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Giulio Lughi
Creatività Digitale e mondo del lavoro
Pubblicato su “Agenda Digitale”, 11 febbraio 2021
https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/creativita-digitale-mercato-lavoro/
Come riconosciuto concordemente in letteratura, il 60% delle persone che nascono oggi
farà un lavoro che ancora non esiste. Per questo è importante mettere a fuoco la Creatività
Digitale: digitale perché digitale sarà sempre più l’infrastruttura portante, l’ecosistema
delle attività produttive; creatività perché il cambio di paradigma - economico, sociale, e
anche mentale - innescato dal digitale richiede una capacità di visione e di invenzione, e
anche di fantasia, capace di andare oltre gli scenari a cui siamo abituati.
Indice degli argomenti
Definizione del campo
L’offerta formativa
Le industrie creative e culturali o economia creativa
L’industria 4.0.
Smart Cities and Communities
Conclusioni
Bibliografia
Definizione del campo
A differenza della creatività pre-digitale, dove contava molto l’ispirazione e meno le
tecniche (anche se i materiali, i colori, l’ottica, l’anatomia ecc. sono sempre stati molto
importanti per la produzione artistica) la Creatività Digitale riposa su una solida base
tecnologica, tenendo in equilibrio due componenti molto diverse tra loro: la creatività,
immaginativa, espressiva, spirituale; il digitale, rigoroso, razionale, logico-
ingegneristico. Ne deriva che - a differenza di quanto avveniva in passato - la Creatività
Digitale non si applica solo al campo artistico ed espressivo, ma investe ampi settori
della vita sociale ed economica (Lughi, Suppini, 2015). Allo stesso tempo bisogna
distinguere - come ho provato a fare in un altro articolo su questa rivista - tra Innovazione
e Creatività, concetti diversi anche se indubbiamente connessi. Per sintetizzare, potremmo
dire che la Creatività Digitale rappresenta la capacità – da parte di singoli, gruppi o
istituzioni – di dar vita a opere, oggetti, situazioni, sistemi, che siano
contemporaneamente:
- creativi: caratterizzati quindi da un alto grado di originalità, capaci di sovvertire le
nostre attese emozionali e gli schemi interpretativi, proiettati verso il futuro senza
ignorare il legame con il passato;
- digitali: basati sull’impiego dei nuovi strumenti e linguaggi introdotti nelle nostre
strutture mentali, percettive, culturali, sociali e produttive dall’applicazione delle ICT
nei media e nella vita di ogni giorno.
Un difficile equilibrio quindi, tra approccio soft e approccio hard, tant’è vero che qualcuno
si chiede se effettivamente esista la Creatività Digitale, riconoscendo tuttavia che - al di
là della difficoltà di darne una definizione - si tratta di un tema di cui è ormai impossibile
negare l’evidenza. Che esista, stanno a dimostrarlo ad esempio due importanti riviste
scientifiche internazionali, Digital Creativity e Virtual Creativity che se ne occupano
regolarmente; e sta a dimostrarlo - per avvicinarci al tema del lavoro - il convegno
internazionale con cui si è aperta l’attività di MEET, uno dei più importanti centri italiani
di cultura digitale, dedicato appunto a “Industries Meet Creativity”.
Ma al di là dell’approccio teorico, in questo articolo cercherò di vedere in che modo la
Creatività Digitale incide concretamente nel mondo del lavoro, se effettivamente
rappresenta una chiave per intervenire sullo scenario economico e sociale, tanto più in
situazioni di evoluzione critica come quella attuale: come suggerisce Eliza Easton, dello
staff di ricerca di Nesta, guardare le cose dal punto di vista della creatività ci consente
oggi forse di capire in anticipo quale sarà l’evoluzione del mercato del lavoro.
