Content uploaded by Veronica Polin
Author content
All content in this area was uploaded by Veronica Polin on Dec 05, 2020
Content may be subject to copyright.
ISTITUTO DI STUDI E
ANALISI ECONOMICA
novembre 2007
Estratto dal
Rapporto ISAE
Politiche pubbliche e redistribuzione
Collana
“I Temi dei Rapporti dell’ISAE”
L’effetto distributivo dell’intervento
pubblico nell’UE
Stampato presso la sede dell’Istituto
L’autrice di questo contributo è Veronica Polin.
- 1 -
L'effetto distributivo dell'intervento pubblico nell'UE
INTRODUZIONE
In tutti i paesi industrializzati l’intervento pubblico influenza, seppure con intensità
diversa, la distribuzione dei redditi. Tale azione redistributiva avviene, in genere, attra-
verso il sistema di sicurezza sociale, quello fiscale e la fornitura di beni pubblici. Le ca-
ratteristiche specifiche dell’intervento e gli importi erogati/prelevati sono aspetti
importanti nel determinare l’entità degli effetti.
In questo capitolo si suggerisce una riflessione sull’intervento pubblico nei paesi
dell’Europa a 15 seguendo un approccio di tipo quantitativo che prescinde dalle classifi-
cazioni esistenti in letteratura circa i modelli di protezione sociale a cui apparterrebbero i
diversi paesi europei. La comparazione tra i diversi paesi è effettuata considerando la
spesa per protezione sociale, il prelievo fiscale, la disuguaglianza e la povertà e infine gli
effetti prodotti dall’azione redistributiva delle Amministrazioni Pubbliche.
Per quanto riguarda il primo indicatore, si analizza l’evoluzione della spesa sociale
rispetto al PIL nel periodo 1990-2004, per coglierne il trend complessivo e le specificità
dei singoli paesi considerati. Dal momento però che il livello della spesa fornisce un qua-
dro parziale, si approfondiscono anche altre dimensioni, quali la composizione, gli im-
porti pro capite, la forma adottata nell’erogazione delle prestazioni e le regole di accesso.
La struttura della spesa è importante per verificare per i diversi paesi la rilevanza dei sin-
goli interventi e le eventuali anomalie rispetto alla media. L’analisi dell’importo pro ca-
pite, in unità di moneta standard per le singole funzioni, consente di effettuare confronti
che tengono conto della dimensione della popolazione e del potere di acquisto. La classi-
ficazione della spesa in base agli strumenti utilizzati per erogare la prestazione e alle
condizioni poste per l’accesso è interessante in quanto permette di cogliere eventuali
“preferenze” dei singoli paesi con riferimento a questi aspetti. Gli aggregati finora consi-
derati si riferiscono alle risorse private e pubbliche impegnate nei diversi paesi europei
per le politiche sociali. Utilizzando dati provenienti da diverse fonti si cerca di giungere
ad un’idea dell’effettivo impegno delle Amministrazioni Pubbliche in questo ambito,
con riferimento anche all’istruzione.
Per quanto riguarda il secondo indicatore, la tassazione, si analizza, sempre per i pa-
esi dell’Ue15, la pressione fiscale tra il 1995 e il 2004 al fine di analizzare le differenze e
Rapporto ISAE: Politiche pubbliche e redistribuzione - novembre 2007
- 2 -
i cambiamenti che sono intervenuti in questo periodo, oltre che la relazione esistente tra
livello di spesa sociale e tassazione. L’attenzione si focalizza poi sul peso delle tre princi-
pali forme di finanziamento della spesa pubblica, sulle caratteristiche dell’imposizione
diretta e sulle aliquote fiscali implicite sui diversi fattori. Infine l’analisi si concentra sul-
le scelte effettuate dai diversi paesi per finanziare i sistemi di protezione sociale e sulle
tendenze in atto circa l’importanza relativa delle diverse fonti.
Un altro aspetto, da cui non si può prescindere quando si effettua una comparazione
tra i vari paesi, riguarda la distribuzione dei redditi disponibili, sintetizzata, in questo ca-
pitolo, attraverso l’analisi di tre indicatori. I primi due consentono di formulare valuta-
zioni circa il grado di concentrazione dei redditi: si tratta dell’indice di Gini e del
rapporto tra il reddito del 20% più ricco e del 20% più povero della popolazione. La dif-
fusione della povertà relativa è invece il terzo indicatore considerato. Dal momento che i
dati riguardano l’ultimo decennio, è possibile verificare l’andamento nel tempo di questi
fenomeni. Inoltre, si analizzano gravità, persistenza e caratteristiche socio-economiche
dei nuclei familiari ad elevato rischio di sperimentare situazioni di disagio economico.
Un ultimo aspetto che merita un’attenzione particolare consiste nell’analisi degli ef-
fetti che i differenti sistemi di tassazione e di protezione sociale inducono sulla distribu-
zione del reddito familiare. Attraverso il confronto fra le distribuzioni dei redditi
calcolati includendo ed escludendo l’intervento pubblico è possibile quantificare gli ef-
fetti prodotti dalle diverse politiche redistributive nei quindici paesi considerati. Le con-
siderazioni circa l’efficacia dei diversi interventi nei diversi paesi si baseranno sui pochi
lavori empirici disponibili.
L'effetto distributivo dell'intervento pubblico nell'UE
- 3 -
I SISTEMI DI PROTEZIONE SOCIALE IN EUROPA:
UN’ANALISI QUANTITATIVA
Secondo i dati Eurostat, riferiti al 2004, la spesa per protezione sociale1 nei paesi
della Ue15 rappresenta il 27,6% del PIL (Tab. 1)2. Considerando i valori dei singoli paesi
emerge una rilevante variabilità: l’Irlanda destina a questo obiettivo le minori risorse
(17% PIL), mentre in Svezia la quota dedicata alla protezione sociale è la più elevata
(32,9% PIL). All’interno dell’intervello compreso tra il valore minimo e quello massimo,
pari a 15,9 punti percentuali, si collocano gli altri paesi: Spagna e Lussemburgo (20-
22,6% del PIL), Portogallo, Grecia, Italia, Regno Unito, Finlandia (24,9-26,7), Olanda,
Austria, Belgio, Germania (28,5-29,5) e infine Danimarca e Francia (30,7-31,2). Analiz-
1In base alla classificazione adottata da Eurostat (Sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale-
ESSPROS), rientrano nella voce protezione sociale tutti gli interventi (monetari e in natura), di organismi pubblici e
privati, intesi a sollevare le famiglie e gli individui dall’insorgere di un insieme definito di rischi o bisogni, purché ciò
avvenga in assenza sia di una contropartita equivalente e simultanea da parte del beneficiario, sia di polizze assicurative
stipulate per iniziativa privata dallo stesso beneficiario (Eurostat, 1996, p. 12).
2Nelle prime tredici tabelle di questo capitolo si riportano, per i paesi dell’Ue15, sia la media ponderata che la media
semplice. Nel testo si fa riferimento alla media ponderata. Si sottolinea comunque che in genere le differenze non sono
rilevanti. Nei casi in cui il divario risulta significativo, lo si farà presente in nota.
Tab. 1 SPESA PER LA PROTEZIONE SOCIALE NEI PAESI UE15 NEL PERIODO 1990-2004
(valori espressi in percentuale del PIL)
Fonte: Eurostat.
(1) Media ponderata per la popolazione.
(2) Media semplice.
1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004
Italia 24 24,4 25,5 25,7 25,3 24,2 24,3 24,9 24,6 24,8 24,7 24,9 25,3 25,8 26,1
Austria 26 26,2 26,7 28 28,8 28,7 28,6 28,6 28,3 28,7 28,2 28,6 29,1 29,5 29,1
Belgio 26,4 27 27,7 29,3 28,7 27,4 28 27,4 27,1 27 26,5 27,3 28 29,1 29,3
Danimarca 28,2 29,1 29,7 31,5 32,5 31,9 31,2 30,1 30 29,8 28,9 29,2 29,7 30,7 30,7
Finlandia 24,6 29,2 33,1 34,2 33,7 31,5 31,4 29,1 27 26,2 25,1 24,9 25,6 26,5 26,7
Francia 27,4 28 28,7 30,4 30,2 30,3 30,6 30,4 30 29,9 29,5 29,6 30,4 30,9 31,2
Germania 25,4 25,7 27,2 27,8 27,7 28,2 29,3 28,9 28,8 29,2 29,2 29,3 29,9 30,2 29,5
Grecia 22,9 21,5 21,2 22 22,1 22,3 22,9 23,3 24,2 25,5 25,7 26,7 26,2 26 26
Irlanda 18,4 19,6 20,3 20,2 19,7 18,8 17,6 16,4 15,2 14,6 14,1 15 16 16,5 17
Lussemburgo 21,4 22 22,5 23,3 22,9 20,7 21,2 21,5 21,2 20,5 19,6 20,8 21,4 22,2 22,6
Olanda 31,1 31,2 31,9 32,3 31,7 30,6 29,6 28,7 27,8 27,1 26,4 26,5 27,6 28,3 28,5
Portogallo 16,3 17,2 18,4 21 21,3 21 20,2 20,3 20,9 21,4 21,7 22,7 23,7 24,2 24,9
Regno Unito 22,9 25,7 27,9 29 28,6 28,2 28 27,5 26,9 26,4 27,1 27,5 26,4 26,4 26,3
Spagna 19,9 21,2 22,4 24 22,8 21,6 21,5 20,8 20,2 19,8 19,7 19,5 19,8 19,9 20
Svezia 33,1 34,3 37,1 37,9 36,5 34,3 33,6 32,7 32 31,7 30,7 31,3 32,3 33,3 32,9
Media Ue15 (1) 25,4 26,4 27,7 28,7 28,5 27,7 27,9 27,6 27,2 27,1 26,9 27,1 27,4 27,7 27,6
Ue15 (2) 24,5 25,5 26,7 27,8 27,5 26,6 26,5 26,0 25,6 25,5 25,1 25,6 26,1 26,6 26,7
Rapporto ISAE: Politiche pubbliche e redistribuzione - novembre 2007
- 4 -
zando l’evoluzione del rapporto tra spesa per protezione sociale e PIL negli ultimi quin-
dici anni, si nota un incremento medio per i quindici di circa due punti percentuali: il
Portogallo è il paese che ha sperimentato l’incremento più elevato (+8,6 punti percentua-
li), seguito da Germania, Francia, Regno Unito, Grecia e Austria, con variazioni compre-
se tra i 3 e i 4 punti. Per Lussemburgo, Finlandia, Italia, Danimarca, e Belgio l’aumento è
inferiore ai 3 punti percentuali; la spesa è rimasta invece sostanzialmente invariata per
Svezia e Spagna, mentre per l’Irlanda si è verificata una riduzione di circa un punto per-
centuale e per l’Olanda di quasi tre. Le variazioni registrate dai singoli paesi tra il 1990 e
il 2004 sono nella maggior parte dei casi il risultato di un aumento rilevante avvenuto nel
periodo 1990-1994, seguito da una diminuzione nel quinquennio successivo e da una
nuova crescita tra il 2000 e il 2004. Gli unici paesi che hanno aumentato la spesa per pro-
tezione sociale, sempre rispetto al PIL, in tutti e tre i sottoperiodi considerati (anche se in
misura molto diversa) sono Italia, Germania e Portogallo, mentre il Regno Unito rappre-
senta un caso isolato, con un trend decrescente nell’ultimo decennio. È interessante evi-
denziare che nei quindici anni considerati il divario tra il paese che spende meno e quello
che spende di più non ha subito significative riduzioni, attestandosi quasi sempre sui 16-
18 punti percentuali. Il grafico 1 riporta la graduatoria dei 15 paesi per valori crescenti
del rapporto tra spesa per protezione sociale e PIL per ciascun anno compreso tra il 1990
0
2
4
6
8
10
12
14
16
1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004
Austria Belgio Danimarca Finlandia Francia
Germani a Grecia Irlanda Italia Lussemburgo
Olanda Portogallo Regno Uni to Spagna Svezi a
Graf. 1 - GRADUATORIA DEI PAESI UE15 IN BASE AL RAPPORTO TRA SPESA PER PROTEZIONE SOCIALE E PIL
Fonte: elaborazioni ISAE su dati Eurostat.
