects related to textuality in social networks and UGC (User Generated Contents) and consider
new forms of interaction with screens and phisical spaces that have been generated by the growth of mobile
communication.
1. Introduzione
2. Forme brevi della tradizione artistica e letteraria
2.1. Aspetti socio-culturali. Un esempio di persistenza
2.2. Una tecnologia particolare: l'oralità
3. Forme brevi nei mass-media
3.1. Aspetti socio-culturali
3.2. Aspetti tecnologici
4. Forme brevi nei Nuovi Media
4.1. Aspetti socio-culturali
4.2. Aspetti tecnologici
5. Conclusione
6. Bibliografia
1. Introduzione
I testi brevi hanno una lunga tradizione che viene dal passato e persiste fino ad oggi: novelle,
racconti, aforismi, sonetti, haiku, blasoni, motti e facezie, barzellette, sketch, ecc.
rappresentano un territorio ben noto e studiato sotto diversi punti di vista. Nel contesto
odierno questa lunga tradizione sembra acquistare dei caratteri particolari, legati soprattutto
ad una sorta di iconizzazione - complice in larga parte la pubblicità - del testo breve, ad una
sua riduzione o conversione ad immagine, ma senza che questo ne muti sostanzialmente
l'identità e la tenuta (Pezzini 2002). Di fatto i testi brevi proseguono fino ad oggi la loro corsa
nel tempo finendo per essere ospitati, sostanzialmente immutati, all'interno dei Nuovi Media e
in particolare nel World Wide Web, il nuovo medium caratterizzato dalle capacità onnivore
che nell'epoca dei mass-media erano state esercitate dalla tv e che ora vengono
progressivamente assunte dalla rete. È una linea di continuità grazie alla quale questa
particolare forma testuale e culturale, già presente nell'Antichità, e poi nel Rinascimento, e poi
nella recente stagione della modernità industriale e dei mass-media, giunge fino a noi.
Quali sono i motivi di questa continuità, per cui un autore decide di comporre un testo breve
piuttosto che uno di dimensioni maggiori? La prima risposta ci porta naturalmente sul
versante delle scelte stilistiche ed estetiche: l'autore - di ogni tempo - compone un testo breve
in quanto ciò risponde in maniera primaria alle sue esigenze espressive. Questo contributo
tuttavia non si pone da questo punto di vista, che è proprio della critica estetica e storica, a cui
compete di indagare la figura del singolo autore, e/o la sua posizione all'interno di correnti o
generi artistici, e/o ancora la sua posizione all'interno del più generale contesto storico e
artistico.
Ciò che ci interessa maggiormente in questa sede è individuare non tanto perché un autore è
libero di comporre un testo breve rispetto ad uno di diversa misura, quanto esattamente il
contrario: perché un autore è costretto o meglio spinto a collocarsi nella dimensione di
comporre un testo breve? Più precisamente - e per anticipare quelle che saranno le conclusioni
di questo contributo – è nostro obiettivo indagare in che modo la presenza sempre più
determinante della tecnologia nei processi di comunicazione determini, anche al di là della
volontà e del gusto del singolo autore, un orientamento del sistema complessivo della
testualità verso una diffusione della forma breve.
In particolare verranno esaminate due modalità di condizionamento: una dovuta alla
situazione socio-culturale, dove i testi brevi appaiono rispondenti a forze e tendenze più
generali presenti nella società e nell'organizzazione culturale del loro tempo; e una di matrice
tecnologica, dove i testi brevi risultano invece derivare da precisi limiti e condizioni imposti
dalle tecnologie comunicative. Le due modalità di condizionamento non agiscono ognuna per
proprio conto, naturalmente, ma sono sempre variamente intrecciate, anche se indubbiamente
più ci avviciniamo alla contemporaneità più la tecnologia assume un ruolo marcato: questo
non significa che ci poniamo da un punto di vista di determinismo tecnologico, anzi volta per
volta verranno evidenziati i complessi rapporti che regolano i due piani.
In base a quest'ottica il contributo analizza tre diversi ambiti: il primo, cui sarà dedicato uno
sguardo molto rapido, è quello della tradizione artistica e letteraria, che si estende
dall'Antichità ai giorni nostri e dove la presenza della tecnologia come fattore limitante è
quasi inesistente, se non per un particolare aspetto che riguarda l'oralità; il secondo è quello
dei mass-media, che coincide con l'età industriale e dove la presenza della tecnologia
comincia a farsi sentire; il terzo è quello dei Nuovi Media, dove il ruolo della tecnologia
assume un ruolo molto importante ma molto spesso nascosto, diverso da quello percepito in
genere dall'utente generalista o dalla pubblicistica meno attenta.
Ancora una cosa: in questo contributo si metterà in luce come i processi di frammentazione e
ricomposizione - che nei Nuovi Media sono fisiologici, espliciti e legati al funzionamento
della tecnologia - sono spesso già presenti come elementi di anticipazione che percorrono
come un flusso sotterraneo tutta la nostra storia culturale; a volte più evidenti, a volte più
nascosti, a volte presenti solo come forze interne, mentali, ma comunque sempre elementi
costitutivi di una sorta di sostrato dinamico di cui la testualità di superficie è solo il risultato
finale. Estendendo a metafora il modello chomskiano, potremmo dire che frammentazione e
ricomposizione sono in generale forze che agiscono a livello di struttura profonda per
generare la struttura superficiale del testo, e che questa dinamica giunge a maturazione e a
visibilità esplicita nella attuale stagione dei Nuovi Media.
