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SIBILLA APPENNINICA, IL MISTERO E LA LEGGENDA - IL LAGO DI PILATO IN UN ANTICO MANOSCRITTO: PIERRE BERSUIRE E LA TENEBROSA FAMA DEL LAGO DI NORCIA NEL QUATTORDICESIMO SECOLO

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Il mistero del Monte Sibilla, in Italia, è un enigma antico e ancora inspiegato. La montagna innalza il proprio picco tra l'Umbria e le Marche. La grotta sulla cima è stata oggetto di visite, per secoli, da parte di uomini provenienti da ogni parte d'Europa, in cerca del leggendario reame sotterraneo della Sibilla degli Appennini. Una ricerca che non si è ancora conclusa. Con questo articolo Michele Sanvico presenta un'analisi dettagliata di un testo trecentesco scritto da Petrus Berchorius, un monaco benedettino, relativo al Lago di Norcia, conosciuto oggi come Lago di Pilato.
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MICHELE SANVICO
SIBILLA APPENNINICA
IL MISTERO E LA LEGGENDA
IL LAGO DI PILATO IN UN ANTICO MANOSCRITTO:
PIERRE BERSUIRE E LA TENEBROSA FAMA DEL LAGO DI
NORCIA NEL QUATTORDICESIMO SECOLO1
1. Un monaco benedettino, una piccola città d'Italia, un lago sinistro
«Ho udito narrare un terribile racconto a proposito di Norcia, città d'Italia,
riferitomi come cosa assolutamente vera e sicura da un certo prelato,
persona sommamente attendibile tra tutti gli uomini» (nel testo originale
latino: «Exemplum terribile esse circa Norciam Italie civitatem audivi pro
vero et pro centies experto narrari a quodam praelato summe inter alios fide
digno»).
È questa la frase iniziale di un testo straordinario, reperibile all'interno di
un prezioso manoscritto risalente al quattordicesimo secolo: il Reductorium
Morale di Petrus Berchorius (Pierre Bersuire), un monaco e abate
benedettino francese, vissuto tra il 1290 e il 1362 e attivo presso la corte
papale di Avignone, noto per la grande erudizione e la produzione di dotte
opere letterarie.
È la prima volta che uno degli antichi manoscritti del Reductorium Morale,
contenente una importantissima citazione a proposito del Lago di Norcia
(conosciuto oggi con il nome di 'Lago di Pilato'), viene pubblicato nella sua
versione originale, tratta dalla Bibliothèque Nationale de France
(Département des Manuscrits, Latin 16786), un'opera redatta da un copista,
1 Articolo pubblicato il 12, 16 e 22 marzo 2018
(http://www.italianwriter.it/TheApennineSibyl/TheApennineSibyl_LegendOrigin.asp)
1
Julianus di Campis, nell'anno 1399. Ma il testo di Berchorius è assai più
antico, essendo probabilmente risalente al 1335.
Ci troviamo di fronte alla più antica evidenza oggi disponibile in relazione
all'oscura leggenda che circonda i Laghi di Pilato, profondamente
incastonati nel fondo del cerchio glaciale formato dai paurosi picchi del
Monte Vettore, a poche miglia di distanza dal Monte Sibilla, in Italia.
Un'evidenza che fu posta su pergamena più di un secolo prima rispetto al
Paradiso della Regina Sibilla di Antoine de la Sale, il quale anch'egli fa
menzione del sinistro specchio lacustre.
Fig. 1 - Una visione dei Laghi di Pilato situati tra i Monti Sibillini
E questa evidenza è tanto impressionante quanto significativa.
«Raccontava egli infatti», prosegue Petrus Berchorius, al Capitolo 30 De
Italia del Libro XIV, nel riferire quanto a lui narrato, «che tra le montagne
che si innalzano in prossimità di questa città si trova un lago, dagli antichi
consacrato ai dèmoni, e da questi visibilmente abitato, al quale oggi nessun
uomo, ad eccezione dei negromanti, può accedere, senza che venga ucciso
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dai dèmoni. Per questo motivo, attorno al lago sono state costruite delle
mura che sono sorvegliate da guardie, affinché non sia permesso ai
negromanti di accedere a quel luogo per consacrare i propri libri ai
dèmoni».
