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DAI TERREMOTI A UNA SIBILLA APPENNINICA E A UN LAGO DI PILATO: UNA NUOVA IPOTESI SULL'ORIGINE DELLA TRADIZIONE LEGGENDARIA DEI MONTI SIBILLINI

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Un riepilogo della innovativa ricerca condotta da Michele Sanvico sull'origine della tradizione leggendaria che vive tra le vette dei Monti Sibillini, una porzione della catena appenninica nell'Italia centrale. Una ricerca all'interno del cuore più autentico delle leggende relative alla Grotta della Sibilla e al Lago di Pilato, a partire dai livelli leggendari medievali fino al nucleo più profondo e imperscrutabile del racconto mitico, che trova forse origine in tradizioni culturali preromane legate alle locali popolazioni sabine e picene, risalenti all'Età del Ferro. Una congettura che stabilisce un'originale e inaspettata connessione tra questa affascinante eredità leggendaria e il peculiare carattere sismico del territorio. I terremoti come chiave delle leggende, in un articolo che ripercorre quattro anni di emozionante ricerca e più di quindici articoli già pubblicati. Un viaggio all'interno di un mistero culturale che ha sconcertato studiosi e filologi per oltre centocinquanta anni, e per il quale è stata elaborata, infine, una possibile, straordinaria spiegazione.
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MICHELE SANVICO
SIBILLA APPENNINICA
IL MISTERO E LA LEGGENDA
DAI TERREMOTI A UNA SIBILLA APPENNINICA E A UN
LAGO DI PILATO: UNA NUOVA IPOTESI SULL'ORIGINE
DELLA TRADIZIONE LEGGENDARIA DEI MONTI
SIBILLINI1
1 Articolo pubblicato il 15/11/2021 su https://www.researchgate.net/ e https://www.academia.edu/
1
1. Territori sismici e generazione di leggende
Terremoti e antiche narrazioni leggendarie: è possibile che il peculiare
carattere sismico di un territorio possa avere ispirato tentativi, da parte di
antiche popolazioni locali, di sviluppare racconti prescientifici sull'origine
dei movimenti tellurici, comportanti l'elaborazione di narrazioni orali tese a
fornire un'interpretazione mitica che potesse spiegare la genesi dei
terremoti?
Questo è ciò che ha avuto forse luogo, in un passato assai risalente quale
l'Età del Ferro, al centro dell'Italia preromana: l'elaborazione da parte di
Sabini e Piceni di una complessa struttura leggendaria, sviluppatasi nel
corso di molti secoli e delineata al fine di tentare di reagire al terrore
indotto dai terremoti, con la definizione di rituali tesi a conseguire una
desiderata protezione dalla ricorrente distruzione sismica, a beneficio degli
insediamenti locali. Una struttura leggendaria che oggi risulta essere per
noi del tutto perduta, ma le cui fievoli tracce sono forse ancora visibili e
leggibili nel contesto di più tarde, e inspiegate, narrazioni leggendarie, il
cui significato più profondo deve essere riportato alla luce sulla base di un
nuovo e originale scenario congetturale.
Il territorio sismico che è stato ripetutamente colpito dai terremoti nel corso
dei millenni è la regione dei Monti Sibllini, una porzione della catena
appenninica; e le famose, inspiegate narrazioni leggendarie che hanno
dimorato in quel medesimo territorio per molti secoli, forse nascondendo
alla vista una precedente struttura leggendaria connessa ai terremoti, sono
rappresentate dagli antichi racconti relativi alla Grotta della Sibilla e al
Lago di Pilato.
Questa nuova congettura, mai proposta da alcuno in precedenza, è stata
elaborata dal fisico e scrittore Michele Sanvico nell'ambito di una serie di
articoli pubblicati su Academia.edu e Researchgate.net negli anni tra il
2017 e il 2020. Una ricerca ragionata ed esaustiva che è in grado di gettare
nuova luce sull'illustre complesso leggendario che vive tra le vette dei
Monti Sibillini ed è stato largamente noto, un tempo, in tutta Europa.
Come estesamente analizzato in questa ricerca, i racconti quattrocenteschi
che sono rinvenibili nel romanzo Guerrin Meschino di Andrea da
Barberino e nel resoconto Il Paradiso della Regina Sibilla redatto da
2
Antoine de la Sale, che narrano di un regno sibillino nascosto al di sotto di
una montagna e di un Lago abitato da demoni che ospiterebbe il luogo
presso il quale sarebbe sepolto Ponzio Pilato, non sono originari di questi
luoghi: entrambi provengono, infatti, da terre assai distanti, e sono venuti a
stabilirsi in una specifica località dell'Italia centrale, dove forse erano già
presenti leggende molto più antiche.
Fig. 1 - Monti Sibillini, Italia
Le due narrazioni devono essere considerate come stratificazioni
leggendarie non autoctone, le quali sono venute a sovrapporsi a un nucleo
mitico primario connesso alla presenza di una sinistra Grotta e di un
pauroso Lago, rispettivamente situati su montagne che sono oggi note con i
nomi di Monte Sibilla e Monte Vettore.
2. La Sibilla che non c'era
Uno dei principali punti di partenza nell'investigazione sull'origine del
racconto leggendario relativo a una Sibilla Appenninica che avrebbe
dimorato sul Monte Sibilla, nella regione montuosa posta tra le regioni
dell'Umbria e delle Marche, è costituito dal fatto che, prima del
quindicesimo secolo, non è possibile rinvenire alcun precedente riferimento
3
letterario a proposito di una Sibilla oracolare che avrebbe asseritamente
dimorato nell'area dell'Appennino centrale2.
Nulla viene riferito, in merito alla presenza di una Sibilla, nel Reductorium
Morale, di Petrus Berchorius, monaco e abate francese, alla metà del
quattordicesimo secolo, opera nella quale viene menzionata la fama sinistra
di un magico Lago di Norcia, ma nessuna parola viene spesa a proposito di
una residenza sibillina che possa rinvenirsi nel medesimo territorio; e
nessun riferimento ad alcuna Sibilla può essere rinvenuta nel trecentesco
Dittamondo vergato da Fazio degli Uberti, poeta toscano, il quale scrisse
alcuni versi in merito a una tenebrosa montagna e a un lago di Pilato.
Inoltre, nessuna Sibilla viene menzionata negli Statuti del Comune et
Populo della Terra di Norcia, una raccolta di norme e regolamenti risalente
a quello stesso secolo.
Se ci spingiamo ancora più indietro, ci troviamo a saltare direttamente (in
mancanza di qualsivoglia ulteriore fonte di rilievo) al quarto secolo, con
Lucio Cecilio Firmiano Lattanzio e il suo De divinis institutionibus
adversus gentes, nel quale l'autore latino elenca una serie di dieci Sibille,
considerata dagli studiosi come l'enumerazione classica per eccellenza:
eppure, solamente tre di queste Sibille risultano essere legate all'Italia (la
Cumea, la Cimmeria e la Tiburtina). E abbiamo avuto modo di vedere
come nessuna di esse presenti alcuna relazione con i Monti Sibillini.
Nemmeno la Tabula Peutingeriana, che giunge fino a noi dai secoli lontani
in cui l'Impero Romano era una potenza dominante, rende disponibile
alcuna informazione in relazione a un possibile sito sibillino posto nella
regione collocata tra l'antica provincia del Piceno e il fiume Tevere. Quella
particolare area della Tabula, nella quale si ergono le cime dei Monti
Sibillini, risulta essere vuota.
Dunque il racconto leggendario che concerne una Sibilla degli Appennini
sembrerebbe apparire all'improvviso, palesandosi a partire da una sorta di
vuoto letterario all'inizio del quindicesimo secolo: un segno del fatto che
l'investigazione relativa all'origine di questo racconto debba intraprendere
un percorso differente, se veramente abbiamo intenzione di tentare di
riempire quel vuoto.
