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COSA RESTERÀ DI QUESTE VISITE VIRTUALI?
STEFANIA BOIANO (InvisibleStudio - Università IULM)
GIULIANO GAIA (InvisibleStudio - Università IULM)!
STEFANIA ROSSI (Museo Poldi Pezzoli)
!!
LA PRIMA VISITA VIRTUALE - 11 MARZO 2020
InvisibleStudio, studio di innovazione culturale fondato da Stefania Boiano e Giuliano Gaia, svolge!
un’intensa attività didattica nel campo culturale in collaborazione con diverse università ed enti privati di
formazione. In collaborazione con uno di questi enti, RCS Academy, era prevista per l’11 marzo 2020
una visita al Museo Poldi Pezzoli per i circa 20 partecipanti al master di Management della Cultura e dei
Beni Artistici.
Purtroppo, come noto, proprio in quei giorni l’Italia entrava in lockdown totale. Il Museo Poldi Pezzoli,
nella persona della Responsabile della Promozione Stefania Rossi, e InvisibleStudio si sono quindi
trovati nella necessità di decidere immediatamente se annullare la visita o tentare comunque di condurla
virtualmente.
Di comune accordo si è deciso di tentare ugualmente la visita a museo chiuso, sfruttando le tecnologie
già esistenti: le riproduzioni fotografiche in 3D del museo effettuate da Google Arts&Culture e la
piattaforma di videoconferenza Zoom. (Boiano, Gaia 2020)
Fig. 1 - Visita Virtuale al Museo Poldi Pezzoli nel marzo 2020
Google Arts&Culture è una piattaforma gratuita offerta da Google per la fruizione dei beni culturali.
Una delle sue caratteristiche principali è la ricreazione online degli ambienti dei musei aderenti al
progetto tramite riprese fotografiche a 360°. Tali ambienti possono essere poi percorsi online dagli
utenti con un sistema di navigazione analogo a Google Street View. Al 17 marzo 2020 Google
Arts&Culture ospitava oltre 500 di questi tour virtuali in musei di tutto il mondo (Reiner-Roth 2020)
Il Museo Poldi Pezzoli è presente dal 2012 nella piattaforma con una visita virtuale dei suoi ambienti e
con la riproduzione in alta definizione di 220 delle sue opere. Tali riproduzioni sono accessibili nel sito
Google Arts&Culture sia individualmente sia dall’interno della visita virtuale in 3D.
Le visite virtuali di Google Arts&Culture sono state originariamente progettate per l’utilizzo singolo da
parte del visitatore, allo stesso modo in cui funziona Google Street View.!
L’idea della visita virtuale al Poldi Pezzoli invece prevedeva l’utilizzo di Zoom da parte della guida in
modo da poter condividere con i visitatori la visita a Google Arts&Culture! dallo schermo della guida,
permettendo quindi ai partecipanti di poter interagire con la guida in tempo reale, sia via chat che
direttamente a voce. Non solo: i visitatori potevano vedere i nomi (e a volte anche i visi) delle altre
persone collegate, trasformando la visita da individuale a collettiva.
Questo aspetto partecipativo si è dimostrato immediatamente prezioso, dato che più utenti hanno fatto
riferimento allo “stare insieme” come un elemento importante dell’esperienza, un aspetto non
secondario in un momento, quello del Covid, caratterizzato innanzitutto dalla solitudine.!
La presenza della guida umana ha inoltre permesso di costruire un percorso nel museo virtuale,
evidenziando le opere più significative e risolvendo a priori eventuali difficoltà tecniche che gli utenti
avrebbero potuto incontrare, specie i meno avvezzi all’utilizzo dello strumento Google Arts&Culture.
Infine, la guida ha potuto sfruttare a fondo le caratteristiche più interessanti di Google Arts&Culture,
come ad esempio le riproduzioni ad altissima definizione dei dipinti, evidenziando particolari
difficilmente visibili a occhio nudo e che sarebbero sfuggiti al visitatore non esperto.
