ArticlePDF Available

Dalla crisi finanziaria alla pandemia di Covid-19: un lungo Semestre per i diritti dei lavoratori. (From the financial crisis to the Covid-19 pandemic: a long Semester for workers’ rights)

Authors:

Abstract

In risposta alla crisi finanziaria del 2008, l’Ue ha adottato una nuova governance economica (NGE). In risposta alla pandemia di Covid-19, la Nge è destinata a cambiare di nuovo. Per capire la risposta dell’Ue all’attuale crisi pandemica, tuttavia, dobbiamo prima capire la Nge, che questo articolo dun- que analizza, in particolare per quanto riguarda il suo impatto sulle politiche del lavoro. Proponiamo quindi un’analisi approfondita delle prescrizioni di policy emesse tra il 2009 e il 2019 nell’ambito della Nge in materia di politica salariale, protezione dell’occupazione e contrattazione collettiva, in particolare quelle dirette a quattro paesi (Germania, Italia, Irlanda e Romania). In contrasto con i sostenitori della cosiddetta «tesi della socializzazione», la nostra conclusione principale è che nell’ulti- mo decennio gli interventi dell’Ue in queste tre aree delle relazioni industriali hanno continuato a esse- re dominati da un’agenda di liberalizzazione che mercifica il lavoro, anche se in misura diversa al- l’interno della disomogenea economia politica europea. Tuttavia, la nostra analisi permette anche di individuare alcune contraddizioni che potrebbero fornire delle opportunità di mobilitazione ai movi- menti sindacali e sociali europei. In response to the 2008 financial crisis, the EU adopted a new economic governance regime. In re- sponse to the Covid pandemic, NEG is set to change again. To understand the EU’s response to the current pandemic crisis, however, we must first understand NEG. This article therefore analyses NEG and its relevance for labour politics. It does so through an in-depth analysis of NEG prescriptions on wage, employment protection and collective bargaining policy in Germany, Italy, Ireland and Romania between 2009 and 2019. In contrast to supporters of the «socialization thesis», our main conclusion is that over the last decade the EU’s interventions in these three industrial relations policy areas continued to be dominated by a liberalization agenda that is commodifying labour, albeit to a different degree across the uneven European political economy. Even so, our contextualised analysis also enables us to detect contradictions that could provide European labour movements with opportunities to pursue countervailing action.
PROBLEMI DI DIRITTO SOCIALE EUROPEO E INTERNAZIONALE
SOMMARIO: 1. Introduzione. 2. La nuova governance economica europea e la sua ri-
levanza per le relazioni industriali. 3. Un nuovo approccio analitico per studiare
il Semestre europeo. 4. Le prescrizioni della Nge in materia di lavoro per Ger-
mania, Italia, Irlanda e Romania (2009-2019). 5. Conclusioni.
1. Introduzione Le situazioni di crisi offrono opportunità formida-
bili per alterare lo status quo. Non è sorprendente quindi che le classi diri-
genti europee abbiano sfruttato la crisi finanziaria del 2008 per apportare
cambiamenti significativi alla governance economica dell’Ue. Dopo che la
«Grande Recessione» ha infranto la fiducia nelle capacità dei mercati di au-
toregolarsi, la Commissione europea e il Consiglio hanno cercato di rag-
giungere la convergenza fra le economie dei paesi membri con altri mezzi,
più squisitamente politici. Le relazioni industriali nazionali sono diventate
così soggette a interventi «verticali» da parte dell’Ue. In altre parole, la
nuova governance economica (d’ora in poi: Nge) dell’Ue ha rafforzato la ca-
pacità degli Esecutivi europei di richiedere cambiamenti in aree chiave delle
relazioni industriali nazionali, come i salari e la contrattazione collettiva (1);

(*) R. Erne è professore in Integrazione europea e Relazioni industriali presso
l’University College di Dublino (Ucd); V. Maccarrone è ricercatore presso l’Ucd; D.
Golden è ricercatore presso l’Ucd.
(**) Vorremmo ringraziare studiosi, sindacalisti, rappresentanti degli imprenditori
e funzionari nazionali e dell’Ue che ci hanno aiutato a comprendere l’intricato proces-
so del Semestre europeo. Ringraziamo anche R. Givan, B. Föhrer, J. Nowak, S. Stan,
I. Szabó per i loro commenti su un precedente articolo Towards a Socialisation of the
EU’s New Economic Governance Regime?, apparso sul British Journal of Industrial Relations
(Jordan et al. 2021), che in parte riprendiamo. C. Galanti ha offerto commenti e sugge-
rimenti molto utili sulla versione finale di questo articolo. Questo lavoro è stato soste-
nuto da un grant dello European Research Council «Labour Politics and the EU’s New
Economic Governance Regime (www.erc-europeanunions.eu)» (grant agreement 725240) (Erne
2018).
(1) Jordan et al. 2021; Erne 2012.
Roland Erne, Vincenzo Maccarrone, Darragh Gol d e n
(*)
DALLA CRISI FINANZIARIA ALLA PANDEMIA DI COVID-19:
UN LUNGO SEMESTRE PER I DIRITTI DEI LAVORATORI
(**)
RGL N. 1/2022 PARTE I DOTTRINA
122
aree che fino ad allora erano state escluse da interventi legislativi diretti da
parte dell’Ue (2).
A partire dal 2009, diversi paesi europei sono stati soggetti alle dure
condizionalità dei programmi di aggiustamento strutturale imposti dall’Ue
e dal Fondo monetario internazionale (Fmi). Inoltre, dal 2011 la Commis-
sione europea e il Consiglio emettono le cosiddette «raccomandazioni spe-
cifiche per paese» nel quadro del «Semestre europeo». In questo articolo
mostreremo come nel caso italiano, ad esempio, le prescrizioni emesse
nell’ambito della Nge abbiano spinto il Governo a decentralizzare ulte-
riormente il sistema di contrattazione collettiva e a indebolire la legislazio-
ne a protezione dei lavoratori. Ma come è stato possibile che gli Esecutivi
europei siano stati in grado di prescrivere importanti cambiamenti nelle re-
lazioni industriali nazionali, quando l’Ue, secondo i suoi stessi trattati, sa-
rebbe chiamata a prendere in considerazione i «diritti sociali fondamentali
[dei lavoratori]», «[la] diversità delle prassi nazionali, in particolare nelle re-
lazioni contrattuali» e a rispettare «l’autonomia» delle parti sociali (3)? Que-
sta è una domanda importante, ancor di più perché la Nge rappresenta una
deviazione significativa dalle prassi legali dell’Unione europea. In un conte-
sto che è stato definito di «legalità liminale» (4), la Corte di Giustizia euro-
pea ha respinto tutti i ricorsi contro le manovre di aggiustamento struttura-
le implementate dai Governi degli Stati membri in risposta alle prescrizioni
Nge (5). Christian Joerges si è quindi spinto a dire che la Nge poggia su
una base extralegale che è «caratterizzata dal tipo di processo decisionale
che Carl Schmitt ha previsto e domandato in uno stato di emergenza» (6).
Sia come sia, la Corte non ha voluto certamente limitare i Governi degli
Stati membri dal fare «whatever it takes» (7) per prevenire il collasso del-
l’unione monetaria, poiché questo, secondo il sociologo della «società del
rischio» Ulrich Beck, avrebbe portato «a una reazione a catena che potreb-
be far crollare l’Unione europea nel suo complesso e trascinare l’economia

(2) Sebbene non siano mancati interventi delle istituzioni europee, fra cui la Corte
di Giustizia, che abbiano in qualche modo interessato la fissazione delle retribuzioni
negli Stati membri. Si vd. infra sulla sentenza Laval e anche Menegatti 2017; Delfino
2019.
(3) Artt. 151 e 152 del TfUe.
(4) Kilpatrick 2017.
(5) La più recente sentenza in tal senso è C. Giust. 27.2.2019, C-64/16, Associacão
Sindical dos Juízes Portugueses. Si vd.: Bonelli, Claes 2018; Markakis, Dermine 2018; Kil-
patrick 2017; Kreuder-Sonnen 2016.
(6) Joerges 2014, 34 (traduzione degli Autori).
(7) Draghi, 2012.
PROBLEMI DI DIRITTO SOCIALE EUROPEO E INTERNAZIONALE
123
globale nell’abisso» (8). Quando si analizza la Nge si deve quindi prestare
molta più attenzione al contesto politico ed economico rispetto a quanto
accade solitamente nella letteratura giuridica.
Nel 2020 la pandemia di Covid-19 ha provocato una crisi ancora più
profonda, che ha nuovamente innescato cambiamenti significativi nel qua-
dro della governance economica dell’Ue, fra cui una sospensione temporanea
del Patto di stabilità e crescita (si seguito, Psc) e la creazione di un «Recovery
Fund» europeo (formalmente: Dispositivo di ripresa e resilienza). Questi
cambiamenti possono sembrare sorprendenti, dato che, solo poche setti-
mane prima dello scoppio della pandemia, gli studiosi istituzionalisti della
governance economica europea sostenevano che poco «sarebbe cambiato ra-
dicalmente, visto che non possiamo aspettarci che gli attori istituzionali
dell’Ue rivedano le regole di stabilità [fiscale] e i target numerici» (9).
Per comprendere la risposta adottata dall’Unione europea a entrambe le
crisi, dobbiamo quindi innanzitutto conoscere meglio la politica che in-
forma la Nge. In questo articolo lo facciamo fornendo un’analisi dettagliata
dell’impatto della Nge sulle politiche del lavoro nella decade fra il 2009 e il
2019. Infatti, senza una corretta comprensione di come i policy maker euro-
pei hanno affrontato la crisi finanziaria del 2008, sarebbe molto difficile va-
lutare il futuro della Nge dopo la pandemia. In questo articolo offriamo
quindi un’analisi dettagliata delle prescrizioni su alcune aree chiave delle re-
lazioni industriali dirette a Germania, Italia, Irlanda e Romania fra il 2009 e
il 2019. Prima di farlo, però, dobbiamo descrivere il processo di istituzione
della Nge e la sua rilevanza per le relazioni industriali.
2. La nuova governance economica europea e la sua rilevanza per le relazioni
industriali Già a metà degli anni 2000, Marginson e Sisson (10) descrive-
vano le relazioni industriali europee come un regime di governance multilivello.
Pur mettendo in luce i differenti modi in cui l’Ue influenzava le relazioni in-
dustriali nazionali, in particolare le pressioni «orizzontali» del mercato risul-
tanti dalla creazione del mercato e della moneta unica così come una serie di
direttive in campo sociale che avevano lo scopo di controbilanciarle, questi
Autori tuttavia sostenevano che era improbabile che «gli Stati membri cedes-
sero la competenza nei settori chiave necessari per realizzare un sistema [di
relazioni industriali] verticalmente integrato» (11). Già nel 2007, la Corte di