2 Sanvico M., Sibilla Appenninica: un viaggio nella storia alla ricerca dell'oracolo, 2018, doi:
10.5281/zenodo.4515585
4
Fig. 2 - La regione degli odierni Monti Sibillini nella Tabula Peutingeriana (Codex Vindobonensis n. 324,
Österreichischen Nationalbibliothek, Vienna)
3. La Sibilla Appenninica come una leggenda estranea ai luoghi
La Sibilla che, secondo Andrea da Barberino e Antoine de la Sale, avrebbe
asseritamente trovato dimora tra i Monti Sibillini, in Italia, scaturisce in
realtà da un'ascendenza letteraria particolarmente illustre, essendo connessa
ai personaggi di Morgana la Fata e della sua compagna Sebile, le quali
appartengono entrambe alla Materia di Bretagna; si tratta invero di una
connessione che può essere pienamente ripercorsa andando a riconsiderare
un esteso florilegio di romanzi e poemi medievali, all'interno dei quali sono
poste in scena le due negromanti e i loro regni magici e occultati3.
'Sibilla', infatti, è un personaggio ben noto che appare in modo ricorrente in
romanzi e poemi appartenenti alla Materia di Bretagna e al Ciclo Arturiano.
La sua prima apparizione in qualità di potente negromante, proprio come
Morgana la Fata, la famosa sorellastra di Re Artù, e con un potenziale
riferimento alla Sibilla Cumana virgiliana, risale al 1185, nel poema Erec,
scritto dal poeta tedesco Hartmann von Aue. A partire da quest'opera, e per
i secoli a seguire, Sibilla comincia a essere rappresentata come compagna e
3 Sanvico M., Nascita di una Sibilla: la traccia medievale, 2019, doi: 10.5281/zenodo.4540088,
4562913
5
migliore amica di Morgana in molti componimenti medievali, con una
crescente confusione e commistione tra le figure delle due incantatrici.
Sensualità, cavalieri imprigionati e magiche dimore situate al di sotto di
castelli e montagne, in un caso localizzate addirittura in Italia,
rappresentano tutti caratteri associati con Morgana, attraverso una lunga
serie di opere, tra le quali Li Hauz Livres di Graal, Parzival, Lestoire de
Merlin, Le Livre d'Artus, Claris et Laris, Floriant et Florète, Ly Myreur
des Histors. A valle dell'Erec di von Aue e in presenza di un incessante
fluire di narrazioni orali, i medesimi tratti furono conferiti anche alla
compagna di Morgana, Sebile, rappresentata sulla scena assieme alla
collega incantatrice in opere quali Le Livre de Lancelot del Lac, Prophécies
de Merlin e La Chanson d'Esclarmonde, o anche come personaggio
principale, come nel Wartburgkrieg e nel Perceforest: un ininterrotto
viaggio attraverso i secoli, che comprende anche Huon di Bordeaux, nel
quale una giovane donna di nome Sebile dimora in un magico castello
guardato da meccanismi metallici simili alle porte incantate menzionate da
Antoine de la Sale; e Huon d'Auvergne, nel quale viene posta in scena una
negromantica dama che vive all'interno di una montagna.
Fig. 3 - Il brano relativo a «Sebile l'enchanterresse» dalle Prophécies de Merlin (manoscritto Additional
MS 25434, British Library, folium 173r)
Un'elencazione completa di riferimenti letterari comprendenti un
significativo numero di menzioni relative al personaggio di 'Sebile', la
potente incantatrice posta in scena in numerosi poemi e romanzi
cavallereschi che sono parte della Materia di Bretagna, è presentata
6
nell'articolo dedicato Nascita di una Sibilla: la traccia medievale, fornendo
così un pieno sostegno alla conclusione che la narrazione relativa a una
Sibilla Appenninica non sia affatto originale, e che debba essere invece
considerata come una derivazione proveniente da questa illustre, ed
estranea, tradizione letteraria di origine nordeuropea.
Lo scenario qui descritto sembra indirizzare la ricerca in direzione
dell'insediamento di una versione della storia di Morgana e Sebile tra i
remoti picchi dei Monti Sibillini: una catena montuosa che parrebbe
particolarmente atta, per un motivo ancora imprecisato, a ospitare una
narrazione leggendaria incentrata su di una negromantica Sibilla dimorante
in una caverna posta al di sotto di una cresta rocciosa. Una Sibilla che non
è nata in questi luoghi, appartenendo essa a una differente tradizione
mitica, che proviene da regioni settentrionali e distanti.
La Sibilla degli Appennini come derivazione dal negromantico personaggio
di 'Sebile', estesamente presente all'interno della Materia di Bretagna:
benché trascurata dalla maggior parte degli studiosi che, attraverso i
decenni, si sono occupati della specifica tematica concernente il Monte
Sibilla, questa relazione era stata già posta in evidenza, in passato, da
illustri accademici (Lucy Ann Paton, Ferdinando Neri, Roger S. Loomis)
senza mai divenire l'oggetto principale della loro investigazione. È giunto
dunque il tempo di affrontare in modo esaustivo questo affascinante
argomento, spingendo inoltre la ricerca ancora più oltre lungo un percorso
che condurrà a conclusioni estremamente significative.
4. Ponzio Pilato come una leggenda estranea ai luoghi
Tra i Monti Sibillini, a pochi chilometri dal Monte Sibilla e dalla
leggendaria dimora di un oracolo appenninico, si trova un altro misterioso
scenario naturale: un Lago incastonato all'interno del circo glaciale del
Monte Vettore, e il cui nome è collegato con la figura di Ponzio Pilato, il
quinto prefetto della Giudea dal 26 d.C. al 36 d.C., il funzionario
dell'Impero Romano che ebbe a interpretare un ruolo fondamentale nella
Passione di Gesù Cristo. Il Lago viene considerato dalla tradizione come il
maledetto luogo di sepoltura di quel prefetto, così come testimoniato da
Antoine de la Sale nel proprio testo quattrocentesco, con la sua vivace e
7
raccapricciante descrizione di un carro condotto da bufali il quale si getta
correndo nelle gelide acque del Lago trascinando con il corpo del
prefetto.
Eppure, come ben noto agli studiosi, la tradizione riguardante il
leggendario destino di Ponzio Pilato di certo non è nata qui: esiste infatti
una vasta collezione di testi, prodotti nel corso dei secoli in varie aree
d'Europa, che narra la storia dei luoghi presso i quali il corpo del prefetto
romano sarebbe stato sepolto, un racconto che non ha connessione alcuna
con gli Appennini italiani4.
Dopo avere effettuato una ricognizione dei brani che furono scritti a
proposito di Pilato da autori classici come Flavio Giuseppe e Filone
d'Alessandria, e, naturalmente, i passaggi che menzionano Pilato nei
Vangeli canonici, la principale linea di investigazione ha preso avvio dalle
opere dei Padri della Chiesa, i quali, sin dai primi secoli della Cristianità,
hanno avuto modo di confrontarsi con una questione assai spinosa: Pilato si
adoperò effettivamente per tentare di difendere Gesù dalle accuse sostenute
contro di lui dai giudei? Oppure, non abbandonò invece il Figlio di Dio al
suo destino di morte sulla Croce? Lungo la linea del tempo, differenti
risposte sarebbero state pronunciate in merito a queste domande, in modo
tale che il prefetto di Roma sarebbe stato considerato, alternativamente,
come un santo o come un vero e proprio servo del Nemico.
Ci siamo poi avventurati nei secoli del Medioevo, e abbiamo potuto
rilevare come in Europa fossero in circolazione molte opere apocrife
relative a Ponzio Pilato, tra le quali la Epistola Pilati, le Gesta Pilati, il De
Vita Pilati, la Anaphora Pilati, la Paradosis Pilati, la Legenda Aurea e
altre), frutto certamente di una fitta rete di narrazioni orali che venivano
raccolte e fatte proprie da un pubblico assai vasto, appartenente a ogni
livello sociale. Abbiamo visto come il prefetto della Giudea abbia percorso
l'età medievale attirando a un numero crescente di racconti leggendari
concernenti la sua vita, le sue gesta, il giudizio finale al quale egli venne
sottoposto da un imperatore ormai quasi cristianizzato, un ruolo
interpretato da Tiberio o Vespasiano, e la sua morte.