2. Forme brevi della tradizione artistica e letteraria
Come si è detto la microtestualità ha una lunga tradizione, che va dall'aforisma alla favola,
all'apologo, alla novella, intrecciandosi con la tradizione pittorica di forme come l'idillio (che
in greco significa "piccola immagine"), e lo schizzo, forma solo abbozzata ma in grado di
cogliere un'essenza iconica. Come punto terminale di questa lunga tradizione ci limiteremo
qui a citare Italo Calvino, che nelle Lezioni Americane tesse “l’elogio della rapidità”: ad
esempio con le sue osservazioni sul riassunto, come operazione niente affatto banale ma anzi
come strategia metalinguistica di selezione e organizzazione; o il Calvino che quasi si
identifica nella brevità come caratteristica testuale:
il mio temperamento mi porta a realizzarmi meglio in testi brevi: la mia opera è fatta in gran parte di "short
stories". (Calvino 1995: 671)
Certo la lunghezza o la brevità del testo sono criteri esteriori, ma io parlo d'una particolare densità che,
anche se può essere raggiunta pure in narrazioni di largo respiro, ha comunque la sua misura nella singola
pagina. Io vorrei mettere insieme una collezione di racconti d'una sola frase, o d'una sola riga, se possibile.
(Calvino 1995: 673)
Si tratta di una tensione stilistica che caratterizza molta scrittura moderna, da Borges a
Barthes a Hemingway a Carver, uniti nella consapevolezza che la dimensione fluviale della
narrativa ha ormai ceduto il passo a caratteristiche semantiche e testuali destinate a svilupparsi
sempre di più, e che di fatto poi ritroviamo nelle forme brevi audiovisive più attuali.
2.1. Aspetti socio-culturali. Un esempio di persistenza
Come si diceva, uno degli assi portanti di questo contributo è la convinzione che al di sotto
della testualità di superficie ci sia uno strato profondo costituito da processi di
frammentazione e ricomposizione.
Ne daremo qui una serie di esempi sul piano figurativo, da Hyeronimous Bosch fino agli esiti
più recenti e pesantemente immersi nella dimensione commerciale; esempi che mostrano
come - anche in contesti storici e culturali molto diversi - la realtà di superficie risulti
composta da un brulicare di forme brevi sottostanti. Filo conduttore di questi esempi è una
sorta di inquietudine, legata all'attrazione-repulsione per "ciò che c'è sotto", che percorre tutta
la storia europea e si basa soprattutto sulla tradizione magico-alchemica, vista come
combinatoria di elementi nascosti, su cui si innestano poi sempre nuove componenti. Ecco
ancora Calvino a individuare lucidamente questa connessione fra forme brevi sottostanti e
testualità di superficie, tra sostanza pulviscolare e potenza combinatoria:
...il filo della scrittura come metafora della sostanza pulviscolare del mondo: già per Lucrezio le lettere
erano atomi in continuo movimento che con le loro permutazioni creavano le parole e i suoni più diversi;
idea che fu ripresa da una lunga tradizione di pensatori per cui i segreti del mondo erano contenuti nella
combinatoria dei segni della scrittura: l'Ars Magna di Ramón Llull, la Kabbala dei rabbini spagnoli e quella
di Pico della Mirandola... Anche Galileo vedrà nell'alfabeto il modello d'ogni combinatoria d'unità minime..
(Calvino 1995: 652-653)
In Bosch (Giardino delle delizie terrene, 1510) ne vediamo la prospettiva medievale, legata
agli archetipi virgiliani e danteschi dell'esplorazione dell'aldilà:
Figura 1: Bosch – Giardino delle delizie
mentre nell'Arcimboldo (Estate, 1573) sono presenti le componenti pre-barocche e "praghesi"
che insistono sulla forma testuale come composizione alchemica di forme brevi sottostanti,
totalmente indipendenti come significato:
Figura 2: Arcimboldo - Estate
o ancora in Otto Dix (Giocatori di carte, 1920) si rivela l'analisi spietata per gli interessi
economici e finanziari che reggono gli intrecci tra politica, guerra e affari:
Figura 3: Dix – Giocatori di carte
mentre in Mirò (Il carnevale di Arlecchino, 1924) emergono le inquietudini surrealiste nutrite
dalla diffusione delle teorie psicoanalitiche:
Figura 4: Mirò – Il carnevale di Arlecchino
A conclusione di questo percorso rapidissimo ecco il lavoro di Takashi Murakami, artista
giapponese contemporaneo che sulle orme della filosofia della Pop Art lavora sui rapporti fra
dimensione artistica e dimensione commerciale,
Figura 5: opera di Murakami
nonché sui meccanismi di banalizzazione e nobilitazione che regolano volta a volta le
emergenze dell'una nell'altra, e soprattutto nutrono l'impressionante mercato di immaginette,
pupazzi, sfondi, loghi, suonerie, che colonizzano abiti, borse e zainetti e rappresentano la
frantumazione dell'identità adolescenziale, polverizzata in schegge di contenuto simbolico,
moneta di scambio della riconoscibilità reciproca e dell'appartenenza al gruppo.
