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IL SENSO DEL PROFESSOR BARONI PER I CONCORSI. Ovvero, come la tossificazione delle relazioni in ambito accademico fa esplodere il rischio di corruzione

Authors:
  • SPAZIOETICO ASSOCIAZIONE PROFESSIONALE

Abstract

Noi di Spazioetico abbiamo sempre considerato l'università italiana la scuola di formazione della corruzione. Se esiste un altissimo tasso di corruzione nel Paese è anche perché gli stili relazionali e di leadership si apprendono nei percorsi formativi vengono riproposti negli ambiti professionali, pubblici e privati. Per questo l'università dovrebbe essere il centro della prevenzione della corruzione. Purtroppo ora non solo non è così, ma la tendenza a concepire l'anticorruzione come una sequenza di inutili adempimenti allontana sempre di più la speranza che anche negli atenei si possa cominciare seriamente a costruire una cultura della "ecologia delle relazioni".
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Di Rienzo M., Ferrarini A., Il senso del Professor Baroni per i concorsi. Ovvero, come la tossificazione
delle relazioni in ambito accademico fa esplodere il rischio di corruzione”, SPAZIOETICO, Milano,
marzo 2021
Il senso del Professor Baroni per i concorsi.
Ovvero, come la tossificazione delle
relazioni in ambito accademico fa esplodere
il rischio di corruzione
di Massimo Di Rienzo & Andrea Ferrarini
SPAZIOETICO ASSOCIAZIONE PROFESSIONALE
Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione Non commerciale Non opere derivate 4.0
Internazionale.
ABSTRACT. Noi di Spazioetico abbiamo sempre considerato l'università italiana la scuola di formazione della
corruzione. Se esiste un altissimo tasso di corruzione nel Paese è anche perché gli stili relazionali e di leadership
si apprendono nei percorsi formativi vengono riproposti negli ambiti professionali, pubblici e privati.
Per questo l'università dovrebbe essere il centro della prevenzione della corruzione. Purtroppo ora non solo
non è così, ma la tendenza a concepire l'anticorruzione come una sequenza di inutili adempimenti allontana
sempre di più la speranza che anche negli atenei si possa cominciare seriamente a costruire una cultura della
"ecologia delle relazioni".
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Noi di Spazioetico abbiamo sempre considerato l'università italiana la scuola di formazione della corruzione.
Se esiste un altissimo tasso di corruzione nel Paese è anche perché gli stili relazionali e di leadership si
apprendono nei percorsi formativi vengono riproposti negli ambiti professionali, pubblici e privati.
Per questo l'università dovrebbe essere il centro della prevenzione della corruzione. Purtroppo ora non
solo non è così (ad esempio noi di Spazioetico non abbiamo mai lavorato con università), ma la tendenza a
concepire l'anticorruzione come una sequenza di inutili adempimenti allontana sempre di più la speranza
che anche negli atenei si possa cominciare seriamente a costruire una cultura della "ecologia delle
relazioni".
La prevenzione della corruzione e la emersione e gestione dei conflitti di interessi nelle università è la vera
sfida. Noi chiamiamo "imprinting corruttivo", lo stile che si apprende negli atenei e poi si pratica nelle
amministrazioni o nelle aziende. È importante costruire una rete di protezione contro questo mostro.
Facciamo un esempio, liberamente tratto da un evento di corruzione molto noto: la concorsopoli umbra, uno
spaccato mirabile della configurazione dei rapporti tra politica e amministrazione, ma ci aiuta a capire molto di
come le persone tendono ad usare in maniera strumentale o tossica le relazioni della propria sfera privata e
a sovrapporle a volte in maniera consapevole a volte inconsapevole con la sfera pubblica.
Platone affermava che ai guardiani della Repubblica avrebbero dovuto strappare dalle mani i figli per
sottolineare il rischio della sovrapposizione tra sfera privata e sfera pubblica, ma noi non possiamo e non
dobbiamo ragionare così.
Perciò al di là e al di fuori della solita retorica che vorrebbe che il problema dei concorsi sia solo ed
esclusivamente un problema di conflitto tra politica e amministrazione (nelle università tale dinamica potrebbe
non esistere eppure si manipolano lo stesso i concorsi) proviamo a capire quali sono i meccanismi che
intervengono su questo processo, mettendo sotto osservazione non tanto il processo organizzativo che il più
delle volte risulta ineccepibile, quanto piuttosto la dinamica “bisogni-relazioni-interessi” che orienta le scelte
degli attori di tale processo.