E abbiamo visto, anche, come quei racconti fornissero molti dettagli a
proposito del suo ultimo luogo di sepoltura. In effetti, sussistono, nella
4 Sanvico M., Una leggenda per un prefetto romano: i Laghi di Ponzio Pilato (2019), doi:
10.5281/zenodo.4579990, 4591821, 4624694
8
tradizione, molti e diversi luoghi di sepoltura. E ognuno di questi luoghi
risulta essere infestato da dèmoni. Che si tratti del Tevere a Roma, o del
fiume Rodano, che attraversa la città francese di Vienne, o di una palude o
pozzo tra le Alpi svizzere, il corpo esecrando di Ponzio Pilato non è
destinato a godere di un quieto riposo: i dèmoni attendono il suo arrivo e
gioiscono in sua presenza, suscitando violente tempeste nel punto esatto in
cui il prefetto dovrebbe, invece, eternamente giacere.
Fig. 4 - Pilato è infine gettato in un abisso situato tra le montagne (le parole 'abisso' e 'montagne' sono
poste in evidenza) nella Legenda Aurea dal manoscritto NAL 1747, conservato presso la Bibliothèque
Nationale de France (folium 93v)
Tutto ciò è simile, estremamente simile a ciò che Antoine de la Sale ci
racconta nel suo Il Paradiso della Regina Sibilla, risalente alla prima metà
del quattordicesimo secolo: in prossimità del Monte Sibilla, un Lago di
Pilato pareva ospitare esattamente la medesima narrazione, con l'aggiunta
di un carro e di alcuni bufali, una tipica rappresentazione del Trionfo della
Morte. E anche questa narrazione pone in scena le stesse terribili tempeste.
Eppure, non esiste una singola opera manoscritta, appartenente alla
tradizione medievale relativa al maledetto luogo di sepoltura di Ponzio
Pilato, che menzioni in alcun modo gli Appennini o la regione circostante il
Monte Sibilla come uno dei sepolcri demoniaci di Ponzio Pilato.
La narrazione leggendaria è certamente la stessa; ma i Laghi di Pilato e i
Monti Sibillini non sembrano essere parte di essa. Specialmente se andiamo
a considerare come la più antica menzione del Lago italiano a noi nota,
rinvenibile nell'opera Reductorium Morale di Petrus Berchorius, racconti
della presenza di dèmoni, ma allo stesso tempo non fornisca il benché
minimo riferimento al nome di Pilato.
9
Perciò, abbiamo potuto concludere, è assai chiaro come quella leggenda
non abbia affatto avuto origine in questi luoghi: è indubitabile come essa
sia stata trapiantata presso questi laghi, profondamente incassati all'interno
del circo glaciale del Monte Vettore, in qualità di materiale mitico
sostanzialmente estraneo. E il trasferimento del mito ha avuto forse luogo
intorno alla seconda metà del quattordicesimo secolo, un periodo che
parrebbe essere indicato dalla presenza del carro e dei bufali, un possibile
riferimento iconografico alla peste che devastò l'Italia e l'Europa a partire
dall'anno 1347, con i carri largamente utilizzati per il trasporto dei cadaveri.
5. Una domanda fondamentale: perché proprio qui?
All'esito della precedente investigazione, ci troviamo a considerare un
complesso di racconti leggendari che vivono tra i picchi dei Monti Sibillini,
una porzione degli Appennini situata al centro della penisola italiana; questi
racconti sono connessi a una Grotta (una Sibilla Appenninica residente
sulla vetta del Monte Sibilla) e un Lago (il luogo di sepoltura di Ponzio
Pilato localizzato sulla cima del Monte Vettore).
Ma ora siamo certi del fatto che i due racconti, mutuamente indipendenti
benché separati solamente da pochi chilometri di distanza, non sono
originari di questi luoghi.
La Sibilla degli Appennini discende da un personaggio analogo che
appartiene pienamente alla Materia di Bretagna: Sebile, la negromante,
compagna e alter ego di Morgana. E Ponzio Pilato, con la propria tomba
demoniaca, è radicato in una nota tradizione medievale che riguarda il
destino del prefetto romano e i molti luoghi di sepoltura per il suo corpo
maledetto.
Le due narrazioni, non mutuamente correlate, hanno entrambe trovato
dimora nella medesima area, i Monti Sibillini. Esse hanno colonizzato una
Grotta e un Lago distanti solamente alcuni chilometri l'una dall'altro, e
hanno iniziato a conoscere una fama significativa a partire dal
quindicesimo secolo, con visitatori in arrivo presso i due diversi siti da ogni
parte d'Europa, in cerca del regno nascosto di una sensuale Sibilla e
10
desiderosi di accedere a un luogo abitato da demoni per ottenere la
consacrazione di libri magici, co come attestato da numerose fonti
letterarie attraverso i secoli successivi.
La ricerca filologica, che ha iniziato a occuparsi di queste tematiche alla
fine del diciannovesimo secolo, ha dovuto presto confrontarsi con domande
alle quali pareva impossibile dare una risposta. Nessuno, tra i numerosi
studiosi che hanno affrontato il tema della tradizione leggendaria legata ai
Monti Sibillini, è stato in grado di delineare le possibili motivazioni che
portarono queste narrazioni, estranee ai luoghi, dalle ascendenze così
illustri ma originatesi comunque altrove, a trovare dimora tra questi
contrafforti montuosi così remoti, che certamente non rappresentano
un'area d'Italia caratterizzata da particolare rinomanza.
Fig. 5 - Una visione dei Monti Sibillini che mostra le posizioni del Lago di Pilato e della Grotta della
Sibilla
Perché una Sibilla e un prefetto romano, appartenenti a tradizioni
leggendarie eterogenee e non correlate tra di loro, sono venuti ad arrestarsi
precisamente nella posizione segnata da queste distanti montagne italiane,
come una sfera carambolante sul disco di una roulette? Quale sorta di
sconosciuto fattore locale, forse risultante dalle peculiarità fisiche di questo
meraviglioso territorio, è stato così significativo da rendere questi luoghi
11
capaci di generare una potente attrazione mitica nei confronti di narrazioni
leggendarie altamente emozionali, provenienti da terre lontane e altre
tradizioni?
È possibile fornire una risposta a questi interrogativi? Sì, è certamente
possibile: perché se ci inoltriamo ulteriormente nella nostra investigazione
e proviamo a sollevare la nebbia che avvolge l'intera materia a causa della
presenza di livelli narrativi medievali ed estranei, possiamo finalmente
iniziare a gettare uno sguardo su ciò che si trova al di là.
E ciò che si trova oltre appare essere una più antica e quasi del tutto
dimenticata, ma originaria, narrazione leggendaria.
6. Una leggenda prima delle leggende
Se provvediamo a rimuovere i due strati leggendari concernenti una Sibilla
Appenninica e Ponzio Pilato, i quali devono essere considerati come
sovrastrutture leggendarie addizionali, e iniziamo a esaminare con
attenzione le sottostanti caratteristiche delle leggende che segnano i due
siti, la Grotta e il Lago posti tra i Monti Sibillini, possiamo cogliere i segni
di una qualche sorta di narrazione differente: una narrazione che era già lì;
una narrazione che nulla ha a che fare con Sibille o antichi prefetti romani.
Qualcosa che parrebbe preesistere rispetto ai due livelli leggendari estranei
e aggiuntivi.
Una leggenda più antica, giacente al di sotto di quei livelli, sembrerebbe
avere attratto i due illustri racconti relativi a Sebile/Morgana e Pilato fino ai
Monti Sibillini; e tracce di essa possono essere rinvenute andando a
considerare alcuni aspetti comuni che possono essere individuati
nell'ambito delle tradizioni connesse alla Grotta e al Lago, proprio al di
sotto dei livelli in piena visibilità che riguardano una Sibilla degli Appennni
e un prefetto romano vissuto nel primo secolo.