Fig. 2: esempio di immagine ingrandita durante la visita virtuale al Museo Poldi Pezzoli
Il successo della formula è stato confermato dal fatto che il Gruppo Giovani del Poldi Pezzoli ha
successivamente organizzato con lo stesso format oltre 30 visite nei due mesi del primo lockdown
(marzo/aprile 2020) coinvolgendo in totale oltre 1000 persone e sperimentando anche altre forme di
visita oltre a quella iniziale, quali:
• una visita/gioco con enigmi sviluppata dagli studenti del master RCS Academy, in
collaborazione con InvisibleStudio
• una visita per persone sorde con interprete della lingua dei segni LIS collegata in
contemporanea alla guida, in collaborazione con l’Ente Nazionale Sordi
• visite guidate per gruppi aziendali!
• visite guidate in inglese per residenti a Washington e Philadelphia, in collaborazione con
Istituto Italiano di Cultura
Tutte queste visite virtuali, attualmente in ripetizione anche durante il secondo lockdown con formula
sia gratuita che a pagamento, hanno un aspetto in comune: l’esistenza di un lato sociale dell’interazione,
che come si vedrà nel paragrafo successivo ha caratterizzato fin dagli inizi l’evoluzione della rete.
L’ELEMENTO SOCIALE DEI MONDI VIRTUALI
Concepita inizialmente come semplice strumento di condivisione di risorse informatiche, la rete trova
nella posta elettronica la killer application e la ragione del proprio successo, trasformandosi da strumento
di comunicazione tra computer a strumento di comunicazione tra esseri umani mediata dal computer
fino alla costruzione di vere e proprie “comunità virtuali (cfr. Rheingold 1993, Gaia 1995, Gaia 2001).
E’ quindi un uso sociale a permettere il successo e l’adozione della rete Internet prima a livello
universitario, e successivamente a livello aziendale e globale. Questo aspetto non deve sorprenderci: per
gli esseri umani comunicare tra loro è un bisogno fondamentale.
Nonostante il web sia stato per i primi anni un mezzo abbastanza “solitario” nel quale la fruizione era
prevalentemente individuale, forum di discussione via web hanno cominciato a essere popolari
piuttosto rapidamente, fino ad arrivare al web 2.0 dal 2004 in poi basato su blog e social media, in cui
l’aspetto sociale è diventato molto importante se non a tratti prevalente, favorito dalla successiva
diffusione degli smartphone e del web mobile a partire dal 2007-2008 circa.
Questo aspetto sociale non riguarda solo il web a due dimensioni, quello a cui siamo abituati, ma anche
i mondi a tre dimensioni. Jaron Lanier, il creatore del concetto di Realtà Virtuale nei primi anni Ottanta
ha definito in maniera netta l’importanza della presenza umana nei mondi virtuali: “The visceral
realness of human presence within an avatar is the most dramatic sensation I have felt in Virtual
Reality” (Lanier 2017, p. 179)
Nel 1999 ad esempio il Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano, in collaborazione con il
Politecnico di Milano, ha realizzato Leonardo Virtuale, un sistema di visualizzazione multiutente di un
museo virtuale (Gaia et al. 1999). Il sistema permetteva ad utenti di tutto il mondo di collegarsi ad una
ricostruzione virtuale in tre dimensioni del Museo ed esplorarlo sia in modalità individuale sia seguendo
visite guidate, come pure di interagire con gli altri utenti presenti nel sistema via chat.!
Fig.3 - Schermata di Leonardo Virtuale (1999)
La presenza contemporanea di persone in grado di interagire tra loro e con la guida era un aspetto
essenziale della sperimentazione; non a caso il sistema prevedeva aspetti particolari come ad esempio la
possibilità di vedere con gli occhi della guida, in modo da rendere la visita virtuale ancora più interattiva.
Leonardo Virtuale è stato il primo sistema di interazione tridimensionale online via web sviluppata in un
museo, e uno dei primi in assoluto al mondo, ponendosi agli inizi di quella linea di mondi 3D condivisi
che avrebbe portato nei primi anni 2000 a Second Life fino agli attuali! giganteschi giochi multiplayer
online come Minecraft e Fortnite.
