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Contro i “taxi del mare”. La contronarrazione delle ONG e il caso SeaWatch3

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Abstract

With the end of Mare Nostrum, the outsourcing of rescue operations and the attempt to europeanise the crisis, the role of NGOs in the SAR area is shifting from a complementary to a fundamental one in rescue operations as a whole. The rapid change in the regulatory framework governing Italian and European actions requires a constant redefinition of their roles and action strategies in the SAR area. A consequence (unforeseen) of their presence has been the criminalization of their activities, which are considered functional with regard to human trackers. The rhetoric of “sea taxis” has produced a change in NGO communication strategy, with a more careful description of their actions to save migrants. The structures of communication have become more complex and professionalized, while a shrewder use is made of social networks in a hybrid system. The SeaWatch3 and Carola Rackete case study is an example of this change in strategy, which involves major personalization of communication, with extended use of the personal stories of migrants, crew and supporters. The case study is conducted with a qualitative methodology that takes into account the press review of 17 national newspapers, self-produced images by NGOs, and the collection of tweets (with NODEXL) during the long phases of the crisis. From the twittersphere emerges a) the progressive internationalization of the case, with the intervention of the main European media, the main political actors, the NGO network, and b) the attempts of reframing promoted especially by NGOs.
SOCIETÀMUTAMENTOPOLITICA 11(21): 57-70, 2020
so c i e tà mu t a m e n t o po l i t i c a
r i v i s t a i t a l i a n a d i s o c i o l o g i a
ISSN 2038-3150 (online) | DOI: 10.13128/smp-11943
Citation: R. Sampugnaro (2020) Con-
tro i “taxi del mare”. La contronarrazi-
one delle ONG e il caso SeaWatch3.
SocietàMutamentoPolitica 11(21):
57-70. doi: 10.13128/smp-11943
Copyright: © 2020 R. Sampugnaro.
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Contro i “taxi del mare. La contronarrazione
delle ONG e il caso SeaWatch3
R S
Abstract. With the end of Mare Nostrum, the outsourcing of rescue operations and
the attempt to europeanise the crisis, the role of NGOs in the SAR area is shiing from
a complementary to a fundamental one in rescue operations as a whole. e rapid
change in the regulatory framework governing Italian and European actions requires
a constant redenition of their roles and action strategies in the SAR area. A conse-
quence (unforeseen) of their presence has been the criminalization of their activities,
which are considered functional with regard to human trackers. e rhetoric of “sea
taxis” has produced a change in NGO communication strategy, with a more careful
description of their actions to save migrants. e structures of communication have
become more complex and professionalized, while a shrewder use is made of social
networks in a hybrid system. e SeaWatch3 and Carola Rackete case study is an
example of this change in strategy, which involves major personalization of commu-
nication, with extended use of the personal stories of migrants, crew and supporters.
e case study is conducted with a qualitative methodology that takes into account the
press review of 17 national newspapers, self-produced images by NGOs, and the col-
lection of tweets (with NODEXL) during the long phases of the crisis. From the twit-
tersphere emerges a) the progressive internationalization of the case, with the interven-
tion of the main European media, the main political actors, the NGO network, and b)
the attempts of reframing promoted especially by NGOs.
Keyword. NGo, migrantes, public opinion, political communication.
LE CRISI MIGRATORIE
E IL CAMPO DELLA COMUNICAZIONE POLITICA
Le crisi migratorie1 sono fatte di uomini in carne e ossa, di migranti,
di operatori del soccorso, di navi che imbarcano acqua, di “sangue e sudo-
re” anche se poche persone entrano in contatto con questa realtà. Per que-
sta ragione, la dipendenza dell’opinione pubblica dalla narrazione dei media
(DeFleur, Ball-Rokeach 1989) è tanto maggiore quanto più ridotta è la pos-
1 La ricerca è stata sviluppata grazie ai fondi del Piano della Ricerca 2015-2018 (Università di
Catania) all’interno del progetto VAM coordinato dalla Prof.ssa Francesca Longo e con il con-
tributo della D.ssa Martina Faia per la raccolta dati. Prime versioni di questa ricerca sono state
presentate al Convegno “I conne del terrore. Orizzonti, Immaginari, Percorsi Umani”, Università
degli Studi di Messina, 3-4 Novembre 2018, e al Convegno “5th Interim Conference of the Politi-
cal Sociology Research Network 32 of the ESA, Praga, 2-3 November 2018”.
58 Rossana Sampugnaro
sibilità di avere una esperienza diretta di un fenomeno.
La qualità del coverage è dunque essenziale anche se
riconducibile al modello di giornalismo prevalente in un
dato contesto (orbjørnsrud 2015:776). La preparazio-
ne dei giornalisti, come ammonisce anche l’Internatio-
nal Programme for the Development of Communication
dell’UNESCO, può contenere il cosiddetto “disordine
informativo” (Ireton e Posetti 2018): notizie frammenta-
rie; servizi giornalistici che raramente presentano un’a-
nalisi complessiva del fenomeno migratorio; crisi uma-
nitarie dimenticate (MSF 2007) a cui, dopo un iniziale
picco di attenzione, fa seguito l’oblio mediatico. In Italia,
la crescente attenzione dei media nazionali per il feno-
meno migratorio si accompagna alla predominanza di
toni allarmistici e ad un tipo di informazione “gridata”,
anche se all’interno di un quadro dierenziato di linee
editoriali e con alcune importanti eccezioni (Carta di
Roma, AA.VV. 2017). Tutto questo produce cornici di
senso che hanno a che vedere per lo più con il frame del-
la paura e dell’emergenza sociale (Binotto et al. 2016). I
naufragi e le morti nel Mediterraneo sono ricondotti ad
una narrazione mediatica che tende a dematerializzare
la tragicità degli eventi per occultamento e rarefazione
degli aspetti materiali legati alla morte e a drammatiz-
zare la narrativa dei presunti eetti che diventano emer-
genza (Nicolosi 2016).
Questo non esclude la agency di altri attori in con-
correnza tra di loro per aermare la loro denizione
della situazione rispetto alle crisi migratorie: attori isti-
tuzionali (governi, UE, task force, …), partiti, ma anche
movimenti e ONG con un’attività di comunicazione (più
o meno strategica). La lettura delle uttuazioni dell’opi-
nione pubblica può essere interpretata utilizzando come
strumento euristico il “campo demoscopico” (Grossi
2004) congurabile come uno spazio sociale di forma-
zione e di azione dell’opinione pubblica nelle società
postindustriali: attori politici, cittadini e media compe-
tono per aermare un particolare punto di vista rispetto
a singoli soggetti, a temi o a questioni controverse. L’a-
dozione di questa prospettiva consente di comprendere
che, se è vero che l’opinione pubblica è il risultato delle
dinamiche che si attivano in questo spazio, ne consegue
che proprio per questo è soggetta a rapide trasformazio-
ni, frutto di nuovi equilibri. Al contempo, la presenza di
un clima di opinione prevalente non esclude l’esistenza
di enclaves cognitive dierenti (Sampugnaro 2016), frut-
to di una ‘sedimentazione temporale’ (Grossi, 2004: 107).
Lo studio intende riettere sulla comunicazione pro-
dotta dalle ONG, concentrandosi sulla gestione delle cri-
si e sul modo di collocarsi rispetto al usso dei media in
seguito ad una campagna di criminalizzazione delle loro
attività. La tempestività e la qualità dei contenuti tra-
smessi lasciano ipotizzare un ripensamento della comu-
nicazione e una sua professionalizzazione. Il caso analiz-
zato di SeaWatch3 e della comandante Carola Rackete è
esemplicativo di questo cambio di approccio che pre-
vede una forte personalizzazione dei contenuti con un
uso esteso delle storie individuali dei migranti, del per-
sonale di bordo e dei sostenitori. Il case study è condot-
to con una metodologia qualitativa che tiene conto della
rassegna stampa di 17 testate nazionali, delle immagini
autoprodotte dalle ONG e della raccolta dei tweets nel-
la lunga fase della crisi. Dalla twittersfera si osserva una
progressiva internazionalizzazione del caso, con l’inter-
vento dei principali media europei e dei principali attori
politici, della rete delle ONG con una modesta presenza
delle istituzioni europee e un tentativo di reframing pro-
mosso specie dalle ONG.
