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Il lavoro nella fabbrica globalizzata: regime produttivo, conflitto e soggettività nella maquila di Monclova, Messico.

Authors:
1
Alma Mater Studiorum – Università di Bologna
Scuola di Scienze Politiche
Corso di laurea magistrale in
Sviluppo locale e globale
Tesi di Laurea in Frontiere della cittadinanza
TITOLO
Il lavoro nella fabbrica globalizzata: regime produttivo, conflitto e
soggettività nella maquila di Monclova, Messico.
CANDIDATO RELATORE
Federico De Stavola Chiar.mo Prof.
Maurizio Ricciardi
Sessione I
Anno Accademico. 2015/2016
2
Ringraziamenti:
Ringrazio i lavoratori per la loro digna resistencia, per l’ospitalità e per avermi insegnato tanto.
Ringrazio il Prof. Paolo per l’appoggio che mi ha dato. Ringrazio Sandro Mezzadra per tutto ciò
che ho potuto imparare da lui e per tutti i consigli. Ringrazio Dario per tutta la sua favolosa
amicizia e per aver condiviso un anno latinoamericano. Chiara, Vale, Jpeg(così si arrabbia),
Tom, Fra e tutto il resto della famiglia bolognese. Aida (l’amicamore), Carlotta e il Pala che
sono il bellissimo baluardo della mia famiglia fiorentina. Il mio fratellino solo per il fatto di
esistere. Il babbo, la mamma e la nonna. Un particolare pensiero e affetto alle italiane in
Messico. Grazie a Karla per tutta l’autostima che mi ha donato. Grazie a Helena, per aver
attraversato un oceano e aver dimostrato che la tenera follia è solo un punto di partenza.
Il tempo perso
Sulla porta dell’officina
d’improvviso si ferma l’operaio
la bella giornata l’ha tirato per la giacca
e non appena volta lo sguardo
per osservare il sole
tutto rosso tutto tondo
sorridente nel suo cielo di piombo
fa l’occhiolino
familiarmente
Dimmi dunque compagno Sole
davvero non ti sembra
che sia un po’ da coglione
regalare una giornata come questa
ad un padrone?
Jacques Prèvert
Indice
3
Indice
Indice ................................................................................................................................................ 3!
Introduzione ..................................................................................................................................... 5!
Parte I. Capitolo primo: Un’analisi di contesto. .............................................................................. 9!
1. La globalizzazione ................................................................................................................... 9!
1.2. L’apporto di Micheal Foucault ........................................................................................... 11!
1.3. Il capitale globale e lo Stato ................................................................................................ 14!
1.4. Le forme del capitalismo contemporaneo ........................................................................... 18!
1.5. Il lavoro nella globalizzazione ............................................................................................ 24!
1.6. Conclusioni ......................................................................................................................... 28!
Parte I. Capitolo secondo: il modello esportatore di forza lavoro a basso costo ........................... 30!
2. Dottrina dello shock e l’introduzione del neoliberalismo in Messico ................................... 34!
2.1 Il conflitto tra il governo e lavoratori ................................................................................... 40!
Il conflitto con il Sindicato Mexicano de Electricistas .......................................................... 40!
Il sindacato Minero ................................................................................................................ 41!
2.2 La maquilizzazione dell’economia ....................................................................................... 43!
L’industria maquiladora ......................................................................................................... 44!
2.3 Flessibilità, salario e sindacalismo ....................................................................................... 50!
2.4 Conclusioni. La scenografia pacificata del mondo del lavoro ............................................. 56!
Parte II. Capitolo terzo. Il capitale FCA in Messico ..................................................................... 59!
3. Monclova e Ciudad Frontera, osservazione complessa di una realtà complessa. .................. 59!
Uno sguardo sull’ambiente .................................................................................................... 60!
3.1. Il contratto collettivo e il ruolo del sindacato. .................................................................... 64!
3.2 Le condizioni di lavoro e la legalità flessibile. .................................................................... 71!
La segmentazione del personale ............................................................................................ 72!
La flessibilità interna .............................................................................................................. 74!
Sicurezza e infortuni .............................................................................................................. 79!
3.3 Tirando le fila ....................................................................................................................... 81!
Parte II. Capitolo quarto. Narrazione epica di una soggettivazione collettiva .............................. 84!
4.1 Il vaso trabocca. ................................................................................................................... 85!
Indice
4
4.2 “Questo è quello che mi ha convinto… la rappresentanza!” ............................................... 90!
Conclusioni. ................................................................................................................................... 93!
Allegato A – Contratto collettivo ................................................................................................. 100!
Allegato B - Word Class Manufacturing ..................................................................................... 106!
Allegato C - Sicurezza ................................................................................................................. 108!
Allegato D – Accordi paro .......................................................................................................... 110!
Bibliografia: ................................................................................................................................. 111!
Sitografia: ..................................................................................................................................... 114!
Interviste: ..................................................................................................................................... 116!
5
Introduzione
Il capitalismo, a partire dagli anni ’80, sembra aver coronato il sogno di un mercato globale. Lo
sviluppo delle condizioni tecniche e dei mezzi di comunicazione ha permesso un’estrema
mobilità del capitale, il quale ha potuto muoversi per il mondo, spostando risorse finanziarie,
informazioni, macchinari e materie prime a costi molto bassi. In questo modo gli è possibile
sfruttare tutti i vantaggi dell’eterogeneità che esso stesso ha contribuito a sviluppare nel corso del
‘900 e che continua a creare attraverso la diffusione di una razionalità e di una governamentalità
neoliberale. In special modo, gli attori governamentali e gli Stati competono tra loro per inserirsi
nelle catene del valore che solcano la terra. La frammentazione del processo produttivo ha creato
un panorama d’imprese tra loro collegate e sparse per il mondo: operai che concettualmente
lavorano alla stessa catena di montaggio, parlano lingue differenti e hanno necessità e
rivendicazioni diverse. Il mercato del lavoro si è trovato così interconnesso su scala globale e
frammentato dalla varietà di regimi produttivi, avendo come effetto un indebolimento del potere
del lavoro nei confronti del capitale. La delocalizzazione ha, infatti, come conseguenza una gara
al ribasso che ha compresso i salari e ridotto i diritti e le garanzie, come posta in gioco nella
salvaguardia o nella perdita di occupazione. L’introduzione del neoliberalismo non ha
risparmiato colpi alle organizzazioni dei lavoratori, le quali, dinnanzi ad una ristrutturazione
produttiva e agli attacchi dei governi hanno finito per cedere, chi al corporativismo, chi a
posizioni difensive.
La ricerca di nuovi vantaggi competitivi ha spinto alla creazione di una molteplicità di
assemblaggi di diritti, politiche lavorative, regimi doganali, politiche fiscali e finanziarie,
energetiche e ambientali etc. all’interno dei quali il capitale localizza il proprio processo
produttivo. I trattati di libero commercio costituiscono un dispositivo fondamentale che,
attraverso la libera circolazione dei capitali e delle merci, comporta l’aumento esponenziale degli
scambi commerciali e degli investimenti diretti esteri.
Nel primo capitolo cercheremo di ricostruire in modo selettivo la letteratura che ha
contribuito a mettere le basi per comprendere le logiche, le forme e le configurazioni che il
capitalismo globale tende ad assumere. Vedremo dunque attraverso i contributi di Michel
Foucault i concetti che ci sono stati utili per comprendere la razionalità neoliberale che sta alla
Introduzione
6
base della globalizzazione economica e delle politiche applicate durante l’introduzione del
neoliberalismo in Messico. Introdurremo quindi, il concetto di ‘assemblaggio’ come strumento
euristico mutuato da Saskia Sassen che permette di maneggiare più agevolmente le forme
politico-economiche storiche che l’articolazione d’istituzioni, diritti e territori creano. Attraverso
la lettura di ‘Confini e Frontiere’, di Mezzadra e Neilson cercheremo di contemplare la forma, o
meglio la molteplicità di forme, che il capitalismo globale ha assunto: proseguendo dalle teorie
classiche della dipendenza approderemo al concetto di fabrica mundi, all’interno del quale
tentiamo di inserire l’assemblaggio che abbiamo identificato come prerogativa della maquila
messicana, il modello di esportazione della forza lavoro a basso costo. Nell’ultimo paragrafo
tenteremo di gettare uno sguardo sul processo di moltiplicazione del lavoro, che conduce
Mezzadra e Neilson a concettualizzare tre dinamiche che stanno contraddistinguendo il lavoro
nella fabrica mundi: le tendenze all’intensificazione, alla diversificazione e
all’eterogeneizzazione. In conclusione, attraverso la lettura di alcuni contenuti del libro ‘Le forze
del lavoro’ di Beverly Silver, vedremo quali sono i principali punti di forza che possiede il lavoro
nei confronti del capitale, e vedremo come le agitazioni operaie e le rivendicazioni salariali
seguano il capitale ovunque esso si localizzi alla ricerca di forza lavoro docile e a basso costo.
Nel secondo capitolo, scenderemo nello specifico del contesto messicano per costruire
una cornice adeguata al nostro caso di studio. Esporremo cosa intendiamo per modello di
esportazione di forza lavoro a basso costo nel quale ipotizziamo rientri la maquila. Vedremo,
attraverso una breve ricostruzione storica, cosa ha comportato l’aggiustamento strutturale e come
esso è stato imposto dal 1982, soffermandoci su due grandi conflitti sindacali che hanno
radicalmente segnato i rapporti tra capitale e lavoro in Messico. Spiegheremo, con l’aiuto di una
bibliografia proveniente dalle università di Città del Messico, come si è evoluta e cosa
caratterizza attualmente la maquila, per poi soffermarci sulle relazioni industriali messicane e
sulla pratica del contratto di protezione padronale. Infine proporremo il termine ‘scenografia
pacificata del mondo del lavoro’ come pratica governamentale di costruzione di un contesto
messicano aconflittuale, da offrire al capitale transnazionale.
All’interno di questo quadro generale si andrà ad inserire il nostro caso di studio, il quale
occuperà la seconda parte della tesi. L’impresa Teksid, appratente al gruppo FCA (FIAT Chrysler
Automobiles) con sede a Carmagnola (TO), nel 1996 ha delocalizzato una parte della produzione
nella regione di Monclova, nello stato di confine con gli USA, Coahuila. L’azienda produce parti
Introduzione
7
di auto in ghisa, specialmente monoblock, ovvero le teste dei motori. Il Messico negli ultimi anni
è diventato una delle principali piattaforme produttive in termini d’industria automotive,
superando recentemente il Brasile.
Attraverso l’analisi dei risultati della ricerca di campo, proveremo a inserire nel quadro
bibliografico del secondo capitolo il contratto collettivo e il tipo di relazioni industriali di Teksid.
Volgeremo lo sguardo, attraverso le parole dei lavoratori intervistati, sulle condizioni interne di
lavoro: questioni come il salario, gli orari, la sicurezza, ma anche i rapporti di potere all’interno
di Teksid. Vedremo come la flessibilità sia una delle caratteristiche principali di questo tipo di
regime produttivo.
Nell’aprile del 2014 Monclova è stata teatro di agitazioni operaie che hanno coinvolto tre
imprese maquiladoras. I lavoratori hanno bloccato la produzione per richiedere il rispetto del loro
diritto costituzionale di partecipazione agli utili dell’impresa e per richiedere la libera affiliazione
sindacale (diritto normalmente negato in Messico). Nel quarto capitolo percorreremo
l’autonarrazione dei giorni del blocco della produzione, per capire in che modo si sia creata una
soggettività resistente in un territorio come quello monclovense, estremamente ostile a questo
tipo di soggettivazioni.
Durante la ricerca di campo sono state usate le tecniche dell’intervista qualitativa e
dell’osservazione partecipata, per ottenere una narrazione soggettiva da parte dei lavoratori, che
restituisca una testimonianza imprescindibile della vita nella fabbrica e dei giorni delle agitazioni
operaie. Abbiamo ottenuto una copia del contratto collettivo e organizzato un focus group
affinché i lavoratori lo commentassero e potessimo avere una base di partenza per ricostruire più
fedelmente possibile l’aspetto della gestione della forza lavoro e dell’organizzazione di fabbrica.
Abbiamo quindi intervistato i lavoratori a proposito della loro esperienza in Teksid e della loro
esperienza dei blocchi della produzione. Dal 23 giugno 2015 e il 21 luglio 2015, abbiamo vissuto
con i lavoratori protagonisti delle agitazioni, potendo partecipare a riunioni sindacali e
raccogliere altri documenti e dettagli preziosi. Inoltre, abbiamo intervistato alcuni professori del
Colegio de la Frontera Norte, tra i quali Cirila Quintero, in qualità di testimoni privilegiati, i quali
hanno fornito preziosi consigli e indicazioni senza i quali sarebbe stato difficile in un tempo
ristretto comprendere una realtà così complessa, come lo sono le relazioni industriali nelle zone
industriali di frontiera.
Introduzione
8
Il caso di Monclova ci sembra rilevante poiché agglutina le caratteristiche più rappresentative
dell’industria pesante transnazionale sul territorio messicano: capitale straniero, sindacalismo
subordinato, livelli salariali minimi e una forza lavoro disinformata sui propri diritti. Oltretutto è
una vivida dimostrazione del consolidamento di soggettività resistenti in ambienti sociali
estremamente sfavorevoli e violenti. Inoltre, l'appoggio della rete sindacale internazionale
IndustriAll ha contribuito alla rispazializzazione del conflitto sulla scala di una vertenza
“glocale” che trascende i confini nazionali per assumere un livello transnazionale-aziendale.
9
Parte I. Capitolo primo: Un’analisi di contesto.
1. La globalizzazione
Come dimostrano le ricerche di storia economica1, l’estensione del mercato a livello mondiale
non è conseguenza dalla globalizzazione. Si pensi solo alla violenta storia coloniale o alle
seguenti due guerre mondiali che hanno preceduto di almeno trent’anni quello che è identificato
come il momento d’inizio della globalizzazione. In un articolo, Immanuel Wallerstein2 e Terence
K.Hopkins mostrano come le catene del valore fossero presenti già nel XVI e XVII secolo per
l’industria del grano e per l’industria navale. D'altronde lo stesso Marx nel capitolo quarto del
primo libro del capitale fa notare come “il commercio mondiale e il mercato mondiale aprono nel
secolo XVI la storia moderna della vita del capitale”3. Qual è perciò la grande novità prodotta a
seguito degli anni Ottanta del Novecento?
Primo tra tutti, l’istaurarsi del paradigma informatico e l’abbassamento dei costi di trasporto
hanno permesso l’aumento imponente degli scambi commerciali: le imprese, i cui costi per
frammentare la produzione in luoghi lontani migliaia di chilometri si sono abbassati
drasticamente, hanno potuto intraprendere la via della transnazionalizzazione; il capitale
finanziario ha potuto iniziare a fluttuare vorticosamente con il solo utilizzo della rete cibernetica.
Tale aumento quantitativo degli scambi commerciali su scala mondiale ha provocato un
cambiamento qualitativo nello spazio mondiale portando all’istaurarsi della globalizzazione come
realtà non più solo economica, ma anche sociale, politica e storica.
Per affrontare la globalizzazione neoliberale, sulla base del lavoro di Sandro Mezzadra e Brett
Neilson, ci sembra importante utilizzare il concetto di assiomatica del capitale. Con il concetto
sviluppato da Deleuze e Guattari in Mille Piani si intende la capacità del capitale di produrre
isomorfismo, nozione che va tenuta distinto da quello di omogeneità4. Tale caratteristica del
capitale è basilare per spiegare perché il capitale continua a “produrre condizioni radicalmente
eterogenee, che nascono dall’incontro del capitale con peculiari contesti politici, sociali e
1 Arrighi G., Silver B., (2003)
2 Wallerstein I., Hopkins T.K. in Wallerstein, (2010), 250.
3 Marx K., (1970), 177.
4 Mezzadra S., Neilson B., (2014)
Parte I. Capitolo primo: Un’analisi di contesto.
10
culturali”5. Ci sembra un punto importante per comprendere come accanto a produzioni
industriali just-in-time o lean and loan convivano forme di lavoro intellettuale o forme di lavoro
domestico e familiare. L’assiomatica, combinata alla finanziarizzazione, conferisce al capitale
una capacità di “sussunzione” (per introdurre un termine chiave in Marx) che gli permette di
eterogeneizzare i processi di estrazione e di produzione del valore, articolando e adattandosi alle
varie situazioni politiche, sociali, economiche e soggettive, senza per questo creare un
capitalismo globale “liscio”6. Accanto zone a produzione avanzata, convivono sterminati slums;
nei quartieri delle grandi metropoli occidentali si attua l’accumulazione per spoliazione7, così
come nei territori degli Yaqui del Nord del Messico o nelle concessioni minerarie del Cile
odierno; processi di lavoro salariato si trovano nei vertici della City di Londra o New York così
come nelle maquilas messicane; forme che teoricamente il capitalismo avrebbe dovuto aver
superato, come la schiavitù, costituiscono tuttora una realtà integrata all’economia mondiale.
Confini di razza, di genere e di cittadinanza attraversano i mercati del lavoro creando
un’eterogeneità di soggettività che si agitano all’interno della classe lavoratrice. Il capitale quindi
tende a sussumere all’interno del proprio funzionamento l’eterogeneità di configurazioni sociali,
politiche ed economiche presenti in un determinato periodo storico e da esso stesso in parte
create, non propendendo per la creazione di un “uno”, ma favorendo invece la proliferazione del
molteplice e amministrandolo attraverso la colonizzazione del “governare”. Crea le condizioni, la
maggior parte delle volte attraverso un uso violento del potere, per l’estrazione e la produzione di
plusvalore attraverso l’isomorfismo del processo produttivo. Sembra opportuno riportare
l’osservazione di Sandro Mezzadra secondo la quale:
“la globalizzazione [esprime] un rapporto specifico, determinato, tra omogeneità del comando del
capitale ed eterogeneità delle forme sociali, politiche, economiche, culturali […] in cui questo
comando si esplicita”8
5 Mezzadra S., Neilson B., (2014), p.382
6 Ibidem
7 Harvey D., (2006)
8 Mezzadra, S. (2014-2). Min 41:00.
Parte I. Capitolo primo: Un’analisi di contesto.
11
1.2. L’apporto di Micheal Foucault
Ci sembrano importanti, per l’analisi del lavoro nella globalizzazione neoliberale, gli studi di
Micheal Foucault riguardo a tre categorie analitiche: l’anatomopolitica, la biopolitica e,
soprattutto, la governamentalità e la razionalità neoliberale.
Il primo, l’anatomopolitica, è trattato da Foucault specialmente nel libro sull’istituzione
carceraria, Sorvegliare e punire9. Con anatomopolitica intendiamo la politica che ha come
oggetto il corpo individuale, che si basa sull’insieme dei saperi, e delle tecnologie da essi
derivanti, che hanno come obiettivo il disciplinamento corporale del soggetto. Che questo si
applichi, ad esempio, nel caso della prigione, dell’ospedale psichiatrico per normalizzare o nella
fabbrica al fine della produzione di plusvalore.
Il concetto di biopolitica è sviluppato da Foucault già nel corso del 1976 Bisogna difendere la
società10 in cui Foucault la definisce come l’arte di governo di lasciar morire e far vivere.
Foucault ne situa l’apparizione già a metà del XVII secolo,
“si tratta di una tecnologia che non esclude la prima, la tecnica disciplinare vera e propria, ma la
incorpora, la integra, la modifica parzialmente e che, soprattutto, la utilizza installandosi al suo interno
[…] questa nuova tecnica non si applica alla vita degli uomini, o meglio, investe non tanto l’uomo-
corpo, quanto l’uomo che vive, l’uomo in quanto essere vivente, l’uomo specie. Direi anzi con più
precisione, che la disciplina governa la molteplicità che deve risolversi in corpi individuali da
sorvegliare, addestrare, eventualmente da punire. Anche la nuova si rivolge alla molteplicità, ma come
una massa globale investita da processi di insieme che sono specifici della vita, come la nascita, la
morte, la produzione, la malattia, e così via.”11
Strettamente collegato al concetto di biopolitica è il concetto di governamentalità, che ha una
valenza e un’importanza notevole nel dibattito sul neoliberalismo e sulla globalizzazione. Nelle
stesse parole di Foucault per governamentalità intendiamo:
[Primo,] l’insieme di istituzioni, procedure, analisi e riflessioni, calcoli e tattiche che permettono di
esercitare questa forma specifica e assai complessa di potere, che ha nella popolazione il bersaglio
principale, nell’economia politica la forma privilegiata di sapere e nei dispositivi di sicurezza lo
strumento tecnico essenziale. Secondo, per “governamentalità” intendo la tendenza, la linea di forza
9 Foucault M., (1993).
10 Foucault, M., (2009).
11 Ivi. 209.
Parte I. Capitolo primo: Un’analisi di contesto.
12
che in tutto l’Occidente e da lungo tempo, continua ad affermare la preminenza di questo tipo di potere
che chiamiamo “governo” su tutti gli altri sovranità, disciplina […].12
Il concetto di governamentalità viene sviluppato da Foucault in una critica alla centralità dello
Stato e della Sovranità come generatori unici di normatività e come espressioni monolitiche del
potere. Infatti, il termine governamentalità si riferisce ad una particolare “arte di governo” che
permeando un insieme di “istituzioni, procedure, analisi, riflessioni, calcoli e tattiche” permette la
gestione delle popolazioni e di “strutturare il campo di azione possibile degli altri” dirigendone la
condotta13 . Grazie a questo apporto possiamo non concentrarci più esclusivamente sulle
espressioni del potere centrale intese come potere coercitivo o politico, ma sull’agire stesso dei
molteplici attori governamentali e sulla razionalità di governo che permea la governamentalità.
Nel corso al Collège de France (1978-1979) Nascita della biopolitica, Foucault ricostruisce la
nascita del pensiero e della razionalità neoliberale che si va a istallare al cuore stesso della
governamentalità e nei rapporti tra Stato, cittadinanza e capitale. Le basi della razionalità
neoliberale teorizzata nella scuola ordoliberale tedesca e in quella americana, che vogliamo
richiamare dal lavoro di Foucault, sono quattro.
Prima tra esse, l’elevazione del mercato a luogo privilegiato di veridizione14 che è dunque “da
considerarsi rivelatore di qualcosa che è come una verità”15. L’economia “produce dei segni, che
sono segni politici i quali permettono di far funzionare le strutture, produce dei meccanismi e
delle giustificazioni del potere”16.
Altro elemento importante è il ruolo dello Stato. In rottura con il pensiero liberale, nel quale il
problema consisteva nel ritagliare lo spazio libero necessario al mercato di agire al di fuori del
potere politico, il cosiddetto laissez-faire, i neoliberali (in particolare nella variante ordo-liberale)
spostano i termini del problema attorno alla questione: “in che modo sia possibile regolare
l’esercizio globale del potere politico in base ai principi di un’economia di mercato”.17 Per fare
12 Foucault M., (2007), p. 88
13 ivi, lezione del 1 febbraio 1978.
14 “il regime di veridizione, infatti, non coincide con una certa legge della verità, [ma] con l’insieme delle regole che
consentono, a proposito di un discorso dato, di stabilire quali sono gli enunciati che potranno esservi caratterizzati
come veri o falsi”. [Foucault 2012, p. 42]
15 Foucault (2012), op. cit. p. 39
16 ivi. p. 83
17 ivi p. 115
Parte I. Capitolo primo: Un’analisi di contesto.
13
ciò il neoliberalismo mette alla base una teoria della concorrenza nella quale la concorrenza pura
non è vista come un fatto naturale e primitivo della società, pneuma del mercato, bensì come un
fatto formale desiderabile da assicurare attraverso “una politica attiva senza dirigismo”.18
L’arte di governo neoliberale e il ruolo dello Stato si definiranno dunque “sotto il segno di una
vigilanza, di un’attività e di un intervento permanente”.19 Il terzo elemento che sembra utile
richiamare è l’azione conforme. Negli scritti di Eucken, ordoliberale tedesco, Foucault identifica
due tipi di azioni conformi che il governo e lo Stato sono chiamati a svolgere per garantire il
funzionamento del mercato e del meccanismo della concorrenza. Le prime sono le azioni
regolatrici, le quali devono intervenire sulle condizioni del mercato piuttosto che sui suoi
meccanismi. Queste azioni hanno come obiettivo le tendenze fondamentali che si producono nel
mercato al fine di correggerle e garantire un funzionamento ottimale. Esse possono essere ad
esempio “la tendenza alla riduzione dei prezzi, la tendenza alla riduzione dei profitti d’impresa, e
infine la tendenza provvisoria e puntuale agli aumenti di profitto”20. Il secondo tipo di azioni
conformi sono le azioni ordinatrici. Tale tipo d’azione si occupa di agire sulle condizioni
‘quadro’ del mercato, cioè le condizioni all’interno dei quali i meccanismi di mercato agiscono.
La popolazione, le politiche sociali come l’istruzione, la gestione delle migrazioni e dei flussi di
forza lavoro, i tassi di disoccupazione, le politiche ambientali possono essere tutti ambiti
d’intervento delle azioni ordinatrici il quale obiettivo è creare le condizioni, attraverso anche la
gestione biopolitica della popolazione, ottimali per il funzionamento del mercato.
L’ultimo elemento che sembra importante rilevare è la riformulazione della società, operata dai
neoliberali americani, sulla base dell’homo œconomicus imprenditore di sé stesso. Foucault
rimette insieme i passaggi teorici che permettono la costruzione di una visione neoliberale della
società: “che cos’è un salario? Un salario, molto semplicemente, è un reddito. Dal punto di vista
del lavoratore, il salario non è il prezzo di vendita della sua forza lavoro, ma è un reddito. […]
che cos’è un reddito? Come lo si può definire? Un reddito è semplicemente il prodotto o un
rendimento di un capitale. E, inversamente, si chiamerà “capitale” tutto ciò che può essere, in un
modo o nell’altro fonte di redditi futuri”21. Se dunque l’homo œconomicus è imprenditore, in
18 ibidem
19 ibidem
20 ivi. 122
21 ivi. 184
Parte I. Capitolo primo: Un’analisi di contesto.
14
primis di stesso, agirà secondo il principio che regola il comportamento dell’impresa, ossia la
concorrenza. In questo modo, secondo la lettura di Foucault, viene a strutturarsi una società
atomizzata di soggetti-imprese che attraverso il calcolo e la razionalità economica gestiscono le
unità fondamentali, quali il soggetto e la famiglia, come unità economiche imprenditoriali tese a
massimizzare il profitto della propria attività. È evidente come, rileggendo secondo tale griglia
concettuale attività umane come le migrazioni (flussi di capitale umano) o la procreazione (stock
di capitale umano), il pensiero neoliberale possa creare una vera e propria economia della vita,
come calcolo economico e razionale intorno all’individuo e alla sua esistenza, sia biologica che
biografica. Inoltre vi è uno spostamento fondamentale, che riguarda più da vicino il tema della
tesi, nella posizione che si trova a ricoprire il lavoratore nel momento in cui entra in quello che
Marx chiamava il ‘laboratorio segreto della produzione’: se nella teoria liberale, al centro della
critica operata da Marx, il lavoratore vende la sua forza-lavoro per un determinato periodo di
tempo ad una certa somma di denaro, essendo parte dello scambio come gli altri homo
œconomicus e ottenendo il salario concordato con il datore di lavoro, nella teoria neoliberale il
lavoratore si reca sul luogo di lavoro, o semplicemente si dedica all’attività lavorativa, mettendo
a produzione il proprio capitale umano che gli genererà un flusso di ingressi, esattamente come fa
il capitalista. È la progressiva imposizione di questa immagine del lavoratore, attraverso un
insieme di politiche mirate, che determina l’erosione del potere del lavoro nei confronti del
capitale.
1.3. Il capitale globale e lo Stato
Un aspetto imprescindibile da prendere in considerazione per capire il contesto nel quale si
inserisce la produzione globale, l’attività sindacale e il nostro caso di studio sono i processi di
generazione dello spazio e del ruolo che lo Stato svolge a livello globale.
La globalizzazione neoliberale ha messo in discussione non solo il ruolo tradizionale dello Stato,
ma anche l’effettività dell’operato della sovranità sul territorio. I flussi di capitali sempre più
rapidi e volatili, gli investimenti diretti esteri da parte del capitale transnazionale, le catene
globali del valore e la capacità tecnologica e informatica di una nuova divisione globale del
lavoro hanno cambiato fortemente il rapporto con i confini su cui la sovranità si esprime. Ad
esempio, gli interessi di grandi capitali transnazionali si possono esprimere a cavallo di un
confine, richiedendo un’azione ordinatrice comune tra due entità nazionali e sovrane differenti.
Parte I. Capitolo primo: Un’analisi di contesto.
15
Non soltanto è cambiata la natura del confine, è mutata anche la natura stessa della sovranità
statale.
La lettura qui proposta di questi processi deve molto all’apporto teorico di Saskia Sassen espresso
in Territorio, Diritti, Autorità22. Il concetto che, per primo, sembra opportuno richiamare è
innanzi tutto quello di assemblaggio. La stessa Sassen in una nota a piè di pagina spiega come,
utilizzando il concetto di assemblaggio, punti ad andare oltre la discussione avviata da Guattari e
Deleuze per concentrarsi esclusivamente sul potenziale euristico del concetto. Il concetto di
assemblaggio la possibilità di produrre astrazioni storiche, in altre parole la costruzione di
modelli delle forme che può assumere in un determinato periodo storico il rapporto tra elementi
fondamentali – quali capitale, lavoro, sovranità territoriale e sovranità giuridica – con l’intervento
delle varie istituzioni di governance.
Gli Stati potranno dunque, per propria scelta o in rapporti di forza con altre istituzioni
governamentali, articolare gli assemblaggi, attraverso azioni conformi, al fine di attrarre capitali e
trarre quella legittimità che un mercato in crescita può fornire. La mobilità del capitale e i
cambiamenti nella sovranità permettono di introdurre il concetto di Stato competitivo.
Proprio come si può trovare nell’analisi operata da Foucault nel corso Nascita della Biopolitica,
anche nell’analisi sociologica della Sassen s’incontra la trasmigrazione del potere dal centro
sovrano a un livello di governance. Utilizzando sia l’archeologia del sapere proposta in Nascita
della biopolitica’ da Foucault, che l’analisi di Saskia Sassen, possiamo provare a fare luce, anche
se parzialmente, sul percorso tutt’altro che lineare che ha portato alla formazione dell’odierno
rapporto tra capitale globale e Stato nazione.
La formazione di una razionalità neoliberale che si basa sulla concorrenza23 e l’applicazione della
legge di mercato come “regime di verità sulla pratica di governo”24 provoca quello che Sassen
definisce privatizzazione del potere pubblico. Alla base di ciò incontriamo l’applicazione di
criteri di efficienza alla razionalità di Stato, il quale trova nel ‘gradimento’ del mercato la
legittimità al suo operato:
22 Sassen, S., (2008)
23 La concorrenza per i neoliberali non è un prodotto naturale del mercato, bensì un prodotto fattuale dell’azione di
governo.
24 Foucault (2007), p. 44
Parte I. Capitolo primo: Un’analisi di contesto.
16
“Nel momento in cui l’efficienza diventa un obiettivo, essa tende a sostituire l’interesse pubblico
oppure a funzionare come una sua controfigura: l’ideale dello stato regolatorio25 ha lasciato il posto a
quello di uno stato competitivo la cui norma è massimizzare l’efficienza.”26
Se nello Stato neoliberale il luogo privilegiato da cui trarre legittimità è il mercato, l’obiettivo cui
tendere è l’efficienza, la razionalità basilare è la concorrenza e, potremmo aggiungere, il
linguaggio privilegiato è la statistica, ecco che lo Stato assume un ruolo fondamentalmente
competitivo nel panorama del mercato globale del capitale. Questo ruolo si esplica, sia a livello
‘interno’ che ‘esterno’. A livello interno attraverso l’applicazione di biopolitiche e politiche
fiscali che promuovano l’attrazione di capitali, tanto finanziari, si pensi alla privatizzazione delle
pensioni o dell’assistenza sanitaria con l’introduzione del sistema delle assicurazioni private,
quanto industriali, si pensi alle politiche del lavoro di abbassamento del costo della forza-lavoro o
alla ‘pacificazione’ dei rapporti industriali. Le politiche del lavoro, in questa epoca storica
caratterizzata dal progressivo indebolimento della contrattazione collettiva e dell’azione
sindacale, vanno in direzione, ad esempio, di un contenimento del diritto di sciopero e lo
spostamento della risoluzione del conflitto di lavoro dal potere giuridico al potere esecutivo,
privatizzato nella sua logica, delle giunte di conciliazione locali o, in maniera ancor più marcata,
all’arbitrato privato.