Ora vi proponiamo una carrellata di situazioni, alcune prodromiche ad eventi di corruzione, altre ad eventi di
abuso d’ufficio, altre ad eventi non sanzionabili penalmente, altri non sanzionabili neppure disciplinarmente,
ma che comunque generano rischio di corruzione nei concorsi.
Il Professor Baroni è a capo del Centro Interdipartimentale di Inutilità Pubblica, organismo, per
l’appunto, interdipartimentale che lui stesso ha creato e che ha sviluppato fino a farlo diventare un
Centro di ricerca, comunque inutile, ma di fama internazionale. Sull’orlo del pensionamento
l’Università ha deciso di selezionare tramite concorso un nuovo Direttore.
Ovviamente il Professor Baroni non fa parte della Commissione di valutazione del concorso, ma
conoscendo assai bene alcuni dei commissari per averli fatti partecipare ad alcune inutili ricerche, e
vantando dei crediti relazionali, pone in essere diversi tentativi al fine di orientare la decisione finale a
vantaggio di tal Giovan Battista Lo Schiavo, attuale factotum del Professor Baroni e candidato in
pectore a sostituirlo.
Siamo dentro ad un caso di corruzione? Probabilmente sì. Ma quale è l’utilità, cioè il vantaggio del
Professore? Qui ci possono essere situazioni assai diverse tra loro e che chiamano in causa bisogni e
relazioni della sfera privata del Professore.
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Prima ipotesi. Forse l’unica che leggeremmo sulle pagine dei giornali a seguito di una eventuale emersione
dell’evento di corruzione. Una volta affidato l’incarico a Lo Schiavo, in cambio quest’ultimo promette di
“remunerare” il Professor Baroni con ulteriori incarichi o consulenze. Si stabilisce tra i due una relazione
di scambio, un classico scambio corruttivo fondato sulla convergenza di interessi secondari. Il bisogno del
Professor Baroni, in questo caso, verrebbe interpretato come la volontà di garantirsi ulteriori entrate
economiche “come se non bastasse la pensione!!!“, tuonano i giornali.
Seconda ipotesi. Il Professor Baroni non è una persona disonesta né ha interesse a continuare a lavorare in
eterno. Ha a cuore, tuttavia, la sua (inutile) creatura. Ha versato letteralmente il sangue per metterla in piedi e
tirarla su e non vuole farla morire in mano a dei burocrati che nulla hanno a cuore se non la regolarità formale
di un concorso. Pertanto cerca di orientare la commissione per soddisfare un bisogno assai più profondo di
quello economico. Questo bisogno, che noi chiamiamo di “generatività” ha che fare con la
prosecuzione della propria vita professionale. L’eredità professionale assomiglia molto all’eredità familiare
ed è presente soprattutto in persone che hanno investito e speso gran parte della vita nel lavoro. In questo
caso, la relazione con Giovan Battista Lo Schiavo non è di scambio. Non si tratta di dare qualcosa ora per
ricevere dopo. Siamo di fronte ad una relazione interpersonale molto stretta, che noi chiamiamo di
mentorship attiva” ed assomiglia molto alla relazione che esiste tra padre e figlio. Il mentore si
assicura, attraverso una condotta distorsiva dell’imparzialità, la stabilizzazione del proprio Discepolo e,
attraverso di lui, la prosecuzione della propria “vita” professionale.
Terza ipotesi. In questa ipotesi capiremo perché il discepolo si chiama Giovanni Battista Lo Schiavo. Costui
era un giovane neolaureato, quando entrò a far parte del Centro ed andava molto a genio al Professor Baroni,
soprattutto per la grande disponibilità che gli mostrava e per la assoluta incapacità di essere assertivo nei suoi
confronti. L’attaccamento di Lo Schiavo si fondava su un unico presupposto: “Quando me ne vado, ti metto al
posto mio“. Lo Schiavo, per questa frase pronunciata un giorno dal Professore si rende disponibile a qualsiasi
attività istituzionale e collaterale, tanto che per un periodo, porta i figli di Baroni a scuola e li va a riprendere.
