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AGEI - Geotema, Supplemento 2021 - ISSN 1126-7798122
Margherita Ciervo
L’approccio ecosistemico come strumento di mitigazione
del rischio ambientale.
Un’applicazione per la valutazione della gestione del
«caso Xylella»
Il rischio ambientale di matrice antropica è il risultato dell’alterazione dell’ecosistema e della gestione del territorio diretta
da logiche competitive e di speculazione. La mitigazione del rischio ambientale richiede, dunque, oltre la conoscenza
dell’ambiente, delle sue criticità e degli impatti antropici, un approccio che ponga al centro l’ecosistema e il territorio.
Pertanto, si propone l’approccio ecosistemico su base scientica come strumento di valutazione e mitigazione dei rischi
ambientali e dei costi ecologici e socioeconomici connessi, in fase ante operam, in corso d’opera e post operam. Tale
approccio è stato applicato al «caso Xylella» permettendo di vericare come le scelte di gestione se ne siano profondamente
discostate producendo signicativi effetti territoriali. Tuttavia, essendo il caso Xylella ancora in corso si ritiene che, alla
luce di tale approccio, sia possibile operare una rivalutazione delle scelte adottate al ne di contenere gli impatti antropici,
mitigare e ridurre i rischi connessi.
The Ecosystem Approach as an Environmental Risk Mitigation Instrument. An Application for the Evaluation
of the «Xylella Case» Management
The environmental risk by human activities is the outcome of the ecosystem alteration and the territory management
driven by competitive and speculative logics. The environmental risk mitigation requires, in addition to the knowledge
of the environment, its level of criticality and the human impact, an approach that places at the centre the ecosystem and
the territory. Therefore, we propose the ecosystem approach based on the scientic methodology as a mitigation and an
evaluation instrument of the environmental risks and linked ecological and socioeconomic costs, in the ante operam, in
progress and post operam phases. This approach applied to the «Xyella case» has allowed to verify as the management
choices, that disagree with this approach, have produced very important territorial effects. However, because the “Xylella
case” is in progress, we think that is possible reconsider the made choices in order to limit the human impacts, mitigate
and reduce the linked risks.
L’approche écosystémique comme instrument de mitigation du risque environnemental. Une application pour
l’évaluation de la gestion du « cas Xylella »
Le risque environnemental généré par les activités anthropiques est le résultat de l’altération de l’écosystème et de la gestion
du territoire dirigée par les logiques compétitives et de la spéculation. La mitigation du risque environnemental demande, en
plus de la connaissance de l’environnement, de ses criticités et impacts anthropiques, une approche centrée sur l’écosystème
et le territoire. Donc, nous proposons l’approche écosystémique basée sur la méthodologie scientique comme un instrument
d’évaluation et mitigation des risques environnementaux et des couts écologiques et socioéconomiques liés, dans les phases
ante operam, en cours de développement et post operam. Cette approche a été appliqué au « cas Xylella » en permettant
de vérier comment les choix de gestion sont très loin de cette approche et ont produit d’importants impacts territoriaux.
Cependant, puisque le cas Xylella est en cours de développement, nous pensons qui est possible de reconsidérer les choix
adoptés au but de limiter les impacts anthropiques et réduire les risques dérivants.
Parole chiave: rischio ambientale, approccio ecosistemico, caso Xylella
Key words: environmental risk, ecosystem approach, Xyella case
Mots-clés : risque environnemental, approche écosystémique, le cas Xylella
Università di Foggia, Dipartimento di economia, management e territorio – margherita.ciervo@unifg.it
AGEI - Geotema, Supplemento 2021 - ISSN 1126-7798 123
1. La mitigazione del rischio ambientale e l’ap-
proccio ecosistemico
I disastri ambientali di matrice antropica – che
possono produrre effetti signicativi in termini
ecologici e paesaggistici, economici e sociali
e anche di salute (se non, in alcuni casi, di vite
umane) – spesso sono il risultato dell’alterazione
dell’ecosistema e dei processi di deterritorializza-
zione e riterritorializzazione prodotti da logiche
competitive e di speculazione che, oltre a igno-
rare le leggi della natura, minano la sovranità
territoriale. Pertanto, le politiche di mitigazione
del rischio ambientale richiedono non solo la co-
noscenza dell’ambiente e delle sue criticità, degli
impatti antropici e delle dinamiche connesse (con-
dizione necessaria, ma non sufciente), ma anche
una gestione che ponga al centro la salvaguardia
dell’ecosistema e del territorio, partendo dai
saperi locali (o dal loro recupero) che, tramandati
di generazione in generazione, hanno garantito e
riprodotto le condizioni di vita. Al riguardo, l’ap-
proccio ecosistemico su base scientica – assunto
a livello internazionale (dal 2000) – potrebbe co-
stituire un valido metodo di analisi e valutazione
della gestione del territorio, dei rischi ambientali
e dei costi ecologici e socioeconomici connessi, in
fase ante operam, in corso d’opera e post operam.