POLITICHE PUBBLICHE E CLIMA DI OPINIONE
NELLE CRISI MIGRATORIE
La pressione esercitata dallopinione pubblica sulla
gestione delle crisi migratorie e sulla costruzione delle
politiche è diventata crescente tanto da spingere i gover-
ni a intraprendere azioni speciche in presenza di onda-
te di indignazione per le morti nel Mediterraneo. Il gra-
ve incidente occorso il 3 ottobre 2013 a ridosso di Lam-
pedusa sottopone il governo italiano ad una “forte pres-
sione emotiva” (Panebianco 2016: 79): 366 morti accer-
tate di migranti e un numero imprecisato di dispersi
producono un’ondata di indignazione e di sconcerto
nell’opinione pubblica internazionale. Il governo Letta
introduce un elemento di discontinuità nelle politiche
di accoglienza, varando autonomamente dall’Unione
Europea una misura di emergenza come Mare Nostrum:
non più un’attività di difesa delle coste, ma un’operazio-
ne di ricerca e salvataggio in mare che «mirava a evi-
tare ulteriori stragi ponendo le basi per un approccio
umanitario incentrato sulla tutela del migrante» (ivi)
che diventerà un battistrada per tutte le misure a venire
volto a contrastare anche il traco illegale dei migran-
ti in mare. L’eccezionalità della misura risiedeva anche
nell’adozione immediata dei provvedimenti da parte del
governo senza che vi fosse stato un preventivo dibattito
parlamentare e con l’opposizione di alcuni partiti. Dopo
la conclusione di Mare Nostrum (Panebianco 2016), l’e-
sternalizzazione della gestione delle operazioni di sal-
vataggio e il tentativo di “europeizzazione” delle crisi
modica il ruolo delle ONG presenti nell’area Search
and Rescue (SAR) (Irrera 2019), da complementare a
fondamentale nel complesso delle operazioni di salva-
taggio, con conseguenze sulle loro strategie di azione
59
Contro i “taxi del mare. La contronarrazione delle ONG e il caso SeaWatch3
Tab. 1. Misure rivolte a fronteggiare l’immigrazione clandestina.
Misura Soggetti attuatori Finalità/priorità Linea di
pattugliamento Destinazione migranti Ruolo per
le ONG
OPERAZIONE
MARE NOSTRUM
(18.10.2013-31.10.2014)
Promossa dal Governo Letta,
impegna Marina Militaree
Aeronautica Militare italiane.
Assistenza/salvataggio in mare per
chi attraversa il Canale di Sicilia e
pattugliamento delle frontiere.
30 miglia dalle coste
italiane Italia Ruolo
sussidiario
OPERAZIONE TRITON
(1.11.2014)
Operazione militare condotta
daFrontex, l’agenzia europea di
controllo delle frontiere (e nel 2015
Agenda europea dell’immigrazionea).
Tenere sotto controllo le
frontiere dell’Unione nelMar
Mediterraneo, intercettare e bloccare
le imbarcazioni dei migranti,
militarizzazione del controllo delle
frontiere, ritiro dell’assistenza.
30 miglia dalle coste
italiane/
138 miglia nautiche
dalla Sicilia.
Italia e Grecia
(sistema hotspot)
Privatizzazione
del soccorso
OPERAZIONE EUNAVFOR -
European Union Naval Force in the
South Central Mediterranean (22
giugno 2015)
Sede operativa a Roma.
Operazione militare di sicurezza
marittima europea.
Necessità: trovare una risposta al
quesito: “Come evitare di salvare i
migranti senza lasciarli morire?”
“Neutralizzazione” delle rotte
consolidate della tratta: caccia agli
scasti e distruzione delle loro
imbarcazioni. Il salvataggio dei
migranti è un aspetto residuale
dell’operazione.
Mediterraneo
centrale
Principalmente in Italia
Delocalizzazione
delle frontiere
Privatizzazione
del soccorso
OPERAZIONE
THEMIS
(1 febbraio 2018)
Sostituisce Triton ed è condotta da
Frontex a presidio della sicurezza
delle frontiere dell’Unione europea.
Missione di soccorso e monitoraggio,
percombattere le migrazioni senza
controllo e i crimini transfrontalieri.
24 miglia dalle coste
italiane
I migranti recuperati sbarcano
nel porto del Paese più vicino
(non solo Italia) determinato
dai Centri di coordinamento
marittimo (MRCC)
Privatizzazione
del soccorso
DECRETO SICUREZZA D.L n. 113
del 4 ottobre 2018 “Disposizioni
urgenti in materia di: protezione
internazionale e immigrazione,
sicurezza pubblica, …
Ministero degli Interni
e Ministero dei Trasporti
Nuova regolazione di: richiesta
di asilo politico; abolizione della
protezione umanitaria; permanenza
nei centri per il rimpatrio; revoca
della cittadinanza; patrocinio
gratuito; fondi per i rimpatri; ruolo
degli SPRAR.
-------
I migranti recuperati non
sbarcano in Italia ma sono
redistribuiti di volta in volta
Criminalizzazione
del soccorso
DECRETO SICUREZZA BIS n. 53
del 14 giugno 2019
“Disposizioni urgenti in materia di
ordine e sicurezza pubblica.
Ministero dei Trasporti e delle
Infrastrutture
Ministero della Giustizia
Ministero degli Interni
Nuova regolazione per il soccorso
in mare con: limitazione del transito
e della sosta di navi per ragioni di
ordine e sicurezza; gravi sanzioni
pecuniarie per il comandante,
proprietario o armatore; sequestro
della nave
-------
I migranti recuperati non
sbarcano in Italia ma sono
redistribuiti di volta in volta.
Criminalizzazione
*LAgenda europea sull’immigrazione (maggio 2015) introduceva il sistema delle quote per il ricollocamento dei migranti. Inoltre, viene introdotta la distinzione tra migranti economici e profu-
ghi e il principio che il ricollocamento sia realizzato rispetto a speciche nazionalità. La protezione viene accordata ai siriani e gli eritrei lasciando gli altri nella larga categoria dei migranti econo-
mici la cui domanda di asilo non è sempre accolta.
60 Rossana Sampugnaro
specie per il contenimento delle azioni entro un perime-
tro territoriale più ridotto (Tab. 1).
Nel caso italiano sono tuttavia i due decreti sicurez-
za a segnare un cambio di passo con l’adozione di misu-
re di aperto contrasto all’attività delle ONG impegnate
in operazioni di salvataggio: mentre il primo decreto
interviene sulle garanzie accordate ai migranti, alla pro-
tezione umanitaria e allo status di rifugiato politico, il
secondo (DL n. 53 del 14 giugno 2019) modica radical-
mente le condizioni che regolano le attività di soccorso
in mare realizzate da navi delle ONG o imbarcazioni
private. Due i punti nodali: la limitazione – operata dal
Ministro degli Interni di concerto con i Ministeri delle
Infrastrutture e dei Trasporti e della Difesa – dell’in-
gresso, transito e sosta di navi nel mare territoriale per
ragioni di ordine e sicurezza (art. 1) ed esplicitamente
per la violazione delle leggi sull’immigrazione2; gravose
sanzioni pecuniarie si aggiungono a quelle penali (art.
2) in forma di responsabilità solidale per il comandan-
te, l’armatore e il proprietario della nave «in caso di vio-
lazione del divieto di ingresso, transito o sosta in acque
territoriali italiane» e il sequestro della nave3. Nel giro
di pochi anni (Pezzani ed Heller 2016; Nicolosi 2016), il
quadro normativo relativo alla gestione dei ussi migra-
tori nel Mediterraneo passa da una mancanza di assi-
stenza ad un approccio interventista con Mare Nostrum,
per poi approdare a misure europee ed italiane che pre-
vedono un progressivo disimpegno rispetto all’assisten-
za, una delocalizzazione delle frontiere e una privatizza-
zione del soccorso per arrivare ad una strategia di con-
trasto e disincentivazione delle operazioni condotte in
mare da ONG e imbarcazioni private (pescherecci, navi
commerciali, imbarcazioni da diporto). Nel rapporto del
Transnational Institute il processo viene suddiviso in
una prima fase di delegittimazione degli attori del soc-
corso in mare alla fase della vera e propria criminaliz-
zazione, con una ridenizione anche degli attori “colpe-
voli” dei ussi migratori. Nella prima fase sono gli Stati
e in particolar modo l’Italia che aveva promosso Mare
Nostrum ad essere oggetto di aspre critiche provenienti
anche da istituzioni uciali come Frontex che imputa-
no all’Italia di essere stata un fattore di attrazione per i
migranti: «La presenza delle otte di Mare Nostrum […]
è stata sfruttata dalle reti di facilitazione in Libia, che
2 È competenza infatti del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti
autorizzare l’entrata di una nave in un porto italiano. È compito delle
procure e quindi del Ministero della Giustizia aprire un’indagine per
un’ipotesi di reato di tipo penale come il favoreggiamento dell’immigra-
zione clandestina.