L'effetto distributivo dell'intervento pubblico nell'UE
- 5 -
e il 2004. Si può notare una notevole stabilità di posizione per due paesi: la Svezia ha
mantenuto infatti sempre la più alta quota di spesa per protezione sociale, e l’Irlanda la
più bassa (ad eccezione del primo triennio, quando il paese con la minor spesa è il Porto-
gallo). Tale stabilità non si osserva invece per la maggior parte degli altri paesi, se si
esclude il primo e l’ultimo anno. Focalizzando comunque l’attenzione solo sugli anni
1990 e 2004, non emergono cambiamenti di rilievo: mantengono la stessa posizione Au-
stria (10° posto), Belgio (11° posto), Danimarca (13°), Finlandia (8°), Grecia (5°); cam-
biamenti minimi (una-due posizioni) si verificano nel caso di Italia (da 7° al 6°), Spagna
(dal 3° al 2°), Lussemburgo (dal 4° al 3°), Regno Unito (dal 6° al 7°), Francia (dal 12° al
14°); Germania e Portogallo mostrano invece uno spostamento più rilevante, passando
rispettivamente dalla nona alla dodicesima posizione e dalla prima alla quarta; infine c’è
l’Olanda, che dal quattordicesimo posto arriva al nono.
È interessante ora passare ad analizzare la composizione della spesa nelle singole
realtà considerate, per individuare le specificità delle esperienze nazionali. A questo ri-
guardo ci rivolgiamo a considerare l’aggregato delle prestazioni sociali, che insieme alle
spese amministrive e ad altre voci minori forma la spesa per protezione sociale sopra
commentata. In tutti i paesi considerati la spesa per prestazioni sociali rappresenta oltre il
90% di quella per protezione sociale, pertanto le considerazioni sopra riportate (evolu-
zione, variazione, graduatoria) per quest’ultima componente possono essere estese anche
al nuovo aggregato. La tabella 2 riporta la composizione della spesa per prestazioni so-
ciali per gli anni 1990, 1997 e 2004 per i paesi della Ue15. In base alla classificazione
funzionale adottata da Eurostat, utile per individuare i rischi o bisogni considerati nella
protezione sociale, la spesa è suddivisa in otto voci: malattia, invalidità, vecchiaia, super-
stiti, famiglia e figli, disoccupazione, abitazione ed esclusione sociale.
Nella media Ue15, la quota più alta di spesa, circa il 41,2% nel 20043, è destinata
alla funzione vecchiaia. Sono inclusi in tale voce i trasferimenti monetari, quali pensioni
o assegni di cura erogati a favore di persone anziane che necessitano di assistenza conti-
nua di tipo non sanitario, e le prestazioni in natura, che comprendono, ad esempio, la
spesa per le strutture residenziali, per i servizi di assistenza familiare o per quelli di sup-
porto finalizzati a favorire l’attività sociale delle persone anziane. L’Italia è il paese che
assegna maggiori risorse a questa funzione (51,3%)4 seguita dalla Grecia (47,4%) e
dall’Austria (46,9%); all’estremo opposto della graduatoria si trovano il Lussemburgo
(con il 26%) e l’Irlanda (18,2%). La spesa per vecchiaia era di primaria importanza an-
che negli altri due anni considerati, con percentuali, in media, simili a quelle del 2004. I
paesi che riservavano, nel 1990 e nel 1997, a questa funzione la quota più elevata di spe-
3In tutti i tre anni considerati la media semplice risulta inferiore di 2-3 punti percentuali rispetto alla media ponderata.
Questa differenza non incide comunque sulle conclusioni cui si giunge nel testo.
Rapporto ISAE: Politiche pubbliche e redistribuzione - novembre 2007
- 6 -
Tab. 2 SPESA PER PRESTAZIONI SOCIALI PER FUNZIONE NEI PAESI UE15
(composizione percentuale)
Fonte: Eurostat.
(1) Media ponderata per la popolazione; (2) Media semplice; : Dato non disponibile.
Italia Austria Belgio Danimarca Finlandia Francia Germania Grecia Irlanda Lussemburgo Olanda Portogallo Regno Unito Spagna Svezia Media Ue15(1) Ue15(2)
1990
Sanità 27,8 26,1 26,2 20,0 28,5 28,3 31,8 24,8 33,9 25,6 28,3 35,5 24,2 28,8 22,5 28,0 27,5
Invalidità 7,4 9,2 7,4 10,0 15,5 6,4 6,2 6,9 4,5 12,8 16,5 15,4 8,9 7,7 10,5 8,1 9,7
Vecchiaia 47,3 46,0 30,2 36,7 29,6 36,1 43,5 50,5 23,6 42,4 32,0 32,4 41,2 38,3 34,8 40,1 37,6
Superstiti 10,3 2,2 11,6 0,1 4,2 6,6 2,3 2,8 6,8 4,4 5,4 6,9 4,0 4,6 2,2 5,3 5,0
Disoccupazione 2,7 4,7 13,4 15,4 6,1 8,7 6,0 4,1 14,8 2,8 8,3 3,1 5,9 18,0 11,6 7,5 8,4
Famiglia maternità
infanzia 4,4 10,4 9,2 11,9 13,5 10,2 7,6 7,5 11,3 10,8 5,6 6,4 9,0 1,7 12,0 7,9 8,8
Abitazione 0,0 0,4 : 2,4 0,8 2,9 0,6 2,4 3,5 0,2 1,1 0,0 5,9 0,6 3,2 1,9 1,7
Altre tipologie di
esclusione sociale 0,1 1,1 2,0 3,6 1,9 0,8 2,1 1,0 1,6 1,1 2,8 0,3 0,8 0,4 3,1 1,3 1,5
Totale 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100,0
IVS e
disoccupazione 67,7 62,1 62,6 62,2 55,4 57,8 58,0 64,3 49,7 62,4 62,2 57,8 60,0 68,7 59,1 61,0 60,7
1997
Sanità 23,3 25,6 23,7 18,1 21,9 27,9 28,3 25,3 36,6 25,5 27,4 31,7 24,0 28,6 22,9 26,2 26,1
Invalidità 6,6 9,0 8,7 10,9 14,7 5,9 7,8 4,8 5,0 12,9 12,0 13,0 10,3 7,6 11,5 8,2 9,4
Vecchiaia 52,6 46,1 32,7 39,2 29,9 37,7 40,3 49,5 19,3 40,6 34,9 36,7 41,8 41,3 37,3 41,0 38,7
Superstiti 11,3 1,8 10,7 0,1 4,0 6,1 1,8 3,3 6,4 3,4 5,7 7,6 4,1 4,3 2,3 4,9 4,9
Disoccupazione 2,6 5,6 13,0 12,6 13,3 7,8 8,7 4,6 14,0 3,5 9,0 5,1 3,9 13,9 10,1 7,5 8,5
Famiglia maternità
infanzia 3,5 10,4 9,3 12,6 12,6 10,1 10,1 8,2 13,4 12,9 4,6 5,3 8,7 2,3 10,4 8,4 9,0
Abitazione 0,0 0,4 : 2,4 1,2 3,2 0,6 3,3 3,5 0,3 1,5 0,0 6,5 1,2 2,6 2,2 1,9
Altre tipologie di
esclusione sociale 0,1 1,2 1,6 4,0 2,4 1,3 2,3 1,2 2,1 1,1 4,9 0,6 0,8 0,8 2,9 1,6 1,8
Totale 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100,0
IVS e
disoccupazione 73,1 62,5 65,1 62,8 61,9 57,5 58,6 62,2 44,7 60,4 61,6 62,4 60,1 67,1 61,2 61,6 61,4
2004
Sanità 25,9 25,0 27,7 20,6 25,5 30,0 27,2 26,5 42,1 25,0 30,4 30,4 30,4 30,8 25,4 28,3 28,2
Invalidità 6,1 8,3 6,8 13,9 13,2 5,8 7,7 5,0 5,3 13,5 10,9 10,4 9,2 7,5 14,8 8,0 9,2
Vecchiaia 51,3 46,9 34,2 37,2 33,3 37,1 42,1 47,4 18,2 26,0 36,2 40,2 41,3 40,7 37,9 41,2 38,0
Superstiti 10,0 1,3 9,8 0,0 3,7 6,5 1,4 3,5 5,1 10,5 5,4 7,1 3,3 3,0 2,2 4,5 4,9
Disoccupazione 2,0 6,0 12,5 9,5 9,8 7,8 8,6 5,9 8,3 4,7 6,3 5,7 2,6 12,9 6,2 6,6 7,3
Famiglia maternità
infanzia 4,4 10,7 7,1 13,0 11,5 8,5 10,5 6,9 15,5 17,4 4,8 5,3 6,7 3,5 9,6 7,8 9,0
Abitazione 0,1 0,4 0,2 2,4 1,1 2,9 0,8 2,3 3,3 0,7 1,3 0,0 5,6 0,8 1,8 2,0 1,6
Altre tipologie di
esclusione sociale 0,2 1,5 1,6 3,5 2,0 1,5 1,7 2,4 2,3 2,2 4,7 1,0 0,8 0,9 2,2 1,5 1,9
Totale 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100,0
IVS e
disoccupazione 69,4 62,5 63,3 60,6 60,0 57,2 59,8 61,8 36,9 54,7 58,8 63,4 56,4 64,1 61,1 60,3 59,3
L'effetto distributivo dell'intervento pubblico nell'UE
- 7 -
sa erano sempre l’Italia, l’Austria e la Grecia, mentre quello con la percentuale più ridot-
ta era l’Irlanda. Una consistente variazione nella quota di spesa dedicata a questa
funzione emerge per il Lussemburgo: tra il 1990 e il 2004 la percentuale è passata dal
42,4 al 26,0 per cento.
Nel 2004 la seconda voce in termini di risorse assorbite è rappresentata dalla spesa
per la sanità e per i trasferimenti monetari erogati in caso di malattia o infortunio, pari al
28,3% del totale. Il paese che destina la quota più alta a questa funzione è l’Irlanda, con
il 42,1%; all’estremo opposto si trova la Danimarca, con il 20,6%. Per quanto riguarda la
situazione italiana, la quota di spesa per sanità si colloca, in tutti e tre gli anni, sotto la
media Ue155.
Per la voce invalidità (pensioni di invalidità, contributi per favorire l’inserimento la-
vorativo, strutture residenziali, servizi finalizzati all’assistenza e all’integrazione socia-
le), terza per importanza, in media i paesi Ue15 destinano l’8%; in Svezia tale
percentuale raggiunge il valore più elevato (14,8%), mentre in Grecia si registra il valore
più basso, pari al 5%. Anche per questa funzione, l’Italia destina una quota più bassa del-
la media, decrescente nei tre anni considerati.
La quarta funzione è quella relativa alla famiglia, con il 7,8% della spesa. Si tratta di
benefici finalizzati al sostegno del reddito a tutela della maternità e paternità, assegni fa-
miliari e altri trasferimenti erogati a supporto di alcune tipologie di famiglie. Rientrano
in questa funzione di spesa anche gli asili nido, le strutture residenziali per le famiglie
con minori e l’assistenza domiciliare per famiglie numerose. Valori notevolmente supe-
riori alla media si osservano per il Lussemburgo (17,4%), l’Irlanda (15,5%) e la Dani-
marca (13,0%), mentre Italia e Spagna presentano i valori più bassi. È interessante notare
che mentre la Spagna, pur occupando l’ultima posizione nella graduatoria in tutti e tre gli
anni, registra comunque un aumento di risorse dedicate alla famiglia, in Italia, penultimo
Paese, tale percentuale rimane sostanzialmente invariata.
4Sul dato influisce ovviamente la quota di popolazione al di sopra dei 65 anni, che in Italia raggiunge il valore più elevato
(19,2%). È inoltre importante ricordare che, nei dati Eurostat relativi all’Italia, la spesa per vecchiaia include anche il
trattamento di fine rapporto. Tale istituto offre una tutela non condizionata all’evento vecchiaia, bensì all’interruzione di un
rapporto di lavoro. Inoltre, va sottolineato che Eurostat non include in questa funzione i piani pensionistici individuali,
particolarmente diffusi nei paesi anglosassoni e del Nord Europa; questo ovviamente determina una sottostima della
spesa per la funzione vecchiaia in questi paesi limitando, pertanto, la comparabilità dei dati. Infine, alcuni paesi
classificano i prepensionamenti in caso di crisi aziendali fra le spese per vecchiaia, mentre altri fra quelle per la
disoccupazione, creando ulteriori distorsioni nell’analisi. Come sostenuto da Eurostat (Eurostat, 1996) esiste una certa
complementarietà tra le fuzioni vecchiaia, superstiti, disoccupazione e invalidità nei vari paesi. Per questa ragione in
tabella si è inserita anche una riga in cui sono sommate le prestazioni per queste quattro funzioni. In effetti le differenze si
attenuano; l’Italia rimane comunque il paese con il valore più alto. Su questi aspetti si veda Pizzuti (2007). Si veda anche
la nota 15 con riguardo alla distinzione tra spesa lorda e netta per pensioni.
5In base alla media semplice, nel 1990 la spesa per sanità in Italia risulta leggermente superiore al valore medio.