A livello esterno gli Stati, quelli esportatori di capitali, hanno promosso e continuano a
promuovere la globalizzazione; devono attrarre fattori di know-how, stimolare brevetti, stipulare
accordi commerciali, disponibilità energetica al fine di far risultare appetibile il proprio territorio
per la localizzazione del capitale che esso sia produttivo, commerciale o finanziario dipende
dall’assemblaggio che il particolare Stato offre sul mercato. Modulando particolari assemblaggi
di politiche del lavoro, educative, territoriali (quali ad esempio la disponibilità infrastrutture e la
costituzione di zone d’esportazione) e politiche macroeconomiche e fiscali lo Stato si presenta al
mercato con un’offerta più o meno appetibile. L’appetibilità non si basa solo nella forza con la
25 Non si deve vedere in contrasto il ruolo dello Stato espresso dagli Ordoliberali studiati da Foucault che
prescrivono azioni conformi ordinatrici e regolatrici e la decadenza dello Stato regolatorio in Sassen, poiché è la
razionalità che le sottende che differisce. Invece di una regolamentazione tipica del secondo movimento polanyiano
attenta alla “protezione” della società dagli effetti del mercato puro “l’attenzione è rivolta soprattutto al problema se
una regolamentazione sia necessaria per correggere i fallimenti del mercato (monopoli, esternalità, problemi di
potere di contrattazione e problemi di informazione) al fine di aumentare l’efficienza” [Sassen 2008, p. 151n].
26 Sassen (2008), p. 151
Parte I. Capitolo primo: Un’analisi di contesto.
17
quale il settore privato e pubblico possono difendere i diritti di proprietà intellettuale delle
imprese localizzate sul territorio o i loro investimenti fisici (ad esempio dall’instabilità politica),
solo sui fattori chiave quali ad esempio il know how, le infrastrutture e i servizi alle imprese,
ma si riferisce strettamente alla garanzia di produzione di plusvalore (un certo rapporto tra
produttività, anche tecnologica, e costo della forza lavoro), la protezione da shock esterni e
interni (quella che viene chiamata solidità, o affidabilità di una economia), la sicurezza energetica
e l’ampiezza del mercato finanziario.
Gli Stati importatori di capitale invece puntano sulla flessibilità dei limiti d’inquinamento
ambientale (che esso sia legale o frutto della corruzione strutturale), lo sfruttamento di risorse
naturali (prime tra tutte minerarie, idrocarburiche e idriche) e un certo tasso di sfruttamento.
Questa differenziazione tra Stati esportatori di capitale e Stati importatori di capitale non è altro
che tendenziale, dato che le migrazioni, le ristrutturazioni industriali nei paesi occidentali, i
processi di zoning e tutte le forme di lavoro atipico che si stanno riaffermando come centrali, non
fanno altro che confermare il carattere assiomatico del capitale. I processi d’integrazione
internazionale, quali la già avanzata UE o i vari tentativi latinoamericani, modulano il
comportamento degli Stati rispetto ai rapporti di forza che intercorrono tra essi: ad esempio, uno
Stato tendenzialmente importatore di capitali può comportarsi da potenza subimperialista in
contesti regionali nei quali i capitali localizzati sul proprio territorio cercano spazi di
investimento al di fuori dei propri confini statali.
Se ci fermassimo a questo punto avremmo delineato un rapporto tra capitale e Stato quasi
completamente aconflittuale con un assoggettamento totale e volontario dello Stato alle leggi di
mercato del capitale. Invece basta pensare alla crisi greca per notare come lo stesso capitale
finanziario “è oggi in grado di agire in modo sovrano, dettando agli Stati-nazione politiche
«dall’alto»”27. Possiamo dunque dire che “tra i più importanti attori che oggi producono effetti
sovrani, troviamo certamente quelli capitalistici”, senza però sostenere che ciò indichi la
realizzazione di una piena coincidenza di sovranità e capitale”28 tanto meno una relazione
senza tensioni nel quale lo Stato serve il mercato di propria spontanea iniziativa. Quello che
abbiamo sin qui descritto è un processo che si sviluppa a livello governamentale, ma questo
livello non coincide con l’intero spazio politico dello Stato. Per richiamare l’esempio portato in
27 Mezzadra S., Neilson B., (2014). 257.
28 ibidem
Parte I. Capitolo primo: Un’analisi di contesto.
18
precedenza, l’OXI al referendum greco e l’imposizione di un nuovo memorandum dimostra
ancora una volta come la sovranità statale sia un campo di tensione che esula dai confini
territoriali. Inoltre il rapporto tra espansione del capitalismo e sovranità statale è presente come
campo di tensione anche a livello interno dello Stato.
“da un lato, l’espansione della produzione capitalista tende a rafforzare i lavoratori e, di conseguenza,
porta il capitale (e gli stati) a un confronto diretto e ricorrente con movimenti operai forti. Le
concessioni volte a tenere tali movimenti sotto controllo tendono a loro volta a portare il sistema verso
una crisi di redditività. D’altro canto, gli sforzi del capitale (e degli stati) per risollevare i profitti
comportano la rottura di patti sociali stabilizzati e dunque una maggiore mercificazione del lavoro,
producendo crisi di legittimazione e resistenze da parte degli operai”29
1.4. Le forme del capitalismo contemporaneo
Dai primi anni Settanta è stata conclamata la crisi del modello fordista e l’avvento di un nuovo
ciclo di accumulazione che si basa sul paradigma tecno-economico delle tecnologie digitali e
informatiche. L’informatica ha rivoluzionato la produzione, permettendo di moltiplicare le
operazioni eseguibili da ogni macchina e di superare la standardizzazione e le rigidità tipiche
della produzione fordista30. L’informatica ha inoltre permesso la circolazione rapida delle
informazioni; da un lato caratterizzando come altro potenziale ciclo economico egemone il
settore dell’informazione, dall’altro permettendo di frammentare su scala mondiale la
produzione. Con l’avvento dell’accumulazione flessibile31 i primi a farne le spese sono stati i
grandi impianti produttivi, ma anche i distretti industriali hanno iniziato a perdere di rilevanza,
quando per tutti gli anni ’80 avevano garantito la maneggevolezza dell’impresa di piccole
dimensioni, con il vantaggio della produzione just-in-time e dell’esternalizzazione di molte fasi
produttive. In questo quadro è stato proprio il grande capitale che ha potuto rivoluzionarsi
intessendo una rete a livello globale che gli permette sfruttare tutti i vantaggi garantiti dalle
diverse localizzazioni, così come dalla pressione sui salari possibile grazie alla delocalizzazione.
È stata dunque una “strategia della grande impresa, operante a livello transnazionale, di
29 Silver B., (2008), 26.
30 Harvey D., (2010), 185
31 ibidem
Parte I. Capitolo primo: Un’analisi di contesto.
19
trasformare i vantaggi della piccola impresa in uno strumento del consolidamento e
dell'espansione del suo proprio potere”32.
I filoni di studi sulla divisione internazionale del lavoro e sullo scambio ineguale 33 si diffusero
durante il secondo dopoguerra, anche se, con l’avvento della rivoluzione informatica e il
cambiamento degli assetti politici internazionali, hanno lasciato il passo a nuove teorie.
Specialmente l’analisi del sistema-mondo, proveniente dai due approcci sopra menzionati, ha
avuto il grande merito di analizzare il capitalismo introducendo il concetto di “confine spaziale e
temporale di un sistema economico e indicando l’impossibilità di sovrapporlo al confine lineare
dello stato”34, salvo rimanere ancorato ad una divisione triplice del mondo periferia, semi-
periferia e centroche deve molto alla rigidezza dell’assetto della guerra fredda. Tale approccio
si sviluppa dagli studi di A. Emmanuel sullo scambio ineguale, il quale vedeva nello scambio
internazionale, tra esportatori di materie prime e esportatori di prodotti industriali, una
prosecuzione dei rapporti coloniali. Questo schema teorico si basa su due assunti: primo, a partire
dal differenziale di salari tra i paesi sviluppati e i paesi in via di sviluppo, al momento dello
scambio si genera un trasferimento di sovraprofitti e soprasalari dalla periferia al centro; secondo,
nella differenza di sviluppo tecnologico risiede la differenza di valore scambiato a parità di
prezzo sul mercato internazionale – nella produzione industriale, tipica dei paesi centrali, il
lavoro socialmente necessario contenuto nei beni è minore, data la produzione di plusvalore
relativo, rispetto all’esportazione delle materie prime o prodotti agricoli, prevalente nei paesi
periferici. C’è da dire che la trasformazione dei processi produttivi descritti in precedenza e la
progressiva localizzazione dei processi produttivi industriali nei paesi ‘periferici’, alcuni anche ad
alta intensità di capitale, hanno fatto si che tale modello perdesse molta della propria potenza
euristica.
Un’altra categoria che si sviluppa nell’alveo della teoria della dipendenza è quella di
supersfruttamento del lavoro, teorizzata da Ruy Marini. Essa individua in una particolare
combinazione di ‘strategie’ di estrazione di plusvalore dal processo lavorativo la causa della
‘arretratezza’ dell’America Latina e nella prosecuzione dell’economia schiavista coloniale
32 Arrighi G., Silver B., (2006), 171
33 Emmanuel A., El intercambio desigual in Amin, S., Bettelheim C., Emmanuel A,. Palloix C., (1990).
Imperialismo y comercio internacional. México: Siglo Veintiuno. p. 27 - 64
34 Mezzadra S., Neilson B., (2014), 99
Parte I. Capitolo primo: Un’analisi di contesto.
20
l’origine. Il capitale transnazionale, nei paesi Latinoamericani, oltre a basarsi sul differenziale
salariale, mira congiuntamente all’aumento del plusvalore assoluto, attraverso la flessibilità oraria
e l’aumento della giornata lavorativa, e di quello relativo, attraverso l’aumento della produttività
del lavoro e l’abbassamento del suo costo. Da un lato, piuttosto che aumentare la produttività
tecnica del lavoro, s’intensifica e si allunga la giornata lavorativa. Dall’altro, al fine di innalzare
il plusvalore relativo si mira a “ridurre il consumo dell’operaio più del suo limite normaleche in
sostanza corrisponde “all’espropriazione di parte del lavoro necessario affinché l’operaio
riproduca la sua forza lavoro”, ossia “un modo specifico di aumentare il tempo di lavoro
eccedente”35. Ci sembra interessante parlare del superfruttamento del lavoro poiché ci pare
particolarmente attuale. La flessibilità, come effetto della perdita di potere del lavoro sul capitale,
permette l’aumento del tempo produttivo (ad esempio straordinari obbligatori o le mansioni
svolte a casa oltre l’orario d’ufficio) e la sua intensificazione come effetto di un minor controllo
delle organizzazioni sindacali sul processo produttivo. La stagnazione dei salari e le politiche di
privatizzazione dello stato sociale e dei beni comuni contraggono i consumi che possono arrivare
a scendere sotto la soglia della riproduzione della forza di lavoro. Adrián Sotelo Valencia fa
notare che “le formazioni storico-sociali dell’economia mondiale contemporanea, stanno creando
le basi per il supersfruttamento della forza lavoro, con le quali questo regime smetterebbe di
essere esclusivamente un regime proprio delle economie dipendenti, per estendere il suo raggio
d’azione ai paesi sviluppati”36. Per capire come questo sia effettivo, basta mettere in contatto i
lavoratori dell’industria maquiladora e le coltivazioni di pomodori nei campi del Sud Italia a
prevalenza di forza lavoro migrante. Senza dubbio lo sconfinamento del regime di
supersfruttamento al di fuori del confine della razza e dell’illegalità, in Europa, è un processo in
corso e dagli esiti incerti.
Complementarmente alle possibilità di cambiamento rese possibili dal nuovo paradigma tecnico,
il capitale, come fa notare Beverly Silver, ha sempre rincorso il “il miraggio di un lavoro ‘docile’
e a basso costo in ogni angolo del mondo”37 e tentato in tutti i modi di creare gli spazi di
delocalizzazione, cercando una via i fuga dai contesti nei quali, con l’avanzare del ciclo del
prodotto, ovvero uscendo dalla fase dell’innovazione, la concorrenza aumenta e il profitto
35 Marini, R. M., (1973), 124 : 126. Trad. mia.
36 Sotelo Valencia, (2003). Trad. mia, corsivi nel testo.
37 Silver B., (2008), 84.
Parte I. Capitolo primo: Un’analisi di contesto.
21
diminuisce, anche a causa delle formazione delle rivendicazioni salariali della classe lavoratrice.
Silver fa notare, a differenza della teoria classica del ciclo del prodotto che si concentra
prevalentemente sulle variabili economiche, quanto sia importante la variabile sociale “costituita
dalla formazione della classe operaia e delle contestazioni correlate”38.
Durante gli anni Ottanta fu postulata l’esistenza di una nuova divisione internazionale del lavoro,
la quale spiega la deindustrializzazione dei paesi centrali; i paesi centrali avrebbero mantenuto il
settore di ricerca e sviluppo, e i settori che impiegano lavoro altamente qualificato, per
delocalizzare nei paesi della periferia e della semi-periferia i processi produttivi che necessitano
un lavoro scarsamente qualificato.
I processi di zoning, l’eterogeneità del lavoro, e la proliferazione di limiti e confini destabilizzano
“la reale possibilità di assumere grandi partizioni come quella tra centro e periferia dandole per
assodate” pertanto “questo concetto non organizza più una struttura mondiale stabile, non
possiede una consistenza ontologica e una forza sufficienti per sostenere una fabrica mundi39. Il
concetto di fabrica mundi si centra sulla potenza “ontologica” della fabbricazione del mondo,
assumendo il confine come dispositivo generatore delle differenze e del globale. Il globale inteso
come spazio in continua mutazione e riorganizzazione, permette di leggere il mercato mondiale
come una costante rivoluzione degli spazi di produzione e dei regimi di accumulazione, fino ai
loro assemblaggi più vari. Siamo in presenza quindi di un’articolazione globale del lavoro, più
che di una divisione internazionale, proprio per la mutevolezza e la moltiplicazione delle forme di
accumulazione e di lavoro e della continua proliferazione di confini e frontiere, sia sovranazionali
che interne (ad esempio, come vedremo, la maquila o la zona produttiva di frontiera). Nella
fabrica mundi continua dunque a esistere uno scarto tra il comando del capitale e la sovranità
politica, ma “articolato all’interno di mutevoli assemblaggi di territorio e potere, che operano
secondo una logica che è assai più frammentata ed elusiva rispetto a quella che ha caratterizzato
l’età classica dello Stato-nazione”40.
Come mostrano Sandro Mezzadra e Brett Neilson, i processi di finanziarizzazione e
mercificazione di molti degli aspetti della riproduzione sociale della forza lavoro hanno
notevolmente stimolato lo sviluppo del settore dei servizi alla persona, così come
38 Silver B., (2008), 100.
39 Mezzadra, S., Neilson, B. (2014), 115.
40 ibidem.
Parte I. Capitolo primo: Un’analisi di contesto.
22
l’esternalizzazione, la delocalizzazione, la frammentazione produttiva e il just-in-time hanno
necessariamente incrementato lo sviluppo di un imponente settore dei servizi all’impresa: dalla
finanza, alla somministrazione di lavoro. Tutto ciò ha avuto un effetto diretto sulla classe
lavoratrice, sulla sua composizione etnica, sulla sua dislocazione geografica, sulla sua
distribuzione settoriale e, infine, sulla sua rappresentazione e soggettivazione. Il processo di
diversificazione e frammentazione geografica della produzione e gli assemblaggi governamentali
spingono a “emergere le ‘regioni’ anziché le nazioni, come unità economiche significative”41.
Potremmo dunque parlare di una “divisione globale del lavoro”42, proprio come suggerisce la
potente immagine di una fabbrica mondiale, senza tralasciare il livello statale, riconoscendo però
quella governamentalità che produce l’assemblaggio delle condizioni necessarie al ciclo di
produzione capitalistico su scala globale.
Più recentemente, a partire dal lavoro di Gereffi43 sulle catene globali del valore, il concetto di
catena si è diffuso per descrivere i processi produttivi e distributivi articolati a livello globale e
che assumono molteplici forme secondo il rapporto di governance che mette in relazione i vari
anelli della catena, dalla concezione del prodotto, fino al suo consumo. Il concetto di catena del
valore “indica come il lavoro transnazionale e i processi di produzione connettano materialmente
economie, imprese, lavoratori e nuclei familiari nell’economia mondiale contemporanea”44 e
permette di descrivere e concepire le tendenze alla dispersione produttiva del capitalismo
contemporaneo. Le varie fasi produttive si articolano dunque a livello globale localizzandosi, per
un tempo variabile, dal brevissimo ed estemporaneo al più duraturo, su varie scale geografiche.
“Nel panorama del capitalismo contemporaneo, si afferma dunque un’articolata divisione del
lavoro tra imprese formalmente autonome, ma funzionalmente connesse ed integrate nel processo
produttivo, all’interno di una catena del valore che si dispiega su scala globale”45. Gereffi
individua due tipi principali di catene; le catene dirette dal produttore e quelle dirette dal
compratore. Le catene dirette dal produttore sono generalmente gestite dai capitali industriali e
hanno un’integrazione maggiormente verticale basato su standard di qualità e tempi di fornitura
41 ivi, 124
42 ibidem
43 Gereffi, G., Humphrey, J., Sturgeon, T., (2005).
44 Mezzadra, S., Neilson, B. (2014), 155.
45 Greco L., (2011), 3.
Parte I. Capitolo primo: Un’analisi di contesto.
23
just-in-time. La produzione è ad alta intensità di capitale e utilizza forza lavoro semi-qualificata.
Nelle catene dirette dal compratore, invece, prevale il capitale commerciale e della distribuzione,
un’organizzazione orizzontale in forma di network che solitamente utilizza un’alta intensità di
lavoro non qualificato a salari molto bassi46. Le catene globali del valore non integrano solo le
imprese, ma mettono in connessione flussi di valore prodotti da forza lavoro situata spesso a
molti chilometri di distanza. Comprendere che tipo d’integrazione intercorre tra i vari anelli della
produzione, permette di mappare i tipi di potere che possono esercitare le richieste dei lavoratori
sul capitale. La teoria delle catene globali del valore trova applicazione anche nel campo dello
sviluppo, ritenuto d’interesse nell’attuale trattazione, sia per la rilevanza con il caso di studio, sia
perché permette di comprendere la logica dell’attrazione degli investimenti. “È una condizione
vitale, specialmente per i paesi a basso reddito, l’abilità di inserirsi effettivamente nelle catene
globali del valore” sostengono Gereffi e Fernandez-Stark47.
Come possiamo leggere:
Le GVC sono inserite nelle dinamiche economiche, sociali e istituzionali locali. L’inserimento nelle
GVC dipende significativamente da queste condizioni locali. Le condizioni economiche includono la
disponibilità di fattori chiave: costo del lavoro, infrastrutture accessibili e accesso ad altre risorse come
la finanza; il contesto sociale include la disponibilità del lavoro e il suo livello di qualifica, oltre a la
partecipazione femminile nella forza lavoro e l’accesso all’educazione; e, infine, le istituzioni
includono le tasse e la regolamentazione sul lavoro, sussidi e educazione e le politiche di innovazione
che possono promuovere o ostacolare la crescita e lo sviluppo dell’industria.48
I paesi che hanno avuto successo nell’inserimento nelle cateni globali del valore e nel divenire
piattaforme produttive, come Messico e Cina, hanno modulato assemblaggi e stretto accordi
commerciali. Ad esempio, il Tratado de Libre Comercio de América del Norte (North American
Free Trade Agreement NAFTA) nel caso messicano, ha permesso la libera circolazione delle
merci attraverso le frontiere, e al tempo stesso ha permesso di trovare un’intesa per garantire alti
profitti alle imprese localizzate nei paesi firmatari. Un chiaro esempio di ciò è la frontiera nord
del Messico che è caratterizzata da assemblaggi di bassi salari, mano d’opera in continuo flusso,
vicinanza con il mercato americano, assenza di dazi doganali e un cambio valutario adatto
all’esportazione.
46 ivi, 5.
47 Gereffi, Fernandez-Stark (2011). Trad. mia.
48 ivi, 11.
Parte I. Capitolo primo: Un’analisi di contesto.
24
Per introdurre il tema del prossimo paragrafo è opportuno presentare il concetto di
moltiplicazione del lavoro teorizzato da Sandro Mezzadra e Brett Neilson in Confini e Frontiere
il quale, volendo essere supplemento più che un superamento della teoria della nuova divisione
internazionale del lavoro, getta luce su tre dinamiche che hanno fortemente cambiato il lavoro ed
il suo rapporto con il capitale. I tre processi in cui il lavoro si è moltiplicato sono:
intensificazione, diversificazione e eterogeneizzazione.
In primo luogo si è intensificato, nel senso che la sua tendenza a colonizzare l’intera vita dei soggetti è
diventata ancor più pronunciata di prima. In secondo luogo si è internamente diversificato, secondo un
processo già identificato da Marx nella sua analisi della creazione del plusvalore relativo nei
Grundrisse, che continuamente spinge il capitale ad andare oltre la divisione del lavoro e verso lo
“sviluppo di un sistema sempre più ampio e globale di tipi di lavoro, di tipi di produzione, ai quali
corrisponde un sistema sempre più ampio e ricco di bisogni”. In terzo luogo si è eterogeneizzato, per
quanto riguarda i regimi giuridici e sociali della sua organizzazione.49
Questo importante contributo ci fa riflettere su due tendenze che hanno investito la classe
lavoratrice: primo, sulla perdita di potere da parte del lavoro nel rapporto con il capitale e
secondo, sulla complessificazione della rappresentazione collettiva e soggettiva della classe
lavoratrice50. Queste due evidenze sono strettamente collegate tra loro, soprattutto nella misura in
cui la seconda contribuisce a creare la prima, ma entrambe possono essere spiegate efficacemente
con la moltiplicazione del lavoro.
1.5. Il lavoro nella globalizzazione
Come fa notare Beverly Silver51, per tutti gli anni ’90 e con l’avvento del nuovo secolo, in
diverse occasioni è stata conclamata la fine del lavoro come forza propulsiva della società.
Effettivamente dagli anni Ottanta con il motto tatcheriano there is no alternative è stato condotto
un attacco al lavoro e alle sue organizzazioni e istituzioni giuridiche che permise spostare l’ago
della bilancia in favore del capitale. Secondo alcuni analisti ciò si deve alla “mobilitazione di un
‘esercito industriale di riserva’ su scala mondiale, che ha creato un’offerta globale eccessiva nel
mercato del lavoro”52. Inoltre, la sussunzione delle forme di lavoro informale e di riproduzione
49 Mezzadra S., Neilson B., (2014), 119.
50 in Mezzadra S., Neilson B., (2014), 122.
51 Silver B., (2008), 2.
52 Silver B., (2008), 18.
Parte I. Capitolo primo: Un’analisi di contesto.
25
non capitalistiche (si pensi, ad esempio, ai processi di Land Grabbing o di accumulazione per
spoliazione, che costringono sempre più popolazioni locali alla vendita della propria forza lavoro,
o ai processi di mercificazione di aspetti della vita precedentemente ritenuti esterni al mercato),
hanno anch’esse contribuito alla proletarizzazione e all’ampliamento dell’esercito industriale di
riserva, nel movimento di ridefinizione delle frontiere del capitale. Questi processi hanno
direttamente indebolito quello che Beverly Silver chiama, rileggendo Eric Olin Wright, potere
strutturale. Silver suddivide il potere di contrattazione dei lavoratori in potere strutturale e potere
associativo. Il potere strutturale si riferisce, in primo luogo, al potere che deriva direttamente dal
mercato del lavoro, quale: “il possesso di competenze rare e ricercate […]; bassi livelli di
disoccupazione generale; la capacità dei lavoratori di uscire completamente dal mercato del
lavoro e sopravvivere grazie a fonti di reddito non salariali”53. In secondo luogo è strettamente
collegato all’inserimento dei lavoratori all’interno di uno specifico settore: differente è il potere
dei lavoratori derivante dalla loro collocazione del nel processo produttivo dei servizi (differente
se questi sono pubblici o privati), in una catena di montaggio, così com’è differente il potere del
lavoro collocato in un processo produttivo just-in-time. Le forme di potere associativo si
riferiscono strettamente alla capacità dei lavoratori di affiliarsi e formare organizzazioni collettive
di lavoratori. Questa classificazione sembra particolarmente interessante a tutte le scale alle quali
si vuole applicare. Nonostante Silver parli di processi storici di ampia portata, senza dubbio
centrali per la comprensione degli attuali rapporti tra capitale e lavoro, l’approccio può risultare
prezioso anche nell’ambito dei processi particolari di organizzazione dei lavoratori intorno ad una
specifica vertenza – tema su cui torneremo in seguito.
Sia il potere associativo che quello strutturale, nella loro costruzione storica, sono stati indeboliti
dai processi d’intensificazione, eterogenizzazione e diversificazione, che Mezzadra e Neilson
riconducono al concetto di “moltiplicazione del lavoro”. Benché questi processi siano più
evidenti per le società Occidentali a capitalismo avanzato e siano in fase d’implementazione nei
paesi in via di sviluppo, hanno una ripercussione evidente nell’insieme delle lotte dei lavoratori
che si sviluppano sulla scena globale. Per prima cosa l’intensificazione tende a colonizzare
l’intero ciclo vitale della persona attraverso i meccanismi di finanziarizzazione, ma anche
53 Silver B., (2008), 17.
Parte I. Capitolo primo: Un’analisi di contesto.
26
attraverso lo sconfinamento del lavoro oltre l’orario a esso dedicato, che di conseguenza relega
una parte della produzione di plusvalore all’attività individualizzata del soggetto. Inoltre,
“così come il capitale è spinto ad assicurare più alti livelli di produttività e profitto, il lavoro non solo
assume elevati gradi di rischio, ma è anche soggetto a domande di maggiore produttività, a più
flessibilità oraria e al pagamento di salari reali più bassi”54.
I processi di eterogenizzazione e di diversificazione sono connessi e producono un frazionamento
della classe lavoratrice e un indebolimento del potere associativo, per com’è stato costruito
storicamente. Esso, infatti, è strettamente collegato a “l’idea di potere”55 e alla “egemonia di una
figura specificatamente omogenea […] all’interno del lavoro dipendente nel suo complesso”56.
La globalizzazione e la conseguente “gara al ribasso” provocata dall’alta mobilità del capitale
hanno frustrato l’idea di potere che forniva ai lavoratori la convinzione che vi fosse un potere
risedente nel lavoro e che questo potesse essere usato per incidere direttamente sulle condizioni
reali. Per quanto riguarda la rappresentazione omogenea della classe lavoratrice, i processi di
eterogenizzazione hanno funzionato da divide et impera, sia su scala nazionale e locale, attraverso
la differenziazione dei tipi di lavoro e le diverse soggettività impiegate, che su scala globale,
interconnettendo interessi di lavoratori differenti sia dal punto di vista reale (salari, condizioni di
vita, tipi contrattuali) che dal punto di vista soggettivo (nazionalità, etnie, genere, culture). Anche
la tendenza alla diversificazione gioca un ruolo nel rendere più complesso l’esercizio del potere
associativo e strutturale. La frammentazione a livello strutturale è facilitata dalla
“flessibilizzazione del diritto del lavoro, in particolare dall’esplosione di dispositivi contrattuali
corrispondenti al declino della contrattazione collettiva”57 la quale crea una molteplicità di
situazioni giuridiche diversificate più difficilmente conciliabili e mediabili nel momento
dell’esercizio del potere da parte dei lavoratori. L’affermarsi di un’accumulazione flessibile “ha
infatti favorito processi di esternalizzazione e la conseguente disintegrazione delle strutture
54 Mezzadra S., Neilson B., (2014), 121.
55 Piven F.F. e Cloward R.A, (2000), Power Repertoires and Globalization, “Politics and Society”, 28, 3 pp. 413-
430 in Silver B., (2008), 21.
56 Mezzadra S., Neilson B., (2014), 123.
57 Mezzadra S., Neilson B., (2014), 122.
Parte I. Capitolo primo: Un’analisi di contesto.
27
produttive in una miriade di piccole e medie imprese, storicamente più difficili da organizzare”58
contribuendo a erodere il potere associativo.
Uno dei contributi di Micheal Foucault, che pare centrale per questa tesi, consiste nel non
considerare gerarchicamente la sfera politico-sociale e le sue istituzioni disciplinari (prigioni,
scuole, ospedali e fabbriche) secondo un rapporto struttura-sovrastruttura: Foucault ci invita
piuttosto a interconnettere questi spazi e riconoscere come dall’uno e dall’altro vi sia una
riproduzione dell’ordine produttivo e sociale. Come abbiamo detto, questi processi si possono
riscontrare anche nella singola vertenza. Il potere associativo non può essere visto scollegato dal
potere strutturale nella misura in cui uno rafforza l’altro e viceversa. Il potere strutturale legato
al luogo di lavoro, per come lo mutua Silver da Wright, incontra delle limitazioni nella gestione
anatomopolitica dello spazio di lavoro, più precisamente nei dispositivi disciplinari di
management delle risorse umane. L’utilizzo panottico elettronico, la cellularizzazione del lavoro
in isole produttive e il team-work, tendono a indebolire, non solo il potere legato al luogo di
lavoro, ovvero al posizionamento della mansione sulla catena produttiva, ma anche il potere
associativo che ne può nascere. Non solo perché operano come coercizione e impedimento
all’associazionismo, ma anche perché operano un processo di normalizzazione, la cui efficacia,
fanno notare Fiocco e Savini59 in uno studio a proposito degli stabilimenti di Melfi, risiede nella
capacità “normalizzante della fluidificazione del comando […] data dal fatto che ogni forma di
resistenza individuale o collettiva è affrontata come se si trattasse di una normale disfunzione
operativa del lavorare insieme per un fine comune”60. L’utilizzo di questi dispositivi disciplinari
ha l’effetto di inibire i processi di formazione di una soggettività resistente al comando del
capitale.
Allo stesso modo le biopolitiche della gestione della forza di lavoro possono indebolire, o
modificare, il potere strutturale derivante dal posizionamento sul mercato del lavoro. Sia, come
mostrano efficacemente Mezzadra e Neilson, a proposito del sogno di una migrazione just-in.-
time e to-the-point intenta a gestire l’esercito industriale di riserva, sia attraverso l’attuazione di
biopolitiche d’istruzione che tendono a svalutare certi profili professionali, minando il potere
derivante dal posizionamento nel mercato del lavoro, sia con il processo di finanziarizzazione
58 Borghi V., e Lisa D., (2011).
59 Cavazzani A., Fiocco L. e Sivini G. (a cura di), (2016).
60 Ivi, p. 40
Parte I. Capitolo primo: Un’analisi di contesto.
28
dell’istruzione (si pensi ai prestiti d’onore) che mina la capacità di resistenza al di fuori del
mercato del lavoro – solo per citarne alcune – il potere legato al posizionamento nel mercato del
lavoro viene intaccato dall’affermarsi della governamentalità neoliberale. Allo stesso modo
possiamo supporre che le biopolitiche neoliberali e l’anatomopolitica lungo la filiera produttiva e
nei luoghi di lavoro in generale abbiano l’obiettivo, e si siano sviluppate anche con il fine di
elevare il tasso di plusvalore. Gli studi sull’organizzazione dei processi produttivi non
utilizzerebbero esclusivamente avanzamenti tecnologici e organizzativi per la messa a produzione
della forza lavoro, ma anche precisi saperi del corpo, disciplinari e biopolitici al fine di aumentare
la produzione di plusvalore. Alcuni esempi possono essere i dispositivi motivazionali e team-
work, i quali possono aumentare l’intensità del lavoro o l’utilizzo corretto di una macchina il
quale può essere garantito solo per un preciso periodo di tempo, data ad esempio la postura
dell’operaio, che può però essere corretta.
Sia l’eredità foucaultiana, sia il lavoro di Beverly Silver, ci costringono a considerare non solo
l’imposizione dei cambiamenti strutturali quale l’alta mobilità del capitale e la perdita di potere
da parte del lavoro, ma anche le resistenze e le agitazioni che seguono la produzione capitalista
ovunque essa sia; dalle reti sindacali transnazionali, alle resistenze locali, più o meno
estemporanee. A tal proposito, ancora una volta, il lavoro di Silver ci offre una preziosa lettura
storica sui processi di delocalizzazione e mostra, specialmente nel mondo industriale,
individuando il settore automobilistico come ciclo egemone del XX secolo, come, ovunque il
capitale industriale si localizzi alla ricerca di bassi salari e forza lavoro docile, le resistenze degli
operai sorgano e impongano nuovamente una crisi di profitto per il capitale.