3 La sanzione amministrativa prevede il pagamento di una somma da
euro 150.000 a euro 1.000.000. Il provvedimento denitivo di consca
della nave comporta l’attribuzione degli oneri di custodia dell’imbarca-
zione al proprietario e all’armatore della nave.
erano riuscite a spingere ancora più migranti a salpare
su imbarcazioni non adatte alla navigazione con la spe-
ranza di venire salvati subito dopo la partenza» (Mac-
canico et al. 2018: 7). A questa segue una seconda fase
coincidente con la piena esternalizzazione4 della gestione
dei migranti. Le ONG, operanti nelle zone SAR, diventa-
no una pietra d’intralcio alle politiche di esternalizzazio-
ne, introducendo elementi di disturbo al contenimento
del usso dei migranti: da una intervista alla giornalista
Prestianni (ivi: 9) queste diventano «il nemico in com-
butta con i tracanti» mentre la nuova politica «esige
l’abbandono del mare da parte delle ONG e […] ada la
ricerca e il soccorso alle milizie e alla Guardia Costiera
Libica». Questo attacco non risparmia neanche le asso-
ciazioni – come Baobab a Roma o come Refugees Wel-
come o Borderline Sicily – che forniscono assistenza ai
migranti in presenza di una crisi del sistema di acco-
glienza (ivi: 13). Una conseguenza (non prevista) è stata
la criminalizzazione delle loro attività in quanto “stru-
menti” in mano ai tracanti di esseri umani.
In questo quadro una uttuazione dell’opinione è
spesso attribuibile – più che ai numeri reali del fenome-
no migratorio (vedi Istituto Cattaneo 2018) – agli attori
che agiscono avendo in mente le presunte visioni degli
altri e tenendo in conto le eventuali reazioni all’interno
del campo.
LA CRIMINALIZZAZIONE E LA NUOVA STRATEGIA
DELLE ONG
Le caratteristiche dell’opinione pubblica non sono
né incidentali, né spontanee, né imputabili al caso
ma il frutto congiunto dell’azione di diversi attori che
competono per denire la situazione e per orire una
visione della migrazione. L’approccio può essere pro-
fessionale come quello delle ONG o della Marina Mili-
tare (Musarò 2016) o più da amateurs della comunica-
zione, come nel caso di piccoli gruppi che mettono in
atto delle azioni dimostrative. Il caso estremo è quello
della lunga marcia dei siriani attraverso la rotta inter-
na all’Europa per raggiungere il Nord Europa (Musarò
2016; Diamanti 2015) di cui è dubbio il grado consape-
volezza circa gli esiti. Sul versante opposto vi sono le
4 L’esternalizzazione è un fenomeno progressivo di cui è possibile ricon-
durre la nascita al governo Berlusconi nel 2008 con gli accordi conclu-
si con il governo di Ghedda per arrivare no agli accordi conclusi dal
Ministro Marco Minniti.
61
Contro i “taxi del mare. La contronarrazione delle ONG e il caso SeaWatch3
ONG5 presenti nelle aree SAR6, da sempre sensibili alla
comunicazione riguardante le operazioni di salvatag-
gio: non solo le più grandi come Medici senza Frontiere
o Emergency, ma anche quelle più piccole nate sull’on-
da dell’emergenza cercano di acquisire la cosiddetta
“framing expertise” riferendosi alla capacità «to infu-
se their frames with journalistic news values and play
up deep-seated cultural values» (Ihlen et al. 2015: 824;
cfr. Entman 2004). Tutto questo richiede la produzione
di information subsidies (i.e: press release, immagini) e
un accurato media management. Tuttavia, l’attenzione
per la comunicazione si amplica in seguito al cam-
biamento del clima di opinione (Saviano 2019) sulla
loro azione. Attraverso i dati forniti dall’Osservatorio
di Pavia, il Rapporto “Navigare a vista!” (Barretta e
Milazzo 2017: 35) mette in luce il momento in cui “gli
angeli perdono le ali”: la gratitudine verso i soccorritori
si trasforma in un nuovo frame che è quello del sospet-
to e dell’ombra negativa sulle ONG. Avviene il passag-
gio da organizzazioni supplenti rispetto alle Istituzioni
Europee, a strumenti in mano ai tracanti di esseri
umani, con una conseguente criminalizzazione della
loro attività che è frutto dell’agire congiunto di atto-
ri nazionali e sovranazionali (Maccanico et al. 2018).
Possono sicuramente essere ssati degli episodi topici
di questo cambiamento del clima di opinione: tra que-
sti viene spesso richiamato un rapporto7 condenziale
reso dall’Agenzia europea della Guardia di Frontiera e
Costiera (ECBG) che diventa di dominio dopo la pub-
blicazione sul Financial Times il 15 dicembre 2016 di
alcuni stralci e, successivamente, le dichiarazioni rese
dal suo direttore Fabrice Leggeri di fronte alla Com-
missione di difesa del Senato Italiano e successivamen-
te in una intervista al quotidiano D ie We lt. Al centro
di questi commenti il sostegno pieno all’ipotesi del pull
factor: l’intensa attività di ricerca delle ONG (superio-
5 Il termine “Organizzazione non governativa” è stato a lungo dibattu-
to senza per questo pervenire ad una denizione condivisa. Il problema
risiede sulle molteplici forme giuridiche assunte dalle ONG (Associazio-
ni, Fondazioni, …) e dalla pluralità di obiettivi istituzionali e forme di
azione collettiva che può limitarsi ad attività di pressione o ad un’attività
concreta nei confronti di persone o cose. Elementi centrali sono la natu-
ra privatistica e l’assenza di nalità di lucro.
6 Le prime impegnate nel salvataggio sono Proactiva Open Arms, Save
the Children, Jugend Rettet, MOAS, MSF, Lifeboat, SOS Mediterranée,
Sea Watch Foundation, Sea Eye , Watch the Med. Per un breve quadro
illustrativo dei principali interventi normativi che hanno interessato le
ONG, cfr. Gerovasi (2019), in particolare la riforma della Cooperazione
allo sviluppo emanata con la legge 125 del 2014 e la riforma del Ter-
zo Settore che prende avvio dalla legge delega 106/2016. Dati sulla loro
evoluzione in Italia nel Report 2018 del Progetto Open Cooperazione.
7 Il rapporto sottolinea la strumentalizzazione ad opera delle reti crimi-
nali che fornivano ai migranti informazioni su come raggiungere le navi
ONG ma si spinge a segnalare un caso di contatto diretto tra tracanti
e le navi ONG per il collocamento dei migranti.
re a qualsiasi attività realizzata dalla EU e dai singoli
Stati Nazionali) in zone sempre più vicine alle coste
libiche spingerebbe i tracanti ad operazioni più spre-
giudicate: un utilizzo di imbarcazioni con un numero
di migranti stipati no all’inverosimile, spesso vecchie
e inadatte alla traversata con una quantità di viveri e
di carburante più ridotti rispetto al recente passato.
Ad aggravare il quadro vi è la presunta scarsa collabo-
razione delle ONG, restie a fornire informazioni o ad
agevolare le indagini della polizia.
In Italia questa ipotesi trova una sponda giudizia-
ria e politica. Fra tutte si ricorda Di Maio, in quella fase
leader del partito di opposizione M5S e vicepresidente
del Senato, che ad aprile 2017 interviene con una serie
di tweets8, ponendosi degli interrogativi sulla natura
dei nanziamenti delle organizzazioni non governative
operanti in zona SAR. Le dichiarazioni seguono quel-
le del Procuratore delle Repubblica di Catania, Carmelo
Zuccaro9, con uno strascico di commenti. In un tweet
si interroga «chi paga per questo taxi del Mediterraneo
e perché lo fa?». A lui si associano politici, giornalisti e
opinion makers e viene investito il Comitato di difesa
del Senato che approfondirà (senza risultati sostanziali)
la presenza di collegamenti diretti tra le attività illecite
di traco e le organizzazioni in zona SAR.
In pochi mesi l’immagine delle ONG cambia. Si dif-
fondono pregiudizi e accuse di favoreggiamento dell’im-
migrazione clandestina con la conseguenza di alimen-
tare ostilità e didenza verso tutte le organizzazioni
impegnate nel Mediterraneo, anche quelle più accredita-
te. Dal luglio 2017, l’azione in mare viene ancorata alla
sottoscrizione di un “Codice di condotta per le ONG
che si occupano di soccorrere i migranti in mare” in 13
punti10, frutto anche delle raccomandazioni del Comita-
to di Difesa del Senato, realizzato dal Ministro Minniti
e sostenuto da Ministri dell’Interno della UE, riunitisi a
8 Di Maio: «Non so se è chiaro: ONG forse nanziate dagli scasti! Gli
ipocriti continuino pure ad attaccarmi, io vado no in fondo», 27 aprile
2017.
