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"Abraxas" a Cafarnao. I. Anticipazioni sugli amuleti nel deposito sotto la pavimentazione della Sinagoga

Authors:
  • Accademia dei Lincei

Abstract and Figures

Tra i 20.003 esemplari del deposito di moneta divisionale in bronzo, verosimilmente chiuso alla fine del 5 secolo a. C., recuperato sotto la pavimentazione della Sinagoga di Cafarnao, un esemplare, il n. 3766, con foro per la sospensione, si presenta rilavorato a niello come amuleto. Su un lato presenta la scritta in greco ЄVΠ / ЄΠTЄ. Sull’altro lato propone una figura di difficile interpretazione, vista in questa sede come collegata all’immagine indicata come Abraxas sulle “gemme magiche”. Un riesame, ancora in corso, del resto del complesso ha rivelato come un’alta percentuale delle monete recuperate, ufficiali o di imitazione, porti tracce indiscutibili di riutilizzo come amuleto, con la collocazione sui tipi di un patrimonio di icone ben noto dalle gemme magiche, con precisi riferimenti all’ambito escatologico egizio. Le raffigurazioni sono incise, ricavate ad impressione e forse smaltate. Il contributo si propone come segnalazione preliminare, in una serie di interventi su una tematica molto articolata, collocati in altre sedi e in corso di approfondimento.
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˝abraxas˝ a cafarnao. i. anticipazioni
sugli amuleti nel deposito sotto la
pavimentazione della sinagoga
   "  . .          
Il 6 luglio 1972, nel cantiere di scavo, restauro e anastilosi della
“Sinagoga” di Cafarnao (Fig. 1–2), in Galilea, sulla riva occidentale
del Mare di Tiberiade, diretto da Padre Virginio Corbo OFM e Sta-
nislao Loffreda OFM, veniva rimossa una lastra della pavimen-
tazione nell’angolo N-E del cortile ad Est della Sala di Preghiera
(Fig. 3), creando la Trincea XII, successivamente nella planimetria
generale dello scavo indicata come Trincea 8012. La struttura del
cortile è addossata alla fabbrica della Sala, che è quindi prece-
dente, e viene datata dagli scavatori al 5 secolo, pavimentazione
compresa.1 Nella preparazione per la posa della lastra rimossa
(Fig. 4), così come delle lastre adiacenti, vennero recuperati, im-
pastati nella malta, ca seimila tondelli bronzei, tutti interpretati
come monete, di cui ebbi notizia nel 1994.2 Altri esemplari simili
vennero recuperati nella medesima Trincea XII nel 1975, fino a
raggiungere il numero di 20363. Rimandando ai numerosi con-
tributi relativi allo scavo della “Sinagoga” e riferendomi al solo
recupero dei tondelli bronzei, ricordo come il sollevamento della
pavimentazione sia avvenuto anche in altri settori del Cortile e
della Sala di preghiera, con trincee di scavo che ne restituirono
altri: 220 e 1795 nella XIV, 511 nella XVIII, 67 nella XVII-navata Est,
Ermano A. Arslan
Accademia Nazionale dei Lincei, Roma
Categoria Archeologia
ermannoarslan516@gmail.com
Tra i 20.003 esemplari del deposito di moneta divisionale in bron-
zo, verosimilmente chiuso alla fine del 5 secolo a. C., recuperato
sotto la pavimentazione della Sinagoga di Cafarnao, un esempla-
re, il n. 3766, con foro per la sospensione, si presenta rilavorato a
niello come amuleto. Su un lato presenta la scritta in greco ЄVΠ
/ ЄΠTЄ. Sull’altro lato propone una figura di difficile interpreta-
zione, vista in questa sede come collegata all’immagine indicata
come Abraxas sulle “gemme magiche”. Un riesame, ancora in cor-
so, del resto del complesso ha rivelato come un’alta percentuale
delle monete recuperate, ufficiali o di imitazione, porti tracce in-
discutibili di riutilizzo come amuleto, con la collocazione sui tipi
di un patrimonio di icone ben noto dalle gemme magiche, con
precisi riferimenti all’ambito escatologico egizio. Le raffigurazio-
ni sono incise, ricavate ad impressione e forse smaltate. Il con-
tributo si propone come segnalazione preliminare, in una serie
di interventi su una tematica molto articolata, collocati in altre
sedi e in corso di approfondimento.
Le parole-chiave:
Abraxas, Chnoubis, Arpocrate, Amuleto, Gemme magiche, Gnosis, Sinagoga di
Cafarnao
UDK / UDC: 904:737.1(569 .4 Kafarnaum)
Izvorni znanstveni rad / Original scientific paper
https://doi.org/10.52064/vamz.54.1.30
1 Per la bibliografia, alla quale rimandavo negli anni 1995–1996 (Arslan
1997), relativa alla complessa problematica dell’inquadramento storico-arche-
ologico dell’edificio e alle circostanze del ritrovamento, cfr. Tsafrir 1995, passim.
Secondo lo studioso l’edificio, da datarsi al 3 secolo d. C., nel 4 secolo sarebbe
stato in funzione ed avrebbe subito solo danni secondari in occasione di un
terremoto del 363 d. C. Per tali ipotesi, che appaiono a chi scrive non del tutto
convincenti, si rimanda alla lettura dello scavo e delle strutture di Stanislao Lof-
freda (Loffreda 2005). Le evidenze proposte in questa sede modificano sensibil-
mente i termini del problema, che andranno sicuramente reimpostati in futuro.
2 RIC 10, cxxxiii.
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17 nella XVII-navata West, 30 nella XXV (con ulteriori pochi che
non è stato ancora possibile conteggiare), per un totale dalla
Sinagoga di 23003 esemplari (Fig. 5). I nuclei recuperati vennero
tenuti distinti. In un solo caso, nella Trincea XIV–Tesoro, furono
selezionati gli esemplari leggibili e scartati quelli apparentemen-
te illeggibili, ora irreperibili.
Il complesso dei tondelli, per il quale non mi risulta sia stata ef-
fettuata una rilevazione stratigrafica della giacitura, era costi-
tuito in parte da monete, coniate o fuse, spesso con interventi
riconoscibili per il riuso come amuleti,3 in parte, in percentuale
minore, da veri e propri amuleti monetiformi. La moneta, sia
quella senza interventi, sia quella con interventi per l’utilizzo per
il riuso, era quasi esclusivamente enea4 ed emessa dal 3–2 secolo
a. C. alla fine del 5 d. C., con le prime serie di Zenone, con una di-
stribuzione regolare nel tempo. Le monete, sia quelle modificate,
sia quelle senza apparenti modifiche, prelevate dalla circolazio-
ne, vennero collocate singolarmente, a formare un deposito, a
partire dalla metà del 4 secolo o poco dopo. Vennero accumulate
forse in luogo diverso da quello del ritrovamento, con, dalla fine
del 5 secolo, solo episodiche aggiunte di pochissimi esemplari
protobizantini e Omayyadi. Infine, il complesso venne occultato,
in epoca imprecisata, sotto la pavimentazione del cortile della
Sinagoga, che potrebbe essere sensibilmente più tarda dell’edi-
ficio.5
I materiali, già fortemente danneggiati dalla permanenza in stra-
ti ricchi di calce e settorialmente umidi, vennero puliti in termi-
ni molto energici, in bagni con una soluzione fortemente acida,
che ne abbassò uniformemente la superficie, specie nelle fragili
emissioni imitative di 5 secolo con lega scadente, rimuovendo
anche tutto ciò che appariva concrezione calcarea e che invece
risultò successivamente essere un rivestimento intenzionale in
materiale diverso, utilizzato per collocare tipi derivati dal reim-
piego come amuleti.
Questi interventi pregiudicarono fortemente le possibilità di
lettura dei materiali, moltiplicando esponenzialmente gli esem-
plari realmente illeggibili e impedendo, in molti casi per sempre,
anche solo la percezione delle specificità di oggetti trasformati
in gettoni legati a pratiche magico-religiose.6
La conservazione di gran parte dei materiali sotto gli ampi set-
tori di pavimentazione rimasta intatta potrebbe permettere
in futuro uno scavo stratigrafico corretto, per il recupero di un
complesso, che per ora rappresenta un unicum, e che, difeso dal-
3 Per la definizione di una “Dimensions of a Category Magic” e, nello speci-
fico, di “amuleto”, classe monumentale con funzioni e significati estremamente
complessi e costantemente sfuggenti, cfr. Frankfurter 2019, passim e specie 24.
4 Si ha qualche Antoniniano di 3 secolo, in argento povero.
5 Il terminus ante quem non parrebbe indicato dalla moneta Omayyade.
Non escludo però la penetrazione di monete tarde negli interstizi della pavi-
mentazione, non rilevata al momento dello scavo.