Un'approfondita ricognizione delle fonti disponibili mostra come sia
possibile porre in evidenza alcuni tratti comuni e originali in relazione alle
due distinte narrazioni che concernono la Grotta della Sibilla e il Lago di
Pilato: entrambe le leggende sono infatti caratterizzate da aspetti condivisi,
12
in particolare l'effettuazione di rituali negromantici presso i due siti; la
presenza di demoni leggendari sia presso la Grotta che all'interno delle
acque del Lago; e tempeste e devastazioni che, in modo apparentemente
incongruo, si produrrebbero presso entrambi i siti quando in prossimità di
essi viene praticata la negromanzia, così come riferito da molti autori a
partire dal quattordicesimo secolo in poi. Tutti gli aspetti citati sono
reperibili nella letteratura a noi disponibile e sono sottoposti ad analisi in
un articolo a ciò specificamente dedicato5.
Il primo e il secondo di questi tratti condivisi puntano entrambi a una
qualche sorta di presenza magica, soprannaturale, leggendaria che parrebbe
avere trovato dimora al di sotto delle gelide acque del Lago e all'interno dei
recessi più profondi della Grotta; il terzo tratto, che è relativo a uno strano,
sconcertante fenomeno che troverebbe origine sia nel Lago che nella
Grotta, ossia il levarsi di tempeste che asseritamente spazzerebbero e
devasterebbero le terre circostanti, costituisce un aspetto che è stato sempre
del tutto trascurato dagli studiosi; al contrario, esso rappresenta un
elemento informativo di grande rilevanza quando lo si vada a considerare
alla luce di una circostanziata investigazione condotta alla ricerca della
vera origine delle narrazioni leggendarie che vivono tra i Monti Sibillini,
come avremo modo di vedere più avanti in questo stesso articolo.
Negromanzia, demoniache presenze, il sollevarsi di tempeste; e sussiste,
inoltre, un quarto elemento comune: i segni della presenza di un qualche
genere di passaggio verso una regione oltremondana.
Tra i più significativi elementi che i Monti Sibillini hanno ereditato da
narrazioni oltremondane più antiche troviamo il magico 'ponte del
cimento'6, sottile come la lama di un rasoio ma che si allarga quando viene
percorso da un'anima giusta e pura, un elemento narrativo che è parte di
una ben nota tradizione letteraria che percorre l'Europa nel corso di
migliaia di anni, e attraversa il Medioevo; e le magiche porte eternamente
battenti7, un meccanismo metallico che può essere reperito in forme
differenti all'interno di vari romanzi e poemi cavallereschi; un'eredità
leggendaria proveniente da epoche molto antiche, e che può essere
5 Sanvico M., Monti Sibillini: la leggenda prima delle leggende (2019), doi: 10.5281/zenodo.4642419
6 Sanvico M., Antoine de La Sale e il magico ponte nascosto nel Monte della Sibilla (2018), doi:
10.5281/zenodo.4444483
7 Sanvico M, La verità letteraria sulle magiche porte nel "Paradiso della Regina Sibilla" (2018), doi:
10.5281/zenodo.4446448
13
rintracciata anche all'interno dell'Eneide virgiliana (le porte del Tartaro) e
nell'Argonautica di Apollonio Rodio (le Simplegadi).
Fig. 6 - Una miniatura tratta da Les Visions du chevalier Tondal, una versione francese manoscritta della
Visione di Tnugdalus risalente al 1475 e conservata al Getty Museum
Si tratta di luoghi letterari che sembrano marcare la presenza di una
narrazione oltremondana. È possibile che i Monti Sibillini siano stati
considerati, in un remoto passato, come un possibile punto di passaggio
verso un qualche genere di regione oltremondana e sovrannaturale?
La risposta potrebbe essere affermativa, perché se procediamo
ulteriormente nella nostra investigazione ci imbattiamo in una serie di
palesi connessioni narrative con altri celebri racconti che riguardano viaggi,
sia classici che medievali, nell'Aldilà, tra i quali l'Eneide di Virgilio con il
suo Ade cumano; il Purgatorio di San Patrizio a Lough Derg, in Irlanda; e
varie visioni protocristiane e medievali che riferiscono di leggendarie visite
effettuate nel regno dei morti o presso un inferno popolato di demoni, come
vedremo nel prossimo paragrafo.
14
Fig. 7 - Una stampa seicentesca raffigurante la nave Argo mentre attraversa il passaggio tra le rocce in
collisione delle Simplègadi, conservata al Metropolitan Museum of Art, New York
7. Il Lago e la Grotta come punti di accesso a una regione oltremondana
Siamo convinti che il percorso corretto da intraprendere, se realmente si
vuole andare a svelare il vero nucleo delle leggende che vivono tra i Monti
Sibillini, conduca verso una parola molto specifica, e forse anche inattesa:
Aldilà8.
8 Sanvico M., Monti Sibillini, un Lago e una Grotta come accesso oltremondano (2020), doi:
10.5281/zenodo.4658150, 4661671
15
Aldilà: un antichissimo sogno, che gli uomini hanno sognato sin da età
assai remote, in un perenne confronto con la vita e la morte, la finitezza e il
divino, e, dopo l'ascesa del Cristianesimo, con le verità ultime concernenti
la salvezza e la dannazione.
A un esame più ravvicinato, approfonditamente condotto nell'ambito della
presente ricerca, i racconti leggendari relativi alla Grotta della Sibilla e al
Lago di Pilato appaiono essere caratterizzati da una serie di elementi
narrativi oltremondani. Nel resoconto vergato da Antoine de la Sale, un
'ponte del cimento' sovrannaturalmente sottile si protende attraverso uno
spaventoso abisso, divenendo però più largo a mano a mano che si procede
su di esso, una tipica invenzione risalente ai Dialoghi di Papa Gregorio
Magno, e successivamente presente in molteplici scritti visionari medievali.
Porte di metallo che battono magicamente giorno e notte, con moto
martellante e perenne, risultano essere anch'esse presenti, un genere di
meccanismo che è rinvenibile in precedenti opere letterarie cavalleresche, e
che è connesso a descrizioni oltremondane contenute nell'Eneide e nel mito
greco delle Simplegadi. Stanze di cristallo attendono il visitatore, un chiaro
segno di un'ambientazione oltremondana. E il Lago è apertamente indicato,
in un brano trecentesco tratto da Petrus Berchorius, come un ingresso
infernale. Il Lago stesso è segnalato con il nome di 'Lago Averno' in un
diagramma manoscritto databile al sedicesimo secolo, potendosi così
rilevare una corrispondenza narrativa assai significativa con il notissimo
punto di ingresso all'Ade, posto dalla classicità nel territorio di Cuma.
Fig. 8 - I Laghi situati tra i Monti Sibillini denominati come il Lago d'Averno in un diagramma
cinquecentesco rinvenuto nel manoscritto Vat Lat 5241 (Biblioteca Apostolica Vaticana, folium 9v)
16
Un punto di ingresso verso l'Aldilà: sin da tempi antichissimi è stato questo
l'empio anelito albergato dagli uomini nel proprio cuore. Un sogno, il
desiderio di cogliere una visione della vita oltre la vita, la brama di potere
stabilire un proibito contatto con il mondo dei morti, il tentativo di
realizzare iniqui desideri. E una ricerca delle verità ultime ed estreme.
Una consolidata tradizione occidentale narra di agghiaccianti itinerari
percorsi da eroi visionari all'interno di regioni oltremondane. Nell'antichità
classica, si tratta di Ulisse e della sua visita all'Ade, seguito poi da Enea e
dal suo viaggio nell'Averno, guidato dalla Sibilla Cumana. E,
successivamente, le visioni della prima Cristianità: San Paolo e il suo
visionario sogno dell'Inferno, Papa San Gregorio Magno con il suo soldato,
il primo di una serie di cavalieri che viaggeranno nell'Aldilà. E ancora,
l'Irlanda, con le sue descrizioni medievali di terrificanti itinerari compiuti
tra gli atroci tormenti e le punizioni inflitte ai peccatori: la Visione di
Sant'Adamnán, la Visione di Tnugdalus e il Purgatorio di San Patrizio.