L’approccio ecosistemico su base scientica
– composto di 12 principi e relativi fondamenti
logici (f.l.), complementari e interconnessi (www.
cbd.int/ecosystem/principles.shtml) – è stato dichia-
rato nel 2000 dalla 5a Conferenza delle Parti (COP
5) della Convenzione sulla diversità biologica
(decisione V/6), denito negli indirizzi operati-
vi dalla COP 6 (decisione VI/12, par. 2; decisio-
ne VI/22, par. 19), indicato come quadro priorita-
rio dalla COP 7 (decisione VII/11) e, dalla COP
8, applicato a un numero crescente di programmi
(www.cbd.int/ecosystem/background.shtml). In Italia,
l’approccio ecosistemico è stato inserito nella
Strategia nazionale sulla biodiversità (MATTM,
2010) che, tra i ni, annovera la sua applicazio-
ne nell’uso e gestione delle risorse naturali. Tale
approccio si congura come «una strategia per la
gestione integrata di terra, acqua e risorse viventi
che promuove la conservazione e l’uso sostenibile
in modo giusto ed equo». Esso è basato sull’appli-
cazione di metodologie scientiche appropriate,
focalizzate sui livelli di organizzazione biologica
che includono la struttura essenziale, i processi,
le funzioni e le interazioni degli organismi fra di
loro e con l’ambiente, riconoscendo «che gli esseri
umani, con la loro diversità culturale, sono una
componente integrante di molti ecosistemi»22. Il con-
cetto di ecosistema è applicabile a ogni unità di
funzionamento e scala spaziale. Le scale di analisi
e di azione dipendono dal problema.
L’approccio ecosistemico è considerato «una
proposta innovativa per la gestione della biodi-
versità e del territorio», come titola il lavoro di
Padovani e Carrabba (2003), in quanto trattasi di
«un modo di pensare e agire in maniera ecologica,
su base scientica, integrando le informazioni bio-
logiche, sociali ed economiche» (p. 24). In realtà,
l’approccio ecosistemico rappresenta, almeno
per il mondo politico a cui «approda», ben più di
un’innovazione, quasi un cambio di paradigma
dato che il termine ecosistema non si riferisce solo
al bioma ma, piuttosto, a una qualsiasi «unità di
funzionamento», ovvero ai luoghi di vita di cui gli
esseri umani, parte integrante, non sono considerati
più meri «fruitori». E questo non è un dettaglio
da poco per le implicazioni sul piano pratico e
operativo: le scelte, in particolare quelle che atten-
gono alla gestione di terra, acqua e risorse viventi,
devono tenere conto del sistema delle relazioni
(fra le comunità umane e il resto della natura) ed
essere assunte dalla società (principio 1) secondo
un modello decentralizzato «al livello appropria-
to più basso» (principio 2), valutando gli effetti
(attuali o potenziali) delle loro attività sugli altri
ecosistemi (principio 3), «la conservazione della
struttura e del funzionamento dell’ecosistema»
come «obiettivo prioritario» (principio 5) e «tutte
le forme di informazione rilevanti, incluse le cono-
scenze scientiche, autoctone e locali, le innova-
zioni e le pratiche» (principio 11).
Il «quasi» è imputabile al ricorso a concetti
legati alla visione ambientale «classica» e antro-
pocentrica, in cui la natura è concepita a servizio
dell’uomo (per esempio: risorse viventi e servizi
ecosistemici), nonché di stampo «aziendalistico»
(per esempio: stakeholders). Nel primo caso, vale
la pena osservare come «risorse viventi» faccia
riferimento agli esseri viventi non considerati in
sé, ma in quanto funzionali a soddisfare i bisogni
dell’uomo assurgendo, per l’appunto, allo status
di risorse. Il termine stakeholder, invece, viene
usato per riferirsi anche alle «popolazioni indi-
gene e altre comunità locali che vivono a contatto
con la terra» (f.l. 1), nonché per fare genericamente
riferimento ai soggetti che dovrebbero essere coin-
volti nella gestione (f.l. 2, 12) e nella condivisione
di informazioni (f.l. 11). Ma i concetti di popola-
zione, comunità, cittadinanza, non possono essere
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equiparati al concetto di «portatore di interesse»
in quanto non sono «espressione» di uno speci-
co interesse (alla stregua di associazioni, imprese
ecc.), sia in virtù della mancanza di un interesse
esplicito condiviso, sia per la loro natura non «mo-
nolitica». Risulta pertanto un po’ stridente l’uso di
queste parole in tale contesto. Il linguaggio, come
si sa, non è neutro e la scelta dei termini andreb-
be fatta con una certa oculatezza per non rischiare
che mentre, da un lato, si riconosce il valore intrin-
seco degli ecosistemi (principio 1) e della diversità
biologica (principio 10), dall’altro ci si riferisca agli
esseri viventi come a risorse; così come mentre da
un lato si riconosce la diversità culturale quale
«componente centrale dell’approccio ecosistemi-
co» (f.l. 1), dall’altro si usino e si «naturalizzino»
categorie concettuali «onnicomprensive» e omolo-
ganti (come stakeholder). Ciò, tuttavia, non toglie
valenza all’approccio che rappresenta, comunque,
una novità indubbia e signicativa sul piano poli-
tico, nonché uno strumento di governance territo-
riale capace concretamente di mitigare il rischio
ambientale e di ridurre i costi ecologici e sociali
connessi.