1.6. Conclusioni
Durante il capitolo abbiamo rilevato i tratti principali della globalizzazione. Abbiamo anche
inserito i lineamenti teorici cui ci riferiremo nel Secondo e nel Terzo capitolo, i quali parleranno
rispettivamente del contesto messicano e del caso di studio. A partire dal carattere assiomatico
del capitale abbiamo parlato del concetto di assemblaggio, come molteplicità di forme prodotte
dal comando del capitale nell’eterogeneità degli spazi a cui esso si applica. Abbiamo affermato
che il principale interesse del capitale che s’internazionalizza attraverso la pratica della
delocalizzazione è l’innalzamento del tasso di plusvalore per mezzo di salari bassi e forza lavoro
docile rispetto ad aumenti d’intensità e durata della giornata lavorativa. Questi spazi di
localizzazione sono però prodotti da specifiche strategie governamentali le quali, attraverso
Parte I. Capitolo primo: Un’analisi di contesto.
29
l’azione conforme, creano assemblaggi, anche biopolitici, favorevoli alla localizzazione
produttiva. Uno dei prodotti di questi assemblaggi è il supersfruttamento. Attori importanti
continuano a essere gli Stati, anche se la razionalità neoliberale e l’affiancamento di altri soggetti
capaci di produrre normatività ed effetti sovrani, quali i mercati e le stesse imprese
transnazionali, ne hanno modificato profondamente il ruolo. Abbiamo inoltre supposto che il
regime di fabbrica utilizzi specifiche anatomopolitiche e dispositivi disciplinari con il fine di
innalzare i rendimenti dei corpi portatori di forza lavoro e delle forme di cooperazione in
fabbrica. Analizzando le trasformazioni che il regime neoliberale ha apportato al lavoro, quali la
moltiplicazione del lavoro, abbiamo indagato le conseguenze della globalizzazione sul rapporto
capitale-lavoro, sulla classe lavoratrice e sulla sua rappresentazione, e abbiamo individuato le
caratteristiche principali del potere del lavoro nei confronti del capitale.
Nel prossimo capitolo tracceremo le linee del quadro generale che accoglierà al suo interno il
caso di studio sulla fabbrica Teksid Hierro de México a Monclova, Coahuila, Messico.
30
Parte I. Capitolo secondo: il modello esportatore di forza lavoro a basso costo
“I messicani fanno i lavori che nemmeno i negri vogliono fare”,
Vicente Fox.
L’integrazione del Messico al mercato del Nord America ha comportato il cambiamento radicale
del modello di sviluppo. Come vedremo in successivamente questo cambiamento ha comportato
un forte impatto sulla società a causa della necessaria rottura del patto corporativo tra Stato,
organizzazioni sindacali, contadine e imprenditoriali che reggeva il modello di sviluppo
incentrato sulla dottrina della sostituzione delle importazioni.
È sembrato interessante iniziare il secondo capitolo con una citazione di Vicente Fox, presidente
del Messico dal 2000 al 2006, che introduce ciò di cui parleremo in questo primo paragrafo: la
razionalità sottesa all’inserimento del Messico nel mercato globale offrendo al capitale un
vantaggio di localizzazione basato, principalmente, sul basso costo del lavoro rispetto ai mercati
canadesi e statunitensi integrati con la firma del TLCAN. Ci sembra importante ricostruire
brevemente il modello d’integrazione del Messico al mercato mondiale, così come la
neoliberalizzazione del paese poiché:
La comprensione del sindacalismo della maquila non sarebbe completo se non si tenessero presenti
due elementi contestuali importanti: la ristrutturazione dell’organigramma produttivo mondiale, nel
quale la delocalizzazione produttiva risulta essere centrale, e la adesione del governo messicano a una
politica di tipo neoliberale […]1.
Secondo alcuni autori2 il processo di apertura al capitale transnazionale e di neoliberalizzazione
messicana ha comportato un’integrazione dipendente al mercato globale: il modello di
esportazione di forza lavoro a basso costo. Esso si basa su due fenomeni, le migrazioni massicce
verso USA e Canada e l’esportazione del valore contenuto nei beni processati, da capitale
straniero con input importati appositamente, su suolo messicano. Ci sembra interessante questo
approccio poiché le teorie della dipendenza, esposte nel capitolo primo, si basavano sulla
differenza di bilancia commerciale tra esportazioni nazionali e importazioni straniere, in termini
di tempo di lavoro socialmente necessario-valore, ma il fenomeno della zona economica speciale
di produzione per l’esportazione, la maquiladora nel nostro caso, non rientrerebbe in tale
1 Quintero Ramírez C., (1998). 4. .Trad. mia.
2 Márquez Covarrubias, H., Delgado Wise, R., Pérez Veyna, O., (2007). Trad. mia.
Parte I. Capitolo secondo: il modello esportatore di forza lavoro a basso costo
31
modello. Infatti, il capitale straniero investe sul territorio, alla ricerca di particolari vantaggi, o
direttamente o attraverso operazioni di outsoucing, per poi esportare, nella maggior parte dei casi,
le merci processate sul suolo ‘ospitante’ senza vincolarsi particolarmente con il territorio.
Apparentemente non vi sarebbe nulla di differente dal processo di valorizzazione e
appropriazione da parte del capitalista del plusvalore prodotto durante la giornata lavorativa
descritto da Marx, sennonché lo vogliamo osservare dal punto di vista del mercato globale e del
paradigma dello sviluppo del sottosviluppo. Effettivamente, con l’apertura delle frontiere e la
contrazione spaziotemporale3, il processo produttivo perde il proprio carattere nazionale, mentre
dal punto di vista meramente fattuale il processo di valorizzazione ritorna centrale nella
condizione di dipendenza. La sfera della circolazione è ancora lo spazio in cui avviene il
trasferimento di valore, ma appare secondaria rispetto alla composizione transnazionale del
capitale coinvolto nel processo produttivo. Risiede perciò proprio nell’appropriazione da parte
del capitale transnazionale del plusvalore, prodotto nel processo produttivo, il carattere
dipendente della maquila: la forza lavoro, riprodotta e prodotta sul suolo messicano (attraverso
politiche pubbliche, con i salari e attraverso il lavoro domestico non retribuito), è messa a
produzione ed esportata in forma di valore aggiunto ai beni prodotti processati in suolo
messicano e reimportati nel mercato d’origine, senza che essa possa contribuire alla ricchezza,
generando una mancata accumulazione che possa sviluppare economicamente il paese.
Wise, Covarrubias e Pérez Veyna individuano tre processi con cui avviene l’esportazione di forza
lavoro a basso costo: due avvengono in maniera indiretta e si tratta della maquila e della maquila
dissimulata, un terzo, che tralasceremo in questa sede, attraverso la migrazione di massa verso gli
Stati Uniti.
L’aspetto significativo, secondo gli autori, è che in nessuno dei due casi di esportazione indiretta
sono centrali nel processo di scambio le manifatture dato che, con poche eccezioni, l’unico input-
valore messicano è il lavoro-valore a basso costo. Sia nel caso della maquila, sia nel caso della
maquila dissimulata il processo produttivo funziona importando input dall’esterno, senza costi
doganali, per processare sul territorio messicano i fattori produttivi importati, per poi riesportarli
in forma di prodotto o il semi-prodotto. Per maquila dissimulata s’intendono gli “impianti
manifatturieri con processi produttivi più complessi della maquila, la cui operatività è regolata
3 Harvey, D. (1993).
Parte I. Capitolo secondo: il modello esportatore di forza lavoro a basso costo
32
dallo stesso sistema d’importazione temporanea della maquila, come avviene nel settore
automobilistico ed elettronico”4. Ovviamente comprese nel calcolo della differenza salariale e di
trasferimento di valore nel momento dell’esportazione del valore aggiunto dal processo di lavoro
su suolo messicano rientra tutto il valore generato per produrre la forza lavoro, dalla spesa
pubblica fino al lavoro domestico e familiare non retribuito che ricade, principalmente, sul genere
femminile.
Questo modello è presentato come una delle alternative più credibili per l’inserimento dei paesi
in via di sviluppo all’interno delle catene globali del valore, presentandolo come un modello win-
win nel quale i trasferimenti di tecnologia dovrebbero portare modernità e permettere lo sviluppo
del paese. Senza entrare nel merito del dibattito sulla bontà dello sviluppo trainato dagli
investimenti diretti esteri, ci limiteremo a riportare tre critiche formulate dagli autori menzionati.
In primo luogo il modello di sviluppo basato sull’esportazione di forza lavoro a basso costo ha
provocato una disaccumulazione per il trasferimento di valore agli Stati Uniti, in secondo luogo
l’integrazione dei mercati ha creato un dumping che ha danneggiato gli operai sia messicani che
statunitensi poiché, dal lato messicano, prerogativa per gli investimenti è il basso costo della
mano d’opera, dal lato statunitense ha invece innescato una gara al ribasso per poter mantenere
gli investimenti nel territorio, in terzo luogo, sostengono gli autori, ha riportato un saldo negativo
anche per le classi medie, gli imprenditori delle piccole e medie imprese e per i contadini
messicani.
Osservare da questo punto di vista il fenomeno della maquila e la conformazione del Messico
come piattaforma produttiva permette di focalizzarsi su quelle condizioni che permettono
l’esportazione della forza lavoro a basso costo, in altre parole, quelle azioni conformi che lo stato
neoliberale messicano e gli altri agenti governamentali hanno messo in campo per inserire nel
mercato globale la forza lavoro messicana. Gli elementi che compongono questo particolare
assemblaggio sono molteplici: vanno da salari bassi rispetto alla produttività, anche attraverso
una politica fiscale e l’utilizzo di quegli strumenti previsti dalla costituzione messicana, quale il
salario minimo, stravolgendoli nella loro funzione; una creazione e un mantenimento di un
grande esercito industriale estremamente precarizzato che fluttua tra la marginalità, la semi
occupazione, l’occupazione, la disoccupazione e il settore informale; la creazione ad hoc di una
4 Wise, Covarrubias, Pérez Veyna, (2007). 64. Trad. mia.
Parte I. Capitolo secondo: il modello esportatore di forza lavoro a basso costo
33
scenografia pacificata del mondo del lavoro; la diffusione di un sindacalismo collaborativo con la
direzione del capitale e della flessibilità nella contrattazione collettiva; la flessibilità in uscita, in
entrata e per quanto riguarda l’organizzazione del processo produttivo.
Questo processo ha permesso nel suo insieme al Messico, nel corso dei decenni, d’inserirsi nelle
catene globali della produzione mondiale come protagonista e ha avuto come precondizione
essenziale un processo di neoliberalizzazione e di accumulazione per espropriazione. S’intende
accumulazione per espropriazione sia in senso geografico e territoriale, riferendosi ai contributi di
David Harvey (si pensi alla riformulazione dell’articolo 27 della costituzione che privatizzava le
terre ejidali delle popolazioni originarie), sia nella riformulazione compiuta da Saskia Sassen in
“A Savage Sorting of Winners and Losers: Contemporary Versions of Primitive Accumulation”5.
Saskia Sassen ipotizza di poter estendere la categoria di “Accumulazione Primitiva”, o meglio la
categoria del geografo britannico, “Accumulation by Dispossession”, alla transizione da un tipo
di capitalismo tradizionale (ovvero quello conosciuto nel secondo dopoguerra) ad un tipo di
capitalismo avanzato (ovvero quello che abbiamo visto sorgere a partire degli anni Settanta). In
questo processo di accumulazione per spossessamento, attraverso i meccanismi disciplinari del
debito sovrano, si punta all’espropriazione di diritti e livelli retributivi per redistribuire verso
l’alto quote sostanziali di ricchezza. Questa categoria appare piuttosto evocativa del processo di
neoliberalizzazione del Messico che non si è compiuta in maniera liscia e indolore, ma che ha
comportato un vero e proprio shock per le popolazioni e che ha condotto ad un alta
concentrazione della ricchezza. In questo senso l’evidenza empirica sembra confermare la tesi di
Wise e Chyper, secondo i quali “questo modello è disegnato per trasferire l’eccedente economico
agli Stati Uniti, e in minor parte ai grandi gruppi e conglomerati messicani”6 .
Nel seguito di questo capitolo si tenterà di ricostruire le tappe principali della neoliberalizzazione
del Messico e, successivamente, si scenderà nello specifico del sistema maquilador e del sistema
sindacale messicano, introducendo il contratto di protezione patronale (consuetudine ampiamente
diffusa), per poter costruire e mostrare il contesto nel quale si andrà a inserire il caso di studio.
5 Sassen, S. (2010).
6 Delgado Wise, Raúl; Cypher, James M.; (2007). 24. Trad. mia.
Parte I. Capitolo secondo: il modello esportatore di forza lavoro a basso costo
34
2. Dottrina dello shock e l’introduzione del neoliberalismo in Messico
Dal decennio degli anni ’80 in Messico si dette inizio al piano di aggiustamento strutturale
condotto dal Fondo Monetario Internazionale. Durante il periodo precedente, dal secondo
dopoguerra, era stata implementata, sotto l’egida della CEPAL 7, la politica della
industrializzazione attraverso la sostituzione delle importazioni. Questa politica economica si
fondava in larga misura sulla teoria della dipendenza e sull’analisi della divisione tra paesi
centrali e periferici: centrale era la convinzione che la condizione latinoamericana di economia
dipendente impedisse l’accumulazione di capitale necessaria allo sviluppo di una borghesia
capace di dare l’impulso allo sviluppo di un capitalismo endogeno e nazionale. “L’idea principale
dell’industrializzazione per sostituzione delle importazioni è di stimolare l’industrializzazione
riducendo le importazioni di prodotti manufatti e produrli internamente”8. Dalla presidenza del
Lazaro Cárdenas (1934-1940) il paese ha vissuto una crescita economica basata sui sussidi interni
e sulla limitazione agli investimenti diretti esteri ai settori chiave della industria, come la
petrolifera, la elettrica, la chimica, la mineraria e l’industria dei fertilizzanti. A seguito della
rivoluzione messicana, il patto corporativo implicò che lo Stato avrebbe riconosciuto che la
società è divisa in classi sociali e che ciascuna si sarebbe potuta muovere in direzione dei propri
interessi, non coordinati attraverso il libero mercato, ma invece attraverso un patto esplicito
diretto dallo Stato9. Il patto prevedeva crescita economica e accumulazione di capitale per
impresari, aumento dei salari reali e contrattazione collettiva con buone prestazioni per i
lavoratori più organizzati, interlocuzione con i leader sindacali in merito alle politiche sociali e
riforme agrarie per i contadini10. Durante gli anni Settanta l’industria messicana crebbe del 9,4%
mentre l’economia del 6,7% arrivando a sostituire importazioni sia per i beni non durevoli che
per quelli durevoli; si sviluppò fortemente la produzione di acciaio e la produzione meccanica.
Verso la fine del decennio, la scoperta d’ingenti giacimenti di petrolio spinse il Messico, sotto
consiglio del FMI, alla cosiddetta petroldollarizzazione che comportò l’indebitamento del paese:
“l’auge del petrolio stimolò un clima di confidenza favorevole all’indebitamento” e “il FMI
7 La Comisión Económica para América Latina è una delle cinque commissioni regionali delle Nazioni Unite.
8 Cooney, P., (2008). Trad. mia.
9 De la Garza (2010), El modelo económico neoliberal y los límites de las configuraciones productivas en México. In
Rojas Villagra, L. and Puello-Soccarás, J. (2015). 57. Trad. mia.
10 ibidem
Parte I. Capitolo secondo: il modello esportatore di forza lavoro a basso costo
35
incoraggiava i paesi a accettare altri prestiti per via dell’eccesso di petroldollari circolanti su scala
mondiale” 11.
La politica economica della sostituzione delle importazioni trovò la ferma opposizione degli Stati
Uniti d’America che, come dimostra la triste data dell’11 settembre per il Chile, finanziarono
fortemente la diffusione delle misure neoliberali di aggiustamento strutturale, che sperimentate
nel ‘laboratorio’ cileno furono pronte per essere esportate e diffuse sotto l’auspicio dalle vittorie
elettorali di Reagan e Thatcher.
L’implementazione del programma di aggiustamento strutturale fu presentato come “fosse
l’unica via d’uscita alla crisi e […] come il meccanismo idoneo per ‘dinamizzare’ l’economia,
stimolare la crescita e migliorare la vita dei messicani”12. Si possono riconoscere due momenti
che hanno caratterizzato il neoliberalismo messicano fino ad oggi. Una dal 1982 al 1994 che
possiamo definire come introduzione del neoliberalismo, e l’altra dal 1994 a oggi durante la quale
sono state completate e acuite le misure neoliberali e applicate le rispettive politiche a tutto
tondo.
Nel 1982 il Messico entrò in una profonda crisi del debito sovrano dichiarando rischio
d’insolvenza: fu il governo di Miguel de la Madrid Hurtado (1982-1988) che “dovette accettare le
richieste del FMI per mantenersi solvente ed evitare il default13, anche sotto la pressione degli
Stanford Boys (la versione tropicale dei Chicago Boys) che intanto si erano collocati in posizioni
rilevanti14. In sostanza, “in cambio di una rinegoziazione del debito si chiedeva ai paesi debitori
di mettere in atto riforme istituzionali, come tagli alle spese dello stato sociale, leggi sul lavoro
più flessibili, privatizzazioni: nacque […] l’«aggiustamento strutturale»”15. È dal governo di
Miguel De la Madrid, appoggiato dal FMI, che si sviluppa la strategia neoliberale di
ristrutturazione produttiva, soppressione delle conquiste contrattuali e flessibilizzazione delle
11 Cooney, P., (2008). Trad. mia.
12 López Bolaños A. C., México. La continuidad y profundización del despojo neoliberal. Balance de la economía a
partir del tratado de libre comercio de América del Norte (TLCAN) 1994-2014 in Rojas Villagra, L. and Puello-
Soccarás, J. (2015). Trad. mia.
13 Cooney, P., (2008). p. 4. Trad. mia.
14 Schmidt, S. and Rivera, R. (2015). Trad. mia.
15 Harvey, D., (2007).
Parte I. Capitolo secondo: il modello esportatore di forza lavoro a basso costo
36
relazioni lavorative, che ristabilivano la disciplina nel lavoro16. Nel decennio successivo si avviò
il processo di privatizzazione della maggior parte delle imprese statali al fine di saldare i debiti
con gli ingressi derivanti dalle vendite: “tra il 1982 e il 1995, il Messico passò da avere 1115
imprese statali ad averne solo 185”17. Le imprese vendute furono quelle operanti nei settori
chiave, quale l’elettrico, i trasporti ferroviari, le telecomunicazioni, la gestione degli aeroporti e
dei porti e il finanziario; fece eccezione il settore petrolifero con la nazionale PEMEX che fu di
fatto privatizzata solo nel corso del 2015. Non risultò comunque un compito facile per il governo,
sia per gli effetti devastanti che ebbero le politiche neoliberali sul benessere della popolazione,
sia per le stesse caratteristiche del Partido Revolucionario Istitucional (PRI).
Il PRI, infatti, ha governato ininterrottamente il Messico dal 1929 al 2000, quando vinse le
elezioni il Partido de Acción Nacional (PAN) per due legislature per poi cedere nuovamente il
governo al PRI. Il Partido Revolucionario Institucional si è conformato come vero e proprio
partito-Stato clientelare, con la capacità di distribuire ricchezza grazie a esborsi sporadici ai
gruppi che creavano problemi (contadini, lavoratori, classi medie) e di cooptare, comperare e
organizzare movimenti politici a esso favorevoli e reprimere quelli d’opposizione. È evidente
quanto, all’interno di un sistema politico basato sulla cooptazione e l’acquisto dell’appoggio
politico e sulla repressione dei movimenti d’opposizione ‘irriducibili’, sia alto il costo politico di
un generalizzato impoverimento della società. Durante il governo de la Madrid scoppiarono
grandi rivolte e proteste tra i lavoratori che furono represse, spesso anche con l’intervento
dell’esercito. Furono incarcerati o uccisi i dirigenti dei maggiori sindacati e sostituiti con direttivi
più acquiescenti con il governo del PRI18.
Nel 1985 il governo de la Madrid firmò l’accordo bilaterale con gli Stati Uniti per la riduzione
dei costi doganali e nel 1986 portò il Messico a entrare nel GATT, poi WTO, il che implicò
l’eliminazione “di alcune politiche che proteggevano i produttori messicani dalla competizione
delle imprese transnazionali straniere”19, permettendo che il “commercio internazionale, come
percentuale sul PIL, crescesse dal 28.1% per il periodo 1980-85 al 37% nel periodo 1985-93”20.
16 Ortiz Magallón, R.; Anguiano Orozco, A., (2013). Trad. mia.
17 Cooney P., (2008) 22. Trad. mia.
18 ivi, p. 117. Trad. mia.
19 ivi. 20. Trad. mia.
20 ibidem. Trad. mia.
Parte I. Capitolo secondo: il modello esportatore di forza lavoro a basso costo
37
Nello stesso anno un terremoto devastava Città del Messico lasciando un numero imprecisato di
morti, che non venne mai accertato per la stessa volontà del governo di sminuire l’accaduto. La
gravità dello stato di emergenza fu “aggravata dall’inattività del presidente [de la Madrid] che
sembrò essersi paralizzato”, ma che d’altro canto “approfittò per continuare a privatizzare”21.
Il governo di Salinas de Gortari, eletto a seguito delle elezioni fraudolente22 del 1988, continuò
sulla strada del predecessore con maggiore determinazione preparando il Messico alla firma del
TLCAN del 1992. Nel 1989 fu smantellata la “Ley para Promover la Inversión Mexicana y
Regular la Inversión Extranjera” (Legge per la promozione dell’investimento messicano e per
regolare l’investimento straniero) del 1973; con questo passo l’inserimento del Messico sulla
scena del mercato globale iniziò a diventare realtà. Gli investimenti diretti esteri aumentarono
vorticosamente passando da 2 milioni di dollari nella prima metà degli anni ’80 a 17 milioni di
dollari del 200023, molti dei quali vennero investiti in acquisizioni finanziarie di portafoglio le
quali ebbero una notevole importanza nella crisi del 1995. Gli anni che portano dal ’82 al 2000
sono anni di ricambio nell’élite politica all’interno del PRI e dello sviluppo di una dottrina dello
shock, di fatto poi continuata e acuita dai governi “panisti”. I massacri e l’instabilità politica
crebbero, il conflitto all’interno del partito-stato si face più acuto e il venire meno della “stabilità”
politica garantita dal 1929 dal PRI fu dimostrato dalle frodi elettorali del 1988 e del 2006 (frodi
che negano alle forze di sinistra moderata di prevalere sul PAN, anch’esso come vedremo di
dottrina neoliberale). Nel 1992 si firma il TLCAN che entrerà in vigore dal primo gennaio del
1994. Nonostante il TLCAN sia un trattato che è associato all’ambito del commercio, “più del
50% del documento tratta di questioni di investimenti e di conseguenza riflette le politiche
liberali favorevoli alla liberalizzazione del commercio della finanza”24. Per porre le basi per
l’integrazione tra Messico, Stati Uniti d’America e Canada il governo messicano s’impegnò nel
21 Schmidt, S. and Rivera, R. (2015-2). Trad. mia.
22 La notte del 6 luglio 1988 durante lo spoglio per le elezioni presidenziali che vedevano Salinas de Gortari testa a
testa con Cuauhtémoc Cárdenas Solórzano (coalizione del Frente Democrático Nacional, che si presentava a sinistra
del PRI), il conteggio delle schede s’interruppe bruscamente. Il gabinetto del governo De la Madrid attribuì lo stop
degli scrutini a un errore nel sistema informatico. La stessa notte il presidente De la Madrid proclamò vincitore il
candidato del PRI Salinas de Gortari. A seguito della pubblicazione dell’autobiografia del ex-presidente De la
Madrid il sospetto della vittoria negata a Cuauhtémoc Cárdenas trovò conferma.
23 Ivi, p 21. Trad. mia.
24 Cooney P., (2008). 23. Trad. mia.
Parte I. Capitolo secondo: il modello esportatore di forza lavoro a basso costo
38
seguire le linee direttive del programma di aggiustamento strutturale. Sempre nel 1992 il governo
Salinas riforma l’articolo 27 della costituzione che stabiliva e proteggeva i diritti ejidales, ovvero
la proprietà comune della terra storicamente delle comunità indigene, per parcellizzarlo tra i
membri della comunità e farlo ricadere così nell’ambito dell’istituto giuridico della proprietà
privata, per tanto sussumibile dal mercato.
Il 1994 fu un anno tumultuoso per il Messico. Come risposta all’entrata in vigore del TLCAN e
in aperta opposizione al governo Salinas, l’Ejercito Zapatista de Liberación Nacional (EZLN)
insorse in Chiapas, portando sulla scena di un Messico fino ad allora definito mestizo (meticcio)
la questione indigena e tenendo in scacco l’esercito messicano per diversi mesi. Nello stesso anno
il candidato alla presidenza del PRI, Luis Donaldo Colocio, fu assassinato e si diffuse nel popolo
la convinzione che si fosse trattato di un complotto interno allo stesso PRI; al posto di Colocio
viene candidato Ernesto Zedillo, che di fatto seguirà in maniera fedele le orme neoliberali del
predecessore. L’elezione di Zedillo, con una maggioranza al di sotto del 50%, limite sotto il quale
l’egemonia “priista” non era mai scesa, rese ancora più acute “le tensioni interpartitiche che
iniziarono con il progetto modernizzatore iniziato da Carlos Salinas [e che] continuarono durante
i sei anni di governo di Ernesto Zedillo, in una dinamica di permanente tensione tra partito e
governo che debilitò il PRI e preparò all’alternanza di potere”25. Durante la presidenza Zedillo si
continuò con l’integrazione neoliberale al mercato mondiale e sotto l’effetto del TLCAN il
commercio internazionale arrivò a costituire il 75% del PIL messicano26. Intanto con il cosiddetto
“errore di dicembre” nel 1995 scoppiò la crisi Efecto Tequila: “in sostanza, l’errore fu che
Salinas/Aspe, praticamente senza riserve internazionali, lasciarono un debito d 28.000 milioni di
dollari che sarebbero scaduti nel 1995, alcuni dei buoni del tesoro che si vendettero a scadenza di
182 giorni, si emisero liquidabili in pesos anche se erano denominati in dollari, […] [di cui] un
terzo era in mano a capitali stranieri”27. La crisi causata anche dalla crescita degli interessi della
Federal Reserve USA provocò la svalutazione del peso.28 A quel punto il Messico si trovò
costretto a ricevere un pacchetto di aiuti dagli USA pari a 47,5 miliardi di dollari, i quali furono
elargiti per il timore di “una perdita di posti di lavoro nelle industrie che esportavano in Messico,
25 Valentín R., (2012). p. 53. Trad. mia.
26 Cooney P., (2008). 20. Trad. mia.
27 Schmidt, S. and Rivera, R. (2015-2).
28 Harvey, D., (2007). 119
Parte I. Capitolo secondo: il modello esportatore di forza lavoro a basso costo
39
la prospettiva di un aumento dell’immigrazione illegale e, soprattutto, la delegittimazione del
processo di neoliberalizzazione e degli accordi [TLCAN]”29. Gli effetti per la popolazione furono
devastanti: alla perdita di posti di lavoro per effetto della crisi si sommò una corsa alle
privatizzazioni e a una concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi magnati. Il tasso di
disoccupazione30 tra ’94 e ’95 si raddoppiò e il tasso di occupati nell’economia informale31
continuò a crescere inesorabilmente che nel 2012 aveva raggiunto il livello del 60% degli
occupati32; inoltre, il tasso di povertà salì di dieci punti percentuali tra il ’94 e il ’96.
Contemporaneamente, il Messico scalò la classifica dei paesi con più miliardari attestandosi nono
posto nel 2005 dopo l’Arabia Saudita33.
Durante l’anno della crisi le proteste si moltiplicarono, così come si moltiplicò la repressione: nel
1995 ebbe luogo quella che fu ricordata come la masacre de Aguas Blancas durante la quale
persero la vita 17 contadini e nel 1997, sempre durante il governo di Zedillo, la masacre de
Acteal durante la quale un commando armato entrò in una comunità Tzozil (popolazione
originaria) lasciandosi dietro 47 morti. Sia per il primo, che per il secondo massacro, il presidente
Zedillo fu denunciato di fronte a una corte internazionale per i diritti umani, ma gli Stati Uniti,
dove l’ex presidente messicano vive dalla fine del mandato, gli hanno garantito immunità34.
Come risposta al massacro di Aguas Blancas nacque il gruppo guerrigliero Ejercito Popular
Revolucionario, che da allora risulta essere attivo sul territorio messicano.
Con l’avvento dei governi del PAN, di Vicente Fox prima e Felipe Calderón poi, il clima di
terrore continua ad andare di pari passo con le riforme neoliberali. Tra il 2008 e il 2011, si è
sviluppata la cosiddetta “guerra al narcotraffico”, come slogan del governo Calderón, la quale
provocò un’ondata di violenza che si è protratta fino a oggigiorno: 43.000 morti violente, anche
se le organizzazioni civili pubblicano cifre intorno ai 150.000, 20.000 desaparecidos che durante
la presidenza PRI di Peña Nieto sono aumentate fino alla cifra di 30.00035, e il fenomeno del
29 ibidem
30 Cepal Estadisticas
31 Ordaz Díaz, Juan Luis; Ruiz Nápoles, Pablo; (2011).
32 International Labour Organization (2014).
33 Harvey D., (2007). 121
34 Martínez, F., Castillo, G. and Salgado, A. (2009).
35 Schmidt, S. and Rivera, R. (2015-2).
Parte I. Capitolo secondo: il modello esportatore di forza lavoro a basso costo
40
femminicidio che in media nel 2016 colpisce sette donne al giorno. La riforma del mercato del
lavoro, tanto richiesta dalla dottrina neoliberale arriva solo nel 2012 a seguito dello scontro che
Calderón intraprende con i lavoratori e la loro rappresentanza. Nell’ambito delle presidenze
“paniste” di Fox e di Calderón, due su tutti sono i conflitti sindacali da menzionare, sia per
l’impatto sociale, sia per il numero di affiliati e di lavoratori coinvolti: il primo è l’intenso
conflitto scoppiato con il Sindicato Mexicano de Electricistas (SME) e il secondo è l’attacco al
Sindicato Nacional de Trabajadores Mineros, Metalúrgicos y Similares de la República
Mexicana (da ora in poi solo Sindacato Minero).
2.1 Il conflitto tra il governo e lavoratori
Il conflitto con il Sindicato Mexicano de Electricistas
Il prolungato scontro tra governo e SME, uno dei sindacati più longevi e con una forte tradizione
indipendente che rappresentava i lavoratori dell’impresa statale Luz y fuerza del Centro, mostrò
la dura sfida che il sindacalismo messicano si trovò a dover intraprendere per l’esercizio dei
propri diritti36. Approfittando della doppia congiuntura di una controversia sindacale interna al
SME e di un momento di difficoltà economica dell’impresa statale Luz y Fuerza del Centro, il
governo attaccò duramente il sindacato. In sostanza, a seguito di un’elezione sindacale testa a
testa che aveva stabilito il vincitore per una manciata di voti, il 5 ottobre la Secretaria del trabajo
y de previdencia social dichiarò “che le elezioni presentavano irregolarità e si rifiutò di
convalidare l’elezione di Esparza e del suo comitato esecutivo”37. Agendo con celerità, poche ore
dopo che circa mille militari occuparono gli impianti di Luz y Fuerza del Centro38, l’11 Ottobre
2009 Calderón con un decreto presidenziale con effetto immediato dichiarò chiusa l’impresa
statale Luz y Fuerza del Centro, lasciando senza lavoro 42.500 lavoratori affiliati SME39.
Nonostante il governo abbia giustificato l’immediata privatizzazione con l’argomento che il
deficit dell’azienda pesava sulle casse dello stato, “le sue principali motivazioni furono dare un
colpo a un sindacato indipendente che aveva sfidato le sue politiche, rinforzare l’immagine del
presidente Calderón in un momento nel quale la sua popolarità stava diminuendo e favorire gli
36 Bensusán A., Graciela I., Middlebrook K. J., Orensanz L., (2013). 101. Trad. mia.
37 ivi. 102. Trad. mia.
38 Martínez, F., Castillo, G. and Salgado, A. (2009).
39 Bensusán A., Graciela I., Kevin J. Middlebrook K. J., Orensanz L., (2013). 102. Trad. mia.
Parte I. Capitolo secondo: il modello esportatore di forza lavoro a basso costo
41
investitori privati interessati a competere per controllare la rete di fibra ottica de la Luz y Fuerza
del Centro40. A quel punto lo SME, indebolito dagli attacchi, senza risorse per aver perso tutte le
quote sindacali e isolato dall’opinione pubblica per la cattiva reputazione dell’impresa per via
delle continue interruzioni dell’elettricità che si susseguirono a Città del Messico, non fu capace
di dare una risposta altrettanto forte al governo che offrì un buono uscita molto alto a chi
accettasse l’interruzione del rapporto senza ricorrere in giudizio. Dopo due anni, liberati i
detenuti della notte dell’irruzione della polizia ed eletto il Governo di Peña Nieto, non vi è stata
una risoluzione per tutti quei lavoratori che sono ricorsi in giudizio.