Ma solamente due sono i viaggi da considerarsi come itinerari molto
speciali, straordinari percorsi nell'Aldilà: sono quei viaggi che non sono
compiuti per mezzo di una mera visione, ma nella realtà effettiva. Con il
corpo vivente di un uomo.
Nella tradizione letteraria occidentale, due sono i luoghi più celebri a
partire dai quali potere intraprendere un viaggio così raccapricciante. Due
'hot spot'. Due fenditure praticate nella continuità del nostro mondo
ordinario. Due crepe, spaventosamente aperte verso visioni leggendarie, ma
miticamente reali, di un mondo infero sotterraneo, ctonio.
Il primo luogo si trova a Cuma, presso il Lago d'Averno, nell'Italia
meridionale. E il secondo è il Purgatorio di San Patrizio, a Lough Derg,
nella Contea di Donegal, nell'Irlanda settentrionale.
Presso questi due siti, uomini viventi potevano essere così folli da tentare di
attraversare le porte che mai devono essere oltrepassate. Due punti di
passaggio verso l'Aldilà. Due ingressi verso una vita oltre la vita abitata da
leggendarie potenze demoniache.
I due tradizionali punti di ingresso erano ampiamente noti, nei secoli del
medioevo, in tutta Europa. Essi erano stati al centro di varie opere
17
letterarie, dall'Eneide al Tractatus de Purgatorio Sancti Patricii, fino alla
Legenda Aurea. I visitatori si avventuravano in viaggi particolarmente
difficoltosi al fine di raggiungere quei luoghi, con l'obiettivo di vedere con i
propri occhi, e attraversare, i punti di contatto tra due mondi, normalmente
separati: il mondo dei vivi, e il regno dei morti.
Fig. 9 - Il Lago d'Averno a Cuma
Per una strana casualità, non dovuta ad alcuna specifica, rintracciabile
motivazione, ambedue i siti erano indicati da una medesima coppia di punti
di riferimento geografico: un Lago e una Grotta per entrambi, due elementi
naturali che fissavano con precisione la posizione dei due luoghi sulla
superficie della Terra, ed erano conosciuti come tali.
Perché proprio Cuma e Lough Derg? Perché questi passaggi oltremondani
sono venuti a posizionarsi esattamente presso questi due luoghi? Caverne
esistevano in Cuma, che erano riempite fino alle volte da gas mefitici,
capaci di indurre sogni, e talvolta anche un'orribile morte. Una grotta era
presente anche a Lough Derg: entrando in essa, il sonno travolgeva i già
18
esausti pellegrini, un sonno che generava sogni e incubi, a motivo, forse,
della mancanza di aria respirabile e anche, è possibile tentare di ipotizzare,
a causa delle presenza di gas velenosi che filtravano dalle paludi torbose.
Fig. 10 - Lough Derg, Co. Donegal, Irlanda
Il Lago d'Averno e la sua grotta, a Cuma. Lough Derg e un'altra grotta, in
Irlanda. Ma un'altra coppia di punti di riferimento geografico, costituita
ancora da un Lago e da una Grotta, era presente nell'Italia centrale. Si
trattava della Grotta della Sibilla e del Lago di Pilato, posti tra i Monti
Sibillini. Separati da una distanza pari a pochi chilometri
La medesima configurazione geografica, come a Cuma e a Lough Derg.
Una presenza demoniaca rilevata e rituali negromantici effettuati anche
presso questo terzo sito, in Italia. Caratteri oltremondani, che segnavano
anche questi due luoghi nascosti tra gli Appennini.
Numerose risonanze letterarie possono essere rilevate tra la tradizione
leggendaria che vive tra i picchi dei Monti Sibillini e Cuma, da un lato; ma
anche, dall'altro lato, tra le montagne della Sibilla e Lough Derg.
Nel romanzo quattrocentesco Guerrin Meschino è la stessa Sibilla, dotata di
poteri oracolari come la profetessa di Cuma, a proclamare la propria
19
identificazione con la Sibilla Cumana di fronte al valoroso cavaliere
Guerrino: «Io volgio che tu Sapia el mio nome. Io fui chiamata da Romani
chumana perche io naqui in una Città di champagna chiamata cumana». E
questo legame leggendario con la Sibilla Cumana rimane visibile anche nel
corso dei secoli successivi: meno di cento anni dopo, l'origine cumana della
Sibilla Appenninica sarà menzionata anche da Ludovico Ariosto, con le
seguenti parole incluse nel poema Orlando Furioso: «[...] la Sibilla Cumea,
la qual ridotta / s’era in quei tempi a la Nursina grotta...», con un'ulteriore
connessione dello stesso genere menzionata nella medesima opera («... o
fosse al Lago Averno, o fosse sacro alle Nursine grotte...». Un altro
inequivocabile collegamento può essere rinvenuto in un diagramma
cinquecentesco reperito nel manoscritto Vat Lat 5241, nel quale il Lago
situato tra i Monti Sibillini viene indicato come 'laco averno'.
Per quanto riguarda Lough Derg, affinità narrative possono essere
manifestamente rilevate tra il Tractatus de Purgatorio Sancti Patricii di
Henry di Saltrey, la Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, con il suo
racconto di una discesa nel Purgatorio di San Patrizio, e il Guerrin
Meschino con la sua visita alla dimora della Sibilla, e con le medesime
invocazioni innalzate dai rispettivi protagonisti per implorare la protezione
divina, lo stesso 'ponte del cimento' posto in scena da tutti e tre gli autori (e
anche da Antoine de la Sale) all'interno delle regioni sotterranee, e infine
un'intera sezione narrativa dedicata da Andrea da Barberino a un viaggio
nel Purgatorio di San Patrizio, effettuato dal suo eroe Guerrino,
immediatamente successivo alla sua fuoriuscita dalla Grotta della Sibilla. E
un'altra spaventosa connessione può essere rilevata, se andiamo a leggere le
parole contenute nella Topographia Hibernica di Giraldus Cambrensis, il
quale descrive la presenza di demoni presso il lago del Purgatorio di San
Patrizio che sono soliti torturare i corpi dei malcapitati visitatori: lo stesso
trattamento che attende gli uomini gettati nel Lago di Norcia come riferito
da Petrus Berchorius nel suo Reductorium morale.
Dunque le molte analogie che sono manifestamente rinvenibili tra i tre
differenti siti, Cuma, Lough Derg e i Monti Sibillini, tutti comprendenti un
Lago e una Grotta e una tradizione oltremondana locale, sembrerebbero
avere favorito molte contaminazioni narrative, principalmente a partire dai
due luoghi maggiormente famosi in direzione del meno noto sito
appenninico. Attraverso molti secoli, residenti del luogo, viandanti,
cantastorie e uomini di lettere hanno contribuito a diffondere la voce a
20
proposito dell'esistenza di questo straordinario Lago e della vicina Grotta,
occultati tra le creste dell'Appennino centrale, in Italia, aggiungendo ai
propri meravigliosi racconti una molteplicità di elementi narrativi tratti
dalle rinomate narrazioni leggendarie relative alla Sibilla Cumana e al
Purgatorio di San Patrizio, anch'essi segnati dalla presenza di laghi e grotte.
La natura di tale connessione tra i tre siti è puramente narrativa, poiché
nessun effettivo legame storico è mai esistito tra la Grotta della Sibilla e il
Lago di Pilato, da un lato, e i racconti leggendari relativi a Cuma e al
Purgatorio di San Patrizio, dall'altro. I tre siti erano collocati in luoghi
troppo distanti tra di loro per potere sviluppare qualsivoglia struttura
leggendaria mutuamente coordinata. Le rispettive tradizioni erano del tutto
indipendenti l'una dall'altra. Solamente una generale affinità, per quanto
chiaramente manifesta, connetteva tra di loro i tre luoghi: presenza di un
lago, presenza di una grotta, e esistenza di un leggendario punto di
passaggio fisico verso un Aldilà, capace di attirare flussi di visitatori, sia
che si trattasse di pellegrini oppure di negromanti.
