Content uploaded by Tommaso Santagata
Author content
All content in this area was uploaded by Tommaso Santagata on Jan 22, 2021
Content may be subject to copyright.
529
I GESSI DI MONTE MAURO
Memorie dell’Istituto Italiano di Speleologia
s. II, 34, 2019, pp. 529-538
RILIEVI TRIDIMENSIONALI
E OSSERVAZIONI GEOMORFOLOGICHE
NELL’ANTICA CAVA DI CA’ CASTELLINA
(GESSI DI MONTE MAURO)
toMMaso santagata1, stefano faBBri2, VeroniCa Chiarini3, Jo de WaeLe4
Riassunto
Portato alla luce solo pochi anni fa grazie ad un intenso lavoro svolto da archeologi e volontari della Fede-
razione Speleologica Regionale dell’Emilia-Romagna, il sito archeologico della cava di Ca’ Castellina si trova
ad una quota di circa 340 m s.l.m. lungo una strada sterrata che sale verso la cima di Monte Mauro. Gli scavi
eettuati hanno portato alla luce blocchi di gesso e gradoni di estrazione di età romana (segni dell’attività
estrattiva che veniva svolta in questa cava) oltre a una costruzione rettangolare, di età moderna, ed una no-
tevole quantità di reperti che spaziano nel tempo tra l’età del Ferro e l’età moderna. Il pavimento della cava,
dove era coperto da abbondante detrito, è rimasto abbastanza intatto (fossilizzato com’era al momento
del suo abbandono), mentre è stato soggetto a dissoluzione del gesso, con l’abbassamento delle superci
rocciose, lo smussamento degli spigoli e la formazione di profondi solchi di dissoluzione (karren) nelle zone
che sono rimaste più scoperte. Grazie ad un rilievo tridimensionale realizzato con un laser scanner, aanca-
to da un rilievo fotogrammetrico eseguito con l’utilizzo di un drone, è stato possibile ricavare misure molto
precise sia dei blocchi che venivano estratti, sia delle forme di erosione e corrosione che si sono sviluppate
nelle zone di cava non (oppure poco) coperte da detrito e suolo. Queste morfologie, tipiche nei gessi, fanno
capire quanto siano veloci i processi dissolutivi laddove l’acqua scorre in modo concentrato su gesso libero.
Per evitare che queste testimonianze archeologiche vengano distrutte irrimediabilmente, sarà importante
pianicare degli interventi di tutela ad hoc per evitare che la dissoluzione continui il suo inesorabile lavorio.
Parole chiave: telerilevamento, morfometria, forme carsiche, archeologia.
Abstract
Excavated only in the last few years thanks to an intense campaign carried out by archaeologists and cavers
of the Regional Caving Federation of Emilia-Romagna Region (Federazione Speleologica Regionale dell’Emil-
ia-Romagna, FSRER), the Ca’ Castellina quarry (Messinian gypsum outcrop of the Vena del Gesso Romagnola,
Northern Italy) is located at around 340 m a.s.l. along the side of a gravel road that leads to the top of Mt. Mauro.
The excavations have brought to light gypsum blocks and the ancient quarry benches dating back to the Roman
Age, the remains of a rectangular built structure, of the XVIth-XVIIth centuries, and a great number of artefacts
that range in age between the Iron Age and the modern times. Immediately after its abandonment most of
the quarry oor has been covered with a thick detrital layer, protecting it from dissolution (fossilizing this oor
and leaving it as if it were abandoned very recently), whereas the naked or poorly covered oor of this quarry
has been subjected to dissolution phenomena of the exposed gypsum rocks, with a lowering of the surface, the
1 VIGEA - Virtual Geographic Agency, Reggio Emilia (RE) - tommy.san84@gmail.com
2 Alma Mater Studiorum Universita di Bologna, Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali, Via Zamboni 67,
40126 Bologna (BO) - stefano.fabbri21@unibo.it
3 Alma Mater Studiorum Universita di Bologna, Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali, Via Zamboni 67,
40126 Bologna (BO) - vero.ch88@hotmail.it
4 Alma Mater Studiorum Universita di Bologna, Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali, Via Zamboni 67,
40126 Bologna (BO) / Istituto Italiano di Speleologia, Via Zamboni 67, 40126 Bologna (BO) - jo.dewaele@unibo.it
530
smoothening of the corners and the formation of a set of deeply carved karren features. A 3D survey using both
a laser scanning instrument and a drone-mounted photo camera have allowed to get very precise measures
on the size of the blocks that were extracted in this quarry, and on the dissolutional morphologies that have
developed on the bare gypsum rock. These typical gypsum landforms show how fast these solutional forms can
develop where concentrated runo ows on bare gypsum. To prevent this exceptional archaeological extractive
site of being dissolved further, it will be important to plan some measures to be put in place in order to protect
this delicate historical landmark.