Rapporto ISAE: Politiche pubbliche e redistribuzione - novembre 2007
- 8 -
Il 6,6% della spesa per la protezione sociale è destinato, sempre nel 2004, alle poli-
tiche di sostegno al reddito nei casi di disoccupazione o alle politiche attive finalizzate
alla formazione per il reinserimento nel mercato del lavoro6. I paesi con una quota pari
quasi al doppio della media sono la Spagna (12,9%) e il Belgio (12,5%). L’Italia invece
occupa, anche per questa voce, l’ultimo posto tra i paesi Ue15 (al penultimo c’è il Regno
Unito), con una percentuale pari al 2%. Tra il 1990 e il 2004 la quota di spesa allocata per
la disoccupazione ha subito una riduzione piuttosto rilevante in Danimarca, Irlanda e
Svezia.
L’erogazione di pensioni ai familiari dei superstiti assorbe in media nel 2004 il 4,5%
della spesa. La quota è particolarmente elevata per Lussemburgo, Italia e Belgio, che al-
locano per questa funzione intorno al 10% della spesa, mentre in Danimarca essa non
raggiunge il punto percentuale.
Quote residuali sono assorbite dalla spesa per le abitazioni e per il contrasto della
povertà e dell’esclusione sociale. Per le politiche abitative i quindici paesi europei desti-
nano in media il 2% della spesa; i paesi con una quota inferiore a mezzo punto percen-
tuale sono Portogallo, Belgio, Austria e Italia, mentre il Regno Unito destina quasi il 6%.
Infine, per le misure di contrasto alla povertà, la quota di spesa è pari all’1,5% nel 2004,
e risulta stabile rispetto agli altri due anni considerati. Olanda e Danimarca destinano a
questa funzione una quota molto superiore alla media, mentre l’Italia è l’unico paese ad
avere un valore prossimo allo zero7.
Un altro confronto interessante tra i diversi sistemi di protezione sociale può essere
realizzato analizzando gli importi pro capite espressi in unità di moneta standard8 per le
singole funzioni. Questa comparazione permette infatti di tenere conto di due importanti
aspetti: la dimensione della popolazione e il potere d’acquisto. La tabella 3 riporta gli im-
porti pro capite per l’anno 2004 per i paesi Ue15. Mediamente in Europa, per le presta-
zioni di protezione sociale, si spendono circa 7.000 euro. Il Lussemburgo, sebbene si
collochi tra i tre paesi con un rapporto tra spesa per prestazioni sociali e PIL tra i più bas-
6E’ importante sottolineare che Eurostat (Eurostat, 1996, p. 65) include nella voce di spesa per disoccupazione
principalmente politiche passive del lavoro e solo alcuni programmi di politica attiva. Con riferimento a quest’ultima
tipologia, Eurostat considera soltanto le spese che si traducono in un vantaggio diretto per le famiglie (trasferimenti
monetari che aumentano il reddito familiare oppure la fornitura di beni e servizi); programmi a vantaggio delle imprese,
come ad esempio la fiscalizzazione dei contributi sociali a carico dei datori di lavoro, utilizzata da alcuni paesi per
promuovere l’occupazione, non rientrano invece nella definizione di Eurostat. Dal momento che i programmi per le
politiche attive del lavoro includono varie forme di intervento, le quali hanno a loro volta diversa rilevanza nei paesi
dell'Unione europea, il confronto basato solo su questo dato non è in grado di fornire un quadro complessivo delle
politiche per il lavoro dei diversi paesi. Per una valutazione dell’effetto prodotto dalle politiche del lavoro si veda
Bassanini e Duval (2006).
7Si veda Heikkilä et al. (2006) per un’analisi delle politiche di contrasto della povertà nei paesi Ue15.
8Si tratta di una grandezza di riferimento convenzionale caratterizzata dal fatto che ciascuna unità consente di
acquistare lo stesso ammontare di beni e servizi nei vari paesi in un determinato anno.
L'effetto distributivo dell'intervento pubblico nell'UE
- 9 -
si, è quello con il valore pro capite più alto sia riguardo al totale della spesa (11.963 eu-
ro), sia in quattro delle otto funzioni considerate (sanità, invalidità, superstiti e famiglia).
Grecia, Spagna e Portogallo sono i paesi con gli importi pro capite minori. L’Italia occu-
pa le ultime posizioni per quasi tutti i valori pro capite, ad eccezione di vecchiaia e su-
perstiti, dove si colloca rispettivamente nella quarta e nella terza posizione.
Tab. 3 IMPORTI PRO CAPITE DELLE PRESTAZIONI DI PROTEZIONE SOCIALE PER FUNZIONE
NEI PAESI UE15 - 2004
(in standard di potere di acquisto)
Fonte: Eurostat.
(1) Media ponderata per la popolazione.
(2) Media semplice.
I diversi paesi possono distinguersi, oltre che per livello, composizione e importo
pro capite della spesa sociale, anche per la forma adottata nell’erogazione delle presta-
zioni (trasferimenti monetari o servizi in kind) e per le regole di accesso (con accerta-
mento, o meno, delle condizioni di bisogno). La tabella 4 mostra le scelte effettuate dai
15 paesi considerati con riferimento a questi aspetti: in Europa in media quasi il 90,0%
della spesa risulta non condizionata alla verifica dei mezzi e circa due terzi vengono ero-
gati sottoforma di trasferimenti monetari. L’Italia è il paese con la quota più elevata di
cash benefit non sottoposti a verifica sul totale delle prestazioni (70,6%), con un valore
superiore a quello medio per circa dieci punti percentuali9; inoltre la quota di spesa sotto-
Sanità Invalidità Vecchiaia Superstiti Disoccupazione Famiglia
maternità
infanzia Abitazione
Altre
tipologie di
esclusione
sociale
Totale
Italia 1565,3 371,0 3097,9 604,8 119,3 267,3 5,8 11,5 6042,9
Austria 1953,8 647,7 3668,8 101,7 466,5 840,1 29,4 113,5 7821,5
Belgio 2085,4 513,0 2575,2 740,0 937,6 531,5 16,1 120,3 7519,0
Danimarca 1692,6 1141,7 3057,6 2,6 778,6 1071,8 196,6 284,0 8225,5
Finlandia 1700,9 880,6 2221,7 245,8 654,0 767,1 74,2 134,9 6679,2
Francia 2187,8 426,2 2706,1 475,7 567,1 618,0 208,4 109,3 7298,5
Germania 1894,8 539,8 2938,4 99,4 597,5 731,8 58,4 116,8 6976,8
Grecia 1242,3 234,4 2217,1 165,9 277,6 323,7 108,5 110,4 4679,8
Irlanda 2112,7 264,6 910,5 256,9 414,3 778,9 164,1 113,1 5015,1
Lussemburgo 2988,9 1618,9 3108,3 1258,5 562,0 2075,6 86,2 264,4 11962,8
Olanda 2284,4 821,0 2725,0 405,2 470,8 362,3 97,2 354,9 7520,8
Portogallo 1158,1 395,9 1529,9 268,9 216,7 202,5 0,7 37,3 3810,0
Regno Unito 2088,5 633,0 2835,7 227,3 180,0 458,3 387,2 52,6 6862,5
Spagna 1329,2 323,9 1760,8 128,7 555,4 151,2 33,5 38,7 4321,3
Svezia 2142,5 1246,9 3195,1 186,3 524,0 810,4 150,6 181,8 8437,4
Media Ue15 (1) 1975,2 557,0 2871,1 317,0 461,2 546,6 140,5 101,4 6969,9
Ue15 (2) 1895,1 670,6 2569,9 344,5 488,1 666,0 107,8 136,2 6878,2
9È importante sottolineare che le integrazioni al minimo, pur essendo un trasferimento monetario means-tested, sono
classificate da Eurostat come universali (Pizzuti, 2007).
Rapporto ISAE: Politiche pubbliche e redistribuzione - novembre 2007
- 10 -
posta a means-tested è inferiore alla metà della media europea10; valori più bassi si trova-
no solo in Svezia, Lussemburgo, Danimarca e Belgio. L’Irlanda è l’unico paese che
prevede il controllo dei mezzi su oltre un quarto degli esborsi e che eroga quasi la metà
della spesa sottoforma di servizi.
Tab. 4 STRUMENTI E REGOLE DI ACCESSO PER LE PRESTAZIONI DI PROTEZIONE SOCIALE
NEI PAESI UE15
(anno 2004)
Fonte: Eurostat.
(1) Media ponderata per la popolazione.
(2) Media semplice.
Il quadro presentato circa il livello e la composizione della spesa per protezione so-
ciale per i paesi Ue15 si riferisce, come è già stato sottolineato, alle risorse private e pub-
bliche impegnate nei diversi paesi europei per le politiche sociali. Purtroppo il dataset
Eurostat non fornisce informazioni sul peso di queste due componenti né sul livello tota-
le di spesa, nè sulle singole funzioni11; è possibile comunque avere un’idea della rilevan-
za dello Stato in questo ambito utilizzando i dati che Eurostat diffonde sulla spesa
pubblica per protezione sociale classificati in base a Cofog12. Da questo confronto emer-
10 È invece circa la metà, se si fa riferimento alla media semplice.
Non means-
tested Trasferimenti in
moneta Trasferimenti in
natura Means-tested Trasferimenti in
moneta Trasferimenti in
natura Totale
Italia 95,2 70,6 24,6 4,8 2,8 2,4 100,0
Austria 93,3 67,5 25,8 6,7 3,2 3,2 100,0
Belgio 96,4 69,2 27,2 3,6 2,5 1,1 100,0
Danimarca 97,0 61,1 35,9 3,0 0,0 3,0 100,0
Finlandia 89,2 54,4 34,7 10,8 9,7 1,2 100,0
Francia 88,4 58,7 29,4 11,9 6,5 5,5 100,0
Germania 90,1 65,1 25,0 9,9 5,3 4,6 100,0
Grecia 92,1 61,1 31,0 7,9 3,2 4,8 100,0
Irlanda 73,6 37,4 36,2 26,4 15,3 10,4 100,0
Lussemburgo 96,8 68,5 28,4 3,2 1,8 1,4 100,0
Olanda 88,3 63,2 25,2 11,7 4,1 7,5 100,0
Portogallo 89,2 60,3 28,9 10,8 6,5 4,3 100,0
Regno Unito 84,1 53,5 30,6 15,9 6,2 9,7 100,0
Spagna 87,2 60,5 26,7 12,8 7,2 5,1 100,0
Svezia 97,2 57,7 39,1 2,8 1,3 1,9 100,0
Media Ue15 (1) 89,5 61,7 27,8 10,5 5,3 5,3 100,0
Ue15 (2) 90,5 60,6 29,9 9,5 5,0 4,4 100,0
11 Questa suddivisione è invece disponibile nel Social Expenditure database dell’OECD. Si veda Adema e Ladaique
(2005).
12 COFOG rappresenta l’acronimo di Classification Of Function Of Government; si veda Collesi (2002) per una
spiegazione del collegamento tra questa classificazione e quella adottata da Eurostat per la spesa per protezione
sociale.
L'effetto distributivo dell'intervento pubblico nell'UE
- 11 -
ge, per tutti i paesi considerati, la rilevanza dell’intervento pubblico nelle politiche di so-
stegno al reddito e di contrasto delle disuguaglianze sociali: la quota di spesa totale per
protezione sociale imputabile allo Stato oscilla infatti tra il 76,5% dell’Olanda e il 100%
di Lussemburgo e Finlandia; per Italia, Svezia, Germania e Francia il valore è pari a circa
il 95 per cento.
Tuttavia, la componente pubblica della spesa per protezione sociale non riflette esat-
tamente l’effettivo impegno dello Stato in quest’ambito. Come evidenziato da alcuni stu-
diosi (Adema et al. 1996), per ottenere una misura più esaustiva e fedele dell’intervento
pubblico si dovrebbe tenere conto - oltre che dei trasferimenti monetari o in natura desti-
nati all’assistenza sociale e della misura in cui i governi richiedono al settore privato di
contribuire alla spesa sociale - anche dell’eventuale presenza di prelievo fiscale (imposte
dirette e contributi sociali) sui trasferimenti monetari effettuati nei vari paesi (il paga-
mento dei sussidi può infatti essere al netto o al lordo delle tasse), delle imposte indirette
prelevate su beni e servizi acquistati con i sussidi ricevuti, dell’utilizzo di strumenti fi-
scali a carattere sociale (tax espenditures)13. Il grafico 2 riporta la spesa sociale netta re-
lativa all’anno 2003 per 13 paesi europei (non sono disponibili dati per il Lussemburgo e
13 Anche la regolamentazione può svolgere un importante ruolo nel determinare l’efficacia e l’efficienza di un sistema di
protezione sociale nel contrastare povertà e disuguaglianza. Tuttavia una valutazione quantitativa degli interventi di
regolamentazione statale in questo ambito è assai difficile.