Punto terminale di questo percorso il videogioco Spore (www.spore.com), frutto della
creatività dell'autore più geniale e intrigante in circolazione sul territorio videoludico, Will
Wright, che si basa sulla simulazione dell'evoluzione di una civiltà dalle prime molecole fino
alla conquista della galassia, e dove la "creazione di creature" su base combinatoria ed
evolutiva non ha altro limite che la fantasia dei partecipanti:
Figura 6: Wright – creature del videogioco Spore
Versione aggiornata delle esplorazioni alchemiche del passato, erede della potenza
immaginifica di una serie di figure forti del panorama mediale (il Golem, Frankenstein, ecc.)
frutto delle inquietudini sulla dimensione cyborg che ormai si fa sempre più pressante nella
nostra epoca (trapianti, protesi meccaniche, OGM, robotica, ecc.), Spore in quanto videogioco
apre inoltre il nostro discorso alla dimensione tecnologica, che sarà ripresa nel paragrafo 4.2,
dove la granularità e la componibilità verranno ricondotte alle specifiche relazioni tra
funzionalità tecnologica e testualità videoludica.
2.2. Una tecnologia particolare: l'oralità
Un altro esempio di persistenza è quello dell'oralità, terreno comunicativo dove i testi brevi
naturalmente regnano sovrani. Dalle battute dei dialoghi conversazionali, a tutta una serie di
forme più elaborate e ricche di contenuti simbolici (Jolles 1930), il territorio dell'oralità si
rivela interessante dal nostro punto di vista se accettiamo di interpretare la relazione fra oralità
e forme brevi come restrizione tecnologica. Pur con tutte le cautele necessarie nel voler
proiettare la categoria del tecnologico sull'opposizione parlato-scritto, è indubbio che un
interessante filone di studi, brillantemente riassunto nelle formulazioni di Walter Ong (1982),
ha messo in luce lo stretto rapporto che esiste fra le forme - anzi le formule - brevi e le
problematiche "tecnologiche" di conservazione della memoria.
Formulazione paratattica del discorso, pensiero formulaico, agonismo dialogico, articolazione
del sapere per esempi e non per sequenze logiche: sono tutte modalità riconducibili alle
particolari limitazioni "tecnologiche" dell'oralità, alle condizioni contestuali e omeostatiche
che regolano le manifestazioni comunicative pre-scrittura. In realtà - e questo ci offre un altro
esempio di persistenza - sono modalità che durano anche oltre il limite cronologico dell'oralità
primaria, per estendersi nelle epoche successive a tutte le manifestazioni di comunicazione
interpersonale, oltre i mass-media e fino ai Nuovi Media: dalle manifestazioni contraddistinte
dalla cosiddetta oralità secondaria (conversazioni telefoniche, via radio amatoriale, o via
Skype) fino alle manifestazioni che si basano sulla "oralità scritta" come gli scambi epistolari,
le BBS, le mail, i forum, i blog, gli interventi sui social network come Facebook, e infine gli
SMS e gli interventi su Twitter; in questi ultimi casi la brevità è limitata di fatto per
imposizione (160 caratteri per gli SMS, 140 su Twitter), ma si tratta di una limitazione dovuta
non a motivazioni tecnologiche (lo spazio di scrittura è praticamente infinito) bensì alle
politiche commerciali dei gestori. Di fatto, tuttavia, pur nella loro apparente insensatezza,
sono restrizioni che continuano a confermare il testo orale come testo breve, poggiando su una
eredità che affonda le sue radici nella notte dei tempi e che evidentemente trova modo e
nuove ragioni per continuare ad esistere: il pensiero veloce e il suo legame con situazioni
spesso operative, la necessità di feedback e quindi di una regolazione in tempo reale e
costante dei reciproci comportamenti, la disponibilità al cambiamento e l'adeguamento al
pensiero dell'Altro.
3. Forme brevi nei mass-media
I mass-media sono un territorio di transizione, in cui convivono forme lunghe e forme brevi:
• lunghe nell'editoria libraria e nel cinema (il romanzo, il film), ma anche nella radio e
nella televisione degli inizi, fin quando domina il concetto di palinsesto basato su una
sequenza di programmi complessi e finiti, testi a pieno diritto;
• brevi nell'editoria discografica leggera, dove domina la forma-canzone; e soprattutto
nella radio e nella tv della seconda fase, quella di flusso, quando i programmi testuali
lasciano il posto ai programmi-contenitore e quindi alle strategie di accorpamento dei
testi brevi.
Ecco inoltre farsi avanti la tecnologia, che soprattutto grazie ai dispositivi casalinghi come il
videoregistratore apre il campo alla pratica dello zapping (lo spezzettamento del testo lungo
da parte dell'utente) con tutte le sue varianti sorelle, come lo zipping (forward della
videocassetta per evitare la pubblicità), il flipping (seguire diversi programmi
contemporaneamente) il grazing (pratica nevrotica di impazienza mediatica), e tanti altri.
3.1. Aspetti socio-culturali
Come già accennato una delle caratteristiche dell'epoca industriale è una decisa avanzata dei
testi iconici, in parte dovuta all'abbassamento dei costi di produzione e riproduzione
dell'immagine dovuto ai progressi tecnologici e soprattutto all'introduzione del digitale; in
parte dovuta alla velocizzazione dei processi di fruizione e consumo introdotti dal ruolo
sempre più determinante della pubblicità nel circolo complessivo dell'industria culturale. La
forma breve trova un particolare sviluppo nei mass-media grazie alla destinazione
pubblicitaria che impone alti costi per i passaggi in video e richiede nello stesso tempo alta
efficacia espressiva:
(...) i formati brevi di promozione assumono un ruolo sempre più marcato e caratteristico. Nati "per vendere
e per morire", quindi con una dichiarata finalità pragmatica, in realtà spesso rappresentano punti di intensità
semiotica a vari e differenti livelli - per la loro fattura, per il modo in cui sanno rendere comunicativa un'idea
o accendere un desiderio, per una qualche dose di sperimentazione e creatività. Icone dense apparentemente
destinate a una funzione liminare di guida o di supporto sviluppano dinamiche testuali e di genere proprie,
caratterizzate dalla sfida a trasformare i propri limiti ... in occasione di ricerca e di espressione creativa.