Keywords: Remote Sensing, Morphometry, Karst Landforms, Archaeology.
Introduzione
La zona di Ca’ Castellina, situata nei pressi
di Monte Mauro, sta dimostrando di essere un
sito particolarmente interessante sia dal pun-
to di vista naturalistico che da quello geologico
e archeologico. Nella grande e omonima dolina
si trova la Grotta sotto Ca’ Castellina, riaperta
con scavi speleologici soltanto da pochi anni,
in cui le forme antigravitative sono un’ecce-
zionale testimonianza di attività idrologica e
sedimentazione avvenute prima dell’Ultimo
Glaciale (de WaeLe et alii 2018; faBBri et alii
in questo volume). Inoltre, sul versante sud di
Fig. 1 – Il sito della cava presso Ca’ Castellina prima e dopo gli scavi (foto P.
Lucci). I cerchietti indicano due persone per scala, mentre la linea tratteg-
giata mostra il prolo della collina che sta immediatamente a anco alla
cava. Nella foto in basso, in ombra, si nota bene il muro della costruzione
del XVI-XVII secolo.
Monte Mauro, sopra Ca’ Toresi-
na, si affaccia la Grotta dei Ban-
diti con concrezioni carbonatiche
imponenti cresciute nell’ultimo
interglaciale (circa 125 mila anni
fa) (Chiarini et alii, Datazioni di
speleotemi carbonatici: impli-
cazioni speleogenetiche e pale-
oclimatiche nell’area di Monte
Mauro, in questo volume), men-
tre vari frammenti di concrezioni
di calcite di età superiore ai 400
mila anni sono stati trovati sui
versanti di Monte Mauro, in mez-
zo al bosco (CoLuMBu et alii 2017).
Sui bordi della dolina di Ca’ Ca-
stellina sorgono i ruderi della
casa rurale che dà il nome alla
località, costruita in parte con
blocchi di gesso, e poco distanti
alcune cave di lapis specularis,
mentre su Monte Mauro stesso
si trova quel poco che resta di un
castello medioevale (vedi Piastra
et alii, in questo volume).
A anco alla strada sterrata, di-
stante 150 metri a sud-est dal
rudere ed altrettanti metri ad
est-nord-est dell’ingresso del-
la Grotta sotto Ca’ Castellina,
si trova uno scavo, antico, che
fungeva da cava per l’estrazione
dei blocchi di gesso. Gli scavi ef-
fettuati negli ultimi anni hanno
portato alla scoperta di un’im-
531
portante cava di grande interesse archeologico
(gg. 1-2).
La datazione di un frustolo di carbone, che gia-
ceva a contatto con il gesso nel piano di cava e
coperto da detriti successivi, ha fornito un’età
di circa 2200 anni fa, corrispondente quin-
di all’arrivo dei Romani in regione. La cava
sembra quindi essere stata abbandonata poco
dopo. Il sito di cava fu poi riutilizzato dalla
metà del XVI secolo per un secolo circa come
sito insediativo (guarnieri, d’aMato, in questo
volume). Parte del gesso in aforamento nella
cava mostra evidenti segni di dissoluzione per
scorrimento di acqua (soprattutto la zona che
circonda la costruzione) a testimonianza che
per un certo lasso di tempo, una parte del pa-
vimento di cava è rimasta scoperta, subendo
la dissoluzione tipica dei gessi ad opera delle
acque meteoriche.
Per avere un quadro preciso della dimensio-
ne dei blocchi estratti e dell’area estrattiva in
generale, abbiamo effettuato un rilievo con un
laser scanner terrestre e con un drone per fo-
togrammetria aerea
Fig. 2 – Ortofoto del sito di cava, realizzata attraverso le immagini acquisite tramite drone. Si nota bene la costruzione del
XVI-XVII secolo in alto a sinistra, il piano di estrazione con un blocco isolato (al centro a destra), i campi carreggiati nella
zona circostante la costruzione, la parte di copertura ancora in loco e, immediatamente a NE di questa, il pozzetto carsico.
