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Simulazione incarnata, estetica e architettura: un approccio estetico sperimentale

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Abstract

Although we spend more than ninety percent of our lives inside buildings, we understand very little about how the built environment affects our behavior, thoughts, emotions, and well-being. We are biological beings whose senses and neural systems have developed over millions of years; it stands to reason that research in the life sciences, particularly neuroscience, can offer compelling insights into the ways our buildings shape our interactions with the world. In Mind in Architecture, leading thinkers from architecture and other disciplines, including neuroscience, cognitive science, psychiatry, and philosophy, explore what architecture and neuroscience can learn from each other.
la mente nell'architettura
• sarah robinson, juhani pallasmaa
• sarah robinson, juhani pallasmaa
160
capitolo viii capitolo viii
simulazione incarnata, estetica e architettura: un simulazione incarnata, estetica e architettura: un
approccio estetico sperimentaleapproccio estetico sperimentale11
Vittorio Gallese
Alessandro Gattara
Ogni contatto umano con le cose del mondo contiene una componente di signicato e una di
presenza. […] Il contesto dell’esperienza estetica è specico nella misura in cui ci consente di vi-
vere entrambe queste componenti nella loro tensione.
Hans Gumbrecht2
Oggi le neuroscienze cognitive offrono un nuovo approccio allo studio della cognizio-
ne sociale e della cultura umana. Tale approccio può essere considerato come una sorta di
“archeologia cognitiva”, poiché consente lo studio empirico dei meccanismi neurosiolo-
gici del cervello che rendono possibili le nostre interazioni col mondo, permettendoci così
di individuare i possibili antecedenti funzionali delle nostre abilità cognitive e di misurare
l’inuenza socioculturale esercitata attraverso l’evoluzione culturale dell’uomo sulla base di
quello stesso repertorio cognitivo. Grazie alle scienze cognitive possiamo decostruire alcuni
dei concetti che di solito utilizziamo quando ci riferiamo allintersoggettività o allestetica,
all’arte e all’architettura, così come quando valutiamo la nostra esperienza di esse.
Il capitolo che state leggendo, scritto da un neuroscienziato cognitivista e da un architetto,
cerca di suggerire il perché e il come le neuroscienze cognitive potrebbero studiare la nostra
relazione con l’estetica e l’architettura, denendo questo approccio empirico come estetica
sperimentale. Il termine estetica sperimentale si riferisce, nello specico, all’investigazione
scientica dei correlati psicologici del sistema cervello-corpo dell’esperienza estetica di par-
ticolari espressioni simboliche umane, come le opere d’arte e di architettura. In un conte-
sto del genere, la nozione di “estetica” viene principalmente intesa nella sua connotazione
simbolica, poiché essa si riferisce agli aspetti sensomotori e affettivi della nostra esperienza di
questi particolari oggetti percettivi.
1 Molte delle idee e delle proposte presentate in questo capitolo sono state pubblicate in forma leggermente diver-
sa nel seguenti articoli scientici: Vittorio Gallese, Cinzia Di Dio, “Neuroesthetics: The Body in Aesthetic Experi-
ence”, in Vilayanur S. Ramachandran, et al., Encyclopedia of Human Behavior, Elsevier, Amsterdam, 2012, Vol. 2,
pp. 687-693; V. Gallese, “Bodily Selves in Relation: Embodied Simulation as Second-Person Perspective on Inter-
subjectivity”, in «Philosophical Transactions of the Royal Society B 369» (2014); V. Gallese, “The Hand and the Ar-
chitect: Gesture and Creative Expression”, in «Unplugged: Projects of L22 and  Italy», Lombardini 22, Milano
(2014), pp. 14-17; V. Gallese, “Arte, corpo, cervello: Per un’estetica sperimentale”, in «Micromega» n. 2 (2014), pp.
49-67.
2 Hans Ulrich Gumbrecht, Production of Presence: What Meaning Cannot Convey, Stanford University Press, Stan-
ford, 2004, p. 109.
8.1 Tempio
greco a
Segesta,
Sicilia.
la mente nell'architettura • sarah robinson, juhani pallasmaa• sarah robinson, juhani pallasmaa
160
capitolo viii
capitolo viii
simulazione incarnata, estetica e architettura: un
simulazione incarnata, estetica e architettura: un
approccio estetico sperimentale
approccio estetico sperimentale
1
1
Vittorio Gallese
Alessandro Gattara
Ogni contatto umano con le cose del mondo contiene una componente di signicato e una di
presenza. […] Il contesto dell’esperienza estetica è specico nella misura in cui ci consente di vi-
vere entrambe queste componenti nella loro tensione.
Hans Gumbrecht2
Oggi le neuroscienze cognitive offrono un nuovo approccio allo studio della cognizio-
ne sociale e della cultura umana. Tale approccio può essere considerato come una sorta di
“archeologia cognitiva”, poiché consente lo studio empirico dei meccanismi neurosiolo-
gici del cervello che rendono possibili le nostre interazioni col mondo, permettendoci così
di individuare i possibili antecedenti funzionali delle nostre abilità cognitive e di misurare
l’inuenza socioculturale esercitata attraverso l’evoluzione culturale dell’uomo sulla base di
quello stesso repertorio cognitivo. Grazie alle scienze cognitive possiamo decostruire alcuni
dei concetti che di solito utilizziamo quando ci riferiamo all’intersoggettività o all’estetica,
all’arte e all’architettura, così come quando valutiamo la nostra esperienza di esse.
Il capitolo che state leggendo, scritto da un neuroscienziato cognitivista e da un architetto,
cerca di suggerire il perché e il come le neuroscienze cognitive potrebbero studiare la nostra
relazione con l’estetica e l’architettura, denendo questo approccio empirico come estetica
sperimentale. Il termine estetica sperimentale si riferisce, nello specico, all’investigazione
scientica dei correlati psicologici del sistema cervello-corpo dell’esperienza estetica di par-
ticolari espressioni simboliche umane, come le opere d’arte e di architettura. In un conte-
sto del genere, la nozione di “estetica” viene principalmente intesa nella sua connotazione
simbolica, poiché essa si riferisce agli aspetti sensomotori e affettivi della nostra esperienza di
questi particolari oggetti percettivi.
1 Molte delle idee e delle proposte presentate in questo capitolo sono state pubblicate in forma leggermente diver-
sa nel seguenti articoli scientici: Vittorio Gallese, Cinzia Di Dio, “Neuroesthetics: The Body in Aesthetic Experi-
ence”, in Vilayanur S. Ramachandran, et al., Encyclopedia of Human Behavior, Elsevier, Amsterdam, 2012, Vol. 2,
pp. 687-693; V. Gallese, “Bodily Selves in Relation: Embodied Simulation as Second-Person Perspective on Inter-
subjectivity”, in «Philosophical Transactions of the Royal Society B 369» (2014); V. Gallese, “The Hand and the Ar-
chitect: Gesture and Creative Expression”, in «Unplugged: Projects of L22 and  Italy», Lombardini 22, Milano
(2014), pp. 14-17; V. Gallese, “Arte, corpo, cervello: Per un’estetica sperimentale”, in «Micromega» n. 2 (2014), pp.
49-67.
2 Hans Ulrich Gumbrecht, Production of Presence: What Meaning Cannot Convey, Stanford University Press, Stan-
ford, 2004, p. 109.
8.1 Tempio
greco a
Segesta,
Sicilia.
FUP Best Practice in Scholarly Publishing (DOI 10.36253/fup_best_practice)
Vittorio Gallese, Alessandro Gattara, Simulazione incarnata, estetica e architettura: un approccio estetico
sperimentale, pp. 160-175, © 2021 Author(s), CC BY-NC-SA 4.0 International, DOI 10.36253/978-88-5518-
286-7.10
la mente nell'architettura
• sarah robinson, juhani pallasmaa
• sarah robinson, juhani pallasmaa
162
Naturalmente un approccio del genere valuta un solo aspetto dell’estetica, visto che si ri-
ferisce a un primo componente della nostra esperienza percettiva dell’oggetto: riguarda
ciò che accade prima che venga formulato qualsiasi giudizio estetico esplicito. La prova
neurosiologica e comportamentale di questa prima fase dell’esperienza estetica è stra-
ordinariamente simile a ciò che è sotteso all’esperienza percettiva quotidiana di oggetti
non artistici. Così l’estetica sperimentale è anche in grado di chiarire come i diversi cor-
relati neurosiologici e corporei dell’esperienza del “mondo reale” derivino da quelli
che caratterizzano l’esperienza delle rappresentazioni simboliche di quel mondo. Pren-
deremo in esame alcune proprietà multimodali del sistema motorio, recentemente sco-
perte, introducendo i neuroni specchio e la simulazione incarnata, e discuteremo della
loro rilevanza per una spiegazione incarnata dell’esperienza estetica, sintetizzando alcu-
ne recenti ricerche empiriche che studiano la relazione fra i gesti e la costruzione del si-
gnicato. In conclusione proporremo alcune riessioni su come l’estetica sperimenta-
le possa aiutare a capire l’esperienza dell’architettura. Crediamo che solo un approccio
multidisciplinare possa migliorare la nostra comprensione di questi aspetti importanti e
distintivi della cultura umana.
Quattro ragioni per cui le neuroscienze cognitive
sono importanti per l’architettura
Le neuroscienze cognitive non sono un’alternativa agli studi umanistici, ma un approc-
cio metodologico differente che spiega gli stessi fenomeni con un diverso atteggiamen-
to metodologico, un diverso livello descrittivo e un diverso linguaggio. Le neuroscien-
ze cognitive possono contribuire a rispondere alla seguente domanda: che cosa signica
“guardare” un dipinto, un tempio greco o un lm nei termini del sistema corpo-cervello?
Fino a che punto il modo in cui sperimentiamo la “realtà” e la nzione dipendono dai
diversi approcci epistemici e dai diversi meccanismi neurofunzionali che li governano?
Le ragioni per le quali le neuroscienze cognitive sono adatte a formulare tali domande,
e presumibilmente anche ad aiutare a rispondere a quelle domande, sono le seguen-
ti, organizzate in funzione delle loro vaste implicazioni in misura decrescente. La pri-
ma ragione riguarda la relazione fra percezione ed empatia. Per molti anni l’estetica e
le scienze cognitive hanno rispettivamente condiviso un particolare atteggiamento ver-
so il senso della visione quando spiegavano l’esperienza estetica e la rappresentazione
percettiva del mondo. Entrambi gli approcci hanno promosso una sorta di “imperiali-
smo visivo”, trascurando la natura multimodale della visione. Nella sezione che segue di-
mostreremo che tale nozione della visione non è più sostenibile, e presenteremo prove
163
viii. simulazione incarnata, estetica e architettura • vittorio gallese, alessandro gattara• vittorio gallese, alessandro gattara
neuroscientiche della relazione fra il sistema motorio, il corpo e la percezione dello spazio,
degli oggetti e delle azioni degli altri.
La nozione di empatia, recentemente esplorata dalle neuroscienze cognitive, può riformula-
re il problema del funzionamento dell’arte e dell’esperienza degli spazi architettonici, corro-
borando e validando empiricamente le vecchie intuizioni sull’interazione fra corpo, empa-
tia ed esperienza estetica.
La seconda ragione si interessa a come il mondo reale e il mondo immaginario si relazioni-
no l’un con l’altro e con il sistema cervello-corpo. Ricerche empiriche hanno dimostrato che
facciamo esperienza di realtà immaginarie attraverso meccanismi neurobiologici piuttosto si-
mili a quelli attraverso i quali facciamo esperienza della vita reale. Dimostriamo come, da un
certo punto di vista, qualsiasi esperienza di qualunque mondo possibile dipenda fondamen-
talmente da azioni di routine della simulazione incarnata. Il modello “come se” della simu-
lazione incarnata sembra qualicare non solo il nostro apprezzamento per i mondi immagi-
nari, ma tutte le forme di relazione intenzionali, comprese quelle che caratterizzano la nostra
prosaica realtà quotidiana.
La terza ragione si misura con l’architettura e le sue qualità estetiche. La simulazione incar-
nata può fare luce sugli aspetti estetici dell’architettura, sia dal punto di vista del suo farsi, sia
dal punto di vista dell’esperienza potenziale che affronta l’osservatore, rivelando l’intima na-
tura intersoggettiva di ogni atto creativo: dove l’oggetto sico, il prodotto dell’espressione sim-
bolica, diventa il mediatore di una relazione intersoggettiva fra creatore e osservatore. L’espe-
rienza dell’architettura, dalla contemplazione degli elementi decorativi di un tempio greco
all’esperienza sica del vivere e lavorare all’interno di uno spazio architettonico specico,
può essere decostruita nei suoi elementi corporei costitutivi. Le neuroscienze cognitive pos-
sono indagare in cosa consista quel senso della presenza che alcuni edici possiedono. Ta-
le approccio può anche contribuire a un punto di vista empirico più attuale sull’evoluzione
dello stile architettonico e della sua diversità culturale, trattandolo come un caso particolare
di espressione simbolica e identicando le sue radici corporee.