Tutti gli indizi sembrano indicare come in questa terza, specifica località
europea, tra i Monti Sibillini, presso un Lago e una Grotta, uomini mortali
come Enea, come Owein, abbiano potuto effettuare un tentativo, reale ed
effettivo, di accedere a un mondo differente, normalmente interdetto ai
viventi: un regno di anime prive di vita, una landa che era posta sotto il
controllo di entità non umane, dalla natura terrificante e divina. Un Aldilà
ctonio, sotterraneo.
In questo promettente scenario di ricerca, è possibile dunque enunciare una
serie di domande: perc questo sito appenninico avrebbe dovuto essere
considerato come un ulteriore punto di ingresso all'Aldilà? Se le congetture
in precedenza delineate fossero fondate, di quale sorta di regione
oltremondana si tratterebbe? Quale sorta di terrificante sogno fu concepito
dagli uomini presso il Lago e la Grotta posti tra le montagne
dell'Appennino centrale?
Un punto di passaggio verso una qualche tipologia di demoniaca presenza.
Un accesso che andava dischiuso utilizzando opportuni rituali
negromantici. Un punto di contatto con un Aldilà sotterraneo. Un 'hot spot',
una frattura scavata nelle montagne allo scopo di stabilire una spaventosa
comunicazione con i poteri ctonii nascosti nel sottosuolo. Un'interruzione
21
nel continuum del nostro mondo ordinario, in grado di rendere possibile il
passaggio verso una regione proibita e diversa dall'umano.
«Descendunt in infernum viventes»: «discendono vivi all'Inferno», così
aveva scritto Petrus Berchorius nel suo trecentesco Reductorium Morale,
citando dal Libro dei Salmi (55:15). Egli scriveva a proposito del Lago di
Norcia, situato tra i Monti Sibillini9.
Fig. 11 - Una discesa nell'Inferno, il Lago di Norcia, dal Reductorium Morale di Petrus Berchorius
(manoscritto Latin 16786, Bibliothèque Nationale de France, folium 301v)
E così l'ardita, potenzialmente significativa ipotesi che emerge dalla nostra
ricerca è relativa alla possibilità che un leggendario punto di passaggio
oltremondano potrebbe essere stato posizionato, secondo una tradizione
assai antica che avrebbe lasciato alcune deboli tracce nella letteratura a noi
nota, proprio tra i picchi dell'Appennino centrale.
È questa la base della nostra nuova congettura: la possibile sussistenza di
una credenza leggendaria relativa a un punto di ingresso verso un mitico
Aldilà, situato nell'Italia centrale. Di un genere particolarmente spaventoso,
terrificante. Una fenditura nel nostro mondo, aperta tra le creste montuose
sulla spinta di un terrore puro e ancestrale. Terrore per la propria vita.
Terrore per il destino della propria famiglia. Terrore per la rovina della
propria terra.
Perché, nell'ipotesi proposta dall'autore del presente articolo, la matrice di
questo Aldilà sibillino risulterebbe essere strettamente connessa alla
peculiare natura di questa porzione degli Appennini, e a una specifica,
agghiacciante parola. Una parola che è in grado di scatenare le più
profonde paure che si nascondono nell'animo umano, sin dall'antichità più
remota.
E questa parola è terremoto.
9 Sanvico M., Il Lago di Pilato in un antico manoscritto: Pierre Bersuire e la tenebrosa fama del Lago
di Norcia nel quattordicesimo secolo (2018), doi: 10.5281/zenodo.4460456
22
8. I terremoti come chiave delle leggende
A valle di una completa, approfondita ricognizione delle fonti letterarie
disponibili, una significativa connessione può essere stabilita tra i terremoti
e la locale tradizione leggendaria che vive tra i Monti Sibillini, negli
Appennini italiani10.
Fig. 12 - Il piccolo borgo di Castelluccio di Norcia assiso su di una collina posta di fronte al Monte
Vettore, devastato dai terremoti del 2016
I Monti Sibillini sono terra di potenti terremoti. Il peculiare carattere
sismico di questa zona, segnata dalla presenza di linee di faglia attive e
collidenti, è particolarmente rimarchevole se confrontato con altre aree
d'Italia. La regione è stata colpita da devastanti terremoti nel 2016;
distruzioni sismiche hanno avuto luogo nel 1979, 1859, 1730, 1703 (uno
dei più potenti terremoti mai occorsi in Italia), 1328: ulteriori riferimenti a
precedenti, spaventosi sismi sono rinvenibili nella letteratura latina. Gli
effetti dei terremoti storici possono essere osservati oggi sullo stesso volto
10 Sanvico M., Monti Sibillini, la leggenda ctonia (2020), doi: 10.5281/zenodo.4667972, 4677876
23
dei Monti Sibillini, come ad esempio la grande cicatrice che corre lungo il
versante occidentale del Monte Vettore. Le onde sismiche generatesi nel
2016 hanno prodotto in diversi punti del territorio numerosi effetti fisici e
manifestamente visibili, come l'apparizione di fratture, cavità, traslazioni
che hanno attraversato versanti e vallate. Inoltre, i tremori sismici
accompagnano da sempre la vita quotidiana della gente che abita in questi
luoghi, con piccoli terremoti e brevi sequenze di deboli vibrazioni che si
verificano nel corso di tutto l'anno, spesso facilmente percepibili nel
silenzio della notte. E gli effetti acustici prodotti dai più potenti terremoti,
come quello verificatosi nel 2016, sono assolutamente agghiaccianti:
secondo i testimoni locali, le stesse montagne sembrano urlare e gridare
come se si trattasse di demoniache belve in agonia.
Fig. 13 - La titanica linea di faglia che corre attraverso il Monte Vettore
Nella nostra era contemporanea, la conoscenza scientifica ci permette di
controllare e indirizzare le nostre paure di uomini che vivono nel
ventunesimo secolo. Al contrario, nel corso dell'Età del Ferro, nessun
sapere razionale, nessuna spiegazione scientifica risultava essere
disponibile alle antiche popolazioni di Sabini e Piceni per spiegare i
terremoti e il terrore scatenato dallo scuotimento della terra. Essi potevano
ricorrere solamente al mito, con la generazione di opportune narrazioni
leggendarie. In questo contesto è possibile delineare una congettura relativa
alla possibilità che specifici rituali siano stati effettuati presso i due punti di
riferimento geografico, la Grotta posta sulla cima del Monte Sibilla e il
Lago situato all'interno del circo glaciale del Monte Vettore, non distanti
24
l'una dall'altro, nel tentativo - in effetti vano - di stabilire, da parte delle
popolazioni locali, uno spaventoso canale di comunicazione con le immani
potenze sotterranee, aventi natura demoniaca, che vivevano nascoste nel
sottosuolo; esseri maligni che si riteneva potessero dimorare al di sotto
delle montagne e, secondo le credenze di quegli uomini, forse governavano
i terremoti.
Le ricerche archeologiche eseguite nei territori di Umbria, Marche e Lazio
nel corso degli ultimi trenta anni hanno mostrato come Sabini e Piceni
usassero dedicare santuari d'altura - piccoli siti marcati dalla presenza di
depositi votivi e collocati in specifiche posizioni sulla cima di colline,
pendii montani, sorgenti d'acqua e lungo i principali sentieri - al culto di
locali divinità: un segno peculiare della cultura e della presenza territoriale
delle popolazioni che abitavano gli Appennini durante l'Età del Ferro.
Fig. 14 - Statuette bronzee di guerrieri databili al quinto secolo a.C. rinvenute nel deposito votivo situato
nel santuario d'altura di Ancarano di Norcia (Museo Archeologico Nazionale dell'Umbria, Perugia)
Dunque è possibile ipotizzare come santuari d'altura possano essere stati
stabiliti anche al Lago e alla Grotta, presso quei siti in altitudine dove il
25
Monte Sibilla e il Monte Vettore innalzano le proprie vette. Proposizione di
offerte e altri rituali potrebbero essere stati effettuati in entrambi luoghi in
tempi molto antichi.