532
(g. 3). Tali rilievi di alta precisione consento-
no di fare numerose misure anche a posteriori,
sui modelli 3D, comodamente seduti davanti a
un computer. Il laser scanner è uno strumen-
to molto utile negli studi geomorfologici, sia in
supercie (sMith, Pain 2009) che in ambiente
sotterraneo (santagata et alii 2015; idrees,
Pradhan 2016; faBBri et alii 2016). Il model-
lo tridimensionale ottenuto consente anche di
fare delle stime sul volume di gesso estratto, e
la quantità di roccia disciolta dopo l’abbando-
no della cava e prima che il tutto fosse coperto
dal suolo e dalla vegetazione.
Metodi
Le tecnologie per il rilievo tridimensionale
sono sempre più impiegate in ambito archeo-
logico grazie alla possibilità di acquisire una
grande quantità di dati in poco tempo e con
precisioni impensabili no a poche decine di
anni fa. A seconda dei casi, oggi è possibile uti-
lizzare diversi strumenti per realizzare rilievi
tridimensionali, i principali sono il laser scan-
ner e i droni per la fotogrammetria aerea.
Il laser scanner è uno strumento di misura-
zione che, attraverso l’emissione di un raggio
laser, permette di rilevare un’area o la super-
cie di un oggetto in tempi brevissimi e con
elevato grado di risoluzione. Questi strumenti
si dividono in due categorie (laser scanner a
“triangolazione” o a “tempo di volo”) a seconda
del tipo di sistema di ricezione ed emissione
del segnale. L’utilizzo avviene posizionando
lo strumento su un treppiede (come una mac-
china fotograca) per avviare la “scansione”
dell’ambiente circostante, cioè l’acquisizione
di milioni di punti, ognuno dei quali presenta
le proprie coordinate spaziali (x, y e z) e, come
nel caso del rilievo della cava di Ca’ Castelli-
na, anche il dato relativo al colore RGB. Ogni
singolo punto rilevato con il laser scanner con-
tiene anche informazioni relative all’intensità
del segnale acquisito in funzione del tipo di su-
percie rilevata, cioè in base alla “riettività”
del materiale rilevato.
Il risultato di una singola scansione è quindi
una nuvola di punti, che viene successivamen-
te ltrata per eliminare le parti inutilizzabili
della scansione (le più comuni sono dovute a
oggetti in movimento e punti riessi su super-
ci riettenti) per essere poi allineata con le
altre ed ottenere un’unica nuvola di punti. Nel
caso del sito archeologico di Ca’ Castellina,
sono state realizzate 17 scansioni per rileva-
re l’intera area di scavo utilizzando una Scan
Station Leica P40, strumento che permette di
acquisire no a distanze superiori a 200 m e
dotato di fotocamera incorporata per acquisire
nuvole di punti a colori.
Considerando la particolare morfologia dell’a-
rea di scavo, composta soprattutto da karren
e solchi difcilmente rilevabili da terra se non
Fig. 3 – Il rilievo in campagna: A. il laser scanner Scan Station Leica P40 della VIGEA (Reggio Emilia); B. le fasi di rileva-
mento con il drone (nel cerchio). È visibile anche il laser scanner sullo sfondo (rettangolo).
533
CAVA PRESSO CA’ CASTELLINA
con un elevato numero di scansioni di detta-
glio, è stato utilizzato anche il drone, con pos-
sibilità di acquisire immagini aeree, per rica-
vare una nuvola di punti attraverso tecniche
di fotogrammetria. La possibilità di integrare
i dati raccolti utilizzando due tecniche diverse,
ha permesso di ottenere molte più informazio-
ni anche in aree particolarmente difcili da
rilevare con il laser scanner e dove sarebbe
stato necessario impiegare molto più tempo. I
dati ricavati dalla fotogrammetria aerea sono
infatti nuvole di punti simili a quelle ottenu-
te con il laser scanner (quindi i dati sono fa-
cilmente integrabili), con le differenze che le
nuvole di punti ottenute dalla fotogrammetria
hanno una risoluzione minore rispetto a quel-
le ricavate dal laser e inoltre non presentano
informazioni relative all’intensità del dato ac-
quisito in funzione della supercie rilevata.
Risultati
Attraverso i rilievi eseguiti con laser scanner
e fotogrammetria, sono stati ricavati due di-
versi modelli tridimensionali entrambi sotto
forma di nuvole di punti, come descritto nel
paragrafo precedente. I dati ricavati dal laser
scanner sono stati utilizzati principalmente
per ottenere elaborati topograci di dettaglio,
cioè piante topograche e sezioni in 2D ricava-
te in alcune aree dello scavo particolarmente
interessanti dal punto di vista archeologico.