La natura multimodale della visione
Osservare il mondo è qualcosa di più complesso della semplice attivazione del cervello visi-
vo. La visione è multimodale; essa comprende l’attivazione di circuiti cerebrali motori, so-
matosensoriali e collegati con le emozioni. Qualunque relazione intenzionale che possia-
mo intrattenere con il mondo esterno ha una natura intrinsecamente pragmatica: da qui la
ragione per la quale essa possiede sempre un contenuto motorio. Più di cinquant’anni di ri-
cerca hanno dimostrato che i neuroni motori rispondono anche agli stimoli visivi, tattili e
la mente nell'architettura • sarah robinson, juhani pallasmaa• sarah robinson, juhani pallasmaa
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Naturalmente un approccio del genere valuta un solo aspetto dell’estetica, visto che si ri-
ferisce a un primo componente della nostra esperienza percettiva dell’oggetto: riguarda
c che accade prima che venga formulato qualsiasi giudizio estetico esplicito. La prova
neurosiologica e comportamentale di questa prima fase dell’esperienza estetica è stra-
ordinariamente simile a ciò che è sotteso all’esperienza percettiva quotidiana di oggetti
non artistici. Così l’estetica sperimentale è anche in grado di chiarire come i diversi cor-
relati neurosiologici e corporei dell’esperienza del “mondo reale” derivino da quelli
che caratterizzano l’esperienza delle rappresentazioni simboliche di quel mondo. Pren-
deremo in esame alcune proprietà multimodali del sistema motorio, recentemente sco-
perte, introducendo i neuroni specchio e la simulazione incarnata, e discuteremo della
loro rilevanza per una spiegazione incarnata dell’esperienza estetica, sintetizzando alcu-
ne recenti ricerche empiriche che studiano la relazione fra i gesti e la costruzione del si-
gnicato. In conclusione proporremo alcune riessioni su come l’estetica sperimenta-
le possa aiutare a capire l’esperienza dell’architettura. Crediamo che solo un approccio
multidisciplinare possa migliorare la nostra comprensione di questi aspetti importanti e
distintivi della cultura umana.
Quattro ragioni per cui le neuroscienze cognitive
sono importanti per l’architettura
Le neuroscienze cognitive non sono un’alternativa agli studi umanistici, ma un approc-
cio metodologico differente che spiega gli stessi fenomeni con un diverso atteggiamen-
to metodologico, un diverso livello descrittivo e un diverso linguaggio. Le neuroscien-
ze cognitive possono contribuire a rispondere alla seguente domanda: che cosa signica
“guardare” un dipinto, un tempio greco o un lm nei termini del sistema corpo-cervello?
Fino a che punto il modo in cui sperimentiamo la realtà e la nzione dipendono dai
diversi approcci epistemici e dai diversi meccanismi neurofunzionali che li governano?
Le ragioni per le quali le neuroscienze cognitive sono adatte a formulare tali domande,
e presumibilmente anche ad aiutare a rispondere a quelle domande, sono le seguen-
ti, organizzate in funzione delle loro vaste implicazioni in misura decrescente. La pri-
ma ragione riguarda la relazione fra percezione ed empatia. Per molti anni l’estetica e
le scienze cognitive hanno rispettivamente condiviso un particolare atteggiamento ver-
so il senso della visione quando spiegavano l’esperienza estetica e la rappresentazione
percettiva del mondo. Entrambi gli approcci hanno promosso una sorta di “imperiali-
smo visivo”, trascurando la natura multimodale della visione. Nella sezione che segue di-
mostreremo che tale nozione della visione non è più sostenibile, e presenteremo prove
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viii. simulazione incarnata, estetica e architettura
• vittorio gallese, alessandro gattara
• vittorio gallese, alessandro gattara
neuroscientiche della relazione fra il sistema motorio, il corpo e la percezione dello spazio,
degli oggetti e delle azioni degli altri.
La nozione di empatia, recentemente esplorata dalle neuroscienze cognitive, può riformula-
re il problema del funzionamento dell’arte e dell’esperienza degli spazi architettonici, corro-
borando e validando empiricamente le vecchie intuizioni sull’interazione fra corpo, empa-
tia ed esperienza estetica.
La seconda ragione si interessa a come il mondo reale e il mondo immaginario si relazioni-
no l’un con l’altro e con il sistema cervello-corpo. Ricerche empiriche hanno dimostrato che
facciamo esperienza di realtà immaginarie attraverso meccanismi neurobiologici piuttosto si-
mili a quelli attraverso i quali facciamo esperienza della vita reale. Dimostriamo come, da un
certo punto di vista, qualsiasi esperienza di qualunque mondo possibile dipenda fondamen-
talmente da azioni di routine della simulazione incarnata. Il modello “come se” della simu-
lazione incarnata sembra qualicare non solo il nostro apprezzamento per i mondi immagi-
nari, ma tutte le forme di relazione intenzionali, comprese quelle che caratterizzano la nostra
prosaica realtà quotidiana.
La terza ragione si misura con l’architettura e le sue qualità estetiche. La simulazione incar-
nata può fare luce sugli aspetti estetici dell’architettura, sia dal punto di vista del suo farsi, sia
dal punto di vista dell’esperienza potenziale che affronta l’osservatore, rivelando l’intima na-
tura intersoggettiva di ogni atto creativo: dove l’oggetto sico, il prodotto dell’espressione sim-
bolica, diventa il mediatore di una relazione intersoggettiva fra creatore e osservatore. L’espe-
rienza dell’architettura, dalla contemplazione degli elementi decorativi di un tempio greco
all’esperienza sica del vivere e lavorare all’interno di uno spazio architettonico specico,
può essere decostruita nei suoi elementi corporei costitutivi. Le neuroscienze cognitive pos-
sono indagare in cosa consista quel senso della presenza che alcuni edici possiedono. Ta-
le approccio può anche contribuire a un punto di vista empirico più attuale sull’evoluzione
dello stile architettonico e della sua diversità culturale, trattandolo come un caso particolare
di espressione simbolica e identicando le sue radici corporee.
La natura multimodale della visione
Osservare il mondo è qualcosa di più complesso della semplice attivazione del cervello visi-
vo. La visione è multimodale; essa comprende l’attivazione di circuiti cerebrali motori, so-
matosensoriali e collegati con le emozioni. Qualunque relazione intenzionale che possia-
mo intrattenere con il mondo esterno ha una natura intrinsecamente pragmatica: da qui la
ragione per la quale essa possiede sempre un contenuto motorio. Più di cinquant’anni di ri-
cerca hanno dimostrato che i neuroni motori rispondono anche agli stimoli visivi, tattili e
la mente nell'architettura
• sarah robinson, juhani pallasmaa
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uditivi. Gli stessi circuiti motori che controllano il comportamento motorio degli indi-
vidui mappano anche gli spazi intorno ad essi, gli oggetti a portata di mano nello stesso
spazio, denendo e dando forma così in termini motori al loro contenuto rappresentati-
vo3. Lo spazio attorno a noi è denito dalle potenzialità motorie del nostro corpo. I neu-
roni premotori, controllando i movimenti dell’avambraccio, rispondono anche agli sti-
moli tattili esercitati su di esso, agli stimoli visivi attivati all’interno dello spazio periper-
sonale del braccio o anche agli stimoli uditivi che giungono dallo stesso spazio periperso-
nale4. Gli oggetti manipolabili a cui guardiamo vengono classicati dal cervello motorio
come obiettivi potenziali delle interazioni che potremmo stabilire con loro. “I neuroni
canonici” premotori e parietali controllano la prensilità e la manipolazione degli oggetti
e rispondono anche alla loro semplice osservazione5. Inne, i neuroni specchio – i neu-
roni motori che vengono attivati durante l’esecuzione di un’azione o dall’osservazione di
un’azione compiuta da qualcun altro – mappano l’azione degli altri sulla rappresenta-
zione motoria di colui che osserva la stessa azione6.
Più di vent’anni di ricerca sui neuroni specchio hanno dimostrato l’esistenza di un mec-
canismo che mappa direttamente la percezione e l’esecuzione di un’azione nel cervel-
lo umano, qui denito come il meccanismo specchio (, mirror mechanism)7. Anche
negli esseri umani il cervello è multimodale. Infatti non importa se vediamo o udiamo
il rumore prodotto da qualcuno che sta schiacciando delle noccioline o chiudendo una
porta. Diverse rappresentazioni, visive o uditive, dello stesso comportamento motorio at-
tivano proprio quei neuroni motori che consento l’azione originale. I circuiti del cervel-
lo mostrano evidenza del fatto che i meccanismi specchio, collegando i neuroni moto-
ri multimodali frontali e parietali posteriori, molto probabilmente analoghi ai neuroni
specchio dei macachi, mappano un contenuto motorio dato, come “allungare la mano”
3 V. Gallese, “The Inner Sense of Action: Agency and Motor Representations”, in «Journal of Consciousness
Studies» n. 7 (2000), pp. 23-40; G. Rizzolatti, L. Fogassi, V. Gallese, “Motor and Cognitive Functions of the Ven-
tral Premotor Cortex”, in «Current Opinion in Neurobiology» n. 12 (2002), pp. 149-154.
4 L. Fogassi, V. Gallese, L. Fadiga, G. Luppino, M. Matelli, G. Rizzolatti, “Coding of Peripersonal Space in Infe-
rior Premotor Cortex (Area F4)”, in «Journal of Neurophysiology» n. 76 (1996), pp. 141-157; G. Rizzolatti, L. Fa-
diga, L. Fogassi, V. Gallese, “The Space around Us”, in «Science» n. 277 (1997), pp. 190-191.
5 A. Murata, L. Fadiga, L. Fogassi, V. Gallese, V. Raos, G. Rizzolatti, “Object Representation in the Ventral Pre-
motor Cortex (Area F5) of the Monkey”, in «Journal of Neurophysiology» n. 78 (1997), pp. 2226-2230; V. Raos,
M.A. Umiltà, L. Fogassi, V. Gallese, “Functional Properties of Grasping-Related Neurons in the Ventral Premo-
tor Area F5 of the Macaque Monkey”, in «Journal of Neurophysiology» n. 95 (2006), pp. 709-729.
6 G. di Pellegrino, L. Fadiga, L. Fogassi, V. Gallese, G. Rizzolatti, “Understanding Motor Events: A Neurophy-
siological Study”, in «Experimental Brain Research» n. 91 (1992), pp. 176-180; Fogassi, Gallese, Fadiga, et al.,
“Coding of Peripersonal Space in Inferior Premotor Cortex”, cit.; G. Rizzolatti, L. Fadiga, V. Gallese, L. Fogassi,
“Premotor Cortex and the Recognition of Motor Actions”, in «Cognitive Brain Research» n. 3 (1996), pp. 131-
141; G. Rizzolatti, L. Fogassi, V. Gallese, “Neurophysiological Mechanisms Underlying the Understanding and
Imitation of Action”, in «Nature Reviews Neuroscience» n. 2 (2001), pp. 661-670.
7 Massimo Ammaniti, La nascita della intersoggettività. Lo sviluppo del sé tra psicodinamica e neurobiologia, Raf-
faello Cortina Editore, Milano, 2014.
165
viii. simulazione incarnata, estetica e architettura • vittorio gallese, alessandro gattara• vittorio gallese, alessandro gattara
o “afferrare”, non solo quando controllano l’azione, ma anche quando percepiscono lo stesso
comportamento motorio compiuto da qualcun altro, quando viene imitato o quando si im-
magina di compierlo mentre si è perfettamente immobili.
Risultati del genere cambiano completamente la nostra comprensione del ruolo del sistema
motorio corticale o delle azioni corporee. Il sistema corticale motorio non è solo una mac-
china per il movimento, ma una componente integrale del nostro sistema cognitivo8: in ra-
gione della sua struttura architettonica neurofunzionale non solo attiva l’esecuzione, ma an-
che la percezione, l’imitazione e l’immaginazione dell’azione, con connessioni neuronali
agli effettori motori e/o alle altre aree corticali sensoriali. Nel momento in cui l’azione viene
eseguita o imitata, il percorso corticospinale si attiva, conducendo all’eccitazione dei musco-
li e ai movimenti conseguenti. Quando l’azione è osservata o immaginata, la sua esecuzio-
ne reale viene inibita. La rete motoria corticale però non si attiva in tutte le sue componen-
ti e non con la stessa intensità, ragion per cui l’azione non viene prodotta, ma solo simulata.
L’attivazione prolungata della rappresentazione neuronale del contenuto motorio in assen-
za del movimento probabilmente denisce la struttura sensoriale di ciò che percepiamo o
pensiamo di percepire. Questo permette un apprendimento diretto della qualità relazionale
che collega spazio, oggetti e altre azioni al nostro corpo. La qualità primordiale che trasforma
spazio, oggetti e comportamenti in oggetti intenzionali è la loro costituzione come oggetti
dell’intenzionalità motoria che le potenzialità motorie del nostro corpo esprimono9.
Altri meccanismi specchio sembrano coinvolgere la nostra capacità di apprendere immedia-
tamente le emozioni e le sensazioni degli altri grazie a una struttura rappresentativa corporea
condivisa. Quando percepiamo gli altri esprimere disgusto o esperire il tatto o provare pena,
si attivano le stesse aree del cervello come quando proviamo personalmente la stessa emozio-
ne o sensazione. Non facciamo piena esperienza del loro contenuto qualitativo, che ci rima-
ne opaco, ma la sua simulazione istanziata dal meccanismo specchio ci permette di sentire
l’altro mentre sta provando emozioni o sensazioni che conosciamo dall’interno, per così dire.
La simulazione incarnata e il corpo empatico
La scoperta dei neuroni specchio fornisce una nuova, empiricamente fondata e connotata
principalmente come intercorporeità, nozione di intersoggettività: la mutua consonanza di
comportamenti sensomotori intenzionalmente signicativi. La nostra comprensione degli
altri come agenti intenzionali non dipende esclusivamente dalla competenza proposizionale,
8 V. Gallese, M. Rochat, G. Cossu, C. Sinigaglia, “Motor Cognition and Its Role in the Phylogeny and Ontogeny of
Intentional Understanding”, in «Developmental Psychology» n. 45 (2009), pp. 103-113.