6 Sulla magia nel mondo antico cfr. Frankfurter 2019 a e gran parte dei testi
citati in questo contributo.
  Cafarnao. Veduta aerea
prima della costruzione della chie-
sa sulla casa di Pietro (foto Custodia
di Terrasanta).
   "  . .          
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la pavimentazione sovrapposta, dovrebbe essere in migliori con-
dizioni, da trattare con un restauro capace di risparmiare le fra-
gilissime tracce del reimpiego della moneta come amuleto, con
la possibilità di analisi a tutti livelli. E sia come numero e qualità
dei documenti che come contesto di conservazione.
Lo studio del deposito, inteso come esclusivamente monetario,
venne iniziato già con i primi recuperi da August Spijkerman
OFM,7 con la suddivisione dei materiali in grandi classi tipologi-
che e per autorità emittente, in termini catalogici tradizionali.
Non venne portato a termine, per la Sua prematura scomparsa
nel 1973. Nel 1995 chi scrive prese contatto con Padre Loffreda
OFM, ottenendo di venire ospitato a Gerusalemme presso la Cu-
stodia di Terrasanta e di venire incaricato di studiare il deposito.8
I lavori si prolungarono fino al 22 luglio del 2012, con la fonda-
mentale collaborazione operativa di Bruno Callegher, al quale
pure va il mio ringraziamento, che operò anche in autonomia
sulle monete di ritrovamento isolato dal centro urbano di Ca-
farnao e su altri complessi conservati presso la Custodia.9 Bruno
Callegher ebbe anche modo di analizzare e pubblicare le classi
con tipi imitativi di fantasia del deposito.10
Chi scrive procedette, sempre in collaborazione con Bruno Cal-
legher, alla numerazione inventariale di tutto il complesso, con
imbustamento singolo e rilevazione del peso al centigrammo,
completandone la scansione con risoluzione 1200. Compilò
sinteticamente la scheda inventariale di tutte le monete delle
trincee minori e di ca 4100 esemplari della trincea 12, senza la
registrazione del riuso generalizzato delle monete come gettoni-
amuleto, allora non ancora percepito,11 e con una distinzione
solo sommaria per il 5 secolo tra le monete enee di emissione
ufficiale e le monete imitative, coniate o fuse.12
7 Padre Spijkerman, profondo conoscitore della monetazione antica di area
siro-palestinese, concluse un primo studio delle monete dalla città (Spijkerman
1975), con l’esame di 766 monete. Le monete della città sono state nuovamente
studiate e pubblicate da Callegher 2007.
8 Sono immensamente grato a Stanislao Loffreda e a tutti i frati della Cu-
stodia di Terrasanta, che mi accolsero per mesi nella loro comunità, con frater-
na amicizia, permettendomi di vivere una straordinaria esperienza spirituale
ed umana ancor prima che scientifica.
9 Callegher 1997; Callegher 2007.
10 Callegher 2016.
11 Ciò implica l’inaffidabilità dei dati statistici proponibili per gran parte de-
gli esemplari, sia ufficiali che imitativi (coniati e fusi) emessi dalla fine del 4 alla
fine del 5 secolo, che hanno subito un riuso come gettoni che ne ha modificato
radicalmente la natura. Ad essi i criteri e gli strumenti utilizzati per la scheda-
tura numismatica tradizionale risultano inapplicabili e andranno discussi e for-
malizzati in altro modo in futuro.
12 La distinzione tra prodotti di zecca di scarsa qualità e prodotti imitativi
di buona qualità è problema comune, spesso senza soluzione, a tutti coloro che
studiano moneta divisionale enea. Essa rende insidiosa la griglia tipologica pro-
posta anche nelle sedi più autorevoli, come RIC 10. La produzione, in un luogo
determinato, di monete imitative con l’indicazione in esergo di una zecca an-
che molto lontana, o di altra epoca, inficia spesso i calcoli statistici relativi alla
mobilità nello spazio della moneta, fondamentale per le analisi storico econo-
miche. Le statistiche proposte in Arslan 1997, relativamente al 5 secolo, vanno
quindi utilizzate con grande prudenza.
  Cafarnao. Cortile della Sin-
agoga (foto Custodia di Terrasanta).
   "  . .          
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In attesa della conclusione della schedatura di tutto il complesso,
che segnalai nelle sedi opportune, ne isolai un campione statisti-
co casuale del 15 % (3058 monete, di cui 1925 giudicate leggibili),13
che elaborai per definirne sia l’arco cronologico coperto, dalla
moneta tolemaica di 2–1 secolo a. C. a quella di Zenone, primo re-
gno, che la meccanica di formazione, con deposizione distribuita
nel tempo di singoli esemplari,14 che per impostare l’analisi della
struttura della massa circolante cui si era attinto, con la data pre-
sunta di inizio dell’accumulo e con il calcolo delle percentuali di
presenza delle varie zecche tardo-antiche, da collocare nel qua-
dro complessivo della mobilità della moneta di terzo livello nel
Mediterraneo orientale.
13 Arslan 1996b; Arslan 1997; Arslan 2015. 14 Ne derivò l’esame comparativo, in Arslan 2011, della curva delle presenze
nella Sinagoga e nella città, sulla base dei dati proposti in Callegher 2007.
  Cafarnao. Planimetria
della Sinagoga con indicazione dei
settori scavati (foto S. Loffreda).
  Cafarnao. Preparazione
per la posa in opera della pavimen-
tazione della Sinagoga (da Loffreda
2005).
   "  . .          
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  Cafarnao. Il deposito di
monete-amuleto della Sinagoga
nella prima fase del recupero (foto
S. Loffreda).
Parallelamente isolai e segnalai alcune presenze fortemente
minoritarie ma di rilevante importanza culturale ed ideologica.
Come la moneta isiaca, con la proposta dell’emissione anche ad
Alessandria,15 e la moneta imitativa di tipo Axumita,16 presente
nel 5 secolo in esemplari fusi di standard AE5.17
Affrontai anche l’analisi dell’evoluzione ponderale del cd. Num-
mus18 e dei tempi di resistenza in circolazione delle emissioni
ellenistiche e romane imperiali.19
In alcuni di questi programmi di studio sottovalutai la presenza
della moneta divisionale imitativa di produzione locale, prati-
camente maggioritaria nel 5 secolo. Essi mi appaiono oggi non
utilizzabili, se non con grande prudenza, per ipotesi relative alla
mobilità della moneta sul territorio, nel 5 secolo, dalle zecche ai
mercati.20
Tema, questo, ulteriormente reso più complesso dal fenomeno
del riuso della moneta, coniata e fusa, ufficiale e imitativa, per la
trasformazione in gettone-amuleto, prodotto di diverso signifi-
cato e funzione, che è alla base di questo contributo.
Il complesso di 23.003 oggetti monetiformi recuperati, con scan-
sioni ormai completate ma solo settorialmente riesaminate ne-
gli ultimi mesi (al 30 % ca.), in gran parte ha rivelato, ad un esame
attento e con forte ingrandimento, essere costituito da monete,
ufficiali o imitative, con tracce, talvolta molto labili ma comun-
que riconoscibili (con fatica), di interventi meccanici sui tipi, per
modificarli o sostituirli. Il resto è costituito da tondelli moneti-
formi prodotti ad hoc per fusione, con tipi funzionali all’utilizzo
come “amuleto” e da monete, ufficiali o imitative, senza tracce
di modifica intenzionale, che possono essere scomparse a causa
della maldestra pulizia al momento dello scavo.21
Il complesso di Cafarnao può quindi essere inteso come un depo-
sito di amuleti monetiformi e propone tematiche articolatissime,
alcune del tutto inedite, per le quali mi è parso privo di senso
tentare di giungere a ipotesi e tanto meno a conclusioni, se non
molto preliminari, prima di aver sufficientemente sviluppato un
impegno di ricerca prevedibilmente di anni, se non di lustri. Tale
inoltre da non poter essere sviluppato da chi scrive, per ovvie
ragioni anagrafiche e l’inadeguatezza a trattare tematiche in
molti casi estranee alla sua esperienza professionale. Mi limito
quindi, per ora, a proporre alcuni dati preliminari di anticipazio-
ne in questo contributo, indispensabili per un primo inquadra-
mento della problematica proposta dal deposito di Cafarnao, in
omaggio al collega ed amico Željko Demo, impegnandomi nel
contempo a scrivere altri due contributi, sempre di anticipazio-
ne, su ulteriori aspetti specifici del complesso, per dedicarli in un
secondo tempo a due figure che mi sono particolarmente care,
per le quali sono state promosse raccolte miscellanee di scritti di
colleghi e amici. Si tratta di Maria Caccamo Caltabiano, in occa-
sione della conclusione del suo impegno universitario a Messina,
15 Arslan 1996a; Arslan 2003a.
16 Arslan 1996c, per le imitazioni miniaturizzate fuse di monete axumite e
romane imperiali della seconda metà del 5 secolo e precedenti.
