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Scambi ceramici nei contesti Capo Graziano delle isole Eolie:
dati petrografici e petrologici a confronto
P. Fragnoli1, D. Brunelli2, S. T. Levi2, M. C. Martinelli3, A. Renzulli4, P. Santi4, J. L.
Williams5
1 Università degli studi di Ferrara, Corso Ercole I d’Este, 32, 44121 Ferrara
2 Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia,
Largo S. Eufemia 19, 41121 Modena
3 Parco Archeologico delle Isole Eolie e delle aree archeologiche di Milazzo, Patti e dei
Comuni limitrofi, Lipari
4 Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli studi di Urbino, Via Cà Le Suore 2/4,
61029 Urbino
5 Meifod, Ffordd Bangor, Bethesda, Gwynedd, LL57 3LU, Bangor, UK
Riassunto
Questo lavoro si pone l’obiettivo di ricostruire la rete interinsulare di scambi ceramici nei
contesti Capo Graziano [BA-BMII (2300-1430 a.C.)] dell’arcipelago eoliano. A tal fine sono
stati esaminati 274 campioni ceramici provenienti da Lipari, Filicudi e Stromboli e 16 campioni
di lave affioranti nelle vicinanze dell’insediamento di San Vincenzo a Stromboli. Le analisi
chimiche in situ degli elementi maggiori e in traccia hanno consentito di ipotizzare l’esistenza di
produzioni locali sulle tre isole. L’approvvigionamento delle materie prime è diverso nei diversi
siti: a Lipari indica l’uso costante della stessa sorgente, mentre si differenzia nel tempo a
Stromboli e Filicudi. L’insieme delle osservazioni svolte permette di definire diverse forme di
scambio interinsulare.
parole chiave: Capo Graziano; Età del Bronzo; isole eolie; scambi interinsulari; microanalisi in
situ.
Abstract
The inter-insular exchange network in the Aeolian Archipelago during the Capo Graziano phase
[EBA-MBAII (2300-1430 BC)] has been investigated based on sampling pottery from a number
of archaeological sites in the archipelago. Detailed petrographic and mineral chemistry analyses
(major elements by EMPA and trace elements by LA-ICP-MS) have been undertaken on 274
ceramic samples from the islands of Lipari, Filicudi and Stromboli. To establish variations
between the representative sites 16 samples of lava rocks cropping out in close proximity to the
proto-historic village of Stromboli have been analyzed. On this basis it has been possible to
characterize a compositional fingerprint for the local ceramic products of each island, thus
providing a mechanism to identify the volume and typology of the pottery that was exchanged
between the various island communities. The study has established that in Lipari Capo Graziano
ceramics utilized same type of unconsolidated pyroclastic based raw material throughout the
period in question, while in Filicudi and Stromboli more varied andesite or pumice based raw
materials were used to produce the local pottery.
Keywords: Capo Graziano; Bronze Age; Aeolian Islands; inter-insular exchanges; in situ
microanalysis.
Introduzione
Le isole Eolie rappresentano un luogo particolarmente adatto ad un approccio di tipo
archeometrico in quanto sono costituite da serie specifiche di rocce vulcaniche ben distinguibili
dalle litologie di origine sedimentaria, metamorfica e plutonica affioranti nelle vicine porzioni di
terraferma. È inoltre ben definita la storia archeologica per l’età del Bronzo che si è scelta per lo
sviluppo metodologico.
A partire dall’Età del Bronzo queste isole assumono il ruolo di crocevia dei traffici
transmarini e punto di passaggio strategico nel basso Tirreno [1]. La loro posizione geografica
consentiva il controllo dello stretto di Messina, attraverso cui avveniva la circolazione dei
metalli, e costituiva un nesso importante tra il Mediterraneo orientale e occidentale e fra la
Sicilia e l’Italia peninsulare. Questa accresciuta importanza e vitalità si manifesta sul piano
archeologico all’inizio della facies di Capo Graziano [BA-BMII (2200-1430 a.C.)] con il sorgere
di nuovi insediamenti su tutte le isole (Fig. 1). I crescenti contatti con l’area egea sono
testimoniati dall’importazione di ceramica micenea (TEI/II) a partire dal XVII secolo a.C. La
circolazione ad ampio raggio di ceramica di tipologia eoliana è documentata dal ritrovamento del
relitto di Pignataro di Fuori [2] al largo delle coste liparote e dalla presenza di ceramica di stile
Capo Graziano (Fig. 2) in Sicilia [3-9], Calabria [10], Campania [11] e Lazio [12]. Gli
insediamenti di facies Capo Graziano, composti da capanne circolari con zoccolo di pietrame,
occupano in un primo momento (Capo Graziano I, 2300-1700 a.C.) le piane costiere, come la
Piana di Diana a Lipari o Piano del Porto a Filicudi [13]. Successivamente (1700-1430 a.C.,
Capo Graziano II), gli insediamenti vengono spostati in luoghi naturalmente difesi, quali
l’Acropoli di Lipari [14], la Montagnola di Filicudi (Fig. 1) o il villaggio di San Vincenzo a
Stromboli [15].