0
5
10
15
20
25
30
35
It ali a Austria Belg io Danimar ca Finland ia Francia Germania Irl and a Olanda Po r t ogal lo Reg no
Unito
Spagna Sv ezia
Spesa s ociale pubblic a lorda Spesa s ociale pubblic a netta
Graf. 2 - SPESA PUBBLICA LORDA E NETTA PER PROTEZIONE SOCIALE - 2003
(% PIL)
Fonte: OECD Social Expenditure Database.
Rapporto ISAE: Politiche pubbliche e redistribuzione - novembre 2007
- 12 -
la Grecia). Questi dati, di fonte OECD, sono calcolati applicando la metodologia di Ade-
ma e Ladaique (2005) e sono particolarmente interessanti in quanto consentono di inclu-
dere nell’analisi aspetti non considerati da Eurostat14. Analizzando la figura, emerge che
la dispersione della spesa sociale netta tra paesi è molto più bassa di quella lorda15; inol-
tre, tutti i paesi subiscono una riduzione, di importo variabile, del rapporto tra spesa so-
ciale e PIL, dovuta al prelievo fiscale. Questa diminuzione non modifica tuttavia il
posizionamento di Italia, Olanda, Francia, Austria, Spagna e Irlanda nella graduatoria
della spesa effettuata; mentre si hanno spostamenti per la Svezia, che scende dal primo al
terzo posto, e per la Danimarca, dal terzo all’ottavo. Migliorano la loro posizione il Re-
gno Unito, il Portogallo e la Germania; quest’ultima, in base ai dati sui valori netti, risul-
ta il paese con la spesa più alta.
Infine, la valutazione della misura dell’impegno dello Stato in favore di una mag-
giore equità sociale (soprattutto dal punto di vista dell’uguaglianza delle opportunità)
deve essere effettuata tenendo conto della spesa pubblica per l’istruzione. Quest’ultima è
infatti, oltre che un mezzo per favorire la crescita economica, un importante strumento di
politica sociale, sia per le esternalità positive che discendono dall’incremento del capita-
le umano, sia per gli effetti di promozione della mobilità sociale16. In base ai dati Euro-
stat riferiti al 2004, nei quindici paesi europei lo Stato spende per l’istruzione il 5,2% del
PIL; in Danimarca, il paese con il valore più elevato, tale percentuale supera l’8,0%; l’in-
vestimento pubblico in istruzione è invece minimo in Grecia (Tab. 5). In genere, i paesi
con una spesa per protezione sociale superiore alla media europea sono anche quelli che
investono maggiormente in istruzione (Danimarca, Svezia, Francia, Finlandia, Austria,
Belgio), ad eccezione di Olanda e Germania che, pur presentando una elevata spesa so-
ciale, dedicano all’istruzione rispettivamente il 5,2% e il 4,2% del PIL. Italia, Spagna, Ir-
landa e Grecia presentano quote inferiori alla media. E’ interessante il caso del
Portogallo, che dedica all’istruzione la quota maggiore di risorse dopo la Danimarca
(7,4% del PIL), pur essendo tra i paesi con la più bassa percentuale di spesa per protezio-
ne sociale17. Per quanto riguarda i diversi livelli di istruzione, nuovamente i paesi nordici
(Finlandia, Svezia e Danimarca) si distinguono, questa volta in quanto destinano al con-
14 La spesa per protezione sociale di fonte Eurostat è al lordo della tassazione sia diretta che indiretta; inoltre, salvo
alcuni casi molto specifici, le tax expenditures non sono incluse (Eurostat, 1996)
15 In un recente rapporto la Commissione Europea (2006a) analizza la spesa pensionistica lorda e netta giungendo alla
medesima conclusione: le differenze nei livelli di spesa si riducono notevolemente qualora si tenga conto della
tassazione. In genere, infatti i paesi che spendono di più per pensioni prevedono di applicare a queste ultime un prelievo
fiscale, a differenza di quelli con il livello più basso. Nel 2004 Italia e Francia sono i paesi con il più alto rapporto tra spesa
pensionistica netta e PIL.
16 Per quanto riguarda gli effetti dell’istruzione sulla mobilità sociale si rinvia al secondo capitolo di questo rapporto, e alla
letteratura ivi citata.
17 Per una descrizione dei cicli scolastici dei quindici paesi considerati si rinvia a Pizzuti (2006, pp. 85-89).
L'effetto distributivo dell'intervento pubblico nell'UE
- 13 -
seguimento del titolo di studio terziario oltre il 2% del PIL, mentre quelli dell’area medi-
terranea, ad esclusione della Grecia e insieme al Regno Unito, sono quelli che investono
meno per l’università.
Tab. 5 SPESA PUBBLICA PER ISTRUZIONE NEI PAESI UE15 NEL PERIODO 1999-2004
(valori espressi in percentuale del PIL)
Fonte: Eurostat.
(1) Media ponderata per la popolazione.
(2) Media semplice.
Dall’analisi quantitativa non sembra emergere, nel complesso, una significativa ten-
denza verso una riduzione della protezione sociale in Europa18. Lo scenario caratterizza-
to da sistemi di welfare ridimensionati a causa delle pressioni competitive associate alla
globalizzazione non sembra quindi, almeno per il momento, realistico19. Non sembra
nemmeno che l’integrazione europea abbia avuto un impatto rilevante nel ridurre l’etero-
1999 2000 2001 2002 2003 2004
Italia 4,7 4,6 4,7 4,7 4,9 4,6
Austria 6 5,9 5,9 5,9 6 6
Belgio 5,9 5,7 5,8 5,9 6 5,9
Danimarca 8,1 8 8,1 8,2 8,2 8,2
Finlandia 6 5,8 5,9 5,9 6,2 6,1
Francia 6,6 6,3 6,3 6,4 6,4 6,2
Germania 4,3 4,2 4,2 4,3 4,3 4,2
Grecia 3,1 3,2 3 3,2 3,5 3,4
Irlanda 4,1 4 4,3 4,2 4,2 4,3
Lussemburgo 4,6 4,3 4,6 4,8 4,9 5,2
Olanda 4,8 4,7 4,8 5 5,2 5,2
Portogallo 7,2 6,7 6,9 7,3 7,4 7,4
Regno Unito 4,7 5 5,2 5,7 5,8 5,8
Spagna 4,4 4,4 4,3 4,4 4,4 4,4
Svezia 7,5 6,8 7,2 7,4 7,3 7,2
Media Ue15 (1) 5,1 5,1 5,1 5,3 5,3 5,2
Ue15 (2) 5,5 5,3 5,4 5,6 5,6 5,6
18 Bertola et al. (2001) giungono alla medesima conclusione prendendo in considerazione il periodo 1990-1996 per i
paesi Ue15. Sosvilla-Rivero et al. (2003) analizzano la convergenza della spesa per protezione sociale in rapporto al PIL
per i paesi Ue12 per il periodo 1970-1999 impiegando la metodologia delle serie storiche. In base all’evidenza empirica
da loro ottenuta non emerge alcuna convergenza di lungo periodo. È importante tuttavia evidenziare che non si esprime
un consenso unanime in letteratura su questo aspetto (Raitano, 2007); per formulare valutazioni appropriate circa
l’evoluzione dei sistemi di protezione sociale sarebbe d’altronde utile analizzare anche l’andamento nel tempo del
numero di beneficiari, insieme a quello dell’importo erogato e dei criteri di eleggibilità.
19 Per un approfondimento dei possibili effetti determinati da invecchiamento e globalizzazione sull’evoluzione dei
sistemi di protezione sociale si veda Razin e Sadka (2005); Tanzi (2004); Rodrik (1998); Commissione Europea (2006a).
Rapporto ISAE: Politiche pubbliche e redistribuzione - novembre 2007
- 14 -
geneità dei vari sistemi sociali20: non emerge infatti una convergenza fra i diversi paesi
con riguardo alla dimensione e alla composizione della spesa per protezione sociale21.
Ovviamente un’analisi basata esclusivamente su livello e composizione della spesa so-
ciale in un periodo di tempo limitato non consente di valutare l’effetto di eventuali rifor-
me realizzate negli ultimi anni22.
I SISTEMI DI TASSAZIONE IN EUROPA: UN’ANALISI QUANTITATIVA
Le risorse (monetarie e in natura) trasferite agli individui mediante la spesa pubblica
in generale, e quella sociale in particolare23, sono di regola raccolte principalmente attra-
verso il prelievo fiscale24. I sistemi di tassazione adottati dai diversi paesi sono quindi un
elemento importante per comprendere l’intervento pubblico nella sua interezza. Con rife-
rimento al 2004, la pressione fiscale media per l’Ue15 risulta pari al 39,6% del PIL (Tab.
6)25: il valore più elevato si rileva in Svezia (50,5%), mentre l’Irlanda presenta quello più
basso (30,5%). È interessante notare che questi due paesi occupano la medesima posizio-
ne sia quando si considera il prelievo, sia quando si analizza la spesa per protezione so-
ciale: la Svezia spende di più per finalità sociali, ma preleva più risorse dai cittadini; al
contrario l’Irlanda si caratterizza per un livello ridotto sia di spesa che di prelievo26. In
Italia la pressione fiscale è vicina alla media (ordinando i paesi per valori crescenti di
20 La deviazione standard è passata dal 4,5 del 1990 al 4,3 del 2004. La mancanza di omogeneità tra i vari stati sociali è
stata riconosciuta anche dalla Commissione europea che, pur non imponendo l’armonizzazione, ha ritenuto opportuno
introdurre un metodo di coordinamento aperto al fine di rafforzare la coesione sociale. In sintesi, questo metodo prevede:
la definizione di obiettivi e linee guida per le politiche sociali, l’introduzione di indicatori comuni per comparare le diverse
performance, la fissazione di target quantitativi e qualitativi nazionali per il perseguimento degli obiettivi, la realizzazione
di controlli e di valutazioni periodiche.
21 È importante ricordare che i sistemi di protezione sociale (dimensione e composizione) rispecchiano non solo le
differenti preferenze per le politiche sociali, ma anche le caratteristiche demografiche e socio-economiche dei paesi.
22 Per una descrizione delle riforme attuate dai paesi Ue15 con riferimento alla protezione sociale si veda Carone e
Salomaki (2001).
23 A livello europeo, la spesa pubblica per la protezione sociale rappresenta il 50% della spesa pubblica totale.
Considerando il valore di tale quota per i singoli paesi si nota che quasi tutti non si discostano dalla media, ad eccezione
di Austria, Svezia, Finlandia, Francia e Germania, con una percentuale pari al 60%. Per un approfondimento
sull’evoluzione della spesa pubblica nei paesi considerati si veda Eurostat (2006).
24 Si rinvia a Carone e Salomaki (2001) per un’analisi teorica degli effetti della tassazione sulla domanda e offerta di
lavoro in Europa.
25 Per una descrizione dei sistemi fiscali dei paesi considerati e per un confronto con gli Stati Uniti si veda Joumard
(2001).
26 Si ricorda inoltre che l’Irlanda è il paese con la quota più elevata di spesa means-tested, mentre la Svezia presenta il
valore più basso.
L'effetto distributivo dell'intervento pubblico nell'UE
- 15 -
pressione fiscale, l’Italia occupa la nona posizione), mentre per Austria, Belgio, Finlan-
dia e Francia la percentuale è più alta di circa 3-5 punti. La Danimarca mostra un prelie-
vo di poco inferiore alla Svezia, mentre tutti i rimanenti paesi presentano valori più bassi
della media. Per quanto riguarda l’evoluzione negli ultimi dieci anni, si nota una certa
stabilità della media europea, ad eccezione del biennio 1999-2000, quando la pressione
fiscale ha superato il 41%. Per i singoli paesi si osserva invece una maggior variabilità.
Tra il 1995 e il 2004 Finlandia, Germania, Irlanda e Olanda hanno registrato una diminu-
zione di questo indicatore; per tutti gli altri si è invece avuto un aumento.
Tab. 6 PRESSIONE FISCALE NEI PAESI UE15 NEL PERIODO 1995-2004
Fonte: Eurostat.
(1) Media ponderata per la popolazione.
(2) Media semplice.