17 Arslan 1996b. Ho adottato nei miei più recenti contributi con analisi di
emissioni enee, ufficiali o imitative, di 5–4 secolo, la definizione convenzionale
di AE5, per il divisionale (probabilmente 1/3) del cd. Nummus, definito conven-
zionalmente come AE4 o AE IV, con standard ponderale teorico riferito allo Scru-
pulum (1/24 diuncia, circa 1.135 g).
18 Arslan 2003b.
19 Progetti in parte abbandonati per alcuni anni, a causa di un forzato allon-
tanamento da Israele.
20 Il difficile controllo della problematica della produzione locale della mo-
neta divisionale enea, di terzo livello, indebolisce le conclusioni anche di alcuni
dei contributi proposti nell’incontro su Production und Recyceln del 2016 (cfr.
recensione in Arslan 2020b).
21 Con solo il 30 % degli esemplari analizzati, non è ancora possibile valutare
percentualmente la presenza delle diverse classi.
   "  . .          
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e dell’archeologa milanese Maria Teresa Grassi, recentemente e
prematuramente scomparsa.
Alcuni dei temi assenti in questo contributo, o ai quali ho dedica-
to solo cenni preliminari, saranno affrontati in queste due sedi.
Lo studio esaustivo e l’edizione dei materiali di Cafarnao saran-
no certo affrontati in futuro da un’équipe di ricercatori attivi in
diversi ambiti disciplinari coinvolti, con adeguata strumentazio-
ne tecnica, quando il complesso,22 conservato presso lo Studium
Biblicum Franciscanum a Gerusalemme, sarà di nuovo facilmen-
te accessibile.
Nel materiale fiora recuperato sono risultati assenti esemplari
monetiformi con appiccagnolo e sono stati registrati solo po-
chissimi isolati esemplari con foro marginale per la sospensio-
ne.23 I materiali raccolti nel deposito non erano quindi prodotti
per essere utilizzati come “pendenti” ed “indossati”, se non in
casi eccezionali. Non erano destinati ad essere osservati dall’e-
sterno, come di norma i “pendenti”, che sono sempre utilizzati
a stabilire una comunicazione tra chi di indossa e chi li osserva.
Quindi dovevano essere collocati in qualche contenitore, se in
qualche modo conservati, oppure erano destinati a raggiungere
immediatamente il deposito come offerta.
Tra i pochi esemplari con foro presenti nel complesso si differen-
zia formalmente e strutturalmente il n. 3766, di gr. 1.81, con diam.
15.5 x 14.5 mm24 e con assi del riuso a 180°,25 che risulta essere
una moneta reimpiegata, non classificabile, con lievi tracce dei
tipi originari. Sul lato A si ha una figurazione a prima vista incom-
prensibile e sul lato B una leggenda in lettere greche su due ri-
ghe,26 con andamento da sinistra a destra,27 ottenute operando
un’incisione con uno strumento metallico appuntito, successi-
vamente riempita con un materiale indeterminato di colore più
scuro,28 quasi del tutto caduto sul lato A, dove è visibile l’incisio-
ne del metallo della moneta.
Il foro è collocato in posizione tale da permettere, in sospensio-
ne, la lettura della leggenda greca.
La moneta-amuleto n. 3766, unicum nel deposito di Cafarnao,
rimane priva di confronti tra gli amuleti e i pendenti romani e
tardo-romani a me finora noti.
La leggenda del lato B, ЄVΠ / ЄΠTЄ, in lettere maiuscole greche, è
riferita ad aspetti relativi a funzioni digestive,29 ma attende la ve-
rifica dell’epigrafista o di un conoscitore delle funzioni magico-
religiose-taumaturgiche degli amuleti nella tarda antichità.
La figurazione sul lato A mi rimase per lungo tempo del tutto
incomprensibile, non ostante la completezza e la facile leggibi-
lità, fino a quando mi venne proposto30 di leggerla come la rap-
presentazione fortemente stilizzata di un tipo iconografico noto
dalle cosiddette “gemme magiche”31 e indicato con il nome di
22 Sotto la pavimentazione della Sinagoga di Cafarnao, solo parzialmente
rimossa, giacciono probabilmente altri consistenti nuclei di monete-amuleto,
forse di centinaia di migliaia.
23 Per ora i nn. 3766, 11034, 11619, 12326, 12758, 17298, 17321. Per le monete
con foro, per servire da pendente, o amuleto, o talismano, cfr. Perassi 2011a;
Perassi 2011b; Doyen 2013.
24 Il foro mostra di aver ceduto in antico. Questo può aver giustificato l’ab-
bandono nel deposito.
25 L’indicazione di D/ e di R/ è del tutto convenzionale.
26 Sembrerebbe presente in basso anche una terza riga, con solo una A leg-
gibile. Per l’uso della scrittura nelle pratiche magiche cfr. Frankfurter 2019c.
27 La direzione della scrittura, non speculare, è la medesima utilizzata nelle
gemme magiche (Dasen, Nagy 2019, 420) ed esclude un uso sigillare del manu-
fatto
28 La tecnica utilizzata parrebbe essere il “niello”, da “nigellum”, documenta-
ta da epoca molto remota, anche nell’antico Egitto. La lega metallica di colore
scuro posta a riempire l’incisione include zolfo, rame, argento e spesso anche
piombo.
29 In una terza riga forse si legge, deformata per lo spazio ridotto, la scritta
[I]AΩ . Le leggende sulle gemme magiche sembrano spesso riferirsi alle figura-
zioni presenti sull’altra faccia del prodotto. Potrebbero essere collegate a mo-
menti del rituale con l’uso della voce, per formule o invocazioni (Dasen, Nagy
2019, 419–420). Non propongo la riproduzione grafica dei materiali di Cafarnao
per la conservazione degli esemplari che costringerebbe ad interpretazioni
troppo soggettive e a fraintendimenti di quanto è spesso troppo incerto. Non
escludo che lo si possa fare in futuro, proponendo diverse possibilità di integra-
zione per ogni pezzo.
30 Devo ringraziare la Prof. Agnes Bencze, storica dell’arte antica all’Univer-
sità Pázmány di Budapest, che mi ha segnalato The Campbell Bonner Magical
Gems Database di Budapest (http://cbd.mfab.hu/) e che ha ampiamente discus-
so con me gli aspetti stilistici della figurazione. Ringrazio anche gli amici Marco
Garzonio, Francesco d’Andria, Christian Orsenigo e i “referenti anonimi” con i
quali ho avviato una utilissima discussione sul tema sviluppato in queste pagi-
ne.
31 Sulle gemme magiche Bonner 1950, con successiva bibliografia fino a
Dagen, Nagy 2019; Magical Gems 2019. Per “Abrasax” (Endreffy, Nagy 2020). Dati
probabilmente utili sono stati presentati in Ancient Greek, Roman and Byzan-
tine engraved gems, trasmesso in Zoom nel 2021 (non vidi). Non se ne conosce
l’uso in antico, comunque da intendere in contesti rituali (Dagen, Nagy 2019,
434–436). Il deposito di Cafarnao propone una situazione finora inedita e quindi
con tematiche assenti in bibliografia. È opportuno utilizzare il termine “gemme
magiche”, che si riferisce all’indiscutibile connessione di questi documenti a
pratiche “magiche”, in ogni loro possibile articolazione di significato, a prefe-
renza del termine “gemme gnostiche”, che si riferisce ad un complesso ambito
ideologico, filosofico, religioso, nel quale non tutti i prodotti, nel tempo portati
a costituire questa “classe” monumentale, sembrano inserirsi, se non spesso
solo per la natura preziosa del supporto. Alla funzione magica fa riferimento
la definizione del Campbell Bonner Magical Gems Database di Budapest, nello
spirito di Bonner 1950. Per tali tematiche è sempre fondamentale Jonas 1958.
Per la magia in generale cfr. il recentissimo Frankfurter 2019.
  Deposito della Sinagoga di Cafarnao, n. 3766, gr. 1.81 (foto E. A. Arslan).
   "  . .          
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Abraxas” (o Arbasax-Abrasax). Nelle gemme appare32 quasi esclu-
sivamente in una formulazione “canonica”, loricata, con testa di
gallo crestato e gambe anguiformi, scudo rotondo, spesso iscrit-
to, con flagello alzato.