(8) Beck, 2013, 24 (traduzione degli Autori).
(9) Schmidt 2020, 203 (traduzione degli Autori).
(10) Marginson, Sisson 2004.
(11) Ivi, 306.
RGL N. 1/2022 PARTE I DOTTRINA
124
Giustizia europea metteva in discussione queste tesi stabilendo, nella senten-
za Laval (12), che istituzioni del diritto nazionale del lavoro, come il diritto di
sciopero, possono violare il diritto comunitario se limitano in modo «spro-
porzionato» la libertà di fornire servizi garantita dai trattati dell’Ue (13).
Dopo la crisi del 2008, una «rivoluzione silenziosa» (14) ha portato
all’adozione del nuovo regime di governance economica dell’Ue, aumentando
così la capacità dell’Ue di intervenire direttamente nelle relazioni industriali
(15). Questi interventi diretti configurano una modalità di integrazione eu-
ropea «verticale», in contrasto all’integrazione «orizzontale» collegata alle
pressioni forti, ma indirette, esercitate sulle relazioni industriali dal proces-
so di creazione del mercato e della moneta unica europei (16).
La creazione della nuova governance economica europea è avvenuta in
maniera duplice (17). Da un lato, mentre la crisi si sviluppava, diversi Stati
membri non più in grado di rifinanziare il loro debito pubblico sui mercati
internazionali sono stati costretti a richiedere prestiti emessi dall’Ue e dal
Fmi. Questi prestiti erano però subordinati all’approvazione di «riforme
strutturali» che prendevano di mira le relazioni industriali sia nel settore
privato che in quello pubblico. Dall’altro lato, la Commissione, il Parla-
mento europeo e il Consiglio hanno utilizzato una clausola latente del trat-
tato sulla sorveglianza multilaterale (macroeconomica) (art. 121.6 TfUe),
per istituire un nuovo regime di governance economica dell’Ue (18). L’ado-
zione di diversi pacchetti di nuove leggi dell’Ue, noti come «Six Pack» (19)
e «Two Pack» (20), non solo ha rafforzato la «procedura per i disavanzi ec-
cessivi», istituita con il Patto di stabilità e crescita (di seguito, Psc), ma ha
anche ampliato la portata degli interventi dell’Ue sulle politiche sociali, at-
traverso l’introduzione di una «procedura per gli squilibri macroeconomici»
(di seguito, Psm) in cui gli Stati membri dell’Ue possono essere multati per

(12) C. Giust. 18.12.2007, C-341/05, Laval.
(13) Sulla relazione fra libertà economiche e diritto del lavoro nella giurisprudenza
Ue, si vd.: Giubboni 2018; Orlandini 2019.
(14) Così definita dall’allora presidente della Commissione Barroso, citato in Ansa
2010.
(15) Erne 2012; Erne 2015; Erne 2019; Marginson, Welz 2015.
(16) Erne 2018; Erne 2019.
(17) Si vd. Menegatti 2017.
(18) Erne 2015; Erne 2018; Menegatti 2017.
(19) Composto da cinque regolamenti (Regolamenti Ue n. 1177/2011 del-
l’8.11.2011, n. 1173/2011, n. 1174/2011, n. 1175/2011 e n. 1176/2011 del
16.11.2011) e una Direttiva (n. 2011/85/Ue dell’8.11.2011).
(20) Composto da due regolamenti (Regolamenti Ue n. 472/2013 e n. 473/2013
del Parlamento del 21 maggio 2013).
PROBLEMI DI DIRITTO SOCIALE EUROPEO E INTERNAZIONALE
125
non aver corretto i propri «squilibri macroeconomici eccessivi». Come nota
Erne (21), «la definizione di “squilibri macroeconomici eccessivi” è così
ampia che nessun aspetto dell’elaborazione delle politiche economiche può
essere escluso a priori dal suo campo di applicazione», comprese dimensioni
chiave delle relazioni industriali nazionali come i salari e la contrattazione
collettiva.
Queste misure si sono aggiunte alla strategia Europa 2020 dell’Ue, con
la sua agenda di perseguire una «crescita intelligente, sostenibile e inclusiva»
attraverso un coordinamento europeo delle politiche sociali ed economiche
nazionali. Poiché tutte e tre le dimensioni di questo nuovo regime sono in-
terdipendenti, l’Ue ha introdotto dal 2010 il Semestre europeo (il Semestre,
di seguito): un ciclo annuale di coordinamento delle politiche fiscali e ma-
croeconomiche che prevede l’emissione di raccomandazioni specifiche per
paese (di seguito, Rsp) e la sorveglianza della loro applicazione, integrando
tutti gli interventi dell’Ue relativi al Psc, alla Psm e alla strategia Europa
2020 in un unico processo (22).
Una parte significativa delle prescrizioni emesse nell’ambito della Nge
riguarda questioni chiave delle relazioni industriali come i salari, la contrat-
tazione collettiva e la legislazione di protezione dell’occupazione. Quindi,
se si vogliono capire le relazioni industriali europee dopo la crisi del 2008,
si devono comprendere la Nge e il Semestre europeo. Nella prossima se-
zione, delineiamo il nostro approccio analitico per farlo.
3. Un nuovo approccio analitico per studiare il Semestre europeo La rile-
vanza della Nge per le politiche del lavoro ha attratto un notevole interesse
da parte di diverse aree della letteratura scientifica, che vanno dalle relazio-
ni industriali (23) al diritto (24) e alle politiche sociali (25). Mentre le prime
analisi della Nge cercavano di chiarire i contorni della «rivoluzione silen-
ziosa», evidenziando il bias verso l’austerità delle prescrizioni di policy ema-
nate nei primi cicli del Semestre, con il tempo il dibattito si è spostato sul
fatto che la Nge si stesse «socializzando», ovvero se si potesse osservare
una «crescente enfasi sugli obiettivi sociali» nelle priorità del Semestre (26).

(21) Erne 2015, 473.
(22) Menegatti 2017.
(23) Erne 2012; Erne 2015; Erne 2019; Marginson, Welz 2015; Leonardi 2015.
(24) Campanella 2015; Menegatti 2017; Costamagna 2018; Dawson 2018; Delfino
2019.
(25) Zeitlin, Vanhercke 2018; Copeland, Daly 2018; Crespy, Vanheuverzwijn 2017;
Copeland 2020.
(26) Zeitlin, Vanhercke 2018, 149.
RGL N. 1/2022 PARTE I DOTTRINA
126
I sostenitori dell’ipotesi della socializzazione sostenevano che questo fosse
il caso, e che ciò fosse riscontrabile sia in termini di aumento della quota di
Rsp che coprivano temi sociali che nel loro orientamento di policy (27).
Questa (presunta) socializzazione veniva ricondotta a un maggiore coin-
volgimento all’interno della struttura del Semestre degli «attori sociali» (in-
tesi principalmente come attori istituzionali come la Direzione generale per
l’occupazione e gli affari sociali della Commissione, nonché il Consiglio per
l’occupazione e gli affari sociali e i comitati per l’occupazione e la prote-
zione sociale) (28). Studiosi critici dell’ipotesi della socializzazione hanno
invece evidenziato come, nonostante l’aumento della quota delle Rsp in
campo sociale, il loro orientamento fosse rimasto più teso a sostenere lo
sviluppo del mercato che a correggerne i fallimenti (29).
Pur riconoscendo il contributo di questi vari filoni della letteratura, in
questo articolo proponiamo un nuovo approccio all’analisi del Semestre
europeo, che a nostro parere è il più appropriato per comprendere le pre-
scrizioni di policy emanate nell’ambito della Nge. Ci concentreremo sulle
prescrizioni che sono direttamente rilevanti per le relazioni industriali, cioè
quelle sui salari, la legislazione di protezione dell’occupazione e le istituzio-
ni di contrattazione collettiva (30). La nostra analisi degli interventi in que-
ste aree ci porterà a conclusioni che contraddicono l’ipotesi della socializ-
zazione. Infatti, la nostra conclusione principale è che tra il 2009 e il 2019
gli interventi dell’Ue nell’area delle relazioni industriali e della regolamenta-
zione del mercato del lavoro hanno continuato a essere dominati da
un’agenda di liberalizzazione, che sta portando all’ulteriore mercificazione
del lavoro. Tuttavia, la nostra analisi ci permette anche di rilevare alcune
contraddizioni, che discutiamo alla fine dell’articolo. Queste contraddizio-
ni, a loro volta, potrebbero fornire ai movimenti sindacali e sociali europei
un’occasione di mobilitazione.
Partiamo dall’osservazione che il «contenuto» delle prescrizioni nell’am-
bito della Nge non può essere colto senza un’adeguata comprensione del
loro «contesto» (31). Pertanto, in contrasto con la maggior parte della lette-
ratura sul Semestre, non esaminiamo tutte le prescrizioni di policy in campo
sociale per tutti i paesi, ma ci concentriamo piuttosto su quattro Stati