Fig. 1 – Filicudi: Villaggio Capo Graziano I di Piano del Porto (cerchio rosso a sinistra) e Capo Graziano II (freccia a sinistra
e fotografia a destra) della Montagnola.
Fig. 2 – Vasellame decorato in stile Capo Graziano [14].
Sulla base delle indagini archeometriche condotte da John Williams a partire dalla fine
degli anni ’60 si è osservata la prevalenza di produzioni locali per tutta la facies di Capo
Graziano in particolare per Lipari e Filicudi [16]. Queste tendono ad essere sostituite nelle fasi
successive del Bronzo Medio III (facies Milazzese) e del Bronzo Finale (facies Ausonio) da
produzioni importate dalla Sicilia settentrionale e da produzioni locali realizzate mediante argille
alloctone (Fig. 3) [17].
Fig. 3 – Provenienza del vasellame e delle materie prime durante l’Età del Bronzo [16][17].
Inquadramento geologico e geochimico
L’arcipelago eoliano consiste in 7 strato-vulcani, appartenenti all’arco insulare generato
dalla subduzione della placca eurasiatica sotto quella africana. La sua formazione è strettamente
correlata con l'apertura del bacino tirrenico nel periodo intercorso dal Miocene ad oggi,
collocandosi quindi nell'ambito della complessa evoluzione geodinamica dell'area Mediterranea
centro-occidentale.
Le rocce vulcaniche eoliane ricoprono un ampio range composizionale, compreso fra
termini mafici e sialici con affinità calcalcaline (CA), calcalcaline alte in potassio (HKCA),
shoshonitiche (SHO) e, più raramente, potassiche (K) (Fig. 4). Per quanto riguarda gli elementi
incompatibili, esse mostrano caratteristiche riconducibili al vulcanesimo di arco che le ha
generate, ovvero un alto rapporto fra elementi a largo raggio ionico e elementi ad alta carica
(LILE/HFSE1) [18].
Le lave presentano una tessitura porfirica con massa di fondo da afirica a microcristallina
ofitica. I fenocristalli presenti hanno una distribuzione tipicamente legata alla serie magmatica e
sono costituiti da fasi anidre (olivina, feldspati calcio-sodici e più raramente potassici, orto- e
clinopirosseni), idrate (orneblende brune e verdi e più raramente biotiti) e ossidi (per lo più
titano-magnetite). Le fasi accessorie sono prevalentemente rappresentate da apatite, zircone e
ilmenite [18].
1Gli elementi LILE (large ion lithophile elements) e HFSE (high force strength elements) sono elementi
incompatibili che tendono a concentrarsi maggiormente nella fase liquida rispetto alla fase solida. Ai primi
appartengono Rb, Eu, Cs, Ba, Sr, U, Th, K e Pb2+, mentre i secondi comprendono La, Ce, Nd, Ta, Nb, Zr, Sm, Yb,
Hf e Ti.
Dalle isole occidentali (Alicudi, Salina, Filicudi) a quelle orientali (Panarea, Stromboli) si
osserva un aumento di rocce potassiche rispetto a quelle calcalcaline. Le isole centrali (Lipari,
Vulcano, Salina) si distinguono invece dai settori più esterni dell’arcipelago per la presenza di
litologie riolitiche, caratterizzate da forti anomalie negative di europio e alti rapporti LILE/HFSE
[18].
Fig. 4 – Diagramma TAS delle rocce affioranti nelle diverse isole dell’arcipelago [18].
Obiettivi e metodi della ricerca
Questo lavoro di ricerca si pone l’obiettivo di identificare dei markers petrografici e
geochimici discriminanti le produzioni delle diverse isole dell’arcipelago validi per i contesti
Capo Graziano.
Il fine è quello di verificare l’esistenza di differenti centri produttivi eoliani,
ricostruire la rete di scambi interinsulari, definire il livello di organizzazione sociale della
produzione e le relazioni fra Lipari e le isole minori. Particolare attenzione è stata dedicata a
Stromboli, l’avamposto nord-orientale dell’arcipelago, dove è in corso dal 2009 un nuovo scavo
diretto dalla Prof. Levi del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Modena.
Le materie prime argillose, costituenti la matrice degli esemplari ceramici, non
rappresentano un marker adatto per la definizione delle relazioni interinsulari. È dimostrato che
la scarsità di depositi argillosi nell’arcipelago ha spesso portato le comunità eoliane ad
approvvigionarsi esternamente [17]. Al contrario, lo scheletro di origine vulcanoclastica
costituisce un ottimo indicatore di provenienza, consentendo di discriminare le sequenze laviche
eruttate sulle diverse isole.