La tabella 7 riporta la struttura delle entrate fiscali per i quindici paesi nel 1997 e nel
200427; considerando le tre principali forme di finaziamento della spesa pubblica (contri-
buti sociali, imposte dirette ed indirette). Emerge un certo equilibrio per quanto riguarda
la media europea: tutte e tre le tipologie di prelievo contribuiscono per un terzo28. Sem-
pre a livello europeo, i contributi sociali erano nel 1997 la principale fonte di introito
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004
Italia 40,1 41,8 43,7 42,5 42,5 41,8 41,5 40,9 41,3 40,7
Austria 41,3 42,6 44,0 44,0 43,7 42,8 44,7 43,7 43,1 42,8
Belgio 43,8 44,4 44,9 45,5 45,5 45,2 45,2 45,3 44,9 45,0
Danimarca 48,8 49,2 48,9 49,3 50,1 49,4 48,4 47,8 48,0 49,3
Finlandia 45,7 47,0 46,3 46,1 45,8 47,2 44,6 44,6 44,0 43,4
Francia 42,7 43,9 44,1 44,0 44,9 44,1 43,8 43,1 42,8 43,1
Germania 39,8 40,7 40,7 40,9 41,7 41,9 40,0 39,5 39,7 38,8
Grecia 32,6 33,0 34,3 36,3 37,3 37,9 36,6 36,7 35,5 34,3
Irlanda 33,1 33,1 32,4 31,7 31,8 31,7 29,8 28,5 29,1 30,5
Lussemburgo 37,1 37,6 39,3 39,4 38,3 39,1 39,8 39,1 38,5 37,9
Olanda 40,2 40,2 39,7 39,4 40,4 39,9 38,3 37,7 37,4 37,7
Portogallo 31,9 32,8 32,9 33,1 34,1 34,3 33,9 34,7 35,1 34,2
Regno Unito 35,6 35,1 35,7 36,7 37,1 37,6 37,3 35,8 35,6 35,9
Spagna 32,7 33,1 33,2 33,0 33,6 33,9 33,5 33,9 33,9 34,5
Svezia 49,0 51,5 52,0 52,7 53,3 53,4 51,4 49,7 50,2 50,5
Media Ue15(1) 39,8 40,6 40,9 40,9 41,4 41,3 40,3 39,6 39,7 39,6
Ue15(2) 39,6 40,4 40,8 41,0 41,3 41,3 40,6 40,1 39,9 39,9
27 Per un commento dettagliato sull’evoluzione dei sistemi fiscali nei paesi considerati si veda Commissione Europea
(2006b, 2000).
28 In base alla media semplice, invece, in tutti e tre gli anni considerati le imposte indirette e quelle dirette rappresentano
circa il 35% delle entrate fiscali, mentre i contributi sociali circa il 29 per cento.
Rapporto ISAE: Politiche pubbliche e redistribuzione - novembre 2007
- 16 -
(34,2%)29, mentre nel 2004 il primato spetta alle imposte indirette (34,8%). Una compo-
sizione delle entrate in linea con la media europea si riscontra per Italia, Austria, Belgio,
Lussemburgo e Spagna; Finlandia, Irlanda, Regno Unito e Danimarca si discostano, in-
vece, dalla media per il maggior peso delle imposte dirette (oltre il 40% delle entrate fi-
scali, il 62,0% per la Danimarca) e per la minore importanza dei contributi sociali. La
Germania è l’unico paese europeo che finanzia quasi il 43% della spesa pubblica con
contributi sociali. Circa i cambiamenti avvenuti nell’utilizzo delle tre fonti di finanzia-
mento nel biennio considerato, l’Italia e in misura minore Germania, Olanda e Spagna
hanno aumentato il ricorso alle imposte indirette, mentre hanno ridotto il peso sia delle
dirette che dei contributi sociali; invece in Grecia e, con minore intensità, nel Regno Uni-
to le spese sono state finanziate in misura maggiore con imposte dirette e con contributi
sociali, riducendo il ruolo delle imposte indirette. La Francia ha registrato un aumento
del peso delle dirette, compensato da una riduzione dei contributi sociali e, in misura mi-
nore, delle imposte indirette; un modesto incremento del peso delle imposte dirette si
nota anche in Finlandia e in Belgio, controbilanciato da una riduzione dei contributi so-
ciali, e in Austria, compensato soprattutto da un minor ricorso alle imposte indirette. In-
fine Lussemburgo, Irlanda, Portogallo e Svezia hanno aumentato la quota finanziata con
imposte indirette e contributi sociali, riducendo quindi il peso delle imposte dirette.
Tab. 7 STRUTTURA DELLE ENTRATE FISCALI NEI PAESI UE15
(composizione percentuale)
Fonte: Eurostat.
(1) Media ponderata per la popolazione.
(2) Media semplice.
29 La fonte di finanziamento più importante, se si guarda alla media semplice per il 1997, è l’imposizione diretta.
Imposte
indirette Imposte
dirette Contributi
sociali Tota le Imposte
indirette Imposte
dirette Contributi
sociali Tota le
1997 2004
Italia 29,0 37,7 33,3 100 35,3 34,2 30,5 100
Austria 35,4 30,5 34,1 100 34,8 31,5 33,9 100
Belgio 30,3 38,2 31,6 100 30,2 38,8 31,0 100
Danimarca 35,9 62,3 2,1 100 35,9 62,0 2,4 100
Finlandia 32,1 40,2 27,6 100 32,2 41,0 26,8 100
Francia 37,5 21,9 41,1 100 36,0 26,8 37,4 100
Germania 29,3 27,2 43,5 100 31,1 26,3 42,6 100
Grecia 43,6 23,9 32,5 100 38,3 26,0 35,7 100
Irlanda 43,4 43,4 13,3 100 43,5 41,1 15,3 100
Lussemburgo 32,5 42,0 25,5 100 36,0 35,2 28,8 100
Olanda 30,7 31,2 38,0 100 34,3 28,6 37,1 100
Portogallo 41,8 27,9 30,3 100 42,4 25,2 32,5 100
Regno Unito 39,1 43,5 17,5 100 37,5 43,9 18,6 100
Spagna 33,1 32,0 36,0 100 35,3 30,7 35,2 100
Svezia 32,4 41,2 26,5 100 33,9 38,7 27,4 100
Media Ue15 (1) 33,3 32,5 34,2 100 34,8 33,1 32,3 100
Ue15 (2) 35,1 36,2 28,9 100,0 35,8 35,3 29,0 100,0
L'effetto distributivo dell'intervento pubblico nell'UE
- 17 -
Per avere un’idea delle potenzialità redistributive di un sistema fiscale è utile analiz-
zare la composizione delle imposte dirette, dal momento che quelle indirette e i contribu-
ti sociali sono di regola tributi proporzionali30. La tabella 8 riporta la struttura delle
imposte dirette nel 2004; a livello europeo oltre due terzi del gettito derivante da questo
tipo di imposte è attribuibile all’imposta personale, con valori superiori all’80% in Sve-
zia, Germania e Danimarca, mentre Grecia, Lussemburgo e Olanda hanno percentuali in-
feriori al 56%. L’imposta societaria, che in Europa rappresenta circa il 18% delle imposte
dirette31, assume un peso piuttosto rilevante in Grecia e Lussemburgo, Olanda, Portogal-
lo e Spagna, mentre in Danimarca e Germania si colloca circa al 10 per cento.
Tab. 8 STRUTTURA DELLE IMPOSTE DIRETTE NEI PAESI UE15
(anno 2004)
Fonte: Eurostat.
(1) Media ponderata per la popolazione.
(2) Media semplice.
Interessanti indicazioni emergono anche dall’analisi dell’aliquota fiscale implicita
su lavoro, capitale32 e consumo (Tab. 9). Nel 2004, il lavoro è il fattore con l’aliquota im-
plicita più elevata a livello europeo (36,5%), mentre il consumo ha un’aliquota media
pari a circa il 20%33. La media per il fattore capitale non è disponibile a causa della man-
30 Circa la proporzionalità di queste forme di prelievo, si rinvia a O’Donoghue et al. (2004) per le imposte indirette e a
Verbist (2004) per i contributi sociali.
31 Il 23,5% in base alla media semplice.
Imposta personale Imposta societaria Altre imposte dirette Tota le
Italia 74,9 15,6 9,5 100
Austria 74,7 18,0 7,3 100
Belgio 73,4 18,2 8,4 100
Danimarca 82,0 10,4 7,5 100
Finlandia 74,3 19,7 5,9 100
Francia 67,2 20,7 12,1 100
Germania 85,1 9,2 5,7 100
Grecia 54,1 37,0 8,9 100
Irlanda 59,7 28,8 11,5 100
Lussemburgo 50,6 43,6 5,8 100
Olanda 55,9 30,8 13,3 100
Portogallo 62,1 34,6 3,3 100
Regno Unito 63,7 18,0 18,3 100
Spagna 60,1 32,7 7,3 100
Svezia 80,5 15,4 4,0 100
Media Ue15 (1) 71,8 18,3 10,7 100
Ue15 (2) 67,9 23,5 8,6 100
32 Sono incluse nel calcolo le imposte sui redditi da capitale (imprese e famiglie) e sul patrimonio delle famiglie.
33 È pari a 22,4% se si utilizza la media semplice.
Rapporto ISAE: Politiche pubbliche e redistribuzione - novembre 2007
- 18 -
canza di dati per Lussemburgo, Portogallo e Svezia; comunque, analizzando le informa-
zioni sugli altri paesi, si nota che in genere il carico fiscale su questo fattore è più elevato
di quello sul consumo34. Dall’analisi delle diverse aliquote implicite dei singoli paesi
emerge una variabilità piuttosto elevata per il fattore lavoro: in Svezia, paese con il valo-
re più elevato, tale percentuale supera il 46%, mentre il minimo si registra nel Regno
Unito (24,9%). In Italia l’aliquota implicita sui redditi da lavoro (pari al 43,1%) è la più
alta dopo la Svezia, mentre quella sul consumo (pari al 16,9%) è di poco superiore al va-
lore minimo della Spagna.
Tab. 9 ALIQUOTE IMPLICITE NEI PAESI UE15
(anno 2004)
Fonte: Eurostat.
: Dato non disponibile.
(1) Media ponderata per la popolazione.
(2) Media semplice.
Un aspetto importante che caratterizza i vari sistemi di protezione sociale è la
modalità di finanziamento prescelta35. A questo proposito, due sono le principali fonti di
finanziamento utilizzate dai paesi Ue1536: la tassazione generale e i contributi sociali,
imposti di regola sul reddito da lavoro e corrisposti, oltre che dai lavoratori, anche dai
datori di lavoro. Considerando l’Ue15 nel suo complesso nel 2004, i contributi sociali
34 Per un confronto sulle aliquote effettive in Europa si veda il Capitolo 6.
Consumo Lavoro Capitale
Italia 16,9 43,1 29,5
Austria 21,5 40,9 25,5
Belgio 22,0 43,0 33,9
Danimarca 33,3 37,4 46,2
Finlandia 27,7 42,0 26,1
Francia 20,2 41,4 36,9
Germania 18,2 39,1 21,9
Grecia 17,6 37,9 15,4
Irlanda 26,5 26,1 39,1
Lussemburgo 24,7 29,0 :
Olanda 24,9 30,6 22,1
Portogallo 20,0 29,5 :
Regno Unito 19,1 24,9 35,3
Spagna 16,1 29,3 33,5
Svezia 27,6 46,4 :
Media Ue15 (1) 19,6 36,5
Ue15 (2) 22,4 36,0
35 In media nei paesi Ue15 il 70% della pressione fiscale è utilizzato per il finanziamento del sistema di sicurezza sociale.
Considerando invece i singoli paesi analizzati tale percentuale oscilla tra il 60 e l’80 per cento.
36 Recentemente in alcuni paesi europei sono state introdotte tasse con gettito soggetto a vincoli di destinazione.
L'effetto distributivo dell'intervento pubblico nell'UE
- 19 -
finanziano circa il 60% della spesa totale per la protezione sociale, sebbene questa
percentuale vari dai due terzi o più in Francia, Belgio, Olanda e Spagna a meno di un
terzo in Danimarca (Tab. 10). Dato che i metodi di finanziamento sono radicati nelle
modalità in cui i sistemi sono venuti sviluppandosi storicamente e sono strettamente
collegati al modo in cui sono controllati i diritti a fruire delle prestazioni sociali, essi
tendono a cambiare lentamente. Tuttavia si può notare che l’importanza relativa dei
contributi sociali nell’Ue15 è diminuita in modo rilevante nei tre anni considerati: dal
66% del 1990 al 63,5% del 1997, fino a raggiungere il 59,5 nel 200437. Tale quota è
cambiata in modo significativo in vari paesi: in Portogallo, essa è diminuita dal 61,7% al
47,5% nel periodo in questione, in Italia dal 70,3% al 56%, in Francia dal 79,5 al 66,0%
e in Germania dal 72,1 al 63,8, mentre in Irlanda, Spagna e Regno Unito si è registrata
una diminuzione compresa tra i 2 e i 6 punti percentuali. Nella maggior parte dei casi tale
riduzione è andata soprattutto o esclusivamente a vantaggio dei datori di lavoro; solo in
Francia ed in Irlanda la diminuzione è stata, in punti percentuali, quasi ugualmente
suddivisa tra lavoratori e datori di lavoro. Nel Regno Unito, invece, la riduzione è stata
molto elevata per i lavoratori, mentre per i datori è verificato addirittura un aumento.