(27) Ibidem.
(28) Ibidem.
(29) Crespy, Vanheuverzwijn 2017; Copeland, Daly 2018; Copeland 2020.
(30) Abbiamo quindi escluso dalla nostra analisi altre prescrizioni, come ad esem-
pio quelle sulle pensioni e il welfare, sulla riforma del settore pubblico o sulla riduzione
delle imposte sui salari.
(31) Stan, Erne 2019.
PROBLEMI DI DIRITTO SOCIALE EUROPEO E INTERNAZIONALE
127
membri dell’Ue: Germania, Irlanda, Italia e Romania. Selezionare un nu-
mero ridotto di paesi su cui concentrarsi ha diversi vantaggi. In primo luo-
go, ci permette di chiarire che non tutte le prescrizioni di policy nell’ambito
della Nge hanno lo stesso potere coercitivo. Infatti, tale potere dipende
dallo status del paese all’interno del regime di governance economica europea
e dalla base legale sottostante a ogni prescrizione.
Tabella 1: stato del paese nel quadro di governance economica europea
Stato Germania Irlanda Italia Romania
Processo SGP MIP Mou SGP MIP Mou SGP MIP Mou SGP MIP Mou
2009 EDP EDP EDP EDP
Mou
2010 EDP EDP Mou EDP EDP
Mou
2011 EDP EDP Mou EDP EDP
Mou e P-Mou
2012 a
EDP Mou EDP IMB EDP
Mou e P-Mou
2013 EDP Mou
IMB Mou e P-Mou
2014 IMB EDP IMB Ex-IMB
P-Mou
2015 IMB EDP IMB Ex-IMB
IMB P-Mou
2016 IMB
IMB Ex-IMB
2017 IMB IMB Ex-IMB
SDP
2018 IMB IMB Ex-IMB
SDP
2019 IMB IMB Ex-IMB
SDP
Fonte: Raccomandazioni del Consiglio sui programmi nazionali di riforma
(2011-2019).
a Il Psc rivisto e la nuova procedura sugli squilibri macroeconomici so-
no entrati in vigore nel 2012.
SGP (Stability and Growth Pact«Patto di stabilità e crescita»): EDP (Ex-
cessive Deficit Procedure «Procedura per i disavanzi eccessivi»); SDP (Signifi-
cant Deviation Procedure – «Procedura per le deviazioni significative»).
MIP (Macroeconomic Imbalance Procedure «Procedura di squilibrio ma-
croeconomico»): Ex-IMB (Excessive Imbalances «Squilibri eccessivi»), IMB
(Imbalances – «Squilibri»).
Mou (Memorandum of Understanding on Financial Assistance): P-Mou («Mou
precauzionale»).
RGL N. 1/2022 PARTE I DOTTRINA
128
La tabella 1 mostra lo stato in cui si trovava ogni paese oggetto di studio
all’interno della governance economica dell’Ue tra il 2009 e il 2019. Esistono
tre processi vincolanti all’interno di questo quadro. Il primo è il Patto di
stabilità e crescita, secondo cui gli Stati membri possono trovarsi all’interno
dei limiti fiscali e di debito previsti, o almeno su una traiettoria verso di essi,
oppure in una procedura di deviazione significativa (Significant Deviation Pro-
cedure - Sdp), che è un meccanismo preventivo, oppure in una procedura per
i disavanzi eccessivi (Excessive Deficit Procedure - Edp), che è un meccanismo
correttivo, alla fine del quale possono essere comminate delle sanzioni allo
stato inadempiente. Il secondo processo è la Procedura di squilibrio ma-
croeconomico, introdotta dal «Six Pack». Valutati rispetto a una serie di in-
dicatori macroeconomici, per esempio il costo nominale unitario del lavoro,
gli Stati membri possono sperimentare in questo caso: «nessuno squilibrio»,
«squilibri» (Imbalances: Imb), «squilibri eccessivi» (Excessive Imbalances: Ex-
Imb), o anche trovarsi in una «procedura per squilibri eccessivi» (Excessive
Imbalance Procedure: Eip). Quest’ultima innesca una procedura correttiva so-
stenuta da possibili sanzioni. Infine, gli Stati membri possono essere sogget-
ti al rispetto di un Memorandum d’intesa sull’assistenza finanziaria (Memo-
randum of Understanding: Mou), che include lo status di Mou «completo», in
cui viene fornito un sostegno finanziario condizionato, o lo status di Mou
«precauzionale» (P-Mou), in cui il sostegno finanziario è disponibile se ne-
cessario. Come menzionato sopra, gli Stati membri possono anche ricevere
prescrizioni in relazione alla strategia Europa 2020, la cui mancata attuazio-
ne, tuttavia, non è connessa ad alcuna sanzione.
Il livello dei vincoli che uno Stato membro deve affrontare all’interno
del quadro della governance economica europea dipende in primis dal suo sta-
tus nei tre processi che abbiamo descritto nella tabella 1. Tuttavia, è neces-
sario un secondo passaggio per capire le gerarchie istituzionali e legali della
Nge, che mostriamo nella tabella 2. La prima colonna della tabella si con-
centra sul processo alla base delle diverse prescrizioni di policy, ossia: i Me-
morandum d’intesa per i paesi in assistenza finanziaria; il Patto di stabilità e
crescita; la Procedura per gli squilibri macroeconomici; la strategia Europa
2020. La seconda colonna racchiude i possibili meccanismi di applicazione
connessi a una prescrizione a seconda della base legale a essa sottostante:
ritiro dellassistenza finanziaria in caso del non rispetto di una prescrizione
contenuta in un Memorandum d’intesa; sanzioni finanziarie nell’ambito
delle prescrizioni connesse al Patto di stabilità e crescita o alla Procedura
per gli squilibri macroeconomici; oppure semplice «peer pressure» e «naming
and shaming» per le prescrizioni emesse sulla base della strategia Europa
2020. Sulla base di ciò, la terza colonna mostra la diversa forza coercitiva
PROBLEMI DI DIRITTO SOCIALE EUROPEO E INTERNAZIONALE
129
delle prescrizioni di policy, a seconda della loro base legale. Per esempio, il
sostegno finanziario offerto attraverso un Mou può essere ritirato, impe-
dendo nei fatti a uno Stato membro di rifinanziare il suo debito. Questo è
un vincolo «molto significativo», poiché la mancanza di accesso a finan-
ziamenti alternativi sui mercati finanziari spinge gli Stati a rispettare i pa-
rametri fissati dal programma. All’altro estremo, le prescrizioni di policy ba-
sate sulla strategia Europa 2020 si basano solo su «peer pressure» e sul «na-
ming and shaming» degli Stati che non rispettano gli obiettivi stabiliti. La loro
forza coercitiva è dunque debole. Analizzando le tre righe della tabella 2,
possiamo quindi vedere tutti i vari processi che fanno parte della nostra de-
finizione di cosa sia il Semestre.
Tabella 2: base legale e potere coercitivo delle prescrizioni Nge
Origine della prescrizione Meccanismi di applicazione Potere coercitivo
Prescrizioni relative a Mou
e Precautionary-Mou
Ritiro dell’assistenza finanziaria a
Ritiro dei finanziamenti Ue b
Sanzioni finanziarie c, d
Naming and Shaming
Molto significativo
Prescrizioni relative a SGP e MIP
per gli Stati con deficit eccessivi o
Ritiro dei finanziamenti Ue b
Sanzioni finanziarie c, d
Naming and Shaming
Significativo
Prescrizioni relative a SGP e al MIP
per gli Stati che non hanno deficit eccessivi
o squilibri macroeconomici eccessivi
Processo della strategia Europa 2020
Naming and Shaming
Debole
Fonte: Adattato da Stan, Erne (2018)
a L’assistenza finanziaria dell’Ue a uno Stato membro dell’Ue è subordi-
nata all’attuazione del Mou corrispondente.
b Dal 2014, i finanziamenti strutturali e di investimento europei a tutti
gli Stati membri sono subordinati a una «sana governance economica», cioè
all’attuazione delle prescrizioni emesse nell’ambito del patto di stabilità e
crescita, della procedura per squilibri macroeconomici e dei programmi di
aggiustamento strutturale (art. 23 del Regolamento n. 1303/2013).
c Dal 2011, uno Stato membro della zona euro che non ha «adottato
misure efficaci per correggere il suo disavanzo [di bilancio] eccessivo» ri-
RGL N. 1/2022 PARTE I DOTTRINA
130
schia «un’ammenda pari allo 0,2% del Pil dello Stato membro nell’anno
precedente» (art. 6, Regolamento n. 1173/2011).
d Dal 2011, uno Stato membro della zona euro che «non ha adottato le
misure correttive [contro gli squilibri macroeconomici eccessivi] racco-
mandate dal Consiglio» rischia una «ammenda annuale pari allo 0,1% del
Pil dell’anno precedente dello Stato membro interessato» (art. 2, Regola-
mento n. 1174/2011).
Una volta stabilita la forza differente delle varie prescrizioni emesse nel-
l’ambito della Nge, occorre distinguerne l’orientamento. Per fare questo, la
tabella 3 distingue innanzitutto diverse traiettorie in tre aree principali delle
relazioni industriali in base al contenuto mercificante o demercificante delle
prescrizioni. In generale, definiamo «mercificanti» quelle prescrizioni che in-
crementano la dipendenza dei lavoratori e delle lavoratrici dal mercato. Per
la politica salariale, distinguiamo quindi tra prescrizioni a favore dell’au-
mento dei livelli salariali (demercificanti) e quelle che predicano una loro ri-
duzione o comunque un contenimento (mercificanti). Per le istituzioni del
mercato del lavoro, ci si concentra sul fatto che ci sia una richiesta di au-
mentare (demercificando) o diminuire (mercificando) le istituzioni a tutela
dell’occupazione. Per le istituzioni della contrattazione collettiva, distin-
guiamo tra prescrizioni che favoriscono istituzioni di contrattazione salariale
solidaristiche (demercificanti) o individualizzanti (mercificanti). Definiamo
solidaristiche le istituzioni di contrattazione collettiva che sottraggono salari
e condizioni di lavoro alla concorrenza attraverso la definizione di standard
che si applicano a più datori di lavoro. Al contrario, le raccomandazioni di
politica di contrattazione collettiva sono mercificanti se chiedono un decen-
tramento o un’individualizzazione dei contratti collettivi (32).
Se si classifica l’orientamento delle prescrizioni di policy della Nge sem-
plicemente sulla base del loro testo esse possono apparire ambigue. Tutta-
via, se le si analizza nel contesto in cui sono situate (33), il loro orienta-
mento diventa molto più chiaro. Si consideri, a mo’ di esempio, la prescri-
zione, apparentemente ambigua, rivolta più volte nell’ambito del Semestre
europeo alla Romania sulla necessità di creare un meccanismo «trasparen-
te» per fissare il salario minimo. A prima vista, questa raccomandazione
potrebbe apparire come «sociale». Tuttavia, come emergerà da un’analisi
che tenga conto del contesto in cui questa prescrizione è stata emessa, la
richiesta aveva lo scopo di impedire al Governo socialdemocratico di au-

(32) Schulten 2002; Stan, Erne 2016.
(33) Stan, Erne 2019, 5.
PROBLEMI DI DIRITTO SOCIALE EUROPEO E INTERNAZIONALE
131
mentare unilateralmente i salari minimi dopo che essi erano stati diminuiti
nella prima fase della crisi. A questo punto diventa chiaro che questa pre-
scrizione ha lo scopo di frenare gli aumenti salariali e quindi le assegnere-
mo un orientamento mercificante. La tabella 3 sintetizza i temi e gli orien-
tamenti delle prescrizioni che sono emersi dalla nostra analisi dei docu-
menti della governance economica europea rispetto alle tre aree di interesse.
Tabella 3: orientamento e temi emersi dall’analisi delle prescrizioni
Salari Protezioni per
l’occupazione Contrattazione collettiva
Traiettoria
di de-mercificazione
Aumentare i livelli salariali
Aumentare la protezione
del lavoro
Contrattazione solidaristica
Temi trovati
nelle prescrizioni Nge
Sostenere la crescita
dei salari
Ripristinare il salario
minimo nazionale
Facilitare la transizione
all’occupazione standard
Migliorare il dialogo sociale
Traiettoria
di mercificazione
Contenimento dei livelli
salariali
Diminuire la protezione
del lavoro
Contrattazione
individualizzata
Temi trovati
nelle prescrizioni
NEG
Ridurre i salari minimi
nazionali
Monitorare gli effetti
del salario minimo
Ridurre la massa salariale
del settore pubblico
Stabilire un meccanismo
trasparente di fissazione
del salario minimo
Allentare la legislazione
che regola i licenziamenti
Aumentare l’uso
di contratti a tempo
determinato
Decentrare
la contrattazione collettiva
Riformare i meccanismi
di fissazione dei salari
settoriali
Fonte: La nostra analisi delle Raccomandazioni del Consiglio sui pro-
grammi nazionali di riforma (2009-2019) compresi i Mou citati in essi. Per
un’analisi più dettagliata si vd. l’appendice online in Jordan et al. 2021.
Concentrarsi su una coorte ridotta di paesi permette anche di affrontare
un’altra grande limitazione della letteratura sulla socializzazione del Seme-
stre europeo, vale a dire la mancanza di un’analisi che collochi le prescri-
zioni della Nge nel contesto della posizione occupata dal paese che le rice-
ve all’interno della economia politica dell’Unione europea. Abbiamo quindi
scelto di concentrarci su due paesi più grandi (Germania e Italia) e due più
piccoli (Irlanda e Romania) perché sono proxy del potere relativo degli Stati
più grandi e più piccoli, e perché occupano posizioni diverse fra il centro e
RGL N. 1/2022 PARTE I DOTTRINA
132
la periferia nel regime di governance dell’Ue. La selezione di quattro Stati
membri che sono variamente situati all’interno dell’economia politica del-
l’Ue permette di condurre un confronto incorporato di casi di studio (34).
Infine, l’analisi delle dinamiche transnazionali che sono all’opera richiede
una profonda conoscenza del contesto politico degli Stati membri interes-
sati (35). Ci siamo perciò concentrati su paesi di cui conosciamo bene il
contesto politico-economico e di cui parliamo la lingua, per potere valutare
correttamente il contesto in cui vengono emesse le prescrizioni.
4. Le prescrizioni della Nge in materia di lavoro per Germania, Italia, Irlanda
e Romania (2009-2019) In questa sezione dell’articolo delineiamo i risul-
tati della nostra analisi testuale, condotta su oltre 90 documenti, tra cui le
relazioni per paese della Commissione, le raccomandazioni specifiche per
paese (le «Rsp») e i Memorandum d’intesa (Mou) per i paesi sottoposti ad
assistenza finanziaria, compresi i relativi programmi di aggiustamento eco-
nomico e le revisioni trimestrali. Distinguiamo tra documenti che hanno
uno scopo di monitoraggio (relazioni per paese nell’ambito del Semestre
europeo e revisioni trimestrali per i paesi sottoposti ad assistenza finanzia-
ria) e documenti con scopi prescrittivi (Rsp e Mou). Da questi ultimi ab-
biamo estratto le prescrizioni sui salari, la legislazione di protezione del la-
voro e la contrattazione collettiva dirette a Irlanda, Italia, Germania e Ro-
mania tra il 2009 e il 2019.
Cominciamo nel 2009 poiché la Romania è stata costretta a firmare il
suo primo Mou in quell’anno. Sebbene lo Stato rumeno fosse il meno in-
debitato di tutti gli Stati oggetto di studio (inclusa la Germania), la sua di-
pendenza da creditori privati stranieri (principalmente banche francesi, te-
desche, greche e italiane) lo ha costretto a entrare in un programma di sal-
vataggio prima di altri Stati. I risultati della nostra analisi sono riassunti nel-
la tabella 4 (36).
La tabella 4 distingue tra prescrizioni demercificanti e prescrizioni mer-
cificanti, come delineato nella tabella 3. Seguendo la metodologia descritta
nella sezione precedente, la tabella 4 mostra anche la forza coercitiva delle
prescrizioni, distinguendo tra prescrizioni molto significative (nere), signi-
ficative (grigie) e deboli (bianche). Già a un primo sguardo, la tabella 4 mo-