Il sindacato Minero
L’altro conflitto, quello che ha visto contrapporsi il governo di Calderón e il Sindacato Minero,
riguarda ancor più da vicino il tema della ricerca, poiché le mobilitazioni alla fabbrica Teksid,
oggetto di studio, hanno visto la partecipazione proprio del Sindacato Minero. La strategia del
governo fu la stessa del primo caso: “sfruttare a proprio favore la debolezza interna dei sindacati
oppositori”41. La difficoltà interna del Sindacato Minero nacque dall’elezione di Napoleón
Gómez Urrutia, figlio del segretario uscente Napoleón Gómez Sada, in chiaro contrasto dello
statuto interno del sindacato. Se in un primo momento la Secretaria de trabajo y previdencia
social (STPS) aveva ratificato l’elezione di Gomez Urrutia, quando il neo segretario prese
posizioni scomode rispetto alle politiche lavorali del governo la STPS usò il suo potere
amministrativo per destituirlo. Indubbiamente il “maggior ‘peccato’ [della segreteria Gómez
Urrutia] fu resistere alle restrittive politiche salariali adottate dal governo federale e dalle imprese
minerarie, organizzare numerosi scioperi e blocchi della produzione per fare pressione sulle
compagnie minerarie affinché concedessero salari maggiori in un momento nel quale stavano
ottenendo enormi guadagni per il rapido aumento del prezzo dei minerali nel mercato”42. Nel
2006 la STPS procede con una denuncia a carico di Gómez Urrutia e dei suoi collaboratori, con
l’accusa di aver rubato 55 milioni di pesos destinati ai lavoratori a seguito della privatizzazione
della miniera più grande del Messico. Il processo, che “è stato segnato per evidenze di
40 ivi. 101. Trad. mia.
41 Ivi. 95. Trad. mia.
42 ivi. 96. Trad. mia.
Parte I. Capitolo secondo: il modello esportatore di forza lavoro a basso costo
42
manipolazione politica”43, ha visto difendersi Gómez Urrutia sia dal punto di vista legale che
politico. I lavoratori hanno, infatti, confermato, in diverse occasioni, il loro appoggio al segretario
oramai esiliato in Canada dal 2006, il quale ha pendente un ordine di estradizione che però
inspiegabilmente non è mai stato eseguito. Dopo la destituzione di Gómez Urrutia la produzione
di più di 70 imprese del paese furono bloccate dallo sciopero del Sindacato Minero per protestare
per la libertà sindacale e per chiedere al governo di non intromettersi in questioni sindacali. Il
Sindicato Minero presentò davanti all’OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) una
denuncia per violazione dell’87º Convenzione sulla libertà sindacale e la protezione del diritto
sindacale. Il 2 di aprile l’impianto siderurgico di Lázaro Cárdenas, Michoacán, dichiarò sciopero
e blocco della produzione in difesa della libertà sindacale. Il 20 aprile la polizia federale e
l’esercito, coadiuvati dall’utilizzo di elicotteri, procede allo sgombero dell’impianto: l’operazione
avrà il duro bilancio di due lavoratori morti e 50 con ferite da arma da fuoco44. Nel 2006 la
tragedia di Pasta de Conchos acuirà ulteriormente lo scontro tra governo e Sindicato Minero. Il
19 febbraio del 2006 una esplosione dilaniò la miniera di carbone situata nella città di Rosita,
Coahuila, uccidendo 65 minatori e dimostrando le gravi mancanze dell’impresa Grupo México,
una delle più grandi del paese, in questioni di sicurezza. Il tortuoso processo per omicidio si
concluse con la condanna di quattro supervisori locali, ma senza riconoscere la responsabilità
delle cariche pubbliche, ne per i vertici dell’impresa, ne la possibilità per le famiglie delle vittime
di recuperare i corpi, che continuano ad essere sepolti nella miniera. Nel 2007 la STPS effettua
un’ispezione nella miniera di Cananea, proprietà del Grupo México, ordinando 70 misure
correttive per l’igiene e la sicurezza sul posto di lavoro. Scoppiano gli scioperi nelle imprese del
gruppo messicano e l’11 agosto, nello stato di Sonora al Nord del paese, 90 lavoratori affiliati al
Sindicato Minero cadono in una imboscata di un non precisato gruppo armato con il bilancio di
un lavoratore morto. Nel 2007 inizia lo sciopero nella miniera di Cananea, Sonora, che terminerà
quando, nel 2010, la magistratura darà ragione all’impresa e le forze armate faranno irruzione per
recuperare le istallazioni ferendo diversi lavoratori. Lo sciopero della Cananea, così come in altre
miniere ha avuto un costo di 3.200 milioni di dollari secondo la Cámera Mexicana de la Industria
Minera.
43 ivi. 97. Trad. mia.
44 Sindicatomineroseccion65.com.mx. (2016).
Parte I. Capitolo secondo: il modello esportatore di forza lavoro a basso costo
43
2.2 La maquilizzazione dell’economia
L’Industria Maquiladora d’Esportazione (IME) assume una particolare rilevanza nel mondo e in
Messico per la diffusione che le Zone Industriali d’Esportazione (Export Processing Zones -
EPZ) hanno avuto a livello globale a cavallo dei due millenni: nel 1975 se ne potevano contare 79
in 25 paesi in via di sviluppo che davano impiego a 725000 lavoratori45 e lavoratrici, nel 2006 le
EPZ erano ospitate in ben 130 paesi in un numero di circa 3500 impiegando 66 milioni di
lavoratori e lavoratrici46, in continua crescita. Vogliamo prendere in considerazione l’industria
maquiladora come particolare regime di accumulazione integrato e interno al mercato mondiale,
consustanziale e strumentale a una produzione articolata e a un consumo cosmopolita, di cui
parlano Marx ed Engels nel Manifesto del partito comunista. In questo senso l’IME si presenta
come un particolare assemblaggio che s’inserisce nel frammentato processo di valorizzazione del
capitale su cala mondiale, accanto ad altri assemblaggi cognitivi, finanziari o produttivi che
contribuiscono al regime di accumulazione globale. Dall’inizio dell’aggiustamento strutturale
degli anni Ottanta il Messico è diventato una vera e propria piattaforma produttiva, dove hanno
trovato localizzazione un gran numero di imprese, sia attraverso processi di investimenti diretti
esteri, sia con processi di subcontrattazione, da molti paesi diversi (benché prevalgano i capitali
nordamericani come conseguenza della firma del TLCAN).
Il percorso cinquantennale dell’IME ha portato dalla sua istituzione come misura straordinaria ed
eccezionale a far parlare la comunità scientifica di maquilizazzione dell’economia, da un lato,
dall’altro dell’inserimento del Messico nell’economia globale in qualità di esportatore di forza
lavoro a basso costo. Se senza dubbio le EPZ sono un attore fondamentale del processo di
globalizzazione neoliberale e “forniscono una prospettiva privilegiata sulla globalizzazione, sulle
tensioni, sugli attriti e sui conflitti che la accompagnano”47, in Messico il capitale incontra delle
specificità particolari del territorio nel quale si localizza: particolarità che possono essere sfruttate
a proprio favore per ricercare i vantaggi da localizzazione, ma nello stesso tempo costituiscono
quella persistenza del locale con cui il capitale deve fare i conti, che è stata descritta da Cirila
Quintero48 nell’analisi del sindacalismo sulla frontiera Nord, di cui parleremo in seguito. Il
45 Carrillo J., Hualde A., Quintero Ramírez C., (2005). 4. Trad. mia.
46 International Labour Office, Bureau for Workers’ Activities (2014). 3. Trad. mia.
47 Mezzadra S., Neilson B., (2014). 269.
48 Quintero Ramírez, C.; (2006).
Parte I. Capitolo secondo: il modello esportatore di forza lavoro a basso costo
44
capitale contemporaneo, come accennavamo nel capitolo primo, utilizza “calcoli comparativi di
mercato per mettere in competizione e sfruttare le opportunità di lavoro in varie collocazioni
globali, comprese quelle imposte dai livelli retributivi, dalle possibilità di sindacalizzazione o di
altre forme di organizzazione, e le modalità di disciplina su basi di genere o etniche”49. Questo gli
permette, grazie alla creazione delle “eccezioni normative” costituite dalle EPZ di creare una
“gara al ribasso” sia tra i lavoratori situati a latitudini differenti così come all’interno della stessa
classe nazionale. Data l’ampiezza e l’eterogeneità del fenomeno EPZ si è deciso di prendere in
considerazione la maquila messicana come rappresentativa di una delle facce delle EPZ
tralasciando i vantaggi dati da fattori tecnici per concentrarsi sulle caratteristiche della forza
lavoro, nel suo rapporto con il capitale: le specificità delle relazioni sindacali, così come le
condizioni di lavoro messe a produzione nel contesto degli stati messicani adiacenti alla frontiera
Nord con gli Stati Uniti d’America.
L’industria maquiladora
L’Industria Maquiladora de Exportación (IME) è un fenomeno multidimensionale molto
diversificato che “è composto da un insieme di attività eterogenee inserite in un regime doganale
specifico”50. In Messico l’IME è soggetta a tre istituti di regolazione giuridica: la Zona
Fronteriza, la Zonas y perímetros Libres e las fábricas para el comercio mundial. I primi due
istituiscono zone geografiche a statuto speciale per quanto riguarda l’importazione e la
lavorazione dei fattori produttivi importati, la terza invece permette di registrare nel decreto
dell’Industria Maquiladora de Exportación de México un’impresa e di godere del regime
speciale doganale anche localizzandosi al di fuori della zona economica speciale, quella che,
come dicevamo precedentemente, Wise, Covarrubias e Pérez Veyna definiscono maquila
dissimulata.
Avanzando nell’allargamento del fenomeno maquilador diversi autori51 sostengono che lo
stereotipo della maquila della fine del secolo, una maquila di piccole dimensioni che utilizza
forza lavoro femminile dedita a processi semplici come di assemblaggio, è stato ampiamente
superato. L’Industria Maquiladora d’Esportazione, infatti,
49 Mezzadra, S., Neilson, B. (2014). 273
50 Carrillo, J., Hualde, A. e Quintero, C. (2005). 6. Trad. mia.
51 Melgoza, Javier; Garza, Enrique de la; Bendesky, León; Salas, Carlos (2004).
Parte I. Capitolo secondo: il modello esportatore di forza lavoro a basso costo
45
non si tratta in senso stretto di una industria (visto che è un insieme di attività e settori diversi),
nemmeno di un modello lavorativo (dato che coesistono grandi e piccole con asimmetrie e differenze
sostanziali), né di un modello produttivo (ci sono diversi modelli, specializzazioni e nicchie), né di un
modello tecnologico (dato che esiste una grande eterogeneità) o modello di investimento diretto estero
(molti stabilimenti sono messicani). In questo senso, si dice che le fabbriche maquiladoras sono tali
semplicemente per il fatto di appartenere a un programma doganale52.
Dare una definizione unitaria e monolitica dell’IME risulta tanto difficile quanto necessariamente
approssimativo. Quello che si può sicuramente dire è che la maquila è il risultato del carattere
assiomatico del grande capitale, caratterizzato da un’alta mobilità globale e che, attraverso la sua
capacità di trasmigrazione, riesce a sfruttare i vantaggi dati dalla localizzazione, assemblando un
insieme di condizioni territoriali, sociali, ambientali e giuridiche al fine di innalzare il saggio di
plusvalore e competere sul mercato globale. Detto in altre parole la maquila è l’assemblaggio
produttivo messicano che s’inserisce nel regime di accumulazione globale.
La genealogia del programma Industria Maquiladora de Exportación affonda le proprie radici
nel pieno periodo d’industrializzazione per sostituzione delle importazioni. Nel 1965 nasce il
programma IME a partire di due strumenti a cavallo della frontiera con gli USA: una politica
USA di esportazione e importazione libera da imposte, ad eccezione de valore aggregato
all’estero; e il Programa de Industrialización Fronteriza (Programma d’industrializzazione della
frontiera) o Programa de Aprovechamiento de la Mano de Obra Sobrante a lo Largo de la
Frontera con Estados Unidos (Programma d’Utilizzo della Manodopera Eccedente lungo la
Frontiera con gli Stati Uniti), “il quale permetteva l’importazione di fattori produttivi e
componenti, come l’esportazione degli stessi, liberi da imposte, fatta eccezione del valore
aggregato nel paese”53. Il programma inizialmente permetteva al capitale straniero di impiantarsi
sul territorio di frontiera solo con una composizione per il 49% straniera e per il 51% nazionale.
Nato come una misura d’emergenza per ammortizzare la grande disoccupazione nella frontiera
Nord “fu trasformato in un programma transitorio ‘però necessario’; mutò nella base dello
sviluppo regionale e, verso la fine della decade degli anni Ottanta, nel caso più riuscito del
52 Carrillo, J., Hualde, A. e Quintero, C. (2005). 6. Trad. mia.
53 Carrillo J., (2001).
Parte I. Capitolo secondo: il modello esportatore di forza lavoro a basso costo
46
modello d’industrializzazione volta all’esportazione in Messico”54. Infine portò Jorge Carrillo a
coniare il termine di maquilizazione dell’economia messicana.
Si può dire che, di pari passo con l’IME che “sorge sin dal principio vincolata all’economia
nordamericana”55, i governi messicani sono andati in direzione dell’integrazione con il mercato
statunitense e canadese (anche se prevale il primo dei due).
Carrillo, Hualde e Quintero56 riscontrano quattro fasi dello sviluppo dell’IME: una prima che va
dal 1965 al ’82, una seconda dal ’83 al 1994, una terza dal 1995 al 2001 e una quarta dal 2002 a
oggi. Come possiamo notare, proprio per la forte connessione che questo tipo d’industria ha con
l’introduzione del neoliberalismo la seconda e la terza fase hanno come punto di inizio l’entrata
nel GATT, e successivamente l’entrata in vigore del TLCAN.
La prima fase è caratterizzata dalla convivenza tra l’industrializzazione per sostituzione
d’importazioni e il nascente Programa de Industrialización Fronterizo che, come si diceva, fu
varato come ‘male necessario’ per attrarre investimenti esteri, che si localizzarono
completamente a ridosso della frontiera Nord per il sistema di Zona libera e frange di Frontiera
(Zona Libre y Franjas Fronterizas), ovvero tutta la fascia entro i 20 km a sud degli Stati Uniti,
che si ampliò a 70 nel caso della frontiera di Ciudad Juarez.
La seconda fase inizia con la crisi di svalutazione e con il continuo processo di privatizzazione
che innalza fortemente la disoccupazione e abbassa i salari. In questa stessa fase l’IME perde la
sua caratteristica di manifattura per dinamizzarsi, eterogeneizzarsi, segmentarsi e diffondersi
geograficamente: i settori che ne fanno parte si ampliano, le dimensioni variano dai piccoli
laboratori di cucito alle grandi industrie di componenti auto, convivono nell’IME regimi
produttivi fordisti mentre si diffonde il just-in-time, alcune maquilas utilizzano una grande
quantità di lavoro nel processo produttivo mentre altre dimostrano una preponderanza
tecnologica, si diffondono maquilas di capitale messicano al lato della superiorità quantitativa del
capitale statunitense, si diffondono a livello geografico abbandonando le delegazioni
esclusivamente di frontiera. È in questa fase che “molte altre imprese essendo praticamente
54 Carrillo J., (2001). 3. Trad. mia.
55 Ibidem. Trad. mia.
56 Carrillo, J., Hualde, A. e Quintero, C. (2005).
Parte I. Capitolo secondo: il modello esportatore di forza lavoro a basso costo
47
identiche [alle maquilas] non sono associate al regime maquila, e viceversa, molte imprese che
sono sotto il regime, sono molto lontane dallo stereotipo semplicista della maquila57.
La terza tappa inizia con l’entrata in vigore del TLCAN che un forte impulso allo sviluppo
dell’IME, negli stessi anni si sviluppa la crisi Tequila che aumenta la distribuzione della
ricchezza verso un centro che si colloca in alto e genera un esercito industriale di riserva amplio
che può essere lentamente incorporato al mondo dell’IME. In questa stessa fase si verifica un
aumento del settore elettrico-elettronico e lo sviluppo di impianti produttivi che impiegano una
quantità maggiore di forza lavoro qualificata, che occupano ingegneri e che utilizzano un’altra
intensità di conoscenza. Nello stesso periodo, sebbene in forma limitata, vengono localizzati sul
territorio messicano reparti di Ricerca e Sviluppo e si rafforzano i cluster industriali.
La quarta tappa inizia con un rallentamento brusco della crescita dell’IME a causa della crisi
statunitense del 2001 (la cosiddetta crisi delle dotcom), la quale solleva molteplici dubbi sulla
dipendenza dell’economia messicana riguardo a quella statunitense. Inoltre in questa fase
l’offerta messicana subisce la competizione degli altri stati che si sono dotati anch’essi dello
strumento delle EPZ e in particolare della Cina e del Centroamerica che mantiene salari più bassi
di quelli messicani. A seguito della crisi, l’andamento dell’IME si è stabilizzato. Nel nuovo
millennio si approfondisce il carattere eterogeneo della maquila, che mette in crisi l’utilità del
concetto stesso. Durante la crisi iniziata nel 2008 l’economia messicana si è dimostrata ancora
una volta poco flessibile e monodipendente dato che la recessione negli Stati Uniti ha colpito
fortemente il Messico e con particolare forza il settore maquilador. Ad esempio, solo nel corso
del primo anno sono stati persi 125.838 posti di lavoro58. Senza dubbio il carattere volatile di una
parte consistente delle imprese che fanno parte del programma doganale maquilador, chiamate
anche empresas golondrinas59 (imprese rondini) per la capacità di migrare, è uno dei fattori
principali della scarsa stabilità e della accentuata sensibilità del settore maquilador rispetto a
shock esterni. È necessario sottolineare che non tutta la comunità scientifica è concorde nella
descrizione dell’effettivo sviluppo di queste quattro fasi delle maquilas60. In sostanza gli
57 Carrillo, J., Hualde, A. e Quintero, C. (2005). 8. Trad. mia.
58 Expansion.mx. (2009).
59 Carrasco G., (1997).
60 Garza Toledo, E. de la, El modelo económico neoliberal y los límites
de las confíguraciones productivas en México in Garza Toledo, E. de la, Neffa, J.C., Panigo, D.T. (Eds.), (2010).
Parte I. Capitolo secondo: il modello esportatore di forza lavoro a basso costo
48
ottimisti, tra i quali figura Jorge Carrillo, ampiamente citato, presentano la struttura in fasi come
un upgrading necessario perché ci sia uno sviluppo industriale positivo. In altre parole ritengono
che la maquila, caratterizzata da un modello taylorista-fordista, da una forza lavoro a basso costo,
non qualificata impegnata in mansioni tediose e ripetitive e principalmente di assemblaggio, con
basso utilizzo di tecnologia, si fosse evoluta negli anni Ottanta verso “una attività che non si
riduce all’assemblaggio ma che incorpora, invece, processi propriamente della manifattura, con
tecnologia automatizzata, nuove forme di organizzazione del lavoro, operai più qualificati e un
incremento della percentuale dei tecnici di produzione”61.
Senza dubbio la ricostruzione a tappe della maquila è utile per comprendere la
multidimensionalità che caratterizza il fenomeno, ma, benché si riscontrino maquilas che
utilizzano composizioni di capitale costante e capitale variabile differenti, accettare in toto la
teoria dello sviluppo per upgrading significherebbe mettere in secondo piano, da una certa
generazione di maquila in poi, l’importanza del costo della forza lavoro messicana nel mercato
mondiale, o almeno nordamericano. Le teorie che sminuiscono la centralità del costo della forza
lavoro sono contrastate dagli studi che attribuiscono la crisi dell’industria maquiladora di inizio
millennio alla competizione di paesi, come quelli asiatici o centroamericani, in termini di costo
della forza lavoro; questi studi, infatti, “accettano implicitamente che la maquila è un settore
basato nei bassi salari e, per tanto, quando questo vantaggio nazionale si esaurisce, la maquila
tende a uscire dal paese o a chiudere semplicemente gli impianti”62. Questo è confermato dal
fatto che la penetrazione dei prodotti cinesi nel mercato nordamericano ha, di fatto, soppiantato il
Messico come principale partner commerciale statunitense in settori come il tessile e l’elettrico63.
Senza dubbio a parità di costi di regimi doganali non si può affermare che sia esclusivamente il
costo della mano d’opera a indirizzare la localizzazione del capitale transnazionale: la presenza
d’infrastrutture per l’esportazione, la sicurezza degli investimenti, e la vicinanza ai mercati
influiscono certamente sul calcolo delle opportunità. Si può però affermare che il costo della
mano d’opera sia il principale fattore che rende appetibile un territorio per impiantare un’attività
industriale.
61 Ivi. 77. Trad. mia.
62 Ibidem. Trad. mia.
63 Ibidem. in nota. Trad. mia.
Parte I. Capitolo secondo: il modello esportatore di forza lavoro a basso costo
49
La maquila ha cambiato notevolmente nel corso della propria esistenza la composizione della
forza lavoro: nella prima fase, essa impiegava principalmente donne, giovani, spesso migranti
alla prima esperienza lavorativa, tali da costituire una forza lavoro eccezionalmente malleabile e
ricattabile. Nel 1975 ad esempio il rapporto tra uomini e donne era di 27 a 100 mentre, a seguito
dell’inizio del riaggiustamento neoliberale nel 2000 il rapporto era cambiato in 81,44 uomini per
100 donne64, attualmente il rapporto si è praticamente parificato. La maggior parte della forza
lavoro impiegata non è qualificata o è poco qualificata. I salari sono di un quarto più bassi che
nella manifattura che non rientra nel regime doganale maquilador e la maggior parte dei
lavoratori ha poca anzianità, ovvero c’è un forte ricambio sia volontario che involontario,
distinzione che però come vedremo non sempre è così chiara.
De la Garza Toledo fa notare come con la ristrutturazione produttiva siano stati inseriti elementi
di toyotismo nell’IME che ha configurato un regime produttivo ibrido. Il taylorismo-fordismo,
come fa notare l’autore, non è sparito dalla scena produttiva mondiale, ma è ben presente nel
mondo, specialmente in quei paesi maquilador dove vengono localizzate produzioni alla ricerca
di bassi costi. Dalla diffusione dell’approccio toyotista della gestione delle risorse umane e
dell’organizzazione del processo produttivo il toyotismo è entrato in Messico adeguandosi
necessariamente alle condizioni locali e appoggiandosi su quella flessibilità contrattuale
sviluppatasi durante gli anni ’80, che vedremo in seguito. Si è dunque costituito come toyotismo
precario che implica la applicazione parziale del just-in-time e il controllo totale di qualità, nella
maggior parte delle imprese ristrutturate, ridotto ai suoi aspetti più semplici […]”65. Ha
mantenuto la precisa distinzione tra operai, tecnici e quadri dirigenti, introducendo incentivi che
premiano principalmente la puntualità e la partecipazione e con premi aziendali poco attrattivi
che però rendono variabile e flessibile il monte salari. Inoltre, la ripartizione degli utili non ha
niente a che vedere con la versione giapponese, essa si basa sugli utili derivanti dalla produzione
e non dai dividendi finanziari. Ad esempio, la ricezione della mobilità tra varie aree e mansioni
all’interno della fabbrica e la polifunzionalità del lavoratore sono state recepite dal toyotismo
precario come mobilità totalmente a disposizione della dirigenza senza un sistema reale di
avanzamento di qualifica, ma molto più spesso usate come forme di gestione disciplinare della
64 De la O 2006.
65 Garza Toledo, E. de la, El modelo económico neoliberal y los límites
de las confíguraciones productivas en México in Garza Toledo, E. de la, Neffa, J.C., Panigo, D.T. (Eds.), (2010).
Parte I. Capitolo secondo: il modello esportatore di forza lavoro a basso costo
50
forza lavoro e allo stesso tempo come forme di flessibilità funzionale alle variazione della
produzione.
Il toyotismo come il taylorismo, fa notare De la Garza, si basa sull’intensificazione del lavoro, e
non esclusivamente nell’intensificazione tecnologica: questo elemento è acutizzato nel toyotismo
precario. Se il fordismo produceva resistenze sia individuali, che potevano essere “incapacità
fisica di lavorare più rapidamente, fino a forme meno dirette, come il rallentamento della
produzione, il sabotaggio, l’assenteismo, il turnover, l’alcolismo e la tossicodipendenza”66, sia
collettive, come lo sciopero, il blocco illegale della produzione e l’occupazione delle fabbriche, il
toyotismo precario ha cercato di superare questo tipo di resistenze introducendo elementi
motivazionali e di fidelizzazione all’impresa, cercando di sviluppare una cultura operaia che
coincida con quella aziendale. Senza dubbio, però, la persistenza di un logorio della forza lavoro,
così come l’introduzione di dispositivi motivazionali che consumano le forze psicologiche del
lavoratore, non hanno raggiunto l’obiettivo di un conflitto zero, ma hanno cambiato le regole del
gioco attorno alla formazione di una coscienza di classe e di una soggettività resistente.
2.3 Flessibilità, salario e sindacalismo
Secondo un’analisi del Centro Analitico Multidisciplinario della UNAM nel 1987 il tempo di
lavoro socialmente necessario per acquistare una Canasta Alimentare Recomendable (Paniere
Alimentare Raccomandabile) era di 4,03 ore, nell’agosto del 2014 erano necessarie 22,53 ore di
lavoro67. A partire dalla stessa ricerca “si stima che il salario minimo ha perso il 25% del suo
potere d’acquisto nei venti anni di attività del TLCAN mentre il costo del paniere di consumo
operaio indispensabile è aumentato del 34% nelle ultime due decadi”68. Inoltre, come abbiamo
visto, il processo di privatizzazione che ha coinvolto l’istruzione, la sanità, i servizi essenziali
(luce, acqua, gas, edilizia popolare) e il trasporto pubblico ha rovesciato sul salario dei lavoratori
e sul lavoro domestico non retribuito all’interno delle famiglie la produzione della loro stessa
forza lavoro. Dunque “nonostante che la produttività di questi operai [della maquila dissimulata
ndr.] si approssimi ai livelli degli Stati Uniti, spesso la relazione salariale con questo paese è di
66 Ivi. 95. Trad. mia.
67 Centro de Análisis Multidisciplinario - UNAM. (2014). 96. Trad. mia.
68 López Bolaños A. C., México. La continuidad y profundización del despojo neoliberal. Balance de la economía a
partir del tratado de libre comercio de América del Norte (TLCAN) 1994-2014 in Rojas Villagra, L. and Puello-
Soccarás, J. (2015). 226. Trad. mia.
Parte I. Capitolo secondo: il modello esportatore di forza lavoro a basso costo
51
1:7, e quasi il doppio nella maquila”69. Si riscontra un consenso di massima sull’attribuzione ai
processi di flessibilizzazione sindacale della caduta della retribuzione del lavoro, oltre che alle
due ondate di svalutazione che nelle due crisi, quella dell’85 e del ’95, che hanno fatto si che la
forza lavoro diventasse competitiva sul mercato internazionale. La flessibilizzazione che secondo
Edmar Ariel Lezama Rodríguez e Orozco-Magallón non è stata propiziata né iniziata dalla
riforma della legge federale del lavoro del 201270, per quanto essa vada nella direzione di
“abbassare i costi della forza lavoro attraverso d’impieghi temporali e a prova”71. Il legislatore
interviene, infatti, per “legalizzare l’illegalità”72 di “processi, meccanismi e pratiche che furono
imposti nei fatti seguendo la direttrice della flessibilizzazione delle relazioni di lavoro e del
mercato del lavoro che consideravano eccessivamente rigidi, zavorra per la competitività”73.
La flessibilizzazione dei rapporti di lavoro si è affermata precedentemente nella prassi politica
delle relazioni industriali attraverso una serie di fattori. Edmar Ariel propone tre elementi per
69 Delgado Wise, Raúl; Cypher, James M.; (2007). 31. Trad. mia.
70 Sinteticamente, seguendo la ricostruzione di Enrique de la Garza Toledo, la riforma del 2012 interviene 1) sulla
flessibilità all’ingresso concedendo 30 giorni di apprendistato e 3 mesi di prova nei contratti a tempo indeterminato;
2) stabilisce che il licenziamento può essere comunicato alla giunta locale di conciliazione e arbitraggio che sarà
tenuta a esporla in apposite bacheche, se il lavoratore non fa ricorso, perché non si accorge del licenziamento, esso
diventerà effettivo; 3) il lavoratore che impugna un licenziamento e ottiene la sentenza di reintegro può chiedere
pagamento arretrato degli stipendi limitatamente a 12 mesi, il che scoraggia dall’intraprendere azioni legali poiché in
media i processi per lavoro durano 3 anni; 4) viene inserito il salario per ora che favorisce la semi occupazione o
sottoccupazione, stabilendo però che a prescindere delle ore, la paga giornaliera non potrà essere inferiore al salario
minimo, ma stabilendo che sarà contrattata tra lavoratore e datore di lavoro lasciando fuori il sindacato; 5) Consacra
la multi-abilità, ovvero la mobilità totale interna al luogo di lavoro tra mansioni differenti, anche inferiori, purché
siano collegate alla principale; 6) Stabilisce che lo scatto di livello salariare avviene prendendo i considerazione la
categoria precedente, la formazione conseguita all’interno del luogo di lavoro, l’anzianità, le competenze lavorative e
i livelli di produttività. Per quanto riguarda l’aspetto sindacale la riforma della Ley Federal del Trabajo interviene
solo per difetto, allargando cioè la pratica della contrattazione individuale e rispetto alle proposte il sindacalismo
corporativo ha mantenuto i suoi privilegi dato che non è stato legiferato il voto segreto e diretto nelle elezioni
sindacali e, anche se l’articolo per la clausola d’esclusione è stato decretato incostituzionale, non viene riaffermata
l’illegalità di tale scrittura tanto che continua ad apparire nei contratti collettivi di scrittura privata.
(http://sgpwe.izt.uam.mx/pages/egt/congresos/P1.pdf)
71 Edmar Ariel Lezama Rodríguez (2014)
72 Ortiz Magallón, R.; Anguiano Orozco, A., (2013)
73 Ivi. 99. Trad. mia.
Parte I. Capitolo secondo: il modello esportatore di forza lavoro a basso costo
52
comprendere se un regime lavorativo si può definire flessibile: inserimento lavorativo propenso
ai contratti temponei o all’inesistenza dei medesimi, poca o nulla vita sindacale, rigidità verso
l’alto dei salari. Nel 2012 solo il 34,35% della popolazione occupata possedeva un contratto
scritto. La vita sindacale e il sindacalismo indipendente, come abbiamo visto nel secondo
paragrafo, è stata fortemente osteggiata durante i governi che hanno condotto il Messico verso
una ristrutturazione neoliberale profonda basata sulla dottrina di “un nuovo modello di sviluppo
che promuovesse salari bassi e “pace” nel mondo del lavoro come principali vantaggi
competitivi: infatti, si proponeva che gli investimenti privati sarebbero dovuti essere il motore per
la creazione di posti di lavoro attraverso la contrattazione individuale e non collettiva”74. I salari
scontano una forte rigidità verso l’alto tanto che il salario reale rimane dal 1995 al 2014 intorno
agli 8 dollari per giornata75.
A giocare il ruolo di grimaldello nella ristrutturazione neoliberale, per quanto riguarda l’industria,
e per scardinare il vecchio sistema semi-fordista che vigeva nel periodo dello sviluppo per
sostituzione delle importazioni è stata proprio la maquila. Dal 1975 il forte sviluppo di questo
tipo d’impresa ha fatto grande utilizzo di forza lavoro femminile, che risultava essere una forza
lavoro docile, economica e abbondante. Gli studi sul tema76 sono avanzati fino a considerare
questo fenomeno come doppia manifestazione del patriarcato: da un lato, venivano impiegate
perché disciplinabili e disciplinate all’interno e fuori dai luoghi del lavoro, dall’altro, venivano
pagate meno per la dequalificazione della forza lavoro femminile, da un altro ancora poteva
essere espressione di un raddoppiamento del lavoro per esse, dato che al lavoro nella maquila si
affianca il lavoro domestico non retribuito. In questo contesto le lavoratrici oltre a essere state
usate come passpartout dal capitale straniero per abbassare i costi di produzione, sono anche state
quelle che hanno subito maggiormente la violenza della ristrutturazione neoliberale. È difficile
scollegare il fenomeno della violenza di genere a Ciudad Juárez, una delle principali città della
maquiladora, dalla femminilizzazione del lavoro iniziata proprio nella frontiera Nord.