9 Informa la stampa dell’avvio di una indagine e della sua ipotesi del
nanziamento delle ONG da parte dei tracanti (con a margine un’i-
potesi di destabilizzazione dell’economia determinata dall’ausso di una
grande quantità di migranti) ma, soprattutto, di essere a conoscenza di
un contatto diretto tra ONG e tracanti, su La Repubblica. Oltre a quel-
la di Catania, sono impegnate le procure di Trapani e di Palermo.
10 La mancata sottoscrizione equivaleva alla rinuncia ad utilizzare i por-
ti italiani come possibile approdo dopo il salvataggio. Alcuni obblighi
erano: a) non entrare nelle acque territoriali libiche se non in caso di
grave pericolo di incolumità e non impedire l’attività della Guardia
Costiera Libica, b) non spegnere i trasponditori a bordo, c) non utiliz-
zare segnalazioni luminose, d) obbligo di accogliere a bordo gli uciali
della polizia giudiziaria per indagini relative al traco di esseri umani e
di trasmettere tutte le informazioni di interesse investigativo, e) dichia-
rare le fonti di nanziamento, f) l’idoneità tecnica per le operazioni di
soccorso.
62 Rossana Sampugnaro
Tallin nonostante non poche problematicità (Cusumano
2019). Nella ligrana del provvedimento, vi sono obbli-
ghi stringenti per le ONG e limitazioni sostanziali alla
loro libertà di azione tali da indurre alcune organizza-
zioni a non sottoscrivere il codice di condotta e a rinun-
ciare all’attività di soccorso11.
Nonostante i moniti della Commissione di Venezia,
negli articoli e nei post prevale un generico plurale che
non distingue le organizzazioni, né considera le opera-
zioni concluse: prevalgono dubbi sulla liceità della loro
azione che arrivano no all’accusa di connivenza con i
criminali che promuovono l’immigrazione illegale o a
quella di essere nanziate da organizzazioni internazio-
nali che cercano di destabilizzare gli Stati sovrani. Tutto
questo si verica nel giro di poche settimane, minando
l’immagine positiva delle ONG. A giugno 2017 solo il
26% della popolazione italiana conserva un atteggiamen-
to positivo che, se consideriamo la partisanship, rimane
connato in un’area politica ben delineata.
Contro la retorica dei “taxi del mare”, si sviluppa un
largo movimento transnazionale “in difesa dei difensori
(Maccanico et al. 2018: 22) che si sostanzia nel nanzia-
mento di campagne stampa e nel supporto economico
per la difesa di operatori del soccorso indagati o arresta-
ti. Si aggiungono interventi da parte delle Nazioni Uni-
te e della UE. Anche le ONG modicano la loro azione,
raorzando la loro interconnessione e modicando la
loro strategia di comunicazione. Alcune azioni prendo-
no origine dalla cosiddetta “Carta di Milano: la solida-
rietà non è un reato”, prima fra tutte la creazione di un
Osservatorio (settembre 2017) che promette di agire sul
fronte legale (sostenendo le vittime di reati connessi al
salvataggio in mare o all’assistenza a terra dei migranti),
operando pressione per sostenere una riforma dell’ordi-
namento e, soprattutto, per coinvolgere e sensibilizzare
operatori della comunicazione come giornalisti, blogger,
registi, e fumettisti. In generale queste sensibilità por-
tano ad una rivisitazione complessiva della strategia di
comunicazione delle singole ONG, con una più attenta
descrizione delle operazioni di salvataggio e di ricerca di
un porto sicuro. Strutture più complesse e un maggior
numero di professionisti sono impegnati in quest’attivi-
tà che richiede un utilizzo accorto dei social network in
un sistema ibrido. Le richieste di tempestività e la neces-
sità di migliorare (anche tecnicamente) la qualità dei
contenuti richiede un nuovo approccio ma soprattutto
la presenza di professionisti all’interno degli sta delle
ONG e sulle stesse imbarcazioni, in grado di compren-
dere e confrontarsi con i «codici comunicativi di mer-
11 Save the Children e il Moas sottoscrivono il codice mentre altre – pri-
ma fra tutte Medici Senza Frontiere – ritengono le condizioni troppo
restrittive tanto da rendere inecace la loro presenza in zona SAR.
cato» (Binotto 2012: 15; cfr. Cravera e Ferraris 2009).
L’«aollamento contemporaneo della semiosfera» (ivi) ha
costretto giocoforza tutte le organizzazioni a misurarsi
professionalmente con questa dimensione e in un conte-
sto caratterizzato da hybridisation dei media (Chadwick
2017).
Il caso delle ONG è per certi aspetti paradigmatico
di cambiamenti che hanno interessato anche altre orga-
nizzazioni politiche o espressione della società civile con
fenomeni di isoformismo12 (Powell e Di Maggio 2000),
specie di tipo coercitivo che derivano dai vincoli nor-
mativi presenti negli Stati dove le ONG operano o di
tipo mimetico, frutto anche dell’interscambio di ope-
ratori tra organizzazioni umanitarie (Collinson 2016,
Barnett 2005). Si realizza, da una parte, la necessità di
un’attività di advocacy svolta nelle sedi istituzionali
dalle ONG (Mayne et al. 2018), spesso generando nuo-
ve organizzazioni che ne rappresentano gli interessi13,
dall’altra, un’attenzione nei confronti della comunica-
zione. Quest’ultima diventa permanente, da episodica
a continua con un controllo delle interazioni sviluppa-
te; i professionisti della comunicazione sono ingaggiati
per pianicare la comunicazione, spesso con un baga-
glio di esperienze maturate nel campo del marketing e
del giornalismo. Questo determina l’“esportazione” di
un approccio alla comunicazione strategica e al marke-
ting (Duralia 2017, Dolnicar e Lazarevski 2009), che si
riversa nelle nuove organizzazioni, inserite all’interno
di un sistema che spinge verso l’uniformità del sistema
comunicativo. La respectability e l’accountability diven-
tano centrali per queste organizzazioni in un periodo
nel quale la legittimazione del loro lavoro è messa in
discussione. Da queste caratteristiche dipende la raccol-
ta fondi (e la delizzazione del donatore) che ne deter-
mina la sopravvivenza e che, nonostante tutto, in questi
anni non ha mostrato segni di soerenza14. Grandi star
della musica e del mondo dello spettacolo conducono
campagne sociali per sostenere valori, cause civili, atti-
12 Alcuni studi mettono in luce un fenomeno inverso: il modello del-
le organizzazioni umanitarie può rivelarsi utile per le imprese per via
dell’agilità nella logistica delle emergenze (Cozzolino 2014).
13 In Italia nasce nel 2000 lAssociazione ONG italiane (AOI) con lo
scopo di rappresentare unitariamente i soci sia a livello nazionale che
internazionale e di essere elemento di raccordo con altre associazioni di
solidarietà internazionale o con gli enti sovranazionali in genere. Nono-
stante queste premesse la AOI non raccoglie l’adesione di tutte le orga-
nizzazioni.
14 Negli ultimi due anni, è osservabile un incremento delle risorse
(+10.4%), anche in considerazione della campagna “negativa” iniziata
nel 2017 e rivolta contro le organizzazioni impegnate nelle attività di
recupero e salvataggio. Nonostante si osservi un arresto del trend posi-
tivo di raccolta nel 2018 (forse per eetto ritardato delle campagne di
delegittimazione), l’ammontare complessivo della raccolta è aumentato
rispetto all’anno precedente.
63
Contro i “taxi del mare. La contronarrazione delle ONG e il caso SeaWatch3
vità speciche con campagne di sensibilizzazione rispet-
to a speciche questioni con una pluralità di linguaggi
(drammatizzante, accusatorio, ironico, …) (Gadotti e
Bernocchi 2010). Nel caso delle ONG una parte non
meno importante della comunicazione riguarda il reclu-
tamento di soci, di attivisti, di professionalità speciche,
di volontari da impiegare nelle zone di crisi.
Tutto questo avviene in un contesto non favorevo-
le alla trasmissione di questioni complesse, come quelle
proposte dalle ONG, con un interesse decrescente per le
loro attività da parte delle grandi testate giornalistiche
nazionali (Margelli 2009). Nella periodizzazione propo-
sta da Peruzzi e Volterrani (2016) è ravvisabile una linea
di evoluzione dell’approccio alla comunicazione dell’as-
sociazionismo italiano, che corrisponde ad un parallela
professionalizzazione delle attività delle organizzazio-
ni: in una prima fase che giunge no a metà degli anni
’90, ad una limitata attenzione dei media al “no prot”
corrisponde una comunicazione scarsamente professio-
nale delle stesse organizzazioni; dalla ne degli anni ’90,
se i giornalisti continuano a considerare di “nicchia” il
“no prot”, quest’ultimo produce una comunicazione
informativa più consapevole (spesso all’interno di rubri-
che o con la creazione di riviste) diretta ai politici e ai
giornalisti per ottenere una maggiore visibilità. A par-
tire dai primi anni del XXI secolo, la comunicazione è
nalizzata alla conquista dell’agenda pubblica, con con-
tenuti e formati che diventano interessanti per i giornali
anche al di fuori della logica dell’emergenza. In questa
fase le ONG mirano a diventare risorse permanenti per
il “daily news-gathering process” delle redazioni giorna-
listiche (Waisbord 2011).