Baroni, ovviamente, si è sempre sentito in debito con il ragazzo, che intanto si è fatto uomo. Cerca di fare
quello che può. Chiama alcuni Commissari e si attiva per orientare il giudizio. Quale è la relazione che si
sovrappone in questo caso? Siamo sempre all’interno di una relazione di scambio, un debito relazionale
per la precisione. Ma molto diverso da quello, economico, della prima ipotesi. I MUNERA, cioè i doni che Lo
Schiavo aveva elargito a Baroni devono essere remunerati in futuro. Quando si presenta l’occasione, Baroni
sovrappone la relazione con Lo Schiavo che fa parte della sua sfera privata, con l’azione amministrativa,
generando delle interferenze.
Quarta ipotesi. Il Professor Baroni ha nel tempo strutturato una rete di relazioni con alcuni politici locali al fine
di mantenere la sua posizione all’interno dell’Università. In quel contesto, infatti, non si muove foglia che non
lo dica il notabile locale. Giovanni Battista Lo Schiavo è un giovane tirapiedi del suddetto notabile, al quale lo
stesso Lo Schiavo ha dedicato tempo e dignità per una propria ambizione di carriera politica. Il politico locale
ha “tollerato” che il Centro Interdipartimentale fosse gestito dal Professor Baroni, ma ora vuole
qualcosa in cambio, pertanto “impone” al Professor Baroni quella che loro chiamano, in una
intercettazione telefonica, la “tassa di successione”.
Quarta ipotesi bis. Il Professor Baroni ha nel tempo strutturato una rete di relazioni con operatori economici
che hanno forti interessi nelle attività del Centro interdipartimentale. In particolare, da uno di questi soggetti ha
ricevuto una serie di incarichi di collaborazione e numerosi benefit. Anche Giovanni Battista Lo Schiavo è
legato al suddetto operatore economico. L’operatore economico non può lasciarsi scappare l’occasione di
piazzare un suo uomo a capo del Centro per garantire continuità alla sua posizione di controllo. Pertanto
“impone” a Baroni, in virtù del rapporto di (quasi) dipendenza che li lega, di operare al fine di
assicurare la leadership a Lo Schiavo: “Ne trarremmo tutti beneficio“.
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In queste due ipotesi (aggregate) si sovrappone una relazione della sfera privata del Professor Baroni, una
specie di relazione di agenzia se ci pensiamo bene, alla relazione di agenzia pubblica. Baroni ha, allo stesso
tempo, un Principale pubblico manifesto ed un Principale privato “occulto” a cui deve rendere conto
promuovendone gli interessi.
Quinta ipotesi. Qui comando io. Qui si fa a modo mio!!!” Il Professor Baroni è il centro di un sistema solare,
intorno al quale ruotano una moltitudine di satelliti. Egli è all’interno di una relazione di agenzia con il suo
Principale pubblico, in cui gioca il ruolo di “agente”. Tuttavia, una percezione manipolata ed esclusiva del
suo bisogno di autorealizzazione gli fa pensare che la relazione sia ribaltata: lui è il Principale, gli altri
lavorano per lui, compreso il Direttore di Dipartimento, “quell’incompetente!
Sesta ipotesi. Tutti adorano Giovanni Mario Lo Schiavo. Tutti pensano, compreso il suo mentore, il Professor
Baroni, che non si possa trovare miglior leader futuro per il Centro interdipartimentale. Lo Schiavo ha ormai in
mano le relazioni istituzionali ed è di gran lunga il ricercatore più competente dell’Università. Il Professo Baroni
ed il capo-dipartimento riterrebbero una sciagura che quel posto cadesse in mano ad un soggetto esterno,
terrorizzati dal fatto che potrebbero ritrovarsi con un incompetente. Per questo, una sera si ritrovano con i
commissari e pianificano una strategia per “blindare” Lo Schiavo. Purtroppo gli inquirenti, che sono sulle
tracce di uno dei commissari, per altre vicende, ascoltano la conversazione e fanno scattare una retata. In
questa ipotesi avviene qualcosa di ancora più peculiare. Non solo nessuno degli attori ottiene alcuna
utilità economica, ma nemmeno viene a sovrapporsi la sfera privata di alcuno con quella pubblica. In
questo caso, infatti, gli agenti decidono di premiare un interesse primario, cioè il buon andamento del
Centro che verrebbe garantito dalla vittoria di Lo Schiavo e di eliminare l’altro interesse primario, cioè
l’imparzialità dell’azione amministrativa che, nella loro visione alquanto distorta, metterebbe a rischio il
funzionamento stesso dell’organizzazione.