(34) McMichael 1990.
(35) Almond, Connolly 2019; Erne 2018; Erne 2019.
(36) Per un’analisi più estesa, si rimanda il lettore all’appendice online dell’articolo
di Jordan et al. 2021, accessibile al seguente indirizzo: https://onlinelibrary.wiley.com/doi/
full/10.1111/bjir.12522.
PROBLEMI DI DIRITTO SOCIALE EUROPEO E INTERNAZIONALE
133
stra come, per quanto riguarda le tre aree della politica del lavoro prese in
esame, non si possa parlare di «socializzazione». Per comprendere ancora
meglio il significato di queste prescrizioni, dobbiamo comunque valutarle
in modo più dettagliato, tenendo conto del contesto temporale in cui sono
state emesse e del paese a cui sono state dirette. A questo dedichiamo le
prossime pagine.
Tabella 4: Prescrizioni Ue su salari, protezione dell’occupazione
e contrattazione collettiva
Decommodificare Commodificando
DE IT IE RO DE IT IE RO
2009 2009
2010 2010
2011 2011
2012 2012
2013 2013
2014 2014
2015 2015
2016 2016
2017 2017
2018 2018
2019 2019
Fonte: La nostra analisi delle Raccomandazioni del Consiglio sui program-
mi nazionali di riforma (2009-2019) compresi i Mou citati in essi. Per
un’analisi più dettagliata, si vd. l’appendice online in Jordan et al. 2021.
Contenuto delle prescrizioni: = Salari; = Legislazione di protezio-
ne dell’occupazione; = Contrattazione collettiva.
Grado dei vincoli: = molto significativo; = significativo;
= debole, in base alla tabella 2 di cui sopra.
Salari
Nell’area dei salari, ci sono due orientamenti di policy che coesistono nel
periodo preso in esame. Il primo è quello, mercificante, della moderazione
salariale: prescrizione che ricorre per Irlanda e Romania, in particolare at-
RGL N. 1/2022 PARTE I DOTTRINA
134
traverso la richiesta di tagli sui salari del settore pubblico e sul salario mi-
nimo. Il secondo è la richiesta (demercificante) di un aumento dei salari per
l’economia tedesca. Non ci sono prescrizioni dirette sui salari per l’Italia,
che ha però ricevuto altre prescrizioni sul diritto del lavoro, sulla contratta-
zione collettiva (infra) e sulla necessità di «assicurare un percorso sufficien-
temente adeguato di riduzione del debito pubblico» (37). Quest’ultima pre-
scrizione, ripetuta nel corso del tempo, ha influenzato in maniera negativa i
livelli salariali nel settore pubblico, seppur indirettamente (38).
La maggior parte delle prescrizioni sul contenimento dei salari rientrano
nel periodo 2011-2013, quando la crisi dell’Eurozona era acuta e quando
Irlanda e Romania erano soggette alla condizionalità dell’Ue e del Fmi. Il
Governo irlandese aveva iniziato ad attuare pesanti tagli ai salari del settore
pubblico già nel 2009, ossia ancor prima di entrare in un programma di ag-
giustamento strutturale. A sua volta, la Commissione europea ha usato la
«decisa azione politica» del Governo irlandese come esempio per gli altri
paesi, sostenendo che il «sostanziale aggiustamento salariale nel settore
pubblico nel 2009 ha contribuito ad avviare il necessario cambiamento nel
costo del lavoro» in tutti i settori (39). Tuttavia, questi tagli ai salari hanno
fatto poco per migliorare la situazione economica, e il Governo irlandese è
stato costretto, nel novembre 2010, a chiedere un prestito all’Ue e al Fmi.
Nel Memorandum d’intesa sono state prescritte ulteriori riduzioni salariali,
anche se i tassi nominali del costo del lavoro per unità di prodotto (Clup)
sono sempre rimasti ben al di sotto del tetto massimo del +9 per cento fis-
sato dalla Procedura per gli squilibri macroeconomici. Infatti, nel corso
della crisi il Clup irlandese è passato dal -2,3% (40) al -17,2% (41). È da
notare come le prescrizioni sui salari siano di solito molto dettagliate, in-
cludendo target numerici da raggiungere in un periodo ben preciso (42).
Nel 2014, un altro tema appare per la prima volta nelle prescrizioni sui
salari per la Romania, vale a dire la richiesta di fissare criteri «oggettivi» per
stabilire il livello del salario minimo. Poiché le premesse delle raccomanda-
zioni del Consiglio includono un riferimento a favore del dialogo sociale,
un’analisi che non tenga conto del contesto locale potrebbe interpretare
queste prescrizioni come «sociali». Tuttavia, se opportunamente contestua-

(37) Raccomandazione del Consiglio del 8.7.2014, C 247/11.
(38) Bach, Bordogna 2013.
(39) Commissione europea 2010, 31 e 67 (traduzione degli Autori).
(40) Quadro di valutazione Procedura di squilibri macroeconomici 2010.
(41) Quadro di valutazione Procedura di squilibri macroeconomici 2017.
(42) Sull’importanza di osservare il grado di precisione delle prescrizioni salariali, si
vd. anche Menegatti 2017.
PROBLEMI DI DIRITTO SOCIALE EUROPEO E INTERNAZIONALE
135
lizzate, appare evidente come queste prescrizioni fossero destinate a frena-
re aumenti salariali futuri (43). Le prescrizioni erano infatti dirette contro il
nuovo Governo socialdemocratico, che aveva promesso di contrastare i
tagli salariali subiti dai lavoratori rumeni durante la crisi introducendo (sia
pure unilateralmente) aumenti dei salari minimi e degli stipendi nel settore
pubblico. Sebbene le misure di aumento dei salari minimi a partire dal 2013
non abbiano minato la competitività internazionale delle imprese rumene
(44), il Governo ha adottato nel 2017 una radicale riforma fiscale che ha
spostato quasi tutti gli oneri sociali dai datori di lavoro ai dipendenti. Con
questa mossa, il Governo ha tentato di «evitare un’impennata del deficit
pubblico» causata dagli aumenti salariali nel settore pubblico e dei salari
minimi che aveva programmato per il 2018 (45). È degno di nota come
questa rivoluzione fiscale sia stata attuata subito dopo che l’Ue ha aperto
una Procedura di deviazione significativa contro la Romania nell’ambito
del Patto di stabilità e crescita. Sebbene la Romania avesse ancora uno dei
rapporti debito pubblico/Pil più bassi dell’Ue (37,5% nel 2017), il Consi-
glio ha chiesto al Governo rumeno di intraprendere azioni decise per ga-
rantire che il tasso di crescita nominale della spesa pubblica primaria netta
non superasse il 3,3% nel 2017 (46).
Una dinamica simile si è verificata in Irlanda nel 2011, quando la Troika
(Ue-Bce-Fmi) e il neoeletto Governo irlandese hanno concordato di ripri-
stinare il salario minimo legale al suo livello precrisi, dopo che nel corso del
2010 era stato inizialmente ridotto del 12 per cento come concordato nel
primo Memorandum d’intesa. Come in Romania, questa misura è stata bi-
lanciata da una riduzione degli oneri sociali a carico dei datori di lavoro
(47), per assicurare che il costo del lavoro rimanesse invariato.
Il secondo orientamento che emerge nei documenti del Semestre ana-
lizzati riguarda la richiesta al Governo tedesco di perseguire un aumento
significativo dei salari. Benché queste prescrizioni abbiano un orientamen-
to demercificante, è importante notare che, secondo la nostra classificazio-
ne, tutte le prescrizioni dirette alla Germania in questa area sono solo de-
bolmente vincolanti. A differenza delle raccomandazioni che richiedevano
un taglio dei salari per Irlanda e Romania, inoltre, le raccomandazioni sono