Attraverso successive elaborazioni, sono stati
poi realizzati ortofoto e modelli digitali del ter-
reno da cui sono state estratte curve di livello
utilizzando anche il modello fotogrammetrico
ottenuto dal drone (g. 4).
Questi dati hanno permesso di ricavare facil-
mente alcune importanti informazioni. L’area
estrattiva della cava presso Ca’ Castellina
(quella attualmente visibile) copre una su-
percie di circa 285 m2, per un dislivello tra
il bordo superiore (a sud) e il punto più basso
nella cava (a nord) di circa 8 metri. Da notare
che una parte di cava, non compresa in questo
calcolo, è ancora coperta da detrito. Sul lato
sud dell’area estrattiva è stata scoperta una
costruzione a blocchi che copre all’incirca 50
m2, e poggia sulla roccia evaporitica. Alcune
piccole canalizzazioni fanno supporre che vi
fosse un sistema di drenaggio delle acque. Nel-
la parte centrale rimangono ancora circa 40 m2
di terra da asportare, nel caso si voglia riesu-
mare tutto il piano di cava. Il pavimento di
cava apparentemente più intatto si trova nel-
Fig. 4 – Ortofoto della cava presso Ca’ Castellina ottenuta attraverso la fotogrammetria da drone, e modello tridimen-
sionale del terreno, ottenuto utilizzando sia i dati da scanner sia quelli dal drone.
534
Fig. 5 – Fotograa e nuvola di punti (da laser scanner) della zona di estrazione più intatta (foto S. Fabbri). Si notano
molto bene alcune docce carsiche, formate nel gradino inferiore, tra la copertura detritica e la roccia gessosa, la cui
acqua proveniva dal sovrastante campo carreggiato.
535
(g. 6A). Solchi rettilinei più o meno profondi
segnano il limite dei blocchi da estrarre. Una
misura speditiva di molti di questi segni con-
ferma che i blocchi avevano delle dimensioni
compatibili con il piede romano (29,6 cm circa)
ed il cubitus (1,5 piedi, cioè 44,4 cm).
Oltre a informazioni importanti dal punto di
vista scientico, è da sottolineare anche l’uti-
lizzo di questi dati dal punto di vista divulga-
tivo. I modelli tridimensionali realizzati sono
infatti visualizzabili liberamente su piattafor-
me online e sono stati inoltre utilizzati per la
realizzazione di animazioni virtuali che rendo-
no possibile la navigazione all’interno del sito
archeologico per qualsiasi pubblico. Inoltre è
stato realizzato un percorso interattivo attra-
verso il quale è possibile visualizzare e inter-
rogare i dati utilizzando qualsiasi computer o
tablet di recente generazione, senza l’utilizzo
di particolari applicativi o software aggiuntivi.
Discussione e conclusione
La presenza di una cava romana nella zona di
Ca’ Castellina, lontano dai centri abitati stori-
ci e in assenza di grandi costruzioni nelle vici-
nanze, pone una serie di interrogativi. Un cal-
colo approssimativo della quantità di blocchi
di gesso che, potenzialmente, si sarebbe potu-
ta estrarre dal sito, ha dato una stima di circa
1900 m3 (g. 7). Questo calcolo è sicuramente
in eccesso perché non tiene conto dell’irregola-
rità della supercie topograca originale e del-
lo spessore di suolo che sicuramente copriva il
terreno. Nel piano di cava sono ben distingui-
bili due tipologie: un piano di estrazione supe-
riore, interessato da un profondo modellamen-
to ad opera delle acque superciali (karren),
ed uno inferiore più intatto, a fondo abbastan-
za regolare. In quest’ultimo piano sono ancora
ben visibili le tracce di estrazione, e quindi la
dimensione dei blocchi che vi furono estratti.