[Nel testo originale latino: «Dicebat enim inter montes isti civitati
proximos esse lacum ab antiquis daemonibus consecratum et ab ipsis
sensibiliter inhabitatum, ad quem nullus hodie praeter necromanticos potest
accedere, quin a daemonibus occidat. Igitur circa terminos lacus facti sunt
muri qui a custodibus servantur, ne necromantici pro liberis suis
consecrandis daemonibus illuc accedere permittantur»].
Fig. 2 - Il brano sul Lago di Norcia tratto dal Reductorium Morale di Petrus Berchorius (Bibliothèque
Nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 16786)
E così, il testo più antico a nostra disposizione che ci racconti dei Laghi di
Pilato, scritto prima della metà del quattordicesimo secolo, non riporta la
benché minima menzione del nome di Ponzio Pilato, della leggenda
connessa all'inabissamento del corpo del prefetto romano della Giudea nel
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lago italiano, così come invece appare in opere letterarie più tarde, come
quella di Antoine de la Sale. Al contrario, questo testo ci fornisce una
conferma importantissima: il lago era un luogo presso il quale veniva
praticata la negromanzia, perché in esso vivevano dèmoni. E ciò era noto
sin dall'antichità.
Si tratta di una significativa conferma della teoria che stiamo attualmente
cominciando a delineare, e che sarà illustrata in futuri articoli
maggiormente esplicativi: esiste un nucleo leggendario, nell'ambito del
mito della grotta e del lago della Sibilla, che è occultato da una pluralità di
strati sovrapposti aventi origine sia popolare che letteraria, i quali nulla
hanno a che fare con il cuore profondo della leggenda.
Questo cuore è strettamente collegato alla fama tenebrosa rinvenibile nel
racconto di Petrus Berchorius, parimenti presente anche in altre fonti
letterarie.
Fig. 3 - I Laghi di Pilato, posti al centro del circo glaciale del Monte Vettore, in una immagine invernale
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Una fama tenebrosa che, proseguendo nella nostra lettura del manoscritto
di Berchorius, diviene a mano a mano ancora più oscura. Perché appare
manifesto che un tributo venga richiesto dagli esseri maligni che dimorano
al di sotto delle acque gelide del lago di Norcia.
Un tributo che deve essere corrisposto nella forma di vite umane. Come
vedremo nel prossimo paragrafo.
2. «Norica» o «Norcia»?
I Laghi di Pilato, un tempo conosciuti come il Lago di Norcia, sono
rappresentati con un tratto oscuro e sinistro nel testo trecentesco redatto da
un monaco benedettino, Petrus Berchorius. Il lago, profondamente annidato
nella sua culla di roccia, sormontata dagli orridi picchi del Monte Vettore,
nell'Italia centrale, viene descritto come un luogo tenebroso, presso il quale
i negromanti usavano evocare entità maligne, eseguendo magici rituali per
consacrare i propri libri.
Eppure, per oltre un secolo, un dubbio ha occupato le menti di quei
ricercatori che hanno avuto modo di occuparsi di questo antico resoconto:
Berchorius intendeva veramente riferire il proprio testo a Norcia? O non
stava forse egli indicando una diversa località, posta in Italia o addirittura
altrove?
Questa incertezza aveva avuto origine nel 1893, nell'ambito di un saggio
scritto da Arturo Graf, uno studioso che si è occupato dei racconti, simboli
e tradizioni del mondo medievale. Nel suo Miti, leggende e superstizioni
del Medio Evo, Graf pubblica, per la prima volta e a beneficio degli
studiosi moderni, il testo latino scritto da Berchorius, insieme alla
traduzione italiana dello stesso. Appare chiaro, al Graf, come quel brano sia
connesso a ciò che oggi conosciamo come i Laghi di Pilato, posti non
lontano dalla città di Norcia; eppure, il testo originale da lui consultato
recita «Noricam» e «Norica», invece di «Norciam» e «Norcia».