Potremmo andare avanti ancora per molto, ma abbiamo pietà dei vostri occhi e delle vostre orecchie.
Come potete notare, in molte di queste ipotesi non ci troviamo di fronte ad un evento di corruzione, dal
momento che non è possibile ravvisare un’utilità a fronte del pregiudizio di un interesse primario. Tuttavia,
l’inquinamento ab-externo dell’azione amministrativa (come definisce il PNA 2013 la corruzione) è presente e
in grado di generare una vigorosa interferenza.
Ma quello che è più evidente è la particolare complessità delle dinamiche relazionali che possono
stabilirsi, crescere, mutare.
Ci rendiamo anche conto che questa dimensione del rischio di corruzione è totalmente sconosciuta
all’attuale architettura di prevenzione della corruzione che ANAC (e la legge 190/2012 con i PNA
successivi) ha messo in piedi, tutta orientata all'esecuzione di (talvolta) inutili adempimenti. Ebbene forse
in nessun caso come nei concorsi, sia in ambito universitario sia in ambito clinico, dalla dimensione
organizzativa si rischia di non tirare fuori alcuna anomalia, rendendo il lavoro di prevenzione di scarsa se non
nulla utilità.
E allora, si può intervenire su questi fenomeni con la prevenzione della corruzione?
Anche se comprendere la dinamica dei bisogni è essenziale per indagare il fenomeno corruttivo, tuttavia i
bisogni sono oggetti piuttosto invisibili e sfuggenti. E’ assai complicato agire sulla percezione dei bisogni. Non
si può entrare nella testa delle persone più di tanto. Se un Professore percepisce la fine della sua carriera
professionale come la fine della vita stessa ha bisogno probabilmente di un sostegno psicologico, ma non
possiamo condannare una persona per questo, né chiedergli di far emergere il suo conflitto interiore.
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La prevenzione della corruzione dovrebbe esplorare elementi meno soggettivi, come le relazioni, cioè le tracce
che le dinamiche tra bisogni lasciano, Le relazioni sono oggetti “misurabili”. I bisogni, invece, sfuggono alla
valutazione soggettiva o intrapsichica, facilmente manipolabile o alterabile.
A volte le relazioni umane e professionali nelle quali siamo coinvolti sembra ci possano appagare pienamente
per quelle che sono. Altre volte le consideriamo, anche inconsciamente, un mezzo per ottenere altro. Abbiamo
dato un nome a queste dinamiche, soprattutto quando sono abbastanza intense ed idonee ad innescare
eventi corruttivi, ovvero, “tossificazione della relazione”.
La “tossificazione” agisce dall’interno e modifica la meccanica, il peso dei nodi, le regole di ingaggio,
insomma modifica il funzionamento di una relazione.
Nella realtà delle nostre organizzazioni fenomeni di questo tipo sono all’ordine del giorno. La nostra scarsa
capacità di decodificare correttamente le relazioni e la sovrapposizione tra relazioni rappresenta il motivo della
nostra scarsa capacità di individuare il fenomeno corruttivo prima che esso debordi in atti palesemente ed
irrevocabilmente illeciti.
Il processo che chiamiamo di “concorsi e prove selettive” soffre enormemente di relazioni tossiche, di
sovrapposizioni tra sfera privata e pubblica e, quindi, di conflitti di interessi. Come unica misura di
prevenzione viene richiesto ai commissari di gara di compilare una dichiarazione in cui attestano di non essere
in conflitto di interessi. Sembra più un meccanismo che le organizzazioni utilizzano per sviare la
responsabilità.
Diversamente esse dovrebbero fornire supporto a chi interviene nel processo e a chiunque abbia interessi nel
processo a categorizzare correttamente le relazioni della sfera privata e a misurare intensità assoluta e
percepita di tali relazioni.
Per chi “tossifica” le relazioni, invece, non ci dovrebbe essere spazio all’interno della sfera pubblica. La
tossificazione distrugge la relazione fondamentale tra Principale pubblico e agente, ma distrugge anche le
relazioni private, mercificandole.
In effetti, se ci pensate bene, dareste fiducia ad un tizio che si mostra vostro amico per la pelle solo perché
vuole arrivare a conoscere la vostra splendida sorella?
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