L’offerta formativa
Innanzitutto bisogna considerare l’offerta formativa: se ci sono scuole e università che
insegnano la Creatività Digitale, è segno che esiste un mercato del lavoro in grado di
assorbire diplomati e laureati. Nel contesto accademico italiano i percorsi si snodano per
lo più all’interno dei campi tradizionali, per cui occorre muoversi trasversalmente fra
Informatica, Scienze della comunicazione e corsi DAMS. Più specifica l’offerta di alcuni
Master, come il Master in Visual Arts for Digital Age dello IED, o Master Digital Exibit
dello IUAV di Venezia, entrambi orientati soprattutto a figure professionali editoriali,
espositive e artistiche come architetti, designer, scenografi.
In ambito internazionale, invece, la tendenza è ad ampliare il raggio d’azione ad di fuori
dall’ambito artistico e culturale: la University of the Arts London, pur chiaramente
orientata all’arte, presenta una serie di corsi specifici a forte orientamento tecnologico e
professionale: Creative Computing, Animation, Interaction Design, Data Visualizatio,
Virtual Reality e altri. Sempre nel Regno Unito, riscontriamo lo stesso orientamento
verso il mondo della produzione alla Salford School of Arts, Media and Creative
Technology e all’Institute of Creative Technologies dell’università De Montfort di
Leicester.
In Svizzera la University of Applied Sciences and Arts of Southern Switzerland offre un
Master of Advanced Studies in Interaction Design, disciplina che rappresenta oggi lo
snodo per unificare profili diversi nella progettazione integrata di oggetti, ambienti, reti
e servizi avanzati.
E ancora, negli Stati Uniti, l’Institute for Creative Technologies della University of
Southern California offre ai suoi laureati la possibilità di applicare le tecniche
videoludiche e immersive ad un ampio spettro di settori civili e militari, oltre che nel
campo della salute, della formazione, dei servizi al cittadino.
Senza contare naturalmente i corsi di formazione professionale organizzati direttamente
dalle grandi software companies, come ad esempio quello dedicato alla Digital Creativity
da Adobe Education, dedicato in modo specifico alle professioni dell’immagine.
Sono solo alcuni esempi, scelti tra i più significativi, di un’offerta formativa che si
propone sempre più di dare una formazione professionale a 360 gradi ai lavoratori di
domani, chiamati a portare un contributo di creatività allo sviluppo della società digitale.
Le industrie creative e culturali e l’economia culturale
Le industrie creative e culturali rappresentano ovviamente il principale sbocco lavorativo
per le attività di Creatività Digitale. Si tratta di un settore molto ampio, in cui il digitale
acquista sempre maggiore importanza, e che comprende i beni culturali, lo spettacolo
dal vivo, la produzione d’arte contemporanea, la fotografia, il cinema, l’industria
multimediale, la moda, il design, l’arredo degli gli spazi pubblici urbani, lo sport, e
altri.
L’individuazione di questo settore come strategico rappresenta un tema relativamente
recente - la sua “nascita” si può far risalire agli anni Novanta - ma ben radicato nella
riflessione strategica internazionale, ad esempio nel “Libro Verde. Le industrie culturali e
creative, un potenziale da sfruttare” pubblicato dalla Commissione Europea nel 2010, fino
ai report pubblicati annualmente dalla Fondazione Symbola “Io sono Cultura” che
esplorano sistematicamente il complesso rapporto fra digitalizzazione, cultura, creatività
e attività produttive. I dati degli ultimi anni evidenziano come il comparto rappresenti un
settore molto importante per tutta l’economia: la filiera culturale e creativa nel suo
complesso produce oltre 250 miliardi di euro, che rappresentano il 16% del valore
nazionale, attivando una forte integrazione con tutto il settore dell’indotto e soprattutto
con il turismo, in prima istanza con quello “evoluto”, ma anche - e certamente in misura
quantitativamente maggiore - con quello generalista di massa. Nello specifico la
produzione creativa e culturale si colloca oltre i 90 miliardi di euro, che rappresentano
il 6% del PIL, occupando 1,5 milioni di addetti (il 6% del totale) con una crescita costante
- per lo meno fino alla pandemia - sia di valore (+3%), sia di occupati (+1,5%).