(Pezzini 2002: 7)
Senza dimenticare che queste potenti forme brevi (tra l'altro già ampiamente multimediali)
come il trailer, lo spot pubblicitario televisivo e il videoclip, pur all'interno di una precisa
costrizione temporale - dovuta nel caso del videoclip al legame con la forma-canzone, nel
caso dello spot e del trailer ai costi di passaggio sui canali televisivi - hanno elaborato
linguaggi formali di estrema raffinatezza fino a diventare, da forme che veicolano
qualcos'altro (il prodotto, la canzone), vere e proprie forme autonome, fatte oggetto a loro
volta di un interesse specifico (mostre, rassegne, premi, ecc.) che testimonia l'orientamento
complessivo della mass culture verso la brevità e la velocità.
Come notano Colombo e Eugeni (2001: 20), con l'industria culturale cambia infatti anche la
sintassi del prodotto, ad esempio nel cinema e nel fumetto, attraverso i processi collegati di
frammentazione e ricomposizione:
(…) il mondo e le vicende narrate vengono segmentate in unità discrete (la vignetta, l'inquadratura) per
essere poi nuovamente congiunte in un'apparente continuità che reca comunque i segni del precedente
frazionamento (il passaggio tra le vignette e le strisce nel fumetto, il salto del montaggio nel cinema).
Aspetti sintattico-estetici che trovano conferma e consolidamento nei processi industriali di
produzione, nella parcellizzazione del lavoro anche creativo di autori, sceneggiatori, registi
inseriti in una macchina produttiva basata sulla serialità, sulla ricerca della formula di
successo, sul remake, sulla declinazione dei grandi successi commerciali nella filiera del
merchandising, e che puntualmente sono stati "colti" nei loro aspetti affascinanti ma anche
contraddittori dagli esperimenti della Pop Art, come nel caso di Roy Liechtenstein (figura 7),
il quale isola il frammento, il testo breve costituito da una sola vignetta senza poi procedere ad
alcuna ricomposizione; o Andy Warhol (figura 8) che ricompone invece un'opera unitaria a
partire da una singola, identica, ossessiva scheggia di immaginario:
Figura 7: Roy Liechtenstein Figura 8: Andy Warhol
Dal punto di vista cronologico, un momento decisivo per la transizione dei mass-media verso
le forme brevi è rappresentato dal passaggio da quella che è stata definita la Paleotelevisione
(basata sul palinsesto e su finalità civili e formative) alla Neotelevisione (basata sul flusso e
rispondente alle esigenze di una impostazione commerciale).
Impostazione commerciale vuol dire che nella organizzazione interna diventa determinante il
meccanismo pubblicitario, il che significa frammentazione in funzione della distribuzione
degli spot e riorganizzazione complessiva della testualità in modo da non perdere comunque il
senso di funzionalità della trasmissione. Il tutto in un periodo, gli anni '80, in cui si affermava
definitivamente in televisione la possibilità del montaggio, innovazione tecnologica che si era
già rivelata decisiva per l'evoluzione del linguaggio cinematografico (vedi 3.2.) e che
sganciava definitivamente anche il linguaggio televisivo dalle limitazioni della diretta o della
registrazione lineare. Procedendo verso il futuro nella stessa direzione, anche la televisione
mobile su dispositivi portatili è destinata a sviluppare sempre più il modello a flusso,
adeguandosi al modello YouTube e alla “cultura delle clip”, che ha tratto origine dal modello
MTV, e dall’estetica del videoclip musicale dove ritmo e soggettività dominano sull’
evoluzione narrativa dei contenuti: un modello discorsivo non lineare che riproduce il fluire
delle immagini, delle emozioni e delle sensazioni secondo una causalità riconducibile per certi
aspetti al flusso di coscienza joyceano (Semprini 1994: 52-57).
3.2. Aspetti tecnologici
L'età dei mass-media è anche l'età della modernità industriale, dove quindi la tecnologia
comincia a giocare un ruolo decisivo: un esempio dell'influenza e delle restrizioni che la
tecnologia impone alle forme brevi viene dalla forma-canzone. Introdotta nel salotto borghese
insieme alla diffusione casalinga del pianoforte, e poi della pianola meccanica, la canzone
trova il suo dimensionamento definitivo grazie alla tecnologia del fonografo prima, e del
grammofono poi, che la legano a quella dimensione del disco e dei tre minuti che resterà poi
la sua "misura" temporale-stilistica standard, anche quando l'evoluzione dei supporti di
memorizzazione (dischi a 33 giri prima, CD poi) ne avrebbero consentito l'estensione a forme
più lunghe e complesse. Da notare che il passaggio ai Nuovi Media non fa che confermare per
lungo tempo la forma breve della canzone, in quanto anche dopo l'introduzione del formato di
compressione MP3 i tempi di scaricamento dalla rete rimangono accettabili solo per la
classica canzone da tre minuti, e non certo per testi musicali di maggiore lunghezza.
Ma è nel campo del cinema che un'innovazione tecnologica come il montaggio è destinata ad
incidere definitivamente sulla nostra percezione delle forme brevi, come pure sull'introiezione
dei processi di frammentazione e ricomposizione, ad una profondità tale da generare una
modifica epocale nella nostra percezione della sintassi discorsiva e narrativa.