D’altra parte, i contributi sociali sono divenuti una fonte più importante di finanziamento
in Danimarca (dove sono passati da 13,1 al 29,8%, con un aumento che ha interessato
soprattutto i lavoratori), in Olanda (dal 59,0 al 68,7, la maggior parte a carico dei datori
di lavoro) e in Svezia (dal 40,6 al 49,4%). Altrettanto è avvenuto, sia pure su scala più
ridotta, in Belgio, Grecia e Lussemburgo.
La seconda fonte di finanziamento per la protezione sociale è l’imposizione fiscale
generale, con una quota a livello europeo del 37,5%38. L’importanza del contributo dello
Stato varia in modo piuttosto rilevante nei diversi paesi considerati: per Danimarca e Ir-
landa tale fonte supera il 60%, mentre nel caso dell’Olanda e del Belgio il valore è note-
volmente inferiore alla media (rispettivamente 19,2% e 27%). Il peso della fiscalità
generale si aggira intorno al 42-44% in Italia, Finlandia, Lussemburgo e Portogallo ed è
pari a circa un terzo per tutti i rimanenti paesi, tranne Svezia e Regno Unito, che hanno
valori prossimi al 50%. Il ricorso a questa modalità è aumentato in media nel periodo
considerato di quasi 8 punti percentuali39, più che compensando quindi il minor peso
dell’altra forma di finanziamento. La tendenza ad incrementare l’utilizzo delle entrate
tributarie, riducendo in misura equivalente il peso dei contributi sociali, ha riguardato
Italia, Francia, Germania, Irlanda, Portogallo, Regno Unito e Spagna. Il Belgio e il Lus-
semburgo sono gli unici paesi che nel periodo considerato hanno aumentato il peso di en-
37 La riduzione è molto più contenuta se calcolata in base alla media semplice (circa 1,5 punti percentuali).
38 La media semplice è pari al 40,2 per cento.
39 Anche in questo caso l’incremento è più contenuto in base a quanto emerge dalla media semplice.
Rapporto ISAE: Politiche pubbliche e redistribuzione - novembre 2007
- 20 -
Tab. 10 MODALITÀ DI FINANZIAMENTO DELLA SPESA PER PROTEZIONE SOCIALE NEI PAESI Ue15
(composizione percentuale)
Fonte: Eurostat.
(1) Media ponderata per la popolazione.
(2) Media semplice.
Italia Austria Belgio Danimarca Finlandia Francia Germania Grecia Irlanda Lussemburgo Olanda Portogallo Regno
Unito Spagna Svezia Media
Ue15 (1) Ue15 (2)
1990
Contributi sociali 70,3 64,1 67,0 13,1 52,1 79,5 72,1 59,0 40,0 50,5 59,0 61,7 55,0 71,3 40,6 66,0 57,0
di cui:
datori di lavoro 54,9 39,3 41,5 7,9 44,1 51,0 43,7 39,4 24,5 29,5 20,0 42,4 28,1 54,4 38,6 42,4 37,3
lavoratori-pensionati-
disoccupati 15,5 24,8 25,5 5,3 8,0 28,5 28,4 19,6 15,6 21,0 39,1 19,3 26,9 16,9 2,0 23,6 19,8
Contributo dello Stato 27,2 34,7 23,8 80,1 40,6 17,0 25,2 33,0 58,9 41,5 25,0 26,0 42,6 26,2 50,8 29,7 36,8
Altri finanziamenti 2,5 1,2 9,2 6,8 7,3 3,5 2,7 8,0 1,0 8,1 15,9 12,3 2,4 2,5 8,6 4,3 6,1
Totale 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100,0
1997
Contributi sociali 68,2 66,0 70,8 26,8 48,7 73,0 67,3 60,9 36,6 47,8 64,3 53,0 51,2 68,9 46,8 63,4 56,7
di cui:
datori di lavoro 51,2 39,0 48,7 8,8 35,3 46,6 38,2 37,6 22,9 25,4 20,6 35,3 26,1 51,6 39,0 38,6 35,1
lavoratori-pensionati-
disoccupati 17,0 27,0 22,1 18,1 13,4 26,4 29,1 23,2 13,8 22,3 43,7 17,8 25,1 17,3 7,8 24,8 21,6
Contributo dello Stato 29,5 32,8 25,8 66,8 44,4 23,9 30,1 29,6 62,4 48 16,5 37,9 48 27,9 46,6 32,8 38,0
Altri finanziamenti 2,3 1,2 3,4 6,4 6,8 3,1 2,7 9,6 1 4,2 19,2 9,1 0,8 3,2 6,6 3,8 6,7
Totale 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100,0
2004
Contributi sociali 56 64 71,1 29,8 50,3 66,0 63,8 60,8 37,6 51,8 68,7 47,5 48,7 67,2 49,4 59,5 55,5
di cui:
datori di lavoro 41,2 37,2 49,3 10,2 39,4 45,5 36,3 37,3 23,1 27,3 34,0 31,7 32,5 50,9 40,8 38,6 35,8
lavoratori-pensionati-
disoccupati 14,8 26,8 21,8 19,6 10,9 20,6 27,6 23,5 14,5 24,5 34,7 15,7 16,2 16,4 8,6 20,8 19,7
Contributo dello Stato 42,4 34,6 27 63,5 44,3 30,4 34,5 30,5 60,8 44,6 19,2 42,2 49,7 30,3 48,7 37,5 40,2
Altri finanziamenti 1,6 1,4 1,9 6,7 5,4 3,5 1,7 8,7 1,6 3,6 12,1 10,4 1,7 2,4 1,9 3,1 4,3
Totale 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100,0
L'effetto distributivo dell'intervento pubblico nell'UE
- 21 -
trambe le principali modalità di finanziamento a sfavore dell’altra forma residuale. La
quota di spesa sociale finanziata con la fiscalità generale si è ridotta invece notevolmente
in Danimarca, passando dall’80,1% al 63,5%, e in misura minore in Grecia, Svezia e
Olanda. Nessun cambiamento rilevante nelle modalità di finanziamento si è evidenziato
per l’Austria.
In definitiva, dall’analisi dei dati sulla tassazione emerge una certa stabilità, a livel-
lo di media europea, della pressione fiscale, dal momento che questa non ha subito rile-
vanti cambiamenti negli ultimi dieci anni40. A livello di singoli paesi si riscontra, invece,
una maggiore variabilità, poiché alcuni hanno sperimentato un incremento della percen-
tuale delle entrate rispetto al PIL, ed altri una riduzione. Per quanto riguarda la struttura
del prelievo, sembra essere in atto un lieve processo di convergenza dei regimi fiscali,
soprattutto per quanto riguarda il minor ricorso ai contributi sociali, compensato da un
maggior utilizzo delle imposte, soprattutto indirette. Ciononostante le differenze quanti-
tative continuano ad essere significative41.
40 Per un’analisi delle riforme fiscali effettuate dai paesi europei nel periodo considerato si rinvia a Bernardi e Profeta
(2004), Carone et al. (2007) e Owens (2006). Per un’analisi degli effetti della globalizzazione sui sistemi di tassazione dei
paesi europei si veda Andersson et al. e Carone et al. (2007).
41 Sull’importanza del coordimanento tra i sistemi di imposizione fiscale dei paesi in presenza di integrazione economica
si veda Cnossen (2002).
Rapporto ISAE: Politiche pubbliche e redistribuzione - novembre 2007
- 22 -
DISUGUAGLIANZA E POVERTÀ IN EUROPA
Il livello di equità sociale raggiunto dai singoli paesi dopo l’intervento pubblico può
essere misurato attraverso alcuni indicatori che sintetizzano la distribuzione dei redditi.
Usualmente, per questo tipo di analisi si focalizza l’attenzione sul grado di disuguaglian-
za e sulla diffusione e gravità della povertà nei vari paesi europei.
La tabella 11 riporta l’indice di concentrazione di Gini42 e il rapporto tra il reddito
disponibile del 20% più ricco e del 20% più povero della popolazione43 nel periodo
1995-200544 per i paesi Ue15. A livello europeo nell’ultimo anno disponibile il coeffi-
ciente di Gini, calcolato sulla distribuzione del reddito disponibile45 equivalente46, risulta
pari a 0,3047; il paese con la massima equità nella distribuzione del reddito è la Svezia,
con un valore di 0,23, seguita dalla Danimarca (0,24); la sperequazione maggiore si regi-
stra, invece, in Portogallo (0,41). Il nostro paese, con un valore pari a 0,33, mostra un li-
vello di disuguaglianza di circa il dieci% superiore alla media europea. In generale, si
nota che i paesi nordici, insieme ad Austria e Lussemburgo, sono quelli con la minore
concentrazione dei redditi; in una posizione intermedia si trovano invece Belgio, Germa-
nia e Francia, mentre il gruppo dei paesi dell’Europa meridionale, con Irlanda e Regno
Unito, rappresenta l’esempio meno virtuoso, con un indice di Gini superiore a 0,3048.
Considerazioni simili emergono dall’analisi dell’altra misura della sperequazione dei
42 L’indice di Gini assume valori compresi fra 0 e 1, rispettivamente nel caso di perfetta equidistribuzione del reddito e nel
caso di massima disuguaglianza.
43 Anche questo indicatore fornisce una misura della sperequazione del reddito: al crescere del valore assunto dal
rapporto aumenta infatti la distanza, in termini di reddito, fra le famiglie più ricche e quelle più povere.
44 Per questi indicatori il periodo considerato si estende di un anno, ossia fino al 2005, in quanto non sono disponibili per
tutti i paesi informazioni relative al 2004. Per un’analisi della disuguaglianza negli anni settanta e ottanta si rinvia a
Förster e Pearson (2002).
45 Il reddito disponibile include i redditi da lavoro (sia dipendente che autonomo), da investimenti, da proprietà e i
trasferimenti privati alle famiglie, le pensioni e altri trasferimenti sociali direttamente percepiti.
46 La scelta di utilizzare il reddito equivalente è dovuta alla necessità di confrontare le condizioni economiche di individui
che vivono in famiglie di dimensioni e composizioni diverse. Eurostat utilizza la scala di equivalenza modificata dell’Ocse,
che attribuisce peso pari a 1 al primo adulto della famiglia, peso pari a 0,5 ad ogni individuo aggiuntivo di 14 anni o più e
peso di 0,3 ad ogni individuo di età inferiore ai 14 anni. Si veda Brandolini (2007) per una valutazione degli effetti sulla
stima del livello di disuguaglianza prodotti dall’impiego di altre scale di equivalenza. Per un approfondimento sulla fonte
prevalente di reddito e sul numero di componenti e di percettori nelle famiglie dei paesi Ue15 si rinvia a Istat (2004).
47 La disuguaglianza del reddito nella Ue15 è inferiore a quella negli Stati Uniti, il cui indice di Gini è pari a 0,37
(Brandolini, 2007).
48 In base a quanto emerge da un lavoro di Brandolini (2007, p. 22) che confronta i redditi dei paesi europei a parità di
potere di acquisto, tali differenze nell’indice di Gini sarebbero riconducibili al fatto che le nazioni dell’Europa continentale
e settentrionale hanno i redditi mediani più elevati, mentre i paesi dell’Europa meridionale hanno i redditi mediani più
bassi. Su questo punto si veda anche Istat (2004).
L'effetto distributivo dell'intervento pubblico nell'UE
- 23 -
Tab. 11 DISUGUAGLIANZA NEI PAESI UE15 NEL PERIODO 1995-2005
Fonte: Eurostat.
: Dato non disponibile.
(1) Media ponderata per la popolazione.
(2) Media semplice.