Il processo di trasformazione delle organizzazioni è
evidente, anche se la professionalizzazione della comu-
nicazione15 non è sempre conseguente: specie nelle orga-
nizzazioni più piccole permane una ridotta segmentazio-
ne dei compiti e l’impiego di amateurs della comunica-
zione (Ihlen et al. 2015; Margelli 2009), a causa di limi-
tate risorse economiche da impiegare in queste attività.
Nella relazione con i media prevale – su un atteggiamen-
to proattivo, teso ad anticipare le domande e le necessità
dei media – un approccio reattivo nel caso di una spe-
cica necessità (Ihlen et al. 2015: 828). Tuttavia, la cri-
minalizzazione di alcune delle attività e gli scandali che
hanno coinvolto altre organizzazioni hanno determi-
nato una reazione generale (Margelli 2009) con impor-
tanti conseguenze sulla comunicazione: l’adozione di
strategie simili a quelle “di mercato” (più immagini, più
storie, più testimonials) e un raorzamento della comu-
15 Parliamo di strutture dedicate (es. Ucio Stampa, Ucio di Comuni-
cazione,), di personale con una formazione specica (Es. PR, giornali-
smo, etc.) o con una esperienza maturata in strutture specializzate.
nicazione sul web. Da una parte si osserva la presen-
za di organizzazioni16 (e di relativi portali sul web) che
diventano degli hub per la comunicazione del “no pro-
t” in grado di fornire informazione non “geneticamente
modicata”, di concentrare, riorganizzare notizie prove-
nienti dal sud del mondo e dalle ONG, di rielaborare le
informazioni per i media tradizionali. Inoltre, l’insieme
degli strumenti dalle singole organizzazioni si modi-
ca radicalmente nello spazio di un decennio. A questo
proposito i dati del 2018 del “Global NGo Technology
Report” mostrano la portata del cambiamento a livello
mondiale17. Lo studio fotografa non solo la presenza del-
le organizzazioni sotto indagine su una pluralità di piat-
taforme, ma soprattutto l’aumento della comunicazione
“just in time” che prevede un rapido aggiornamento del-
le informazioni e la cura delle interazioni con giornali-
sti, cittadini e donors. L’approdo naturale è verso i social
network: la comunicazione disintermediata delle ONG
sfrutta la viralità del messaggio per aumentare la visibi-
lità di issues e delle azioni pubbliche per costruire nuo-
ve reti di soggetti (soci, sostenitori, operatori, enti) e per
raorzare il senso di appartenenza. La piattaforma digi-
tale, come vedremo, caratterizza l’attività delle ONG non
solo per le attività ordinarie ( fund raising, mobilitazione
dei militanti, ...) ma anche per la gestione delle numerose
crisi che le vedono coinvolte18. In questo nuovo quadro è
bene considerare la presenza di Twitter (come vedremo
nel prossimo paragrafo), utilizzato come ucio stampa e
come strumento per lo storytelling delle organizzazioni.
LA SEAWATCH3 E LA COMANDANTE RACKETE
Lo studio del caso SeaWatch3 e della comandante
Rackete ci consente di individuare gli elementi centra-
li della nuova strategia delle ONG. La lunghezza della
vicenda ha consentito di osservare le strategie adotta-
te – dal salvataggio dei migranti sino allo sbarco – per
16 Margelli si riferisce a in particolare all’esperienza del Missionary Inter-
national Service News Agency, al portale Unimondo e ad “AGI mondo
ONG”, un portale interamente dedicato e specializzato nella distribu-
zione di notizie provenienti dal mondo non governativo, frutto di una
partnership tra l’AGI, un gruppo di ONG italiane e il Ministero degli
Aari Esteri italiano.
17 Il report è curato dal Blog Nonprot Tech for Good e sponsorizzatoda
Public Interest Registry riguarda 5352 ONG e 164 Stati sparsi su tutti i
continenti. Stesse tendenze anche da uno studio italiano su 76 ONG ita-
liane (Columbro e Pochettino 2018).
18 92% delle ONG hanno un sito e, di questi, l’87% sono mobile-com-
patible. 93% una pagina Facebook, 77% un prolo Twitter, 50% Insta-
gram, 57% Youtube, 56% Linkedin e un largo uso della messaggistica
(WhatsApp e Messenger). I dati sono ancora più signicativi se pensia-
mo che nel campione sono incluse anche piccole o piccolissime organiz-
zazioni, spesso non registrate e non presenti in rete.
64 Rossana Sampugnaro
contenere i rischi di criminalizzazione dell’azione di
soccorso. Il case study è approfondito con una metodo-
logia qualitativa che tiene conto della rassegna stampa
di 17 testate nazionali, delle immagini autoprodotte dal-
le ONG e della raccolta dei tweets nella lunga fase della
crisi, focalizzando in questo articolo la nostra attenzione
principalmente sulla SeaWatch3 e sulla sua comandan-
te. Grazie all’analisi della twittersfera, è stato possibile
osservare quale sia stato il reframing delle operazioni di
salvataggio proposto dalla ONG, quali siano stati i sog-
getti della società civile, i media e le istituzioni coinvol-
ti e quale il grado di internazionalizzazione del caso. È
necessario ricordare, in breve, i contorni della vicenda
che ha riguardato la SeaWatch3, un’imbarcazione bat-
tente bandiera dei Paesi Bassi e gestita da una organiz-
zazione non governativa tedesca con sede a Berlino, la
SeaWatch. Il 12 Giugno 2019 la ONG soccorreva in mare
un gommone con 53 migranti in una zona SAR attribui-
ta alla Libia19 (Fig. 1).
Questo implicava lo sbarco nel porto libico di com-
petenza (Tripoli), come consigliato dal Ministero degli
Interni, obbligo che la SeaWatch 3 ha disatteso20, diri-
19 https://www.tpi.it/2019/06/28/caso-sea-watch-riassunto/.
20 L’accordo del governo @ prevedeva il sostegno alla Guardia Costiera
Libica per attività di pattugliamento e di soccorso dei migranti che par-
tivano dalle coste della LIBIA. Giorgia Linardi per SeaWatch Italy twit-
ta un messaggio (15.06.19) con un video motivando la scelta: «la Libia
NON È RICONOSCIUTA come porto sicuro a livello internazionale.
Lo dice UNSMILibya, Refugees, EU_Commission, ItalyMFA. Se ripor-
gendosi verso Lampedusa (ritenuto un approdo con
maggiore garanzia per l’accoglienza) e chiedendo lo
sbarco dei migranti. La questione si complicava per via
dell’entrata in vigore del decreto sicurezza bis (dl n.
53/2019) che investiva il Ministro dell’Interno (Tab. 1)
della responsabilità di autorizzare il singolo sbarco e di
conseguenza del potere di vietare l’accesso in acque ter-
ritoriali per nalità di ordine pubblico o per contrastare
l’immigrazione irregolare21. Vietato l’approdo, l’imbar-
cazione sarebbe rimasta per 14 giorni in acque interna-
zionali, al di fuori di quelle italiane, in una situazione
di standby mentre Italia ed Europa si rimpallavano le
responsabilità dei migranti. Sotto pressione dell’opi-
nione pubblica e dopo un controllo medico predisposto
dal MRCC di Roma, il Viminale autorizzava lo sbar-
co sull’isola di 10 persone (tre minori, tre donne di cui
due incinte, due uomini in cattive condizioni di salute e
due altri soggetti) tramite una motovedetta della Guar-
dia Costiera. La posizione del vicepremier Salvini resta-
va durissima nonostante l’apertura del porto per le 10
persone: «non cambiamo idea: porti chiusi per chi non
rispetta le leggi, mette in pericolo delle vite, minaccia.
tassimo i naufraghi in #Libia, commetteremmo un respingimento col-
lettivo: crimine per cui l’Italia è già stata condannata». La dichiarazione
trova riscontro in inchieste giornalistiche che mostrano il trattamento
riservato ai migranti che cercano di arrivare in Europa.
21 Il decreto prevede multe salate per i trasgressori e la consca delle
imbarcazioni dopo reiterate violazioni.