Ne abbiamo un’esemplificazione in una “gemma” in ematite del
British Museum33 (cbd.mfab.hu/cbd/949), di forma anomala, nel-
la quale l’immagine anguipede si presenta affiancata da altre
quattro icone (Fig. 7),34 le più frequenti sulle “gemme magiche”,
certamente le figure più importanti nella concezione “gnostica”,
o di ispirazione “gnostica”, alla quale tradizionalmente vengono
riferite le gemme. In esse certamente, distinguendole dalle gem-
me sigillari e da quelle da riconoscere come oggetto prezioso
decorato,35 vanno riconosciuti oggetti rituali, o meglio amuleti,
da riferire a un ambito ideologico e religioso a mio avviso non
unitario, ma articolato in percorsi differenziati, pur con evidenti
premesse comuni.
Nella gemma londinese appaiono in sequenza,36 forse in colloca-
zione gerarchica, da d. a s. Uraeus,37 Abraxas,38 Horus/Arpocrate
sul fiore di loto,39 entità probabilmente centrale, Anubis, Chnou-
bis.40
L’amuleto n. 3766, chiaramente da collegare alla classe delle
“gemme magiche” per la presenza e l’impaginazione della leggen-
da, ne è però dissimile per il materiale,41 il bronzo, rarissimamen-
te utilizzato, e la tecnica a niello usata per rendere visibili le lette-
re della leggenda. La figurazione, infine, appare molto diversa e
obiettivamente di non facile interpretazione; non sembra, a mio
avviso, derivare dal modello iconografico alla base dell’immagi-
ne comunemente presente sulle gemme magiche, ma potrebbe
essere una elaborazione, fortemente “astratta”, dell’immagine
virtuale originaria, forse descritta in testi scritti, o tramandata
oralmente, e quindi non necessariamente figurativa.42
Ad una analisi stilistica preliminare l’immagine della faccia A
presenta obiettivamente pochi aspetti comuni con la maggior
parte delle gemme. L’immagine forse di Abraxas è riconoscibile
solo per pochi, ma essenziali, elementi dell’incisione, a malape-
na riconoscibili, come la cresta di gallo e le gambe anguiformi. Si
coglie un’elaborazione di stilemi originalissimi, riferibili forse ad
un archetipo, a noi non noto, tendenzialmente ben distinto dallo
schema iconografico alla base della quasi totalità delle immagini
riferite ad “Abraxas”, per la leggenda o per analogia, presenti nel
Database di Budapest e nella Sylloge Gemmarum Gnosticarum.43
32 Cosentino 2013, Nagy 2018, con il riconoscimento come moderno del
bronzetto di Avenches, propone una chiara e sintetica analisi della fortuna di
questa tematica nella moderna cultura europea. Vi si sottolinea anche come
manchino riferimenti all’immagine di “Abraxas”, così come al suo nome, nelle
fonti scritte greco-romane (cfr. Vitellozzi 2018), invece molto frequente nella
classe monumentale rappresentata dalle gemme, di norma in materiale pre-
zioso, con l’utilizzo di pochi altri supporti di varia natura, forma e materiale e
anche episodicamente in piombo o metallo o terracotta. Rare appaiono le pro-
venienze sicure, per un materiale che ha sofferto per secoli di collezionismo
e per un interesse moderno collegato all’esoterismo e alla superstizione, che
giustificano la presenza di derivazioni e sviluppi iconografici nelle età successi-
ve, per i quali cfr. Mastrocinque 2003, come appunto l ”Abraxas” di Avenches. Tra
questi nei quali vanno molto probabilmente inseriti i medaglioni siciliani con
appiccagnolo e la lamina in piombo perduta, segnalati come antichi in Manga-
naro 1963, di provenienza insicura e forse sei-settecenteschi. Per i ritrovamen-
ti di gemme magiche con la figura anguipede in Italia meridionale e Sicilia, in
attesa dei dati raccolti da Campedelli 2019, cfr. Pugliese Carratelli 1953 per gli
esemplari della collezione Capialbi di Vibo Valentia. Del tutto sicuro è il grande
amuleto ovale in siltite, bifacciale, da Nea Paphos in Cipro. L’amuleto viene di-
scusso in Sliwa 2013; Alexandra 2015; Mancini 2015; per ultimo in Graham 2021.
La complessa composizione nel campo presenta molti contatti con i materiali
di Cafarnao, ma anche molte divergenze, che lo collocano in una parallela e di-
versa dimensione ideologica e rituale. Nei contributi che ho in preparazione su
tali temi tenterò di aggiornare la sequenza della documentazione disponibile,
in continuo aumento con contributi saggistici e segnalazioni di gemme magi-
che inedite.
33 Ematite Br. M. G 252 (EA 56252). Nel “The Campbell Bonner Magical Gems
Database”, n. CBd–949, attribuita al 3 secolo.
34 Per il significato della presenza di figurazioni sugli amuleti cfr. Frankfur-
ter 2019d.
35 Nella sequenza delle icone presenti sulle gemme, per alcune, specie quel-
le riferite a miti e divinità di ambito ellenico, si ipotizza un possibile collega-
mento con la produzione tradizionalmente intesa come gnostica, come anche
recentemente proposto.
36 Una sequenza simile, con figure in parte diverse e in ordine differente,
è anche in una gemma del Museo Nazionale di Archeologia in Lisbona (MNA
E540): Veiga 2007, Perea Yébenes 2018. La posizione di Arpocrate, nelle due gem-
me, sempre centrale, indica la divinità gerarchicamente più importante.
37 Ciampini 2007. Sulle tradizioni cultuali e superstiziose, non solo mediter-
ranee, vive ancor oggi per i serpenti, sia in senso positivo che negativo, esiste
ampia letteratura storica, archeologica, etnografica. Cfr. Di Nola 2001; Giancri-
stofaro 2010; D’Andria 2010; Il serpente nell’area del Mediterraneo 2010 (specie
Spera 2010).
38 Nagy 2018.
39 El-Khachab 1971.
40 Su Chnoubis cfr. Mastrocinque 2008; Dasen, Nagy 2012; Dasen, Nagy 2019,
428–455. Sarebbe una figura minore dell’astrologia egizia. Con la classe con
l’immagine di “Abraxas” rappresenta il 25 % delle gemme “gnostiche”, su più di
1000 esemplari. Non sembra avere funzioni magiche, ma legate alla salute e ai
legami amorosi (437).
41 L’analisi della tematica delle gemme magiche in Dasen, Nagy 2019, 416 ap-
pare circoscritta alla glittica e non cita la classe degli amuleti da riuso di mone-
ta di bronzo, classe comunque ancora sconosciuta alla comunità dei ricercatori.
42 Per la faticosa interpretazione dello schema dell’Anguipede come deriva-
to da tradizioni religiose giudaiche cfr. Dasen, Nagy 2019, 426.
43 Sylloge Gemmarum Gnosticarum 2003; Sylloge Gemmarum Gnosticarum
2007. In Nagy 2018 si indica come fossero repertoriati in quell’anno ben seicen-
tosettanta prodotti con l’immagine di “Abraxas”. L’esame degli esemplari noti
rivela comunque una serie di “tipi” dell’essere indicato come “Abraxas” molto
differenziati, forse non adeguatamente analizzati singolarmente in bibliogra-
fia. In futuro sarà necessario un sistematico approccio “storico-artistico” a pro-
dotti, talvolta qualitativamente discontinui, ma anche spesso stilisticamente
molto elaborati.
  Gemma in ematite. Londra, British Museum (da CBd–949).
   "  . .          
vamz / 3. serija / liv (2o21)
130
44 Nei materiali di Cafarnao, tutti di difficilissima lettura, l’immagine con-
venzionalmente riconosciuta come “Abraxas” sembra proporsi in innumerevoli
varianti, negli esemplari finora esaminati, tutte in qualche modo collegate agli
schemi più comuni proposti nelle gemme. Mi riservo di affrontarne una tratta-
zione analitica in futuro, in una sede appropriata, limitandomi in questo contri-
buto ad accennarne solo la presenza.
45 Per il collegamento con l’ambito cultuale egizio cfr. Ciampini 2007; Dasen,
Nagy 2019, 425 (riferimenti alla tradizione egiziana anche molto antica), 431–
432, viene proposta una produzione delle gemme in una pluralità di centri nel
Mediterraneo orientale, ma con diffusione ubiquitaria nel territorio dell’Impe-
ro, dall’età ellenistica al 3 secolo d. C. Dielemann 2019; Quack 2019.