(43) Per osservazioni affini nel caso di un’analoga raccomandazione per il Gover-
no bulgaro, si vd. Menegatti 2017.
(44) Heemskerk et al. 2018.
(45) Stoiciu 2018a.
(46) Raccomandazione del Consiglio del 16.6.2017, C-216/01.
(47) Come evidenziato anche da Delfino 2019.
RGL N. 1/2022 PARTE I DOTTRINA
136
vaghe, senza precisi target numerici. Questo non sorprende, vista la forte
resistenza nei paesi in surplus della bilancia commerciale alle critiche alle
loro politiche salariali (48); critiche che hanno evidenziato come i policy ma-
ker tedeschi abbiano favorito politiche salariali «beggar-thy-neighbour», gene-
rando un alto grado di competitività nelle esportazioni, ma a spese dei
partner Ue (49). Dal punto di vista dell’Unione, dunque, prescrivere un au-
mento dei salari non è solo finalizzato alla ristrutturazione dell’economia
tedesca, ma anche al modo in cui tale ristrutturazione avrà ripercussioni
positive per la capacità di ripresa degli operatori economici in altri Stati
membri dell’Ue. Anche se i tentativi di aumentare i salari tedeschi sono sta-
ti accolti con favore dai sindacati di tutta Europa, è chiaro che nei paesi
presi in esame le prescrizioni volte a moderare i salari hanno prevalso nel
periodo 2009-2019.
Legislazione di protezione dell’occupazione
Per quanto riguarda le prescrizioni emesse nell’area della protezione
dell’occupazione, è possibile identificare nuovamente due grandi orienta-
menti di policy. Il primo (mercificante) cerca la rimozione delle «rigidità» del
mercato del lavoro. In altre parole, c’è una persistente richiesta che il ri-
schio economico si sposti dalle imprese ai lavoratori. Questo è evidente
nelle prescrizioni emesse per Irlanda, Italia e Romania. Come nel caso dei
salari, è possibile invece individuare un orientamento diverso per le racco-
mandazioni dirette alla Germania, che chiedono di favorire le transizioni
occupazionali da contratti precari a forme più stabili di occupazione.
In generale, vi è poca precisione nel linguaggio impiegato nelle racco-
mandazioni su come raggiungere una maggiore flessibilità per il mercato
del lavoro. La documentazione analizzata afferma a più riprese la necessità
di perseguire questi obiettivi in linea con i princìpi della cd. «flexicurity» (50)
tipica dei paesi nordici, che combina una limitata protezione occupazionale
con buone indennità di disoccupazione e politiche attive del lavoro. Gli
studiosi che sostengono l’«ipotesi della socializzazione» annoverano l’uti-
lizzo dell’approccio della flexicurity nelle prescrizioni come evidenza a sup-
porto della loro tesi (51). Tuttavia, nel caso dei quattro paesi che analiz-
ziamo, la richiesta di rispettare i princìpi della flexicurity nell’attuazione della
ristrutturazione del mercato del lavoro appare in modo vago e incoerente.

(48) Bieler, Erne 2014.
(49) Flassbeck, Lapavitsas 2013.
(50) Sul concetto di flexicurity, si vd. Auer 2011.
(51) Bekker, 2017.
PROBLEMI DI DIRITTO SOCIALE EUROPEO E INTERNAZIONALE
137
È solo nel caso delle raccomandazioni per la Romania che il concetto di
flexicurity è esplicitamente impiegato, e sempre in modo impreciso. Il Memo-
randum d’intesa firmato nel 2011 con l’Ue e il Fmi afferma infatti che occor-
re: «migliorare l’adeguatezza della legislazione di protezione del lavoro e
adattarsi ai princìpi di flexicurity» (52). Ci sono anche riferimenti espliciti a c
che significa effettivamente migliorare «l’adeguatezza» della legislazione, tra
cui «ampliare la casistica per l’uso di contratti di lavoro a tempo determinato»
(53). Qui, chiaramente, viene prescritta maggiore flessibilità del mercato del
lavoro. Tuttavia, non ci sono misure equivalenti volte a migliorare la sicurez-
za dei lavoratori per sostenere in modo convincente che le due componenti
del concetto di flexicurity siano soddisfatte. È importante anche il fatto che le
richieste di liberalizzazione siano fatte nel Memorandum, che è vincolante
per la Romania. A sua volta, il Governo rumeno ha usato una legge d’emer-
genza per far passare una riforma di liberalizzazione del diritto del lavoro,
nonostante una densità sindacale relativamente alta e la presenza di proteste
sindacali, in particolare nel settore pubblico (54).
Anche nelle prescrizioni dirette all’Italia nell’ambito della Nge troviamo
un’enfasi sulla flessibilità del lavoro. Mentre le prescrizioni dirette alla Ro-
mania si concentrano su un uso maggiore di contratti a termine (cd. «fles-
sibilità in entrata»), nelle prescrizioni dirette all’Italia ci si concentra
sull’alleggerire la protezione dal licenziamento fornita dai contratti a tempo
indeterminato (cd. «flessibilità in uscita»). La logica sottostante a queste
prescrizioni è che questo agirebbe sia come mezzo per assicurare che le
aziende non siano finanziariamente gravate da manodopera non necessaria
durante i periodi di crisi economica, sia per incoraggiarle ad assumere mag-
giormente durante i periodi di ripresa. Questa strategia cerca di «rafforzare
le misure intese a combattere la segmentazione del mercato del lavoro, an-
che rivedendo aspetti specifici della legislazione a tutela dell’occupazione,
comprese le norme e le procedure che disciplinano i licenziamenti» (55). A
seguito dell’approvazione della riforma del mercato del lavoro nel 2012
(56), c’è un forte apprezzamento da parte dell’Ue della legge.
In seguito all’adozione di un’ulteriore legislazione che ha liberalizzato

(52) Romania, Precautionary Memorandum of Understanding, 28.6.2011 (traduzione de-
gli Autori).
(53) Romania, Precautionary Memorandum of Understanding, primo aggiornamento,
27.12.2011 (traduzione degli Autori).
(54) Adăscăliței, Muntean 2018; Stan, Erne 2016.
(55) Raccomandazione del Consiglio del 12.7.2011, C-215/02.
(56) Legge n. 92/2012.
RGL N. 1/2022 PARTE I DOTTRINA
138
ulteriormente il diritto del lavoro fra 2014 e 2015 con il cd. «Jobs Act» (57),
il parere dell’Ue è nuovamente positivo. Come afferma la Relazione per
paese 2016: «la revisione delle norme sul licenziamento […] aumenta la
flessibilità in uscita e aumenta sostanzialmente la certezza del diritto» (58).
È interessante notare come, laddove c’è una mancanza di precisione nel
linguaggio adottato nelle prescrizioni, lasciando al Governo italiano il com-
pito di definire i dettagli della legislazione da presentare qualcosa di mol-
to diverso dalle prescrizioni estremamente dettagliate che sono contenute
nei Memorandum d’intesa –, il vincolo esterno sul Governo italiano au-
menta a partire dal 2014, dato lo spostamento dello status dell’Italia all’in-
terno della procedura per squilibri macroeconomici da avere semplici
«squilibri» ad avere «squilibri eccessivi» (si vd. tabella 1).
Quando la «Troika» è intervenuta in Irlanda alla fine del 2010, il merca-
to del lavoro del paese era già uno dei meno regolati tra i paesi Ocse (59).
Eppure, la necessità di perseguire una maggiore flessibilità del mercato del
lavoro viene citata nella documentazione connessa ai Memorandum d’in-
tesa come ragione per liberalizzare gli unici meccanismi esistenti di fissa-
zioni dei minimi salariali settoriali (60): ambito su cui ci concentriamo nella
prossima sezione.
Di nuovo, è solo nel caso della Germania che troviamo alcune prescri-
zioni demercificanti, di segno opposto rispetto alle prescrizioni per gli altri
paesi in analisi. C’è infatti una richiesta persistente nelle raccomandazioni
nel Semestre dirette al Governo tedesco a incentivare una transizione dai
cd. «minijob» a forme più stabili di occupazione. I «minijob» sono stati intro-
dotti dalle riforme Hartz negli anni 2000, e sono una forma di occupazione
altamente flessibile con limiti sul reddito, senza il pagamento di oneri socia-
le. Dalla loro introduzione il loro utilizzo è cresciuto costantemente, fino a
includere diversi milioni di lavoratori (61). Nelle raccomandazioni dirette al-
la Germania si dimostra dunque una maggiore preoccupazione per la sicu-
rezza dei lavoratori. Tuttavia, se la crescita di forme di lavoro sempre più
precarie nel caso tedesco preoccupa l’Ue, allora perché ad altri paesi sono
state prescritte riforme per aumentare la flessibilità del mercato del lavoro?

(57) Legge n. 183/2014.
(58) Commission, Staff Working Document 81, Brussels, 26.2.2016 (traduzione degli
Autori).
(59) Walsh 2016.
(60) Irlanda, Economic Adjustment Programme, in Autumn 2011 Review, 32-33 (tradu-
zione degli Autori).
(61) Bruff 2010.
PROBLEMI DI DIRITTO SOCIALE EUROPEO E INTERNAZIONALE
139
Contrattazione collettiva
L’orientamento dominante delle riforme richieste nell’area della contrat-
tazione collettiva è in linea con la strategia adottata dall’Ue dopo la crisi fi-
nanziaria del 2008 di raggiungere la ripresa economica perseguendo politi-
che di «svalutazione interna». Le raccomandazioni dirette a Irlanda, Italia e
Romania richiedono quindi di decentralizzare le istituzioni di contrattazio-
ne collettiva a livello aziendale, per permettere adeguamenti salariali che ri-
flettano maggiormente gli sviluppi della produttività d’impresa (62).
Ciò appare evidente nel caso della Romania, che durante il periodo del
programma di assistenza finanziaria ha ricevuto prescrizioni per «attuare ri-
forme del sistema di regolazione dei salari che consentano ai salari di riflet-
tere meglio gli sviluppi della produttività nel medio termine» (63). A loro
volta, le istituzioni nazionali e settoriali di contrattazione salariale sono sta-
te sottoposte a un «assalto frontale» (64) sotto forma di un’altra legge di
emergenza adottata unilateralmente dal Governo di centro-destra. Quando
invece il nuovo Governo socialdemocratico ha aumentato i salari minimi,
ha ricevuto la richiesta di astenersi da ulteriori azioni unilaterali e di raffor-
zare il dialogo sociale (65).
Nel 2011, l’allora presidente della Bce, Trichet, e il suo successore Dra-
ghi chiesero al Governo italiano, in una lettera poi ottenuta dalla stampa, di
«riformare il sistema di contrattazione salariale collettiva permettendo ac-
cordi a livello d’impresa in modo da ritagliare i salari e le condizioni di la-
voro alle esigenze specifiche delle aziende e rendendo questi accordi più ri-
levanti rispetto ad altri livelli di negoziazione» (66). Questo messaggio riap-
pare frequentemente in diverse raccomandazioni specifiche per paese che
l’Italia ha ricevuto nell’ambito del Semestre. Ciò ha creato continue pres-
sioni verso un ulteriore decentramento della contrattazione collettiva a li-
vello aziendale, anche se la contrattazione a livello settoriale gioca ancora
un ruolo significativo in Italia (67), a differenza di ciò che accade in Irlanda
e Romania.
Anche la riforma dei meccanismi di regolazione dei salari a livello setto-
riale in Irlanda, divenuta parte dei Memorandum d’intesa, è stata motivata
con la necessità di assicurare «che i salari siano adeguatamente collegati ai