Tali misure, che sono multipli e sottomultipli di
un piede romano, sembrano confermare un’età
romana della cava. Prendendo queste misure
tipiche dei blocchi ed una stima del volume di
gesso estraibile di 1900 m3, potenzialmente si
sarebbero potuti estrarre oltre 50 mila blocchi
di gesso. Considerando però che non tutto il
gesso poteva essere estratto (perché di minore
qualità), è plausibile tuttavia che almeno 40
mila blocchi siano stati estratti dal sito, corri-
spondenti ad almeno 2,5 km di muro lineare
la parte centro-occidentale, altimetricamente
più in basso, in cui un gradone di circa 30 m2
mostra un pavimento abbastanza orizzonta-
le, nel centro del quale giace ancora un blocco
estratto ma mai portato via (sopra un gradino
alto un metro circa) (g. 5). Questa parte, in-
sieme a quella immediatamente a est di essa,
ancora in buona parte coperta dal detrito, è
la zona più intatta della cava, meno intaccata
dalla dissoluzione delle acque a usso concen-
trato. Colpiscono i segni lasciati dai cavatori,
sotto forma di solchi rettilinei sul pavimento,
ma anche la presenza di alcuni solchi di scor-
rimento (vere docce carsiche) profonde no a
qualche centimetro. Tali morfologie lasciano
pensare che vi sia stato, almeno in certi perio-
di, uno scorrimento concentrato al di sotto del
pacco di sedimenti ed al contatto con il gesso
(un fenomeno simile al piping). Tali docce si
trovano in corrispondenza dei principali solchi
(karren) presenti nel banco di gesso sovrastan-
te, e lasciano indicare che furono alimentati
proprio da tale campo solcato.
Impressionano le belle morfologie di dissolu-
zione nel gesso, visibili soprattutto nella parte
centrale della cava, ma anche lungo i lati ovest
ed est (g. 6). Sono caratterizzate da profondi
canali, veri e propri karren, che dimostrano
che queste parti di gesso sono rimaste esposte
alle intemperie per un certo periodo, tanto da
creare solchi profondi anche oltre un metro.
Nella parte nord-est è inoltre presente un vero
e proprio pozzetto carsico, a forma di sigaro,
con imboccatura larga 70 cm, e profondo un
metro (g. 1). Tale morfologia è stata accura-
tamente evitata dall’estrazione di gesso, e an-
cora oggi contiene spesso dell’acqua. Non è da
escludere che questo pozzo naturale sia stato
lavorato dall’uomo per fungere da serbatoio
idrico già nel periodo di estrazione romano.
Prima degli scavi di questi ultimi anni il piano
di cava e i campi con i karren erano coperti da
detrito e suolo, raggiungendo localmente an-
che i due metri (g. 1). Le superci che sono
state messe alla luce dallo scavo e che erano
sotto oltre un metro di sedimenti si presentano
abbastanza regolari e lisce, senza importanti
segni di dissoluzione (ad eccezione delle doc-
ce descritte prima), mentre in altre zone della
cava, dove la copertura di suolo era molto più
esigua, si sono formati dei karren profondi an-
che più di un metro, riempiti da suolo.
In diverse zone della cava restano ben visi-
bili i segni lasciati dall’estrazione dei blocchi
536
alto 2 metri e largo 30 centimetri.
Il piano superiore caratterizzato da solchi di
erosione e dissoluzione, segni dell’esposizione
ad agenti atmosferici per diversi decenni, è si-
curamente il livello della cava che è rimasto
più scoperto e che ha maggiormente subito l’a-
zione delle acque correnti. È da notare che la
zona più carreggiata è quella attorno all’edi-
cio sorto successivamente all’abbandono del
sito estrattivo. È logico pensare che tale zona,
almeno durante il periodo di frequentazione
dell’abitazione (XVI-XVII secolo), fu più cal-
pestata, e quindi il gesso risultava in buona
parte scoperto. La casa, inoltre, convogliava le
acque piovane nella zona circostante, creando
quindi le condizioni di una dissoluzione acce-
lerata del gesso nudo immediatamente attor-
no. Il piano di cava inferiore, invece, probabil-
Fig. 6 – Particolari dei solchi da dissoluzione (karren) che interessano la pavimentazione della cava a blocchi. In A è ben
visibile un solco articiale per il taglio dei blocchi (foto V. Chiarini).
537
mente è stato coperto da uno spessore metrico
di detriti e suolo poco dopo l’abbandono della
cava, già in epoca romana. La stratigraa ar-
cheologica di questo riempimento (guarnieri,
d’aMato, in questo volume), di fatto, mostra
diversi strati, i primi di età romana (dal quale
viene il carbone che ha consentito la datazio-
ne al C14), gli ultimi dei quali probabilmente
legati alla costruzione dell’edicio e al suo
successivo abbandono. Questo piano di cava
inferiore, tuttavia, mostra alcuni canali di dis-
soluzione, profondi meno di un decimetro, che
sembrano essersi creati da uno scorrimento
concentrato in canali scavati al contatto tra il
gesso sottostante ed il riempimento (un pro-
cesso ben noto, chiamato piping). Tali solchi
raccoglievano le acque provenienti dal cam-
po solcato presente nel piano superiore della
cava, e probabilmente furono attivati soltanto
nel periodo di occupazione della costruzione,
tra il XVI e XVII secolo.