Non è il caso di soffermarsi qui su un tema fondamentale ma anche controverso, che ha
impegnato la riflessione di grandi personalità del cinema come Ejzenstejn (1985), il quale
insiste sull'importanza del montaggio come percezione per frammenti, una percezione che
successivamente consente di cogliere la struttura del reale nella sua complessità, e che viene
ricondotta al principio primo del cinema, la generazione del movimento a partire da una
sequenza di figure statiche.
Ma nella teoria del montaggio appare anche in tutta la sua forza l'idea, tipicamente
novecentesca, di quella biplanarità che nel corso del secolo pervade diverse discipline e che
costituisce anche il Leitmotiv di questo contributo: l'idea di uno strato sottostante, astratto,
che regola quello superficiale, concreto. Questa idea domina la linguistica dalla distinzione
saussuriana di langue e parole fino alle strutture chomskiane, è presente nella psicoanalisi
come nella fisica teorica e nella sociologia, fino ad improntare di sé tutto lo strutturalismo
(antropologico, filosofico, semiologico, narratologico). Uno strato sottostante ancora tutto
mentale, culturale, interno alla mente umana, ma destinato alla fine del secolo, con lo
sviluppo dell'informatica, a trovare un terreno di sperimentazione e di sfida in una sorta di
logica esterna, affidata alle macchine e proprio per questo diversa, a volte estranea, a tratti
fallace, ma sicuramente già produttiva, come vedremo nella parte dedicata ai Nuovi Media.
4. Forme brevi nei Nuovi Media
La presenza dei testi brevi nei Nuovi Media proviene quindi dal di dentro del sistema, da una
delle sue caratteristiche intrinseche più marcate e peculiari, quella che possiamo definire una
sorta di doppia articolazione: nei Nuovi Media la testualità si articola sempre su due piani, un
testo superficiale e un testo profondo, connessi tra loro ma non coincidenti, anzi costruiti in
base a linguaggi completamente diversi. Il fattore decisivo di innovazione dei Nuovi Media
consiste nel fatto che il testo che vediamo non è il testo che è stato memorizzato, bensì il
risultato di una serie di traduzioni in tempo reale che dalle profondità del Linguaggio
Macchina, l'interminabile sequenza di simboli di uno e zero, salgono fino ai linguaggi più
"vicini all'utente".
Uno e zero sono in questo senso le forme brevi per eccellenza, punto terminale e iniziale di
quel processo di "frammentazione e ricomposizione" citato nel titolo di questo contributo.
Qui cogliamo il senso primario della digitalizzazione, di quel processo di transcodifica
semiotica che acquista senso e produttività solo se accoppiato alla velocità di trasmissione del
segnale offerta dall'elettronica. Qui cogliamo anche il senso della differenza fra i Vecchi
mass-media e i Nuovi Media: la differenza fra analogico e digitale. Anche nella maggior
parte dei mass-media tradizionali (discografia, cinema, radio, tv) i dispositivi di
memorizzazione o di produzione testuale sono diversi dai supporti di fruizione
(disco/altoparlante; pellicola/schermo; microfono/amplificatore; telecamera/monitor), ma
testo di partenza e testo di arrivo sono analogicamente uguali, non frammentati in unità
"altre" e ricomposti in un secondo tempo come avviene nei linguaggi digitali e quindi nei
Nuovi Media.
4.1. Aspetti socio-culturali
In una società post-moderna decentralizzata, in cui il singolo si muove in un panorama
mediatico invadente e allo stesso tempo dispersivo, le forme brevi rappresentano unità di
informazione ad alto contenuto, in grado di captare al meglio l’attenzione comunicativa.
La rinuncia alla strutturazione gerarchica e alla sequenza logica, al rapporto di dipendenza dal
centro, il gusto della citazione e dell'accostamento casuale o associativo che costituiscono i
fondamenti del sentire postmoderno trovano evidentemente nei Nuovi Media un ideale terreno
di coltura. In questo senso Abruzzese definisce ad esempio "estetica del corto" quella in cui la
brevità "non è un ripiego, bensì un punto di forza per contribuire al progetto post-moderno di
rielaborare la griglia delle intensità comunicative”; o ancora "il formato corto non è più
frammento, citazione, ma folgorante scoperta di uno spazio sino ad allora mai esistito”
(Abruzzese, 2001: 127).
Una tipica forma in cui si attua la destrutturazione gerarchica, lasciando il campo a molteplici
possibilità di percorso, di vagabondaggio fra un nodo e l'altro, è la forma scritturale
dell'ipertesto, o dell'ipermedium, visto come una rete di cui le unità audiovisive, scritte o
iconiche, costituiscono i nodi. Mentre nei libri e nel cinema, basati su supporti di
memorizzazione lineari e sequenziali, ogni unità testuale è tenuta a rispettare un solo piano di
coerenza - quello che la collega agli episodi che la precedono e a quelli che la seguono - il
testo breve dell'ipermedium deve essere aperto a molteplici piani di coerenza, deve essere
pronto a soddisfare i piani di coerenza di più trame, di più percorsi discorsivi.
Questa modularità e molteplicità di piani coerenti è evidente nei videogiochi, dove la
creatività è professionalizzata e parcellizzata proprio perché il lavoro del software consiste
nell'individuare delle unità di forma e contenuto da ricomporre in forme diverse (come si
vedrà meglio in 4.2.); ma questa modalità, apparentemente solo tecnica, di lavoro con il
software coincide di fatto con le nuove strutture narrative, dove i nuclei di azione sono
costituiti da elementi granulari che poi vengono sequenzializzati nella successione narrativa
scelta volta per volta dal giocatore.