(62) Menegatti 2017.
(63) Romania, Memorandum of Understanding, 28.6.2011 (traduzione degli Autori).
(64) Trif 2016.
(65) Supra. Si vd la Raccomandazione del Consiglio del 13.7.2018, C-320/22.
(66) Corriere della Sera, 5 agosto 2011.
(67) Regalia, Regini 2018.
RGL N. 1/2022 PARTE I DOTTRINA
140
livelli di produttività [a livello di impresa]» (68). Il caso irlandese costituisce
anche un interessante esempio di come le prescrizioni nell’ambito della
Nge possano evolversi nel corso del tempo. All’inizio del programma di
assistenza finanziaria irlandese, il primo Memorandum richiedeva soltanto
che si istituisse una commissione di revisione del funzionamento delle isti-
tuzioni salariali settoriali. Tuttavia, dopo che due sentenze hanno stabilito
l’incostituzionalità di tali istituzioni (69), le prescrizioni sono diventate
sempre più precise e mirate durante il processo di riforma che ne è seguito
(70). Ancora una volta, l’assenza di richiami simili per l’Irlanda a partire dal
2014 non costituisce un esempio di «socializzazione», ma riflette sempli-
cemente il fatto che, da un lato, le richieste di riforma contenute nei Me-
morandum d’intesa siano state attuate e, dall’altro, che la legislazione a so-
stegno dei diritti di contrattazione collettiva in Irlanda fosse già debole a
monte.
Discussione comparativa
La nostra analisi delle prescrizioni su tre aree chiave delle relazioni in-
dustriali mostra che non c’è stata una socializzazione del regime della gover-
nance economica europea tra il 2009 e il 2019 nei paesi oggetto di studio.
Nonostante la forza di coercizione delle prescrizioni mercificanti sia dimi-
nuita nel tempo, sia il Governo italiano che quello rumeno hanno conti-
nuato a ricevere prescrizioni mercificanti ben dopo l’inizio della ripresa
economica dell’area Ue. Per i sostenitori dei mercati del lavoro flessibili,
nessuna riforma di liberalizzazione è mai del tutto sufficiente (71).
In linea con la tendenza di lungo periodo alla liberalizzazione delle rela-
zioni industriali (72), nel corso dell’ultima decade nelle prescrizioni nell’am-
bito della Nge dirette all’Italia si è continuato a insistere sia sulla riforma del-
la legislazione di protezione dell’occupazione che sul decentramento della
contrattazione salariale, nonostante l’attuazione di diverse e radicali riforme
dal 2011 al 2015 (73). Nel 2018, la richiesta di un ulteriore decentramento
della contrattazione è stata finalmente abbandonata nelle raccomandazioni

(68) Irlanda, Economic Adjustment Programme, in Autumn 2012 Review, 37-38 (tradu-
zione degli Autori).
(69) Del 2011 e 2013, rispettivamente: John Grace Fried Chicken Ltd &Ors v Catering
Joint Labour Committee &Ors [2011] Iehc 277; McGowan & Ors v. The Labour Court &
Ors [2013] Iesc 21. Si vd. Doherty 2015.
(70) Maccarrone et al. 2019.
(71) Erne 2015.
(72) Baccaro, Howell 2017.
(73) Rutherford, Frangi 2018.
PROBLEMI DI DIRITTO SOCIALE EUROPEO E INTERNAZIONALE
141
per l’Italia all’interno del Semestre europeo. Tuttavia, ciò non è da ritenersi
frutto di una maggiore sensibilità verso i temi sociali, dato che la Commis-
sione ha continuato a definire insufficienti gli sforzi sul decentramento (74).
La raccomandazione è stata abbandonata solo dopo che il Comitato per
l’occupazione del Consiglio ha valutato che il livello di decentramento rag-
giunto dalle riforme italiane fosse sufficiente (75). Le raccomandazioni della
Commissione all’interno del Semestre possono infatti essere modificate, ma
solo con il voto favorevole di almeno 16 delegazioni del Consiglio che rap-
presentino almeno il 65% della popolazione totale dell’Ue.
Anche l’attuazione disomogenea delle raccomandazioni specifiche per
paese, valutata come tale dalla stessa Commissione (76), non rappresenta
necessariamente un motivo di sollievo per i movimenti sindacali e sociali.
Infatti, i Governi non possono mai essere sicuri in anticipo se il loro «pro-
gramma di riforme» soddisfi o meno le richieste contenute nelle prescri-
zioni. La possibilità che vengano erogate sanzioni finanziarie per la non
implementazione delle prescrizioni emesse nell’ambito della Nge rappre-
senta quindi un rischio che i policy maker nazionali hanno difficoltà a valuta-
re (77). Questo vale soprattutto per le economie dipendenti di mercato co-
me la Romania (78). Le prescrizioni contenute nei Memorandum d’intesa
per la Romania prevedevano significativi tagli salariali e una liberalizzazio-
ne del diritto del lavoro individuale e collettivo. La legge del 2011 sul «dia-
logo sociale» ha abolito la contrattazione nazionale e settoriale e ha aumen-
tato le soglie necessarie perché i sindacati possano dirsi rappresentativi, a
un livello tale da privare la maggior parte di loro dei diritti di contrattazio-
ne a livello locale. L’attuazione di queste misure farebbe pensare che non ci
fosse bisogno di ulteriori prescrizioni dopo la fase più acuta della crisi. Nel
2013, tuttavia, l’Ue ha iniziato a preoccuparsi degli aumenti dei livelli sala-
riali nel settore pubblico e del salario minimo promessi dal nuovo Governo
socialdemocratico. In un primo momento, le prescrizioni volte a impedire
gli aumenti non hanno avuto alcun effetto. Nel giugno del 2017, tuttavia, il
Consiglio ha aperto una Procedura di deviazione significativa nell’ambito
del Patto di stabilità e crescita, che comportava che il Governo dovesse in-
traprendere azioni decise per garantire che il tasso di crescita nominale del-

(74) Commission, Staff Working Document 210, 7.3.2018 (traduzione degli Autori).
(75) Employment Committee, Thematic Review Conclusions, 25.1.2018 (traduzione
degli Autori).
(76) Al-Kadi, Clauwaert 2019.
(77) Erne 2015, 347.
(78) Ban 2019.
RGL N. 1/2022 PARTE I DOTTRINA
142
la spesa pubblica primaria netta non superasse il 3,3% nel 2017. Il Gover-
no ha quindi compensato gli aumenti salariali con una nuova legge, che ha
spostato la maggior parte degli oneri di sicurezza sociale dai datori di lavo-
ro ai loro dipendenti. Dal 2018, gli aumenti salariali nel settore pubblico e
l’incremento del salario minimo sono quindi effettivamente finanziati dai
dipendenti stessi, dato il risparmio per i datori di lavoro sia pubblici che
privati creato da questa «rivoluzione fiscale» (79). In un contratto di lavoro
su tre, i guadagni netti sono addirittura diminuiti nonostante gli alti tassi di
crescita economica (80).
Anche in Irlanda, il Memorandum imposto dalla Troika ha richiesto
importanti tagli salariali nel settore pubblico e ulteriori liberalizzazioni dei
meccanismi di regolazione dei minimi salariali settoriali, già molto flessibili.
Dopo l’uscita dal programma di aggiustamento strutturale alla fine del
2013, l’Irlanda non ha ricevuto nessuna ulteriore raccomandazione nelle
aree di politica del lavoro, poiché il Governo irlandese di centro-destra ha
fatto in modo che i salari fossero ripristinati ai livelli precrisi a un ritmo co-
sì lento da non causare alcuna preoccupazione a Bruxelles. Anche i tassi di
crescita economica irlandesi sono aumentati di nuovo, non però come ri-
sultato delle politiche di austerità, ma a causa della crescita delle attività del-
le aziende multinazionali, sia effettive e sia per effetto del meccanismo del
transfer pricing, che permette alle imprese multinazionali di dichiarare molti
dei loro profitti europei in Irlanda. Anche nel quadro della ripresa econo-
mica, gli aumenti nominali del costo unitario del lavoro (Culp) irlandese
per il periodo 2014-2016 sono comunque rimasti ben al di sotto del tetto
massimo fissato dal quadro di valutazione della Procedura per squilibri ma-
croeconomici dell’Ue (81).
Il Governo tedesco, al contrario degli altri tre paesi sotto esame, ha ri-
cevuto nell’ambito del Semestre europeo prescrizioni demercificanti, anche
se con un potere di coercizione debole. Dal 2013, la Germania ha ricevuto
persistenti richieste di aumentare i salari e di facilitare le transizioni occu-
pazionali verso forme contrattuali più stabili. Questo, tuttavia, è dovuto
non a una socializzazione del Semestre europeo, ma alla posizione centrale
occupata dalla Germania all’interno dell’economia politica dell’Ue. Secon-
do i policy maker europei, una politica salariale tedesca di segno espansivo
sarebbe in grado, da sola, di generare una crescita economica guidata dalla

(79) Stoiciu 2018a.
(80) Stoiciu 2018b.
(81) Commissione, Relazione 2018 sul meccanismo di allerta, Com(2017)771, 22 no-
vembre 2017.
PROBLEMI DI DIRITTO SOCIALE EUROPEO E INTERNAZIONALE
143
domanda interna tale da avere «effetti di ricaduta» positivi per il resto del-
l’Ue (82). Dunque, quella che in prima battuta potrebbe sembrare il risulta-
to di una maggiore preoccupazione per i temi sociali, è in realtà principal-
mente una preoccupazione macroeconomica per il ruolo che i saldi delle
partite correnti tedesche hanno giocato nel modellare le traiettorie di cre-
scita dell’intera Unione europea.
5. ConclusioniLa crisi finanziaria del 2008 ha ridotto la fiducia nei
mercati autoregolati. Questo ha portato le classi dirigenti europee a istituire
un nuovo regime di governance economica dell’Ue per assicurare la conver-
genza delle economie degli Stati membri. Per evidenziare la natura della
nuova architettura istituzionale dell’Ue, abbiamo studiato le prescrizioni
sulle relazioni industriali dirette a Germania, Italia, Irlanda e Romania fra il
2009 e il 2019 nell’ambito della Nge. Il confronto fra le prescrizioni in tre
ambiti delle relazioni industriali mostra come il Semestre europeo non sia
diventato più «sociale» nel tempo, dato che le prescrizioni mercificanti han-
no continuato a predominare. Anche se le raccomandazioni specifiche per
paese sono divenute meno vincolanti, sarebbe dunque sbagliato descrivere
il Semestre come «soft governance» (83). Infatti, la nostra analisi mostra che la
riduzione del potere di coercizione delle prescrizioni nel tempo non denota
un cambiamento di orientamento all’interno del Semestre, ma riflette piut-
tosto l’attuazione di riforme mercificanti in Italia, Irlanda e Romania du-
rante gli anni della crisi, che ha reso ulteriori prescrizioni superflue, e il de-
clino della forza coercitiva delle Rsp in tempi di ripresa economica.
Allo stesso tempo, ci sono anche contraddizioni interne al regime di go-
vernance economica dell’Ue che potrebbero essere sfruttate dalle forze sin-
dacali e sociali. Ad esempio, la «peer pressure» esercitata dalle raccomanda-
zioni Ue sui salari dirette al Governo tedesco potrebbe aver aiutato i sinda-
cati a ottenere aumenti salariali più elevati (84), il che è anche nell’interesse
dei lavoratori nel resto d’Europa. Dopo che la nuova presidente della
Commissione Ursula von der Leyen ha riconosciuto nel suo discorso di
candidatura che «ogni persona che lavora a tempo pieno dovrebbe guada-
gnare un salario minimo che permetta una vita dignitosa (85, la Commis-