9 Gallese, “The Inner Sense of Action”, cit.; V. Gallese, C. Sinigaglia, “What is So Special with Embodied Simula-
tion”, in «Trends in Cognitive Sciences» n. 15 (2011), pp. 512-519; Gallese, “Bodily Selves in Relation”, cit.
la mente nell'architettura • sarah robinson, juhani pallasmaa• sarah robinson, juhani pallasmaa
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uditivi. Gli stessi circuiti motori che controllano il comportamento motorio degli indi-
vidui mappano anche gli spazi intorno ad essi, gli oggetti a portata di mano nello stesso
spazio, denendo e dando forma così in termini motori al loro contenuto rappresentati-
vo3. Lo spazio attorno a noi è denito dalle potenzialità motorie del nostro corpo. I neu-
roni premotori, controllando i movimenti dell’avambraccio, rispondono anche agli sti-
moli tattili esercitati su di esso, agli stimoli visivi attivati all’interno dello spazio periper-
sonale del braccio o anche agli stimoli uditivi che giungono dallo stesso spazio periperso-
nale4. Gli oggetti manipolabili a cui guardiamo vengono classicati dal cervello motorio
come obiettivi potenziali delle interazioni che potremmo stabilire con loro. “I neuroni
canonici” premotori e parietali controllano la prensilità e la manipolazione degli oggetti
e rispondono anche alla loro semplice osservazione5. Inne, i neuroni specchio – i neu-
roni motori che vengono attivati durante l’esecuzione di un’azione o dall’osservazione di
un’azione compiuta da qualcun altro – mappano l’azione degli altri sulla rappresenta-
zione motoria di colui che osserva la stessa azione6.
Più di vent’anni di ricerca sui neuroni specchio hanno dimostrato l’esistenza di un mec-
canismo che mappa direttamente la percezione e l’esecuzione di un’azione nel cervel-
lo umano, qui denito come il meccanismo specchio (, mirror mechanism)7. Anche
negli esseri umani il cervello è multimodale. Infatti non importa se vediamo o udiamo
il rumore prodotto da qualcuno che sta schiacciando delle noccioline o chiudendo una
porta. Diverse rappresentazioni, visive o uditive, dello stesso comportamento motorio at-
tivano proprio quei neuroni motori che consento l’azione originale. I circuiti del cervel-
lo mostrano evidenza del fatto che i meccanismi specchio, collegando i neuroni moto-
ri multimodali frontali e parietali posteriori, molto probabilmente analoghi ai neuroni
specchio dei macachi, mappano un contenuto motorio dato, come “allungare la mano”
3 V. Gallese, “The Inner Sense of Action: Agency and Motor Representations”, in «Journal of Consciousness
Studies» n. 7 (2000), pp. 23-40; G. Rizzolatti, L. Fogassi, V. Gallese, “Motor and Cognitive Functions of the Ven-
tral Premotor Cortex”, in «Current Opinion in Neurobiology» n. 12 (2002), pp. 149-154.
4 L. Fogassi, V. Gallese, L. Fadiga, G. Luppino, M. Matelli, G. Rizzolatti, “Coding of Peripersonal Space in Infe-
rior Premotor Cortex (Area F4)”, in «Journal of Neurophysiology» n. 76 (1996), pp. 141-157; G. Rizzolatti, L. Fa-
diga, L. Fogassi, V. Gallese, “The Space around Us”, in «Science» n. 277 (1997), pp. 190-191.
5 A. Murata, L. Fadiga, L. Fogassi, V. Gallese, V. Raos, G. Rizzolatti, “Object Representation in the Ventral Pre-
motor Cortex (Area F5) of the Monkey”, in «Journal of Neurophysiology» n. 78 (1997), pp. 2226-2230; V. Raos,
M.A. Umiltà, L. Fogassi, V. Gallese, “Functional Properties of Grasping-Related Neurons in the Ventral Premo-
tor Area F5 of the Macaque Monkey”, in «Journal of Neurophysiology» n. 95 (2006), pp. 709-729.
6 G. di Pellegrino, L. Fadiga, L. Fogassi, V. Gallese, G. Rizzolatti, “Understanding Motor Events: A Neurophy-
siological Study”, in «Experimental Brain Research» n. 91 (1992), pp. 176-180; Fogassi, Gallese, Fadiga, et al.,
“Coding of Peripersonal Space in Inferior Premotor Cortex”, cit.; G. Rizzolatti, L. Fadiga, V. Gallese, L. Fogassi,
“Premotor Cortex and the Recognition of Motor Actions”, in «Cognitive Brain Research» n. 3 (1996), pp. 131-
141; G. Rizzolatti, L. Fogassi, V. Gallese, “Neurophysiological Mechanisms Underlying the Understanding and
Imitation of Action”, in «Nature Reviews Neuroscience» n. 2 (2001), pp. 661-670.
7 Massimo Ammaniti, La nascita della intersoggettività. Lo sviluppo del sé tra psicodinamica e neurobiologia, Raf-
faello Cortina Editore, Milano, 2014.
165
viii. simulazione incarnata, estetica e architettura
• vittorio gallese, alessandro gattara
• vittorio gallese, alessandro gattara
o “afferrare”, non solo quando controllano l’azione, ma anche quando percepiscono lo stesso
comportamento motorio compiuto da qualcun altro, quando viene imitato o quando si im-
magina di compierlo mentre si è perfettamente immobili.
Risultati del genere cambiano completamente la nostra comprensione del ruolo del sistema
motorio corticale o delle azioni corporee. Il sistema corticale motorio non è solo una mac-
china per il movimento, ma una componente integrale del nostro sistema cognitivo8: in ra-
gione della sua struttura architettonica neurofunzionale non solo attiva l’esecuzione, ma an-
che la percezione, l’imitazione e l’immaginazione dell’azione, con connessioni neuronali
agli effettori motori e/o alle altre aree corticali sensoriali. Nel momento in cui l’azione viene
eseguita o imitata, il percorso corticospinale si attiva, conducendo all’eccitazione dei musco-
li e ai movimenti conseguenti. Quando l’azione è osservata o immaginata, la sua esecuzio-
ne reale viene inibita. La rete motoria corticale però non si attiva in tutte le sue componen-
ti e non con la stessa intensità, ragion per cui l’azione non viene prodotta, ma solo simulata.
L’attivazione prolungata della rappresentazione neuronale del contenuto motorio in assen-
za del movimento probabilmente denisce la struttura sensoriale di ciò che percepiamo o
pensiamo di percepire. Questo permette un apprendimento diretto della qualità relazionale
che collega spazio, oggetti e altre azioni al nostro corpo. La qualità primordiale che trasforma
spazio, oggetti e comportamenti in oggetti intenzionali è la loro costituzione come oggetti
dell’intenzionalità motoria che le potenzialità motorie del nostro corpo esprimono9.
Altri meccanismi specchio sembrano coinvolgere la nostra capacità di apprendere immedia-
tamente le emozioni e le sensazioni degli altri grazie a una struttura rappresentativa corporea
condivisa. Quando percepiamo gli altri esprimere disgusto o esperire il tatto o provare pena,
si attivano le stesse aree del cervello come quando proviamo personalmente la stessa emozio-
ne o sensazione. Non facciamo piena esperienza del loro contenuto qualitativo, che ci rima-
ne opaco, ma la sua simulazione istanziata dal meccanismo specchio ci permette di sentire
l’altro mentre sta provando emozioni o sensazioni che conosciamo dall’interno, per così dire.
La simulazione incarnata e il corpo empatico
La scoperta dei neuroni specchio fornisce una nuova, empiricamente fondata e connotata
principalmente come intercorporeità, nozione di intersoggettività: la mutua consonanza di
comportamenti sensomotori intenzionalmente signicativi. La nostra comprensione degli
altri come agenti intenzionali non dipende esclusivamente dalla competenza proposizionale,
8 V. Gallese, M. Rochat, G. Cossu, C. Sinigaglia, “Motor Cognition and Its Role in the Phylogeny and Ontogeny of
Intentional Understanding”, in «Developmental Psychology» n. 45 (2009), pp. 103-113.
9 Gallese, “The Inner Sense of Action”, cit.; V. Gallese, C. Sinigaglia, “What is So Special with Embodied Simula-
tion”, in «Trends in Cognitive Sciences» n. 15 (2011), pp. 512-519; Gallese, “Bodily Selves in Relation”, cit.
la mente nell'architettura
• sarah robinson, juhani pallasmaa
• sarah robinson, juhani pallasmaa
166
ma anche dalla natura relazionale dell’azione. In molte situazioni possiamo capire subi-
to il signicato delle azioni di base delle altre persone grazie all’equivalenza motoria fra
ciò che gli altri fanno e ciò che noi siamo in grado di fare. In questo modo l’intercorporei-
tà diventa la principale fonte di conoscenza che possediamo degli altri. La simulazione
corporea, istanziata dai neuroni dotati di “proprietà specchianti”, è, con tutta probabili-
tà, il correlato neurale di questa facoltà umana descrivibile in termini funzionali come
“simulazione incarnata”10.
I diversi meccanismi specchio presenti nel nostro cervello, grazie alla “sintonizzazione
intenzionale” che generano, ci permettono di riconoscere gli altri come altri sé, consen-
tendo forme basilari di comunicazione intersoggettiva e di comprensione implicita re-
ciproca11. La simulazione incarnata fornisce un quadro teorico unicato per tutti que-
sti fenomeni e fa in modo che le nostre interazioni sociali diventino signicative grazie
al reimpiego dei nostri stati o processi mentali attribuendoli funzionalmente agli altri. In
un contesto del genere, la simulazione viene concepita come un meccanismo funziona-
le inconscio e preriessivo del sistema cervello-corpo, la cui funzione è di modellare og-
getti, agenti ed eventi. Tale meccanismo può venire innescato durante la nostra intera-
zione con gli altri, visto che viene modulato plasticamente da fattori contestuali, cogniti-
vi e in relazione all’identità personale.
La simulazione incarnata si attiva anche durante l’esperienza della spazialità attorno
al nostro corpo e durante la contemplazione di oggetti. L’architettura funzionale della
simulazione incarnata sembra costituire la caratteristica fondamentale del nostro cer-
vello, rendendo possibili le nostre ricche e diversicate esperienze dello spazio, degli
oggetti e degli altri individui ed è alla base della nostra capacità di empatizzare con loro.
Presi insieme, i risultati nora sintetizzati suggeriscono che l’empatia – o, almeno,
molte delle sue qualità corporee – potrebbe dipendere da meccanismi di simulazione
incarnata. Secondo la nostra proposta, l’empatia è il risultato della tendenza naturale
a fare esperienza delle nostre relazioni interpersonali fondamentalmente al livello im-
plicito dell’intercorporeità: ovvero, al livello della mutua risonanza di comportamenti
sensomotori intenzionalmente signicativi.
Forse vale la pena sottolineare il fatto che la simulazione incarnata non solo ci mette in
relazione con gli altri, ma ci collega anche con il nostro mondo – un mondo popolato da
oggetti naturali o articiali, con o senza una natura simbolica – e con gli altri individui:
un mondo nel quale, per la maggior parte del tempo, ci sentiamo a casa. Il signicato
10 Gallese, “Bodily Selves in Relation”, cit.; Gallese, Sinigaglia, “What Is So Special with Embodied Simula-
tion”, cit.
11 Gallese, “Bodily Selves in Relation”, cit.
167
viii. simulazione incarnata, estetica e architettura • vittorio gallese, alessandro gattara• vittorio gallese, alessandro gattara
che attribuiamo alla nostra esperienza vissuta del mondo si fonda sulla qualità relazionale
delle potenzialità di azione del nostro corpo caricate d’affetto, rese possibili dal modo in cui
vengono mappate nei nostri cervelli.
Empatia, simulazione incarnata ed esperienza estetica
L’idea che il corpo possa giocare un ruolo importante nell’esperienza estetica dell’arte visiva
è piuttosto datata. La nozione di empatia (Einfühlung) era stata originariamente introdotta
in estetica nel 1873 dal losofo tedesco Robert Vischer ben prima del suo impiego in psico-
logia. Vischer descrisse l’Einfühlung, letteralmente il “sentire dall’interno”, come la risposta
sica suscitata dall’osservazione di forme nei dipinti. Particolari forme visive generavano spe-
ciche risposte emotive, in funzione della conformità di quelle forme al disegno e alla fun-
zione dei muscoli nel corpo, dai nostri occhi alle nostre membra e alle nostre posture cor-
poree nel loro insieme. Vischer distingueva chiaramente una nozione di visione passiva – il
vedere – da quella attiva dell’osservare. Secondo Vischer, l’osservare caratterizza al meglio la
nostra esperienza estetica quando percepiamo le immagini, in generale, e le opere d’arte, in
particolare.
L’esperienza estetica comporta un coinvolgimento empatico che comprende una serie
di reazioni corporee dell’osservatore. Nel suo libro Sul sentimento ottico della forma Vi-
scher scrisse:
possiamo facilmente osservare anche su noi stessi come, curiosamente, un’eccitazione visiva ven-
ga provata in una regione del tutto diversa del nostro corpo, in tutt’altra sfera sensoriale che non in
quella oculare […]. L’intero corpo è chiamato in causa, viene coinvolto l’essere umano corporeo
nel suo complesso […]. Ogni sensazione accentuata, quindi, conduce in denitiva o a un’intensi-
cazione o a un indebolimento della generale sensazione vitale [allgemeine Vitalempndung]12.