Certamente, anche se non in misura esclusiva, il dispositivo della violenza di genere all’interno
delle fabbriche e intorno ad esse è stato un meccanismo di disciplinamento applicato alle
lavoratrici, la quali si trovano di fronte a dispositivi come la desaparición forzada o il
74 ivi. 81. Trad. mia.
75 ivi. 83. Trad. mia.
76 de la O, María Eugenia (2006).
Parte I. Capitolo secondo: il modello esportatore di forza lavoro a basso costo
53
femminicidio che possono essere usati per scoraggiare la resistenza alle condizioni lavorative.
Oltre alla messa in produzione della soggettività femminile, il carattere estremamente volatile di
questo tipo di imprese ha fatto che la contrattazione collettiva venisse indebolita.
Parallelamente alla ristrutturazione neoliberale che dà un duro colpo al sindacalismo indipendente
si è sviluppato, intorno alle tre principali centrali sindacali Central de Trabajadores Mexicanos
(CTM), CROC e CROM, un tipo di sindacalismo corporativo e un tipo di contrattazione che
viene definita di protezione padronale, ovvero completamente integrata alla gestione funzionale
dei luoghi di lavoro in difesa degli interessi delle imprese. Specialmente nel settore maquilador,
durante il periodo che intercorre tra gli anni Ottanta e Novanta, si gioca la partita della
ridefinizione del ruolo del sindacato nei confronti dell’impresa e del capitale straniero. Il
governo, preoccupato a incentivare gli investimenti stranieri, spinse in favore del capitale per
favorire lo sviluppo di una versione subordinata del sindacalismo locale tradizionale. Cirila
Quintero, profonda conoscitrice delle dinamiche sindacali della frontiera Nord, indica due
specificità di sindacalismo sviluppatosi durante la ristrutturazione industriale al confine con gli
Stati Uniti dall’incontro del regime di esportazione con le forme tradizionali di organizzazioni di
lavoratori. Da un lato troviamo il sindacalismo tradizionale, che ha mantenuto la contrattazione
collettiva come centrale nella sua politica sindacale, dall’altro lato troviamo il sindacalismo
subordinato che marginalizza il contratto collettivo di lavoro come forma di negoziazione e che
mantiene un’attitudine passiva rispetto alle richieste produttive dell’impresa77 . Ma anche
all’interno di queste due categorie Quintero suddivide le tipologie in due, distinzione che ci pare
importante alla comprensione del caso di studio che sarà esposto nel prossimo capitolo. Il
sindacato tradizionale tende ad assumere due tipi di atteggiamento nei confronti della
contrattazione collettiva: un tipo privilegia miglioramenti salariali e delle condizioni di lavoro
come motore centrale della propria politica, un altro tipo assume i contratti collettivi di lavoro
come garanti di condizioni minime, ma introducendo elementi tipicamente toyotisti di stimolo al
lavoro e alla produttività e efficienza del lavoro. Li chiameremo rispettivamente sindacati
tradizionali offensivi, i primi, e sindacati tradizionali difensivi i secondi. Anche all’interno della
categoria dei sindacati subordinati si possono riscontrare due tipologie: una prima, che mantiene
un contratto collettivo di lavoro, con poche clausole, e condizioni minime per quanto riguarda
77 Quintero Ramírez C., (1998).
Parte I. Capitolo secondo: il modello esportatore di forza lavoro a basso costo
54
salari e prestazioni e che hanno sottomesso buona parte dei diritti alle necessità dell’impresa,
come ad esempio, giorni di riposo o giornata di lavoro; una seconda tipologia comprende quei
sindacati che solo esistono per il padrone in virtù del fatto che vengono acquistati come un
servizio necessario per localizzarsi nel territorio, comparabile al pagamento delle tasse e dei
servizi di luce e gas78. Li chiameremo, mutuando i termini da uno dei primi studi sul tema di
Jorge Carrillo, citato da Quintero, il primo sindacalismo subordinato regressivo, il secondo
sindacalismo subordinato funzionale. Nella formazione di questi tipi di sindacalismo, la
governamentalità neoliberale ha permeato tutti i tipi di governo per affermare la prevalenza
dell’andamento dell’economia sui diritti e sulle condizioni lavorative, tutelando prioritariamente
gli investimenti e favorendo i sindacati non conflittuali. Come abbiamo visto, questo è avvenuto
sia reprimendo fortemente i sindacati che rifiutavano un ruolo subordinato agli interessi del
capitale e un ruolo tradizionale che andasse più in là della politica al rialzo concertativa, come nel
caso dello SME o nel caso del sindacato Mineros nazionale, sia intervenendo nell’ambito del
riconoscimento sindacale e dell’arbitrato sui conflitti del lavoro attraverso le Juntas Locales de
Conciliación y Arbitraje (JLCyA Giunte Locali di Conciliazione e Arbitraggio). Il fenomeno
del sindacalismo subordinato si basa sul sistema di corruzione ampiamente diffuso che propizia
l’alleanza del sindacato con il governo, tutt’altro che arbitro imparziale, e con il capitale. Come
mostrano le ricerche citate di Cirila Quintero, il sindacalismo subordinato non è un tipo di
relazione industriale esclusiva di alcune organizzazioni, ma attraversa trasversalmente tutte le
grandi organizzazioni sindacali, affermandosi, per esempio, in alcune sezioni mentre in altre no.
Nella pratica il sindacalismo subordinato, sia quello regressivo che quello funzionale, stipula un
particolare tipo di contratti che è stato chiamato, dalla letteratura messicana sul tema, Contratos
Colectivos de Protección Patronal (Contratti collettivi di protezione padronale). In sostanza sono
contratti collettivi, di cui i lavoratori stessi ne sono all’oscuro, ridotti al minimo in termini di
clausole e disposizioni che in sostanza consegnano nelle mani dell’impresa la totale gestione
della forza lavoro stipulando una forma radicale di flessibilità lavorativa. Nello specifico “la
flessibilità è estesa non solo come consegna assoluta della gestione della mano d’opera, ma anche
della definizione dei salari, benefici e condizioni di lavoro secondo l’andirivieni della
produzione”79.
78 Quintero Ramírez C., (2006).
79 Quintero Ramírez C., Contratos de protección y flexibilidad laboral, 35-46 (42) in González Nicolás, I. (2006).
Parte I. Capitolo secondo: il modello esportatore di forza lavoro a basso costo
55
Questa configurazione, come vedremo nello specifico nell’analisi del contratto collettivo della
Teksid Hierro de México, permette all’impresa di gestire la forza lavoro come un normale fattore
produttivo adattando just-in-time il suo impiego alle fluttuazioni della domanda. I contratti
collettivi di protezione padronale si basano su un paradosso d’illegalità legalizzata. Come fa
notare Carlos de Buen Unna80, sono atti giuridici simulati basati sulla corruzione diffusa e per
tanto illegale, dato che i lavoratori non sono informati della contrattazione collettiva ne
tantomeno difesi da tale tipo di contrattazione collettiva che, riducendo al minimo la scrittura,
lascia nella totale ambiguità aspetti importanti come: “l’organizzazione del lavoro, l’introduzione
di tecnologie, la supervisione, la definizione di cambiamenti nella produzione e nelle condizioni
di lavoro, tra le quali rientrano l’igiene e sicurezza del lavoratore all’interno della fabbrica”81.
Appare evidente come lasciare nelle mani della direzione aspetti come quelli descritti apra una
serie di possibilità di gestione della forza lavoro, preziose per il capitale transnazionale in cerca
dell’innalzamento del saggio di plusvalore. Infatti, l’offerta messicana non propone al mercato
del capitale transnazionale solo una forza lavoro a basso costo, ma anche la possibilità
d’intensificazione e prolungamento della giornata lavorativa a proprio piacimento, nel limite
massimo della resistenza fisica. Anche dal punto di vista disciplinare offre notevoli vantaggi,
non stabilendo, il contratto collettivo, la Legge Federale del lavoro, i limiti alla gestione
delle risorse umane, dando la possibilità di impedire e di controllare eventuali resistenze – da
minimizzare minuziosamente per ottenere il massimo profitto possibile da una giornata di lavoro.
In cambio della rinuncia al controllo del regime produttivo nel contratto collettivo vengono
inserite le clausole di close shop e di esclusione: la prima stabilisce che possono essere impiegati,
nel livello di operaio, solo lavoratori sindacalizzati con il sindacato firmatario del contratto; la
seconda impegna l’impresa a licenziare o sanzionare, su indicazione del sindacato, i membri che
non rispettano il regolamento sindacale, del quale nella maggior parte dei casi i lavoratori sono
all’oscuro, così come delle clausole appena menzionate. In cambio di tale servizio e per tenere le
carte in regola dinanzi alla JLCyA che legalizza tale accordo, ovviamente, il sindacato riceve un
indennizzo per l’organizzazione di attività sportive o ricreative per i lavoratori, il quale
rappresenta il compenso per la dirigenza sindacale. Tale relazione industriale “nel linguaggio
80 Buen Unna, C. (2011).
81 Cirila Quintero Ramírez, Contratos de protección y flexibilidad laboral, 35-46 in González Nicolás, I. (2006). 42.
Trad. mia.
Parte I. Capitolo secondo: il modello esportatore di forza lavoro a basso costo
56
moderno dell’amministrazione delle ‘risorse umane’, si tratta di un sistema ‘win, win […] e win’,
poiché guadagnano il padrone, […] i proprietari del sindacato e le autorità”82, mentre gli unici
che ne pagano il costo sono i lavoratori isolati e individualizzati.
Il cerchio si chiude sulle JLCyA poiché esse sono le istituzioni decentrate del governo che
unilateralmente determinano i salari minimi, la quantità di utili da ripartire tra i lavoratori, il
fondo per le case e decidono sui conflitti lavorativi.
Le pratiche di stipula di contratti di protezione padronale e di sindacalismo subordinato
permettono anche di “osservare il sindacato come un elemento di sfruttamento e controllo del
lavoratore attraverso una collaborazione incondizionata con il capitale”83.
2.4 Conclusioni. La scenografia pacificata del mondo del lavoro
“Questo è un governo di imprenditori, per gli imprenditori”,
discorso di inaugurazione del governo di Vicente Fox
Nel gennaio del 2015, Alfonso Navarrete Prida, segretario della Secretaria del trabajo y de
previdencia social, dichiarò che in Messico prevale un clima di pace industriale e che da 15 mesi
non si registrava uno sciopero, nonostante le 8777 proclamazioni84. Il 16 aprile 2014 nella Teksid
Hierro de México a Ciudad Frontera, Monclova-Coahuila, i lavoratori del turno notturno
bloccavano la produzione reagendo al rifiuto dell’impresa di pagare il reparto de utilidades85
secondo la legge e alle pessime condizioni di lavoro. Quello che di fatto è stato uno sciopero
selvaggio, e che poi ha costituito il caso di studio di questo lavoro, rientrava all’interno della
finestra dei 15 mesi senza scioperi dichiarata da Alfonso Navarrete Prida. Come è possibile che il
segretario generale della STPS possa presentare una situazione di assenza di conflitto? Secondo
Cirila Quintero si è “estesa una storia ufficiale propagandata dal governo e le strutture lavorative,
impegnate nel segnalare l’assenza di conflitti nelle relazioni di lavoro”86. Effettivamente questa
82 Buen Unna, C. (2011). 7. Trad. mia.
83 Quintero Ramírez C., (1998). 93. Trad. mia.
84 Animal Político. (2015-2).
85 Il reparto de utilidades, è una figura inserita nell’ordinamento messicano dalla costituzione política del 1917 che
prevede che una parte degli utili dell’impresa venga redistribuita tra tutti i lavoratori. Disposizione che come
vedremo nel caso di studio viene spesso elusa, con la complicità delle JLCyA.
86 Quintero Ramírez C., (2006). 23. Trad. mia.
Parte I. Capitolo secondo: il modello esportatore di forza lavoro a basso costo
57
affermazione trova riscontro, non solo nei fatti di cronaca, che vedono la presenza costante di
conflitto lavorativo, ma anche nel quadro teorico fin qui supportato dalla letteratura: il Messico
per configurarsi come piattaforma produttiva incentrata sull’esportazione di forza lavoro a basso
costo, non solo ha la necessità di abbassare salari e rendere la propria forza lavoro disciplinata e
produttiva, deve anche creare una scenografia di affidabilità e pace industriale all’interno della
quale il capitale che si localizza sul territorio non troverà quelle resistenze e quelle griglie di leggi
che ne limitino l’agire. In effetti, come abbiamo osservato per quanto riguarda i contratti di
protezione padronale e per il sindacalismo subordinato, le istituzioni governamentali del lavoro
hanno affermato una discorsività che legittima la preponderanza della ragione degli investimenti
per il bene e per lo sviluppo del paese, rispetto alle necessità dei lavoratori. All’ottantesimo
anniversario della CTM, tuttora il sindacato messicano con più iscritti, alla quale hanno
partecipato esponenti del governo e del mondo industriale, il segretario generale Carlos Aceves
del Olmo ha dichiarato: “Non siamo nemici, siamo sulla stessa barca, se va bene alle imprese va
bene ai lavoratori”87. Aceves del Olmo ha ribadito una alleanza che, come abbiamo visto, è
pienamente operativa e che marginalizza la voce dei lavoratori e inserisce il sindacato nella
logica di sfruttamento della mano d’opera da parte del capitale transnazionale. Per la proiezione
della pace industriale nel paese il governo adopera uno stratagemma statistico: per sciopero
(huelga) vengono registrate esclusivamente gli scioperi indetti da un sindacato titolare del
contratto collettivo e ratificati dalla JLCyA, mentre come nel caso della Teksid i blocchi della
produzione vengono classificati come paros e non inseriti nelle statistiche che registrano i
conflitti industriali. Come abbiamo visto nel paragrafo precedente, l’alleanza Sindacato-Imprese-
Governo tende a spingere in favore del sindacalismo subordinato, sia attraverso la stipulazione di
contratti collettivi di protezione padronale direttamente con l’impresa, sia con la repressione
governativa dei sindacati tradizionali offensivi, sia con la reticenza dei sindacati subordinati a
indire scioperi che, attraverso le JLCyA, utilizzano il potere amministrativo per inibire la
proclamazione di scioperi.
Secondo la legge messicana sono le JLCyA ad avere il compito di valutare la legalità o meno di
uno sciopero: nel caso in cui venga considerato illegale, ciò conduce al licenziamento di tutti gli
87 El Sol de México. (2016).
Parte I. Capitolo secondo: il modello esportatore di forza lavoro a basso costo
58
scioperanti. Inoltre, solo il sindacato proprietario del contratto collettivo ha il diritto di presentare
le dichiarazioni di sciopera alla JLCyA per sottometterlo a giudizio di legittimità.
L’assemblaggio con il quale il Messico si è inserito nel mercato mondiale, sta labilmente al
confine tra legalità e illegalità, chiaramente spostato in favore del capitale per garantire profitti
attraverso l’offerta di una forza lavoro flessibile, a basso costo e docile.
59
Parte II. Capitolo terzo. Il capitale FCA in Messico
3. Monclova e Ciudad Frontera, osservazione complessa di una realtà complessa.
Dopo aver ricostruito il quadro teorico e bibliografico che ha condotto questa ricerca e aver
delineato i tratti fondamentali delle relazioni industriali messicane è necessario confrontarsi con i
risultati e le difficoltà riscontrate durante la permanenza, nell’intento di comprendere il lavoro e
le resistenze in Teksid Hierro de México, nelle città di Monclova e Ciudad Frontera. La ricerca di
campo si è svolta utilizzando la tecnica dell’osservazione partecipante e dell’intervista qualitativa
al fine di riscontrare nelle descrizioni soggettive dei lavoratori attivi nel movimento sindacale i
processi di accumulazione fin qui esposti. Lo studio ha voluto affiancare a una ricerca
bibliografica uno sguardo dal basso soggettivo su processi macro e meso che direttamente e
indirettamente investono le vite degli attori. L’ipotesi principale formulata al principio del lavoro
è che il regime di accumulazione della maquila della frontiera nord impiega come elementi
essenziali dispositivi di gestione della forza lavoro che si muovono sul labile confine tra legalità e
illegalità, e che questi siano parte fondamentale dell’attrattività del territorio messicano per gli
IDE. Quello che ne è emerso è un quadro nel quale i dispositivi gestionali sono caratterizzati da
una configurazione flessibile di legalità e illegalità capace di piegare la normatività alle necessità
gestionali, ma anche dispositivi violenti e totalmente illegali disponibili su un territorio, come
quello di Coahuila, permeato dalla criminalità organizzata.
Nonostante la determinazione, le difficoltà sono state numerose e relative alle caratteristiche del
territorio della frontiera nord. Durante la permanenza a Nord del Messico, specificatamente negli
stati di Tamaulipas e Nuevo León, nei quali ho avuto la possibilità di conoscere i professori del
Colegio de la Frontera Nord (istituzione accademica d’avanguardia riguardo allo studio della
zona di frontiera con gli Stati Uniti) e consultarne le biblioteche, e Coahuila, dove si è svolta la
ricerca, ho potuto constatare come la violenza sia un dispositivo utilizzato per gestire non solo i
flussi migratori verso gli Stati Uniti, ma anche gli altri aspetti della vita socio economica di
queste zone industriali:
Imprese transnazionali, gruppi imprenditoriali locali, sindacati gialli, istituzioni pubbliche locali, statali
e federali, organizzazioni non-governative internazionali, forze dell’ordine e militari, corpi armati
speciali, collusi con il crimine organizzato, costituiscono l’apparato ideologico e il braccio armato di
una struttura egemonica che perpetra una sistematica violazione dei diritti del lavoro e ambientali dei
Parte II. Capitolo terzo. Il capitale FCA in Messico
60
lavoratori e delle lavoratrici; che reprime, aggredisce, picchia, violenta, fa scomparire e uccide per
mantenere il controllo economico e politico del territorio.1
Il contatto con la realtà di Teksid Hierro de México è stato possibile grazie all’appoggio dei
lavoratori licenziati a seguito dei blocchi della produzione dell’aprile 2014 che hanno aderito al
Sindacato Minero, nella volontà di una democratica affiliazione sindacale. Questi lavoratori
hanno avuto la premura di ospitarmi nelle loro case, poiché l’unico albergo della città non era
stato riconosciuto dagli stessi come luogo sicuro, né tantomeno il percorso che portava da Ciudad
Frontera a Monterrey (capitale dello stato di Nuevo León e grande città più vicina al campo di
studio). Già a seguito del mio primo avvicinamento, la mia presenza sul campo è divenuta notizia
di pubblico dominio, così com’è stata percepita come ostile per l’appoggio ricevuto dal Sindacato
Minero; da quel momento è stato impossibile, nonostante i tentativi, ottenere interviste con il
settore di risorse umane, sindacalisti della CTM o con altri lavoratori non sostenitori del
movimento sindacale minero.
Quello che è scaturito dalla ricerca di campo è stato un particolare sguardo soggettivo sulle
relazioni industriali e sulla vita lavorativa degli operai dell’industria automobilistica Teksid, uno
sguardo resistente che ha messo in discussione l’ordine produttivo di Teksid e della frontiera
Nord basato sul sindacalismo subordinato. In altre parole, l’obiettivo principale della seconda
parte di questo lavoro è restituire la voce dei lavoratori, come testimoni imprescindibili per la
comprensione della situazione lavorativa in Teksid Hierro de México.
Uno sguardo sull’ambiente
Le città di Monclova e di Frontera si sviluppano attorno a Altos Hornos de México, SA
(AHMSA), una ex impresa statale, privatizzata alla fine del 1991, che ha avuto un impatto
dirompente sull’area da quando vi si istallò nei primi anni del 1940. Dagli anni ’40 ai ‘90
l’acciaieria statale, sullo stimolo dello sviluppo per sostituzione delle importazioni, generò un
impiego stabile che si tradusse “in condizioni di vita comparativamente migliori che in altre parti
dello stato e del paese […], così come una percezione collettiva di sicurezza e stabilità”2. A
seguito dell’abbandono da parte del Messico del modello di sviluppo che aveva garantito la
crescita demografica della città fino a raggiungere i 300.000 persone, nel 1991 l’azienda venne
1 Marinaro P. (2015)
2 Rojas García, Georgina. (2013)
Parte II. Capitolo terzo. Il capitale FCA in Messico
61
privatizzata seguendo l’onda di riaggiustamento strutturale che cominciava proprio in quegli
anni. AHMSA passò allora da impiegare 24.216 lavoratori nel 1987, a 12.387 nel 19913. A
seguito dello shock, nella zona monclovense iniziarono ad affluire investimenti esteri e da metà
degli anni ’90 ospitò un agglomerato di maquilas, specialmente nel ramo metalmeccanico e
metallurgico, nonostante fossero presenti anche fabbriche tessili: la maggior parte delle attività
produttive erano in ogni caso legate alla catena del valore del settore automobilistico.
L’andamento del salario e della qualità dell’impiego seguì l’andamento nazionale facendo si che
“dopo la privatizzazione si modificò anche la concezione del lavoro come elemento strutturante
della vita giornaliera perché l’impiego stabile –per tutta la vita, con sicurezza sociale e
remunerativo – si trasformò in un modello lontano e come tale, ha perso la forza come referente
della forza lavoro di Monclova”4. Dal momento dell’istallazione dello sviluppo di AHMSA, “la
manifattura si consolidò e impresse a Monclova il carattere di città industriale che ostentò per
anni” 5. Il carattere
industriale della zona
monclovense è
confermato dalla forte
identificazione che ho
potuto notare durante la
mia permanenza sul
campo di studio: la
squadra di baseball
della città si chiama
Acereros del Norte,
letteralmente produttori
d’acciaio del nord, la
radio trasmette spesso
pubblicità del governo di Coahuila sulla bontà degli investimenti esteri e sui posti di lavoro che
3 Rojas García, Georgina. (2008).
4 Rojas García, Georgina. (2013). 2.
5 Rojas García, Georgina. (2008). 14.
Parte II. Capitolo terzo. Il capitale FCA in Messico
62
creano e sono presenti
partecipati tornei
sportivi tra le varie
fabbriche. Durante il
periodo di ricerca ho
avuto la possibilità di
assistere a una
manifestazione
organizzata dai
sindacati di AHMSA
e dalla direzione per
richiedere al governo
di tassare l’importazione di acciaio cinese. In quel caso erano stati mobilitati più di 15.000 tra
lavoratori e famiglie, secondo i media locali. Gli slogan scanditi durante la manifestazione, come
“Monclova è città operaia”, hanno dato conferma dell’importanza dell’identità operaia e del
tessuto industriale per la città [Foto 1].
La periferia si estende in orizzontale ed è composta di case basse, verniciate sulla facciata
anteriore, mostrando il cemento grezzo degli altri lati. Alcune di esse non hanno acqua corrente e
per la strada raggruppamenti di ragazzi legati alla criminalità organizzata vendono illegalmente
birra nelle fasce orarie durante le quali è proibito vendere alcolici.
Passando per una lunga strada che costeggia l’immenso impianto produttivo di AHMSA, in
direzione dei piccoli paesi-quartieri che sorgono ai margini di Monclova, si trova un panorama di
alture verdi interrotte esclusivamente da una discarica di rifiuti industriali a cielo aperto che
appare come una collina nera sopra la quale un viavai di camion scaricano le scorie [Foto 2]. I
quartieri operai [Foto 3] sono composti di case a schiera dell’INFONAVIT, fondo di credito
statale per le case popolari. La vita in questo tipo di abitazioni, per quanto ho potuto vedere, è di
bassa qualità, ma comunque più alta che nei vecchi quartieri periferici. Nella maggior parte dei
casi le case costruite con i fondi dell’INFONAVIT sono eccessivamente piccole per una famiglia
–una delle operaie intervistate vive con il marito e quattro figli in una casa che non supera
sicuramente i 30m quadrati– o costruite al risparmio in modo tale che in alcune stanze manca la
pavimentazione o addirittura alcuni sanitari. La condizione di povertà di questi quartieri è
Foto 2: Discarica di scorie industriali fuori Ciudad Frontera. Scattata il 27/06/2015
Parte II. Capitolo terzo. Il capitale FCA in Messico
63
palpabile. Secondo
uno studio del
CONEVAL 6
riguardo all’anno
2010 sul municipio
di Monclova 7, il
19% della
popolazione vive
in condizione di
povertà, il 26,7% è
vulnerabile per
carenze sociali e il
10,8% è vulnerabile per
reddito economico. Il 45,8% è la popolazione che soffre di almeno una carenza sociale.
Nello stato di Coahuila sono attivi tre cartelli della droga: Los del Golfo, gli Zetas e il cartello di
Sinaloa. Monclova in particolar modo è una città d’importanza strategica perché di passaggio
obbligato provenendo da est per Piedras Negras, città di frontiera con gli USA. Per quanto dal
2012 si siano ridotti di numero i momenti di conflitto armato tra cartelli, Los del Golfo e gli Zetas
sono pienamente attivi nella zona monclovense. Le forze dell’ordine speciali pattugliano con
armi pesanti le strade a viso coperto, come misura preventiva contro le rappresaglie, le quali però
spesso sfociano in violenze contro la popolazione civile. Le istituzioni governative locali e il
tessuto sindacale padronale sono collusi con il crimine organizzato: nel 2013 venne identificato
José David Galindo Flores, procuratore ausiliario della Procuradoría de la defensa del Trabajo
(Procura della difesa del lavoro), come uno dei partecipanti a un caso di desaparición forzata
rivendicato dal cartello degli Zatas nel 2009. José David Galindo Flores è figlio dell’attuale
segretario statale della CTM in Ciudad Frontera e nipote del fondatore e leader storico della
sezione cetemista di Coahuila, entrambi firmatari del contratto collettivo di Teksid8. È presente,
6 Consejo Nacional de Evaluación de la Política de Desarrollo Social.
7 CONEVAL (2010).
8 Animal Político. (2015).
Foto 3: Quartiere operaio di residenza di una delle lavoratrici intervistata. Scattata il
02/07/2015
Parte II. Capitolo terzo. Il capitale FCA in Messico
64
dunque, una convivenza fruttuosa, per non azzardarsi a chiamarla alleanza, tra capitale,
istituzioni, crimine organizzato e sindacalismo padronale.
È in questo contesto difficile e fortemente avverso che si è sviluppata la vertenza di democrazia
sindacale che è stata oggetto di studio di questo elaborato.
3.1. Il contratto collettivo e il ruolo del sindacato.
Abbiamo chiesto ha alcuni lavoratori di leggere in un piccolo focus group il contratto collettivo
di lavoro [Allegato A] e di commentare alcuni passaggi o che non capivamo o su cui ci sembrava
interessante avere la loro opinione.
Il contratto collettivo di lavoro aziendale (d’ora in poi solo contratto collettivo) firmato da CTM e
Teksid presenta molte delle caratteristiche precedentemente menzionate di un contratto di
protezione padronale. È breve, non supera le otto pagine, contiene le clausole di close shop e di
esclusione e stabilisce standard minimi rimandando in molti passaggi alla Ley Federal del
Trabajo, lasciando molti aspetti importanti alla direzione aziendale.
Il contratto collettivo ha validità esclusivamente per i lavoratori sindacalizzati, escludendo
dunque i lavoratori de confianza, ovvero gli impiegati contrattati direttamente dall’impresa al di
fuori della contrattazione collettiva. La clausola di close shop stabilisce che:
Tutti i posti eventuali, temporali o di planta [di base], saranno occupati unicamente e esclusivamente
dal personale appartenente al Sindicato de Trabajadores de la Industria Metalmecanica del Estado,
CTM9.
Questo produce un’affiliazione forzata al sindacato che ha una duplice finalità: impedire conflitti
intersindacali all’interno dell’impresa e ottenere il totale controllo della forza lavoro, presupposti
che, nel caso in cui il contratto collettivo sia firmato da un sindacato subordinato, comportano
l’inibizione dei conflitti lavorativi all’interno dei percorsi legali. Fino al momento del blocco
della produzione i lavoratori intervistati, nonostante fossero affiliati CTM ignoravano la funzione
del sindacato:
Io sapevo che esisteva un sindacato nell’impresa che si chiamava CTM perché il giorno che iniziamo a
lavorare si presenta anche il sindacato […] e ti spiega una sacco di scemenze. E cosa ti spiegano? “Tu
sarai del sindacato… la CTM… noi siamo qui…” ti danno un corso di fiducia terribile in quel
momento, però ugualmente […] te lo dimentichi perché non sai cos’è, realmente! io realmente al
9 Clausula Sexta, Allegato A
Parte II. Capitolo terzo. Il capitale FCA in Messico
65
tempo sapevo che c’era un sindacato che si chiamava CTM perché l’ho conosciuto il giorno che sono
entrato lì, però non sapevo che ruolo aveva, io credevo che era un requisito per stare nell’impresa avere
un sindacato. Io realmente non sapevo nemmeno che era la sigla del sindacato, mai mi sono preso il
disturbo di fare una ricerca di cosa significava “sindacato”. Quindi per me era un requisito che
l’impresa ti chiedeva. Senza dubbio mai abbiamo fatto uso di esso…mai.10
Come spiega il lavoratore, l’adesione al sindacato veniva percepito, fino al momento del paro,
come un requisito burocratico per poter essere assunti. Effettivamente, la clausola quinta del
capitolo 1, stabilisce come requisito per l’assunzione “affiliarsi al sindacato al momento
dell’assunzione”. Persino l’esistenza del contratto collettivo era ignorata dai lavoratori
sindacalizzati:
Questo contratto collettivo l’abbiamo conosciuto all’inizio dell’anno scorso. […] Dopo il blocco della
produzione lo abbiamo conosciuto, lo hanno tirato fuori al tribunale. Per questo lo abbiamo saputo…
perché non sapevamo […], ancor meno i regolamenti interni del lavoro, ancora meno gli statuti.11
I lavoratori si trovavano, de facto, in una situazione di contrattazione individuale con l’impresa,
senza però essere a conoscenza delle regole collettive decise in forma riservata da sindacato e
impresa, condizione che li pone costantemente passivi di sanzioni disciplinari. Questo viene
confermato dagli stessi dirigenti dell’impresa, con una concordanza nelle testimonianze, a seguito
del paro12, nel momento in cui i lavoratori hanno appreso l’utilità del sindacato:
A me quando mi hanno licenziato [a seguito del paro] a me l’impresa… io gli ho detto a Blackaller
[direttore delle relazioni industriali. N.d.R], gli ho detto: “Io realmente non capisco quello che mi sta
dicendo in questo foglio… parli con il mio sindacato perché venga e mi aiuti” “Quale sindacato?”
“la CTM” “Non c’è nessun sindacato, è solo un requisito che noi abbiamo, nient’altro” “e quindi
sono solo?” gli chiesi “beh, si…sei solo!”. Lo stesso Blackaller ha detto che per loro è solamente un
requisito avere un sindacato là.13
Dall’altro lato, la clausola d’esclusione permette al sindacato di richiedere all’impresa la
punizione del lavoratore che contravvenga al regolamento interno del sindacato. Regolamento di
cui i lavoratori sono all’oscuro.
10 Intervista C., 30/6/15, Ciudad Frotera, Coahuila, Messico.
11 Focous Group su contratto collettivo. 29/06/2015, Ciudad Frontera, Coahuila, Messico.
12 Come spiegavamo nel capitolo anteriore per paro si intende uno sciopero illegale. È stato deciso di lasciarlo in
spagnolo non trovando soddisfacente né “blocco”, né “sciopero selvaggio”. Il primo depotenziava l’importanza della
pratica collettiva, il secondo conferiva una connotazione giornalistica e negativa.
13 Intervista A. 28/06/2015, Ciudad Frotera, Coahuila, Messico.
Parte II. Capitolo terzo. Il capitale FCA in Messico
66
Il capitolo IV “Della competitività dell’impresa”14 è un’altra conferma del carattere padronale del
contratto collettivo di lavoro:
Riconosce il Sindacato, che le necessità di competitività a livello mondiale che affronta l’impresa
rendono indispensabile che si manifestino attitudini positive di comprensione e di franca
collaborazione dei lavoratori verso le diverse necessità di cooperazione che si presentino nella
fabbrica.