Il riconoscimento dell’importanza di cultura e creatività per la crescita economica è ormai
un dato acquisito, che impronta di sé le politiche territoriali e di sviluppo a tutti i livelli,
da quello nazionale alle piccole realtà locali. Parallelamente va segnalata la sempre
maggiore rilevanza che le strategie creative e culturali acquistano nei progetti di
finanziamento europei: il nuovo programma Europa Creativa 2021–2027 prevede infatti
un sostanzioso aumento dei fondi disponibili che dovrebbero raddoppiare da 1.4 a 2,8
miliardi di euro rispetto al settennio precedente.
In questo scenario è fondamentale il ruolo della trasformazione digitale, che ha inciso
profondamente su tutto il comparto creativo e culturale: le tecnologie digitali hanno infatti
trasformato completamente il modo in cui gran parte dei lavori creativi sono ideati,
prodotti e utilizzati, hanno reso i prodotti culturali più accessibili, hanno messo in crisi i
modelli tradizionali di business e il sistema del copyright, hanno modificato alla radice i
rapporti fra produttori e consumatori (Tulse, 2013).
In questo senso sono opportune iniziative ad ampio raggio, saldamente interconnesse con
la ricerca accademica da una parte e con le attività produttive dall’altra: in Italia, ad
esempio, il Creative Industries Lab del Politecnico di Milano; o sul piano internazionale i
Digital Creativity Labs di York, struttura operativa e di ricerca con più di un centinaio di
partner, che favorisce la sperimentazione e l’applicazione di tecnologie digitali per offrire
all’utente nuove dimensioni esperienziali, per interagire in maniera innovativa con i
fruitori, aprire nuovi mercati, sviluppare strategie di marketing impiegando tecniche
ricavate da discipline come Intelligenza Artificiale, Data Analytics, User Experience
Design, Psicologia, Sociologia e altre competenze all’incrocio fra scienza, arte e discipline
umanistiche.
L’industria 4.0 (o 5.0?)
Se le industrie creative e culturali rappresentano lo sbocco più ovvio e immediato per le
professioni della Creatività Digitale, bisogna anche considerare che la sfida della
competitività richiede ormai a tutte le imprese un approccio 4.0 (Magone, Mazali,
2018): un approccio contemporaneamente più “umanistico”, in quanto centrato sulla
creatività delle persone, e più “tecnologico”, in quanto centrato sul digitale. E questo su
diversi piani.
Innanzitutto sul piano interno all’azienda, dove vengono attivate strategie per aumentare
la “creative confidence”, la disponibilità cioè del personale ad avere maggiore apertura
mentale e a superare le resistenze al cambiamento, soprattutto verso la trasformazione
digitale. Ad esempio Elica Corporation, azienda leader nella purificazione dell’aria, è stata
tra le prime in Italia a puntare sulla creatività come stimolo al cambiamento,
sperimentando progetti di formazione che mettono a contatto artisti e dipendenti per la
realizzazione di progetti.
Un altro ambito interno dove si punta sulla creatività è quello degli ambienti fisici di
lavoro, a cui viene riservata sempre maggiore attenzione: la proposta di SIAV offre
appunto una soluzione di riorganizzazione digitale che mira alla riduzione degli spazi
fisici costosi, puntando invece ad un aumento del tempo dedicato alla creatività delle
persone, nonché alla velocizzazione e sostenibilità dei processi. Sulla stessa linea
Steelcase and Microsoft collaborano per esplorare in che modo lo spazio fisico di lavoro
può influenzare positivamente le performance creative, rilevando che l’aumento di
creatività produttiva dipende strettamente dall’interrelazione fra comportamenti,
atteggiamento mentale, spazi di lavoro e tecnologie. E in particolare è l’utilizzo delle
applicazioni mobili in ambito aziendale a modificare completamente i rapporti fra
produzione creativa e condizioni materiali di lavoro (Chung e altri, 2015).
La Creatività Digitale entra poi a pieno titolo sul piano dell’offerta di mercato, in quanto
rivolta ad un pubblico sempre più attento ai valori simbolici del prodotto e quindi
sensibile, in un’ottica appunto creativa, alle strategie di riformulazione e riposizionamento
dei prodotti/servizi tradizionali.