0
20
40
60
80
100
120
14-giu 16-giu 18-giu 20-giu 22-giu 24-giu 26-giu 28-gi u 30-giu 02-lug 04-lug 06-lug
Sea Watch
soccorre 53
migranti a
largo della
Libia
Viminale
autorizza
lo sbarco
di 10
persone
La GdF
notifica alla
Sea Watch 3 il
Decreto
sicurezza Bis
Sea Watch fa
ricorso alla
Corte europea
dei diritti
dell'uomo per
ottenere
consenso per
lo sbarco
La
richiest
a viene
respinta
dalla
Corte
L'ONG forza
il blocco.
Carola Rackete
viene informata
dell'indagine a
suo carico.
Accordi con i
paesi europei
per
ricollocazione
A bordo
della ONG
salgono
parlamentar
i del PD, SI,
Radicali
italiani
Sea Watch
attracca al porto
di Lampedusa
senza
autorizzazioni.
Carola Rackete
viene sottoposta
agli arresti
domiciliari
Per la comandante
non viene disposta
alcuna convalida
d'arresto
Carola Rackete
viene iscritta nel
registro degli
indagati. Nel
pomeriggio la
GdF effettiva
perquisizioni a
bordo
Fig. 1. Timeline della crisi SeaWatch3 per numero di articoli (16 giugno - 4 Luglio).
65
Contro i “taxi del mare. La contronarrazione delle ONG e il caso SeaWatch3
Una ONG, peraltro straniera, non può decidere chi entra
in Italia»22. Il giorno seguente, la Guardia di Finanza
(GdF) noticava in mare il Decreto Sicurezza bis alla
Rackete che continuava a chiedere un porto di approdo
per questioni umanitarie e a cercare una sistemazione
per i migranti rimasti. In questa fase iniziava una inten-
sa attività di comunicazione (specie sul prolo Twitter
di SeaWatch3) che riguardava le storie dei migranti pre-
senti sulla nave, le attività giornaliere dell’equipaggio, la
testimonianza del medico, contestualmente alla formale
richiesta inviata alla Corte Europea dei Diritti dell’uomo
perché intervenisse autorizzando lo sbarco in via prov-
visoria23. Il 26 giugno, nonostante gli avvertimenti del-
la GdF, la capitana Carola Rackete decideva di forzare
il blocco, dirigendosi verso Lampedusa e stazionando
a poca distanza dal suo porto principale. Il 27 giugno
saliva a bordo una delegazione di parlamentari (Grazia-
no del Rio, Matteo Orni, Riccardo Magi e Nicola Fra-
toianni) che confermavano l’esistenza di una situazione
grave ed insostenibile e chiedevano – senza successo – al
Governo di autorizzare lo sbarco24. Nella notte tra il 28
e il 29 giugno, il comandante rompeva gli indugi e deci-
deva di entrare in porto, forzando il blocco e con una
manovra azzardata che ha rischiato l’incidente. L’epilo-
go della vicenda è l’arresto di Carola Rackete, accusata
di favoreggiamento e violazione dell’art.1099 del Codice
di navigazione dalla Procura di Agrigento, in seguito
alla denuncia della GdF, con la conseguente iscrizione
nel registro degli indagati e arresti domiciliari. Trova-
vano immediata applicazione anche alcune misure del
Decreto Sicurezza bis che prevedono multe salate e il
sequestro dell’imbarcazione. Nel frattempo gli ultimi 40
migranti trovavano accoglienza in cinque Paesi europei.
Per Carola Rackete non sarà disposta alcuna convalida
d’arresto. Dalle carte del gip di Agrigento, emergerà che
la comandante aveva agito per adempiere a un dovere,
senza compiere un reato. È escluso il reato di resistenza e
violenza a nave da guerra. Neanche il reato di resistenza
a pubblico uciale verrà contestato a Rackete per via di
una “discriminante”, cioè “l’adempimento di un dovere”:
portare al sicuro celermente i richiedenti asilo soccorsi
in mare, come prevedono le norme del diritto maritti-
mo. Dal canto suo, la procura aveva chiesto di convali-
dare l’arresto25.
22 «Abbiamo già fatto sbarcare malati e bambini, ora i porti restano
chiusi» (17/06), https://www.ilmessaggero.it/.
23 La Corte respinge la richiesta urgente il 25 giugno perché le misure
provvisorie sono previste solo in presenza di “rischio immediato di dan-
no irreparabile”. Il governo italiano aveva compiuto comunque le azioni
necessarie per mettere in sicurezza donne, bambini e malati.
24 Il premier Conte è meno radicale nei giudizi di Salvini, anche se de-
nisce “inaudita” la scelta della comandante.
25 «Carola Rackete, la capitana della Sea Watch 3, è indagata dalla pro-
LA CRISI DELLA SEAWATCH3 NEI QUOTIDIANI E
NELLA TWITTERSFERA
Sono gli eventi traumatici nel Mediterraneo ad
assorbire gran parte degli articoli della stampa sul-
la questione migratoria. Nel report Carta di Roma
(A.A.V.V. 2017), troviamo la sequenza temporale di
parole-chiave della copertura giornalistica: Lampedu-
sa (2013), Mare nostrum (2014), Europa (2015), Muri
(2016), ONG (2017), no a Salvini (2018), presente in
ben 865 articoli, specie a partire dall’insediamento del
primo governo Conte (giugno). Salvini, divenuto vice-
premier, sembra monopolizzare l’attenzione dei giornali
con azioni altamente conittuali: la chiusura dei porti
italiani alle ONG impegnate nella ricerca e soccorso in
mare – con i casi Aquarius, Lifeline e del cargo Maer-
sk – e la linea di scontro con le istituzioni politiche
internazionali ed europee. Il ruolo di unico primattore
è messo in discussione dall’aaire SeaWatch3. Rispetto
alle crisi precedenti, emerge qualcosa di diverso: l’ONG
mostra da subito un’attenta cura della comunicazione
sulla piattaforma digitale e conta sulla presenza di equi-
paggio “anomalo” con molte donne sulle quali emer-
ge Carola Rackete, la capitana in grado di “rompere
le regole”. Dall’analisi dei quotidiani26, emerge la lar-
ga copertura (specie nei nazionali) che si intensica in
presenza di uno scontro tra Salvini e Rackete, lascian-
do sullo sfondo il dramma dei 53 migranti e le delicate
questioni del diritto internazionale. Il meccanismo è, a
suo modo, semplice perché la creazione della storia della
SeaWatch3 è favorita dall’individuazione di un contro-
personaggio come Carola che suscita polarizzazione nei
commenti sui giornali e sul web (dagli attacchi misogi-
ni no alla beaticazione), diventando un trending topic
su Twitter, in seguito all’annuncio della forzatura del
divieto di entrare in acque italiane per raggiungere l’i-
sola di Lampedusa.
Dalla timeline (Fig. 1), è evidente la progressione
dell’interesse delle testate giornalistiche che si accende in
presenza di una radicalizzazione del conitto tra gover-
no italiano e ONG. A partire dal 25/06 (Fig. 2), la curva
che rappresenta il numero di articoli si impenna, anche
se con importanti dierenze tra i giornali che avevano
seguito con maggiore continuità la crisi (il Giornale e il
Manifesto) e quelli che modicano la copertura a partire
dal 25 (Corriere della Sera e La Repubblica) (Fig. 2). Dal
25 giugno si vericano una serie di eventi clamorosi (già
cura di Agrigento» (28/06), «L’arresto di Carola Rackete non è stato
convalidato» (2/07), https://www.ilpost.it.
26 Si tratta di articoli (dal 16.06.19 al 4.07.19), estratti dal database “Ras-
segna Stampa” della Camera dei Deputati con le parole chiave: Sea-
Watch3 o SeaWatch.
66 Rossana Sampugnaro
richiamati) che inuenzano la suddetta produzione gior-
nalistica.
In questa crisi, durata circa tre settimane, SeaWatch3
si presenta come un soggetto attivo nella produzione
autonoma di informazioni e notizie sull’imbarcazione,
sull’equipaggio e sui migranti. Questo avviene utiliz-
zando strumenti classici (comunicati stampa, intervi-
ste a giornali e TV) ma soprattutto tentando una piena
disintermediazione del messaggio attraverso gli account
presenti sulla piattaforma Twitter. Come altre indagini
confermano, quest’ultima è la piattaforma più utilizza-
ta (Pascali 2017) dalle ONG in zona SAR per tenere alta
l’attenzione del pubblico sugli sbarchi, per promuovere la
raccolta fondi, per diondere notizie, interviste, immagi-
ni. Twitter è inoltre utilizzato per dare un prolo inter-
nazionale alla crisi con l’intervento dell’insieme degli
account dell’organizzazione e non solo di quello in lingua
italiana. L’eetto di questa attività è rilevante ed esteso
da un punto di vista territoriale: il numero27 complessivo
tweet, retweet, replies to e mentions è 30.583. La presen-
za maggiore è di persone e di istituzioni italiane (1.156),
seguite da account in lingua tedesca (731), inglese (137),
francese (120) e spagnola (39) ma sono rilevabili account
riferibili ad altri Stati europei o a popolazioni che utiliz-
zano l’arabo, il turco, il giapponese e il persiano.