Nella logica sottesa a questo passaggio, possiamo identificare alcuni elementi importanti: la
volontà di far coincidere gli interessi dei lavoratori con le necessità produttive dell’impresa
creando artificiosamente un ambiente pacificamente produttivo e l’inserimento delle relazioni
industriali locali nella logica della competizione nel mercato globale. Proseguendo nella lettura
del capitolo IV incontriamo l’applicazione pratica del preambolo:
Il lavoratore sarà soggetto a una completa mobilità interfunzionale e interdipartimentale, ovvero, dovrà
svolgere in qualsiasi area o dipartimento, qualsiasi tipo di mansione che sarà richiesta e per la quale è
stato autorizzato e abilitato dall’Impresa. Questo sarà il concetto di “lavoratore multi-abilità” che si
utilizzerà dentro l’impresa.15
All’interno dell’impresa i lavoratori potranno essere utilizzati secondo le necessità della
produzione just-in-time per rispondere efficacemente alle necessità di un inserimento
dell’impresa nel mercato globale: ciò corrisponde a una totale mobilità interna. L’assenza di
un’intermediazione del contratto collettivo nella mobilità interna permette l’utilizzo della stessa a
fini disciplinari, come vedremo nel prossimo paragrafo. I lavoratori intervistati commentano così
il preambolo:
Che ci dite di questa parte? Che il sindacato è d’accordo che l’impresa faccia quel %&$%& di cui ha
voglia, in poche parole… e sta parlando per i lavoratori, che noi, i lavoratori, siamo d’accordo che
l’impresa ci dica di lavorare 12 ore […].16
Emerge la necessità di sottolineare come il sindacato parli per loro, per i lavoratori, creando
un’evidente frattura tra il vertice sindacale e gli stessi affiliati inconsapevoli. Il momento della
frattura e della ricomposizione soggettiva lo affronteremo in seguito.
Il concetto di lavoratore multi-abilità è collegato strettamente alla formazione dei lavoratori.
Benché emerga dalle interviste la facilità di passaggio da una linea produttiva all’altra per motivi
disciplinari, per incentivare la formazione del lavoratore multi-abilità si utilizza il sistema dei
14 Capitolo IV, della competitività dell’impresa, Allegato A.
15 Ibidem. Grassetto nel testo.
16 Focous Group su contratto collettivo. 29/06/2015, Ciudad Frontera, Coahuila, Messico.
Parte II. Capitolo terzo. Il capitale FCA in Messico
67
livelli remunerativi. Secondo il contratto collettivo sono 5 i livelli remunerativi che vanno dai
117,40 pesos giornalieri, del primo livello di contrattazione, ovvero il livello di formazione, ai
221,60 del livello “D”, il livello più alto. Il passaggio tra questi livelli avviene attraverso il
meccanismo dell’anzianità e dell’esame delle competenze:
Come funziona il cambio di livello? Guarda, questo quassù [livello “contratación”] è quando entri a
lavorare e sei operaio OE…[…] ai quindici giorni ti danno il livello “A”, però poi devi aspettare tre
mesi senza mancare, senza infortuni… un record pulito perché ti diano il livello “B”. Lì devi passare
un esame […]. Uno teorico e uno pratico. Che tipo di esame è? Dello stesso dell’impresa: sicurezza e
movimenti nelle macchine […]. Quanto tempo deve passare per arrivare al livello “D”? Sono
quindici giorni, devono passare tre mesi per il livello “B”, dopo devono passare sei per il livello “C”,
per il livello “D” sono altri sei, però passano anni… addirittura passano anni perché ti passino al livello
“C”.
Quindi, a parte il meccanismo dell’anzianità, che, come commenta A. è incerto nelle tempistiche,
ciò che conta è provare di saper utilizzare qualsiasi macchina all’interno dell’impresa. Ovvero
dimostrare di essere lavoratori multi-abilità. Anche in questo caso, il processo per gli scatti
salariali non sono descritti e stipulati nel contratto collettivo, ma lasciati all’arbitrarietà
dell’impresa, e in particolar modo al settore di risorse umane. L’unico incentivo stabilito dal
contratto collettivo è un premio di puntualità e assistenza:
L’Impresa è d’accordo nel concedere ai lavoratori un premio per puntualità e assistenza equivalente al
16% del salario giornaliero registrato, sempre e quando il lavoratore non abbia ritardi e abbia una
assistenza perfetta nel periodo di una settimana.17
Al contratto collettivo è allegato un accordo che si potrebbe assimilare a un contratto di
solidarietà:
“L’Impresa” manifesta che […] essendo inserita nel mercato mondiale e dell’esportazione, è soggetta a
comportamenti variabili che hanno ridotto considerabilmente i volumi di produzione e ha sofferto
difficoltà momentanee che mettono a rischio la preservazione dell’impiego del capitale umano che si è
formato […]. Però con il proposito di evitare il licenziamento del personale, e a seguito dell’accordo
con “Il Sindacato”, è stato necessario durante queste riduzioni del programma di produzione,
programmare e concedere in maniera anticipata i giorni di ferie ai quali hanno e avranno diritto “I
Lavoratori” […].
Con questa formula l’impresa si deresponsabilizza rispetto all’introduzione di un ulteriore
elemento di flessibilizzazione della forza lavoro, legittimandolo discorsivamente attraverso la
17 Vigesima primera, Capitulo V “Otras Prestaciones”. Allegato A.
Parte II. Capitolo terzo. Il capitale FCA in Messico
68
difesa dell’occupazione dalle oscillazioni naturali del mercato e dai volumi variabili di
produzione. In un certo senso si riafferma la capacità veridizionale del mercato, la quale
determina e legittima le condotte, sia dell’impresa come del governo che, attraverso la JLCyA,
normalizza tale scrittura e contribuisce alla creazione di condizioni favorevoli al capitale.
Le ferie anticipate menzionate dal preambolo saranno considerate in debito verso l’impresa:
“Il Sindacato” riconosce che i giorni di ferie anticipate goduti anticipatamente da “I Lavoratori” e
pagati al 100% da “L’Impresa”, costituiscono un debito de “I Lavoratori” contratta con “L’Impresa”
[…].18
La Ley Federal del Trabajo nel suo articolo 76 stabilisce il diritto a sei giorni di ferie annuali che
aumentano di due per ogni anno di servizio continuativo e dal quarto anno di due giorni per ogni
cinque anni di servizio. I lavoratori intervistati sul punto hanno confermato che i paros técnicos
(interruzioni della produzione decisi dall’impresa) superano spesso il numero di ferie a
disposizione.
A. Qui… se tu hai un anno di servizio sono sei giorni di ferie. L’impresa non s’interessa se tu hai
questi giorni. L’impresa ti da i quindici giorni [derivanti dal paro técnico. N.d.R]… […] l’anno
dopo sei debitore… dal prossimo anno hai diritto ai tuoi otto giorni e già li devi e il terzo anno già
li devi. C’è gente lí che…passa tre, quattro, cinque anni senza ferie.
V. Come di dicevo, io stavo per compiere tre anni e dovevo 54 giorni di ferie [all’impresa. N.d.R.]19
L’impresa s’impegna a condonare il 50% del debito contratto durante i periodi di ferie anticipate
per paros técnicos, il restante debito sarà comunque trattenuto con modalità non ben specificate.
Resta il fatto che i lavoratori non hanno possibilità di richiedere le ferie in un periodo di loro
necessità, come per altro rimarcato dalla clausola Decima Sesta del capitolo V:
Entrambe le parti sono d’accordo che i giorni di riposo per ferie, verranno goduti dai lavoratori in
accordo con il calendario che elaborerà l’impresa in base alle necessità di produzione della medesima
[…].20
Il sistema delle ferie anticipate a debito ha un forte impatto sulle vite dei lavoratori ignari di tale
meccanismo, e un forte vantaggio sulla flessibilità della gestione della forza lavoro.
Nel capitolo V “Altre Prestazioni” si prevede inoltre: l’impegno dell’impresa di fornire gli
strumenti di lavoro e di sicurezza; la trattenuta delle quote sindacali dai salari, secondo lo statuto
del Sindacato; la corresponsione di un 50% aggiuntivo sul pagamento delle ferie; una tredicesima
18 Clausola settima, Convenio de modificaciones de las condiciones de trabajo. Allegato A.
19 Focous Group su contratto collettivo. 29/06/2015, Ciudad Frontera, Coahuila, Messico.
20 Allegato A.
Parte II. Capitolo terzo. Il capitale FCA in Messico
69
equivalente a 22 giorni lavorativi (superiore al minimo stabilito dalla legge); la trattenuta del 7%
del salario per la costituzione di un fondo di risparmio a cui i lavoratori possono accedere una
volta all’anno, o che sarà corrisposto al termine del rapporto di lavoro; 12 pesos giornalieri per il
trasporto verso l’impresa; 5 giorni per la nascita di un figlio, 2 per matrimonio e 2 per morte di un
familiare stretto. La maternità non è invece contemplata da contratto collettivo, ma dalla legge:
viene garantita l’esenzione da mansioni pesanti che possano mettere in pericolo la salute della
madre o del figlio e concesse sei settimane precedenti e sei posteriori al parto; terminate le sei
settimane post parto e durante il periodo di allattamento la donna avrà diritto a due pause al
giorno, di mezzora ciascuna, per alimentare il figlio/a.
Certamente in questa sede ci basta affermare che “Il Sindacato” e “L’Impresa” sono stati
promotori di una contrattazione collettiva che si può definire padronale visto che il resto delle
clausole che non sono state citate fa riferimento al minimo stabilito dalla Ley Federal del Trabajo
e quelle che abbiamo visto consegnano la gestione della forza lavoro completamente nelle mani
dell’impresa. Questo contratto, infatti:
Non si stipula con chiarezza chi è il responsabile di aspetti come l’organizzazione del lavoro,
l’introduzione di tecnologia, la supervisione, la definizione di cambiamenti produttivi e le condizioni
di lavoro, tra le quali ci sono le misure d’igiene e sicurezza all’interno della fabbrica.21
Il contratto di protezione padronale, così come il sindacalismo subordinato funzionale, sembrano
essere un elemento costitutivo del toyotismo precario di cui abbiamo parlato in precedenza. Il
contratto di protezione padronale va a configurare una forma di flessibilità radicale e costituisce
una condizione di precariato della forza lavoro subordinata alle esigenze produttive. Come
abbiamo visto invece l’unico incentivo è costituito dal premio di assistenza che incentiva
principalmente la presenza e la puntualità.
In direzione del toyotismo l’impresa ha invece attivato il percorso di Word Class Manufacturing
[Allegato B], in altre parole il sistema internazionale di valutazione e di miglioramento
dell’impresa, e anche alcuni meccanismi di diffusione di una cultura lavorativa di partecipazione
all’impresa, recuperati dal modello giapponese. I lavoratori, però, percepiscono questi processi
d’inserimento di elementi toyotisti come un aspetto puramente formale al quale non segue un
reale cambiamento nel paradigma socio-produttivo, nonostante siano messi in atto miglioramenti
effettivi che vanno anche in direzione degli operai:
21 Quintero Ramírez C., Contratos de protección y flexibilidad laboral, 35-46 in González Nicolás, I. (2006). 43.
Parte II. Capitolo terzo. Il capitale FCA in Messico
70
Stanno mettendo tappeti ergonomici perché riposi la gente, per questo hanno cambiato il tipo di
calzature per la gente… perché lavorino più comodi gli hanno cambiato gli strumenti, la linea… hanno
modificato molte cose […]. Fanno molta propaganda delle cinque “S”22, e tutto… però alla fine dei
conti è spazzatura perché niente più stanno mascherando, perché non fanno altro che dipingere su
quello che era sudicio. […] Il Word Class è giusto per salire di livello, vero? Per essere certificati
meglio… […] Quindi resta un mese o una settimana tutto carino e dopo si rirompe tutto […]. Qui
niente più lo fanno per farlo, per tappare e niente più…per essere certificati meglio.23
Com’è possibile vedere dall’Allegato C è stato promosso un concorso di disegno per la diffusione
della cultura della sicurezza, “le tue mani, i migliori strumenti” che ha avuto una buona
partecipazione. La testimonianza di un lavoratore lascia però sospettare, a riprova delle altre
testimonianze che vedremo nel prossimo paragrafo, il carattere di facciata di tali percorsi di
diffusione di sicurezza, anch’essi relegati alla logica della certificazione:
Mi hanno portato ai corsi di sicurezza che stanno dando da settimane […]. Ci stava raccontando
barzellette Bela… è che Bela è una persona di sicurezza che non fa bene il suo lavoro ossia… ti diverti
perché te la passi ridendo per tutte le stupidaggini che ti dice, però realmente non impari niente e già ti
hanno certificato perché già ti hanno firmato il foglio dove hai assistito al corso di sicurezza. Questi
corsi sono iniziati questa settimana perché ci sono stati molti incidenti e vogliono rendere cosciente la
gente perché diminuiscano gli incidenti. Però realmente non ti insegnano niente[…].24
Inoltre, vengono organizzate lotterie, concorsi, grigliate aziendali e tornei sportivi. Questo genere
di attività, organizzate dal sindacato, ma pagate dall’impresa, molto spesso sono il compenso
collusivo che permette il mantenimento del sistema di sindacalismo subordinato e di
contrattazione padronale. Nel nostro caso di studio il patrocinio del sindacato a tali attività è
apparso solo successivamente alla richiesta di cambio di titolarità del contratto collettivo e alcune
delle testimonianze raccolte sottolineano come queste siano aumentate dal momento del paro:
Non c’è mai riconoscenza per il lavoratore. Pensano che a volte comprare quindici cartoni [di birra.
N.d.R] e otto chili di carne… […] questi te li danno ogni volta che gli va. Ti danno una birra e un
pezzo di carne […]. Una volta eravamo trenta, trenta persone per dieci cartoni, non è nulla… non è
22 Si riferisce al sistema giapponese di buone pratiche aziendali Seiri, Seiton, Seiso, Seiketsu, Shitsuke, tradotte in
italiano con Sgomberare, Sistemare, Spendere, Standardizzare e Sostenere. Il lavoratore in questa stessa intervista in
un altro passaggio comenta:
Cosa sono le cinque “S”? Quelle che usano i cinesi. Non le so realmente le cinque “S”. […]
Ordinare… pulire e chissà che!
23 Intervista C. 30/06/2015, Ciudad Frontera, Coahuila, Messico.
24 ibidem
Parte II. Capitolo terzo. Il capitale FCA in Messico
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nulla dieci cartoni per trenta persone e dopo ci ha dato cinque chili di carne per trenta… cinque chili…
[…]. È stato quando ci siamo resi conto. […] Lì tengono la gente comprata, o pensano che la possano
comprare con un pezzo di carne… credono che con questo la gente già è contenta… questo successe
con i ventilatori… sorteggiarono 100 ventilatori però tutto condizionato: “sorteggerò 100 ventilatori tra
le persone che non abbiano assenze negli ultimi due mesi, ne ritardi, ne permessi, ne malattie”, di
questi 100 ventilatori 20 se li prese risorse umane, ingegneria industriale, i capi. In cosa stai
appoggiando i lavoratori? Si suppone che sia per i lavoratori, per i sindacalizzati… Questi li sorteggia
l’impresa, niente più che la CTM si assume questi miracolini.25
Oppure:
Per cominciare in nessun momento vedevi il logo della CTM, nemmeno fuori dai loro uffici… […] In
qualsiasi cosa fanno ora ti mettono il logo della CTM, anche nelle narici [ride. N.d.R]. Quindi prima
non succedeva questo, a partire di questo [il paro. N.d.R] per motivare la gente perché non faccia
assenteismo stanno facendo le estrazioni, però tutto se lo aggiudica la stessa CTM.26
Sono sempre stati presenti, in accordo con la letteratura esaminata, i tornei sportivi all’interno
dell’impianto tra i vari dipartimenti.
Si possono dunque identificare due dispositivi che hanno come effetto la marginalizzazione degli
operai e delle operaie: il mantenimento e l’incoraggiamento dell’ignoranza per quanto riguarda
da pratiche sindacali, regolamenti, contrattazione collettiva e leggi, e la legalizzazione
dell’illegalità attraverso “i dispositivi istituzionali (JLCyA) [che] diventano complici
dell’impresa e avvallano la violazione della legge, facendo diventare norma l’illegale” 27 .
L’impresa in questo modo “si comporta come se fosse dentro della legge, mandando il messaggio
simbolico ai lavoratori che sono nell’ordine e sono legali le pratiche che loro realizzano”28.
3.2 Le condizioni di lavoro e la legalità flessibile.
L’obiettivo di questo paragrafo è quello di ricostruire a grandi linee le condizioni di lavoro e di
gestione della forza lavoro, sia nel suo aspetto strettamente legato alla produzione, sia nel suo
aspetto disciplinare che comporta abusi e illegalità nell’espressione del potere. Durante la
permanenza sul campo, gli aspetti salienti che i lavoratori intervistati hanno rimarcato più volte
sono stati quelli della corruzione interna, che permea i livelli dirigenziali, e la totale subalternità
25 Intervista A. 28/06/2015, Ciudad Frontera, Coahuila, Messico.
26 Intervista C. 30/06/2015, Ciudad Frontera, Coahuila, Messico.
27 Hernández Romo, M. (2012). 146.
28 Ibidem.
Parte II. Capitolo terzo. Il capitale FCA in Messico
72
dei lavoratori alle necessità produttive della fabbrica. La corruzione dell’apparato dirigenziale si
esprime, ad esempio, in furto di materiali, scomparsa delle quote sindacali, manipolazione delle
lotterie interne fino ad arrivare ad abusi di potere sugli operai e sulle operaie. La subalternità dei
lavoratori al processo produttivo è la controparte dello strapotere del capitale (espresso dalla
dirigenza) sulla forza lavoro impiegata: ai fini dell’aumento del plusvalore viene utilizzato il
dispositivo della legalità flessibile. Per legalità flessibile s’intende la possibilità da parte
dell’autorità riconosciuta di stringere, allungare o modificare a proprio piacimento il confine tra
legale e illegale, in nome di una legalità simbolica basata su contratti, statuti e regolamenti, nel
nostro caso, non a norma di legge e/o sconosciuti ai lavoratori. A tutto ciò si sono aggiunti
intimidazioni e pestaggi seguiti ai blocchi della produzione che hanno confermato l’impiego dei
dispositivi presenti sul territorio al fine del controllo della forza lavoro e la repressione d’istanze
di democrazia sindacale, i quali, vogliamo sostenere, sono inseribili a pieno nella logica stessa di
accumulazione di capitale.
La segmentazione del personale
L’impresa impiega all’incirca 1600 persone, di cui 1200 sindacalizzate: circa 850 sono operai di
linea. Seguendo la divisione soggettiva eseguita dai lavoratori nel corso delle interviste, il
personale è suddiviso in operai di linea sindacalizzati, sindacalizzati impiegati in ambiti
amministrativi di basso livello, come la gestione del magazzino o il controllo di qualità, gli
impiegati diretti dell’impresa che vengono definiti dai lavoratori intervistati de confianza, ovvero
di fiducia, i quali possono ricoprire il ruolo di capi di linea, poco al di sopra dell’operaio
sindacalizado fino a essere assimilabili ai dirigenti. A questi vanno aggiunti i lavoratori
subcontrattati che si occupano specificatamente di pulizia, giardinaggio e manutenzione generale
della fabbrica. Al livello più alto troviamo i dirigenti di risorse umane, gli ingegneri e il
corporativo, ovvero la dirigenza internazionale di Teksid. Il corporativo viene conosciuto dai
lavoratori durante l’esperienza dei blocchi della produzione nella figura di Massimo Boerio,
Amministratore di Teksid do Brasil LTDA, venuto appositamente per partecipare alla risoluzione
del conflitto.
La divisione che viene percepita come più labile e mutevole è quella tra sindicalizados e
lavoratori di confianza:
A: i lavoratori di confianza normalmente sono gli stessi lavoratori sindacalizados. Al lavoratore
sindacalizado gli si dà la possibilità di salire di livello.
Parte II. Capitolo terzo. Il capitale FCA in Messico
73
V: C’è gente, tipo fai conto che sono di linea e sono sindicalizados però vogliono un capo di linea […]
e fanno il percorso per diventare di confianza, e gli danno il contratto di confianza.
[…] lì firmano un foglio dove accettano di essere di confianza. Perché hanno un salario più alto,
risparmio… Hanno prestazioni un po’ più alte. […]
E che posto danno a uno di confianza?
V: possono essere di qualità [controllo di qualità. N.d.R], possono essere amministratori, capi di linea
[…].29
All’interno della categoria di confianza rientrano, dunque, varie soggettività, con mansioni
differenti e con un distinto rapporto rispetto al comando del capitale. I capi di linea, ad esempio,
appaiono nelle narrazioni come vicini, in alcuni casi, alle necessità degli operai che lavorano
sulla linea, altrimenti, in altre situazioni, come quelli che opprimono con ritmi più duri. Come
vedremo successivamente essi hanno avuto un ruolo ambiguo nei giorni di blocco della
produzione. I lavoratori subcontrarrati invece sono il livello più basso percepito all’interno della
fabbrica, come racconta un lavoratore entrato a lavorare a Teksid inizialmente come
subcontrattato:
mi sono avvicinato a Teksid ai diciotto anni, ho lavorato lì all’incirca un mese, un mese e mezzo…
spazzando, spazzavo le linee, levavo tutta la spazzatura. Sono uscito di lì perché non mi piaceva come
discriminano… quelli dell’impresa [i lavoratori. N.d.R] discriminano molto a quelli della compagnia
[subocontrattata. N.d.R]. 30
Dalle interviste non è stato possibile invece ricostruire i ruoli effettivi degli addetti alle risorse
umane così come dei dirigenti di dipartimento, a dimostrazione del fatto che, dal punto di vista
degli operai, i ruoli all’interno della fabbrica sono estremamente confusi:
In altre imprese [in cui ho lavorato. N.d.R] […] c’era più… stavano tutti al loro posto, risorse umane
faceva il suo lavoro di risorse umane, quello che toccava all’operaio era lavorare e dare… […] quando
io sono arrivata a Teksid inizio a vedere… fai conto che è una impresa che io ho sempre detto che sta
nell’era cavernicola… perché Teksid per cominciare non funziona su un sistema, come tutte le altre
imprese. Teksid l’hanno lasciata nelle mani… io dico, di una mafia… […] fai conto che lì ci sono
molte lotte di potere però […] quando si uniscono per uno rubare e l’altro difendersi e quindi l’operaio
lo lasciano lì perché sia schiavo.31
Gli operaie e le operaie possono essere impiegati anche per anni con contratti eventuali a tempo
determinato, come conferma I.:
29 Focous Group su contratto collettivo. 29/06/2015, Ciudad Frontera, Coahuila, Messico.
30 Intervista C. 30/06/2015, Ciudad Frontera, Coahuila, Messico.
31 Intervista I. 2/7/2015, San Buenaventura, Coahuila, Messico.
Parte II. Capitolo terzo. Il capitale FCA in Messico
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Noi quando abbiamo sei mesi di stare qui per la Ley Federal del Trabajo già dovremmo essere di base
[a tempo indeterminato], però ci ingannano, ci vogliono ingannare. Perché qua ci stanno dando ogni
due mesi un contratto… pensa tre anni e mezzo e ogni due mesi un contratto. […]
La flessibilità interna
La giornata di lavoro in Messico è di otto ore, come dispone la Ley Federal del Trabajo:
Articolo 61.- La durata massima della giornata sarà: otto ore la diurna, sei la notturna e sette e mezzo
la mista.
Articolo 66.- Potrà essere prolungata la giornata di lavoro per circostanze straordinarie, senza mai
eccedere di tre ore giornaliere ne di tre volte a settimana.
Articolo 68.- I lavoratori non sono obbligati a prestare il loro servizio per un tempo maggiore del
permesso da questo capitolo.
Il prolungamento del tempo straordinario che ecceda le nove ore alla settimana, obbliga il padrone a
pagare al lavoratore il tempo eccedente con un duecento per cento in più del salario che è corrisposto
alle ore della giornata […].
Gli articoli 66 e 68 richiamati anche nel contratto collettivo pongono i limiti al prolungamento
della giornata di lavoro per straordinari. L’articolo 66 permette di prolungare la settimana
lavorativa per straordinari e non per più di tre volte per settimana, l’articolo 68 dà la possibilità ai
lavoratori di rifiutarsi di superare questo limite. Per la definizione della giornata di lavoro si
rimanda all’articolo 5 sezione III che recita:
III. Una giornata inumana per quanto evidentemente eccessiva, data l’indole del lavoro, a giudizio
della Junta de Conciliación y Arbitraje.
Come abbiamo visto però, molto spesso, le JLCyA sono le stesse che stanno dal lato dell’impresa
legalizzando, ad esempio, contratti di protezione padronale.
L’impresa utilizza turni 4x2, ovvero quattro giorni di lavoro di dodici ore e due di riposo, il
settimo inizia il turno successivo. In realtà la settimana lavorativa è composta di un 5x2, cioè
cinque giorni di lavoro da dodici ore e due di riposo. Il turno 4x2 eccede il limite massimo delle
tre ore di straordinari giornalieri e dei tre turni di straordinario settimanali, stabiliti dall’art. 66. I
turni di straordinario richiesti dall’impresa sono invece cinque, di quattro ore ciascuno. In questo
caso viene dunque applicato l’art. 68 che però qualifica come non obbligatori, rendendo non
punibile il rifiuto, gli straordinari che eccedano i limiti dell’art. 66. Lo stesso articolo 68 prevede,
inoltre, che le ore vengano pagate il 200% in più. Sulla retribuzione degli straordinari i lavoratori
intervistati hanno affermato la correttezza da parte dell’impresa, ma sulla definizione dei turni di
lavoro hanno raccontato come vengano imposti con ricatti e minacce. Non tutti i lavoratori
Parte II. Capitolo terzo. Il capitale FCA in Messico
75
intervistati lavoravano con questo turno, quello che è emerso è che tutti gli operai che stanno
sulle linee hanno questo medesimo orario.
V: Loro vogliono turni dalle sette alle sette, dodici ore giornaliere. Ossia, due turni coprono le 24 ore e
stando dando e dando e dando. E poi la gente si stanca… e faticoso sulla catena di montaggio.32
Al fine di imporre gli straordinari extra, i dispositivi che vengono utilizzati sono
fondamentalmente due: la minaccia di segnare assenza e il sequestro del cartellino per non
permettere di timbrare l’uscita. In entrambi i casi la finalità è la medesima, prolungare la giornata
di lavoro secondo le necessità dell’impresa con la minaccia di perdere il premio di assistenza, nel
primo caso, o sanzioni disciplinari, fino alla sospensione, nel secondo.
I lavoratori intervistati commentano così:
No guarda… restiamo a lavorare tutta la settimana dalle sette alle sette. […] addirittura quelli di
corazones [dipartimento. N.d.R.] li facevano rimanere fino alle undici. Fino a 16 ore rimanevano. […]
Come quando si ruppe la $%$&$... la macchina di corazones, siamo dovuti restare di seconda e di
terza per finire i pezzi… […] immagina dormire quattro ore e dopo riattaccare…no…stando in piedi
là… come rischiano che gli si accidenti qualcuno o che uno si addormenti […]. E lì fai conto che se tu
dici “no io me ne vado alle undici” “va bene vattene”. Però il giorno dopo ti disciplinano di due
giorni, o dipende come sta il capo. […]
Ed è disciplina, ti disciplinano un giorno per levarti il giorno e il premio di assistenza e l’altro la
settimana dopo per levarti il premio di assistenza. 33
Il personale è dunque obbligato a restare a lavorare secondo le necessità dell’impresa. Se c’è una
consegna vicina, o c’è molta domanda, gli operai sono costretti anche a raddoppiare il turno pena
le sanzioni disciplinari.
E come ci maltrattano… “Tu non te ne vai e dammi il cartellino, sai che? Tu ora raddoppi il turno…
non mi importa, tu rimani qua”… queste erano le indicazioni.34
La flessibilità oraria funziona, dunque, applicando un sistema di sanzioni “legali”, ma decise
arbitrariamente, verso dei lavoratori che ignorano quali siano le leggi o i regolamenti interni. Non
possiamo però dimenticarci della pressione che fa il basso salario sulle valutazioni e le scelte di
un lavoratore: per quanto rimanga odiosa l’imposizione, ai sindacalizzati in Teksid risulta
necessario svolgere ore extra per poter ottenere un salario sufficiente al soddisfacimento di tutte
le necessità basilari.
32 Focous Group su contratto collettivo. 29/06/2015, Ciudad Frontera, Coahuila, Messico.
33 Idem.
34 Intervista I. 2/7/2015, San Buenaventura, Coahuila, Messico.
Parte II. Capitolo terzo. Il capitale FCA in Messico
76
Richiamando le categorie fondamentali di Marx, appare evidente come il meccanismo degli
straordinari obbligatori e il sistema di 2 turni su 24 ore aumentino a dismisura il plusvalore
prodotto in una giornata di lavoro. Anche se, molto improbabilmente dati i livelli di sviluppo
delle forze produttive attuali, fossero necessarie due ore di lavoro per riprodurre la forza lavoro
dell’operaio, ne resterebbero comunque 10 a costituire plusvalore. Inoltre, si pensi a quanto
richiamato nel capitolo 2.3 riguardo allo studio dell’UNAM sul Paniere Alimentare
Raccomandabile, ovvero che in media un operaio deve lavorare 23 ore per poter acquistare tale
insieme di beni. Si pensi adesso che una giornata lavorativa viene corrisposta, al livello salariale
più alto, 216,60 pesos che equivalgono a 27,075 pesos all’ora. È una forza lavoro dal costo molto
basso la quale però produce su una giornata di lavoro variabile, fino a raggiungere le 16 ore. Il
vantaggio aumenta ancora se si considera in termini comparati di costo della forza lavoro: la paga
oraria, con il cambio medio del 2015, è di 1,43 euro lordi.
La flessibilità non si esaurisce esclusivamente all’aspetto estensivo della giornata di lavoro,
adattandosi alle oscillazioni del mercato, ma comprende anche la flessibilità numerica, ovvero la
capacità dell’impresa di ridurre o aumentare la forza lavoro impiegata in base alla fluttuazione
della domanda e alle esigenze produttive. Il sistema, visto nel paragrafo precedente, delle vacanze
anticipate a debito in caso di blocco della produzione per calo della domanda, permette
all’impresa di ammortizzare i costi di tali oscillazioni. Facendo un esempio verosimile: un
lavoratore con un anno di anzianità ha per legge 6 giorni di ferie pagate, l’impresa quell’anno
ferma la produzione per 20 giorni, ciò significa che il lavoratore a fine anno è debitore di 14
giorni di ferie. Di questi 14 giorni di ferie il 50% è condonato dall’impresa: ecco che in realtà con
questo stratagemma l’impesa ha lasciato a casa il lavoratore pagandogli solo 7 giorni di ferie
anticipate. Se il rapporto di lavoro non viene interrotto, i 14 giorni di debito potrebbero essere
sanati in anni di lavoro senza interruzioni della produzione. Se invece il contratto di lavoro viene
recesso prima del recupero dei giorni di debito, ad esempio perché il debito continua a crescere, i
giorni dovuti verranno trattenuti o dal fondo di risparmio, che funge da trattamento di fine
rapporto, o dal reparto de las utilidades a fine anno. Dal punto di vista del monte salari, con
questo sistema, l’impresa, secondo le proprie necessità, riduce il proprio personale del 50%
gratuitamente. Inoltre non è specificato che genere di debito intercorra con l’impresa, se in
termini monetari o in termini di giorni nominali: se un lavoratore, come nel caso precedentemente
citato, in tre anni contrae un debito di 54 giorni e nel frattempo sale di 3 livelli… il debito con
Parte II. Capitolo terzo. Il capitale FCA in Messico
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l’impresa sarà calcolato al costo della forza lavoro nel momento in cui è stato contratto o al
momento in cui il debito sarà saldato?
Sicuramente l’aspetto che più va a influire sulla vita dei lavoratori è di non avere mai a
disposizione giorni di ferie, ma di essere sempre nella condizione di chiedere un altro
indebitamento:
già però se ti viene un problema, hai una emergenza, un matrimonio o qualsiasi cosa metti un giorno di
ferie o due. “Però che $%&#, güey? Già hai rotto. Già hai un sacco di giorni di fere… si te lo do…
però a debito”.35
Come abbiamo accennato un altro tipo di flessibilità caratterizza la gestione del personale in
Teksid: la flessibilità funzionale. Con il concetto di lavoratore multi-abilità, di cui si è parlato nel
paragrafo anteriore, l’impresa ha accesso a una totale disposizione della forza lavoro e a un
dispositivo disciplinare molto potente. Gli esempi fatti dai lavoratori intervistati sono molteplici:
Ho avuto un altro litigio con quel &%$%&#, con Indalesi [dirigente. N.d.R]. Ed è stato quando mi ha
spostato qua [altra linea], secondo lui per castigarmi, me lo disse chiaramente: “ti castigo, quattro o
cinque mesi perché tu non capisci!” “No capisco cosa, güey?” “Tu non capisci che qui sono io
quello che comanda, tu non devi fare così”36
Oppure a seguito dei blocchi della produzione:
Hanno fatto di tutto perché dessi le dimissioni, lavori pesanti, turni orribili… no, molto brutto… mi
trattavano molto male. […] fai conto che non mi lasciavano andare al bagno. […] molta gente smise di
parlarmi perché aveva paura.37
In queste testimonianze si può vedere il dispositivo disciplinare della mobilità interna in atto: la
possibilità di demansionare o cambiare mansioni da un’area all’altra mette nelle mani dei
dirigenti un dispositivo ulteriore per piegare le resistenze dei lavoratori. Questa possibilità, oltre
la non regolamentazione delle mansioni, risiede nel concetto di lavoratore multi-abilità, ovvero di
un lavoratore flessibile, con le competenze per ciascuna macchina all’interno dell’impresa che
può essere sostituito in qualsiasi momento. Proprio per prendere l’esempio della seconda
testimonianza, la lavoratrice intervistata lavorava nell’area del magazzino, un’area ritenuta
privilegiata perché lontano dalle linee e dalle condizioni logoranti. A seguito dell’inizio del
conflitto è stata spostata alle linee pesanti, linee alle quali lavorano generalmente uomini,
35 Focous Group su contratto collettivo. 29/06/2015, Ciudad Frontera, Coahuila, Messico.
36 Idem.
37 Intervista I. 2/7/2015, San Buenaventura, Coahuila, Messico
Parte II. Capitolo terzo. Il capitale FCA in Messico
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affinché desse le dimissioni, rinunciando così a qualsiasi causa contro l’impresa. L’importanza
del principio di lavoratore multi-abilità si comprende meglio facendo un raffronto con la
testimonianza di un altro lavoratore che, pur essendo operaio comune sindicalizado, ricopre un
ruolo specializzato di riparazione e manutenzione dei paranchi.