Accanto ai videogiochi, sono i social network a rappresentare l'altro grande ambito socio-
culturale dove assistiamo ad un uso intenso, di produzione e consumo, di testi brevi.
Innazitutto playlist e suonerie, che rappresentano modi di fruizione socializzata tipici
dell’universo adolescenziale, e che consistono in contenuti granularizzati per diventare in
seguito materiale di scambio comunicativo personalizzato tra utenti. La forma breve si presta
proprio all'immissione di prodotti mediatici nel circuito interpersonale, esemplificando molto
bene la sempre maggiore velocità dei cicli che legano la produzione mediatica alla sua
fruizione da parte del pubblico.
Le suonerie, ma anche i promo delle canzoni, i videoclip, le cartoline elettroniche di auguri, le
varie forme di messaggistica, sono ormai ridotti a puro segno singolo, pura manifestazione di
presenza e affermazione di esistenza. Sono forme di granularità estrema, che sempre più si
nutrono di tutti i prodotti mediatici: se inizialmente i materiali che popolavano i social
network erano i cosiddetti UGC (user generated content), ora sono sempre più canzoni,
musiche da film, scene di film, di videogiochi, foto di ambienti naturali, di animali, di auto e
moto, di scene sportive, foto di personaggi celebri, scene o personaggi di fumetti e di serie
televisive che vengono usati come frammenti estrapolati dal loro contesto originario per dare
vita ad una propria forma di testualità, composita, derivata, di seconda mano.
In particolare è interessante osservare ciò che accade su YouTube, il servizio gratuito di
conservazione e distribuzione di piccoli video: oltre il 50 % dei materiali ospitati su YouTube
è prodotto non dagli utenti ma dalle grandi mayor di comunicazione che usano il sistema
come spazio promozionale. Ma anche gran parte dei video prodotti dagli utenti sono in realtà
rielaborazioni di testi mediatici precedenti: canzoni soprattutto, ma anche spezzoni di film
rimontati, video musicali o artistici, frammenti di trasmissioni televisive, riprese artigianali di
eventi live.
L'aspetto interessante, dal nostro punto di vista, è che questo materiale viene spesso usato per
avviare dei metadialoghi mediatici: ad un video pubblicato da un utente (ad esempio una
canzone di Bob Dylan), un altro utente può "rispondere" con un altro video (un'altra canzone
di Bob Dylan accompagnata da un breve commento), e così via, creando delle "catene
discorsive" costruite assemblando testi brevi preesistenti: basta aprire una pagina a caso di
YouTube per rendersi conto del fenomeno.
Complessivamente si tratta di quella che viene definita snack culture, la cultura-merendina del
"mordi e fuggi" basata sulla miniaturizzazione dei formati narrativi (racconti, corti video,
animazioni flash, ecc.), sugli echi della cultura pop contemporanea e sui processi di
costruzione dell'identità basati sul recupero (o meglio il bricolage) di elementi preesistenti.
4.2. Aspetti tecnologici
Come abbiamo detto fin dall'inizio, nei Nuovi Media la forma breve deriva per molti aspetti
dalle limitazioni tecnologiche. Bisogna considerare che il computer ha subìto una
trasformazione epocale nel corso del trentennio 1980-2010 passando progressivamente, da
puro strumento di calcolo, prima a gestore di testi scritti; poi a gestore di immagini fisse; poi a
gestore di audio e musica; infine a gestore di testi audiovisivi completi, prima di dimensioni
ridotte, poi a pieno schermo in formato televisivo, e infine di formato cinematografico. In altri
termini da strumento di calcolo il computer (o meglio tutto il sistema ICT - Information and
Communication Technology) è diventato un sistema mediale a tutti gli effetti, in grado di
competere sempre più con gli altri soggetti forti del sistema dei media.
Questo passaggio è avvenuto grazie ad un intenso sforzo sul piano dello sviluppo tecnologico,
che ha visto concorrere diversi fattori:
• un aumento decisivo della potenza hardware di elaborazione dei dati, il processing,
senza il quale è impossibile ad esempio vedere il video a pieno schermo;
• un raffinamento degli algoritmi di compressione, soprattutto nei file audiovideo, che
va nella stessa direzione;
• un aumento estremamente rilevante di capacità - unito ad una drastica riduzione dei
prezzi - delle memorie di massa, per cui oggi è possibile organizzare e mantenere
corposi magazzini di testi multimediali;
• un aumento altrettanto rilevante della larghezza di banda trasmissiva, che consente al
sistema ICT di competere con i tradizionali soggetti di emittenza e ditribuzione sia
cinematografica sia televisiva.
Durante tutto questo percorso, oggi spesso dimenticato, il sistema dei Nuovi Media si è in
realtà dovuto pesantemente autolimitare, mantenendosi sistematicamente sul "taglio basso",
sulla forma breve, in quanto l'unica che garantiva all'utente un funzionamento e una visibilità
abbastanza veloci e soddisfacenti in rapporto alle limitazioni del sistema. Una sorta di
allenamento alla brevità che ha mantenuto - come spesso accade alle forme culturali - anche
quando le limitazioni "storiche" hanno poi ceduto il passo a nuove possibilità di espansione.
Tipico esempio il "corto" video-cinematografico, praticamente scomparso nell'epoca dei
mass-media e del cinema adulto, riapparso invece agli albori della rete quando "corto e
piccolo" era l'unico modo per fare cinema in rete, e mantenutosi poi come genere a sé,
fiorente e in crescita, anche adesso che il sistema new-mediatico consente di riallargare durata
e dimensioni.