(82) Buti, Turrini 2017.
(83) Pochet 2019, 282.
(84) Lübker 2019, 19.
(85) Opening Statement in the European Parliament Plenary Session by Ursula
von der Leyen, Candidate for President of the European Commission, Strasbourg,
16.7.2019 (traduzione degli Autori).
RGL N. 1/2022 PARTE I DOTTRINA
144
sione ha proposto una direttiva Ue su salari minimi adeguati (86), che è ora
discussa dal Parlamento e dal Consiglio. Inoltre, lo scoppio della pandemia
da Covid-19 ha messo in luce l’impatto dannoso delle prescrizioni di auste-
rità sui servizi pubblici essenziali, come la sanità, emesse nel quadro della
nuova governance economica europea. Questo, a sua volta, ha portato la
Commissione e il Consiglio a sospendere temporaneamente il Patto di sta-
bilità e crescita (87), a partire da marzo 2020 almeno fino alla fine del 2022.
L’enorme impatto negativo della pandemia sull’occupazione ha anche por-
tato all’istituzione del fondo temporaneo europeo Sure (Support to mitigate
Unemployment Risks in an Emergency) (88).
La misura più rilevante adottata dopo la pandemia è stata però l’isti-
tuzione da parte dei leader europei di un «recovery fund» europeo (formal-
mente: il dispositivo di ripresa e resilienza di seguito, Drr) finanziato da
un’emissione di debito comune, probabilmente perché temevano che l’Ue,
e molti dei suoi cittadini, non sarebbero sopravvissuti a un’altra risposta di
politica economica orientata all’austerità. Il Drr mira ad aiutare gli Stati
membri, tramite prestiti e trasferimenti a fondo perduto, ad attuare riforme
e investimenti che sono in linea con le priorità europee nelle seguenti sei
aree: a) transizione verde; b) trasformazione digitale; c) crescita intelligente,
sostenibile e inclusiva, che comprenda coesione economica, occupazione,
produttività, competitività, ricerca, sviluppo e innovazione, e un mercato
interno ben funzionante con Pmi forti; d) coesione sociale e territoriale; e)
salute e resilienza economica, sociale e istituzionale, al fine, fra l’altro, di
rafforzare la capacità di risposta alle crisi e la preparazione alle crisi; e f)
politiche per la prossima generazione, l’infanzia e i giovani, come l’istru-
zione e le competenze (89).
Per ricevere i finanziamenti del Drr, tuttavia, gli Stati membri non de-
vono solo proporre misure in aree, come la coesione sociale e territoriale,
che sembrano avere un orientamento demercificante. I piani nazionali di
ripresa e resilienza (Pnrr) degli Stati membri devono anche «affrontare in
modo efficace tutte o un sottoinsieme significativo delle sfide individuate
nelle pertinenti raccomandazioni specifiche per paese, inclusi i relativi a-
spetti di bilancio, così come le raccomandazioni espresse a norma dell’arti-

(86) Proposta di direttiva relativa a salari minimi adeguati nell’Ue. Bruxelles,
Com(2020)682 final.
(87) Si vd. Riccobono 2020.
(88) Si vd.: Riccobono, 2020; Delfino, 2021.
(89) Art. 3, Regolamento n. 2021/241, che istituisce il dispositivo di ripresa e resi-
lienza.
PROBLEMI DI DIRITTO SOCIALE EUROPEO E INTERNAZIONALE
145
colo 6 del Regolamento n. 1176/2011» (90). Poiché sarà politicamente più
facile trattenere ex ante i finanziamenti dell’Ue per gli Stati membri ina-
dempienti invece che erogare sanzioni ex post, il cambio di logica nella go-
vernance economica europea – dal «bastone» delle sanzioni alla «carota» degli
incentivi finanziari potrebbe aumentare ulteriormente il potere vincolan-
te delle prescrizioni emesse all’interno del Semestre europeo.
Pertanto, l’esclusione dei Parlamenti nazionali ed europei, dei sindacati
e di altri attori sociali da parte degli Esecutivi nazionali ed europei nel-
l’elaborazione dei Pnrr non è un buon segnale, come riconosciuto anche da
sostenitori della «ipotesi della socializzazione» come Vanhercke e Verdun
(91). Per definire l’orientamento politico del regime di governance economica
postpandemica dell’Ue molto dipenderà dunque dall’esito della revisione
del Patto di stabilità e crescita attualmente in corso, ma anche dal ruolo
giocato dalle forze sindacali e sociali nelle corrispondenti lotte sociali.
Riferimenti bibliografici
Adăscăliței D., Muntean A. (2019), Trade union strategies in the age of austerity, in European
Journal of Industrial Relations, vol. 25, n. 2, 113 ss.
Al-Kadi R., Clauwaert S. (2019), Socialising the European Semester?, Etui Working Paper,
agosto.
Almond P., Connolly H. (2019), A Manifesto for «Slow» Comparative Research on Work and
Employment, in European Journal of Industrial Relations, vol. 26, n. 1, 59 ss.
Ansa (2010), Barroso, Stiamo facendo rivoluzione silenziosa, Fiesole.
Auer P. (2011), La flexicurity nel tempo della crisi, in DRI, n. 1/XXI, 37 ss.
Baccaro L., Howell C. (2017), Trajectories of neoliberal transformation, Cambridge Universi-
ty Press, Cambridge.
Bach S., Bordogna L. (2013), Reframing public service employment relations, in European Jour-
nal of Industrial Relations, vol. 19, n. 4, 279 ss.
Ban C. (2019), Dependent development at a crossroads? Romanian capitalism and its contradic-
tions, in West European Politics, vol. 42, n. 5, 1041 ss.
Beck U. (2013), German Europe, Polity, Cambridge.
Bekker S. (2017), Flexicurity in the European Semester, in Journal of European Public Policy,
vol. 25, n. 2, 175 ss.
Bieler A., Erne R. (2014), Transnational Solidarity?, in L. Panitch et al. (a cura di), Trans-
forming Classes: Socialist Register 2015, The Merlin Press, Pontypool, 157 ss.
Bonelli M., Claes M. (2018), Judicial serendipity: how Portuguese judges came to the rescue of the
Polish judiciary: ECJ 27 February 2018, Case C-64/16, Associação Sindical dos Juízes Por-
tugueses, in European Constitutional Law Review, vol. 14, n. 3, 622 ss.
Bruff I. (2010), Germany’s Agenda 2010 reforms. Capital and Class, vol. 34, n. 3, 409 ss.