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Fig. 4 - Il saggio di Arturo Graf sui Laghi di Pilato incluso nella sua opera sul medioevo
E così, Graf è costretto ad aggiungere una nota, nella quale così si esprime:
«Nella stampa, che io ho tra le mani, si legge con manifesto errore
'Noricam'. Non è improbabile che il Bersuire abbia scritto 'Norciam' in
luogo di 'Nursiam', agevolando così lo scambio» (vedere figura). Un'ipotesi
ragionevole da parte del Graf, in quanto l'antico territorio del 'Norico' è
situato in Austria e dunque Berchorius non avrebbe avuto alcuna ragione
per includerlo, come argomento di discussione, nel capitolo dedicato
all'Italia. Inoltre, il monaco benedettino non avrebbe certamente fatto
riferimento a quella regione come ad una «città d'Italia».
Fig. 5 - L'ipotesi proposta da Arturo Graf a proposito della possibile imprecisione rilevabile nella parola
'Norcia'
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La congettura di Arturo Graf era corretta? Il nostro studioso aveva ragione?
Berchorius stava realmente facendo riferimento ad un lago posto non nella
regione del Norico, ma presso la città di Norcia?
Nel corso degli utlimi centoventicinque anni, il predetto dubbio non è stato
mai pacificamente risolto: tutti gli autori che, in anni recenti, hanno
menzionato le parole di Berchorius (Luigi Paolucci, 1967; Giuseppe
Santarelli, 1974; tutti i successivi studiosi e scrittori) si sono limitati a
citare dall'opera di Graf, senza dunque effettuare alcun passo in direzione
della soluzione di questo punto del tutto critico.
Oggi, Sibilla Appenninica - Il Mistero e la Leggenda è lieta di poter
confermare che Arturo Graf, nel 1893, non si era affatto sbagliato. L'erudito
ricercatore italiano aveva enunciato l'ipotesi corretta.
Come scrive il letterato ottocentesco nella propria nota, egli stava
lavorando su di una versione a stampa del Reductorium Morale. Proprio
come quella che presentiamo nell'illustrazione seguente: una preziosa
edizione a stampa pubblicata a Venezia nel 1583.
Fig. 6 - L'edizione a stampa del Reductorium Morale pubblicata nel 1583
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Nell'edizione a stampa, il testo di Berchorius recita come segue:
«Exemplum terribile esse circa Noricam Italiae civitatem...». Nella
versione originale manoscritta, lo stesso testo si presenta in modo
differente: «Exemplum terribile esse circa Norciam Italie civitatem...»
(vedere figura).
E la stessa sostituzione è visibile anche alcune righe più sotto: «a Norica
civitate» nella versione del 1583, «a Norcia civitate» nella versione
originale manoscritta.
Fig. 7 - Un confronto tra la versione a stampa e quella manoscritta del Reductorium Morale
Alla fine, dunque, nessun dubbio è più possibile: l'ipotesi proposta da
Arturo Graf aveva colpito pienamente nel segno. Petrus Berchorius sta
riferendo notizie a proposito di un lago, che non si trova affatto nel Norico,
ma a Norcia. Un lago oggi da noi conosciuto con il nome di Laghi di Pilato.
Ma proseguiamo con la nostra analisi del testo di Berchorius. Stiamo per
pubblicare, per la prima volta in assoluto, non solo la prima porzione
testuale tratta dal Reductorium Morale e già citata dal Graf nel 1893, ma
anche la seconda parte del testo scritto nel quattordicesimo secolo
dall'abate benedettino: nessuno ha mai avuto occasione di prenderlo in
considerazione prima d'ora, e Sibilla Appenninica - Il Mistero e la
Leggenda è felice di potere sottoporre queste ulteriori frasi in precedenza
ignote all'attenzione dei ricercatori di oggi. Nel prossimo paragrafo.
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3. Sacrifici rituali presso le acque del Lago di Norcia?