Si è quindi proceduto attraverso le seguenti metodologie:
1) Analisi minero-petrografica:
- 274 campioni ceramici risalenti ad entrambe le fasi Capo Graziano da Stromboli, Filicudi e
Lipari. Per quest’ultima è stato possibile esaminare anche il vasellame rinvenuto nella
necropoli di Diana e nel relitto di Pignataro di Fuori;
- 16 campioni di lave affioranti in prossimità del villaggio protostorico di San Vincenzo a
Stromboli prelevati dalle formazioni di Cannestrà (periodo di Neostromboli, 13-6 KA), Scari
(periodo di Scari, 35KA) e Petrazza (periodo di Paleostromboli, 85-35KA) (Fig. 5).
Fig. 5 – Campioni geologici: formazioni di Scari (LSCA), Cannestrà (CAN) e Petrazza (PPT). Il cerchio rosso indica
l’ubicazione del villaggio protostorico di San Vincenzo.
2) Analisi chimica delle fasi minerali componenti lo scheletro ceramico di 156 campioni
selezionati sulla base della precedente classificazione petrografica:
a) Elementi maggiori mediante microsonda elettronica (Montanuniversität, Leoben, Austria);
b) Elementi in traccia mediante Laser Ablation ICP-MS (Centro Interdipartimentale Grandi
Strumenti, Università di Modena).
Analisi minero-petrografica e composizionale
In qualsiasi contesto liparota esaminato (insediamento, necropoli e relitto) si osservano
caratteristiche petrografiche costanti, quali assenza di minerali idrati, presenza di glass shards,
pomici, andesiti con clino- e ortopirosseni e rioliti (Fig. 6). In genere i clasti di minerali sciolti
sono prevalenti rispetto ai litoclasti.
Fig. 6 – Caratteristiche petrografiche tipicamente liparote (in senso orario): glass shard, andesite, pomice, riolite.
I campioni di Filicudi (Fig. 7) si ripartiscono in due gruppi petrografici principali, l’uno
caratterizzato dalla presenza di lave andesitiche e fasi idrate (orneblende brune ± biotiti, Fig.
7A), l’altro contenente prevalentemente clasti di lave basaltiche (Fig. 7B). Appaiono inoltre
campioni caratterizzati dalla associazione di tipo liparota con glass shards e pomici (Fig. 7C-D).
Fig. 7 – Caratteristiche petrografiche di Filicudi: andesiti a fasi idrate (A), lave basaltiche (B) e composizioni
tipicamente liparote (C+D).
A Stromboli, una parte considerevole dei campioni presenta caratteristiche identiche a
quelle di Filicudi, cioè lave andesitiche e fasi idrate (Fig. 8A). L’associazione di fasi idrate e
pomici sembra costituire invece un tratto dominante ed esclusivo di Stromboli (Fig. 8B). Come a
Filicudi, alcuni esemplari mostrano una composizione petrografica tipicamente liparota (Fig. 8C-
D).
Fig. 8– Caratteristiche petrografiche di Stromboli: andesiti a fasi idrate (A), pomice e fasi idrate (B) e composizioni tipicamente
liparote (C+D).
L’associazione petrografica tipicamente liparota (campioni AI rossi nei diagrammi) si
distingue dal resto delle produzione eoliana (campioni AII blu) anche da un punto di vista
geochimico. I campioni AI presentano una composizione più evoluta dei clinopirosseni augitici
che appaiono arricchiti in tutti gli elementi incompatibili e con anomalie negative di europio e
stronzio rispettivamente più e meno accentuate (Fig. 9-10). Tali caratteristiche geochimiche
risultano compatibili con le litologie più evolute, cioè più ricche in SiO2 (fino a 75%), affioranti
a Lipari [18].
Fig. 9 – Composizione in elementi maggiori e in traccia dei clinopirosseni contenuti nel vasellame di composizione petrografica
tipicamente liparota (AI) e nel resto della produzione eoliana (AII).
Fig. 10 – Pattern degli elementi incompatibili nei clinopirosseni contenuti nel vasellame di composizione petrografica
tipicamente liparota (AI) e nel resto della produzione eoliana (AII).
Gli esemplari di Filicudi e Stromboli non appartenenti al gruppo petrografico tipicamente
liparota (AI) e tra loro petrograficamente affini (lave andesitiche con fasi idrate) si differenziano
a livello geochimico per la composizione delle fasi idrate. In particolare, l’elevato tenore in TiO2
delle biotiti rappresenta per Stromboli il marker geochimico più discriminante (Fig. 11) ed è
probabilmente da mettere in relazione con la presenza su quest’isola delle rocce arricchite in
potassio, assenti invece a Filicudi. Inoltre, le orneblende brune contengono a Stromboli più
HREE (erbio e disprosio) e meno bario e tantalo (Fig. 12) e mostrano anomalie negative di
stronzio, europio e afnio più accentuate (Fig. 13).