(90) Art. 18.4(b), Regolamento n. 2021/241, cit.
(91) Vanhercke, Verdun 2021.
RGL N. 1/2022 PARTE I DOTTRINA
146
Buti M., Turrini A. (2017), Overcoming Eurozone wage inertia, in Vox.EU, 6 ottobre.
Campanella P. (2015), Salari e contrattazione collettiva nel governo della crisi europea, in Cultura
giuridica e diritto vivente, numero speciale.
Copeland P. (2020), Governance and the European social dimension, Routledge, Abingdon.
Copeland P., Daly M. (2018), The European Semester and EU Social Policy, in Journal of
Common Market Studies, vol. 56, n. 5, 1001 ss.
Costamagna F. (2018), National social spaces as adjustment variables in the EMU, in Euro-
pean Law Journal, n. 24, 163 ss.
Crespy A., Vanheuverzwijn P. (2017), What «Brussels» means by structural reforms, in Com-
parative European Politics, vol. 17, n. 1, 92 ss.
Dawson M. (2018), New governance and the displacement of Social Europe, in European Consti-
tutional Law Review, vol. 14, n. 1, 191 ss.
Delfino M. (2019), Salario legale, contrattazione collettiva e concorrenza, Editoriale Scientifica,
Napoli.
Delfino M. (2021), La tutela della salute nel diritto dell’Unione europea, in L. Zoppoli (a cura
di), Tutela della salute pubblica e rapporti di lavoro, in Quaderno di DLM, n. 11.
Doherty M. (2015), Austerità e diritti del lavoro in Europa: una filastrocca irlandese?, in RGL,
I, 664 ss.
Draghi M. (2012), Discorso di Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea,
Londra, 26 luglio.
Erne R. (2012), Le relazioni industriali europee dopo la crisi. Verso un interventismo regolatorio
post-democratico?, in QRS, n. 1, 113 ss.
Erne R. (2015), A supranational regime that nationalizes social conflict, in Labor History, vol.
56, n. 3, 345 ss.
Erne R. (2018), Labour politics and the EU’s new economic governance regime (European U-
nions), in Transfer, vol. 24, n. 2, 237 ss.
Erne R. (2019), How to Analyse a Supranational Regime That Nationalises Social Conflict?, in
E. Nanopoulos, F. Vergis (a cura di), The Crisis Behind the Euro-Crisis, Cambridge
University Press, Cambridge, 346 ss.
European Commission (2010), Surveillance of Intra-Euro-Area Competitiveness and Imba-
lances, in European Economy, n. 1, 1 ss.
Flassbeck H., Lapavitsas C. (2013), The Systemic Crisis of the Euro True Causes and Effec-
tive Therapies, Rosa Luxemburg Stiftung.
Giubboni, S. (2018), Freedom to conduct a business and EU labour law, in European Constitu-
tional Law Review, vol. 14, n. 1, 172 ss.
Heemskerk F. et al. (2018), Busting the Myth, in Policy Research Working Paper 8632, The
World Bank, Washington, DC.
Hickland E., Dundon T. (2016), The shifting contours of collective bargaining in the manufactu-
ring sector in the Republic of Ireland, in European Journal of Industrial Relations, vol. 22, n.
3, 235 ss.
Joerges C. (2014), Three Transformations of Europe and the Search for a Way out of its Crisis,
in C. Joerges, C. Glinski (a cura di), The European Crisis and the Transformation of
Transnational Governance. Hart, Oxford, 25 ss.
Jordan J. et al. (2021), Towards a Socialisation of the EU’s New Economic Governance Regime?,
in British Journal of Industrial Relations, n. 59, n. 1, 191 ss.
Kilpatrick C. (2017), The EU and its Sovereign Debt Programmes, in Current Legal Problems,
vol. 70, n. 1, 337 ss.
PROBLEMI DI DIRITTO SOCIALE EUROPEO E INTERNAZIONALE
147
Kreuder-Sonnen C. (2016), Beyond Integration Theory, in Journal of Common Market Studies,
n. 54, 1350 ss.
Leonardi S. (2016), L’impatto della governance europea sulla contrattazione salariale nel sud Eu-
ropa: un confronto fra Italia, Spagna e Portogallo, in QRS, n. 1, 147 ss.
Lübker M. (2019), Europäischer Tarifbericht des WSI 2018/2019, in WSI Report (50).
Maccarrone V. et al. (2019), Ireland: Life After Social Partnership, in T. Müller et al. (a cura
di), Collective bargaining in Europe, Etui, Brussels.
Marginson P., Sisson K. (2004), European Integration and Industrial Relations, Palgrave
Macmillan, Basingstoke.
Marginson P., Welz C. (2015), European wage-setting mechanisms under pressure, in Transfer,
vol. 21, n. 4, 429 ss.
Markakis M., Dermine P. (2018), Bailouts, the legal status of Memoranda of Understanding,
and the scope of application of the EU Charter: Florescu, in Common Market Law Review,
vol. 55, n. 2, 643 ss.
McMichael P. (1990), Incorporating comparison within a world-historical perspective, in Ameri-
can Sociological Review, vol. 55, n. 3, 385 ss.
Menegatti E. (2017), Challenging the EU Downward Pressure on National Wage Policy, in Inter-
national Journal of Comparative Labour Law and Industrial Relations, vol. 33, n. 2, 195 ss.
Orlandini G. (2019), La libertà sindacale nell’ordinamento dell’Unione europea, in A. Baylos
Grau, L. Zoppoli (a cura di), La libertà sindacale nel mondo, Quaderno di DLM, n. 6,
Editoriale Scientifica, Napoli.
Pochet P. (2019), A la recherche de l’Europe sociale, Presses Universitaires de France, Parigi.
Regalia I., Regini M. (2018), Trade unions and employment relations in Italy during the economic
crisis, in South European Society and Politics, vol. 23, n. 1, 63 ss.
Riccobono A. (2020), Un «salto di specie» per l’Ue: la solidarietà europea alla prova della crisi
pandemica, in A. Garilli (a cura di), Dall’emergenza al rilancio. lavoro e diritti sociali alla
prova della pandemia, Giappichelli, Torino.
Rutherford T., Frangi L. (2018), Overturning Italy’s Article 18, in Economic and Industrial
Democracy, vol. 39, n. 3, 439 ss.
Schmidt V. (2020), Europe’s crisis of legitimacy, Oxford University Press, Oxford.
Schulten T. (2002), A European solidaristic wage policy?, in European Journal of Industrial Re-
lations, n. 8, n. 2, 173 ss.
Stan S., Erne R. (2016), Is migration from Central and Eastern Europe an opportunity for trade
unions to demand higher wages? Evidence from the Romanian health sector, in European Jour-
nal of Industrial Relations, vol. 22, n. 2, 167 ss.
Stan S., Erne R. (2019), A new methodology for analysing NEG prescriptions on healthcare, in
Working Paper n. 3, Erc project «European Unions», Dublino.
Stoiciu V. (2018a), Romania: latest working life developments Q4 2017, in European Obser-
vatory of Working Life, Eurofound, Dublino.
Stoiciu V. (2018b), Romania: latest working life developments Q2 2018, in European Obser-
vatory of Working Life, Eurofound, Dublino.
Trif A. (2016), Surviving frontal assault on collective bargaining institutions in Romania, in Euro-
pean Journal of Industrial Relations, vol. 22, n. 3, 221 ss.
Vanhercke B., Verdun A. (2021), From the European Semester to the Recovery and Resili-
ence Facility. Some social actors are (not) resurfacing, in Working Paper, 2021, n. 13, Etui,
Brussels.
Walsh F. (2016), Labour Market Measures in Ireland 2008-13, Ilo, Ginevra.
RGL N. 1/2022 PARTE I DOTTRINA
148
Zeitlin J. (2016), EU experimentalist governance in times of crisis, in West European Politics,
vol. 39, n. 5, 1073 ss.
Zeitlin J., Vanhercke B. (2018), Socializing the European Semester: EU social and economic
policy co-ordination in crisis and beyond, in Journal of European Public Policy, vol. 25, n. 2,
149 ss.
ABSTRACT
In risposta alla crisi finanziaria del 2008, l’Ue ha adottato una nuova governance economica. In
risposta alla pandemia di Covid-19, la Nge è destinata a cambiare di nuovo. Per capire la risposta
dell’Ue all’attuale crisi pandemica, tuttavia, dobbiamo prima capire la Nge, che questo articolo dun-
que analizza, in particolare per quanto riguarda il suo impatto sulle politiche del lavoro. Proponiamo
quindi un’analisi approfondita delle prescrizioni di policy emesse tra il 2009 e il 2019 nell’ambito
della Nge in materia di politica salariale, protezione dell’occupazione e contrattazione collettiva, in
particolare quelle dirette a quattro paesi (Germania, Italia, Irlanda e Romania). In contrasto con i
sostenitori della cosiddetta «tesi della socializzazione», la nostra conclusione principale è che nell’ulti-
mo decennio gli interventi dell’Ue in queste tre aree delle relazioni industriali hanno continuato a esse-
re dominati da un’agenda di liberalizzazione che mercifica il lavoro, anche se in misura diversa al-
l’interno della disomogenea economia politica europea. Tuttavia, la nostra analisi permette anche di
individuare alcune contraddizioni che potrebbero fornire delle opportunità di mobilitazione ai movi-
menti sindacali e sociali europei.
FROM THE FINANCIAL CRISIS TO THE COVID-19 PANDEMIC:
A LONG SEMESTER FOR WORKERS RIGHTS
In response to the 2008 financial crisis, the EU adopted a new economic governance regime. In re-
sponse to the Covid pandemic, NEG is set to change again. To understand the EU’s response to the
current pandemic crisis, however, we must first understand NEG. This article therefore analyses
NEG and its relevance for labour politics. It does so through an in-depth analysis of NEG prescrip-
tions on wage, employment protection and collective bargaining policy in Germany, Italy, Ireland and
Romania between 2009 and 2019. In contrast to supporters of the «socialization thesis», our main
conclusion is that over the last decade the EU’s interventions in these three industrial relations policy
areas continued to be dominated by a liberalization agenda that is commodifying labour, albeit to a
different degree across the uneven European political economy. Even so, our contextualised analysis
also enables us to detect contradictions that could provide European labour movements with opportu-
nities to pursue countervailing action.
... The indication was repeated to those countries that still have wage indexation mechanisms, such as Belgium and Luxembourg, through the 'Country Specific Recommendations' issued by the European Commission as part of the European Semester -the new mechanism for coordinating fiscal and macroeconomic policies of EU (Schulten and Müller 2015). In the case of Italy, which had abandoned wage indexation with the abolishment of the escalator, the European prescriptions focused on the need for greater decentralisation of collective bargaining at the firm level -with the aim of more closely aligning wages with productivity dynamics -and on deregulation of firing protections for permanent contracts (Erne et al. 2022). ...
Article
Full-text available
Within the Italian industrial relations system, the relationship between inflation and collective bargaining has historically been a crucial one. The capacity of collectively agreed wages to protect workers’ purchasing power has been the object of negotiations, fights, and divisions not only between governments, employer associations and trade unions, but also within each of the parts involved. The return to high inflation rates since 2022 has highlighted the inadequacy of Italian collective bargaining institutions in defending real wages.
Technical Report
Full-text available
This report examines how and why the Semester became part of the governance of the RRF. We also ask to what extent this new set-up has changed the power balance among key EU actors (for example, financial and economic actors versus institutional social affairs actors)? Drawing on extensive document analysis and 32 semi-structured elite interviews, the findings suggest that initially, due to the crisis (and desire for fast action), there was a serious risk that EU institutional social actors were losing the prominence they had previously earned. They gradually reclaimed their position as the immediacy of the crisis subsided and a longer-term focus emerged. EU civil servants also engaged with social partners on both sides of industry, even though it is questionable whether this consultation has been really meaningful. EU civil society organisations (CSOs) have been largely sidelined in the RRF process; and likewise in most Member States, consultation with domestic stakeholders (both social partners and CSOs) has remained insufficient by any standard. The European Parliament was reasonably successful in securing its substantive impact during the RRF negotiations. But it has since failed to insert itself into the approval and assessment procedures applicable to the EU’s recovery programme.
Chapter
Full-text available
Europe’s (euro) crisis of legitimacy stems from the European Union’s ‘governing by rules and ruling by numbers’ during the sovereign debt crisis. Rules-based governance focused on austerity and structural reform played havoc with the Eurozone economy while fuelling political discontent. Subsequent reinterpretation of the rules ‘by stealth’ may have improved performance, but it did nothing to change the suboptimal rules and only further contributed to EU and national politicization. Although general acknowledgement of increasing flexibility came as of 2015, along with quantitative easing and investment, the damage had been done. Legitimacy remained in question, understood not only with regard to economic performance (output) and political responsiveness (input), but also in terms of the quality of the governance procedures (throughput). The chapter begins by conceptualizing legitimacy, and then explores EU institutional actors’ different pathways to legitimacy, and the ways in which they responded to the Eurozone crisis over time. The chapter concludes with a discussion of how the EU appears to have learned the lessons of the Eurozone crisis during the Covid-19 crisis.
Chapter
The debate on law, governance and constitutionalism beyond the state is confronted with new challenges. In the EU, confidence in democratic transnational governance has been shaken by the authoritarian and unsocial practices of crisis management. The ambition of this book, which builds upon many years of close co-operation between its contributors, is to promote a viable interdisciplinary alternative to these developments. “Conflicts-law constitutionalism” is a concept of transnational governance which derives democratic legitimacy from the supranational control of the external impact of national decision-making, on the one hand, and the co-operative responses to problem interdependencies on the other. The first section of the book contrasts Europe’s new modes of economic governance crisis management with the conditionality of international investments, and reflects upon the communalities and differences between emergency Europe and global exceptionalism. Subsequent sections substantiate the problématique of executive and technocratic rule, explore conflict constellations of prime importance in the fields of environmental and labour law, and discuss the impact and limits of liberalisation strategies. Throughout the book, European and transnational developments are compared and evaluated.
Article
How has the Great Recession changed what we know about dependent market economies (DME) in Eastern Europe? To answer that question this paper looks at the case of Romania’s version of the DME and captures both understudied forms of dependence and emerging interdependence dynamics that the existing literature on dependence has hitherto neglected. Specifically, the literature does not analyse the role of transnational banks in forging a politicised public–private form of sovereign debt crisis governance. Second, the inattention of the literature to the supply side of the labour market leads to the neglect of migration as a critical factor shaping state, multinational corporation and corporate strategies. Third, the analysis highlights the centrality of industrial policy in a Janus-faced process in which neoliberal competition state has to cohabit with an incipient, wobbly but nevertheless real neo-developmentalist entrepreneurial state.
Article
The article critically engages with the reconfiguration of the role and status of national social spaces within the EU constitutional fabric after the reform of European economic governance. Its main contention is that these reforms have converted national social spaces into adjustment variables whose main function is to contribute to the pursuit of EMU‐related objectives. This transformation alters the balance between the economic and the social dimension in the EU legal order, deforming one of the defining traits of its constitutional identity.
Article
Critical-contextual analysis of case law of the European Court of Justice on employers’ contractual freedom – Fundamental right to be immunised against the alleged disproportional protection enjoyed by employees – Progressive ideological overthrow of the original constitutional assumptions of the founding treaties – Prominent example of ‘displacement of social Europe’ – Court of Justice’s case law on the relationship between freedom to conduct a business and labour law – Neoliberal understanding of the freedom of enterprise – Alternative interpretation of Article 16 of the EU Charter of Fundamental Rights
Article
Has the European Semester led to a displacement of Social Europe, or to the development of social policy through fiscal processes and actors? – Potential for Semester to increase soft law’s binding effects or ‘socialise’ EU policy-making – Positive effects severely limited by the Semester’s overall goals: fiscal stabilisation and the creation of increasingly uniform economic policies – Dilemma for Social Europe: how can an autonomous EU social policy be (re) established without risking marginalisation?