Nel 1335, un monaco benedettino, Petrus Berchorius, riporta la prima
menzione conosciuta relativa ad un lago posto nelle vicinanze di Norcia, tra
i Monti Sibillini, il massiccio montuoso situato in Italia, lungo la dorsale
appenninica. Una menzione che pare essere strettamente collegata con il
fondamento più autentico di quel racconto leggendario che avvolge ciò che
oggi conosciamo con il nome di Laghi di Pilato, e che in tempi più antichi
era conosciuto come il Lago della Sibilla, o il Lago di Norcia.
Fig. 8 - I Laghi di Pilato immersi nel lucore di un'alba serena
Eppure, Berchorius non cita mai le parole 'Pilato' o 'Sibilla'. Egli, invece,
propone direttamente alla nostra attenzione il nucleo più profondo del mito
connesso a quel lago. E questo nucleo risulta essere significativamente
tenebroso:
«E questa è la cosa sommamente terribile di quel luogo: che quella città
[Norcia], ogni anno, invia un singolo uomo, vivo, oltre le mura che
circondano il lago, a modo di tributo per i dèmoni, i quali subito e
visibilmente lo smembrano e lo divorano; e dicono che se la città non
facesse questo, il suo territorio sarebbe devastato dalle tempeste».
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Fig. 9 - La successiva porzione del testo di Berchorius sul Lago di Norcia, tratta dal Reductorium Morale
[Nel testo originale latino: «Est ergo istud ibi summe terribile, quia civitas
illa omni anno unum hominem vivum pro tributo infra ambitum murorum
iuxta lacum ad daemones mittunt, qui statim visibiliter illum hominem
lacerant et consumunt, quod (ut aiunt) si civitas non facet, patria
tempestatibus deperiret»].
Secondo Berchorius, Norcia parrebbe avere avuto l'usanza di sacrificare
una vita umana nelle acque di quel lago, profondamente annidato al di sotto
delle creste del Monte Vettore, per acquietare una qualche genìa di dèmoni
insediati nel lago medesimo - dèmoni che avrebbero colpito l'intera regione
se non fossero stati nutriti, ogni anno, con l'anima di un uomo.
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Solo una storia priva di fondamento? Una semplice fandonia che
Berchorius avrebbe inteso divulgare, per qualche ragione specifica ma
sconosciuta, inserendo menzione, nella propria opera, di questa efferata
condotta?
In realtà, vedremo che non è rinvenibile evidenza alcuna a proposito di una
pratica così disumana e barbarica in nessuna cronaca che si sia occupata di
narrare le antiche vicende della storia di Norcia. Eppure, vedremo che
questa tematica così peculiare apparirà in modo ricorrente nell'ambito dei
racconti relativi ai Laghi di Pilato e al Monte Sibilla.
Ma proseguiamo con la lettura delle parole scritte da Berchorius, il quale ci
fornisce ulteriori dettagli su questo tema:
«Ogni anno la città seleziona un qualche criminale, che poi invia in quel
luogo come tributo per i dèmoni. Mai avrei potuto credere a tale racconto,
perché mai ne lessi in alcuna opera, se non lo avessi udito affermare con
forza da un vescovo così importante».
[Nel testo originale latino: «Civitas ergo annuatim aliquem sceleratum
eligit que pro tributo daemonibus illuc mittit. Istud autem quia alicubi non
legi, nullatenus crederem, nisi a tanto episcopo firmiter asseri
audivissem»].
Con onestà, Petrus Berchorius ci conferma che nessun resoconto ufficiale
relativo alle storie di Norcia ha mai riportato alcunché a proposito di una
pratica così orribile. Eppure, una verità di qualche genere sembrerebbe
nascondersi al di sotto di questa incredibile voce, a lui riferita da uno
sconosciuto presbitero ritenuto degno di fede.
È tutto? No. Sibilla Appenninica - Il Mistero e la Leggenda è lieta di
presentare all'attenzione del lettore di oggi le ulteriori parole che
Berchorius ha successivamente impiegato per descrivere questa strana
dicerìa. Stiamo infatti per proporre le frasi aggiuntive vergate dall'abate
benedettino in merito al Lago di Norcia. Parole che, in tutta evidenza, non
erano mai state pubblicate sino ad ora, in quanto esse non furono riportate
nel saggio novecentesco redatto da Arturo Graf e relativo alle leggende del
Medioevo.