46 L’ipotesi di un collegamento stretto con il cristianesimo, che si sviluppa
comunque sincronicamente nei medesimi ambiti territoriali e culturali, appare
anch’essa ormai molto fragile, anche se affiora episodicamente ancora in alcu-
ni dei contributi in Frankfurter 2019. Appare probabile che, nel caso delle gem-
me magiche e negli amuleti di Cafarnao, si abbiano forme di contaminazione
tra religioni e culture diverse (Dasen, Nagy 2019, 422; Dasen 2019; Mastrocinque
2019).
47 Londra Br. M. n. G 367 (EA 56367). In iscrizione è ιαω|σαβ|αω.
48 CBd–3818 Londra, Br. M. n. MMEu_G 367, EA 56367.
49 La creazione dello schema iconografico dell Abraxas”, estraneo alle tra-
dizioni figurative del Mediterraneo antico, non sembrerebbe quindi limitata
all’immagine più comune delle gemme (Dasen, Nagy 2019, 416), ma anche svi-
lupparsi in altra direzione, con la creazione di immagini teriomorfe composite
come nella Fig. 19, quasi un ricalco della gemma CBd–3818.
Immagini che mi paiono espressione di una cultura artistica solo
debolmente collegata alla tradizione greco-romana-egizia della
grande parte della documentazione nota, e che sono anche pre-
senti nei documenti, che vedremo, nel deposito di Cafarnao.44
Saremmo tentati, come ipotesi di lavoro, per le caratteristiche e
la collocazione geografica del deposito di Cafarnao, di collocarlo
nell’ambito giudaico ellenistico romano egittizzante45 del Medi-
terraneo Orientale, ma i possibili riferimenti all’ambito giudaico
appaiono labilissimi, se non assenti, nei materiali del deposito.46
Comunque per il riconoscimento del tipo sottolineo come la
cresta del gallo sia particolarmente visibile, come lo scudo sia
portato a fondersi con un torso quasi inesistente, che tutto si
risolve nelle gambe/serpenti, che si sviluppano e si avvolgono
come tentacoli, incrociandosi e solo accennando alla cifra a
doppio semicerchio, a ω, caratterizzante e costante nell’immagi-
ne dell’Anguipede nelle altre varianti della serie iconica intesa
come di “Abraxas”.
Le gambe anguiformi giungono a sorreggere, sembrerebbe en-
trambe, convergendo sulla destra del campo, una figurazione
minore, indistinta, che parrebbe poggiare su una base piana, con
un copricapo (?) largo e piatto. La nostra icona potrebbe essere
una variante stilizzata della figura, solo parzialmente teriomorfa,
che troviamo in una gemma a Londra, CBd–629,47 con un “Abraxas
a testa di gallo non anguipede, con una lunga asta, che sorregge
con la mano una figura secondaria, che potrebbe rappresentare
Horus/Arpocrate su un alto piedestallo.
La costruzione dell’immagine nell’amuleto n. 3766 appare parti-
colarmente complessa e nel contempo sintetica, giocando nel
campo bidimensionale con un’incisione a linee tutte curve, che
si intrecciano. Si allontana così da quasi tutti i grafemi antropo-
morfi e teriomorfi caratterizzanti le formulazioni “naturalistiche”
dell’icona canonica, rinunciando ad una riconoscibilità immedia-
ta.
Nella documentazione del Database di Budapest affiorano solo
alcuni pochi documenti, fortemente minoritari, che linguistica-
mente e stilisticamente possono essere correlati, con un certo
coraggio, all’amuleto di Cafarnao.
Ad esempio, nella “gemma magica” CBd–3818 del British Museum
(Fig. 8),48 si percepisce la medesima tensione alla disaggregazio-
ne di un prototipo e alla sua riaggregazione in un’immagine
ricomposta in una diversa strutturazione organica, lontana si-
deralmente da ogni condizionamento naturalistico, ma con un
fortissimo impatto espressivo.
La costruzione dell’immagine si sviluppa su un percorso di astra-
zione concettuale analogo nei due prodotti, nella gemma di Lon-
dra e nell’ipotetico ”Abraxas” dell’amuleto n. 3766, ma con stru-
menti per l’incisione e con supporti materiali diversi, la pietra
dura e il bronzo. Quindi gli esiti figurativi sono divergenti, sem-
pre comunque ad un alto livello di cultura espressiva, ma con
premesse forse comuni. Non a caso vedremo più avanti le pun-
tuali analogie stilistiche e costruttive tra la gemma del British
Museum e un altro esemplare del deposito, il gettone-amuleto n.
4322 (Fig. 14), che si colloca come trait d’union concettuale tra il
pendente bronzeo e la gemma in pietra dura.49
Il lato decorato della gemma CBd–3818, propone incise due im-
magini complesse. Quella in basso è di evidente derivazione el-
lenistica, con un’aquila che stringe nelle zampe una lepre, con
un significato probabilmente comprensibile solo in collegamen-
to con l’icona superiore, priva di qualsiasi confronto figurativo
coevo.
  Gemma con figura anguipede e Arpocrate. Londra, British Museum. N.
MMEu_G 367, EA 56367 (da CBd–3818).
   "  . .          
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50 In esemplari quali quelli esaminati la qualità dell’esecuzione, la coerenza
della costruzione dell’immagine, con l’utilizzo di essenziali canoni espressivi
maturi, se non giunge a farci tentare il riconoscimento dell’unicità dell’artefice,
ci convince comunque ad accettare l’esistenza di scuole di incisori e di centri di
produzione e di formazione degli artisti.
51 In diaspro verde-nero. CBd–2129; Berlin-Aeg_s. n. Attribuita al 2–3 secolo.
52 Cambridge, Corpus Christi_C 12. Datato al 3 secolo.
53 El-Khachab 1971, 145, vi riconosce Horus sulla barca del sole. Negli amu-
leti del deposito Arpocrate/Horus, sulla barca, siede sempre su una sfera che
deve rappresentare appunto il sole, ma che potrebbe essere anche l’utero; Da-
sen, Nagy 2019, 439–441, fig.18.8 (a p. 452).
La figura, con testa ferina volta a s., è sormontata da una riprodu-
zione miniaturizzata di se stessa, soluzione comune negli amule-
ti monetiformi magici del deposito, come si vedrà, ed è presen-
tata con un corpo lunato, in parte rigonfio, che sembra privo di
braccia, invece accennate in basso in due brevi tratti orizzontali.
Il braccio a destra (è il braccio sinistro della figura) sostiene un
minuscolo Horus/Arpocrate, forse con trattini incisi che accen-
nano ad una cornucopia, ben riconoscibile, anche se in una co-
struzione molto abbreviata e sintetica, ma tale da potenziarlo
come visibilità. Nel Database di Budapest, in una lettura diversa
dalla mia, viene descritto come “a naked young man … standing
on a fish”, interpretando come un pesce la gamba aperta sulla de-
stra e non individuando come il fanciullo sieda su un elemento
orizzontale ben distinto dalla gamba, che sopra abbiamo indica-
to come una delle braccia.
In basso le gambe anguiformi si aprono nei due semicerchi acco-
stati tipici di Abraxas, con un elemento lineare, forse il flagello
delle immagini canoniche, collocato all’estremità del semicer-
chio di sinistra.
La maestria dell’incisore fa tesoro dei pesanti condizionamenti
del materiale del supporto, diaspro rosso, durissimo e fragile, che
lo costringono a costruire l’immagine ricavando le linee curve
da sequenze di brevi incisioni rettilinee, ottenendo l’immagine
finale, compatta, plastica e bilanciata, di un insetto mostruoso,
che è possibile affiancare a quella dell’amuleto n. 3766, ponen-
do attenzione al fatto che il materiale di quest’ultimo, il bronzo,
permetteva un’incisione ben più agevole, che poteva svilupparsi
in linee curve.
Tra i rari documenti noti che è possibile inserire in questa ridot-
ta serie di gemme magiche con possibili analogie stilistiche con
l’amuleto finora esaminato, CBd–3818, interconnesse da un lin-
guaggio artistico in parte comune, certo anche per consonanze
ideologiche e religiose che per ora ci sfuggono, conviene citare
l’esemplare di Berlino CBd–2129 (Fig. 9), ancor più significativo
per la complessa scelta iconografica, che permette soluzioni vir-
tuosistiche nella costruzione della scena, con la capacità di im-
postare volumetricamente corpi di un’organicità immaginaria,
anche collocandoli in uno spazio virtuale tridimensionale.