La continuazione delle fortune del corto cinematografico è dovuta in realtà anche ad un altro
motivo: il suo essere il potenziale dominatore di un mercato ricco ed in espansione, quello dei
terminali mobili, destinato ad occupare lo scenario di consumo degli intervalli di tempo tra
attese e trasferimenti, tra tempo libero e tempo di lavoro. I terminali mobili rappresentano lo
sbocco ideale per contenuti microtestuali ad alta densità di significato simbolico, come
videoclip, sfondi o suonerie. Si tratta di forme di granulità estrema che si nutrono di tutti i
prodotti mediatici e che sono già spesso il frutto di un’attività produttiva e professionale:
come nel caso dello scrittore Quian Fuchang il quale ha ridotto a 60 capitoli di 70 caratteri il
suo romanzo Fuori dalla fortezza assediata, per portarlo sui cellulari degli utenti cinesi
(Lughi 2006: 125).
Ma è tempo di indagare più addentro il sistema di funzionamento dei Nuovi Media: più i testi
sono frammentati e miniaturizzati, più necessitano di forme di gestione complesse e a loro
volta tecnologicamente avanzate; e il "magazzino" ideale dal punto di vista informatico per
conservare ordinatamente grandi quantità di dati è il cosiddetto database, una struttura logico-
tecnologica che consente di recuperare l'informazione in base a degli indici di ordinamento
che velocizzano e ottimizzano le operazioni di ricerca e visualizzazione dei dati. Si tratta della
classica struttura profonda, nascosta agli occhi dell'utente non specialista, spesso
indebitamente confusa con i motori di ricerca, ma talmente importante nella moderna
organizzazione - anzi "architettura" (Rosenfeld/Morville 2002) - dell'informazione, che uno
dei massimi esperti dei Nuovi Media, Lev Manovich (2001), parla addirittura della nostra
come di un'epoca segnata dalla logica, o meglio ancora dalla "cultura" del database. In effetti
si tratta di strutture informative che ormai reggono tutte le grandi (e piccole) repository di
dati: dalle biblioteche agli archivi, ai sistemi informativi del personale delle grandi
organizzazioni, al funzionamento apparentemente così naturale, immediato, conversativo, di
piattaforme sociali come Facebook.
Senza entrare in dettagli tecnici, occorre qui almeno ricordare che i modelli di database vanno
evolvendo da una dimensione gerarchica, legata ancora a forme riconducibili alla
classificazione Dewey della biblioteche fisiche, verso una sempre più spiccata modularità e
reticolarità, e in particolare verso una organizzazione ad oggetti. Non oggetti fisici,
ovviamente, ma oggetti logici dotati di proprietà e metodi di accesso che vengono assemblati
e ricomposti secondo procedure definite appunto "object-oriented", finalizzate a organizzare
gli oggetti, e i sistemi di oggetti, esistenti e già conosciuti in sempre nuove sintesi. Come si
vede un processo tecnologico che si accorda con le ipotesi di negazione della gerarchia, di
testualità diffusa e di processi destrutturati che abbiamo visto essere alla base del pensiero
postmoderno.
Un esempio di questo processo è riscontrabile in un tipico prodotto dei Nuovi Media come
Google news, un non-giornale, senza redazione e senza linea editoriale, dove la costruzione
della pagina avviene in tempo reale, grazie all'assemblaggio automatico delle notizie (i testi
brevi) pescate da tutti gli altri giornali presenti in rete, e in base al numero di lettori che ogni
notizia raccoglie
Figura 9: Google news – homepage
Ma il terreno dove l'organizzazione per oggetti è maggiormente potente e produttiva, benché
invisibile all'utente, è ancora una volta quello dei videogiochi e delle loro derivazioni.
Derivazioni nel senso che ormai la produzione dei videogiochi è strettamente correlata con le
produzioni cinematografiche, televisive e affini da dover essere necessariamente gestita su
piattaforme complesse di database. La miniaturizzazione degli oggetti sottostanti a queste
produzioni raggiunge ormai tali livelli di specializzazione e frammentazione da non poter
essere controllata "a mano", o da un soggetto umano con pratiche artigianali:
Gollum/Sméagol, il mostriciattolo del Signore degli Anelli interpretato da un attore in carne
ed ossa ma "vestito" con le tecnologie di animazione in grafica 3D, è stato costruito
scomponendo e ricomponendo diecimila espressioni facciali in novecento combinazioni.
Esitono aziende superspecializzate che producono ognuna degli "oggetti" figurativo-narrativi
estremamente precisi, come il tremolio delle foglie al vento, il bagliore del sole sulle lame
delle spade, il movimento dei capelli, le pieghe delle stoffe dei mantelli, le onde del mare
contro la luce del tramonto; "oggetti" frammentati, forme brevi che l'autore-regista e i suoi
staff di tecnici-creativi dovranno pazientemente ricomporre fino a generare una storia, fino a
suscitare delle emozioni.
Frammentazione e ricomposizione entrano così, attraverso la tecnica, nel cuore del processo
creativo: le forme brevi codificate e disponibili nei database (che per una sorta di ironia
storica i tecnici chiamano "librerie") ri-diventano finalmente le molecole di un processo
genetico combinatorio di estrema complessità.