2. L’approccio ecosistemico come strumento di
valutazione della gestione del «caso Xylella»
La questione Xylella legata al disseccamento
rapido degli ulivi – al netto delle incongruenze
e delle ombre (Ciervo, 2015) – è stata affrontata
essenzialmente da un punto di vista agronomi-
co, focalizzando l’attenzione sulla lotta al batte-
rio da quarantena e trascurando il ruolo di altri
patogeni e delle condizioni agrarie e ambientali
nella manifestazione e nello sviluppo della malat-
tia (Ciervo, 2016). La combinazione delle misure
di lotta al batterio – abbattimento di alberi infetti
e non, uso di pesticidi, divieto di reimpianto di
piante ospiti – e delle «soluzioni» imposte con le
deroghe al divieto di reimpianto (per due varietà
adatte alla coltivazione superintensiva dell’oli-
vo) pregura un importante processo di deter-
ritorializzazione e riterritorializzazione (Ciervo,
2019). L’applicazione dell’approccio ecosistemico
permette di assumere la complessità della realtà
quale riferimento per l’individuazione e l’ana-
lisi delle problematiche e, quindi, per la valuta-
zione delle scelte, superando il riduzionismo lo-
Tab. 1. Gestione del «caso Xylella»
Valutazione sintetica con riferimento ai 12 principi dell’approccio ecosistemico su base scientica
Principio Valutazione
1Gli obiettivi della gestione della terra, dell’acqua e
delle risorse viventi sono materia di scelta da parte della so-
cietà
Gli obiettivi di gestione della topatia indicati dalle
istituzioni governative ai vari gradi della scala spaziale sono
in contraddizione con l’approccio ecosistemico e assunti
senza il coinvolgimento della società
2La gestione dovrebbe essere decentralizzata al livello
appropriato più basso
La gestione della problematica è stata decisa a livello
istituzionale regionale, nazionale ed europeo. Il
coinvolgimento ha riguardato solo alcuni stakeholder i cui
interessi non risultano essere stati bilanciati con i più ampi
interessi pubblici
3Coloro che gestiscono l’ecosistema dovrebbero
considerare gli effetti (attuali o potenziali) delle loro attività
sugli ecosistemi adiacenti e sugli altri ecosistemi
Il Piano di lotta alla Xf non ha tenuto in considerazione gli
effetti richiamati, né attuali, né potenziali; né sugli ecosistemi
adiacenti né, tantomeno, su altri
4Riconoscendo i potenziali beneci derivanti dalla
gestione, esiste in generale la necessità di comprendere
e gestire l’ecosistema in un contesto economico. Ogni
programma di gestione degli ecosistemi dovrebbe
quindi: a) ridurre quelle distorsioni di mercato che hanno
effetti negativi sulla diversità biologica; b) stabilire piani
di incentivi per promuovere la salvaguardia e l’uso
sostenibile della diversità biologica; c) internalizzare il
più possibile i costi e i beneci dell’ecosistema
La gestione della topatia ha disatteso i principi richiamati,
contribuendo a creare distorsioni sul mercato delle piante
con effetti negativi sulla diversità biologica; sostenendo
azioni di distruzione della biodiversità e di uniformizzazione;
riducendo la resilienza e mettendo in serio pericolo la stessa
sopravvivenza degli agro-ecosistemi tipici pugliesi, che
hanno fatto della Puglia uno dei principali produttori del
settore primario; esternalizzando i costi ecosistemici
Fonte: elaborazione dell’autrice
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5La conservazione della struttura e del funzionamento
dell’ecosistema, al ne di mantenere i servizi ecosistemici
forniti, dovrebbe essere un obiettivo prioritario
dell’approccio ecosistemico
Il Piano di lotta alla Xf altera la struttura e il funzionamento
dell’ecosistema, distruggendo i servizi ambientali connessi
(con riferimento a paesaggio, suolo, biodiversità e clima). Il
ripristino di tali servizi appare molto difcile nella misura in
cui si procede all’eliminazione di decine di migliaia di ulivi
plurisecolari e all’uso su vasta scala di prodotti tosanitari
nocivi
6Gli ecosistemi devono essere gestiti nei limiti del loro
funzionamento
La gestione della topatia non ha considerato le condizioni am-
bientali, né i limiti del funzionamento degli ecosistemi
7L’approccio ecosistemico dovrebbe essere intrapreso a
scala spaziale e temporale appropriata
Il Piano di lotta al batterio e le deroghe al divieto di
reimpianto sono frutto di scelte istituzionali assunte a livello
transcalare con una visione di breve periodo
8Riconoscendo il variare delle scale temporali e gli effetti
ritardati che caratterizzano i processi ecosistemici, gli
obiettivi per la gestione degli ecosistemi dovrebbero essere messi a
punto su scala temporale di lungo termine
L’obiettivo di fermare il batterio è nalizzato all’ottenimento
del risultato nel breve periodo, mentre il medio e lungo ter-
mine non sono presi in considerazione (neanche con riferi-
mento alle conseguenze delle misure adottate)
9La gestione deve riconoscere che il cambiamento è
inevitabile
Il Piano di lotta alla Xf non considera alcuna strategia adattiva
né di mitigazione delle azioni per far fronte ai cambiamenti,
in primis quello climatico. Al riguardo, il Piano, oltre a non
tenere conto dei cambiamenti climatici e del loro impatto
sull’ecosistema, impone azioni che incidono signicativamente
(se non irreversibilmente su questi)
10 L’approccio ecosistemico deve ricercare il giusto
equilibrio e l’integrazione con la conservazione e l’uso della
diversità biologica
Il Piano, oltre a non conservare e non usare la diversità
biologica, la danneggia e la distrugge, imponendo una
omogeneizzazione senza precedenti su ampia scala
11 L’approccio ecosistemico dovrebbe considerare tutte
le forme di informazione rilevanti, incluse le conoscenze
scientiche, autoctone e locali, le innovazioni e le
pratiche
Il Piano non è stato elaborato né vericato alla luce di tutte
le conoscenze disponibili (né scientiche, né empiriche,
né innovative, né locali). Il Piano ha operato, di fatto, una
selezione delle informazioni a favore di quelle a sostegno
dell’abbattimento delle piante, con una discriminazione delle
fonti sulla base della tesi sostenuta. Inoltre, le conoscenze
disponibili – a livello sia scientico sia empirico – sulla cura
delle piante, anche quando hanno prodotto risultati tangibili,
sono state (a seconda della situazione) incomprensibilmente
ignorate, ingiusticatamente criticate e aspramente attaccate
sui media
12 L’approccio ecosistemico dovrebbe coinvolgere tutti i
settori rilevanti della società e delle discipline scientiche
Nella vicenda in questione è mancato il coinvolgimento
sostanziale della società (comitati, associazioni ambientaliste,
contadini), delle discipline scientiche strettamente
competenti in tema di batteriosi e topatologie, delle
discipline con competenze speciche su paesaggio, ambiente,
territorio, salute, economia
gico-scientico e il meccanicismo operativo che
hanno caratterizzato la gestione della vicenda e
prodotto contraddizioni.