Fig. 15 - La vetta coronata del Monte Sibilla
È possibile immaginare che gli anziani fossero soliti tramandare alle
generazioni p giovani un repertorio di racconti concernenti i propri
antenati, che erano stati colpiti dai terremoti e avevano potuto udire l'urlo
della montagna. Essi avevano asceso le vette più scoscese al fine di
ottenere pietà da parte della montagna stessa, dove il demone risiedeva.
Essi sapevano che un essere maligno, o più esseri maligni, dimoravano
presso quelle scogliere precipiti. E il Lago e la Grotta, in quanto
impressionanti punto di riferimento geografico posti tra elevate creste,
furono forse considerati come potenziali punti di accesso a una demoniaca
regione oltremondana: luoghi presso i quali un contatto soprannaturale tra
uomini e maligne entità poteva essere ritenuto come concepibile.
L'intero complesso di credenze religiose relative ai terremoti fu
probabilmente spazzato via da questo territorio a causa della successiva
conquista da parte dei Romani (terzo secolo a.C.). Fondamentalmente, i
Romani fecero propria la spiegazione prescientifica concernente l'origine
dei terremoti che fu elaborata da Aristotele, un'antica visione che stabiliva
una connessione tra venti sotterranei, tempeste e onde sismiche.
26
Secondo Aristotele, e poi Lucrezio, Seneca e Plinio, i venti circolavano
all'interno delle cavità nascoste della terra. Talvolta, i venti potevano
esercitare una straordinaria pressione sulle pareti delle cavità sotterranee
nelle quali essi sono confinati, e il loro moto oscillatorio produce effetti
sismici in superficie; altre volte, essi riescono a fuoriuscire dalle proprie
prigioni situate nel sottosuolo, dando origine a violente tempeste che
contribuiscono alla generale distruzione della contrada sovrastante.
Fig. 16 - Uno scenario inquietante e sinistro ai Laghi di Pilato di oggi
E così mentre gli uomini dell'Età del Ferro che dimoravano tra i monti
Appennini, dovendosi confrontare con le spaventose onde sismiche che
frequentemente colpivano il loro territorio, immaginarono forse sogni di
demoniache divinità annidate al di sotto delle loro montagne, i Greci e i
Romani intrapresero un percorso completamente differente, seppure assai
impervio a causa dell'indisponibilità di qualsivoglia solido fondamento
scientifico, e nondimeno basato su considerazioni del tutto naturali e legate
27
al mondo tangibile, senza alcuna necessità di introdurre dèi o demoni: un
sentiero che, in seguito, condurrà la cultura del mondo occidentale in
direzione della moderna scienza, così come noi oggi la conosciamo. Un
percorso che porterà anche, presso i Romani e successivamente in età
medievale, al totale abbandono di ogni precedente spiegazione mitica dei
terremoti che fosse basata sull'ipotesi della presenza di demoniache divinità
suppostamente dimoranti al di sotto della terra.
Fig. 17 - Terremoti e venti dalla Naturalis historia di Plinio il Vecchio (dalla prima edizione a stampa,
Venezia, 1469), p. 20
Ogni memoria di qualsivoglia tradizione congetturale elaborata da Sabini e
Piceni è dunqua andata perduta; nondimeno, la potenza mitica dei Monti
Sibillini, alimentata dai ricorrenti terremoti, parrebbe essersi mantenuta nel
corso dei secoli, attraendo verso questi picchi assai remoti racconti
leggendari non autoctoni e segnati da un carattere demoniaco (Sibilla,
Pilato). E le magiche tempeste, la spiegazione classica dell'origine dei
terremoti così come rinvenibile negli autori antichi, nonché ancora
associate sia alla Grotta che al Lago nel rinomato complesso leggendario
medievale, potrebbe non costituire altro che il flebile lascito di una struttura
28
leggendaria risalente all'Età del Ferro e andata del tutto perduta: la traccia
in dissolvimento lasciata da una pistola fumante che ormai non esiste più.
9. Monti Sibillini: attraverso gli strati narrativi fino al cuore della
leggenda
Il risultato finale della nostra investigazione concernente la tradizione
leggendaria che vive tra i picchi dei Monti Sibillini, un territorio remoto e
dirupato posto tra gli Appennini nell'Italia centrale, consiste
nell'identificazione di una potenziale sedimentazione di diversi livelli
narrativi.
Il nostro principale punto di partenza è stato il racconto leggendario
relativo a una Sibilla Appenninica. Abbiamo visto come questa Sibilla degli
Appennini parrebbe essere fuoriuscita, come una brillante stella solitaria,
all'inizio del quindicesimo secolo, da una sorta di echeggiante vuoto, una
nebbia fitta e impenetrabile, per cominciare il proprio straordinario viaggio
attraverso le epoche successive. Nessun riferimento a proposito di una sua
dimora situata tra i Monti Sibillini può essere infatti reperito nel corso dei
secoli precedenti.
E dunque la questione, nel corso della nostra indagine, è divenuta la
seguente: veramente quella Sibilla ha affrontato un lungo cammino
attraverso i secoli e oltre quell'impenetrabile nebbia, dopo avere iniziato il
proprio viaggio nell'antichità ed essersi mantenuta completamente
invisibile, finché non è emersa nel quindicesimo secolo? Non potrebbe
invece essere che la Sibilla Appenninica sia il risultato di qualche strana
condensazione di quella nebbia, così fitta, così vorticante, nella quale il suo
mito abbia potuto prendere forma non nell'antichità, ma, invece, non molto
lontano nel tempo, poco prima dell'inizio del quindicesimo secolo?
È possibile che la Sibilla sia sorta da una particolare condensazione,
strettamente connessa alla natura di quei luoghi, i Monti Sibillini, e sia stata
in seguito rivestita di temi leggendari aggiuntivi, tratti da altri racconti e
altre storie?
29
Fig. 18 - L'immagine che avevamo presentato nel paragrafo finale dell'articolo Sibilla Appenninica: un
viaggio nella storia alla ricerca dell'oracolo, con la Sibilla che emerge dalle nebbie del tempo all'inizio
del quindicesimo secolo (immagine composita elaborata dall'Autore)
Con il progredire della nostra ricerca, abbiamo potuto rilevare di trovarci
sul percorso giusto. Alla luce di un più approfondito esame, la vera
ascendenza della Sibilla Appenninica ha iniziato a rendersi evidente: una
Sibilla che proviene da una lunga, antica tradizione relativa a Morgana la
Fata e ai racconti cavallereschi che sono parte della Materia di Bretagna,
con il personaggio di 'Sebile', amica e compagna di Morgana, che riempie il
vuoto nei secoli che precedono il quindicesimo.
E così la metodologia da applicare per dipanare e illuminare la misteriosa
origine della leggendaria tradizione che abita i Monti Sibillini ha iniziato a
mostrarsi chiaramente: tutte le sovrastrutture letterarie che sono andate
sovrapponendosi nel corso dei secoli ai racconti leggendari concernenti il
Lago e la Grotta avebbero dovuto essere identificate e rimosse, eliminando
tutti quegli strati concentrici che ne avviluppano e ne soffocano il fondo
mitico più vero, con l'obiettivo di liberare la leggenda originaria spazzando
via gli elementi narrativi che sono stati aggiunti nel tempo alla sua storia,
30
elementi che sono stati tratti da differenti racconti leggendari attraverso i
secoli e i millenni.
Fig. 19 - La precedente immagine ora integrata con le tracce lasciate dalla Sibilla nella sua qualità di
compagna di Morgana (immagine composita elaborata dall'Autore)
Nel diagramma che segue abbiamo delineato le straordinarie, affascinanti
sovrapposizioni di livelli narrativi che insistono sull'originale nucleo
leggendario che sembrerebbe vivere tra i Monti Sibillini, un nucleo che
nella nostra ricerca è congetturalmente collegato alla peculiare sismicità di
questo territorio.