Si hanno due esseri, con teste canine o di lupo contrapposte, vol-
ti a d., con corpo arcuato e con vello reso con una fitta tratteggia-
tura, che sembra anche indicare la presenza di ali. Le due bestie
immaginarie hanno zampe anteriori da ungulato, mancano di
quelle posteriori e hanno una sola coda anguiforme, desinente
in testa di serpente, identica a quella di destra nella gemma di
Londra CBd–3818 (Fig. 8).50
I due animali immaginari, per i quali non ho trovato finora con-
fronti, sembrano dialogare tra loro, in una composizione piena di
vivacità, con il muso della figura di destra piegato indietro verso
il muso della figura di sinistra, con un effetto tridimensionale
che giunge quasi alla finzione prospettica, e con le due pesanti
code plasticamente attorcigliate su loro stesse.51
Tra i segni che circondano la coppia, i due in basso e a sinistra
potrebbero essere intesi come riproduzione miniaturizzata delle
figure maggiori, con un effetto ideografico-geroglifico, da spie-
gare con il significato rituale dell’iterazione, anche ossessiva,
molto frequente nelle gemme magiche, sempre proposta in ter-
mini numerici rituali. Lo si ritrova in CBd–147, a Cambridge,52 con
Arpocrate sulla nave del Sole,53 con sopra le tre colonne verticali
di tre volatili, tre scarabei, tre quadrupedi miniaturizzati e sotto
  Gemma con due anguipedi-lupo alati. Berlin-Aeg_s. n. (da CBd–2129).   Gemma con anguipede con corona di serpenti. Malibu, Getty–85. AN.
444.4 (da CBd–2390).
   "  . .          
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54 Per le sequenze, di solito verticali, di animali nelle gemme magiche, cfr.
Dasen, Nagy 2019, 425.
55 CBd–2390, di Malibu-Getty–85.AN.444.4. La datazione proposta, il 6 secolo,
e il riconoscimento improbabile come Chnoubis, indicano il disorientamento
della critica nelle attribuzioni.
56 Segnalo CBd–40, con uno Chnoubis a testa leonina radiata; CBd–86, con
una figura stante con asta, a testa leonina; CBd–92, con un babbuino accosciato
circondato da animali simbolici miniaturizzati; CBd–508, con Arpocrate sul fiore
di loto; CBd–543, con una figura (Arpocrate?) seduta su un coccodrillo; CBd–629,
già citata sopra, con una figura stante a testa di gallo con asta, che solleva una
figurina su una base; CBd–2914, con uno Chnoubis a testa leonina con raggera,
ecc. Gli esemplari citati, come quelli che si aggiungerebbero con una ricerca
approfondita, sono tutti più o meno stilisticamente interconnessi.
57 Dalla fine del 4 al 7 secolo le gemme magiche sarebbero presenti come
oggetto di riuso; Dasen, Nagy 2019, 444–445.
58 Cfr. già Jonas 1958, 290.
59 Nel contributo di Wilburn 2019 il tema del deposito di amuleti non viene
toccato in termini utili per la situazione di Cafarnao. Non del tutto da escludere
è però un’interpretazione come deposito di fondazione di un edificio.
60 Bovon, Matthews (eds.) 2012.
61 D’Andria 2010, 65. Devo la preziosa segnalazione all’amico Francesco
D’Andria, con l’indicazione di preziosa bibliografia e di colleghi da contattare
per lo sviluppo del tema dei culti dei serpenti. Cfr. nota 27 e Filippini 2008; Albri-
le 2003, per i “Serpentari”.
tre coccodrilli allineati.54 L’iterazione di immagini miniaturizzate,
sempre incomprensibili per le minuscole dimensioni, è frequen-
te nei gettoni monetali in bronzo del deposito di Cafarnao.
Pure molto vicina a CBd–2129 (Fig. 9) è la gemma CBd–2390, del
Getty Museum di Malibu (Fig. 10),55 con la rappresentazione di
un simile essere fantastico, con una sola coda-serpente e con la
testa ferina agitata da una capigliatura da medusa, con una rag-
gera di otto serpenti, con a fianco la riproduzione miniaturizzata
di se stesso.
Le gemme citate individuano, con altre poche presenti nel Data-
base di Budapest,56 un nucleo, ridotto ma ben perimetrato, con
scelte stilistiche e tecniche esecutive omogenee, diverse da quel-
le dominanti nel resto del materiale collazionato. Tutte rivelano
una grande libertà nell’elaborazione e forse nella modifica delle
tematiche, tanto da far quasi pensare a prodotti non seriali, più
funzionali al lusso che alle pratiche magiche. Comunque sono
da riferire a una dimensione ideologica e religiosa con proprie
specificità, che sembra trovare, come si è detto, riferimenti nel
deposito di Cafarnao.
Gli esemplari di “gemme” magiche finora esaminati, nel tenta-
tivo di inquadrare culturalmente l’amuleto n. 3766 di Cafarnao,
reputo possano giustificare l’ipotesi di uno “stile della gemma
CBd–3818” (Fig. 9), con prodotti di altissima qualità, funzionali
alle pratiche rituali magico-religiose di una comunità ideologi-
camente definita, capace di esprimersi in opere d’arte figurativa
con una propria tradizione artistica, maturatasi su un percorso
evolutivo nel tempo che è prematuro tentare di definire, ma co-
munque con tecniche esecutive raffinate in grado di affrontare
materiali “difficili” come le pietre dure, nelle ridotte dimensioni
degli amuleti.
Le gemme del Database di Budapest indicano che si ebbe, su un
arco cronologico ancora in gran parte da definire, ma comunque
probabilmente esteso a tutto il 5 secolo, una produzione di co-
stosi prodotti di lusso su pietra preziosa57 con richiesta indivi-
duale, affiancata da prodotti più modesti, monetiformi, sul tipo
del nostro n. 3744, sempre individuali ma certamente con costi
più accessibili e con minori possibilità di conservarsi fino ai gior-
ni nostri.
Si può ipotizzare che a tale produzione corrispondesse a Cafar-
nao una qualche comunità, confraternita o “chiesa” organizzata
formalmente, quale poteva essere quella58 che ci ha lasciato i te-
sti di Nag Hamadi, scoperti nel 1945, attrezzata sicuramente per
la produzione seriale a buon mercato di strumenti indispensa-
bili per i riti magico-apotropaico-taumaturgici della setta, come
i gettoni-amuleto e forse non solo. Materiali seriali, allora di
scarso valore, che finora non sono stati segnalati e che forse in
futuro verranno alla luce.
Il deposito di Cafarnao implica l’esistenza di un luogo fisico in cui
riunirsi, che forse corrispondeva alla Sinagoga quale ora la vedia-
mo, o essere nelle adiacenze. Possiamo comunque ipotizzare che
anche altre comunità analoghe frequentassero edifici dedicati
alle riunioni, alle preghiere e ai riti.59 Ne rimane forse una memo-
ria nel passo degli Acta Philippi,60 del 5 secolo, nei quali si narra
come l’apostolo fosse giunto a Hierapolis e l’avesse trovata domi-
nata dal culto dell’Echidna, la vipera, che provvide ad annientare,
suscitando lo sdegno degli adoratori dei serpenti, che denuncia-
rono come Filippo avesse “ucciso i serpenti figli della nostra dea;
(i suoi fedeli) hanno chiuso il tempio e non abbiamo trovato il
vino che si offre alla vipera perché ne beva e si addormenti”. Filip-
po allora fece spalancare l’abisso, che inghiottì i fedeli dell’Echid-
na.61 Il riferimento al “tempio”, pur nell’impostazione agiografica
del racconto, appare abbastanza preciso, anche se lontano nel
tempo. È probabile che il narratore ammonisse i suoi contempo-
ranei, adoratori dei serpenti nel 4–5 secolo, con la parabola del
miracolo di Filippo apostolo, datato ad età evangelica.
Sulla base di tali considerazioni ho affrontato la revisione del
complesso dei documenti a noi tràditi nel deposito della cd. “Si-
nagoga” di Cafarnao, constatando il loro riutilizzo come gettone-
amuleto.
La verifica della reale natura del deposito, che fino ad allora
avevo considerato solo monetario, iniziata nell’autunno dello
scorso anno 2020, si è dovuta limitare all’analisi delle scansioni
effettuate a Gerusalemme nei magazzini della Custodia di Terra-
santa, con apparecchiature già allora obsolete, nell’impossibilità
oggi di raggiungere e manipolare direttamente il materiale, e si
è immediatamente scontrata, non solo con la gestione di 23000
esemplari in sequenza fotografica casuale, ma anche con la qua-
lità non sempre adeguata delle immagini e con l’impossibilità
di effettuare analisi chimico fisiche in alcuni casi indispensabili,
come si dirà più avanti.
   "  . .          
vamz / 3. serija / liv (2o21) 133
Si è dovuto poi prendere atto del fortissimo degrado di gran par-
te degli esemplari, dovuto in primis al tentativo di pulizia con
acidi, come già ho ricordato, intrapreso al momento dello scavo,
che aveva quasi sempre, negli oltre vent’anni di permanenza
dei materiali in magazzino, polverizzato le superfici, rendendo
spesso illeggibili i materiali e sempre estremamente confuse le
immagini, ottenute con punzoni che sembrano aver interessato
percentuali altissime dei materiali recuperati.