Hai subito rappresaglia o repressione dopo il paro? Si, a me volevano levarmi dall’area nella quale
sto per mettermi a una più dura, aree speciali dure… però comunque a me non mi fa paura, a me
comunque non mi hanno spostato, perché per loro è più comodo tenermi lì per il lavoro che faccio…
siamo due e basta quindi se trascurano una parte si ferma la produzione in una certa maniera. Non
dipende da noi la produzione… però abbiamo un ruolo lì che svolgiamo.38
Potremmo dire che l’imposizione di un corpo operaio omogeneo, che mantiene le proprie
soggettività più o meno favorevoli all’ordine dirigenziale, ma indifferenziato dal punto di vista
funzionale, mira ad indebolire il tipo di potere strumentale richiamato nel primo capitolo.
L’operaio che svolge una particolare funzione all’interno del processo produttivo, oltre che avere
una diversa capacità di bloccare la produzione, ha anche una diversa capacità di resistenza sia in
casi di conflitto collettivo, sia in casi di conflitti individuali. È importante sottolineare come il
capitale Teksid localizzato a Ciudad Frontera non incontri soltanto una deregolamentazione sul
tema delle mansioni, ma un contratto collettivo che crea una particolare normatività che permette
all’impresa un totale controllo sulla mano d’opera.
Questi dispositivi di controllo totale della forza lavoro si abbattono con più decisione sulle donne
poiché si colorano di controllo eteropatriarcale:
Ho visto molti… abusi sulle donne. […] nel modo in cui sono fatta io sempre metto in chiaro che sono
sposata… però sfortunatamente ci sono molte donne che sono madri sole, che sono divorziate […].
Quindi, fai conto che lì molte hanno bisogno per esempio per mantenere un posto di lavoro o rimanere
in un’area… è che Teksid è la morte… ci sono aree che esci tutta, no no… quindi fai conto che
compagne dovevano sopportare di uscire con i capi, solo per convenienza per avere la possibilità di
riposare 10 minuti… a questo si adeguano… o non so perché la situazione economica è la stessa. E
stando lì ci sono molti capi che esagerano ossia che ti vogliono umiliare.39
Dalle parole della lavoratrice si evince che per le donne il lavoro in questo tipo di ambiente non è
un mezzo di emancipazione dai rapporti familiari di oppressione eteropatriarcale, ma
un’alternativa ad essi: non essere sposate, quindi non avere una tutela patriarcale, infatti,
38 Intervista C., 30/6/15, Ciudad Frotera, Coahuila, Messico.
39 Intervista I. 2/7/2015, San Buenaventura, Coahuila, Messico
Parte II. Capitolo terzo. Il capitale FCA in Messico
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comporta dover sottostare alle avances e/o abusi dei superiori, che in questo modo offrono loro
una “protezione” patriarcale alternativa a quella familiare.
La flessibilità in uscita è permessa dalla legislazione messicana che stabilisce un caso ristretto di
licenziamenti ingiustificati che prevedono la nullità del licenziamento. Il lavoratore può
richiedere ad una JLCyA o il reintegro o l’indennizzo. In ogni caso il lavoratore ha diritto a 12
mesi di mensilità come indennizzo per il processo, processi che però durano in media tre anni40.
La flessibilità in uscita è garantita dall’utilizzo della contrattazione eventuale a scadenza
semestrale, la quale è stata alla base dell’ondata di licenziamenti, circa 600 nelle tre imprese,
successive ai paros. Per tutti i lavoratori assunti a tempo indeterminato, invece, agiscono i
dispositivi di marginalizzazione individuati in precedenza. Nelle testimonianze raccolte, tutte
riguardanti i licenziamenti dei lavoratori che presero parte alla protesta per affiliarsi al Sindacato
Minero, l’impresa offre un buono uscita, se il lavoratore accetta di firmare le dimissioni
accettando di non ricorrere in giudizio: non essendo tuttavia a conoscenza dei diritti in materia di
licenziamento essendo presente l’intermediazione sindacale il lavoratore tende ad accettare i
“trenta denari” offerti dall’impresa, che spesso costituiscono lo stesso trattamento di fine rapporto
calcolato in maniera arbitraria.
I membri del movimento sindacale licenziati hanno raccontato come siano stati “segnalati come
sovversivi, pregiudicando loro la possibilità di un nuovo impiego in tutte le imprese dello Stato e
della Repubblica, sindacalizzate CTM”41, il quale resta il sindacato maggiormente diffuso.
Sicurezza e infortuni
Dalle interviste sono emerse carenze nell’ambito degli investimenti in sicurezza. Benché dei
miglioramenti vengano apportati con la partecipazione dell’impresa al sistema di classificazione
Word Class, i lavoratori hanno lamentato una scarsa attenzione all’aspetto della sicurezza. Dai
corsi di formazione che solo danno un’introduzione alla sicurezza alle condizioni di produzione:
Quello che ti dico che è la sicurezza in Teksid: può esserci una macchina a cui manca un pezzo, però
non fermano la produzione[…]. Una messicanata, per esempio ti giuro una volta che misero un palo
alla macchina perché… […] tutto qua è riparato con pali di legno, […] con il palo e continuano a
40 Vedi nota 70, capitolo secondo.
41 Marinaro P. (2015).
Parte II. Capitolo terzo. Il capitale FCA in Messico
80
lavorare. E se si stacca il palo e ti cade qualcosa? Ti giuro… sono morti due… nel tempo che io sono
stata là sono morte due persone.42
Così come la mancanza d’investimenti in tecnologie per la bonifica dell’ambiente:
La gente lavora [a 60º] gradi centigradi. Con un ventilatore… c’è un venitilatore lì, industriale […]
però non serve perché siccome è tutto così chiuso quello che fa è alzare la polvere e far vorticare la
polvere con il calore e si crea un afa orribile […]. Non c’è un sistema di estrazione ne di calore ne di
polvere. Una volta io ho anche proposto che mettessero un estrattore lì.43
O l’insufficienza delle attrezzature:
Perché alla maggior parte gli diedero la maschera. Però nella maschera il problema sono i filtri. […]
era stabilito che la durata era di un mese… immaginati un mese con i filtri, se in un giorno ti si
riempivano di polvere, e io non rispettavo gli orari [di consegna del materiale di sicurezza. N.d.R], gli
chiedevo l’ordine del capo di linea, per cambiare i filtri. Però molta gente “ehi, I.”, li scuotevano e
usciva tutta la polvere nera, […] e lì si li cambiavo, anche se erano molto costosi.44
La mancanza d’investimenti da parte dell’impresa o comunque la poca attenzione da parte della
dirigenza locale in materia di sicurezza dovrebbe provocare incedenti, i quali a loro volta
avrebbero un effetto negativo sulle statistiche e le qualificazioni dell’impresa, senza contare i
costi d’indennizzo nel caso d’invalidità anche solo parziale. I lavoratori erano allora scoraggiati a
ricorrere al seguro social, ovvero l’ente preposto agli infortuni sul lavoro, facendo si che essi si
curassero privatamente, con i costi sostenuti dall’impresa, o presso la stessa infermeria
dell’impresa, rinunciando così al loro indennizzo. L’impresa offriva ai lavoratori infortunati la
permanenza in orario di lavoro nel magazzino della fabbrica per il tempo necessario al recupero,
secondo i medici dell’impresa, dando la possibilità al lavoratore di segnare tutto il tempo extra
che desidera.
Vuoi che ti parli di sicurezza? Lì non vai al seguro social, fai conto che se qualcuno si rompe un dito,
ti mandano là e ti portano alla croce rossa e lì hanno l’ambulanza… e dopo torni e ti portano nell’area
del magazzino, dove c’è una sedia e nient’altro “siediti qui, non fare nulla… ti pago tutti i giorni però
non mettere infortunio”. […] io sempre dico ai miei compagni “perché non andate [al seguro]?”
“no… no, ci licenziano”.45
42 Intervista I. 2/7/2015, San Buenaventura, Coahuila, Messico
43 Intervista A. 28/06/2015, Ciudad Frontera, Coahuila, Messico.
44 Intervista I. 2/7/2015, San Buenaventura, Coahuila, Messico
45 idem.
Parte II. Capitolo terzo. Il capitale FCA in Messico
81
Hanno permesso a chi si è infortunato di andare al seguro social? Dunque… molta gente solo la
mettono in magazzino affinché non vadano al seguro e continuino a fare tempo extra e loro evitarsi
molta burocrazia, solo li lasciano in magazzino anche se stanno marcendo.
Evitare il fastidio del percorso legale d’infortunio è stato possibile, oltre che ai ricatti, dallo stesso
meccanismo individuato in precedenza: l’occultamento delle norme e dei diritti e doveri dei
lavoratori. A seguito delle pressioni fatte sui social network dai lavoratori del movimento,
l’impresa ha affisso il regolamento interno, non vidimato dalla JLCyA e non firmato
dall’impresa, quindi non valido. Esso riporta chiaramente le norme di sicurezza e le procedure da
seguire in caso d’infortunio, tra le quali è chiaro l’obbligo di ricorrere al seguro social.
3.3 Tirando le fila
In questo capitolo abbiamo osservato, con uno sguardo dal basso, un esempio delle condizioni
che rendono competitiva una localizzazione produttiva sul territorio messicano, limitandoci alle
condizioni di lavoro e alla gestione della mano d’opera. Quello che si può sostenere è che oltre ai
bassi salari corrisposti ciò che fa del territorio messicano una localizzazione attraente per gli
investimenti produttivi, siano l’insieme dei fattori che determinano una completa flessibilità della
mano d’opera secondo le necessità produttive dell’impresa. La flessibilità oraria e la flessibilità
numerica risulta particolarmente rilevante al fine della salvaguardia del profitto proprio per
l’inserimento nelle catene del valore e di produzione just-in-time. L’oscillazione della domanda
in base alle commesse richieste dagli altri nodi della catena pone la necessità di subordinare il
fattore lavoro alle necessità produttive. Nel momento di calo della domanda è necessario ridurre
la spesa per l’interruzione della produzione tagliando i costi del monte salari, che nel nostro caso
è possibile attraverso il sistema di ferie anticipate a debito. Nei momenti di aumento della
produzione invece è possibile aumentare la giornata lavorativa, già normalmente di dodici ore,
per portare a termine l’obiettivo produttivo: al tempo stesso, considerata la totale subordinazione
della forza lavoro al comando del capitale, sarà possibile aumentare l’intensità della giornata
lavorativa fino ai limiti fisici di resistenza dei lavoratori.
La configurazione produttiva è propensa perciò in direzione dell’alta intensità di mano d’opera: a
più riprese i lavoratori intervistati hanno lamentato, non solo un mancato investimento in
sicurezza, ma anche in macchinari.
Parte II. Capitolo terzo. Il capitale FCA in Messico
82
Questa macchina [a cui lavorava l’intervistato. N.d.R], già è obsoleta, già non funziona, ha fughe di
sabbia da tutte le parti e ha molte placche già consumate, rimangono tutte tappate le condutture…46
Oppure:
qui vengono mandate le macchine che [in Italia, N.d.R] già non funzionano. Le mandano qua e ci
dicono di accomodarle…47
La gestione degli infortuni al di fuori della legalità permette all’impresa di essere classificata
come un’impresa sicura e di non pagare il periodo di degenza per intero, né tanto meno
l’indennità da invalidità.
Il capitale FCA localizzato in Messico, non sfrutta dunque solo il differenziale salariale, ma
anche la totale flessibilità, condizioni entrambe permesse dalla particolarità delle relazioni
industriali del territorio. Ecco che possiamo vedere la persistenza del locale nella globalizzazione:
l’incontro tra il capitale transnazionale inserito nel mercato globale con la particolare
conformazione industriale dello stato di Coahuila nella frontiera Nord. In questo contesto il
capitale sfrutta le leggi messicane, i fenomeni del sindacalismo subordinato e del contratto di
protezione padronale, ma anche una mancanza di culture lavorative e sindacali diffuse:
È che in realtà Coahuila, la regione, non sa niente di cose sindacali. Cioè qui era quello che diceva il
padrone e tu lo dovevi fare.48
Anche se l’affermazione della lavoratrice è in parte inesatta, poiché in AHMSA è presente una
forte associazione di categoria, dimostra come sia poco diffusa tra i lavoratori una solida cultura
sindacale. Dalle testimonianze e dagli esempi dell’espressione del potere in Teksid e dei
meccanismi di fidelizzazione all’impresa (tornei, grigliate, estrazioni, concorsi) non è emerso un
approccio tipico della lean produccion che miri a normalizzare le condotte dei lavoratori e a
rendere parte della grande famiglia impresa. Per quanto è stato possibile apprendere dal lavoro di
campo risulta anche in questo caso un’applicazione grossolana e limitata del toyotismo lasciando
molto spazio, invece, al potere del ricatto e dell’imposizione. Se non è possibile dunque
affermare con certezza l’assenza di “meccanismi razionali del controllo […] come base per la
costruzione sia di un’identità collettiva del gruppo sia di un’identità individuale dei loro
membri”49 e possiamo solo supporne una presenza, possiamo senza dubbio dire che i lavoratori
46 Intervista A. 28/06/2015, Ciudad Frontera, Coahuila, Messico.
47 Intervista P. 03/07/2015, Monclova, Coahuila, Messico.
48 Intervista I. 2/7/2015, San Buenaventura, Coahuila, Messico
49 Sewell G. (2016), in Cavazzani A., Fiocco L. e Sivini G. (a cura di), 2016. 220.
Parte II. Capitolo terzo. Il capitale FCA in Messico
83
intervistati non hanno ritenuto rilevante commentarli all’interno della narrazione della giornata
lavorativa, lasciando molto spazio invece alle forme più invadenti ed esplicite del comando del
capitale.
84
Parte II. Capitolo quarto. Narrazione epica di una soggettivazione collettiva
Nell’aprile del 2014 si costituisce nelle città di Monclova e Ciudad Frontera un movimento
sindacale che reclama libertà sindacale e la rottura del patto corporativo sindacato-impresa-
governo. I primi che a metà di marzo bloccarono la produzione furono i lavoratori di Teksid
Hierro de México, successivamente il 29 aprile e il 1 maggio si organizzarono i lavoratori di
Gunderson-Gimsa e Pytco. Le tre imprese si erano rifiutate di pagare il reparto de utilidades
come da legge. Il reparto de utilidades, letteralmente ripartizione degli utili, è il diritto
costituzionale di partecipazione dei lavoratori agli utili dell’impresa. La percentuale degli utili da
ripartire è stabilita dalla Comisión Nacional para la Participación de los Trabajadores en las
Utilidades de las Empresas, secondo i principi stabiliti dall’art. 118 della Ley Federal del
Trabajo:
Per determinare la percentuale a cui si riferisce l’articolo anteriore, la Comisión Nacional effettuerà le
ricerche e realizzerà gli studi necessari e appropriati per conoscere le condizioni generali
dell’economia nazionale e prenderà in considerazione la necessità di incentivare lo sviluppo industriale
del paese, l’interesse del capitale a ottenere un interesse ragionevole e il necessario reinvestimento del
capitale.
Quello che ha accumunato i lavoratori delle tre imprese è stato uno schema tradizionale di
conflitto capitale-lavoro: miglioramento salariale, miglioramenti in materia di sicurezza e salute
lavorale e rappresentanza sindacale1. Quello che ha reso interessante lo studio di tale caso è stato
da un lato il contesto normativo e sociale nel quale si sviluppa, dall’altro la compartecipazione di
dinamiche globali in un contesto sociale locale. Nel caso delle tre imprese la risposta
dell’oligarchia locale è stata la repressione violenta, la corruzione e la rappresaglia dell’azienda. I
lavoratori del movimento sono stati picchiati, gli esponenti del Sindacato Minero minacciati di
desaparición e, dai giorni dei paros, sono stati più di 600 nelle tre imprese i mancati rinnovi dei
contratti, come forma di rappresaglia e epurazione dei simpatizzanti con il Sindacato Minero in
previsione della votazione della rappresentanza. Tutto questo è accaduto in un contesto
caratterizzato da una forte collusione sindacale e da una forte presenza di narcotraffico e
criminalità organizzata. A seguito del movimento dell’aprile 2014, la vertenza per la votazione
democratica e segreta del sindacato si è spostata nei tribunali e, su richiesta del Sindacato Minero,
1 Marinaro P. (2015)
Parte II. Capitolo quarto. Narrazione epica di una soggettivazione collettiva
85
vista la corruzione della JLCyA di Monclova, affidata alla sede della capitale federale. Le
pressioni esercitate dalla rete sindacale mondiale IndustriALL, di cui il Sindacato Minero fa
parte, hanno avuto un forte impatto sulla vertenza, che ha perciò acquisito una dimensione
glocale. È stato grazie alla denuncia da parte di IndustriALL delle aggressioni e grazie alle
pressioni di tale organizzazione che è stato possibile arrivare alla seconda fase di negoziazione e
agli accordi finali2.
In questo capitolo si vuole restituire una narrazione soggettiva raccontata dai lavoratori esponenti
del movimento di Monclova, limitata al caso di Teksid. È una narrazione che negli stessi racconti
dei lavoratori appare come epica, come un momento di rottura dal quale per loro è difficile
tornare indietro. Un ricordo talmente ingombrante nelle vite dei lavoratori intervistati da occupare
buona parte delle conversazioni che ho intrattenuto, nel periodo di ricerca sul campo.
4.1 Il vaso trabocca.
Il 16 marzo i lavoratori del primo turno di Teksid bloccarono la produzione per protestare contro
2 Ibidem
Foto 4: Il primo giorno del blocco della produzione. Fonte: www.infonor.com.mx
Parte II. Capitolo quarto. Narrazione epica di una soggettivazione collettiva
86
l’annuncio da parte dell’impresa che il reparto de utilidades era sceso a 7000 pesos rispetto ai
15000 dell’anno precedente.
Come conferma una lavoratrice intervistata, il basso reparto de utilidades “fu solo la goccia che
fece traboccare il vaso”. Le condizioni di lavoro e i continui abusi avevano fatto che il vaso
fosse abbastanza pieno. Il meccanismo centrale che permise ai lavoratori di Teksid di non
accettare i 7000 pesos promessi dall’impresa, ma di contestare la decisione, fu la partecipazione
nel processo produttivo e l’esperienza viva del lavoro che avevano svolto durante l’anno:
la gente già è stanca e tutto… e la goccia che fece traboccare il vaso fu che ci dissero che c’erano solo
7000 pesos di utilità, meno del 50% [dell’anno precedente. N.d.R], quando io quell’anno […] fu
quando stetti fuori dal magazzino e lavorai a embarques [settore da cui partono i trailer con i pezzi
finiti. N.d.R]… ascolta: tempo extra, tempo extra perché un sacco di partenze però non ci fu
produzione. Io ero quella che fatturava […], vidi fatture di 30 pezzi, 4000 pesos. Immaginati 30
partenze al giorno, e la gente la mandavano senza tappi per le orecchie a lavorare.3
Così come I., altri lavoratori con cui ho avuto opportunità di parlare mi hanno confermato che le
utilidades promesse per quell’anno dall’impresa sembravano irrealistiche rispetto al carico di
lavoro che avevano sostenuto.
La discussione a proposito della possibilità o meno di un blocco della produzione era cominciata
già dal giorno precedente dai capi di linea che, nonostante siano lavoratori de confianza, avevano
alimentato la prospettiva di una reazione radicale. A quel punto i lavoratori si sono trovati di
fronte a un problema pratico: come si fa uno sciopero? Il sindacato inesistente e una scarsa o
nulla cultura politica e sindacale rendevano difficile concepire sia la forma strategica che la
forma simbolica della protesta. La soluzione venne dai lavoratori che avevano fatto esperienza
precedente, o di pratiche sindacali (ove era titolare di un contratto collettivo un sindacato non del
tutto subordinato), o di un blocco della produzione. Tra paro della produzione e sciopero
(huelga) la differenza è formale, in entrambi i casi i lavoratori si astengono dal lavoro fermando
la produzione, è molto differente però il livello simbolico e di possibili rappresaglie all’interno
della legge: il primo è illegale, il secondo legale. Di questa differenza i lavoratori erano coscienti
proprio per chi, come la lavoratrice intervistata aveva già avuto esperienze di blocchi della
produzione:
Ci siamo riuniti, mi ricordo e “come stai I., come si fa un paro?”, perché io ero stata in un’impresa
nella quale ci fu un blocco della produzione, quindi gli dissi: “guardate, in questa occasione ci
3 Intervista I. 2/7/2015, San Buenaventura, Coahuila, Messico.
Parte II. Capitolo quarto. Narrazione epica di una soggettivazione collettiva
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fermiamo fuori […]… gli dico “però no in realtà un blocco della produzione è così devi manifestare e
tutto, però è al difuori della legge, perché quello che ti dovrebbe appoggiare è il sindacato”… però il
sindacato, cioè non c’era sindacato.4
Il momento del primo sciopero è nei racconti di tutti gli intervistati un momento di forte
emozione, durante il quale si rompono gli isolamenti e le gerarchie della vita quotidiana
all’interno dell’impresa e i lavoratori iniziano a ricomporre una narrazione collettiva di quello che
per loro rappresenta l’esperienza della direzione del capitale:
Lì [al blocco] iniziai a chiacchierare e iniziarono a uscire fuori cose, iniziai a capire.5
Però figo, perché lì ci rendemmo conto… cioè, mi piacque perché mi resi conto dell’unione che c’era
con la gente, ci parlammo come se tutti eravamo lo stesso, quando là dentro non ci parliamo, al
massimo ci ignoriamo. cambiò la prospettiva… la percezione mia rispetto ai miei colleghi, vidi e
sentii tutto differente… si sentì l’unione e mi piacque, per quello decisi di restare lì.6
Durante il primo giorno di sciopero si presentano ad alcuni lavoratori i rappresentanti del
Sindacato Minero che spiega le basi del sindacalismo e si offre di appoggiare la protesta: i
lavoratori decidono allora che avrebbero voluto cambiare sindacato in favore del Sindacato
Minero.
Successivamente si presenta per la prima volta il sindacato titolare del contratto, la CTM.
Abbiamo già parlato abbondantemente della presenza inconsistente del sindacato CTM, ma ora
esso inizia a ricoprire un altro ruolo ancora, ovvero di repressore delle istanze dei lavoratori e
delle lavoratrici che avevano deciso di bloccare la produzione. Il sindacato si presenta nella
persona di un rappresentante locale chiamato dai lavoratori con disprezzo “Ruolodiputtana”, lui
consiglia ai colleghi di ascoltare i dirigenti e rimettersi a lavorare. Al rifiuto dei lavoratori si
presentano i dirigenti riconosciuti dai lavoratori a chiedere una delegazione di dieci persone, per
andare a trattare il giorno dopo: sarebbe stato presente anche un dirigente italiano dell’impresa. Il
giorno seguente prima dell’inizio della riunione licenziano tre lavoratori esposti maggiormente il
giorno del paro, dei quali una lavoratrice che aveva lasciato sulla scrivania i fogli di adesione al
Sindacato Minero, accompagnata platealmente all’uscita dell’impresa. La lavoratrice venne in
4 Intervista I. 2/7/2015, San Buenaventura, Coahuila, Messico.
5 Intervista C., 30/6/15, Ciudad Frotera, Coahuila, Messico.
6 Idem.
Parte II. Capitolo quarto. Narrazione epica di una soggettivazione collettiva
88
seguito reintegrata perché la “querida” di uno dei dirigenti. La riunione alla quale era presente il
rappresentante firmatario del contratto collettivo della CTM viene così descritta:
Tutta la chiacchiera alla riunione fu così: “scusate signor dottore non succederà nuovamente” […] era
un rap “ci scusi, ci scusi, ci scusi”… Noi non eravamo lì per negoziare.7
Al momento della riunione, sotto pressione dei licenziamenti di rappresaglia non si erano
scardinati i rapporti di soggezione gerarchica. Il venerdì i lavoratori del primo turno decidono di
fermare ancora la produzione restando fuori dai cancelli per chiedere il reintegro dei lavoratori
licenziati e non facendo uscire i trailer. Le radio, i giornali e le televisioni locali iniziano ad
interessarsi al caso, e al presidio arrivano sindacalisti da altre sezioni del Sindacato Minero. Il
presidio fuori dall’impresa con la partecipazione della totalità degli operai dura fino al lunedì
quando viene organizzato un incontro alla JLCyA in presenza della direzione dell’impresa, il
Sindacato Minero (due dirigenti locali e uno di spicco nazionale), un rappresentante del governo
dello stato di Coahuila e il presidente della JLCyA. Alla giunta si raggiungono gli accordi (in
allegato D) per i quali l’impresa s’impegna a reintegrare i tre lavoratori licenziati, a non prendere
ulteriori misure di rappresaglia, pagare il reparto de utilidades secondo la legge, organizzare
assemblee periodiche con la direzione della fabbrica per dare udienza alle necessità del personale
(includendo una valutazione del reparto di risorse umane) e la votazione del sindacato in forma
democratica e segreta. Al momento nessuno di questi accordi è stato rispettato. All’uscita della
JLCyA i lavoratori vengono accerchiati da quattro camionette dalle quali scendono all’incirca 60
persone con l’intento di aggredirli:
Scendiamo da Conciliación [JLCyA] ci fermiamo lì dove erano le macchine, e lì ci chiudono le strade
alcuni suburban, due suburban dai quali scende un sacco di gente a picchiare i miei compagni. […] Lì
fu dove ruppero l’orecchio a metà a O., a J. gli aprirono qua dietro. […] A T.H [ex-rappresentante del
sindacato Minero] gli ruppero due costole. […] Mai ci saremmo aspettati che ci venissero ad aggredire
per lottare per qualcosa che per legge abbiamo il diritto.8
Non si può stabilire con certezza chi fu l’esecutore dell’attacco. Due giornali su quattro che
riportano la notizia dicendo che i picchiatori erano sindacalizzati CTM, altri due periodici di due
sezioni del Sindacato Minero in contrasto con la dirigenza nazionale. I lavoratori testimoni diretti
intervistati hanno riconosciuto diversi esponenti locali CTM. Le modalità dell’aggressione e le
peculiarità del territorio hanno fatto subito temere agli esponenti del movimento sindacale la
7 Intervista I. 2/7/2015, San Buenaventura, Coahuila, Messico.
8 Idem.
Parte II. Capitolo quarto. Narrazione epica di una soggettivazione collettiva
89
partecipazione del crimine organizzato. Benché parlando con diversi soggetti abbia avuto la
conferma della fondatezza di tali timori, non è questa la sede nella quale stabilire le responsabilità
di un crimine, di smascherare reti di criminalità organizzata. Quello che senza dubbio si può
affermare con evidenza di molteplici esempi è che il dispositivo della violenza della criminalità
organizzata è stato utilizzato dalle relazioni che legano governo/JLCyA, sindacato e capitale per
piegare la volontà di cambiamento che si era innescata con l’inizio del movimento sindacale. Nei
mesi successivi un esponente locale del Sindicato Minero ha dovuto tirarsi indietro di fronte alle
minacce, da parte d’individui presentati come Zetas, di desaparición per lui e per tutta la
famiglia; gli avvocati del Sindacato Minero sono stati minacciati da picchiatori, riconosciuti
come esponenti sindacali della zona. Anche a I. sono arrivate minacce:
Questi messaggi mi dicevano molte offese e che mi uccideranno… immaginati… ti ucciderò per essere
nel movimento e stai molto attenta ai tuoi figli perché li uccideremo.9
Il giorno in cui all’esterno della JLCyA i rappresentanti del movimento di Teksid erano stati
aggrediti il governo decide di alzare l’allarme al codice rosso:
Quindi i media iniziano a dire che il governo aveva messo il codice rosso, il codice rosso vuol dire che
ci sarà molta violenza, quindi la gente si spaventa ma non si arrende. Mi puoi spiegare meglio la
questione del codice rosso? Si, per esempio, se c’è una sparatoria tra Narcos questo è da codice
rosso…di non uscire di casa perché ci sarà molta violenza. […] però in questo caso non era altro che
pressione psicologica, ci volevano mettere paura, però noi allora non lo sapevamo. […]
Durante il pestaggio fuori dalla JLCyA all’interno dell’impresa arriva la notizia:
Quel giorno… arriva la notizia che avevano picchiato i compagni, tutta la gente era molto furiosa, già
voleva scagliarsi contro l’impresa… contro le guardie… picchiarli […]. […]Mi dette molto coraggio e
molta impotenza perché io li conoscevo e sapere che li avevano feriti mi fece arrabbiare. Però capì che
era parte del gioco che stava utilizzando l’impresa… l’impresa vuole he ci comportiamo come animali:
che danneggiamo proprietà privata e possa procedere contro di noi […]. Perché erano già […] con i
pali e pietre… quello che [la gente N.d.R] trovò afferrò […]. Noi del turno notturno sempre eravamo
di guardia, aspettando che ci sarebbero potuti arrivare ad aggredire di notte. Grazie a Dio non è mai
successo.
Con questo clima teso viene fissata un’altra riunione per trattare gli accordi, ma all’interno della
fabbrica per sentirsi più al sicuro. Al quinto giorno di blocco della produzione con ancora la
partecipazione totale dei 1200 sindacalizzati, i lavoratori stanchi trattano fino a tardo pomeriggio
quando la situazione si aggrava ulteriormente:
9 Intervista I. 2/7/2015, San Buenaventura, Coahuila, Messico.
Parte II. Capitolo quarto. Narrazione epica di una soggettivazione collettiva
90
Si attiva [ancora] il codice rosso, compagni che iniziano a piangere… cioè era una cosa tremenda.
Quando siamo usciti l’ultima volta [dalla riunione. N.d.R] cosa credi? Non c’era tutta la polizia
incordonata? Perché loro avevano detto ai nostri compagni che ci avrebbero portato in carcere per aver
commesso un abuso di aver perso tanti giorni di lavoro e persero molti milioni e noi eravamo i
responsabili […]. Immaginati i compagni che paura.[…] Mi dice M., mi passa un bigliettino… dice il
bigliettino “dice il governo che accettiamo qualsiasi cosa perché da qua andiamo direttamente in
carcere”. Già ci avevano tutti minacciati.10
Gli accordi stipulati alla JLCyA vengono accettati dai lavoratori senza che sia possibile per loro
migliorarli.
A due anni dagli accordi i lavoratori licenziati non sono stati reintegrati, a eccezione della
lavoratrice menzionata in precedenza, l’impresa alla fine ha pagato 7000 pesos di utilidades e ci
furono molteplici rappresaglie. Il processo ora procede per vie legali: il Sindacato Minero ha
sporto denuncia contro Gunderson-Gimsa, Pytco, Teksid e la CTM per ottenere una votazione
democratica del sindacato rappresentante e per il reintegro dei lavoratori licenziati. La vertenza di
Monclova-Frontera è stata portata da IndustriALL agli atti della commissione dell’OIL per la non
applicazione dell’87º convenzione.
4.2 “Questo è quello che mi ha convinto… la rappresentanza!”