A tale ne, dopo un focus sul «Piano di lotta»
alla Xylella fastidiosa (Xf) (per i cui dettagli si
rimanda agli studi dell’autrice già citati) in re-
lazione alla diversità biologica e culturale alla
base dell’approccio ecosistemico (par. 2.1), si è
proceduto alla valutazione dello stesso con rife-
rimento ai dodici principi e relativi fondamenti
logici. Nello specico, il lavoro si basa sulla veri-
ca metodica della (dis)applicazione dell’approc-
cio ecosistemico nella denizione e gestione della
problematica, nonché sull’indicazione degli effetti
Fonte: elaborazione propria
AGEI - Geotema, Supplemento 2021 - ISSN 1126-7798126
territoriali derivanti e dei rischi connessi. Per que-
stioni di spazio, si presenta l’analisi solo con riferi-
mento al primo e primario principio (par. 2.2), al
quale sono legati gli altri, mentre si riportano in
forma sintetica le valutazioni riferite agli altri prin-
cipi nella tabella 1.
2.1. Il «Piano di lotta» alla Xf: focus sulla diversità biolo-
gica e culturale
Il «Piano di lotta» alla Xf (comprensivo delle «so-
Fig. 1. Piano di lotta alla Xf: rappresentazione schematica dei principali aspetti alla base del processo di distru-
zione della diversità biologica e culturale
Fonte: elaborazione propria
luzioni» imposte dalle autorità ai vari gradi della
scala istituzionale) danneggia gravemente, no a
compromettere in maniera irreversibile, la diver-
sità biologica nella misura in cui decreta la distru-
zione diretta e su vasta scala di piante autoctone
e insetti che, da un lato, determina effetti negativi
sul processo di impollinazione, sull’avifauna, mi-
crofauna e fauna acquatica; dall’altro, comporta la
distruzione dell’olivicoltura tradizionale e territo-
rialmente diffusa con conseguente perdita delle
pratiche e dei saperi connessi. Questa distruzione,
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naturali, l’abbandono delle aree rurali e l’uso di
prodotti tosanitari «tra le principali minacce per
la biodiversità degli habitat agricoli» (ibidem, p. 54)
e che fra le criticità del settore agricolo individua
«abbandono di pratiche agricole tradizionali […]
erosione del suolo, perdita di sostanza organica
e biodiversità del suolo, deserticazione; conitti
sull’uso del suolo legati all’aumento di produt-
tività agricola, con interruzione del continuum
ambientale e della connettività ecologica; uso di
tecniche agricole non sostenibili […] omogeneiz-
zazione delle colture […] mirate alle richieste del
mercato ma non rispondenti ai principi dell’agri-
coltura sostenibile» (ibidem, p. 55). Di conseguen-
za, tali misure sono anche contrarie alle priorità
indicate dal secondo Rapporto nazionale per la bio-
diversità (MATTM, 2014) che includono «la diffu-
sione di pratiche agricole nalizzate alla riduzione
della perdita di biodiversità […]pratiche agricole
eco-compatibili […] nalizzate alla riduzione dei
rilasci di inquinanti in suolo, acque e atmosfera e
all’aumento della sostanza organica e della capaci-
tà di assorbimento di CO2 dei suoli agrari, tramite
la conservazione della biodiversità, nonché la dif-
fusione di azioni volte alla tutela del paesaggio
rurale e dei suoi elementi distintivi […] di azioni
per ridurre, in particolare nelle aree ecologicamen-
te più vulnerabili, l’intensicazione e specializza-
zione delle pratiche agricole; di azioni per favorire
la diversità degli agroecosistemi […] il presidio del
territorio» (ibidem, p. 71).
Tali misure, inne, non sono coerenti neanche
con lo spirito e il dettato della legge 39/2013 della
Regione Puglia che «nell’ambito delle politiche di
sviluppo, promozione e salvaguardia degli ecosiste-
mi agricoli e forestali delle produzioni legate alla tipi-
cità e tradizione del territorio, favorisce e pro-muove
la tutela delle risorse genetiche autoctone d’interesse
agrario, forestale […] per le quali esistono interessi
ambientali, culturali, scientici ed economici».
2.2 La (dis)applicazione del primo principio alla base
dell’approccio ecosistemico
PRINCIPIO 1. Gli obiettivi della gestione del territorio,
dell’acqua e delle risorse viventi sono materia di scelta da
parte della società.
FONDAMENTO LOGICO. Differenti settori della società
percepiscono gli ecosistemi in termini dei loro propri
bisogni sociali, culturali ed economici. Le popolazioni in-
digene e altre comunità locali che vivono a contatto con la
terra sono importanti portatori di interesse e i loro diritti
e interessi dovrebbero essere riconosciuti. La diversità, sia
biologica sia culturale, sono componenti centrali dell’approccio
combinata con le deroghe al divieto di reimpianto
e ai nanziamenti per l’acquisto di varietà (non
autoctone) consentite, supporta l’agricoltura mar-
ket-oriented basata sul modello agroindustriale e
sostenuta dai processi di concentrazione agraria
fondiaria, ovvero impianti superintensivi, mec-
canizzazione totale e know-how tecnico valido in
ogni dove sostituendo, di fatto, l’economia locale
– caratterizzata da piccole aziende familiari la cui
attività, estranea ai circuiti del mercato globale,
è basata su autoconsumo, vendita diretta e a or-
ganismi associativi – con un’economia funzio-
nale al mercato globale orientata a competitività,
efcienza e prottabilità, e soggetta alle logiche
speculative. Tale cambio provoca l’espulsione dei
contadini e dei piccoli agricoltori dalle campagne
eliminando, di conseguenza, il presidio sociale ed
ecologico che rappresentano, nonché le relazioni
fra le comunità locali e le aree rurali. La combi-
nazione dei processi esposti genera uniformizza-
zione colturale, omogeneizzazione paesaggistica
e omologazione culturale (g. 1).