Vischer postula che le forme simboliche acquistino il loro signicato predominante per il lo-
ro intrinseco contenuto antropomorco. Attraverso la proiezione non cosciente del proprio
corpo, l’osservatore stabilisce un’intima relazione con l’opera d’arte.
Sviluppando ulteriormente le idee di Vischer, Heinrich Wölfin ragionò sulle modalità con
cui l’osservazione di speciche forme architettoniche coinvolge le risposte corporee dell’os-
servatore13. Subito dopo Theodor Lipps disquisì sulla relazione fra lo spazio e la geometria,
da una parte, e sul godimento estetico, dall’altra14.
12 Robert Vischer, Über das optische Formgefühl: Ein Beiträg zur Ästhetik, Credner, Leipzig, 1872, pp. 98-99. Robert
Vischer, “Sul sentimento ottico della forma”, in Robert Vischer, Friedrich T. Vischer, Simbolo e forma, Aragno, To-
rino, 2003, pp. 56-57.
13 Heinrich Wölfin, Psicologia dell’architettura, Et al./Edizioni, Milano, 2010.
14 T. Lipps, “Einfühlung, innere nachahmung und organenempndung”, in «Archiv für die gesamte Psychologie»
n. 1 (1903), pp. 185-204.
la mente nell'architettura • sarah robinson, juhani pallasmaa• sarah robinson, juhani pallasmaa
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ma anche dalla natura relazionale dell’azione. In molte situazioni possiamo capire subi-
to il signicato delle azioni di base delle altre persone grazie all’equivalenza motoria fra
ciò che gli altri fanno e ciò che noi siamo in grado di fare. In questo modo l’intercorporei-
tà diventa la principale fonte di conoscenza che possediamo degli altri. La simulazione
corporea, istanziata dai neuroni dotati di “proprietà specchianti”, è, con tutta probabili-
tà, il correlato neurale di questa facoltà umana descrivibile in termini funzionali come
“simulazione incarnata”10.
I diversi meccanismi specchio presenti nel nostro cervello, grazie alla “sintonizzazione
intenzionale” che generano, ci permettono di riconoscere gli altri come altri sé, consen-
tendo forme basilari di comunicazione intersoggettiva e di comprensione implicita re-
ciproca11. La simulazione incarnata fornisce un quadro teorico unicato per tutti que-
sti fenomeni e fa in modo che le nostre interazioni sociali diventino signicative grazie
al reimpiego dei nostri stati o processi mentali attribuendoli funzionalmente agli altri. In
un contesto del genere, la simulazione viene concepita come un meccanismo funziona-
le inconscio e preriessivo del sistema cervello-corpo, la cui funzione è di modellare og-
getti, agenti ed eventi. Tale meccanismo può venire innescato durante la nostra intera-
zione con gli altri, visto che viene modulato plasticamente da fattori contestuali, cogniti-
vi e in relazione all’identità personale.
La simulazione incarnata si attiva anche durante l’esperienza della spazialità attorno
al nostro corpo e durante la contemplazione di oggetti. L’architettura funzionale della
simulazione incarnata sembra costituire la caratteristica fondamentale del nostro cer-
vello, rendendo possibili le nostre ricche e diversicate esperienze dello spazio, degli
oggetti e degli altri individui ed è alla base della nostra capacità di empatizzare con loro.
Presi insieme, i risultati nora sintetizzati suggeriscono che l’empatia – o, almeno,
molte delle sue qualità corporee – potrebbe dipendere da meccanismi di simulazione
incarnata. Secondo la nostra proposta, l’empatia è il risultato della tendenza naturale
a fare esperienza delle nostre relazioni interpersonali fondamentalmente al livello im-
plicito dell’intercorporeità: ovvero, al livello della mutua risonanza di comportamenti
sensomotori intenzionalmente signicativi.
Forse vale la pena sottolineare il fatto che la simulazione incarnata non solo ci mette in
relazione con gli altri, ma ci collega anche con il nostro mondo – un mondo popolato da
oggetti naturali o articiali, con o senza una natura simbolica – e con gli altri individui:
un mondo nel quale, per la maggior parte del tempo, ci sentiamo a casa. Il signicato
10 Gallese, “Bodily Selves in Relation”, cit.; Gallese, Sinigaglia, “What Is So Special with Embodied Simula-
tion”, cit.
11 Gallese, “Bodily Selves in Relation”, cit.
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viii. simulazione incarnata, estetica e architettura
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che attribuiamo alla nostra esperienza vissuta del mondo si fonda sulla qualità relazionale
delle potenzialità di azione del nostro corpo caricate d’affetto, rese possibili dal modo in cui
vengono mappate nei nostri cervelli.
Empatia, simulazione incarnata ed esperienza estetica
L’idea che il corpo possa giocare un ruolo importante nell’esperienza estetica dell’arte visiva
è piuttosto datata. La nozione di empatia (Einfühlung) era stata originariamente introdotta
in estetica nel 1873 dal losofo tedesco Robert Vischer ben prima del suo impiego in psico-
logia. Vischer descrisse l’Einfühlung, letteralmente il “sentire dall’interno”, come la risposta
sica suscitata dall’osservazione di forme nei dipinti. Particolari forme visive generavano spe-
ciche risposte emotive, in funzione della conformità di quelle forme al disegno e alla fun-
zione dei muscoli nel corpo, dai nostri occhi alle nostre membra e alle nostre posture cor-
poree nel loro insieme. Vischer distingueva chiaramente una nozione di visione passiva – il
vedere – da quella attiva dell’osservare. Secondo Vischer, l’osservare caratterizza al meglio la
nostra esperienza estetica quando percepiamo le immagini, in generale, e le opere d’arte, in
particolare.
L’esperienza estetica comporta un coinvolgimento empatico che comprende una serie
di reazioni corporee dell’osservatore. Nel suo libro Sul sentimento ottico della forma Vi-
scher scrisse:
possiamo facilmente osservare anche su noi stessi come, curiosamente, un’eccitazione visiva ven-
ga provata in una regione del tutto diversa del nostro corpo, in tutt’altra sfera sensoriale che non in
quella oculare […]. L’intero corpo è chiamato in causa, viene coinvolto l’essere umano corporeo
nel suo complesso […]. Ogni sensazione accentuata, quindi, conduce in denitiva o a un’intensi-
cazione o a un indebolimento della generale sensazione vitale [allgemeine Vitalempndung]12.
Vischer postula che le forme simboliche acquistino il loro signicato predominante per il lo-
ro intrinseco contenuto antropomorco. Attraverso la proiezione non cosciente del proprio
corpo, l’osservatore stabilisce un’intima relazione con l’opera d’arte.
Sviluppando ulteriormente le idee di Vischer, Heinrich Wölfin ragionò sulle modalità con
cui l’osservazione di speciche forme architettoniche coinvolge le risposte corporee dell’os-
servatore13. Subito dopo Theodor Lipps disquisì sulla relazione fra lo spazio e la geometria,
da una parte, e sul godimento estetico, dall’altra14.
12 Robert Vischer, Über das optische Formgefühl: Ein Beiträg zur Ästhetik, Credner, Leipzig, 1872, pp. 98-99. Robert
Vischer, “Sul sentimento ottico della forma”, in Robert Vischer, Friedrich T. Vischer, Simbolo e forma, Aragno, To-
rino, 2003, pp. 56-57.
13 Heinrich Wölfin, Psicologia dell’architettura, Et al./Edizioni, Milano, 2010.
14 T. Lipps, “Einfühlung, innere nachahmung und organenempndung”, in «Archiv für die gesamte Psychologie»
n. 1 (1903), pp. 185-204.
la mente nell'architettura
• sarah robinson, juhani pallasmaa
• sarah robinson, juhani pallasmaa
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Il lavoro di Vischer esercitò un’importante inuenza su altri due studiosi tedeschi i cui
contributi sono molto rilevanti per la nostra proposta: Adolf von Hildebrand e Aby War-
burg. Nel 1893 lo scultore tedesco Hildebrand pubblicò un libro intitolato Il proble-
ma della forma nell’arte gurativa, in cui propose che la nostra percezione dei carat-
teri spaziali delle immagini sia il risultato di un processo costruttivo sensomotorio. Lo
spazio, secondo Hildebrand, non costituisce un a priori dell’esperienza, come suggerì
Immanuel Kant, ma è esso stesso il prodotto dell’esperienza. Cioè a dire, le immagi-
ni artistiche sono efcaci perché sono il risultato sia della produzione creativa dell’arti-
sta sia dall’impressione che le immagini suscitano nell’osservatore. Il valore estetico del-
le opere d’arte risiede nel loro potere di stabilire un collegamento fra gli atti creativi in-
tenzionali dell’artista e la ricostruzione di quegli atti da parte dell’osservatore. Così la
creazione e la fruizione artistica sono in stretta relazione. Capire un’immagine artisti-
ca, secondo Hildebrand, signica comprenderne implicitamente il processo creativo.
Un altro aspetto interessante e molto moderno della proposta di Hildebrand riguarda il
rilievo che egli assegna alla natura motoria dell’esperienza. Attraverso il movimento gli
elementi disponibili nello spazio possono venire collegati; gli oggetti possono essere rita-
gliati dal loro sfondo e percepiti in quanto tali. Attraverso il movimento si possono forma-
re e articolare le rappresentazioni e il signicato. In ultima analisi, secondo Hildebrand,
l’esperienza sensibile è possibile e le immagini acquisiscono il proprio signicato solo
grazie al corpo che agisce.
Hildebrand inuenzò molto un altro famoso studioso tedesco, Aby Warburg, il quale stu-
diò dal 1888 al 1889 a Firenze presso il Kunsthistorisches Institut, fondato dallo storico
dell’arte August Schmarsow. Come sottolinea Didi-Huberman, Schmarsow (1853-1936)
era determinato ad aprire la storia dell’arte ai contributi dell’antropologia, della siologia
e della psicologia, e sottolineò il ruolo dei gesti del corpo nell’arte visiva, affermando che
l’empatia corporea contribuisce molto all’apprezzamento delle arti visive15. Come scrive
Andrea Pinotti, Schmarsow,
storico e teorico dell’arte, [...] aveva collocato al centro delle proprie riessioni, che si avva-
levano tanto dei risultati delle teorie dell’empatia, quanto delle indagini formalistiche, l’i-
dea della funzione trascendentale della corporeità come costellazione di a priori materia-
li, cioè la concezione dell’organizzazione corporea come condizione di possibilità dell’e-
sperienza sensibile16.
15 Georges Didi-Huberman, L’immagine insepolta, Bollati Boringhieri, Milano, 2006.
16 Andrea Pinotti, Memorie del neutro. Morfologia dell’immagine in Aby Warburg, Mimesis Edizioni, Milano-U-
dine, 2001, p. 91.
169
viii. simulazione incarnata, estetica e architettura • vittorio gallese, alessandro gattara• vittorio gallese, alessandro gattara
Chiaramente Warburg apprese questa lezione quando concepì la storia dell’arte come uno
strumento che avrebbe consentito una comprensione più profonda della psicologia del po-
tere espressivo dell’uomo. La sua famosa nozione di una “forma patemica” (Pathosformel)
dell’espressione implica che una varietà di posture, gesti e azioni corporee possono essere
costantemente riscontrate nella storia dell’arte, dall’arte classica no al periodo del Rinasci-
mento, solo perché essi incarnano, in modo esemplare, l’atto estetico dell’empatia come una
delle principali risorse creative dello stile artistico. Secondo Warburg, una teoria dello stile
artistico deve essere concepita come una “scienza dell’espressione pragmatica” (pragmati-
sche Ausdruckskunde).
Warburg, scrivendo a proposito del gruppo di marmo classico conosciuto come il Laoco-
onte, indenticò la transizione come un elemento fondamentale che trasforma un’imma-
gine statica in una carica di movimento e pathos. Anni dopo il regista russo Sergej E
jze-
nštejn, commentando nel 1935 lo stesso Laocoonte, scrisse che l’espressione viva della
sofferenza umana ritratta in questo capolavoro dell’arte classica viene realizzata per mez-
zo dell’illusione del movimento17. L’illusione del movimento viene raggiunta attraverso
un montaggio particolare, condensando in una sola immagine diversi aspetti dei movi-
menti corporei espressivi che, con tutta probabilità, non sarebbero stati visibili contempo-
raneamente. Un effetto simile può venire apprezzato nel Nudo che scende le scale di Mar-
cel Duchamp.
Maurice Merleau-Ponty ha ulteriormente sottolineato la relazione fra l’incarnazione e l’e-
sperienza estetica suggerendo la rilevanza che riveste per l’apprezzamento dell’arte l’imi-
tazione corporea percepita di ciò che viene visto nell’opera d’arte18. Coerentemente con il
ruolo dell’Einfühlung, Merleau-Ponty ha anche dato risalto all’importanza, per l’esperien-
za estetica dell’osservatore, delle azioni dell’artista che vengono coinvolte, prendendo come
esempio i dipinti di Cézanne, quando egli magnicamente affermò che non è possibile im-
maginare verosimilmente come una mente possa dipingere19.
Questi studiosi credevano che la sensazione del coinvolgimento sico attraverso un dipinto,
una scultura o una forma architettonica provocasse la sensazione di imitare il movimento o
l’azione vista o implicita nell’opera, accrescendo al contempo le nostre risposte emotive ri-
spetto a essa. Il coinvolgimento sico rappresenta quindi un ingrediente fondamentale del-
la nostra esperienza estetica delle opere d’arte. Nel prossimo paragrafo tratteremo di recenti
17 Sergej Michajlovic E
jzenštejn, Teoria generale del montaggio, Marsilio, Venezia, 2004.