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
Italia Gini 33 32 31 31 30 29 29 : : 33 33
R80/R20 5,9 5,6 5,3 5,1 4,9 4,8 4,8 : : 5,6 5,7
AustriaGini 27262524262424 : 272626
R80/R20 4 3,8 3,6 3,5 3,7 3,4 3,5 : 4,1 3,8 3,8
Belgio Gini 29 28 27 27 29 30 28 : 28 26 28
R80/R20 4,5 4,2 4 4 4,2 4,3 4 : 4,3 4 4,1
Danimarca Gini 20 : 20 : 21 : 22 : 25 24 24
R80/R20 2,9 : 2,9 : 3 : 3 : 3,6 3,4 3,5
Finlandia Gini : 22 22 22 24 24 27 26 26 25 26
R80/R20 : 3 3 3,13,43,33,73,73,63,53,6
Francia Gini 29 29 29 28 29 28 27 27 27 28 28
R80/R20 4,5 4,3 4,4 4,2 4,4 4,2 3,9 3,9 3,8 4,2 4
GermaniaGini 29272525252525 : : : 28
R80/R20 4,6 4 3,7 3,6 3,6 3,5 3,6 : : : 4,1
Grecia Gini 35 34 35 35 34 33 33 : 35 33 33
R80/R20 6,5 6,3 6,6 6,5 6,2 5,8 5,7 : 6,4 5,9 5,8
IrlandaGini 33333334323029 : 313232
R80/R20 5,1 5,1 5 5,2 4,9 4,7 4,5 : 5 5 5
Lussemburgo Gini 29 28 25 26 27 26 27 : 28 26 26
R80/R20 4,3 4 3,6 3,7 3,9 3,7 3,8 : 4 3,9 3,8
Olanda Gini 29 29 26 25 26 29 27 27 27 : 27
R80/R20 4,2 4,4 3,6 3,6 3,7 4,1 4 4 4 : 4
Portogallo Gini 37 36 36 37 36 36 37 : : 38 41
R80/R20 7,4 6,7 6,7 6,8 6,4 6,4 6,5 7,3 7,4 7,2 8,2
Regno UnitoGini 323230323232353534 : 34
R80/R20 5,2 5 4,7 5,2 5,2 5,2 5,4 5,5 5,3 : 5,5
Spagna Gini 34 34 35 34 33 32 33 31 31 31 32
R80/R20 5,9 6 6,5 5,9 5,7 5,4 5,5 5,1 5,1 5,1 5,4
Svezia Gini : : 21 : 22 : 24 23 : 23 23
S80/20 : : 3 : 3,1 : 3,4 3,3 : 3,3 3,3
Media Ue15 (1) Gini 31 30 29 29 29 29 29 : 30 30 30
R80/R20 5,1 4,8 4,7 4,6 4,6 4,5 4,5 : 4,6 4,8 4,8
Ue15 (2) Gini 30,0 30,7 28,0 29,2 29,2 29,1 28,5 : 29,0 28,8 29,4
R80/R20 4,8 5,0 4,4 4,6 4,6 4,5 4,4 : 4,5 4,6 4,7
Rapporto ISAE: Politiche pubbliche e redistribuzione - novembre 2007
- 24 -
redditi equivalenti: a livello europeo il rapporto interquintilico è pari a 4,8; tale indicato-
re raggiunge il valore minimo in Svezia (3,3) e quello massimo in Portogallo (8,2). In
Italia il 20% più ricco della popolazione possiede 5,7 volte il reddito del 20% più povero;
si tratta di valori più alti della media europea, tra i più elevati tra i quindici paesi conside-
rati e sensibilmente inferiori solo a quelli del Portogallo.
Tra il 1995 e il 2005, a livello europeo, l’indice di Gini si è sempre collocato intorno
a 0,3049: il livello di sperequazione medio sembra pertanto piuttosto stabile50. Conside-
rando i valori dei singoli paesi, non emerge alcuna chiara tendenza: fino alla fine degli
anni novanta, la maggior parte delle nazioni ha sperimentato una diminuzione della con-
centrazione, mentre nei primi anni di questo decennio vi è stato un ampliamento della di-
suguaglianza. Si discostano da questo andamento solo Danimarca e Finlandia, con un
indice di Gini crescente in tutto il periodo considerato.
Secondo la definizione di povertà relativa51 adottata da Eurostat, è considerato po-
vero un individuo con un reddito disponibile equivalente inferiore al 60% della mediana
della distribuzione individuale del reddito equivalente del suo paese52. Nel 2005 nella
Ue15 il 16,0% della popolazione risulta a rischio di povertà53 (Tab. 12); i paesi con il più
elevato livello di disagio economico sono il Portogallo, la Spagna, l’Irlanda e la Grecia
(20,0%), seguiti da Italia e Regno Unito (rispettivamente con il 18 e il 19%), mentre al li-
vello più basso si trova la Svezia (9,0%); infine, per la quasi totalità dei rimanenti paesi
l’incidenza della povertà si colloca tra l’11 e il 13%. Negli undici anni presi in considera-
zione, il rischio di sperimentare situazioni di povertà, a livello europeo e per ciascun pa-
ese, non sembra aver subito variazioni di rilievo; si osserva qualche miglioramento per il
49 Per confronti internazionali sui livelli e sull’evoluzione della disuguaglianza si veda Atkinson e Brandolini (2004) e
Brandolini e Smeeding (2007).
50 Le indicazioni che emergono dall’analisi dell’evoluzione di questi indicatori devono essere considerate con cautela, dal
momento che Eurostat ha utilizzato per il periodo 1995-2001 l’indagine European Community Household Panel (ECHP),
dal 2002 al 2004 indagini nazionali armonizzate ex -post, e infine, dal 2005, la nuova indagine European Survey on
Income and Living Conditions (EU-SILC).
51 Come evidenziato da molti lavori (si veda ad esempio ISAE, 2000), definire esattamente cosa sia la povertà non è
compito semplice; per questo motivo per la stima di questo fenomeno si utilizzano diverse soglie, in modo tale da poter
cogliere differenti aspetti. La povertà relativa è quindi una delle possibili definizioni; altre ampiamente impiegate sono
due: povertà assoluta e povertà soggettiva. Per una stima della povertà assoluta in Europa si vedano Scruggs e Allan
(2006); Bradshaw (2000) e ISAE (2001a). Si veda invece ISAE (2007) per una stima della povertà soggettiva. Circa la
percezione degli europei di trovarsi in una condizione di povertà oppure di sperimentare in futuro situazioni di disagio
economico si rinvia a Eurobarometer (2007a).
52 Per la stima della diffusione della povertà relativa, Eurostat utilizza soglie di povertà nazionali. In base a quanto
emerge da ISAE (2001b) e da Brandolini (2007) se si opta per un’unica linea di povertà calcolata considerando l’intera
area europea come un singolo paese, la povertà aumenta leggermente, e le distanze tra i casi nazionali si accrescono.
53 La quota dei poveri negli Stati Uniti si colloca intorno al 23% (Brandolini, 2007).
L'effetto distributivo dell'intervento pubblico nell'UE
- 25 -
Portogallo e il Regno Unito, che partendo da una diffusione della povertà piuttosto alta
sono riusciti comunque a ridurre il rischio di 2-3 punti percentuali.
Tab. 12 POVERTÀ RELATIVA NEI PAESI UE15 NEL PERIODO 1995-2005
Fonte: Eurostat.
: Dato non disponibile.
(1) Media ponderata per la popolazione.
(2) Media semplice.
La tabella 13 riporta il poverty gap54, l’incidenza della povertà per alcune caratteri-
stiche demografiche e socio-economiche, nonché il valore della soglia di povertà relativa
in unità standard di potere d’acquisto per i quindici paesi55. Con riferimento al 2005, gli
individui poveri possiedono un reddito equivalente inferiore alla soglia di povertà di cir-
ca il 22%. Ad esclusione di Svezia ed Olanda, sembra emergere una relazione positiva
tra incidenza e gravità: i paesi con il più elevato rischio di povertà sono anche quelli che
presentano una maggiore distanza media percentuale dei redditi dei soggetti poveri dalla
soglia di povertà e viceversa.
Per quanto riguarda il genere, le donne sono a maggiore rischio di povertà: nel 2005
nell’Ue15 il 17,0% delle donne risulta povero, contro il 15,0% degli uomini. In Italia,
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
Italia 20 20 19 18 18 18 19 : : 19 19
Austria 13141313121212 : 131312
Belgio 16 15 14 14 13 13 13 : 15 15 15
Danimarca 10 : 10 : 10 : 10 : 12 11 12
Finlandia : 8 8 9 11 11 11 11 11 11 12
Francia 15 15 15 15 15 16 13 12 12 13 13
Germania 15 14 12 11 11 10 11 : : : 13
Grecia 22 21 21 21 21 20 20 : 21 20 20
Irlanda 19 19 19 19 19 20 21 : 20 21 20
Lussemburgo 12 11 11 12 13 12 12 : 11 12 13
Olanda 11 12 10 10 11 11 11 11 12 : 11
Portogallo 23 21 22 21 21 21 20 20 19 21 20
Regno Unito 20 18 18 19 19 19 18 18 18 : 18
Spagna 19 18 20 18 19 18 19 19 19 20 20
Svezia ::8:8:911:119
Media Ue15 (1) 17 16 16 15 16 15 15 : 15 17 16
Ue15 (2) 17 16 15 15 15 15 15 : 15 16 15
54 Il poverty gap, o intensità della povertà, è una misura di quanto sia grave la condizione di povertà, ed è definito come
media delle differenze positive tra la linea di povertà e il reddito equivalente di chi risulta in condizioni di indigenza,
rapportata alla soglia. In altri termini, quanto più il reddito equivalente medio dei poveri è distante dalla linea di povertà,
tanto maggiore è la condizione di disagio economico dei poveri.
55 Per un’analisi delle caratteristiche della povertà in anni precedenti a quello considerato si rinvia a Commissione
europea (2006c; 2005).
Rapporto ISAE: Politiche pubbliche e redistribuzione - novembre 2007
- 26 -
Tab. 13 CARATTERISTICHE DELLA POVERTÀ RELATIVA NEI PAESI UE15 NEL PERIODO 1995-2005
Fonte: Eurostat.
- - Dato non disponibile; (1) Media ponderata per la popolazione; (2) Media semplice.
Italia Austria Belgio Danimarca Finlandia Francia Germania Grecia Irlanda Lussemburgo Olanda Portogallo Regno Unito Spagna Svezia Media Ue15 (1) Ue15 (2)
Linea di povertà relativa
Famiglia monocomponente 8263 10562 9410 9581 8501 8720 9891 6518 9004 16375 9688 4993 10759 7035 8582 - - - -
Coppia con due figli 17352 22181 19761 20119 17851 18312 20770 13689 18909 34387 20345 10486 22593 14774 18021 - - - -
Poverty gap 241519 16 14 17 20 2420 18 21 27 21 25 18 22 20
Incidenza 191215 12 12 13 13 2020 13 11 20 18 20 9 16 15
Uomini 17 11 14 12 11 12 12 18 19 13 11 20 18 19 9 15 14
Donne 211315 12 13 14 14 2121 13 11 21 19 21 10 17 16
0-15 anni 24 15 19 10 10 14 13 19 22 20 16 24 22 24 8 18 17
16-24 anni 23 13 17 29 22 18 14 23 19 15 16 20 19 18 23 18 19
25-49 anni 16 11 11 10 8 11 12 15 14 13 10 17 13 16 8 13 12
50-64 anni 15 10 11 5 9 10 13 18 20 8 8 18 16 17 5 13 12
65+ anni 23 14 21 18 18 16 15 28 33 7 5 28 26 29 11 20 19
Famiglie senza figli 16 12 13 15 14 13 14 19 20 8 8 19 18 18 11 15 15
Monocomponente 28 19 21 26 30 20 27 28 48 14 14 38 26 34 19 25 26
Moncompomente con meno
di 65 anni 21 17 18 28 26 18 29 19 34 17 17 32 22 19 20 22 22
Monocomponente con più
di 65 anni 35 23 27 21 36 21 25 35 62 7 7 42 32 47 19 29 29
Coppia di adulti con meno
di 65 anni 10 9 8 5 6 8 11 15 14 6 7 16 11 11 5 10 9
Coppia di adulti con almeno un
componente con più di 65 anni 20 11 16 13 8 13 12 27 20 7 4 28 23 29 4 17 16
Famiglie con figli 22 13 16 9 9 13 12 21 19 17 13 21 19 21 8 16 16
Monogenitore con figli 35 27 36 21 20 26 30 44 45 32 26 34 37 37 18 32 31
Coppie con un figlio 15 9 9 4 7 8 10 14 12 13 9 17 9 411 10
Coppie con due figli 22 11 10 5 5 9 7 18 13 17 10 25 12 23 4 13 13
Coppie con tre o più figli 35 20 21 14 12 20 13 33 26 20 20 39 27 36 9 22 23
Abitazione di proprietà 17 10 10 7 8 9 8 20 15 9 7 19 13 18 6 13 12
Abitazione in affitto 29 17 29 21 21 20 20 18 37 25 17 28 31 32 17 23 24
Famiglie senza figli con intensità
lavorativa pari a 0 30 21 24 27 27 21 28 28 51 15 16 31 38 42 20 28 28
Famiglie senza figli con intensità
lavorativa compresa tra 0 e 1 9 11 7 6 11 11 7 12 87 811181312 11 10
Famiglie senza figli con intensità
lavorativa pari 1 5 4 2 5 3 4 5 11 55 49 565 5 5
Famiglie con figli con
intensità lavorativa pari a 0 70 52 78 51 56 63 58 54 74 36 53 61 65 68 42 63 59
Famiglie con figli con intensità
lavorativa compresa tra 0 e 1 28 16 19 7 10 19 11 26 17 20 17 29 25 26 10 20 19
Famiglie con figli con intensità
lavorativa pari 1 5 6 3 5 3 4 5 11 5 12 7 12 12 10 4 7 7
Occupati 974 5 4 6 5 13
69 6148105 7 7
Tempo indeterminato 562 4 2 4 4 548 27 454 4 4
Tempo determinato 15 6 6 : 7 10 9 19 11 2 1 4 13 8 11 10 11 11
Tempo pieno 863 4 3 5 412
59 6126104 6 6
Part-time 15 10 5 6 11 9 7 24 11 13 5 30 13 13 7 10 12
Disoccupati 44 47 31 26 35 29 43 33 47 47 27 29 50 35 26 37 37
Pensionati 16 12 18 16 17 13 14 25 30 6 5 25 28 25 10 17 17
Basso livello di istruzione 24 21 21 15 18 14 21 27 29 18 10 20 30 24 12 22 20
Medio livello di istruzione 12 9 11 11 13 10 12 14 13 8 10 11 15 13 9 12 11
Alto livello di istruzione 575 8 3 6 9 663 75 977 7 6
L'effetto distributivo dell'intervento pubblico nell'UE
- 27 -
questa differenziazione di genere tra i poveri è più marcata (21% contro 17%), mentre è
meno forte in Belgio, Portogallo, Regno Unito e Svezia, ed è addirittura nulla in Dani-
marca, Lussemburgo e Olanda. Nell’Unione europea a 15, le persone con età inferiore a
25 anni presentano livelli di povertà più elevati (circa il 18%), e questo si verifica, sia
pure con percentuali diverse, in quasi tutti i paesi considerati. In Danimarca, Finlandia,
Grecia e Svezia il rischio è più elevato solo nella classe di età compresa tra i 16 e i 24 an-
ni, mentre in Irlanda, Portogallo, Regno Unito e Spagna sono i bambini di età inferiore a
16 anni a presentare un maggiore rischio di povertà. Le persone con 65 o più anni hanno
un’incidenza della povertà superiore alla media (20,0%). Il rischio per questa classe di
età è particolarmente alto in Irlanda (33% di poveri anziani contro il 20% della popola-
zione), mentre è minore in Lussemburgo (7 contro il 13%) e Olanda (5 contro l’11%).