Nello specico, si fa riferimento alle seguenti
misure: a) abbattimento di centinaia di migliaia
di olivi, anche plurisecolari e millenari (potenzial-
mente milioni come vorrebbero alcune associazio-
ni di categoria): infetti (nella zona contenimento) e
anche non infetti se presenti nel raggio di 100 metri
dalla pianta infetta (zona cuscinetto) o che mostra-
no sintomi di disseccamento (nella zona infetta); b)
obbligo di uso di insetticidi per l’eliminazione dei
vettori della Xf che, oltre a essere pericolosi per la
salute (EFSA, 2015), sono molto tossici per gli or-
ganismi acquatici, hanno effetti dannosi di lunga
durata sugli insetti impollinatori (api e bombi) e
su altri insetti utili alla lotta biologica (con ovvie
ripercussioni sull’attività produttiva e, in parti-
colare, sull’agricoltura integrata e biologica) e sui
predatori naturali (con conseguente impoverimen-
to e alterazione della catena alimentare); c) divieto
di reimpianto di 34 piante autoctone ospiti (fra cui
olivi, mandorli, ciliegi); d) deroga a tale divieto per
sole due varietà di olivo, di cui una non autoctona
e autosterile (il Leccino) e l’altra brevettata e quindi
non autoctona (FS-17), adatte a impianti intensivi e
superintensivi.
Tali misure e i processi che innestano sono in
contraddizione con la Convenzione sulla diversità
biologica, con il Piano nazionale sulla biodiversità di
interesse agricolo (MiPAAF, 2008) e con la Strategia
nazionale per la biodiversità (MATTM, 2010) che
riconosce l’intensicazione delle attività agrico-
le, la semplicazione strutturale degli ecosistemi
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(suolo, acqua, aria e biodiversità) con riferimento,
in particolare, alla salute del suolo agrario (fertili-
tà del suolo, sostanze inquinanti), allo stato delle
acque, ai fattori e agli agenti atmosferici (variazio-
ne delle temperature, tasso di umidità, escursioni
termiche, precipitazioni). L’obiettivo di gestione
delle istituzioni è diventato, così, l’eradicazione
della Xf al ne di bloccarne la diffusione (Regione
Puglia), di garantire il territorio nazionale Xylella
free (governo), di preservare le coltivazioni con-
tinentali (Commissione Europea). L’incoerenza
con l’approccio ecosistemico dell’obiettivo indivi-
duato, tenuto conto inoltre che in Puglia la Xf è
ritenuta non più eradicabile (EFSA, 2015), risiede
nell’idea secondo cui eliminando un unico agente
topatogeno (il batterio) si possa eliminare il fe-
nomeno (il disseccamento rapido).
Le strategie per attuare tale obiettivo, dispo-
ste dalle istituzioni ai vari livelli della scala, sono
state afdate al sapere «tecnico» che, però, pre-
senta i punti critici qui di seguito richiamati: a) la
competenza non specica dei ricercatori che inizial-
mente si sono occupati del batterio, sui cui studi le
istituzioni fondano le loro scelte politiche. Tali
ricercatori, infatti, sono virologi e non batterio-
logi. La differenza è sostanziale perché mentre
questi ultimi si occupano di cellule (nello speci-
co batteri) e, dunque, dell’unità morfologica e
funzionale di tutti gli organismi e microrgani-
smi, i virologi sono specializzati nello studio dei
virus, cioè di agenti infettivi che non sono cellule
ma che sopravvivono esclusivamente all’interno
di esse; b) il mancato coinvolgimento di batteriologi,
come dichiarato dalla Società Italiana di Patologia
Vegetale (SIPaV) durante l’audizione dell’Indagi-
ne conoscitiva della Commissione Agricoltura (http://
documenti.camera.it/leg18/resoconti/commissioni/
stenografici/pdf/13/indag/c13_Xylella/2018/09/25/
leg.18.stencomm.data20180925.U1.com13.indag.c13_
Xylella.0005.pdf); c) l’adozione di misure di lotta al bat-
terio note per la loro inefcacia (e, per alcuni aspetti,
dannosità) riportate nella letteratura scientica e
comunicate alle istituzioni europee. Al riguardo,
l’EFSA (2015), in un parere fornito alla Commis-
sione Europea, richiama i casi in cui la strategia di
eradicazione contro la Xf non ha prodotto alcun
risultato e/o ha peggiorato la situazione (Brasile,
Taiwan, California). Nello stesso rapporto, l’EFSA
ribadisce che l’eradicazione non è un’opzione di
successo una volta che una malattia si è stabilita
in un’area, come nel caso pugliese (dove mancano
anche le condizioni fondamentali per poter era-
dicare il patogeno), esprimendosi in maniera
ecosistemico, e la gestione dovrebbe prendere questo in
considerazione. Le scelte sociali dovrebbero essere espresse
il più chiaramente possibile. Gli ecosistemi dovrebbero
essere gestiti per il loro valore intrinseco e per i loro be-
neci tangibili o intangibili per gli esseri umani, in modo
giusto ed equo [www.cbd.int/ecosystem/principles.shtml;
ultimo accesso: 14.X.2020].