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Per completezza informativa, avvisiamo anticipatamente che la nostra resa
in italiano moderno delle parole di Berchorius non è certamente perfetta, in
quanto il testo originale contiene una certa quantità di abbreviazioni
scribali, le quali rendono difficoltosa la comprensione di ognuna delle
singole parole presenti nel manoscritto. A titolo di ulteriore ausilio,
abbiamo anche fatto riferimento all'edizione a stampa del 1583, la quale
pare riportare il medesimo testo, con minime variazioni.
Fig. 10 - Il testo completo relativo al Lago di Norcia tratto dall'edizione a stampa del Reductorium
Morale di Petrus Berchorius pubblicata nel 1583
Proviamo allora a decodificare le righe che seguono, tratte dal brano di
Berchorius, proseguendo dunque oltre le frasi che già avevamo riportato:
«Potremmo affermare allegoricamente, se vuoi, che questo lago significa
Inferno, e cioè un luogo e un lago abitato da demoni, al quale nessuno può
avvicinarsi che non sia divorato da essi; e per questo fu costruito un muro,
munito di guardie delle leggi di Dio, vale a dire di sacerdoti e predicatori,
per impedire che gli uomini potessero perire a causa del male. Così
dicono di questo lago, affinché nessun uomo vivente possa morire
provenendo dalla città di Norcia, e possa in questo modo essere richiesto
come tributo, e massimamente i criminali (?) e le anime dannate (?) che
scendono vivi all'Inferno».
[Nel testo originale latino: «Dic si vis allegorice quod iste lacus significat
infernum, qui est locus et lacus demonibus deputatus quo nullus accedit
quin sit a demonib. devoratus, et ideo murus mandatorum Dei cum
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custodibus, i. cum praelatis et praedicatoribus ponitur ad impedimentum [?]
ne illuc homines p vitia dilabantur. Iste est ergo lacus quin homines vivos,
i.aias q mori nequeunt a Norcia civitate, i.ab isto modo pro tributo appetit
re petit (?), quos (?) maxime sceleratos mundus continue sibi mittit et
damnandorum animas sibi solvit psal Descendunt in infernum viventes»].
È questa, dunque, l'antica, terrificante fama dei Laghi di Pilato, in
precedenza noti come il Lago di Norcia: un luogo in cui, secondo
Berchorius, uomini viventi venivano offerti in sacrificio rituale a non
meglio specificati dèmoni, a scopo propiziatorio e per evitare una
imminente devastazione. In seguito, sarebbero state costruite delle mura
attorno al lago, proprio per impedire questa orribile pratica.
Vedremo, in ulteriori articoli, come ulteriori riferimenti ad uno scenario
così sinistro si ripresentino ulteriormente in altri brani antichi, in presenza o
in assenza di una concomitante menzione dei nomi di Ponzio Pilato o della
Sibilla Appenninica.
Cosa significa tutto ciò? Di cosa sta parlando, Petrus Berchorius? È
veramente possibile che alcuni uomini possano avere incontrato un destino
esiziale nella acque gelate dei Laghi di Pilato, in altitudine, tra le vette dei
Monti Sibillini? Perché nessuna altra fonte che racconti della storia di
Norcia contiene alcun riferimento in merito ad un tale barbaro costume? È
possibile reperire ulteriori testi antichi che menzionino elementi che
possano ricordare le parole scritte da Berchorius?
La sola cosa che possiamo dire di conoscere, a questo stadio della nostra
ricerca, è che ci stiamo avvicinando, con passi timorosi ed esitanti, al
nucleo tenebroso del corpus di leggendari racconti che minacciosamente
sembrano rivestire le creste dei Monti Sibillini, con i laghi, la caverna e una
Sibilla. Un nucleo sinistro che proveremo a svelare attraverso ulteriori
studi, e che presenteremo in futuri articoli.
Michele Sanvico
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