5. Conclusione
Questo contributo ha tentato di illustrare le due diverse modalità in cui i testi brevi sono
presenti nei Nuovi Media: il primo canale è quello della tradizione testuale che dall'Antichità,
attraverso i mass-media, giunge fino a noi; l'altro è determinato dalla particolare natura dei
Nuovi Media, dipendente dalla digitalizzazione e dalla conseguente doppia articolazione dei
Nuovi Media in strutture profonde e strutture superficiali. Ciò che abbiamo cercato di
mostrare è che nei suoi strati sottostanti il testo dei Nuovi Media è costituzionalmente
strutturato in testi brevi, o meglio forme brevi, tecnicamente chiamate "oggetti", dotate di
precise caratteristiche semiotiche che ne determinano i rapporti reciproci e con le testualità
soprastanti, con il testo superficiale con cui il lettore entra in contatto e su cui esercita la sua
esperienza cognitiva e interpretativa.
Mentre nel passato anche recente, nella tradizione che giunge fino ai mass-media, le forme
brevi esistevano comunque ma erano presenti solamente nella coscienza del lettore/spettatore,
o nella sua esperienza percettiva, o nella sua consapevolezza mentale; oggi, nella
strutturazione dei Nuovi Media, la frammentazione in forme brevi e le modalità della loro
ricomposizione possono ancora - là dove i Nuovi Media replicano quelli precedenti o ne sono
semplice veicolo più o meno neutro - essere presenti e visibili all'utente; ma nella maggior
parte dei casi si tratta di una frammentazione di cui l'utente generalista è inconsapevole.
Questa differenza probabilmente ci obbligherà a rivedere alcune questioni legate alla fruizione
dei testi, alla loro comprensione e interpretazione, come pure alla loro valutazione funzionale
ed estetica. Accanto ad una semiotica (e/o linguistica) diciamo "classica", monoplanare, che si
esercita sugli strati superficiali del testo, dobbiamo ipotizzare una metasemiotica parallela che
indaga le strutture profonde e soprattutto le interrelazioni fra i due livelli? Non si dimentichi
che in questa nostra sommaria analisi abbiamo lasciato volutamente da parte l'ulteriore
complessità che deriverebbe dal considerare i testi multimediali, con la relativa
moltiplicazione di codici e discorsi che ne deriva; o ancora, abbiamo lasciato da parte le
situazioni di post-oralità interattiva che già si profilano all'orizzonte con la comunicazione
mobile, nel momento in cui il lettore e il suo dispositivo di fruizione testuale entrano in
contatto dinamico con altri lettori alle prese con gli stessi testi, come accade nel pervasive
gaming, o nelle situazioni comunicative condizionate da fattori di geoposizionamento.
In un contesto in cui le modalità concrete di fruizione testuale diventano sempre più
complesse, il compito per l'interprete, il critico, l'analista, l'osservatore professionale rischia di
complicarsi in proporzioni geometriche.
Forse allora conviene - almeno per ora, in attesa di affilare meglio gli strumenti - tornare a
Calvino, alle sue forme brevi come granelli di sabbia ma in grado di costruire il grande
spettacolo del mondo; conviene accettare la sua fiducia nella scrittura, intesa naturalmente nel
senso più ampio possibile; e conviene accettare come grande lezione epistemologica il suo
stupore ingenuo di fronte alle cose del mondo, mai disgiunto dal lavoro di critica e di
interpretazione che su di esse va quotidianamente compiuto:
Comunque, tutte le "realtà" e le "fantasie" possono prendere forma solo attraverso la scrittura, nella quale
esteriorità e interiorità, mondo e io, esperienza e fantasia appaiono composte della stessa materia verbale; le
visioni polimorfe degli occhi e dell'anima si trovano contenute in righe uniformi di caratteri minuscoli o
maiuscoli, di punti, di virgole, di parentesi; pagine di segni allineati fitti fitti come granelli di sabbia
rappresentano lo spettacolo variopinto del mondo in una superficie sempre uguale e sempre diversa, come le
dune spinte dal vento del deserto. (Calvino 1995: 714)
6. Bibliografia.
Abruzzese, Alberto (2001): Le estetiche del corto. Avanguardie di rete. In Faes Belgrado A./ Bevilacqua E.: I
corti. I migliori film brevi da tutto il mondo. Torino, Einaudi: pp 115-154.
Calvino, Italo (1995): Lezioni americane. In ID. Saggi. Vol. I. Milano: Mondadori, "I Meridiani".
Colombo, Fausto/Eugeni, Ruggero (2001): Il prodotto culturale. Teorie, tecniche di analisi, case histories. Roma:
Carocci.
Ejzenstejn, Sergej (1985): Teoria generale del montaggio. Venezia: Marsilio.
Jolles, André (1930): Einfache Formen. Legende, Sage, Mythen, Rätsel, Spruch, Kasus, Memorabile, Märchen,
Witz. Tübingen: Niemeyer (2006).
Lughi, Giulio (2006): Cultura dei nuovi media. Milano: Guerini
Manovich, Lev (2001): The language of New Media. Cambridge (MA) - London: MIT Press.
Ong, Walter J. (1982): Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola, Bologna: Il Mulino.Pezzini, Isabella
(2002): Forme brevi, a intelligenza del resto. In: Pezzini, I. (ed), Trailer, spot, clip, siti, banner. Le
forme brevi della comunicazione audiovisiva. Roma: Meltemi: pp 6-22.
Rosenfeld, Louis/ Morville, Peter (2002): Architettura dell'informazione per il World Wide Web. Milano: Hops
Libri.
Semprini, Andrea (1994): Il flusso radiotelevisivo. Roma: Eri-Rai.