Le scelte politiche sulla «questione Xylella»
non sono coerenti con l’approccio ecosistemico,
in riferimento sia al merito (par. 2.2.1) sia ai sog-
getti che hanno partecipato alla loro denizione o
che ne sono stati esclusi (par. 2.2.2), producendo
effetti territoriali signicativi (par. 2.2.3).
Per quanto riguarda il primo aspetto, tale con-
traddizione è riscontrabile n dalla denizione
della problematica, nonché degli obiettivi e strate-
gie di gestione della topatia assunte dalle istitu-
zioni governative che non hanno tenuto conto del
valore intrinseco dell’ecosistema, né dei relativi
beneci ambientali e socio-economici. Per quanto
riguarda il secondo aspetto, le scelte sono state
assunte dalle istituzioni governative senza la par-
tecipazione della società che, spesso invece, si è
vista negare anche lo spazio (istituzionale e media-
tico) per l’esposizione delle proprie idee. D’altro
canto, quella parte di società (scienziati compresi)
che ha messo in discussione obiettivi e strategie
imposte dalle istituzioni governative, è divenuta
oggetto di attacchi denigratori da parte dei politici.
2.2.1 La denizione della problematica e gli obiettivi
di gestione
I problemi emergenti sono di due tipi: il feno-
meno del disseccamento rapido degli ulivi e la
presenza di un batterio da quarantena. Tuttavia,
nonostante n dall’inizio si avesse contezza che
il disseccamento fosse il risultato di una serie
di concause patogene e agronomiche (delibera
2023/2013), che non ci fosse evidenza scientica
sulla correlazione fra disseccamento e Xf (Mar-
telli, 2013), nonché conoscenza sull’epidemiolo-
gia (né del batterio né della malattia), la Regione
Puglia e, a seguire, il governo nazionale e la Com-
missione Europea si sono focalizzati sulla Xf. Tale
scelta ha, tuttavia, trascurato di considerare il
fenomeno del disseccamento nel suo complesso
e nel contesto in cui si manifestava. Al riguardo,
l’incoerenza nella denizione della problemati-
ca con l’approccio ecosistemico si colloca in una
visione riduzionista, sulla base della quale non
sono state considerate le relazioni fra le piante
interessate dal disseccamento e le matrici vitali
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Fig. 2. Salento, aprile 2019. Panoramica dall’alto di un campo di olivi capitozzati e tagliati (a);
panoramica da terra di un campo di ulivi capitozzati (b)
Fonte: Simone Cannone (fotograa a); Filippo Bellantoni (fotograa b)
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molto critica anche rispetto all’uso di insetticidi
che, lungi dal produrre l’eliminazione dei vettori
autoctoni, potrebbe indurre lo sviluppo di re-
sistenze, oltre che problemi all’ambiente e alla
salute umana. Del resto, che «non ci sia nessuna
garanzia che il piano, anche se attuato in pienez-
za, possa essere in grado di bloccare l’epidemia»
sembra fosse noto anche ai ricercatori che lo so-
stenevano (xylellareport.it/2016/01/18/presa-diret-
ta-shock-boscia-lasciamo-50-tronchi-come-museo/); d)
la disposizione di azioni che rappresentano un pericolo
per la sopravvivenza delle piante come la potatura
straordinaria severa equivalente alla capitozzatu-
ra (g. 2; scheda 1); e) la deroga al divieto di reim-
pianto non coerente con le conoscenze scientiche.
Essa, infatti, consente l’impianto su vaste aeree
Scheda 1 – La capitozzatura: imposizione di una tecnica letale
L’operazione di capitozzatura – ovvero la potatura straordinaria severa effettuata attraverso l’eliminazione di tutta la parte
vegetativa della pianta a partire dalle branche secondarie, conservando tronco e branche primarie prive di vegetazione - è
stata imposta o raccomandata (a seconda delle zone) dall’Osservatorio Fitosanitario della Regione Puglia anche in periodi
dell’anno in cui è fortemente sconsigliato potare le piante (DGR 2016/459). Tale operazione è stata giusticata come alternativa
all’abbattimento degli ulivi monumentali (www.consiglio.puglia.it/dettaglio/contenuto/62809/IV-Commissione--ok-alle-
integrazioni-alla-gestione-xylella).
L’aspetto curioso è che l’Osservatorio Fitosanitario era consapevole che “si trattava di un sistema da non incentivare e da non consigliare
a nessuno – ammette oggi Schito – oltretutto lo abbiamo chiesto nel periodo estivo ossia il meno indicato per fare simili potature […] una
misura di quelle non l’avrebbe proposta nessuno dal punto di vista tecnico” (Tioli, 2017). Nonostante tale ammissione le operazioni
di capitozzatura continuano a essere attuate tanto da essere richiamate nel Decreto Emergenza 2019 che all’art. 8 ter, comma 4
sancisce che «La legna pregiata derivante da capitozzature ed espianti, se destinata a utilizzi diversi dall'incenerimento, può essere
stoccata anche presso i frantoi che ne fanno richiesta alla regione, che ne regolamenta le procedure».
Tale procedura è in contraddizione sia con il sapere contadino, sia con la scienza di chi ha competenze speciche in campo.