Fig. 11 – Diverso tenore in TiO2 delle biotiti contenute nel vasellame di Filicudi e Stromboli.
Fig. 12 – Diversa composizione in elementi in tracce delle orneblende brune contenute nel vasellame di Filicudi e Stromboli.
Fig. 13– Pattern degli elementi incompatibili nelle orneblende brune contenute nel vasellame di Filicudi e Stromboli.
Dalle analisi eseguite sui clinopirosseni contenuti nelle lave prelevate in prossimità del
villaggio di San Vincenzo a Stromboli emergono due trends composizionali (Fig. 14), l’uno
caratterizzante le formazioni di Scari e Petrazza, l’altro relativo alle lave più evolute del
Cannestrà. I campioni ceramici strombolani seguono entrambi i trends. In particolare, quelli
petrograficamente caratterizzati da pomici e orneblende sono spesso ascrivibili al trend di
Cannestrà, mentre quelli contenenti andesiti e fasi idrate mostrano una maggiore corrispondenza
con le due altre formazioni. Dall’extended diagram degli elementi in traccia si può ipotizzare più
precisamente una maggiore affinità di quest’ultimo gruppo petrografico con i depositi di Scari
(Fig. 15).
Fig. 14 – Mg#3vs. SIO2: clinopirosseni contenuti nei campioni geologici (CAN=Cannestrà; LSCA=Scari; PPT=Petrazza) e
ceramici (and (ho+bt)=andesiti e fasi idrate; ho+pum=orneblende e pomici) di Stromboli.
Fig. 15 – Pattern degli elementi incompatibili nei clinopirosseni contenuti nei campioni ceramici di Stromboli composti da
andesiti e fasi idrate e nelle formazioni di Scari (LSCA).
3=100*Mg/(Mg+Fe).
Discussione e conclusioni
I caratteri petrografici e geochimici dei campioni liparoti permettono una netta
separazione dei manufatti prodotti su quest’isola rispetto alle altre. Su questa base si sono
riconosciute popolazioni di ceramiche liparote all’interno del vasellame recuperato nelle altre
isole.
A Filicudi la distribuzione diacronica dei due gruppi petrografici locali si evince dalla
diminuzione dell’uso di lave basaltiche a favore di lave andesitiche al passaggio dalla prima alla
seconda fase Capo Graziano. Tale cambiamento è probabilmente legato al trasferimento
dell’insediamento da Piano del Porto verso il sito naturalmente difeso della Montagnola (Fig. 1).
A partire dalla seconda fase Capo Graziano sono inoltre riscontrabili due vasi decorati ad
incisioni di produzione liparota.
A Stromboli alcune associazioni petrografiche (orneblende e pomici) risultano
caratterizzanti, mentre altre (andesiti e fasi idrate) si distinguono dalle produzioni filicudiane
solo a livello geochimico. Alcuni esemplari risultano prodotti a Lipari. Differentemente da
Filicudi, si tratta di vasellame generalmente non decorato.
In conclusione: le analisi archeometriche hanno consentito di rilevare delle tendenze
generali a due diversi livelli. Ad un livello strettamente insulare si osserva l’esistenza di
produzioni locali nelle tre diverse isole esaminate. A Lipari vi è un uso costante della stessa
materia prima indipendentemente dal contesto archeologico preso in esame. Per le produzioni di
Filicudi e Stromboli è stata rilevata invece una maggiore variabilità petrografica e geochimica. A
Filicudi tale variabilità è da mettere in relazione con un approvvigionamento locale differenziato
legato allo spostamento dell’insediamento da Piano del Porto al sito naturalmente difeso della
Montagnola che avviene in corrispondenza del passaggio alla seconda fase Capo Graziano,
mentre a Stromboli l’eterogeneità osservata è riconducibile allo sfruttamento di almeno due
diverse formazioni geologiche, cioè le unità di Cannestrà e Scari.
Da un punto di vista interinsulare, non sono state riscontrate importazioni dalle isole
minori verso Lipari e forme di scambio fra Filicudi e Stromboli. A partire dalla seconda fase di
Capo Graziano si evidenziano invece alcune importazioni da Lipari verso le isole minori. Tali
esemplari sono decorati a Filicudi e per lo più non decorati a Stromboli. Questo potrebbe
indicare l’esistenza di forme di scambio interinsulare differenziate.
Ringraziamenti: Si ringraziano F. Zaccarini e D. Manzini, per l’assistenza alle analisi in
microsonda (Montanuniversität di Leoben, A) e LA-ICP-MS (CIGS - Università di Modena).
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