Da osservazioni effettuate presso la Chiesa
della Madonna del Bosco e la cava a Filo (for-
Fig. 7 – Calcolo del volume di gesso estratto.
ti 2005), che si trovano entrambe nel Bologne-
se, l’abbassamento di una supercie di gesso
esposto agli eventi meteorologici è di circa 1
mm/anno. Nel caso di uno scorrimento più con-
centrato, come nel caso dell’acqua convogliata
dal tetto della costruzione, il tasso di dissolu-
zione potrebbe essere stato anche di un ordi-
ne di grandezza più veloce. I solchi, profondi
anche mezzo metro, potrebbero essersi quindi
formati in meno di un secolo, corrispondente al
periodo di occupazione dell’abitazione, con tas-
si di dissoluzione quindi di oltre 5 mm/anno.
Il pozzetto carsico, largo 70 centimetri e pro-
fondo 1 metro, non fu formato nello stesso pe-
riodo (e modo) dell’esteso campo di karren, ma
era sicuramente presente da prima. Infatti,
durante la coltivazione romana, tale morfolo-
gia fu accuratamente aggirata dall’estrazione
dei blocchi di gesso, e fu probabilmente uti-
lizzata come piccola riserva d’acqua piovana.
Tale utilizzo come bacino di raccolta dell’acqua
fu probabilmente ripetuto anche nel periodo di
occupazione della casa.
538
Il piano inferiore di cava romana, d’altro can-
to, fu coperto da uno spesso strato di detrito e
suolo poco tempo dopo l’abbandono, e non fu
mai riesumato, come testimonia l’assenza di
importanti forme di dissoluzione diffusa. Uni-
ca eccezione sono le docce, profonde qualche
centimetro, formate da acque incanalate (pi-
ping) che scorrevano al contatto tra il gesso e il
deposito di detrito. Tali scorrimenti concentra-
ti erano probabilmente attivi soltanto durante
l’utilizzo della casa, quando le acque venivano
convogliate e si formò il campo carreggiato. È
ragionevole pensare che dal momento di ab-
bandono della cava (in età romana) alla sua
protezione con un sottile strato di suolo, non
passò più di un secolo (qualche decennio).
Bibliograa
a. CoLuMBu, V. Chiarini, J. de WaeLe, r.
drysdaLe, J. Woodhead, J. heLLstroM, P.
forti 2017, Late quaternary speleogenesis
and landscape evolution in the northern
Apennine evaporite areas, “Earth Surface
Processes and Landforms” 42, 10, pp. 1447-
1459.
J. de WaeLe, s. faBBri, t. santagata, V. Chia-
rini, a. CoLuMBu, L. Pisani 2018, Geomor-
phological and speleogenetical observations
using terrestrial laser scanning and 3D
photogrammetry in a gypsum cave (Emilia
Romagna, N-Italy), “Geomorphology” 319,
pp. 47-61.
s. faBBri, f. sauro, t. santagata, g. rossi, J.
de WaeLe 2017, High-resolution 3-D map-
ping using terrestrial laser scanning as a
tool for geomorphological and speleogenet-
ical studies in caves: An example from the
Lessini mountains (North Italy), “Geomor-
phology” 280, pp. 16-29.
P. forti 2005, Degradazione meteorica dei
gessi: nuovi dati dalla Cava Filo (Parco
dei Gessi Bolognesi), “Speleologia Emilia-
na” XIV-XV, pp. 15-19.
M.o. idrees, B. Pradhan 2016, A decade of
modern cave surveying with terrestrial laser
scanning: a review of sensors, method and
application development, “International
Journal of Speleology” 45, 1, pp. 71-88.
t. santagata, s. LugLi, M.e. CaMorani, M.
erCoLani 2015, Laser scanner survey and
TruView application of the Grotta della Lu-
cerna, a roman mine for lapis specularis, in
Proceedings of the International Congress
of Speleology in Articial Cavities, (Rome,
March 11th-17th, 2015), pp. 143-147.
M.J. sMith, C.f. Pain 2009, Applications of re-
mote sensing in geomorphology, “Progress
in Physical Geography” 33, 4, pp. 568-582.