Al riguardo, si richiama quanto asserisce la Società Italiana di Arboricoltura secondo cui la capitozzatura rappresenta “la più
dannosa tecnica di potatura degli alberi” che rende l’albero più vulnerabile agli insetti e alle malattie, ne causa il decadimento no alla
morte (www.isaitalia.org/gli-indispensabili/176-documenti/indispensabili/237-perche-la-capitozzatura-e-dannosa.html).
di Leccino (tollerante) e FS-17 (con tratti di possi-
bile resistenza) (EFSA, 2017), malgrado la consa-
pevolezza – come indicato nelle DDS 274/2018 e
591/2018 – «che non si hanno ancora a disposizio-
ne dati riferiti al lungo periodo sia in tenuta della
resistenza nel tempo e sia in termini di produtti-
vità» e senza considerare i risultati scientici che
mostrano varietà autoctone (come la Coratina)
con un maggior grado di tolleranza (Saponari e
altri, 2016; Scortichini e Cesari, 2019).
2.2.2. Il mancato coinvolgimento della società nella scelta
degli obiettivi
La società non ha preso parte alla scelta di deni-
zione del problema, degli obiettivi né delle stra-
Fig. 3. Rappresentazione schematica del rapporto fra Regione Puglia e società
Fonte: elaborazione propria
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tegie. In particolare, si è osservata da parte del
governo regionale una serie di comportamenti
verso la società e la cittadinanza attiva che, nella
loro evoluzione spazio-temporale, hanno dato
luogo a tre macro-fasi (g. 3): la mancanza di con-
siderazione e coinvolgimento (t1), la simulazione
di ascolto e coinvolgimento (t2), l’attacco denigra-
torio sul piano mediatico (t3).
Con riferimento alla prima fase – sulla base delle
testimonianze raccolte da comitati, associazioni e
cittadini – i dubbi, le domande e le richieste sono
state sostanzialmente ignorate. Di conseguenza, gli
attori sociali di cui sopra sono stati costretti ad at-
tivarsi su più piani per far sentire la propria voce
e contrastare il processo di deterritorializzazione
innestato dalle scelte assunte dalle istituzioni go-
vernative (Ciervo, 2019). Da un punto di vista istitu-
zionale, la società ha trovato ascolto presso la magi-
stratura (la Procura di Lecce ha avviato le indagini a
seguito di alcuni esposti delle associazioni) e alcuni
organi parlamentari (Commissione Agricoltura
7-00210 del 19/12/2013). Il ruolo dei cittadini e delle
associazioni a presidio e difesa del territorio è stato
riconosciuto anche nel Rapporto Agromae (Eurispes,
2015).
La seconda fase è caratterizzata da un apparente
coinvolgimento. Infatti, in seguito alla richiesta,
da parte della cittadinanza, di «studi, conoscenza,
trasparenza e partecipazione» (http://comune-info.
net/2015/03/il-popolo-degli-ulivi/) è stata istituita la
«Task Force della Regione Puglia sulla ricerca scien-
tica sul CoDiRO» (6.XI.2015) «con l’intento di far
emergere, attraverso un approccio sistematico e
multidisciplinare, le speciche esigenze di ricerca
a cui è necessario dare risposta per poter colmare
i tanti decit conoscitivi che ancora caratterizza-
no l’emergenza CoDiRO e per orientare le attività
di ricerca e le più opportune azioni da intrapren-
dere ai diversi livelli di responsabilità». Tuttavia,
la task force (composta da 45 membri) è rimasta
inascoltata e gli atti normativi successivi alla sua
istituzione non hanno tenuto in considerazione le
osservazioni e i suggerimenti emersi al suo interno
(http://xylellareport.it/2016/09/23/xylella-task-force-i-
nascoltata-ddl-regionale-fumo-negli-occhi-la-spieta-
ta-analisi-di-pietro-perrino-cnr/), assumendo così la
valenza di una simulazione di ascolto della citta-
dinanza che potrebbe avere la sua ragion d’essere
nella ricerca di legittimazione sociale, «stempera-
mento» delle tensioni e prevenzione della radica-
lizzazione del conitto sociale cercando, in deni-
tiva, di ridurre l’opposizione al processo di trasfor-
mazione del territorio.
La terza fase si caratterizza per l’attacco denigra-
torio sul piano mediatico di quella parte di società
la cui posizione diverge dalla tesi «ufciale». Per
la precisione, tali comportamenti non rappre-
sentano in sé una novità. Infatti, n dall’inizio
il dubbio è stato ridicolizzato e le istanze avan-
zate da alcuni gruppi sociali sistematicamente
denigrate da parte di alcuni politici (oltre che da
qualche associazione di categoria). La denigrazio-
ne – basata su accuse di negazionismo e complot-
tismo, nonché sull’uso in senso dispregiativo dei
Fig. 4. Gestione del «caso Xylella»
Rappresentazione schematica del circuito fra gli aspetti disattesi dell’approccio ecosistemico e gli effetti terri-
toriali prodotti dalle scelte operate
Fonte: elaborazione propria
AGEI - Geotema, Supplemento 2021 - ISSN 1126-7798132
termini sciamano e santone – è stata attuata sui
(e dai) media. La peculiarità dell’attacco denigra-
torio di questa fase sta nei soggetti a cui è rivolta.
Infatti, se in precedenza aveva riguardato conta-
dini, ambientalisti, comitati di cittadini, sindaci e
giornalisti (2014-2015) e successivamente era stata
diretta anche verso i magistrati e alcuni parlamen-
tari (2016-2017), in questa fase riguarda anche, se
non soprattutto, scienziati e studiosi (2018-2019)
– compresi topatologi e batteriologi esperti di Xf
– che confutano la tesi della Xf come causa unica
del disseccamento. Questo nuovo «bersaglio» è
in contraddizione con le accuse di oscurantismo
mosse in precedenza contro la Procura di Lecce
«rea» di ascoltare i «santoni» e di «perseguitare»
gli scienziati (il riferimento è all’indagine disposta
nel 2015 anche nei confronti di alcuni ricercatori
sostenitori dell’eradicazione della Xf) che, no a
quel momento, avevano alimentato la narrazione
di un pseudo-scontro fra scienza e magistratura.