18 Maurice Merleau-Ponty, Fenomenologia della percezione, Bompiani, Milano, 2005, e Il visibile e l’invisibile, Bom-
piani, Milano, 1999.
19 “Il pittore ‘si dà con il suo corpo’ dice Valéry. E, in effetti, non si vede come uno Spirito potrebbe dipingere”, in Mer-
leau-Ponty, L’occhio e lo spirito, , Milano, 1989, p. 17.
la mente nell'architettura • sarah robinson, juhani pallasmaa• sarah robinson, juhani pallasmaa
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Il lavoro di Vischer esercitò un’importante inuenza su altri due studiosi tedeschi i cui
contributi sono molto rilevanti per la nostra proposta: Adolf von Hildebrand e Aby War-
burg. Nel 1893 lo scultore tedesco Hildebrand pubblicò un libro intitolato Il proble-
ma della forma nell’arte gurativa, in cui propose che la nostra percezione dei carat-
teri spaziali delle immagini sia il risultato di un processo costruttivo sensomotorio. Lo
spazio, secondo Hildebrand, non costituisce un a priori dell’esperienza, come suggerì
Immanuel Kant, ma è esso stesso il prodotto dell’esperienza. Cioè a dire, le immagi-
ni artistiche sono efcaci perché sono il risultato sia della produzione creativa dell’arti-
sta sia dall’impressione che le immagini suscitano nell’osservatore. Il valore estetico del-
le opere darte risiede nel loro potere di stabilire un collegamento fra gli atti creativi in-
tenzionali dell’artista e la ricostruzione di quegli atti da parte dell’osservatore. Così la
creazione e la fruizione artistica sono in stretta relazione. Capire un’immagine artisti-
ca, secondo Hildebrand, signica comprenderne implicitamente il processo creativo.
Un altro aspetto interessante e molto moderno della proposta di Hildebrand riguarda il
rilievo che egli assegna alla natura motoria dellesperienza. Attraverso il movimento gli
elementi disponibili nello spazio possono venire collegati; gli oggetti possono essere rita-
gliati dal loro sfondo e percepiti in quanto tali. Attraverso il movimento si possono forma-
re e articolare le rappresentazioni e il signicato. In ultima analisi, secondo Hildebrand,
l’esperienza sensibile è possibile e le immagini acquisiscono il proprio signicato solo
grazie al corpo che agisce.
Hildebrand inuenzò molto un altro famoso studioso tedesco, Aby Warburg, il quale stu-
diò dal 1888 al 1889 a Firenze presso il Kunsthistorisches Institut, fondato dallo storico
dell’arte August Schmarsow. Come sottolinea Didi-Huberman, Schmarsow (1853-1936)
era determinato ad aprire la storia dell’arte ai contributi dell’antropologia, della siologia
e della psicologia, e sottolineò il ruolo dei gesti del corpo nell’arte visiva, affermando che
l’empatia corporea contribuisce molto all’apprezzamento delle arti visive15. Come scrive
Andrea Pinotti, Schmarsow,
storico e teorico dell’arte, [...] aveva collocato al centro delle proprie riessioni, che si avva-
levano tanto dei risultati delle teorie dell’empatia, quanto delle indagini formalistiche, l’i-
dea della funzione trascendentale della corporeità come costellazione di a priori materia-
li, cioè la concezione dell’organizzazione corporea come condizione di possibilità dell’e-
sperienza sensibile16.
15 Georges Didi-Huberman, L’immagine insepolta, Bollati Boringhieri, Milano, 2006.
16 Andrea Pinotti, Memorie del neutro. Morfologia dell’immagine in Aby Warburg, Mimesis Edizioni, Milano-U-
dine, 2001, p. 91.
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viii. simulazione incarnata, estetica e architettura
• vittorio gallese, alessandro gattara
• vittorio gallese, alessandro gattara
Chiaramente Warburg apprese questa lezione quando concepì la storia dell’arte come uno
strumento che avrebbe consentito una comprensione più profonda della psicologia del po-
tere espressivo dell’uomo. La sua famosa nozione di una “forma patemica” (Pathosformel)
dell’espressione implica che una varietà di posture, gesti e azioni corporee possono essere
costantemente riscontrate nella storia dell’arte, dall’arte classica no al periodo del Rinasci-
mento, solo perché essi incarnano, in modo esemplare, l’atto estetico dell’empatia come una
delle principali risorse creative dello stile artistico. Secondo Warburg, una teoria dello stile
artistico deve essere concepita come una “scienza dell’espressione pragmatica” (pragmati-
sche Ausdruckskunde).
Warburg, scrivendo a proposito del gruppo di marmo classico conosciuto come il Laoco-
onte, indenticò la transizione come un elemento fondamentale che trasforma un’imma-
gine statica in una carica di movimento e pathos. Anni dopo il regista russo Sergej E
jze-
nštejn, commentando nel 1935 lo stesso Laocoonte, scrisse che l’espressione viva della
sofferenza umana ritratta in questo capolavoro dell’arte classica viene realizzata per mez-
zo dell’illusione del movimento17. L’illusione del movimento viene raggiunta attraverso
un montaggio particolare, condensando in una sola immagine diversi aspetti dei movi-
menti corporei espressivi che, con tutta probabilità, non sarebbero stati visibili contempo-
raneamente. Un effetto simile può venire apprezzato nel Nudo che scende le scale di Mar-
cel Duchamp.
Maurice Merleau-Ponty ha ulteriormente sottolineato la relazione fra l’incarnazione e l’e-
sperienza estetica suggerendo la rilevanza che riveste per l’apprezzamento dell’arte l’imi-
tazione corporea percepita di ciò che viene visto nell’opera d’arte18. Coerentemente con il
ruolo dell’Einfühlung, Merleau-Ponty ha anche dato risalto all’importanza, per l’esperien-
za estetica dell’osservatore, delle azioni dell’artista che vengono coinvolte, prendendo come
esempio i dipinti di Cézanne, quando egli magnicamente affermò che non è possibile im-
maginare verosimilmente come una mente possa dipingere19.
Questi studiosi credevano che la sensazione del coinvolgimento sico attraverso un dipinto,
una scultura o una forma architettonica provocasse la sensazione di imitare il movimento o
l’azione vista o implicita nell’opera, accrescendo al contempo le nostre risposte emotive ri-
spetto a essa. Il coinvolgimento sico rappresenta quindi un ingrediente fondamentale del-
la nostra esperienza estetica delle opere d’arte. Nel prossimo paragrafo tratteremo di recenti
17 Sergej Michajlovic E
jzenštejn, Teoria generale del montaggio, Marsilio, Venezia, 2004.
18 Maurice Merleau-Ponty, Fenomenologia della percezione, Bompiani, Milano, 2005, e Il visibile e l’invisibile, Bom-
piani, Milano, 1999.
19 “Il pittore ‘si dà con il suo corpo’ dice Valéry. E, in effetti, non si vede come uno Spirito potrebbe dipingere”, in Mer-
leau-Ponty, L’occhio e lo spirito, , Milano, 1989, p. 17.
la mente nell'architettura
• sarah robinson, juhani pallasmaa
• sarah robinson, juhani pallasmaa
170
prove empiriche che confermano come l’empatia corporea sia una componente impor-
tante dell’esperienza percettiva delle opere d’arte, facendo vedere i meccanismi neuro-
nali coinvolti.
La simulazione incarnata e l’esperienza estetica
La simulazione incarnata può essere importante nell’esperienza estetica in almeno due
modi. Primo, perché ci relazioniamo alle sensazioni corporee innescate dalle opere d’ar-
te attraverso i meccanismi specchio che esse stimolano. Così la simulazione corporea ge-
nera il peculiare “visto-come” che caratterizza la nostra esperienza estetica delle immagi-
ni che guardiamo. Secondo, la potenzialmente intima relazione fra il gesto della creazio-
ne di un simbolo e la sua eventuale ricezione da parte dell’osservatore è resa possibile at-
traverso la rappresentazione motoria che produce l’immagine per mezzo della simulazio-
ne20. Quando guardo un segno graco, inconsciamente simulo il gesto che lo ha prodotto.
La nostra esplorazione scientica sull’estetica sperimentale applicata alle arti visive
ha avuto inizio a partire da questo secondo aspetto. In tre esperimenti distinti abbiamo
studiato per mezzo dell’elettroencefalograa ad alta densità () il legame fra i gesti
espressivi della mano e le immagini prodotte da quei gesti. Abbiamo registrato le rispo-
ste cerebrali degli osservatori a segni graci come lettere, ideogrammi e scarabocchi, o
alle opere d’arte astratta di Lucio Fontana e Franz Kline.
I risultati del primo studio hanno evidenziato che l’osservazione di una lettera dell’alfa-
beto romano, di un ideogramma cinese, o di uno scarabocchio senza senso, tutti scritti a
mano, attivava la rappresentazione motoria della mano di chi guarda21. In altri due studi
abbiamo dimostrato che una simulazione motoria simile dei gesti della mano viene pro-
vocata quando vengono osservati un taglio sulla tela di Lucio Fontana22 o le pennellate
dinamiche di Franz Kline23.
Le tracce visibili del gesto creativo hanno attivato le speciche aree motorie che con-
trollano l’esecuzione dello stesso gesto da parte degli osservatori. Gli occhi dell’osserva-
tore non solo catturano le informazioni sulla forma, la direzione e la tessitura dei tagli o
delle pennellate attraverso la simulazione incarnata, ma emulano l’effettiva espressione
20 D. Freedberg, V. Gallese, “Motion, Emotion and Empathy in Aesthetic Experience”, in «Trends in Cognitive
Sciences» n. 11 (2007), pp. 197-203; vedi anche Gallese, Di Dio, “Neuroesthetics”, cit.; Gallese, “Bodily Selves
in Relation”, cit.; Id., “The Hand and the Architect”, cit.; Id., “Arte, corpo, cervello”, cit.
21 K. Heimann, M.A. Umiltà, V. Gallese, “How the Motor-Cortex Distinguishes among Letters, Unknown Sym-
bols and Scribbles: A High Density  Study”, in «Neuropsychologia» n. 51 (2013), pp. 2833-2840.
22 M.A. Umiltà, C. Berchio, M. Sestito, D. Freedberg, V. Gallese, “Abstract Art and Cortical Motor Activation:
An  Study”, in «Frontiers in Human Neuroscience» n. 6 (2012), p. 311.
23 B. Sbriscia-Fioretti, C. Berchio, D. Freedberg, V. Gallese, M.A. Umiltà, “ Modulation during Observation
of Abstract Paintings by Franz Kline”, in «o » n. 8 (2013), p. e75241.
171
viii. simulazione incarnata, estetica e architettura • vittorio gallese, alessandro gattara• vittorio gallese, alessandro gattara
motoria che l’artista ha utilizzato nel creare l’opera d’arte. La componente sensomotoria del-
la nostra percezione dell’immagine, insieme alla reazione emotiva evocata, consente agli os-
servatori di sentire l’opera d’arte in modo incarnato.
Una possibile obiezione a questo modello potrebbe essere riscontrata nell’apparente passi-
vità di questo resoconto dell’esperienza estetica, in cui chi guarda viene relegato a una ricet-
tività empatica deterministica, perdendo così di vista la peculiare qualità individuale dell’e-
sperienza estetica, che è in gran parte determinata dal proprio gusto personale, dalla propria
formazione, dalle proprie memorie, dalla propria educazione e dalle proprie competenze.
Una seconda obiezione, spesso sollevata contro l’approccio empatico-mimetico dell’espe-
rienza estetica, consiste nell’opporre l’ambiguità e l’indeterminatezza del contenuto dell’ar-
te simbolica alla presunta qualità meccanicistica delle risposte empatiche, da cui deriva il
non essere all’altezza di catturare la potenziale intrinseca ambiguità e la qualità polisemica
delle opere d’arte.
Pensiamo che sia possibile controbattere a queste critiche affermando che ci sono ampie pro-
ve che i meccanismi specchio e la simulazione incarnata sono modulati dinamicamente e
che vengono inuenzati da fattori contingenti e idiosincratici. Diversi studi hanno dimostra-
to come le nostre esperienze, memorie e competenze passate determinino l’intensità dell’at-
tivazione dei meccanismi specchio e dei conseguenti contenuti percettivi24.
Noi ipotizziamo che la simulazione incarnata, in virtù della sua plasticità e modulazione dia-
cronica, potrebbe anche essere il veicolo per le qualità proiettive della nostra esperienza este-
tica, dove la nostra identità personale e sociale dà forma, letteralmente, al modo in cui ci re-
lazioniamo a un dato oggetto percettivo. La simulazione incarnata, se concepita come un’e-
semplicazione dinamica delle nostre memorie implicite, può mettere in relazione l’ogget-
to della percezione e l’osservatore con una qualità specica, unica e storicamente determi-
nata. Questa qualità proiettiva della simulazione incarnata confuta entrambe le obiezioni.
Estetica sperimentale e architettura: suggerimenti per un piano d’azione
Abbiamo già fatto riferimento a Heinrich Wölfin come a uno dei primi a proporre la rela-
zione fra la nostra natura corporea e la nostra esperienza dell’architettura. Secondo Wölff-
lin, se fossimo delle entità puramente visive, lapprezzamento estetico delle opere darte e
dell’architettura ci sarebbe precluso. Proprio la natura del nostro corpo ci permette di fare
esperienza della gravità, della forza e della pressione, e quindi rende possibile, in prima istan-
za, il godimento della contemplazione di un tempio dorico o la sensazione di elevazione
quando si entra in una cattedrale gotica. In aggiunta abbiamo offerto un resoconto sintetico
24 Vedi Gallese, “Bodily Selves in Relation”, cit.
la mente nell'architettura • sarah robinson, juhani pallasmaa• sarah robinson, juhani pallasmaa
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prove empiriche che confermano come l’empatia corporea sia una componente impor-
tante dell’esperienza percettiva delle opere d’arte, facendo vedere i meccanismi neuro-
nali coinvolti.