Purtroppo da quella lontana sperimentazione il mondo delle ricostruzioni virtuali in 3D dei musei ha
preso una linea decisamente “individuale”, e mentre moltissimi musei offrono la possibilità di visite
virtuali in 3D, quasi nessuno ne prevede una fruizione collettiva. Ci auguriamo invece che questa
modalità diventi prioritaria in futuro, perché può aiutare a rimettere l’accento su uno degli aspetti più
importanti dell’esperienza museale, quello appunto della socialità, premessa fondamentale per la
creazione di vere e proprie comunità attorno ai musei, come auspicato da Nina Simon nel celebre libro
The Participatory Museum (Simon 2010)
L’ELEMENTO SOCIALE DEI MUSEI: GIOVANI COMMUNITY. IL CASO DEL GRUPPO
GIOVANI DEL MUSEO POLDI PEZZOLI
L’esperienza delle visite virtuali del Museo Poldi Pezzoli non è stata sociale soltanto dal lato della
fruizione, ma anche da quello dell’organizzazione. Infatti le visite sono state organizzate in stretta
collaborazione con il Gruppo Giovani del Museo Poldi Pezzoli.
Fig.4 - Alcuni componenti del Gruppo Giovani del Museo Poldi Pezzoli
Il Gruppo Giovani è stato costituito nel 2016 da Stefania Rossi accogliendo le richieste di studenti
universitari che si sono candidati spontaneamente a collaborare con la casa museo.
L’obiettivo del gruppo è far conoscere il museo ai propri coetanei e più in generale di sensibilizzarli al
valore delle realtà culturali creando consapevolezza e senso di appartenenza.
Il programma dei primi anni di attività è stato intenso: oltre 2.500 giovani sono venuti al Museo
aderendo con entusiasmo e interesse alle proposte ideate e realizzate con grande impegno dai “giovani
del Poldi” partecipando a serate speciali dove la visita guidata delle collezioni del museo è stata
accompagnata da diverse attività quali contest fotografici, giochi a premi e musica. L’attività, inoltre, è
uscita dal museo per diffondersi in città: visite guidate a mostre, istituzioni milanesi e una biciclettata tra
le Case Museo di Milano in occasione di Milano Green City.
Nel caso delle visite virtuali, i Giovani hanno collaborato sia alla realizzazione delle visite (come guide e
assistenti) sia supportando la promozione dell’iniziativa e dando stimoli e idee per la visita.
CONCLUSIONI: COSA RESTERÀ DI QUESTE VISITE VIRTUALI?
Si è molto dibattuto durante e dopo il primo lockdown sul valore e sul futuro delle visite virtuali. Sulla
base dell’esperienza del Museo Poldi Pezzoli, che si può definire come una delle più significative a
livello nazionale sia in termini temporali, essendo stata una delle prime e più prolungate, sia in termini
di partecipazione, è possibile affermare che le visite virtuali potranno costituire uno strumento didattico
importante anche in un futuro post-pandemia, a patto che:
• sia ben chiara la differenza con le visite reali, che non possono andare a sostituire, ma che
possono integrare efficacemente!
• siano realizzate con grande cura e attenzione, e soprattutto con partecipazione umana sia da
parte del pubblico che degli organizzatori
• siano dirette a fruitori che ne abbiano vera esigenza, ad esempio coloro che non sono in grado
di visitare il museo, perché geograficamente lontani o impossibilitati a partecipare (come ad
esempio i malati lungodegenti).
Al di là delle visite virtuali in senso stretto però riteniamo importante ribadire che uno dei fattori
essenziali di capacità di ripresa per un museo è costituito dal legame sviluppato con precise comunità di
riferimento. Le comunità che si costruiscono attorno al museo infatti non sono solo uno strumento
fondamentale di promozione e coinvolgimento: sono ciò che rende il museo radicato e rilevante. Il
Gruppo Giovani ne ha fornito una prova evidente: quando la pandemia ha di fatto cancellato
l’operatività del museo, ciò che è rimasto vivo e vitale è stato proprio il rapporto che il museo ha creato
con questa e con altre comunità di riferimento che hanno continuato a sostenerlo con entusiasmo
anche nella nuova e limitata dimensione digitale.
BIBLIOGRAFIA
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Lanier 2017 = Lanier J., The Dawn of the New Everything, Henry Holt and Co., New York, 2017
Simon 2010 = Simon N.,! The Participatory Museum, Museum 2.0, 2010
Reiner-Roth 2020 = Reiner-Roth S., Google Arts & Culture compiles over 500 virtual tours of museums around
the world, The Architect’s Newspaper, 2020 https://www.archpaper.com/2020/03/google-arts-culture-
over-500-virtual-museums/ !
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