Esempio classico MSC Crociere, che nel 2017 ha sviluppato un’esperienza digitale
totale sulla nave Meraviglia, definita “la prima smart ship”: utilizzando 16.000 punti di
connettività, 700 punti di accesso digitali, 358 schermi informativi e interattivi e 2.244
cabine dotate di tecnologia RFID/NFC, i viaggiatori sono in grado di visualizzare e
scegliere i servizi offerti, riceve informazioni mirate, sperimentare in Realtà Virtuale le
escursioni programmate, elaborare un calendario di attività, condividere il proprio diario
di viaggio e altro ancora, customizzando così la propria esperienza di viaggio.
Come si vede, l’influsso della Creatività Digitale si manifesta in modalità diverse ma
convergenti nel riqualificare le attività produttive nell’industria 4.0: oggi una delle
metodologie più sviluppate per procedere in questo senso è il Design Thinking
(Bevilacqua, 2020), modello progettuale elaborato inizialmente intorno agli anni 2000
nelle università californiane, che si basa sull’adozione di una visione e di una procedura
creative per risolvere problemi complessi.
Senza contare che - a livello più futurologico - già viene avanzata l’ipotesi di una fase
5.0 (Ruffinoni, 2020), in cui l’accento si sposta ancora di più sulla centralità delle persone
coinvolte nel processo creativo digitale, tanto più in un’Italia (e in un’Europa) in cui le
ricchezze naturali, artistiche e culturali rappresentano un vero e proprio asset da sviluppare
sulla base di una progettualità integrata.
Smart Cities and Communities
La tematica delle Smart Cities and Communities rappresenta un campo di applicazione
particolarmente stimolante per la Creatività Digitale: nel momento in cui l’innovazione
tecnologica ha ormai raggiunto un alto livello di maturazione, è possibile affrontare la
sfida creativa per ripensare le città e i suoi rapporti con la cittadinanza, l’ambiente, le
persone, un tema su cui si sono concentrati anche i finanziamenti europei. Si tratta di una
polarità interconnessa fra cities e communities, fra globale e locale:
- Smart Cities a monte, con strutture ben organizzate sul piano sistemico per la
progettazione e realizzazione di strutture, servizi, impianti che colgano le opportunità
offerte dal digitale per inventare i nuovi format comunicativi con cui la città si presenta
al cittadino: dalla sistemazione urbanistica all’arredo urbano, alla progettazione user
friendly degli sportelli virtuali, all’utilizzo di modalità creative art based o storytelling
based per le procedure informative e di trasmissione della conoscenza;
- Smart Communities a valle, nel senso di singoli o gruppi di cittadini liberi di trovare
nelle realtà locali la soddisfazione ai propri bisogni e interessi, facendo emegere quelle
forme di creatività digitale sommersa che altrimenti restano relegate a livello privato:
un patrimonio culturale “tacito” che da tempo viene considerato come risorsa da
intercettare per la elaborazione dei processi decisionali pubblici.
La formula ribadisce comunque la centralità dell’infrastruttura digitale, il sistema
intelligente (smart) in grado di gestire sia l’ottimizzazione dei servizi dal punto di vista
urbanistico-ingegneristico, e cioè mobilità, energia, sostenibilità, amministrazione, ecc.
(cities); sia la rete delle comunità sociali che utilizzano i servizi e attivano forme di
partecipazione (communities) attente alla qualità della vita.
Ma non solo: al di sotto delle forme “pubbliche” di utilizzo, il digitale agisce anche a
livello “profondo”, in quanto gestisce la raccolta sistematica dei big data e la loro
gestione mediante gli algoritmi di Intelligenza Artificiale. L’ambiente urbano si
configura quindi come struttura complessa, articolata su diversi livelli codificati ed
interagenti fra loro: la digitalizzazione dei dati è ormai la condizione tecnico-scientifica
indispensabile su cui si basa tanto la pianificazione urbanistica quanto la gestione dei
servizi della pubblica amministrazione, in una prospettiva che richiede necessariamente
nuove soluzioni creative per affrontare le problematiche della gestione urbana: come
propone ad esempio il Senseable City Lab, diretto da Carlo Ratti presso il MIT,
all’avanguardia nella progettazione di modelli di vivibilità urbana in cui sono coinvolti
designer, pianificatori, ingegneri, fisici, biologi, ecologi e scienziati sociali. Così come
allo stesso Ratti si deve il progetto per una Ciudad Creativa Digital, promosso dal governo
messicano a Guadalajara riqualificando un antico quartiere storico in una prospettiva
integrata di tecnologia digitale e creatività ideativa.