Tra gli account sono particolarmente attivi quel-
li delle altre ONG operanti nel Mediterraneo28 e dei
media nazionali con la presenza attiva di testate online
o di testate locali. Meno scontata è la presenza di testa-
27 I tweet sono estratti con il programma NODEXL attraverso l’hashtag
#SeaWatch3 e #SeaWatch, dal 12/06 al 2/07.
28 SeaWatch, Emergency, Open Arms, Greenpeace, Medici Senza Fron-
tiere, Sos Mediterranee, Sea-Eye, Amnesty, Desarollo.
te e riviste non italiane, molte delle quali specializzate in
questioni internazionali: attive le tedesche, le francesi, le
inglesi con a capo la BBC, quelle austriache e quelle rus-
se. Nel dibattito via Twitter intervengono partiti, asso-
ciazioni ed istituzioni (specie italiane e tedesche), il Par-
lamento Europeo, corpi di polizia e numerose personali-
tà: il Papa, il Presidente del Consiglio, i due vicepremier
Salvini e Di Maio, singoli politici e esponenti delle ONG
come Giorgia Linardi29. Il dibattito diventa internaziona-
le, superando i nostri conni e orendo nuovi framing
interpretativi della crisi.
Le attività di comunicazione, coordinate da un u-
cio di comunicazione centrale della ONG30, tendono a
contrastare la deumanizzazione, la decontestualizzazio-
ne e la drammatizzazione degli eventi. Emerge la neces-
sità di fornire informazioni e “rendicontazioni”, prima
di essere travolti dalle fake news. Le strategie adoperate
sono la comunicazione istantanea, la costruzione di sto-
rie e la personicazione delle vicende, non perdendo di
vista l’attività di fundraising.
Soermandoci solo su quanto prodotto dall’account
uciale italiano @SeaWatchItaly, è evidente la necessi-
tà di documentare quanto avviene nel momento in cui
avviene. La comunicazione sui fatti (recuperi in mare,
rianimazione, naufragi) è istantanea e documentata con
l’utilizzo di immagini dei principali protagonisti, del-
le vicende e dei luoghi. Questo intervento risponde alla
necessità di fornire aggiornamenti immediati su una
situazione critica (Fig. 3-a), di denire il quadro prima
dell’intervento dei media tradizionali e di rendere par-
tecipi altre persone. Specie nelle fasi del soccorso, una
sequenza di tweets spiega cosa succeda prima, durante e
dopo il soccorso, utilizzando un registro linguistico for-
temente emotivo. Ad essere principalmente documenta-
ta è la fase successiva ai soccorsi (post rescue), nella fase
in cui i migranti sono già in salvo sull’imbarcazione o
sulla terraferma. Chi segue le notizie è dentro la notizia,
vicino agli operatori, e vive un’esperienza di solidarietà.
Secondo i principi del marketing esperienziale (Margel-
li 2009: 140), la comunicazione può servire ad associare
un soggetto (una ONG) o un bene (un’attività specica)
ad una esperienza diretta per i possibili sostenitori. Nei
tweet anche i dubbi, le perplessità, le paure di chi opera
in zona SAR.
Al centro di questa narrazione, vi è la comandante
della imbarcazione Carola Rackete (Fig. 3-e) che diven-
ta insieme a Salvini la coprotagonista della vicenda Sea-
Watch3. Secondo Vargas Llosa, si consuma in quei gior-
29 L’analisi delle misure di centralità e dei clusters (non inclusa nel pre-
sente lavoro) consente anche una valutazione del peso variabile delle
singole istituzioni e la rete delle alleanze.
30 Da una mia intervista a Haidi Sadik, SeaWatch, 18 maggio 2020.
Fig. 2. Crisi Seawatch3: articoli pubblicati per testata (14.06.2019/
04.07.2019).
67
Contro i “taxi del mare. La contronarrazione delle ONG e il caso SeaWatch3
ni uno scontro a distanza tra l’Occidente democratico e
liberale da una parte e dall’altra «una caricatura faziosa
e razzista dello Stato di diritto»31. A distanza di due mesi
in un libro-manifesto, la comandante mostra la consape-
volezza del suo equipaggio circa quanto stava avvenen-
do nel contesto internazionale e quali erano i principali
attori: «Nel frattempo, la nostra missione ha fatto noti-
zia a livello internazionale. Il mondo guarda alla nave
all’ancora davanti a Lampedusa come mai era successo
prima con molte missioni di salvataggio private. Il moti-
vo è la situazione politica attuale…se il mondo improv-
visamente torna ad occuparsi dei soccorsi in mare
dipende dal fatto che il ministro in questione [n.d.r.
Salvini] scrive spesso e volentieri tweet e che io, una
giovane donna, sono il capitano di questa nave» (2019:
27-28). Esprime questa consapevolezza che è anche alla
base dell’interesse riservato dai media: quella di essere
«un capitano…un po’ fuori posto tra i capitani delle navi
mercantili» (ivi:53) e di avere una storia personale diver-
sa da quella di altri operatori.
31 “Carola merita il Nobel” su La Repubblica, 9 luglio 2019, p. 26.
I migranti e gli operatori presenti sulla nave sono
persone con nomi, età, identità. Anche SeaWatch3 segue
la strategia comune alle ONG che soccorrono i migran-
ti: puntare sul sentimento di empatia specie verso don-
ne e bambini nella convinzione che il pubblico sia più
interessato alle storie individuali (Ihlen et al. 2015:831).
Si tratta di un’occasione per dare voce a protagonisti,
esperti e migranti (Fig. 3-b, c).
Analizzando le modalità di comunicazione adotta-
te da parte delle ONG attraverso i canali social, si con-
ferma quanto altre ricerche hanno sottolineato (Pascali
2017:56-57): ad emergere è la propensione alla pubbli-
cazione di foto nelle quali le persone sono ritratte come
individui o in piccoli gruppi (non più immagini di una
massa indistinta di migranti), foto attraverso le quali è
possibile distinguere i volti, lo sguardo, l’abbigliamento
e le “smore” delle persone soccorse. L’obiettivo delle
ONG appare dunque quello di “restituire tratti umani
a un fenomeno migratorio spesso ridotto a una narra-
zione meramente numerica (ivi:57) o che rappresenta i
migranti in gruppi, su gommoni o imbarcazioni stracol-
me, dove si fa fatica a distinguere i visi.
Fig. 3. Selezione di tweets dal 16.06.19 al 29.06.2019 dall’account Sea-Watch Italy.
68 Rossana Sampugnaro
Sul prolo di SeaWatch3, vi sono al contrario molte
foto e, in alcuni casi, dei video che riprendono dei primi
piani. Con gli occhi ssi in camera, raccontano le loro
storie personali e i loro drammi. Lo sguardo dell’opera-
tore si avvicina per rappresentare un abbraccio, un padre
con il glio in braccio, un giocattolo regalato ad un bam-
bino ma soprattutto sorrisi, lacrime, espressioni del volto.
In questo racconto corale e non istituzionale, sono
presenti anche gli operatori umanitari (marinai, medici,
assistenti …), ritratti con la uniforme della loro organiz-
zazione (Fig. 3-d). Ognuno di loro diventa testimone di
una parte dell’operazione e restituisce un peculiare pun-
to di vista all’interno di una logica che spinge verso “la
banalità del bene”: come in altre occasioni, si privilegia
la costruzione dell’“eroe normale” (A.A.V.V. 2017: 30-31):
«un’astrazione simbolica ma almeno nalizzata a forni-
re un esempio, un modello etico da seguire piuttosto che
una solitaria gura salvica».
CONCLUSIONI
Strette da una parte da una regolamentazione delle
attività che può compromettere la funzionalità e dall’al-
tra dalla necessità di coinvolgimento dei cittadini, le
ONG si confermano come attori dinamici della società
civile, capaci di costruire alleanze e di modicare le loro
strategie.