I bagni in acido avevano infatti sempre asportato quasi comple-
tamente quanto sembrava in passato concrezione calcarea ed
era invece uno strato di materia tuttora indeterminata, forse
smalto, nella quale era stata data forma in rilievo a immagini
diverse da quelle delle monete, coniate o fuse, riciclate come
gettoni magici.
Di tali immagini rimangono solo brandelli quasi insignificanti e
mai, finora, sono stati individuati tipi completamente leggibili
(Fig. 11).
Molto spesso le monete risultano pulite integralmente e si può
solo sospettare che vi sia stato qualche intervento per il riuso.
Talvolta si hanno solo tracce impercettibili lasciate sul metallo
dagli strumenti metallici utilizzati per le applicazioni.
Si può pensare, come ipotesi di lavoro da verificare con analisi,
ad applicazioni di smalto, talvolta policromo.62
Accanto agli amuleti ottenuti da moneta, si registrano amuleti
prodotti per fusione (Fig. 12), con tipi magico-apotropaici com-
pleti, oppure “misti”, con impresso su una delle due matrici un
tipo monetale, di norma il Diritto, e sull’altra matrice il tipo di
un amuleto.
Non so ancora se queste tecniche sono state utilizzate contem-
poraneamente o se lo sono state in successione nel tempo. Una
prima valutazione molto superficiale sembrerebbe confermare
la produzione di gettoni amuleto con interventi ridotti sulla mo-
neta fino all’età teodosiana e da questa e fino alla prima meta del
5 secolo di gettoni con interventi sistematici e stravolgenti sulla
moneta,63 anche con applicazione di smalto. Forse dalla metà del
5 secolo si ebbe la produzione di gettoni-amuleto con immagi-
ni specifiche, ottenuti a fusione con tecnica approssimativa. La
prosecuzione dell’esame della massa degli esemplari disponibili
potrebbe comunque modificare queste ipotesi preliminari.
La presenza di materiale apparentemente non manipolato, tal-
volta discretamente conservato, non ci chiarisce ancora se la
pratica dell’accumulo di amuleti, secondo rituali che è prema-
turo cercare di descrivere e che mi riservo di discutere in altra
sede, sia stata preceduta nel tempo dal rituale dell’offerta e del
getto della moneta non manipolata,64 come è avvenuto e avviene
in tutte le comunità con cultura monetaria, dal passato fino ad
oggi, oppure se i due rituali abbiano coesistito.65 Oppure se si è
trattato del medesimo rituale modificatosi nel tempo.
  Gettone con Arpocrate sulla nave in rilievo sullo smalto verde chiaro,
n. 13409, gr. 0.92 (foto E. A. Arslan).
  Gettone fuso con conservata parte delle matrici in argil-
la. Deposito n. 11006 (foto E. A. Arslan).
62 “Losmaltoè unrivestimentoinorganico fusibile che si fissa sulmetalloo
su ceramica ad alta temperatura (da 500 a 900 °C). È una sostanza a baseve-
trosa di ogni colore, applicato spesso a oggetti di ceramica,[1] come pure
surame,bronzo,argentoe oroo loroleghe… La composizione chimica è simile
a quella delvetro, in quanto formata da una miscela disilice,carbonato di so-
dioopotassio, Allo smalto si conferisce un aspetto opaco con l’aggiunta dista-
gnoe altriossidi metallici. Può declinarsi in molti colori, sfumature e finizioni”
(https://it.wikipedia.org/wiki/Smalto; 08.04.2021).
63 Appare evidente come ci si riferisca alla produzione degli amuleti di Ca-
farnao e non alla datazione dei prototipi iconici dai quali derivano le immagini
sui tipi. Prototipi chiaramente molto più antichi. Cfr. Zwierlein, Diehl 2019.
64 Sull’utilizzo come offerta votiva della moneta si ha ormai una sterminata
bibliografia, che non è il caso di esaminare in questa sede. Cfr. il recentissimo
Krmnicek, Chameroy (eds.) 2019.
65 Esemplare è il caso del deposito di monete del Garigliano, nel punto di
passaggio della via Appia, gettate nelle acque per ingraziarsi le divinità del fiu-
me. Cfr. Giove 1998.
   "  . .          
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134
Infine, la presenza di esemplari monetiformi totalmente illeggi-
bili mi ha costretto a riconoscere l’impossibilità di elaborare sta-
tistiche relative, anche se solo approssimative, alle diverse classi
di materiali.
Mi devo quindi per ora limitare alla segnalazione della presenza
dei pochi tipi e icone ancora riconoscibili con qualche sicurezza,
quasi sempre perché presenti anche nelle gemme, dove l’incisio-
ne è sempre chiara e perfettamente leggibile. Ne è quindi possi-
bile il riconoscimento anche da tracce minime, accostando le im-
magini delle gemme ai tondelli degli amuleti di Cafarnao, grazie
anche al disegno spesso molto simile e alle analoghe dimensioni
del supporto.
Particolarmente dolorosa è stata la difficoltà, se non l’impossibi-
lità, ad interpretare molte punzonature o icone applicate minori,
per l’eccessiva miniaturizzazione o per la cattiva conservazione
del supporto. Tra queste sono probabilmente le immagini, spes-
so iterate in sequenza, dello scarabeo e della sua larva/Chnou-
bis,66 probabilmente molto importanti nell’impaginazione dei
tipi complessi, con collocazione nello specchio di una pluralità
di icone, giustapposte o iterate, a comporre una “narrazione”,
come molto spesso si constata nelle “gemme magiche”.67
Altre icone minori sono meglio riconoscibili, in quanto presenti
sia miniaturizzate nelle punzonature e nelle applicazioni, sia in
dimensione maggiore, occupando l’intero tipo. Tra queste ab-
biamo la serpe (Fig. 13) o le tre serpi, l’ape, “Abraxas” stesso, lo
scarabeo68 e la sua larva/Chnubis,69 quest’ultimo presente anche
solo come testa radiata (Fig. 14). Appare anche, con frequenza
notevole, un’emisfera color cinabro, definita in letteratura come
“utero” (Fig. 15), presente in molte gemme magiche, anche se con
qualche differenza.70
Molte rimangono ancora non riconoscibili. L’esame dei 23.003
esemplari è iniziato da pochi mesi e restituisce una massa di dati
ancora troppo fluida ed articolata da permettere di ospitarne le
conclusioni in sedi con obbligato inevitabile contenimento dello
spazio disponibile, quale quella che mi ospita in quest’occasione.
Verranno suddivise nella serie di futuri contributi, pur essi preli-
minari, alcuni dei quali già in preparazione.
I tipi dei gettoni-amuleto e le icone delle punzonature e applica-
zioni sono sempre, come si è detto, di difficilissima lettura, forse
anche per la scarsissima preoccupazione di proporli visibili, al
momento della fabbricazione, su oggetti che acquisivano potere
magico e taumaturgico per consustantazione o transustantazio-
ne.71 Ciò veniva realizzato con l’apposizione meccanica dell’ico-
na, seguendo certo precisi rituali, che prevedevano certo anche
l’uso del gesto e della parola,72 organizzata in formule che pote-
vano proporsi come misteriche, adeguate ad attivare la creazio-
ne dell’amuleto.
Nella realtà la nuova identità assunta da questo risultava so-
stanzialmente virtuale per il fedele, al quale era sufficiente an-
che solo la traccia dell’icona o, al limite, la certezza, se non la
“fede”, che la transustantazione era stata effettuata.
Da queste premesse derivava l’indifferenza per la qualità del
supporto o la leggibilità delle immagini. Ciò era valido soprattut-
to per le punzonature che esauguravano le icone detentrici di po-
teri non graditi presenti sull’oggetto, per le quali era sufficiente
l’azione materiale dell’applicazione.
Fondamentale per intuire le premesse ideologiche degli atti ri-
tuali nei quali erano utilizzati, dei quali potremo conoscere solo
alcuni aspetti secondari grazie all’osservazione degli oggetti, ap-
pare infatti il rituale di “purificazione”, al quale erano sottoposte
le monete reimpiegate per diventare amuleti.
Il rituale complessivo si innestava in una tradizione, comune
a tutto il mondo antico e viva ancora oggi, che prevede la con-
segna alla divinità di una moneta, proprio per la sua natura di
oggetto con un valore preciso, del quale ci si priva intenzional-
mente, per ottenere un aiuto o per ringraziare per averlo ricevu-
to, come ex voto.