Conclusioni
A quanto risulta dalle statistiche, nel 2019 in Canada il numero degli occupati nella
Creatività Digitale è aumentato del 10%. Dal libro bianco “Al lavoro nelle professioni
creative: i dati IED” risulta che il tasso di impiego dei diplomati tocca dopo un anno l’86%,
e non soltanto nei settori artistici e culturali ma anche nella farmaceutica e nell’ICT ; infatti
- come emerge nelle conclusioni del report - oggi grazie al digitale
la creatività si estende e contamina tutti i settori aziendali, insieme alla sua metodologia
dall’applicazione quanto mai trasversale: il Design Thinking.
Ci dice qualcosa di più la ricerca “Creatività e sviluppo locale. Una ricerca empirica sui
professionisti della creatività digitale”, condotta intervistando oltre 500 professionisti
della Creatività Digitale, dalla quale emergono tre elementi profondamente innovativi
rispetto alle figure professionali precedenti: innanzitutto la centralità della rete, in
quanto insieme di relazioni che promuove l’autorganizzazione e l’indipendenza
produttiva; in secondo luogo una grande flessibilità, associata all’idea positiva di
variazione/cambiamento/esplorazione; infine una accentuata dimensione strategica, la
capacità cioè di focalizzare i propri obiettivi in modo non passivo ma “pro attivo”.
Come si vede la figura stessa del “creativo” viene profondamente modificata dal digitale.
Durante l’età industriale la creatività è stata da una parte iperprofessionalizzata, ad
esempio nella produzione in serie del design; dall’altra è stata ghettizzata nella figura
dell’artista sbandato e bohémien: ora l’avvento del digitale fa nascere una nuova figura
a tutto tondo, un centauro umanista-tecnologo con un nuovo atteggiamento mentale ma
anche operativo; con capacità immaginativa ma anche progettuale; con una disposizione
emozionale ma anche tecnologica.
Si pensi ai maker, nuovi artigiani a cavallo fra originalità e tecnologia; o al fenomeno
dello “user generated content”, che incide sui modi di progettazione e produzione, sui
processi di trasmissione culturale, sulle forme più o meno articolate di
istituzionalizzazione, sulla visione complessiva del mercato dei media e sui suoi riflessi
sociali: una proliferazione di creatività diffusa, interscambiata dal basso sui social ma
accettata e promossa anche in ambito aziendale e istituzionale.
Senza voler mitizzare la formula della Creatività Digitale, è indubbio che la galassia di
mestieri, comportamenti, iniziative che ad essa si riferisce rappresenta oggi un ambito di
estremo interesse proprio per il suo collocarsi in equilibrio instabile, ma fecondo, fra
humanities e tecnologia, fra immaginazione e proceduralità, fra arte e scienza.
Bibliografia
Bevilacqua Elisabetta, Design Thinking, una modalità per fare innovazione, in “Zerouno”,
gennaio 2020.
Chung Sunghun, Lee Kyung Young, Choi Jinho, Exploring digital creativity in the
workplace: The role of enterprise mobile applications on perceived job
performance and creativity, in “Computers in Human Behavior”, Vol. 49, August
2015.
Lughi Giulio, Suppini Alessandra, Creatività digitale. Liberare il potenziale delle nuove
tecnologie, Franco Angeli, 2015.
Magone Annalisa, Mazali Tatiana, Il lavoro che serve. Persone nell'industria 4.0, Guerini,
2018.
Ruffinoni Walter, Italia 5.0, Mondadori Libri Electa Trade, 2020.
Towse Ruth, Handbook on the Digital Creative Economy, Elgar Publishing, 2013.