La simulazione incarnata e l’esperienza estetica
La simulazione incarnata può essere importante nell’esperienza estetica in almeno due
modi. Primo, perché ci relazioniamo alle sensazioni corporee innescate dalle opere d’ar-
te attraverso i meccanismi specchio che esse stimolano. Così la simulazione corporea ge-
nera il peculiare “visto-come” che caratterizza la nostra esperienza estetica delle immagi-
ni che guardiamo. Secondo, la potenzialmente intima relazione fra il gesto della creazio-
ne di un simbolo e la sua eventuale ricezione da parte dell’osservatore è resa possibile at-
traverso la rappresentazione motoria che produce l’immagine per mezzo della simulazio-
ne20. Quando guardo un segno graco, inconsciamente simulo il gesto che lo ha prodotto.
La nostra esplorazione scientica sull’estetica sperimentale applicata alle arti visive
ha avuto inizio a partire da questo secondo aspetto. In tre esperimenti distinti abbiamo
studiato per mezzo dell’elettroencefalograa ad alta densità () il legame fra i gesti
espressivi della mano e le immagini prodotte da quei gesti. Abbiamo registrato le rispo-
ste cerebrali degli osservatori a segni graci come lettere, ideogrammi e scarabocchi, o
alle opere d’arte astratta di Lucio Fontana e Franz Kline.
I risultati del primo studio hanno evidenziato che l’osservazione di una lettera dell’alfa-
beto romano, di un ideogramma cinese, o di uno scarabocchio senza senso, tutti scritti a
mano, attivava la rappresentazione motoria della mano di chi guarda21. In altri due studi
abbiamo dimostrato che una simulazione motoria simile dei gesti della mano viene pro-
vocata quando vengono osservati un taglio sulla tela di Lucio Fontana22 o le pennellate
dinamiche di Franz Kline23.
Le tracce visibili del gesto creativo hanno attivato le speciche aree motorie che con-
trollano l’esecuzione dello stesso gesto da parte degli osservatori. Gli occhi dell’osserva-
tore non solo catturano le informazioni sulla forma, la direzione e la tessitura dei tagli o
delle pennellate attraverso la simulazione incarnata, ma emulano l’effettiva espressione
20 D. Freedberg, V. Gallese, “Motion, Emotion and Empathy in Aesthetic Experience”, in «Trends in Cognitive
Sciences» n. 11 (2007), pp. 197-203; vedi anche Gallese, Di Dio, “Neuroesthetics”, cit.; Gallese, “Bodily Selves
in Relation”, cit.; Id., “The Hand and the Architect”, cit.; Id., “Arte, corpo, cervello”, cit.
21 K. Heimann, M.A. Umiltà, V. Gallese, “How the Motor-Cortex Distinguishes among Letters, Unknown Sym-
bols and Scribbles: A High Density  Study”, in «Neuropsychologia» n. 51 (2013), pp. 2833-2840.
22 M.A. Umiltà, C. Berchio, M. Sestito, D. Freedberg, V. Gallese, “Abstract Art and Cortical Motor Activation:
An  Study”, in «Frontiers in Human Neuroscience» n. 6 (2012), p. 311.
23 B. Sbriscia-Fioretti, C. Berchio, D. Freedberg, V. Gallese, M.A. Umiltà,  Modulation during Observation
of Abstract Paintings by Franz Kline”, in «o » n. 8 (2013), p. e75241.
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viii. simulazione incarnata, estetica e architettura
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motoria che l’artista ha utilizzato nel creare l’opera d’arte. La componente sensomotoria del-
la nostra percezione dell’immagine, insieme alla reazione emotiva evocata, consente agli os-
servatori di sentire l’opera d’arte in modo incarnato.
Una possibile obiezione a questo modello potrebbe essere riscontrata nell’apparente passi-
vità di questo resoconto dell’esperienza estetica, in cui chi guarda viene relegato a una ricet-
tività empatica deterministica, perdendo così di vista la peculiare qualità individuale dell’e-
sperienza estetica, che è in gran parte determinata dal proprio gusto personale, dalla propria
formazione, dalle proprie memorie, dalla propria educazione e dalle proprie competenze.
Una seconda obiezione, spesso sollevata contro l’approccio empatico-mimetico dell’espe-
rienza estetica, consiste nell’opporre l’ambiguità e l’indeterminatezza del contenuto dell’ar-
te simbolica alla presunta qualità meccanicistica delle risposte empatiche, da cui deriva il
non essere all’altezza di catturare la potenziale intrinseca ambiguità e la qualità polisemica
delle opere d’arte.
Pensiamo che sia possibile controbattere a queste critiche affermando che ci sono ampie pro-
ve che i meccanismi specchio e la simulazione incarnata sono modulati dinamicamente e
che vengono inuenzati da fattori contingenti e idiosincratici. Diversi studi hanno dimostra-
to come le nostre esperienze, memorie e competenze passate determinino l’intensità dell’at-
tivazione dei meccanismi specchio e dei conseguenti contenuti percettivi24.
Noi ipotizziamo che la simulazione incarnata, in virtù della sua plasticità e modulazione dia-
cronica, potrebbe anche essere il veicolo per le qualità proiettive della nostra esperienza este-
tica, dove la nostra identità personale e sociale dà forma, letteralmente, al modo in cui ci re-
lazioniamo a un dato oggetto percettivo. La simulazione incarnata, se concepita come un’e-
semplicazione dinamica delle nostre memorie implicite, può mettere in relazione l’ogget-
to della percezione e l’osservatore con una qualità specica, unica e storicamente determi-
nata. Questa qualità proiettiva della simulazione incarnata confuta entrambe le obiezioni.
Estetica sperimentale e architettura: suggerimenti per un piano d’azione
Abbiamo già fatto riferimento a Heinrich Wölfin come a uno dei primi a proporre la rela-
zione fra la nostra natura corporea e la nostra esperienza dell’architettura. Secondo Wölff-
lin, se fossimo delle entità puramente visive, l’apprezzamento estetico delle opere d’arte e
dell’architettura ci sarebbe precluso. Proprio la natura del nostro corpo ci permette di fare
esperienza della gravità, della forza e della pressione, e quindi rende possibile, in prima istan-
za, il godimento della contemplazione di un tempio dorico o la sensazione di elevazione
quando si entra in una cattedrale gotica. In aggiunta abbiamo offerto un resoconto sintetico
24 Vedi Gallese, “Bodily Selves in Relation”, cit.
la mente nell'architettura
• sarah robinson, juhani pallasmaa
• sarah robinson, juhani pallasmaa
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del perché le prove neuroscientiche empiriche disponibili sembrino supportare que-
sta teoria.
Ora possiamo testare empiricamente la teoria registrando le risposte del cervello e del
corpo dei volontari che esperiscono percettivamente ed esplorano virtualmente gli am-
bienti architettonici grazie alla realtà virtuale immersiva. Oggi i  (Computer Assisted
Virtual Environment) possono riprodurre, con grande accuratezza, in modo tridimensio-
nale e con dovizia di dimensioni, versioni digitali di templi, piazze, chiese e edici all’in-
terno dei quali gli individui non solo possono godere di un’esperienza vivida e realistica,
ma potrebbero anche esplorarli virtualmente, come se si muovessero intorno, dirigendo
il proprio sguardo verso diversi dettagli e differenti localizzazioni spaziali. La plausibilità
ecologica di tale esperienza virtuale può essere stabilita in assenza di qualsiasi movimen-
to attivo da parte dell’osservatore, rendendo queste le condizioni ideali in cui registrare i
segnali cerebrali e le risposte corporee automatiche, e minimizzando così gli ostacoli do-
vuti al movimento e al rumore del segnale.
L’approccio sperimentale potrebbe consentirci di affrontare empiricamente aspetti im-
portanti della storia dell’architettura, come l’evoluzione dello stile architettonico, trac-
ciandone le potenziali radici biologiche. Lo stesso approccio potrebbe fare luce sulla
plausibilità delle ipotesi circa la supposta origine biomorca e/o antropomorca delle
decorazioni e degli elementi architettonici25. Una seconda possibile applicazione di que-
sto approccio all’architettura riguarda la relazione fra gli spazi architettonici e il modo in
cui essi vengono esperiti dalle persone che ci vivono e ci lavorano.
Juhani Pallasmaa ha criticato l’eccessivo “oculocentrismo” della cultura occidentale, la
tendenza prevalente che attribuisce il primato cognitivo alla vista. Con l’invenzione del-
la prospettiva l’occhio è diventato in un sol colpo il centro del mondo percettivo e il cen-
tro del soggetto che percepisce il mondo26. Secondo Pallasmaa il regime scopico istan-
ziato dalla prospettiva ottica esemplica la natura disincarnata del soggetto cartesiano, il
cui solipsismo segrega la mente dal corpo, il soggetto dall’oggetto e l’io dal tu.Tale ap-
proccio “purovisibilista” ha profondamente inuenzato l’architettura contemporanea at-
traverso l’adesione prevalente, secondo Pallasmaa, a una prospettiva meramente forma-
listica, che, di conseguenza, ha perduto il contatto con le persone per le quali il progetto
architettonico era originariamente inteso.
25 Richard Broxton Onians, Le origini del pensiero europeo. Intorno al corpo, la mente, l’anima, il mondo, il tempo
e il destino, Milano, Adelphi, 2006; Vincent Scully, The Earth, the Temple and the Gods, Yale University Press,
New Haven, 1962; Joseph Rykwert, La casa di Adamo in Paradiso, Adelphi, Milano, 1991; Sarah Robinson,
Nesting. Fare il nido. Corpo, dimora, mente, Safarà Editore, Pordenone, 2014; Harry Francis Mallgrave, L’empa-
tia degli spazi. Architettura e neuroscienze, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2015.
26 Juhani Pallasmaa, Gli occhi della pelle, Jaca Book, Milano, 2007.
173
viii. simulazione incarnata, estetica e architettura • vittorio gallese, alessandro gattara• vittorio gallese, alessandro gattara
Sarah Robinson nel suo saggio pubblicato in questo volume ha esaustivamente rivisto gli
schemi corporei; l’architetta afferma: “lo spazio peripersonale descrive lo spazio che circon-
da immediatamente i nostri corpi; lo spazio extrapersonale indica lo spazio appena oltre
quello peripersonale”27. La costante ponderazione tra spazio architettonico e peripersonale
viene elaborata principalmente dai neuroni premotori che mappano lo spazio visivo in base
a schemi potenziali di azione e movimento. Inoltre i meccanismi specchio per l’azione ven-
gono modulati dalla prossemica, poiché la potenzialità dell’interazione fra agente e osserva-
tore, misurata attraverso la distanza che li separa, può ripercuotersi sull’intensità della scarica
dei neuroni specchio nel cervello dell’osservatore28.
Visto che l’esperienza dell’ambiente costruito e delle sue affordance viene conformata attra-
verso l’attivazione precognitiva delle simulazioni motorie, il ruolo della simulazione incar-
nata nell’esperienza architettonica diventa ancora più interessante se si prendono in consi-
derazione le emozioni e le sensazioni. Un’esperienza tipica e ricorrente nella vita quotidia-
na è reagire con sentimenti positivi o negativi quando si apre una porta e si entra per la pri-
ma volta in un nuovo ambiente architettonico, sebbene no a ora, come nota Harry Mallgra-
ve, poco o nulla sia stato prodotto dalla ricerca di neuroimaging sull’esperienza emotiva degli
ambienti architettonici29. Lo stesso vale per le qualità tattili dei materiali utilizzati per proget-
tare parti esterne e interne di spazi architettonici il cui impatto multimodale e la cui deside-
rabilità potrebbero essere facilmente misurati.
La conoscenza acquisita attraverso l’estetica sperimentale potrebbe offrire nuovi suggeri-
menti per il futuro della progettazione degli ufci o dei negozi, solo per citare i casi più ovvi.
Entrambi vengono progettati con scadenze brevi e serrate da studi di architettura specializza-
ti e abituati a questa tipologia costruttiva. Studi del genere hanno spesso bisogno di nuovi al-
lestimenti e ristrutturazioni per tenere il passo di una concorrenza accanita.
L’open ofce era stato originariamente concepito negli anni Cinquanta in Germania come
Bürolandschaft, ovvero come ufcio-paesaggio, per facilitare la comunicazione e il usso di
idee, e da allora ha visto un drammatico incremento nell’utilizzo (oggi il settanta per cento
degli ufci è del tipo open space), così come è cresciuto il livello di frustrazione degli impie-
gati che lavorano in ambienti del genere. Mentre la prossemica ha contribuito a una p ef-
cace distribuzione degli impiegati nell’organizzazione planimetrica degli ufci open space,
un approccio neuroscientico allo studio dello spazio peripersonale potrebbe aiutare gli ar-
chitetti a dare forma ad ambienti lavorativi che promuovano essenzialmente il benessere e la
produttività degli impiegati.
27 Sarah Robinson, “Corpi nidicati”, Capitolo  di questo libro.
28 Per una panoramica sull’argomento vedi Ammaniti, Gallese, La nascita della intersoggettività, cit.
29 Harry Francis Mallgrave, “Conosci te stesso”, Capitolo di questo libro.
la mente nell'architettura • sarah robinson, juhani pallasmaa• sarah robinson, juhani pallasmaa
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del perché le prove neuroscientiche empiriche disponibili sembrino supportare que-
sta teoria.