  Rovescio di gettone con le serpi. Deposito n. 5869, gr. 0.96 (foto E. A.
Arslan).
66 Sviluppo in altra sede, nella miscellanea in memoria di Maria Teresa Gras-
si, in corso di elaborazione, l’ipotesi che Chnubis sia la rappresentazione della
larva dello scarabeo.
67 Nelle gemme magiche il campo spesso appare affollato da figure e carat-
teri, con notevoli analogie con le piccole stele mostrate dalle statuette amuleto,
cfr. Faraone 2019.
68 Per una gemma con scarabeo nel tipo, da Salonicco, montata come casto-
ne di anello, cfr. Ignatiadou 2019.
69 Per il significato simbolico e religioso nell’antico Egitto dello scarabeo,
come realtà animale e come immagine, cfr. Vernus, Yoyotte 2005, 441–448.
70 Per l’Utero cfr. Tsatsou 2019. Nelle gemme magiche il colore della pietra
utilizzata è in rapporto con il significato delle immagini incise o all’ipotetica
funzione: cfr. Masterocinque 2011; Dasen, Nagy 2019, 421, 425, 439; Amorai-Stark,
Ilani 2019.
71 Non possiamo sapere, in base all’osservazione dell’amuleto, se l’entità
rappresentata dall’icona si affiancasse alla realtà materiale dell’oggetto mone-
tiforme, consustanzialmente, o se l’oggetto monetiforme assumesse, con l’ap-
posizione dell’icona, la sua natura, substanzialmente, con esito per noi identico.
72 Sulla funzione della parola nei rituali Frankfurter 2019b.
   "  . .          
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La moneta disponibile per il rito però portava con sé, anzi “in sé”,
realtà consustanziali, trasmesse al tondello con il rituale della
coniazione, dal conio sigillo al tondello.
La moneta è infatti impronta sigillare, con tutte le ricadute, giuri-
diche e “magiche”, del caso. Se sulla moneta fosse rimasto intatto
il volto dell’imperatore, egli sarebbe stato virtualmente sempre
presente e dalla moneta avrebbe potuto vedere, parlare, control-
lare, dominando l’osservatore. Tali “potenzialità” dovevano quin-
di essere neutralizzate, per essere sostituite dalle “potenzialità”
proprie dell’amuleto, che non potevano subire interferenze.73
Quindi le immagini venivano sistematicamente, direi pedante-
mente, esaugurate, sia nelle monete ufficiali che in quelle imita-
tive, cancellando, con punzonature o applicazioni di smalto, gli
occhi, o la bocca, o il petto (Fig. 16), o l’intero viso (Fig. 17), o il
sommo del capo (Fig.18),74 o la cervicale.75
Nelle punzonature o applicazioni si avevano le immagini minia-
turizzate delle entità destinate a sostituirsi ai poteri che veniva-
no sottratti all’imperatore, talvolta molto specializzate.
Così al sommo del capo si collocava lo scarabeo, singolo o in se-
quenza, o lo Chnoubis larva miniaturizzato, a suggerire pensie-
ri di giustizia. Così sulla bocca veniva collocata la serpe, o uno
Chnoubis copriva l’intero viso, o un “Abraxas” si collocava sulla
cervicale.
  Rovescio di gettone con testa di Chnoubis radiato. Deposito n. 4240,
gr. 0.94 (foto E. A. Arslan).
  Rovescio di gettone con utero color cinabro. Deposito n. 12886, gr.
0.62 (foto E. A. Arslan).
73 Qualche spunto relativamente a tale tematica in Eidinow 2019.
  Diritto di gettone con l’imperatore con una serpe sul petto. Deposi-
to n. 18402, gr. 0.54 (foto E. A. Arslan).
  Diritto di gettone con l’imperatore con il viso cancellato. Deposito n.
19564, gr. 0.93 (foto E. A. Arslan).
74 Dove vengono collocati i Tefillin ebraici, indossati durante la preghiera
del mattino.
75 Sospetto che l’applicazione della punzonatura potesse avvenire, nel caso
dei gettoni fusi con tipi della moneta ufficiale, agendo con un punzone positivo,
anche in legno, sulla matrice in argilla ancora plastica, sull’impronta in negati-
vo, prima della chiusura delle valve. Si faceva così apparire, a fusione avvenuta,
l’immagine in positivo sulla superficie esterna, senza che vi fosse la cavità di
norma lasciata dalla punzonatura.
   "  . .          
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136
In questi interventi, accurati ed insistiti, sicuramente affiorava-
no e si materializzavano il disprezzo e la condanna degli Gnosti-
ci per il mondo, del quale l’imperatore rappresentava il vertice
assoluto,76 che non potevano certo essere graditi all’autorità
costituita. Se ne deduce la clandestinità della setta, sempre o
in determinati periodi, e l’ostilità cristiana nei suoi confronti,
in epoca di perfetta coincidenza di potere religioso e di potere
politico-militare.
Non è forse un caso che negli interventi di esaugurazione e nei
tipi degli amuleti non appaia mai alcun simbolo cristiano, con la
croce dei tipi monetari reimpiegati considerata elemento ineli-
minabile della moneta e che quindi era priva di potenzialità ne-
gative.
In chiusura è però opportuno ancora accennare al tema dell’am-
bito culturale nel quale collocare la comunità presso la quale tali
amuleti vennero prodotti, anche per meglio interpretare quanto
finora proposto per sommi capi. Di particolare significato appa-
re la presenza di gettoni stilisticamente e iconograficamente da
collegare alle gemme nello “stile di CBd–3818”.
A tale proposito appare importante il n. 4322 (Fig. 19), con una
figurazione che ne sembra quasi un ricalco della figura CBd–3818.
Accettando il principio che la produzione dei gettoni-amuleto
era locale, se ne deve ricavare una eccezionale resistenza nel
tempo delle icone proposte e anche delle soluzioni stilistiche,
anche lontano dalle datazioni di norma indicate per i prototi-
pi, tra 1 e 3 secolo. Soprattutto risulta ora possibile individuare
nell’area mediterranea orientale, in Palestina, una comunità, che
prudentemente potremmo anche definire una setta “gnostica”,
con una propria organizzazione e forse una propria sede per il
culto. Comunità che non doveva essere la sola nell’Impero, ma af-
fiancarsi ad altre, delle quali abbiamo per ora solo indizi. Alcune
con documenti che rivelano stretti collegamenti ideologici e re-
ligiosi con gli amuleti di Cafarnao, come l’amuleto di Paphos, già
citato, con una simbologia che trova riferimento nella tradizione
egizia, anche remota.
I materiali di Cafarnao e l’”amuleto” di Paphos, anche se certa-
mente da intendere come “apotropaici” o “magici”, non sembra-
no collocarsi solo nell’ambito di pratiche superstiziose ai margi-
ni dei grandi percorsi religiosi della tarda romanità,77 ma anche,
in termini appunto “religiosi”,78 in parallelo con i culti che ebbero
organizzazione ecclesiale e peso politico, il cristianesimo, il mi-
traismo, la religione isiaca, le correnti giudaiche, ecc. Vi è da sup-
porre avessero una loro piena autonomia ideologica, con propri
percorsi di sviluppo e con connessioni con gli altri universi reli-
giosi, con una propria articolazione in culti e credenze diverse.
Come si evince proprio dalla sintassi spesso differenziata delle
icone negli amuleti-moneta di Cafarnao, nell’amuleto di Paphos
o nelle diverse classi tematiche delle gemme magiche. Con la
capacità di generare icone proprie, specifiche di miti e simbo-
logie da accettare come creazioni autonome, come l’immagine
di “Abraxas” o quella, pure apparentemente priva di riferimenti,
della gemma di Durostorum (Moesia Inferior).79
C’è da attendersi quindi che in futuro altri complessi simili a
quello di Cafarnao e altri documenti più o meno isolati venga-
no alla luce, imponendoci la necessità di rivedere o correggere
la storia ideologica e religiosa del 5 secolo in termini finora non
sospettati.
  Diritto di gettone con l’imperatore con una entità al sommo del
capo, forse uno Chnoubis, e con altre parti del viso cancellate. Deposito n.
17961, gr. 0.91 (foto E. A. Arslan).
  Gettone-amuleto con al D/ utero e al R/ anguipede. Deposito n. 4322
(foto E. A. Arslan).
76 Per il rapporto antagonistico degli Gnostici con il mondo cfr. già Jonas
1958, 254.
77 Engemann 1975.
78 Per il rapporto tra superstizione e magia cfr. Janowitz 2019. Appare del
tutto superfluo sottolineare il labile confine tra le pratiche di culto e le pratiche
superstiziose.
79 Deac, Petcu 2017.
   "  . .          
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