2.2.3. Gli effetti territoriali della disapplicazione
dell’approccio ecosistemico
Gli effetti territoriali della scelta imposta dalle
istituzioni governative ai vari gradi della scala
spaziale derivano dalla mancata applicazione
dell’approccio ecosistemico alla denizione della
problematica e nell’individuazione degli obietti-
vi di gestione. A oggi non si hanno informazioni
certe sulle cause del disseccamento né della sua
diffusione e, quanto già esposto, di fatto, non ha
permesso di studiare il fenomeno nella sua in-
terezza e di indagare sulle cause della topatia,
producendo una «conoscenza» lacunosa, distorta
e fuorviante che, a sua volta, ha inciso inevitabil-
mente sull’individuazione delle strategie e delle
misure adottate per il conseguimento degli obiet-
tivi. Queste misure a loro volta hanno prodotto
effetti territoriali signicativi (alcuni dei quali già
richiamati nel par. 2.1 e qui di seguito riepilogati)
sul piano paesaggistico, ambientale, sanitario, so-
cioeconomico e geopolitico (g. 4).
Sul piano paesaggistico, le misure di lotta al bat-
terio associate alle deroghe al divieto di reimpian-
to producono semplicazione e uniformizzazione
per la sostituzione degli ulivi plurisecolari con
pareti produttive, delle cultivar autoctone con
varietà brevettate, dell’olivicoltura tradizionale
con la superintensiva e, in ultima analisi, delle
campagne con campi agro-industriali.
Sul piano ambientale, le misure di contenimento
adottate producono: impoverimento quali-quanti-
tativo del suolo e dell’acqua, riduzione della bio-
diversità, riduzione della resilienza degli agro-e-
cosistemi ai cambiamenti climatici, inquinamento
delle matrici vitali, decimazione degli insetti im-
pollinatori, alterazione dell’ecosistema.
Sul piano socio-economico, le misure concorrono
alla distruzione dell’olivicoltura tradizionale (e
delle attività economiche connesse) e alla sua so-
stituzione con il superintensivo; alla perdita della
qualità e tipicità delle produzioni olearie pugliesi,
a favore di prodotti omogenei (spesso di qualità
inferiore) e a basso costo destinati alla grande
distribuzione; alla riduzione ulteriore del lavoro
agricolo (per la meccanizzazione); alla maggiore
dipendenza degli agricoltori a monte (acquisizio-
ne di tofarmaci, cultivar brevettate, tecnologie) e
a valle della liera (ovvero dalle imprese acqui-
renti del prodotto nito); alla sostituzione dell’e-
conomia locale con l’economia globale.
Sul piano sanitario, l’utilizzo indiscriminato, cospi-
cuo e su larga scala di pesticidi può comportare dei
rischi notevoli per la salute umana, dovuti all’au-
mento delle patologie legate agli effetti tossici e
nocivi derivanti dall’uso su vasta scala dei prodot-
ti tosanitari (EFSA, 2015; www.isde.it/utilizzare-pe-
sticidi-per-il-controllo-della-xylella-e-ingiusticato-pe-
ricoloso-e-fonte-di-discriminazione-per-il-salento/).
Sul piano geopolitico, le scelte operate dalle istitu-
zioni hanno, di fatto, «liberato» un suolo «occupa-
to» dagli ulivi plurisecolari che, protetti dalle leggi,
non erano eliminabili. Ciò, di fatto, ha reso il suolo
della provincia di Lecce e di gran parte delle pro-
vince di Brindisi e Taranto disponibile per «nuovi»
impieghi: olivicoltura superintensiva, piantagioni
monocolturali, colture per la produzione di bioe-
nergie, campi fotovoltaici, eccetera. Il fatto che la
scelta sia stata imposta dalle istituzioni – aggrava-
ta dalla dichiarazione di stato di emergenza che
consente la deroga alle procedure di evidenza
pubblica e di valutazione di impatto ambientale,
nonché atti coercitivi in aree anche private – ha
prodotto e inasprito i conitti territoriali.
3. Conclusioni
In questo lavoro si è proposto l’approccio eco-
sistemico su base scientica come strumento di
mitigazione dei rischi ecologici (nel senso ampio
del termine) derivanti dagli impatti antropici rile-
vabili in corso d’opera e post operam. Naturalmente,
il ricorso a tale approccio ante operam metterebbe il
decisore politico nelle condizioni di evitare scelte
che potrebbero produrre effetti territoriali indesi-
derati o innescare pericolosi processi di deterrito-
AGEI - Geotema, Supplemento 2021 - ISSN 1126-7798 133
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Tale approccio, applicato all’analisi della «que-
stione Xylella», ha permesso di appurare come le
scelte di gestione si siano profondamente disco-
state da questo producendo effetti territoriali si-
gnicativi.
Essendo la lotta alla Xf ancora in corso e nella
consapevolezza che la perdita della biodiversità
annulla le funzioni degli ecosistemi (UE, 2010), si
ritiene che l’applicazione di tale approccio possa
dare un contributo importante per la rivalutazione
delle scelte assunte e costituire uno strumento utile
per limitare l’impatto antropico, mitigare i rischi
ambientali e i costi ecologici e socioeconomici con-
nessi, evitando, dove possibile, un aggravamento
della situazione.
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Note
1 I corsivi all’interno delle citazioni presenti nel testo sono dell’autrice.