Ora possiamo testare empiricamente la teoria registrando le risposte del cervello e del
corpo dei volontari che esperiscono percettivamente ed esplorano virtualmente gli am-
bienti architettonici grazie alla realtà virtuale immersiva. Oggi i  (Computer Assisted
Virtual Environment) possono riprodurre, con grande accuratezza, in modo tridimensio-
nale e con dovizia di dimensioni, versioni digitali di templi, piazze, chiese e edici all’in-
terno dei quali gli individui non solo possono godere di un’esperienza vivida e realistica,
ma potrebbero anche esplorarli virtualmente, come se si muovessero intorno, dirigendo
il proprio sguardo verso diversi dettagli e differenti localizzazioni spaziali. La plausibilità
ecologica di tale esperienza virtuale può essere stabilita in assenza di qualsiasi movimen-
to attivo da parte dell’osservatore, rendendo queste le condizioni ideali in cui registrare i
segnali cerebrali e le risposte corporee automatiche, e minimizzando così gli ostacoli do-
vuti al movimento e al rumore del segnale.
L’approccio sperimentale potrebbe consentirci di affrontare empiricamente aspetti im-
portanti della storia dell’architettura, come l’evoluzione dello stile architettonico, trac-
ciandone le potenziali radici biologiche. Lo stesso approccio potrebbe fare luce sulla
plausibilità delle ipotesi circa la supposta origine biomorca e/o antropomorca delle
decorazioni e degli elementi architettonici25. Una seconda possibile applicazione di que-
sto approccio all’architettura riguarda la relazione fra gli spazi architettonici e il modo in
cui essi vengono esperiti dalle persone che ci vivono e ci lavorano.
Juhani Pallasmaa ha criticato l’eccessivo “oculocentrismo” della cultura occidentale, la
tendenza prevalente che attribuisce il primato cognitivo alla vista. Con l’invenzione del-
la prospettiva l’occhio è diventato in un sol colpo il centro del mondo percettivo e il cen-
tro del soggetto che percepisce il mondo26. Secondo Pallasmaa il regime scopico istan-
ziato dalla prospettiva ottica esemplica la natura disincarnata del soggetto cartesiano, il
cui solipsismo segrega la mente dal corpo, il soggetto dall’oggetto e l’io dal tu.Tale ap-
proccio “purovisibilista” ha profondamente inuenzato l’architettura contemporanea at-
traverso l’adesione prevalente, secondo Pallasmaa, a una prospettiva meramente forma-
listica, che, di conseguenza, ha perduto il contatto con le persone per le quali il progetto
architettonico era originariamente inteso.
25 Richard Broxton Onians, Le origini del pensiero europeo. Intorno al corpo, la mente, l’anima, il mondo, il tempo
e il destino, Milano, Adelphi, 2006; Vincent Scully, The Earth, the Temple and the Gods, Yale University Press,
New Haven, 1962; Joseph Rykwert, La casa di Adamo in Paradiso, Adelphi, Milano, 1991; Sarah Robinson,
Nesting. Fare il nido. Corpo, dimora, mente, Safarà Editore, Pordenone, 2014; Harry Francis Mallgrave, L’empa-
tia degli spazi. Architettura e neuroscienze, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2015.
26 Juhani Pallasmaa, Gli occhi della pelle, Jaca Book, Milano, 2007.
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viii. simulazione incarnata, estetica e architettura
• vittorio gallese, alessandro gattara
• vittorio gallese, alessandro gattara
Sarah Robinson nel suo saggio pubblicato in questo volume ha esaustivamente rivisto gli
schemi corporei; l’architetta afferma: “lo spazio peripersonale descrive lo spazio che circon-
da immediatamente i nostri corpi; lo spazio extrapersonale indica lo spazio appena oltre
quello peripersonale”27. La costante ponderazione tra spazio architettonico e peripersonale
viene elaborata principalmente dai neuroni premotori che mappano lo spazio visivo in base
a schemi potenziali di azione e movimento. Inoltre i meccanismi specchio per l’azione ven-
gono modulati dalla prossemica, poiché la potenzialità dell’interazione fra agente e osserva-
tore, misurata attraverso la distanza che li separa, può ripercuotersi sull’intensità della scarica
dei neuroni specchio nel cervello dell’osservatore28.
Visto che l’esperienza dell’ambiente costruito e delle sue affordance viene conformata attra-
verso l’attivazione precognitiva delle simulazioni motorie, il ruolo della simulazione incar-
nata nell’esperienza architettonica diventa ancora più interessante se si prendono in consi-
derazione le emozioni e le sensazioni. Un’esperienza tipica e ricorrente nella vita quotidia-
na è reagire con sentimenti positivi o negativi quando si apre una porta e si entra per la pri-
ma volta in un nuovo ambiente architettonico, sebbene no a ora, come nota Harry Mallgra-
ve, poco o nulla sia stato prodotto dalla ricerca di neuroimaging sull’esperienza emotiva degli
ambienti architettonici29. Lo stesso vale per le qualità tattili dei materiali utilizzati per proget-
tare parti esterne e interne di spazi architettonici il cui impatto multimodale e la cui deside-
rabilità potrebbero essere facilmente misurati.
La conoscenza acquisita attraverso l’estetica sperimentale potrebbe offrire nuovi suggeri-
menti per il futuro della progettazione degli ufci o dei negozi, solo per citare i casi più ovvi.
Entrambi vengono progettati con scadenze brevi e serrate da studi di architettura specializza-
ti e abituati a questa tipologia costruttiva. Studi del genere hanno spesso bisogno di nuovi al-
lestimenti e ristrutturazioni per tenere il passo di una concorrenza accanita.
L’open ofce era stato originariamente concepito negli anni Cinquanta in Germania come
rolandschaft, ovvero come ufcio-paesaggio, per facilitare la comunicazione e il usso di
idee, e da allora ha visto un drammatico incremento nell’utilizzo (oggi il settanta per cento
degli ufci è del tipo open space), così come è cresciuto il livello di frustrazione degli impie-
gati che lavorano in ambienti del genere. Mentre la prossemica ha contribuito a una più ef-
cace distribuzione degli impiegati nell’organizzazione planimetrica degli ufci open space,
un approccio neuroscientico allo studio dello spazio peripersonale potrebbe aiutare gli ar-
chitetti a dare forma ad ambienti lavorativi che promuovano essenzialmente il benessere e la
produttività degli impiegati.
27 Sarah Robinson, “Corpi nidicati”, Capitolo  di questo libro.
28 Per una panoramica sull’argomento vedi Ammaniti, Gallese, La nascita della intersoggettività, cit.
29 Harry Francis Mallgrave, “Conosci te stesso”, Capitolo di questo libro.
la mente nell'architettura
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Come recentemente dimostrato dall’architetto Isabella Pasqualini, dal neuroscienziato
Olaf Blanke e colleghi:
studiare le sensazioni corporee, l’auto-identicazione e l’auto-localizzazione rispetto all’uni-
tà architettonica o alla forma e allo spazio dell’osservatore potrebbe essere confrontato con
l’architettura come un’estensione del volume corporeo30.
Secondo questo studio l’esperienza di una stanza stretta accresce la sensazione somato-
motoria di verticalità, “migliorando così la stabilità corporea”, mentre, al contrario, una
stanza larga provoca “un effetto di destabilizzazione per la mancanza di indizi nello spa-
zio peripersonale, provocando un movimento illusorio all’indietro”31.
È interessante rilevare come questi risultati dimostrino di essere in sintonia con la nozio-
ne di spazio “dall’interno” di Schmarsow. Secondo Schmarsow: “ogni creazione spaziale
concerne soprattutto l’inclusione di un soggetto”32. In realtà, anche il sistema motorio è
responsabile della stupefacente consapevolezza delle relazioni del corpo con l’ambiente.
Abbiamo intenzione di studiare come le azioni quotidiane e le interazioni sociali, virtual-
mente presentate all’interno di spazi architettonici progettati in modo diverso, vengano
30 I. Pasqualini, J. Llobera, O. Blanke, “‘Seeing’ and ‘Feeling’ Architecture: How Bodily Self-Consciousness Al-
ters Architectonic Experience and Affects the Perception of Interiors”, in «Frontiers in Psychology» n. 4 (2013),
art. 354.
31 Loc. cit.
32 August Schmarsow, Das Wesen des architektonischen Schöpfung, Karl W. Hiersemann, Lipsia, 1894.
8.2 Ingresso
degli uffici di
Lombardini 22,
DEGW Milano.
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viii. simulazione incarnata, estetica e architettura • vittorio gallese, alessandro gattara• vittorio gallese, alessandro gattara
sperimentate diversamente dagli osservatori. Inoltre, studieremo se e come tali esperienze
differenti si correlino con i diversi proli di risposte corporee e cerebrali.
Conclusioni
Anche se le nozioni di incarnazione ed empatia in ambito architettonico sono molto più vec-
chie delle scienze cognitive stesse, queste ultime stanno facendo luce su una questione altri-
menti rimossa e negletta dalla teoria dominante. La teoria dell’empatia ha iniziato a esercita-
re un impatto nel campo dell’architettura contemporanea – come Harry Mallgrave ha acu-
tamente descritto – nella “Città giardino” di Hellerau, un esperimento di Wolf Dohrn alla
periferia di Dresda del 1908-1914, nel Bauhaus nel 1919-1933 e nel libro di Richard Neutra
Progettare per sopravvivere del 1954. Architetti e studiosi di architettura come Juhani Palla-
smaa, Steven Holl, Alberto Pérez-Gómez e Harry Mallgrave hanno rivitalizzato e riportato la
questione dell’empatia nel discorso contemporaneo, alcuni di loro in questo stesso volume.
L’architettura è tra le modalità con cui gli esseri umani, a un certo punto della loro evoluzio-
ne culturale, si sono potuti relazionare col mondo esterno. Il mondo materiale non veniva più
considerato come un dominio esclusivamente da sfruttare per la soddisfazione utilitaristica
di necessità biologiche. Gli oggetti materiali hanno perduto il loro status di unicità in quanto
oggetti capaci di diventare simboli, manifestazioni pubbliche capaci di rendere visibile qual-
cosa che è assente, di rendere tangibile qualcosa che in apparenza è presente solo nella men-
te del suo creatore e dell’osservatore. Gli esseri umani, grazie all’espressione della loro crea-
tività simbolica, hanno acquisito la capacità di dare forma agli oggetti materiali, conferendo
loro il signicato di cui intrinsecamente mancavano. Tale signicato è il risultato dell’azio-
ne del creatore nel costruire collettivamente un tempio o una cattedrale, nel disporre colo-
ri su una tela e nel trasformare un blocco di marmo in un David o in un Ratto di Proserpina.
Oggi le neuroscienze cognitive possono rivelare, dalla loro prospettiva e metodologia pecu-
liari, la qualità estetica della natura umana e la nostra naturale inclinazione creativa. Questa
nuova ricerca ci aiuterà a capire come e perché l’arte e l’architettura siano fra le più fonda-
mentali espressioni della nostra natura umana.
la mente nell'architettura • sarah robinson, juhani pallasmaa• sarah robinson, juhani pallasmaa
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Come recentemente dimostrato dallarchitetto Isabella Pasqualini, dal neuroscienziato
Olaf Blanke e colleghi:
studiare le sensazioni corporee, l’auto-identicazione e l’auto-localizzazione rispetto all’uni-
tà architettonica o alla forma e allo spazio dellosservatore potrebbe essere confrontato con
l’architettura come un’estensione del volume corporeo30.
Secondo questo studio l’esperienza di una stanza stretta accresce la sensazione somato-
motoria di verticalità, “migliorando così la stabilità corporea”, mentre, al contrario, una
stanza larga provoca “un effetto di destabilizzazione per la mancanza di indizi nello spa-
zio peripersonale, provocando un movimento illusorio all’indietro”31.
È interessante rilevare come questi risultati dimostrino di essere in sintonia con la nozio-
ne di spazio “dall’interno” di Schmarsow. Secondo Schmarsow: “ogni creazione spaziale
concerne soprattutto l’inclusione di un soggetto”32. In realtà, anche il sistema motorio è
responsabile della stupefacente consapevolezza delle relazioni del corpo con l’ambiente.
Abbiamo intenzione di studiare come le azioni quotidiane e le interazioni sociali, virtual-
mente presentate all’interno di spazi architettonici progettati in modo diverso, vengano
30 I. Pasqualini, J. Llobera, O. Blanke, “‘Seeing’ and ‘Feeling’ Architecture: How Bodily Self-Consciousness Al-
ters Architectonic Experience and Affects the Perception of Interiors”, in «Frontiers in Psychology» n. 4 (2013),
art. 354.
31 Loc. cit.
32 August Schmarsow, Das Wesen des architektonischen Schöpfung, Karl W. Hiersemann, Lipsia, 1894.
8.2 Ingresso
degli uffici di
Lombardini 22,
DEGW Milano.
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viii. simulazione incarnata, estetica e architettura
• vittorio gallese, alessandro gattara
• vittorio gallese, alessandro gattara
sperimentate diversamente dagli osservatori. Inoltre, studieremo se e come tali esperienze
differenti si correlino con i diversi proli di risposte corporee e cerebrali.