Lo studio si è concentrato sul cambiamento delle
attività di comunicazione delle ONG (specie quelle ope-
ranti in zona SAR) proponendosi di riettere sulla con-
nessione tra l’evoluzione delle organizzazioni e della loro
funzione di comunicazione e il cambiamento delle regole
che sopraintendono alla loro azione di recupero e salva-
taggio. Il processo di criminalizzazione delle attività di
assistenza ai migranti ha determinato un’accelerazione
del cambiamento riguardante l’approccio alla comuni-
cazione, anche nel caso di organizzazioni di piccole o
medie dimensioni. Questo ha comportato una professio-
nalizzazione degli sta e un approccio marketing-orien-
ted alle attività. All’interno di un campo demoscopico in
cui sono presenti numerosi attori (istituzioni nazionali
ed europee, corpi militari, partiti, media), le ONG com-
petono per aermare i loro frames circa la migrazione:
no deindividualizzazione, no dematerializzazione della
morte, no drammatizzazione dei processi migratori ma
umanizzazione, attenzione ai singoli e alle loro storie
all’interno di una logica di comunicazione permanente
e tempestiva. Quelle presenti nelle zone SAR, agiscono
producendo comunicazione istantanea: simultaneamen-
te alle operazioni di rescuing, viene prodotta una diretta
fatta di messaggi, fotograe, messaggi verbali che antici-
pano la produzione di comunicati stampa uciali e l’in-
tervento dei giornalisti. Le organizzazioni costruiscono
la loro storia delle attività di salvataggio: lo storytelling
è prodotto con storie personali, foto e cronache del sal-
vataggio che tentano di umanizzare le tragedie. Si trat-
ta di un’attività parallela al salvataggio che comporta,
ad esempio, una sequenza di tweets con testimonianze,
immagini e individui.
Lo studio del caso SeaWatch3 e della comandante
Carola Rackete di cui vengono presentati alcuni risulta-
ti32 è esemplicativo di un cambio di strategia che pre-
vede una documentazione delle attività nel momento in
cui si realizzano, un coinvolgimento dei sostenitori e una
forte personalizzazione dei contenuti con un uso este-
so delle storie personali dei migranti e del personale di
bordo. L’analisi della twittersfera presenta numerosi van-
taggi: non solo gli attori esprimono in maniera sintetica
e visuale il loro punto di vista ma, nel caso delle ONG
operanti in zona SAR, Twitter è lo strumento privilegiato
per il microblogging e per le attività di “Ucio stampa”.
Dall’analisi dei tweet prodotti utilizzando lhashtag #sea-
watch3, si evidenzia la progressiva internazionalizzazione
del caso, con l’intervento dei principali media europei e
dei principali attori politici, della rete delle ONG e con
una modesta presenza delle istituzioni europee. È evi-
dente anche il tentativo di reframing delle ONG, condot-
to cercando di anticipare le possibili fake sulle attività di
salvataggio e documentando anche i dubbi e le perplessi-
tà della Rackete sulle azioni da adottare.
All’interno del complesso campo demoscopico, le
ONG appaiono come organizzazioni “riessive”, ossia
capaci di analizzare e trasformare processi, di aggiorna-
re le alleanze, di investire sulle competenze degli opera-
tori per governare le complesse dinamiche dell’opinione
pubblica.
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ta! Il racconto delle operazioni di ricerca e soccorso dei
32 La ricerca è inserita all’interno di una indagine sulla comunicazione
delle ONG in zona SAR condotta attraverso un’analisi dei materiali pro-
dotti, dei siti web e grazie ad interviste ai responsabili della comunica-
zione delle ONG che qui non vengono riportate.
69
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Article
Full-text available
Policymaking is rarely ‘evidence-based’. Rather, policy can only be strongly evidence-informed if its advocates act effectively. Policy theories suggest that they can do so by learning the rules of political systems, and by forming relationships and networks with key actors to build up enough knowledge of their environment and trust from their audience. This knowledge allows them to craft effective influencing strategies, such as to tell a persuasive and timely story about an urgent policy problem and its most feasible solution. Empirical case studies help explain when, how, and why such strategies work in context. If analysed carefully, they can provide transferable lessons for researchers and advocates that are seeking to inform or influence policymaking. Oxfam Great Britain has become an experienced and effective advocate of evidence-informed policy change, offering lessons for building effective action. In this article, we combine insights from policy studies with specific case studies of Oxfam campaigns to describe four ways to promote the uptake of research evidence in policy: (1) learn how policymaking works, (2) design evidence to maximise its influence on specific audiences, (3) design and use additional influencing strategies such as insider persuasion or outsider pressure, and adapt the presentation of evidence and influencing strategies to the changing context, and (4) embrace trial and error. The supply of evidence is one important but insufficient part of this story.
Article
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In July 2017, Italy drafted an EU-sponsored code of conduct aimed at regulating non-governmental migrant rescuing NGOs offshore Libya. The code makes permission for NGO vessels to disembark migrants in Italian ports conditional on collaborating in the fight against smugglers and accepting the presence of law enforcement personnel on board. This article investigates the inception, content and likely consequences of the Code, arguing that most of its provisions are either redundant or counterproductive. As suggested by scholarship on civil–military cooperation and maritime rescuing, the code as it stands would only violate humanitarian principles without increasing existing rescuing capabilities.
Article
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The “need” to build walls and barriers, restore boundaries, restraining “waves” of refugees and migrants, appears one of the most urgent priorities involving European countries. In Italian media and political debate this theme has been very important in last years also regard a peculiar kind of border, the maritime one, for the centrality acquired by Lampedusa and other coasts, also as symbolic space of construction of relationship with the “Other”. On the other hand, the media defined also “symbolic internal borders”, by focusing on certain themes or images of migrations. The contribution aims to explore and deconstruct the main mechanisms of representation and news-media construction of immigrant image in Italy. Through frame analysis (mostly carried out with qualitative and non-standard methods) will be enlightened three main discursive dimensions: a) the so-called “landing emergency” (as external border); b) the central interest on crime news where immigrants are protagonists, and c) the cultural-religious dimension of immigration (both as internal border).
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The International Crisis Group (icg) has the motto ‘working to prevent conflict worldwide’. As an organisation the icg occupies a very specific niche role, which is related to crises of a political nature, specifically armed conflict. While the icg employs a negative understanding of crisis, the academic definition of what a crisis may constitute is broader, as it can actually represent an opportunity for some actors. This article, written from a communication studies perspective, seeks to address how crises are manufactured in icg texts. It argues that the way in which crisis events are viewed and reacted to depends on the level of information and ‘knowledge’ that is produced and circulating about them. The article tackles the issue of the strategic level of the icg in terms of its means and mechanisms of attempting to project influence. It explores the different ploys and strategies used to influence policy makers, especially its communication strategy, the different values and ethics that are highlighted, and the ‘causes’ that are promoted.
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The article analyses the development of Search and Rescue (SAR) Operations in the Central Mediterranean by NGOs as a controversial but efficient practice and aims to discuss its impact on states’ and EU performances in coping with the migrant and refugee crisis. Using empirical data provided by the Italian Coast Guard from 2014 to 2018, it focuses on these questions: Are non-governmental SAR operations at sea becoming a civilian practice to be associated with governmental ones? Can the consolidation of such practice impact (complement) governmental and intergovernmental policies? It is divided into three parts. First, civil society organizations, and specifically NGOs, are analysed within the theoretical studies on migration, to stress their roles and approaches and to understand their relevance. Second, the recent use of SAR operations at sea by NGOs to rescue people in the Mediterranean are discussed as a complementary tool to governmental one. Their potentiality to become more than a temporary solution and instead to constitute an innovative and consolidated practice of ‘non-governmental SAR operations’ is assessed. Last, empirical data are used to evaluate the perception of such practice and to discuss its political and social legitimation.
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The media coverage of irregular immigration has the power to influence public opinion, fuel the formation of popular movements, and mold the political climate related to immigration. Based on comparative and multimethod data sets, this special issue of American Behavioral Scientist contributes to a renewed understanding of the role and impact of the mass media on the current climate, opinions, and policies related to irregular immigration in three different Western countries. Analysis of source strategies and ethnographic methods is combined with large-scale quantitative content analysis of news and surveys measuring the reception of this news coverage by audiences in the United States, France, and Norway. The research design pursued in this special issue of American Behavioral Scientist identifies (a) the dominant voices, narratives, and arguments in the mainstream media coverage of irregular immigration; (b) how stakeholders work strategically to promote their messages in the media; and (c) what attitudes the public holds about the coverage of irregular immigration in the media, and how these media evaluations relate to their attitudes toward immigration. Together, the articles in this issue offer new and surprising insights into how a controversial and important issue is strategically framed, covered in the news, and understood among the audience.
Affinità e differenze tra comunicazione d'impresa e non profit
  • M Binotto
  • Fausto Lupetti
Binotto M. (2012), Affinità e differenze tra comunicazione d'impresa e non profit, in Santomartino N. e Binotto M., (eds), Manuale dell'identità visiva per le organizzazioni no profit, Fausto Lupetti, Bologna.
Constructive deconstruction: making sense of the international humanitarian system
  • S Collinson
Collinson S. (2016), Constructive deconstruction: making sense of the international humanitarian system, HPG Working Paper, Overseas Development Institute, London