31
Fig. 20 - Monti Sibillini, la stratificazione di livelli leggendari così come elaborata e ipotizzata nella
ricerca condotta da Michele Sanvico nel corso degli ultimi anni
Nella nostra esplorazione delle leggende dei Monti Sibillini ci siamo
imbattuti in strati e strati di materiali addizionali: elementi letterari
pertinenti a tradizioni e racconti leggendari differenti che sembrano essere
stati sovrapposti a un nucleo mitico fondamentale connesso alla presenza di
una sinistra Grotta e di un inquietante Lago nell'area dei Monti Sibillini.
Il primo e più superficiale livello riguarda i racconti, tipici di un foclore
locale e ingenuo, concernenti le fate danzanti dai piedi caprini che
sarebbero state solite intrattenersi in rustici balli con i contadini e pastori
32
del luogo: racconti assai semplici, non dissimili da molte altre narrazioni
che è possibile reperire tra le Alpi o in altre zone della catena appenninica,
e furono riferite ai filologi Gaston Paris e Pio Rajna, nel corso della loro
visita presso i Monti Sibillini nel 1897, dai poveri abitanti di Castelluccio
di Norcia e Pretare.
Al di sotto di questo genere, particolarmente semplice, di racconti locali,
aventi un'origine maggiormente recente e noti a coloro che risiedono in
questi luoghi anche ai nostri giorni, troviamo i livelli leggendari medievali
relativi alla presenza di una dimora per una Sibilla Appenninica e di un
luogo di sepoltura per il prefetto romano Ponzio Pilato.
Come abbiamo potuto delineare in precedenza in questo stesso articolo, la
presenza di un livello leggendario medievale che avvolge i racconti relativi
alla Grotta della Sibilla e al Lago di Pilato non può essere disconosciuta: il
tocco dei personaggi appartenenti alla Materia di Bretagna, Morgana la
Fata e Sebile, si manifesta in modo palese sul reame sotterraneo della
Sibilla, rendendo tutto ciò una narrazione aggiuntiva derivata da una
tradizione leggendaria nordeuropea relativa a magici castelli e montagne, e
caratterizzata dalla presenza, in qualità di personaggi principali, delle
negromantiche figure della sorellastra di Re Artù e della sua compagna
Sebile; e, in modo analogo, gli elementi fondamentali della leggenda
medievale relativa a Ponzio Pilato risultano essere manifestamente visibili,
essendo palesemente questa seconda leggenda una versione italiana della
ben nota narrazione medievale concernente Ponzio Pilato e il suo cadavere
maledetto, un racconto che ha stabilito la propria dimora presso un piccolo
Lago annidato tra le creste del Monte Vettore. Ambedue i racconti devono
essere considerati come leggende estranee, sovrapposte, provenienti da
altre terre, le quali hanno trovato, per ragioni connesse al carattere
negromantico di questi luoghi, un'opportuna residenza in questa specifica
area.
Quando cessiamo di focalizzare la nostra attenzione sulle figure della
Sibilla Appenninica e di Ponzio Pilato, entrambe appartenenti a una
tradizione leggendaria estranea a questa porzione di territorio italiano,
siamo in grado di andare a considerare alcuni diversi aspetti che le
leggende relative alla Grotta e al Lago presentano al nostro sguardo.
Aspetti che esse hanno mutuamente in comune. Tratti specifici che
entrambe sembrano condividere. A valle dell'identificazione dei predetti
33
livelli leggendari aggiuntivi, abbiamo dunque potuto individuare facilmente
il livello successivo: un livello che sembra indicare i tratti originali che,
sulla base delle fonti disponibili, segnano i racconti della Grotta della
Sibilla e del Lago di Pilato. Entrambe le leggende presentano una serie di
aspetti condivisi, che comprendono l'effettuazione di rituali negromantici,
la presenza di leggendari esseri demoniaci e devastazioni che si
scatenerebbero da ambedue i siti.
E un comune tratto ulteriore marca i due siti posti al centro dei Monti
Sibillini: un carattere oltremondano, che è possibile reperire in letteratura
quando vengono descritti punti di passaggio verso un regno di morti o di
demoni, dall'Eneide di Virgilio alla Visio Sancti Pauli Apostoli, ai Dialoghi
di Papa San Gregorio Magno e fino alle visite all'Inferno cristiano elaborate
dalla tradizione irlandese, con la leggenda del Purgatorio di San Patrizio a
collocarsi nel punto culminante di un percorso narrativo che si è dipanato
per oltre mille anni.
Cosa è possibile trovare al di sotto di questo oscuro, terrificante livello?
Fig. 21 - L'Italia e i Monti Sibillini, una porzione della catena appenninica
Secondo la congettura originale elaborata da Michele Sanvico, ciò che
troviamo è forse il livello più primitivo, il nucleo leggendario che si è
rivelato così potente da attrarre fino ai picchi dei Monti Sibillini una varietà
di differenti racconti provenienti da varie fonti in Europa. Come abbiamo
34
avuto modo di illustrare in precedenza nel presente articolo, questo potente
nucleo potrebbe essere connesso alla peculiare sismicità di questa porzione
di territorio, con la possibile presenza, in tempi tanto lontani quanto l'Età
del Ferro, di un culto demoniaco collegato ai terremoti e ai tentativi di
placarne la furia. Un livello fondativo che andò perduto già in età romana, i
quali considerarono altre e diverse spiegazioni prescientifiche per le
oscillazioni della terra, le quali erano reputate originarsi a seguito della
pressione dei venti sotterranei, talvolta erompenti sulla superficie in forma
di tempeste.
Strato dopo strato, livello dopo livello, abbiamo rimosso l'antico schermo
letterario che per secoli ha nascosto alla vista il vero sembiante della Sibilla
Appenninica. Un processo di scioglimento che è partito dai livelli
addizionali di origine medievale che narrano di una Sibilla e di un prefetto
romano, e che ha poi proceduto a ritroso nel tempo, fino a giungere al
cuore più vero e più profondo della leggenda.
Nell'illustrato contesto, l'obiettivo di disvelare la vera essenza del mito
della Sibilla Appenninica, il nucleo più profondo della sua antica leggenda,
parrebbe essere stato forse raggiunto. Abbiamo provveduto a rimuovere
tutte le sovrastrutture letterarie che sono state sovrapposte al suo racconto
leggendario nel corso dei secoli. Abbiamo eliminato tutti quegli strati
concentrici che ne avviluppano e ne soffocano il fondo mitico più vero, allo
stesso modo in cui una rosa viene privata dei suoi petali più esterni che
schermano la profumata fragranza del suo cuore più profondo. Abbiamo
liberato la sua figura spazzando via gli elementi narrativi che sono stati
aggiunti nel tempo alla sua storia, provenendo da vari e differenti racconto
mitici. Abbiamo alleggerito la sua immagine da tutti i travestimenti
successivamente applicati, in modo da potere finalmente contemplare il suo
più genuino, più antico sembiante.
Per la prima volta dopo molti secoli, attraverso una densa, apparentemente
impenetrabile nebbia, costituita da racconti estranei che narrano la storia di
Sibille e prefetti romani, abbiamo iniziato a cogliere i bagliori del cuore
condiviso e più vero relativo a entrambe le leggende. Un cuore che è forse
connesso con le più profonde paure che si nascondono nell'animo umano:
la paura della morte, la paura delle potenze ctonie, la paura dei terremoti.
35
Nel 2019, a tre anni da una devastante sequenza di terremoti che aveva
colpito i Monti Sibillini e gli abitanti di quelle terre, un uomo è stato
intervistato dall'agenzia giornalistica ANSA. Si trattava di un uomo
anziano, che aveva vissuto a Castelluccio di Norcia, un insediamento che
era stato completamente demolito dalle terrificanti scosse.
Eppure, le sue parole, benché pronunciate da una voce contemporanea,
sono state del tutto significative:
«... poi arriva il Diavolo sotto, e sfascia tutto».
Un Demone giunge, dal sottosuolo. E devasta la terra intera.
L'Età del Ferro, tra i Monti Sibillini, pare improvvisamente raggiungere la
nostra era scavalcando l'insondabile abisso del tempo: sulle inquietanti,
divine, terrificanti onde del terremoto.
Michele Sanvico
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