Conclusioni
Anche se le nozioni di incarnazione ed empatia in ambito architettonico sono molto più vec-
chie delle scienze cognitive stesse, queste ultime stanno facendo luce su una questione altri-
menti rimossa e negletta dalla teoria dominante. La teoria dell’empatia ha iniziato a esercita-
re un impatto nel campo dell’architettura contemporanea – come Harry Mallgrave ha acu-
tamente descritto – nella “Città giardino” di Hellerau, un esperimento di Wolf Dohrn alla
periferia di Dresda del 1908-1914, nel Bauhaus nel 1919-1933 e nel libro di Richard Neutra
Progettare per sopravvivere del 1954. Architetti e studiosi di architettura come Juhani Palla-
smaa, Steven Holl, Alberto Pérez-Gómez e Harry Mallgrave hanno rivitalizzato e riportato la
questione dell’empatia nel discorso contemporaneo, alcuni di loro in questo stesso volume.
L’architettura è tra le modalità con cui gli esseri umani, a un certo punto della loro evoluzio-
ne culturale, si sono potuti relazionare col mondo esterno. Il mondo materiale non veniva più
considerato come un dominio esclusivamente da sfruttare per la soddisfazione utilitaristica
di necessità biologiche. Gli oggetti materiali hanno perduto il loro status di unicità in quanto
oggetti capaci di diventare simboli, manifestazioni pubbliche capaci di rendere visibile qual-
cosa che è assente, di rendere tangibile qualcosa che in apparenza è presente solo nella men-
te del suo creatore e dell’osservatore. Gli esseri umani, grazie all’espressione della loro crea-
tività simbolica, hanno acquisito la capacità di dare forma agli oggetti materiali, conferendo
loro il signicato di cui intrinsecamente mancavano. Tale signicato è il risultato dell’azio-
ne del creatore nel costruire collettivamente un tempio o una cattedrale, nel disporre colo-
ri su una tela e nel trasformare un blocco di marmo in un David o in un Ratto di Proserpina.
Oggi le neuroscienze cognitive possono rivelare, dalla loro prospettiva e metodologia pecu-
liari, la qualità estetica della natura umana e la nostra naturale inclinazione creativa. Questa
nuova ricerca ci aiuterà a capire come e perché l’arte e l’architettura siano fra le più fonda-
mentali espressioni della nostra natura umana.
... The first relational aspect concerns the embodied nature of hedonic experience, which involves a connection between embodied simulation and aesthetic perception (Gallese and Gattara 2021). Here, aesthetic perception relates to the aspect of knowledge that engages our senses. ...
Article
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This paper proposes an integration of embodied and phenomenological perspectives to understand the restorative capacity of natural environments. It emphasizes the role of embodied simulation mechanisms in evoking positive affects and cognitive functioning. Perceptual symbols play a crucial role in generating the restorative potential in environments, highlighting the significance of the encounter between the embodied individual and the environment. This study reviews Stress Reduction Theory (SRT) and Attention Restoration Theory (ART), finding commonalities in perceptual fluency and connectedness to nature. It also explores a potential model based on physiognomic perception, where the environment’s pervasive qualities elicit an affective response. Restorativeness arises from a direct encounter between the environment’s phenomenal structure and the embodied perceptual processes of individuals. Overall, this integrative approach sheds light on the intrinsic affective value of environmental elements and their influence on human well-being.
... Even Skaza's essay, which includes sections on hearing, touch, smell, and even taste, argues that environmental perception is 87% based on sight, the remaining 17% being divided as follows: 11% hearing, 3.5% smell, 1.5% touch, and 1% taste-although the source of these dubious percentages remains unclear. Thus, traditional analyses of the relationship between architecture and perception identify the latter with vision, a stance that has been dubbed "oculocentrism" or "visual imperialism" (Gallese and Gattara 2021). ...
Chapter
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Architects and interior designers are increasingly paying attention to the role of multisensory perception in the design and appreciation of places and buildings. This trend represents a welcome and timely departure from traditional approaches focussing on vision (“oculocentrism”) to consider how auditory, somatosensory, and even olfactory components may constrain and enrich our experience of buildings. In these new approaches, however, theorists have mostly focussed on multimodal experience rather than multisensory processing. This has led to the development of the ambiguous notion of “synaesthetic architecture” and to the neglect of multisensory mechanisms such as multisensory integration and natural cross-modal correspondences. Here I outline key concepts and terminology that provide the conceptual tools necessary to distinguish between perceptual modes vs. sensory mechanisms, multimodality vs. multisensory integration, and synaesthesia proper vs. cross-modal correspondences. I conclude by arguing that designing for integration and correspondences may represent an especially effective approach as these phenomena engage obligatory, automatic, and fast cognitive processes (i.e., “system 1” cognition) that are grounded in the biology of perception, attention, and memory as well as largely independent of cultural factors.KeywordsPerceptionMultisensory integrationCross-modal correspondencesSynaesthesiaArchitectureDesign
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Se l’era moderna si apre secondo Foucault (2006) con la scoperta del corpo e con la consapevolezza dell’uomo di poterlo possedere, modificare, adattare, curare, i recenti sviluppi della tecnica e del complesso processo di trasformazione culturale e sociale che chiamiamo postumanesimo stanno proiettando il corpo in una dimensione dell’esistenza mai esplorata in precedenza: l’uomo sembra oggi impegnato in un processo di trasformazione e d’ibridazione della propria identità che s’intreccia con la costruzione di nuove forme sociali e, dunque, di una nuova società. Dalla scoperta del corpo, il cammino verso un tentativo di allontanarsi da esso come un dato di natura per poter costruire un corpo culturale — non più soggetto alle sole leggi della natura, al suo metabolismo, alla malattia, ai limiti imposti dalla capacità umane, ecc. — è stato intrapreso dalle società umane con convinzione e determinazione. E il postumanesimo sembra aver dato un impulso profondo a questo cammino, tanto che è proprio su questo versante che possiamo provare a situare la prerogativa principale di quest’epoca: se c’è un tratto distintivo che contraddistingue questo complesso processo sociale che racchiudiamo nell’idea del postumano lo troviamo, infatti, proprio nel progressivo allontanamento dell’uomo dalla condizione di corpo naturale, per proseguire il percorso di emancipazione dalla natura, financo di un suo superamento, verso lo sviluppo di un corpo completamente culturale.
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This paper analyses Edgar Wind’s interpretation of Aby Warburg’s opus by focusing on the role of the concept of Einfühlung (empathy) theorised by Robert Vischer in Warburg’s thought. The notion of empathy is at the core of Warburg’s investigation of Renaissance imagery, style, symbols, and human expression. This study also updates Vischer’s, Warburg’s, and Wind’s insights on the biological basis of empathy in light of recent neuroscientific research, as Warburg and Wind desired. As this study shows, the concept of Einfühlung can be further developed, considering recent advances in cognitive neuroscience, confirming Warburg’s and Wind’s understanding of the biological implications of images for both the artist and the observer. To this end, ongoing neuroscientific research on motion, emotion, and empathy is considered.
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Although we spend more than ninety percent of our lives inside buildings, we understand very little about how the built environment affects our behavior, thoughts, emotions, and well-being. We are biological beings whose senses and neural systems have developed over millions of years; it stands to reason that research in the life sciences, particularly neuroscience, can offer compelling insights into the ways our buildings shape our interactions with the world. In Mind in Architecture, leading thinkers from architecture and other disciplines, including neuroscience, cognitive science, psychiatry, and philosophy, explore what architecture and neuroscience can learn from each other.
Chapter
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Neuroesthetics is a field within cognitive neuroscience investigating the neural underpinnings of esthetic experience, particularly in visual arts. Neuroscience has investigated this area using brain imaging and neurophysiological techniques. The evidence produced so far, its heterogeneity notwithstanding, shows that esthetic experience of artworks is characterized by activation of sensory–motor areas, core emotional centers, and reward-related centers. In this article we discuss the functional relevance of these activations. Capitalizing upon the fundamental role of empathy in visual art appreciation, we propose an embodied theory of esthetic experience that emphasizes the role of motor and emotional embodied simulation mechanisms in the beholder.
Article
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The aim of this study was to test the involvement of sensorimotor cortical circuits during the beholding of the static consequences of hand gestures devoid of any meaning.In order to verify this hypothesis we performed an EEG experiment presenting to participants images of abstract works of art with marked traces of brushstrokes. The EEG data were analyzed by using Event Related Potentials (ERPs). We aimed to demonstrate a direct involvement of sensorimotor cortical circuits during the beholding of these selected works of abstract art. The stimuli consisted of three different abstract black and white paintings by Franz Kline. Results verified our experimental hypothesis showing the activation of premotor and motor cortical areas during stimuli observation. In addition, abstract works of art observation elicited the activation of reward-related orbitofrontal areas, and cognitive categorization-related prefrontal areas. The cortical sensorimotor activation is a fundamental neurophysiological demonstration of the direct involvement of the cortical motor system in perception of static meaningless images belonging to abstract art. These results support the role of embodied simulation of artist's gestures in the perception of works of art.
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ARTE, CORPO, CERVELLO: PER UN'ESTETICA SPERIMENTALE L'arte è un'opera del cervello umano e come tale può essere studiata a partire dalle aree del cervello che si attivano quando, per esempio, contempliamo un quadro o una statua. Ma siamo sicuri che l'approccio neurobiologico si debba fermare a questo? Il cervello non è un'entità irrelata, ma una componente del sistema cervello-corpo, a sua volta incomprensibile senza un più ampio riferimento al complesso dell'esperienza umana. VITTORIO GALLESE La fisiognomica del corpo può consentire non solo di conoscere la natura del corpo ma anche il ruolo che esso gioca nel condiziona-re i nostri giudizi. Sancire come «retti», «alti» ed «elevati» compor-tamenti, decisioni e istituzioni significa tradurre in campo valoria-le, morale e giuridico la conformazione del nostro corpo e i suoi rapporti spaziali. L'asse di simmetria del nostro corpo eretto ha co-nosciuto nel corso dell'evoluzione la progressiva acquisizione di una suddivisione dei compiti tra metà destra e sinistra, in termini di preferenza manuale, di espressività emozionale e di facoltà lin-guistica. Tali divisioni dei compiti trovano corrispondenti specia-lizzazioni lateralizzate delle regioni cerebrali connesse a tali fun-zioni e facoltà. Ciò mostra come corpo, cervello, esperienza ed espressione costituiscano una poliedrica e diversificata unità. La traduzione simbolica del corpo in gesti ed espressioni e nei lo-ro prodotti materiali tradisce l'intrinseca e duplice natura teatrale del corpo. Il corpo rappresenta, mette letteralmente in scena la soggettività, realizzandola in una serie di posture, sentimenti, espressioni e comportamenti, ma allo stesso tempo, il corpo, pro-iettandosi nel mondo, lo teatralizza trasformandolo in un palcosce-nico in cui la corporeità è al contempo protagonista e spettatrice, vissuta e riconosciuta. 049-068 MM 2-14 gallese:gallese 10-03-2014 13:59 Pagina 49
Article
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This article addresses basic aspects of social cognition focusing on the pivotal role played by the lived body in the constitution of our experience of others. It is suggested that before studying intersubjectivity we should better qualify the notion of the self. A minimal notion of the self, the bodily self, defined in terms of its motor potentialities, is proposed. The discovery of mirror mechanisms for action, emotions and sensations led to the proposal of an embodied approach to intersubjectivity-embodied simulation (ES) theory. ES and the related notion of neural reuse provide a new empirically based perspective on intersubjectivity, viewed first and foremost as intercorporeality. ES challenges the notion that folk psychology is the sole account of interpersonal understanding. ES is discussed within a second-person perspective on mindreading.
Article
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The aim of this study was to test the involvement of sensorimotor cortical circuits during the beholding of the static consequences of hand gestures devoid of any meaning.In order to verify this hypothesis we performed an EEG experiment presenting to participants images of abstract works of art with marked traces of brushstrokes. The EEG data were analyzed by using Event Related Potentials (ERPs). We aimed to demonstrate a direct involvement of sensorimotor cortical circuits during the beholding of these selected works of abstract art. The stimuli consisted of three different abstract black and white paintings by Franz Kline. Results verified our experimental hypothesis showing the activation of premotor and motor cortical areas during stimuli observation. In addition, abstract works of art observation elicited the activation of reward-related orbitofrontal areas, and cognitive categorization-related prefrontal areas. The cortical sensorimotor activation is a fundamental neurophysiological demonstration of the direct involvement of the cortical motor system in perception of static meaningless images belonging to abstract art. These results support the role of embodied simulation of artist's gestures in the perception of works of art.
Data
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The aim of this study was to test the involvement of sensorimotor cortical circuits during the beholding of the static consequences of hand gestures devoid of any meaning.In order to verify this hypothesis we performed an EEG experiment presenting to participants images of abstract works of art with marked traces of brushstrokes. The EEG data were analyzed by using Event Related Potentials (ERPs). We aimed to demonstrate a direct involvement of sensorimotor cortical circuits during the beholding of these selected works of abstract art. The stimuli consisted of three different abstract black and white paintings by Franz Kline. Results verified our experimental hypothesis showing the activation of premotor and motor cortical areas during stimuli observation. In addition, abstract works of art observation elicited the activation of reward-related orbitofrontal areas, and cognitive categorization-related prefrontal areas. The cortical sensorimotor activation is a fundamental neurophysiological demonstration of the direct involvement of the cortical motor system in perception of static meaningless images belonging to abstract art. These results support the role of embodied simulation of artist's gestures in the perception of works of art. Citation: Sbriscia-Fioretti B, Berchio C, Freedberg D, Gallese V, Umiltà MA (2013) ERP Modulation during Observation of Abstract Paintings by Franz Kline. PLoS ONE 8(10): e75241. Copyright: ß 2013 Sbriscia-Fioretti et al. This is an open-access article distributed under the terms of the Creative Commons Attribution License, which permits unrestricted use, distribution, and reproduction in any medium, provided the original author and source are credited.