Qualcosa però è cambiato secondo l’opinione dei lavoratori. L’esperienza del paro ha permesso,
da un lato la soggettivazione dei lavoratori come un corpo collettivo nei confronti dell’impresa,
dall’altro ha contribuito a diffondere una cultura sindacale del lavoro e a fare pressioni
sull’impresa affinché i lavoratori siano informati dei propri diritti e dei propri doveri. In un
territorio nel quale le esperienze politiche e sociali collettive sono spesso annichilite da un
contesto di guerra tra Narcos e militari e da violenze sulla popolazione civile, è stata l’esperienza
vivida del potere associativo che ha permesso un, anche se locale e limitato nel tempo, recupero
dell’idea di potere del lavoro. Gli intervistati hanno riportato come nei giorni successivi agli
scioperi era cambiata l’attitudine degli operai nei confronti della direzione:
la gente già non si lascia ricattare come prima, prima eravamo con la testa bassa, ora no… la gente non
ha tanta paura come prima. A volte restiamo zitti per rimanere più tempo dentro l’impresa… però si
sono cambiate cose, abbiamo ottenuto cose… hanno anche paura di noi.11
10 Intervista I. 2/7/2015, San Buenaventura, Coahuila, Messico
11 Intervista C., 30/6/15, Ciudad Frotera, Coahuila, Messico.
Parte II. Capitolo quarto. Narrazione epica di una soggettivazione collettiva
91
Le cose ottenute a cui si riferisce C. sono lotterie, grigliate, concorsi e premiazioni in numero
maggiore. Un sintomo che, nonostante non sia cambiata la natura subordinata del sindacato, è
cambiato, se pur lievemente, il comportamento per la paura di perdere un contratto collettivo
molto vantaggioso:
Siamo arrivati alla conclusione la volta scorsa che all’impresa gli conviene più investire sulla CTM…
dirgli: sai che? Investo nel periodo che dura il processo, investo 5 milioni di pesos. Li investo, gli dai
palloni, gli dai… magliette, […]carne, birra… devi sorteggiare tablet, laptop, devi sorteggiare qualsiasi
cosa pur di conquistarceli… però ricordati che è un investimento quello che faccio. Io recupererò tre
volte quello che sto investendo.12
Non è da escludersi che, come nel caso del regolamento interno del lavoro, vengano resi pubblici
contratto collettivo e statuto del sindacato così da rimuovere le pratiche più evidentemente
illegali, ma nell’obiettivo di mantenere un contratto di protezione padronale, possiamo
escludere che la corruzione al momento del voto porti alla vittoria della CTM:
E penso a quei soldi che gli daranno, però nessuno sa come vivono loro nelle loro case [i possibili
sostenitori della CTM. N.d.R]. 300 pesos sono 8 ore di tempo straordinario, quindi quei 300 pesos che
gli danno… questo è! È che se ne approfittano e sanno come farlo… per la povertà che viviamo13.
Lo scontento generale rispetto al trattamento riservato ai lavoratori è andato nella direzione di
una colpevolizzazione del sindacalismo subordinato, lasciando da un lato gli interessi del
capitale, dati coscientemente per normali. Quello che emerge più decisamente dal movimento
sindacale di Moclova-Frontera è la richiesta e la necessità di rappresentanza, la necessità di avere
una voce nei confronti dell’impresa e dell’oligarchia locale.
Quello che mi ha convinto [a fare parte del Sindacato Minero. N.d.R] è stato questo… la
rappresentanza, indipendentemente dei benefici che avremo in un futuro che io so che non si vedranno
ora, ma la rappresentanza che fanno della gente, degli operai è quello che mi ha convinto14.
Quella che si è sviluppata è stata dunque una dinamica complessa che investito le soggettività dei
lavoratori, coinvolgendo l’appartenenza sindacale, la rappresentanza e l’appoggio internazionale.
Il momento di blocco della produzione spontaneo ha funzionato da detonatore di una serie di
richieste e necessità che hanno trovato una ricomposizione nella rivendicazione di democrazia
sindacale. Rivendicazioni normalmente oppresse dalla rete di potere che sostiene la routine di
fabbrica. Il contatto con il Sindacato Minero ha dato, con un esempio tangibile di sindacalismo
12 Intervista P. 03/07/2015, Monclova, Coahuila, Messico.
13 Intervista I. 2/7/2015, San Buenaventura, Coahuila, Messico
14 Intervista C., 30/6/15, Ciudad Frotera, Coahuila, Messico.
Parte II. Capitolo quarto. Narrazione epica di una soggettivazione collettiva
92
tradizionale, l’identificazione necessaria affinché il movimento si consolidasse. La narrazione
fatta dai lavoratori della propria adesione al Sindacato Minero è carica di scelte valoriali più che
strumentali:
Non mi convinse Napoleón [segretario del Sindacato Minero], non mi convinse nessuno, mi convinse
la gente… la gente che è grata per quello che fa il Sindacato Minero per loro, che raccontano quello
che fa il sindacato. […] È stata una cosa così come dire “questo voglio essere io! No, io questo
sono!”… una persona a cui piace il rispetto […] Quando sei un buon leader, quando sei una persona
che aiuta, cosa fa la società? Ti mette al lato, ti castiga… […] quindi, quando io vedo tutto ciò: “io
voglio essere minera, voglio appartenere a qualcosa che faccia questo!”
Un altro tassello importante è stata la solidarietà internazionale della rete sindacale IndustriALL,
la quale ha permesso che sindacalisti italiani e americani si incontrassero con i lavoratori
messicani in lotta. La presenza di ricercatori universitari, sindacalisti internazionali e le pressioni
fatte da IndustriALL per il rispetto dei diritti umani hanno permesso da un lato l’incolumità fisica
degli appartenenti al movimento e dall’altro la ridefinizione lo spazio del conflitto su un piano
glocale, all’interno del quale i lavoratori si sono sentiti meno isolati.
Conclusioni.
93
Conclusioni.
In questa ricerca abbiamo tentato di ricostruire alcune delle principali caratteristiche della
globalizzazione neoliberale, partendo dalla discussione dei modelli teorici e giungendo fino alla
realtà di un singolo impianto produttivo nel nord del Messico, passando per il contesto regionale
e nazionale. Nella seconda parte della tesi abbiamo osservato, attraverso gli occhi e le parole dei
lavoratori di Teksid Hierro de México, come è organizzato il regime produttivo in un’impresa che
produce all’interno del modello della maquila dissimulata. Attraverso i racconti e le narrazioni
dei lavoratori che sono stati protagonisti delle agitazioni del marzo 2014, poi strutturatesi in
vertenza sindacale, abbiamo potuto trovare conferma, sebbene parzialmente, delle ipotesi
avanzate all’inizio del lavoro di ricerca.
Vogliamo iniziare queste conclusioni con un frammento d’intervista fatta a una lavoratrice di
Teksid che mostra una notevole lucidità analitica e politica disarmante nel commentare la
situazione, riassumendo in poche frasi, di fatto, tutto il mio lavoro di ricerca. Solo in seguito,
riprenderò i temi da lei sollevati in maniera più approfondita:
Arriva la gente che si preoccupa, curiosi di cosa succede in realtà… il governo ci mente perché il
trattato di libero commercio non è di libero commercio, è di schiavitù per l’operaio […]. Perché io
ricordo i tempi di mio padre: quando lavoravi, mantenevi molto bene una famiglia, ora i salari per
terra, e le cose carissime, anche l’indispensabile. Tutta la gente vive indebitata, qui c’è un detto
popolare: “se non ti indebiti, non hai”. E quando sono cambiate le cose? […] quando iniziò il trattato
di libero commercio […] e io vidi quando AHMSA fermò abbastanza la produzione, molte persone le
licenziò, guarda: Ciudad Frontera era una cittadina fantasma. Però quello che ti dico è che tutto è
iniziato quando iniziarono ad arrivare gli stranieri. Però non sono gli stranieri [ad avere la colpa.
N.d.R.], caro mio… quello che reprime è qui, siamo noi stessi messicani che permettiamo. Come il
governo è bendisposto… quindici anni con lo stesso salario. Se vuoi soldi raddoppia il turno e
raddoppia il turno!1
Il Messico, a partire dalla crisi del ’82 e dai programmi di aggiustamento strutturale, si è
configurato come un paese incentrato sulle esportazioni. Con i programmi di industrializzazione
della frontiera, prima, e con la firma del TLCAN poi, si è configurato un particolare
assemblaggio con il quale il Messico si è inserito nel mercato nordamericano e nel mercato
globale. Il programma maquila prevede la possibilità per gli investitori di localizzare,
1 Intervista I. 2/7/2015, San Buenaventura, Coahuila, Messico.
Conclusioni.
94
direttamente o attraverso la subcontrattazione, attività produttive in territorio messicano senza
dazi doganali e pagando basse imposte. L’appetibilità di tale programma ha fatto sì che il numero
d’investimenti diretti esteri crescesse fino a rappresentare un’importante fetta del PIL nazionale.
Inizialmente il programma maquila era limitato alle zone di frontiera, delimitato cioè da un
confine interno che creava una porzione di territorio nazionale dentro il quale vigevano norme in
materia d’importazione e esportazione, differenti dal resto del paese. Il processo di
neoliberalizzazione e la diffusione di una governamentalità neoliberale, celebrati con l’entrata in
vigore del TLCAN, hanno fatto che l’univocità del confine territoriale della frontiera nord si
spezzasse per moltiplicarsi all’interno del paese, sino a diventare dall’eccezione la norma. A
questo proposito sembra utile richiamare il concetto introdotto nel primo capitolo di fabrica
mundi: utilizzando questo concetto abbiamo la possibilità di analizzare il nostro caso di studio,
non con una partizione monolitica del mondo, ad esempio tra centro e periferia, ma attraverso una
visione fluida e in continua mutazione e moltiplicazione all’interno della quale possiamo
collocare il caso della maquila dissimulata. La maquila dissimulata, infatti, è un’impresa che fa
riferimento al programma maquila e che ottiene i vantaggi di una fabbrica di frontiera pur non
essendo localizzata nella zona di frontiera.
Nel momento della ricerca, rapportandoci alle teorie sulla dipendenza e sullo sviluppo del
sottosviluppo, domandandoci cioè che tipo di rapporto intercorre tra il Messico e il capitale dei
partener commerciali del TLCAN, ci siamo confrontati con un problema teorico: com’era
possibile ragionare in termini di bilancia commerciale nazionale quando gli investimenti esteri
nel regime maquilador dimostravano uno scarsissimo vincolo con l’economia messicana? Come
potevamo ragionare in termini di scambio diseguale, nel momento in cui il processo produttivo
messo in moto sul territorio messicano vede esclusivamente la partecipazione della forza lavoro
messicana, mentre la tecnologia è importata dall’estero dallo stesso capitale che determina il
processo di delocalizzazione? Effettivamente, con la possibilità di importare la totalità dei
macchinari, delle materie prime e dei brevetti, il modello non sembrava ricalcare lo schema della
dipendenza classica. Abbiamo allora ipotizzato che all’interno del Messico quelle aree di
frontiera o quelle aree di non-frontiera, come la maquila dissimulata, costituissero un’area
eccezionale, che rispondeva alla legge messicana e ai trattati internazionali, ma eccedeva dalla
realtà economica nazionale. Allora, secondo questa astrazione forzata e eccessivamente
semplificata, abbiamo una dislocazione, in termini geografici, del mercato della forza lavoro: il
Conclusioni.
95
capitale, che in ‘patria’, o meglio al suo domicilio, non trova la quantità di plusvalore necessario,
a causa dei fastidiosi “usi e costumi” derivanti dalle conquiste salariali dei lavoratori del secondo
dopoguerra, cambia mercato del lavoro, potendo acquistare la più economica forza lavoro
messicana. Se Maometto non va alla montagna, la montagna va a Maometto! Certamente questo
espediente non è privo di conseguenze economiche per il capitale, ma diciamo che i vantaggi
superano i costi. In questo senso abbiamo allora parlato di modello esportatore di forza lavoro a
basso costo: in maniera indiretta (l’esportazione diretta, come abbiamo accennato, sono le
migrazioni… “il Maometto che va alla montagna…”) viene dunque esportata la forza lavoro,
sotto forma di valore aggiunto ai beni, durante il processo produttivo attivato sul territorio
messicano. Questo modello, non generalizzabile a settori come quello estrattivo o dei servizi,
rientra a pieno nella concezione di un’articolazione globale del lavoro, e di un mercato mondiale
che, attraverso la governamentalità neoliberale, tende a creare un’eterogeneità di regimi di
accumulazione e di lavoro nella quale si estende il comando del capitale.
Il modello con il quale il Messico si è inserito nel mercato mondiale è stato costruito con una
serie di politiche mirate a creare un assemblaggio favorevole e attrattivo per il capitale produttivo
estero, ovvero per lo sfruttamento della forza lavoro nazionale. Abbiamo visto come a seguito di
due crisi del debito sovrano, una nell’82, l’altra nel ’95, sia stato implementato il programma di
aggiustamento strutturale che ha previsto una totale neoliberalizzazione del paese. Le
privatizzazioni hanno avuto l’effetto di ‘liberare’ mano d’opera, fiaccando il potere strutturale
legato a bassi livelli di disoccupazione e alla capacità dei lavoratori di resistere al di fuori del
mercato del lavoro, anche per effetto dei tagli allo stato sociale. Gli alti livelli di disoccupazione,
anche come conseguenza della privatizzazione delle terre indigene, e le due crisi della moneta
hanno contribuito ad abbassare il costo della forza lavoro. Le difficoltà affrontate dal lavoro con
l’avvento dell’era globale e il duro conflitto intrapreso dal governo messicano contro i sindacati
più radicali, hanno portato alla frustrazione della ‘idea di potere’ che ne ha indebolito il potere
associativo. Parallelamente a questo, proprio nel settore delle maquilas della frontiera nord si
sviluppava un modello di relazioni industriali che abbiamo definito di protezione padronale. Sono
un tipo di relazioni industriali nelle quali il sindacato si comporta in maniera ectoplasmatica
riguardo alla rappresentanza dei lavoratori e recessiva rispetto alle condizioni di lavoro. Inoltre
tende a stipulare contratti collettivi di protezione padronale che mantengono clausole minime
rispetto alle già infime prestazioni garantite dalla Ley Federal del Trabajo. L’assenza di potere
Conclusioni.
96
associativo, di rappresentazione collettiva e di regolamentazione, permette una totale flessibilità
della forza lavoro alle necessità della produttive dell’impresa.
Come abbiamo visto dai racconti dei lavoratori intervistati, la flessibilità si esprime sia in termini
orari, con il prolungamento della giornata lavorativa, che in termini numerici, con la possibilità
per l’impresa di ridurre il personale in base alle oscillazioni della domanda, sia dal punto di vista
della flessibilità funzionale, ovvero della totale mobilità della forza lavoro da una mansione
all’altra.
I salari molto bassi, fermi da quindici anni, operano un’ennesima pressione affinché i lavoratori
accettino condizioni di lavoro dure o illegali: “Se vuoi soldi devi raddoppiare il turno e
raddoppiare il turno!”
Dinanzi a una totale deregolamentazione dei rapporti tra capitale e lavoro, il nostro caso di studio
ha rivelato una gestione della disciplina e della forza lavoro che utilizza il dispositivo della
legalità flessibile: la capacità da parte dell’autorità di piegare il valore simbolico della legge alle
necessità arbitrarie dell’impresa, con il presupposto della conoscenza unilaterale delle regole del
gioco.
La tendenza ectoplasmatica del sindacato, e spesso addirittura repressiva dei confronti delle
agitazioni dei lavoratori, coadiuvata dall’intervento governativo nei panni delle JLCyA,
contribuisce a creare una scenografia di pace lavorativa che il governo messicano può spendere
sul mercato globale per attrarre capitale. La scenografia di pace lavorativa viene attentamente
composta attraverso l’affermazione di una storia ‘ufficiale’ di assenza di agitazioni e conflitto
lavorativo. Inoltre, abbiamo visto, nel nostro caso di studio, come i dispositivi della violenza e
del crimine organizzato siano utilizzati per reprimere eventuali agitazioni difformi dalla
scenografia venduta.
In questo modo è offerto un assemblaggio sul mercato del capitale così riassumibile: zero barriere
doganali, forza lavoro a basso costo, sindacalismo collaborativo o subordinato, flessibilità totale
della forza lavoro, un bassissimo rischio di incorrere in uno sciopero legale e un’ampia gamma di
alternative repressive. Un notevole guadagno, sia in termini di plusvalore per il capitale, che di
diminuzione di stress per i dirigenti! Sfruttando a proprio favore ogni elemento presente sul
territorio messicano, il capitale transnazionale ha così dimostrato tutta la propria adattabilità.
Da questo studio possiamo confermare l’ipotesi avanzata all’inizio del periodo di ricerca di
campo: ovvero che il regime produttivo della maquila e il modello basato sull’esportazione della
Conclusioni.
97
forza lavoro attualmente utilizzano dispositivi sul labile confine tra legalità e illegalità e/o
dispositivi e pratiche completamente illegali, se non dispositivi di illegalità normalizzata e di
legalità flessibile.
Rimane da dire che quello osservato a Monclova non è generalizzabile a tutte le imprese
maquiladoras presenti in Messico, ma costituisce solo una piccola dimostrazione della
localizzazione del capitale transnazionale, nel nostro caso FIAT Chrysler Automobiles, in un
regime di accumulazione basato sull’Export Processing Zone e di un accordo di libero
commercio come il TLCAN.
La realtà di Monclova ha dimostrato però che anche questo tipo di scenografia pacificata e
l’insieme di questo ben congegnato assemblaggio porta con sé un nucleo di tensioni e resistenze
pronte a manifestarsi e intraprendere il loro percorso.
C’è, infatti, un limite all’alienazione dei lavoratori alla vita di fabbrica: essi sono i portatori della
forza lavoro e durante la giornata lavorativa possono perdere il contatto con l’aspetto qualitativo
del processo produttivo, ovvero la comprensione del medesimo, ma quelli che non gli sfuggono
sono gli aspetti quantitativi, ovvero la quantità di forza lavoro da loro erogata. Il regime di
accumulazione capitalistico ha come cardine l’alienazione dei lavoratori, sia dal prodotto del
proprio lavoro e del processo produttivo, che dal rapporto con l’altro lavoratore e dall'ambito
collettivo derivante della cooperazione. Il processo di alienazione però non può essere portato
alle estreme conseguenze: l’esperienza vivida del lavoro ha permesso ai lavoratori avere la
conoscenza basilare del loro dispendio di energie per contestare la scelta dell’impresa di pagare
solo 7000 pesos di reparto de utilidades. Come abbiamo visto è stato il meccanismo del “io ho
lavorato, dunque io so” che ha fatto scattare le proteste. Il momento del conflitto e l’interruzione
dell’alienazione dall’altro, ha creato le condizioni per una ricomposizione della narrazione
collettiva. La possibilità di ricostruire le singole storie di abusi, d’ingiustizie, nonché le varie
conoscenze parziali di norme, leggi e pratiche sindacali hanno allargato un potere associativo
sopito e inespresso. Come abbiamo visto, fondamentale è stato il contatto con il Sindacato
Minero, il quale, lungi dall’essere totalmente privo di contraddizioni, ha un comportamento che
oscilla tra il sindacalismo tradizionale difensivo e il tradizionale offensivo, con alcune sezioni che
esprimono una pratica sindacale subordinata. L’intervento del Sindacato Minero ha significato
per i lavoratori la rottura dell’isolamento e la possibilità di un’identificazione con un progetto
Conclusioni.
98
sindacale tradizionale. Ha inoltre fornito le basi dell’organizzazione e il supporto legale
necessario a depositare le domande di reintegro per i lavoratori licenziati.
A seguito della dura repressione che ha utilizzato mezzi violenti come i pestaggi, o più sofisticati,
come l’introduzione del codice rosso di allerta o il sistema di arbitrato, il movimento sindacale si
è ristretto in termini di numeri e si è compattato intorno alla rivendicazione di libera
rappresentanza sindacale, come primo passo per il miglioramento delle proprie condizioni di
lavoro. Abbiamo visto come, successivamente ai giorni di sciopero, la vita di fabbrica sia
cambiata in direzione di una, sebbene minima, acquisizione di potere del lavoro sul capitale. Nel
2015 l’impresa Teksid ha annunciato un reparto de utilidades di ben 23.600 pesos, più del triplo
del 2014. Per le imprese Gunderson-Gimsa e Pytco, la JLCyA si è pronunciata a sfavore di una
votazione democratica del sindacato titolare del contratto collettivo2.
L’anno successivo alla nascita del movimento sindacale di Monclova nelle imprese di
Gunderson-Gimsa, Pytco e Teksid le proteste e gli episodi di paro si sono diffusi in altri punti
della frontiera con gli Stati Uniti. A Ciudad Acuña è stato richiesta all’impresa Arneses y
Accesorios di capitale finlandese PKC, la votazione democratica per la rappresentanza sindacale,
nella volontà di affiliarsi al Sindacato Minero. Sempre nel 2015, a Ciudad Juárez, nello stato di
Chihuahua, i lavoratori di Eaton, Foxxcon, Commscope e Lexmark hanno organizzato paros
pretendendo che cessassero le condizioni di precarietà, le molestie sessuali e per richiedere un
aumento salariale e il rispetto della libertà sindacale3. In questa zona, caratterizzata da una lunga
storia di maquiladoras la strada scelta è stata differente ed è stata quella della creazione di un
sindacato indipendente, primo caso nella storia della industria maquiladora di frontiera e
soprattutto del settore maquilador elettrico, caratterizzato da una scarsa tradizione sindacale. Da
cinque anni invece la strada del sindacato indipendente è stata percorsa dai lavoratori di Honda
della regione centrale di Jalisco, senza che ad oggi siano riusciti a farsi riconoscere dalle JLCyA.
Queste agitazioni, dopo l’anno di pace lavorativa annunciato da Alfonso Navarrete Prida
(segretario della Secretaria del trabajo y de previdencia social), sono ancora una volta la
conferma della tesi di Beverly Silver: con il consolidarsi del regime maquilador, e l’uscita di esso
dalla fase di innovazione, si sedimentano conoscenze sindacali, esperienze lavorative e
2 La Izquierda Diario, (2016)
3 La Izquierda Diario, (2016-2)
Conclusioni.
99
condizioni strutturali territoriali (come lo sgonfiamento dell’esercito industriale di riserva) che
favoriscono la nascita di pressioni sindacali sul capitale transnazionale.
Un altro aspetto fondamentale da rimarcare è la lotta che si gioca intorno alla definizione dello
spazio di conflitto. A Monclova l’intervento della rete sindacale IndustriAll ha garantito un
appoggio internazionale, specialmente dall’Italia e dagli Stati Uniti, paesi di provenienza del
capitale FCA. Per quanto questo genere di esperienze sia ad un livello embrionale, ma soprattutto
viziato da un verticismo che nel contesto internazionale si fa ancor più marcato, è importante
segnalare l’insorgenza di questo genere di reti. IndustriAll, infatti, è una rete mondiale di
sindacati dell’industria, la quale fornisce appoggio attraverso la propria organizzazione,
specialmente in questioni di rispetto dei diritti umani e violazioni delle convenzioni dell’OIL.
Purtroppo non sperimenta un contatto diretto dal basso tra i lavoratori nelle varie coordinate
geografiche, né paventa l’idea di mobilitazioni congiunte, per quanto questo genere di prospettiva
sia oggi possibile, benché difficile, proprio grazie alla diffusione di internet.
Abbiamo richiamato nel primo capitolo il carattere assiomatico del capitale e abbiamo visto solo
una delle forme che esso assume e produce. Osservando i conflitti e le resistenze che si
accendono e si spengono continuamente nella fabrica mundi intorno ai più variegati regimi
capitalistici, sarebbe forse necessario ipotizzare un’assiomatica della resistenza come
conseguenza indipendente della capacità creativa e adattiva del capitale. Sviluppare l’idea,
d’ispirazione zapatista, di una ‘lotta che contenga molte lotte’, come composizione organica
dell’opposizione alla logica e ai processi del capitale, all’interno della quale il sindacalismo dal
basso può trovare una propria collocazione.
Allegato A – Contratto collettivo
100
Allegato A Contratto collettivo
Allegato A – Contratto collettivo
101
Allegato A – Contratto collettivo
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Allegato A – Contratto collettivo
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Allegato A – Contratto collettivo
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Allegato A – Contratto collettivo
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Allegato B - Word Class Manufacturing
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Allegato B - Word Class Manufacturing
Allegato B - Word Class Manufacturing
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Allegato C - Sicurezza
108
Allegato C - Sicurezza
Allegato C - Sicurezza
109
Allegato D – Accordi paro
110
Allegato D Accordi paro
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Interviste:
116
Interviste:
Intervista Cirila Quintero, 24/06/15, Matamoros, Tamaulipas. Ricercatrice e docente del Colegio
de la frontera Norte e esperta di sindacalismo nella maquila.
Intervista A. 28/06/2015, Ciudad Frotera, Coahuila, Messico. Lavoratore licenziato e integrante
del Sindacato Minero.
Focous Group su contratto collettivo. 29/06/2015, Ciudad Frontera, Coahuila, Messico.
Intervista C., 30/6/15, Ciudad Frotera, Coahuila, Messico. Lavoratore interno a Teksid.
Intervista I. 2/7/2015, San Buenaventura, Coahuila, Messico. Lavoratrice licenziata a seguito del
paro.
Intervista P. 03/07/2015, Monclova, Coahuila, Messico. Rappresentante locale del Sindacato
Minero.
Chapter
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Le piattaforme digitali, alimentate da logiche estrattive, finanziarie e logistiche, all’installarsi in America Latina, incontrano e catturano alcune caratteristiche del tessuto urbano, producendo allo stesso tempo forme di soggettività. Parlando del caso di Rappi a Città del Messico, faremo riferimento a due differenti concetti elaborati in ambito latinoamericano: il “neoliberalismo dal basso” - teorizzato da Verónica Gago - e il “supersfruttamento del lavoro” - formulato negli anni ’70 da Ruy Mauro Marini; entrambi ci aiuteranno a gettar luce, rispettivamente, sull’autoimprenditorialità popolare e sul furto di valore operato attraverso l’appalto dei mezzi di produzione al rider.
Article
Full-text available
Introducción ESTE TRABAJO TIENE TRES PROPÓSITOS CENTRALES: primero, presentar una tipología de las alternativas sindicales que se han conformado en la in-dustria maquiladora de exportación, después de tres décadas de estancia en la frontera norte; segundo, delinear algunas de las principales carac-terísticas empíricas del sindicalismo maquilador en distintas ciudades fronterizas; y tercero, señalar algunos de los principales escenarios que podrían vislumbrarse en el futuro sindical de la frontera norte. Hacia una tipología sindical en la industria maquiladora La industria maquiladora es uno de los sectores industriales más impor-tantes de la manufactura mexicana. En la frontera mexicana, su importancia se incrementa. La región fronteriza entre México y los Estados Unidos podría ser considerada como el espacio maquilador por excelencia. Se-gún el INEGI, en 1993, siete ciudades fronterizas concentraban 55.8% de los establecimientos y 62.6% de los empleos maquiladores y, en tér-minos absolutos, la industria maquiladora de exportación (IME) generaba 542 074 empleos en el ámbito nacional (INEGI, 1995:1). Dada la importancia de la IME en el aspecto laboral resulta intere-sante conocer qué condiciones privan en ella. Uno de los elementos que 1 Una versión preliminar de este trabajo fue presentada en la IX Southern Labor Studies Conference: Labor and Free Trade, realizada por la Universidad de Texas en Austin, en octubre de 1995.
Article
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In this study we analyze the evolution and tendencies of Mexico's employment and unemployment, in particular, since the application of the so called economic reforms initiated in the eighties. The central tenet is that the objectives of the government's economic policy regarding employment since the early eighties, not only have not been accomplished but unemployment is by far the most important challenge of economic policy in Mexico. The capacity of the Mexican economy to create productive jobs, at least at the labor force growth rate is one of the main challenges for policy makers since the early eighties and it will remain as such in the future if economic growth is not really activated and the growing supply of labor force is henceforth productively employed.
Article
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Here I explore the possibility that capitalism is today undergoing the systemic equivalent to Marx's notion of primitive accumulation, only now as a deepening of advanced capitalism predicated on the destruction of more traditional forms of capitalism. I focus on two diverse instances which share a common systemic logic: expulsing people from more traditional capitalist encasements. One instance is that of countries devastated by an imposed debt and debt-servicing regime which took priority over all other state expenditures; at its most extreme, the ensuing devastation of traditional economies and traditional states has made the land more valuable to the global market than the people on it. The other instance, which I see as a systemic equivalent to the first, is the potential for global replication of the financial innovation that destroyed 15 million plus households in the US in two years, with many more to come; household destruction at this scale devastates whole areas of cities, and leaves vacant land. How this rapidly growing expanse of vacant land will be reincorporated into global capital circuits is not yet clear. I examine these two cases through a specific lens: the transformative processes that expand the base of current advanced capitalism, with particular attention to the assemblages of specific processes, institutions, and logics that enabled this systemic transformation.
Article
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Es posible que el ?modelo maquilador? haya llegado a su límite en México en las actuales condiciones de los mercados internacionales, tanto en términos de sus productos como de trabajo. Asimismo, la crisis actual de la maquila afecta su capacidad de incrementar la productividad, lo cual repercute en la caída de su tasa de ganancia. Lo anterior apunta a que el país debe buscar un modelo de industrialización diferente del maquilador, que no se base en la intensificación del trabajo y en los bajos salarios. Los análisis de la información poco utilizada proveniente del Censo Nacional de Maquilas y de la Encuesta Nacional de Empleo, Salarios, Tecnología y Capacitación (ENESTYC) del INEGI, permiten dar una imagen global diferente de la maquila de aquella que se ha difundido a partir de estudios de casos exitosos.
Article
L'articolo si colloca al crocevia tra tre ambiti problematici: le trasformazioni del capitalismo contemporaneo, gli orizzonti dell'azione sindacale e il ruolo della ricerca sociale. Alcune delle principali caratteristiche del capitalismo reticolare, che è la forma assunta dal capitalismo nei decenni più recenti, vengono schematicamente richiamate. è in questo contesto, infatti, che l'azione sindacale è venuta mostrando crescenti segni di affanno e di difficoltŕ, sia per quanto riguarda il suo ‘potere strutturale' che quello ‘associativo'. Tuttavia, è in questo stesso contesto che emergono, in diverse parti del mondo, esperienze significative di innovazione dell'azione sindacale stessa. Queste risultano assai interessanti per rinnovare il patrimonio delle risorse cognitive e metodologiche cui la solidarietŕ organizzata puň attingere. Si tratta di uno scenario in cui, a fronte dell'ondata espansiva della mercificazione che ha segnato i decenni più recenti, sembra particolarmente utile riprendere il concetto messo a fuoco da Karl Polanyi, di ‘contro-movimento'. A tale proposito, la ricerca sociale svolge un ruolo assai importante, per quanto delicato.
Article
This article shows that present day unionism in the maquiladoras of northern Mexico is the outcome of the interaction between local working conditions and international productive requirements.The answer of local unions to the maquiladora's demands has resulted in the conformation of two types of union: the traditional kind, that strives to maintain its historical task of defending the workers rights, and a second kind that has perverted its original function by acting subserviently to the industry's management while ignoring the workers. The affiliation to one or other kind depends on the strength or weakness of the unions and on the regional characteristics of the industrial plants. The local government structure -more concerned with stimulating foreign investment- as well as the ownership organizations have favored the subordinated unions, thus leaving a significant portion of the maquiladora workers unprotected.
Article
This paper evaluates Mexico's shift toward neoliberalism after considering its experi- ence with import-substitution industrial- ization (ISI), including the liberalization of trade and finance and privatizations. The next section assesses NAFTA and the growing integration of Mexico's economy with the US, and the particular role of the maquiladora industry in the context of Mexico's development strategy. The next section presents the results of two decades of neoliberal policies in Mexico, considering the impact on workers, the environment and the Mexican population overall, with particular emphasis on the peso crisis of 1994-95. The main results for the neoliberal period are the following: GNP growth rates are roughly half of the level for the ISI period; real manufacturing wages in 2004 are only 70% of their level in 1980; and unemployment and poverty clearly increased. Finally, the attempts to challenge the specific neoliberal model that Mexico has been pursuing are presented and discussed.
Article
La frontera de México con Estados Unidos representa un espacio emblemático de los procesos de globalización debido a la instalación de numerosas plantas ensambladoras conocidas como maquiladoras desde fines de los sesenta. Este hecho propició la masiva contratación de mujeres y, la lenta conformación de un proletariado feminizado a lo largo del país, lo que mostró una fuerte asociación entre los procesos de transnacionalización productiva y la participación remunerada de las mujeres. En el texto que se presenta se pretende discurrir sobre la convergencia de las maquiladoras, el trabajo y las mujeres, como una relación compleja, que ha logrado ser captada por los estudiosos de este fenómeno durante casi cuatro décadas. Con esta intención se revisó algunos de los principales materiales de la producción académica e institucional más difundida de los últimos años en México. A partir de esta revisión, se espera mostrar la complejidad que representa estudiar la realidad laboral de las mujeres y la necesidad de reconocerlas como seres sexuados en el mundo del trabajo.