Nell’Ue15 presentano maggiori livelli di povertà coloro che vivono in famiglie monoge-
nitori (32%), in nuclei familiari con 3 o più figli (22%) e le persone sole indipendente-
mente dall’età, mentre sono a basso rischio di povertà le coppie senza figli con entrambi
i componenti con meno di 65 anni. Considerando i singoli paesi emergono alcune speci-
ficità: Olanda e Lussemburgo si caratterizzano per un’incidenza inferiore alla media per
le famiglie monocompenti anziane, mentre in Finlandia, Germania e Svezia le famiglie
con 3 o più figli non hanno un più elevato rischio di cadere in situazioni di povertà. In
Italia, Lussemburgo, Portogallo e Spagna è sufficiente la presenza di due figli all’interno
di un nucleo familiare per incrementare la probabilità di dover affrontare situazioni di di-
sagio economico. In quasi tutti i paesi, abitare in una casa di proprietà riduce la possibili-
tà di incorrere in situazioni di povertà; di converso, il pagamento di un canone di
locazione per la casa di residenza incrementa, e in alcuni casi di molto, il rischio.
L’incidenza della povertà tende ad essere notevolmente più elevata fra i disoccupati:
il rischio per questa categoria è più che doppio rispetto a quello medio calcolato sui sog-
getti con 16 o più anni56 in quasi tutti i paesi considerati. In Italia, Austria, Germania, Ir-
landa, Lussemburgo e Regno Unito quasi un disoccupato su due è povero. Essere
occupati sicuramente riduce il rischio, ma non lo annulla: il fenomeno dei working poor
è presente in tutti i paesi57, e particolarmente grave in Lussemburgo e in Olanda, dove i
lavoratori hanno una probabilità di sperimentare situazioni di povertà di poco inferiore
alla media. In genere gli occupati con un contratto a tempo determinato hanno un mag-
gior rischio; questo è vero soprattutto in Italia, Grecia e Lussemburgo; anche avere un
contratto di lavoro part-time incide positivamente sulla probabilità di diventare poveri,
ad eccezione del caso dell’Olanda58. Il numero di percettori di reddito da lavoro presenti
56 La tabella non riporta l’incidenza media per questo gruppo, comunque le differenze rispetto all’incidenza calcolata con
riferimento all’intera popolazione sono minime.
57 Eurostat classifica un occupato come working poor quando appartiene ad una famiglia povera.
Rapporto ISAE: Politiche pubbliche e redistribuzione - novembre 2007
- 28 -
in un nucleo familiare influenza notevolmente la probabilità di diventare poveri: a livello
europeo gli individui appartenenti a famiglie con figli con un’intensità lavorativa pari a
zero59 presentano una’incidenza pari al 63%; nel caso in cui, invece, non siano presenti
figli, tale percentuale scende al 28%. Anche il livello di istruzione svolge un ruolo im-
portante nel ridurre la probabilità di cadere in situazioni di difficoltà economica: il pos-
sesso di un titolo di studio medio o alto è associato ad un’incidenza pari rispettivamente
al 12 e al 7%. Infine, risulta che i pensionati hanno una probabilità di sperimentare una
condizione di disagio economico leggermente superiore alla media; in alcuni paesi, tutta-
via, tale gruppo non sembra particolarmente svantaggiato sotto questo aspetto: si tratta
dell’Italia, dell’Austria, della Francia, del Lussemburgo e dell’Olanda.
I dati appena commentati consentono di delineare un quadro del fenomeno della po-
vertà in termini statici, nel senso che producono una “fotografia” delle caratteristiche di
chi in un determinato anno risulta povero, ma non forniscono informazioni circa i pro-
cessi di entrata/uscita dalla condizione di povertà o di permanenza in tale situazione. Il
fenomeno della povertà può difatti interessare solo occasionalmente determinati indivi-
dui (povertà transitoria), mentre per altri può rivelarsi una condizione più o meno duratu-
ra (povertà persistente) e questa distinzione è particolarmente rilevante nel definire
efficaci politiche di contrasto della povertà. Secondo Eurostat, nel 2000 il 9% della po-
polazione dell’Ue15 risultava persistentemente povera, ossia si trovava in una situazione
di disagio economico da almeno quattro anni. Considerando che in quell’anno l’inciden-
za della povertà era del 21%, sempre a livello euroepo, ciò significa che oltre il 40% dei
poveri si trovava in una condizione di difficoltà non transitoria. Nella maggior parte dei
paesi considerati la percentuale di soggetti persistentemente poveri oscillava tra il 40 e il
50%; solo Olanda e Germania presentavano un valore intorno al 30%. Vale la pena di
sottolineare ancora l’esistenza di una relazione positiva tra incidenza e persistenza: i pae-
si con il più alto rischio di povertà (tra cui l’Italia) sono anche quelli con la più alta quota
di poveri persistenti60.
Come evidenziato da numerosi studiosi (Jenkins e Micklewright, 2007; Förster et
al. (2004); Atkinson et al. 2005), considerazioni sulla povertà basate unicamente su una
varibile monetaria quale il reddito non sono sufficienti a fornire un quadro esaustivo del
disagio. A questo proposito, Eurostat considera altre dimensioni non reddituali di
58 Per un approfondimento sulle caratteristiche dei working poor si veda EFILWC European Foundation for the
Improvement of Living and Working Conditions (2004) e Eurostat (2005a).
59 L’intensità dello stato lavorativo è calcolata, per la famiglia, sulla base del numero di mesi in cui tutti i componenti in età
lavorativa hanno lavorato durante l’anno in proporzione al numero totale di mesi in cui gli stessi avrebbero potuto
lavorare. L’intensità varia tra 0 (famiglie in cui nessuno lavora) ed 1 (piena intensità lavorativa).
60 Per un approfondimento sul fenomeno della povertà persistente si veda Istat (2004); OECD (2006a; 2001) e
Andriopoulou (2006).
L'effetto distributivo dell'intervento pubblico nell'UE
- 29 -
privazione, che consentono di articolare con maggiore dettaglio la descrizione dei
fenomeni di povertà. Si tratta comunque di dimensioni riguardanti la disponibilità di de-
terminati beni materiali61, che, in rapporto al livello medio di sviluppo socio-economico
e al contesto culturale dei paesi considerati, rappresentano la risposta a bisogni diffusi e
sono quindi un possibile benchmark di benessere (e, per converso, di privazione). Secon-
do recenti stime Eurostat (2005b)62, esiste una relazione positiva tra povertà e mancanza
di alcuni beni materiali: i paesi con la quota più elevata di soggetti che soffrono di qual-
che forma di deprivazione sono anche quelli con il più alto rischio di povertà (Italia, Spa-
gna, Portogallo, Grecia; non così l’Irlanda, che pur mostrando un’elevata diffusione della
povertà non presenta in proporzione un alto rischio di deprivazione) e viceversa per quel-
li a basso rischio di disagio economico. Inoltre i paesi con il più contenuto rischio di de-
privazione (inferiore al 10%) mostrano una diffusione di quest’ultima di molto inferiore
al tasso di povertà (Olanda, Lussemburgo, Danimarca e Francia), mentre in quelli con
maggiori problemi di deprivazione questa presenta un tasso molto maggiore di quello di
povertà (Portogallo, Grecia e Spagna). La relazione tra povertà e condizioni abitative
precarie è meno ovvia: ad esempio Lussemburgo e Olanda, paesi con un contenuto ri-
schio di povertà, si caratterizzano per un rischio particolarmente elevato (intorno al 20%)
per quanto riguarda il disagio abitativo; in Finlandia, Danimarca, Austria e Italia i due ri-
schi presentano percentuali molto simili. Un altro aspetto interessante da analizzare è la
verifica della compresenza di povertà e di almeno due forme di privazione materiale nel-
la stessa persona. A questo proposito la minor sovrapposizione si verifica in Olanda,
Lussemburgo e Francia, dove i soggetti poveri e deprivati rappresentano tra il 18 e il
27% dei poveri; percentuali comprese tra il 30 e il 40% si riscontrano in Austria, Beglio
e Irlanda; la quota supera il 60% per Spagna, Grecia e Portogallo (paese dove l’interse-
zione degli eventi coinvolge l’80 dei soggetti poveri).
61 Si veda il lavoro di Szeles (2004) per una stima della povertà multidimensionale che considera anche aspetti non
materiali.
62 Sulla persistenza delle situazioni di deprivazione si veda l’interessante rapporto CER-SPI (2007). Per una analisi delle
determinanti dello stato di deprivazione nei paesi europei si veda Figari (2006).
Rapporto ISAE: Politiche pubbliche e redistribuzione - novembre 2007
- 30 -
EFFETTI REDISTRIBUTIVI DELL’INTERVENTO PUBBLICO IN EUROPA
In generale, gli elementi che incidono sui livelli di equità di un sistema sono costitu-
iti dai processi di formazione dei redditi, che operano attraverso il mercato, e dall’azione
dello Stato, attraverso la quale vengono attenuate le disuguaglianze derivanti dalla distri-
buzione primaria. Un aspetto che merita, dunque, un’attenzione particolare riguarda
l’analisi degli effetti che i differenti sistemi di tassazione e di protezione sociale induco-
no sulla distribuzione del reddito familiare. Come è emerso dall’analisi svolta finora, i
paesi della Ue15 sono eterogenei con riferimento sia alla dimensione e alla composizio-
ne dei trasferimenti sociali, sia al prelievo fiscale; appare quindi interessante analizzare
se essi presentino differenti livelli di efficacia delle politiche pubbliche nella riduzione
della disuguaglianza e della povertà.
Attraverso il confronto fra le distribuzioni dei redditi familiari calcolati includendo
ed escludendo l’intervento pubblico è possibile quantificare gli effetti prodotti dalle di-
verse politiche redistributive63. A nostra conoscenza vi è un unico studio recente (Immer-
voll et al., 2005) che stima, per tutti e quindici i paesi considerati, gli effetti diretti64 sulla
disuguaglianza65 prodotti dall’operatore pubblico in un determinato anno attraverso i tra-
sferimenti sociali e il prelievo fiscale66. Questo tipo di analisi è particolarmente comples-
so, dal momento che richiede la disponibilità di microdati armonizzati e comparabili,
contenenti dettagliate informazioni sulle componenti primarie e redistributive dei redditi
familiari per ciascun paese. Per realizzare questo lavoro gli autori hanno potuto utilizzare
dati omogenei, che includono anche le imposte dirette a carico delle famiglie e i princi-
pali trasferimenti sociali monetari, ottenuti con il modello di microsimulazione fiscale
EUROMOD67. Il vantaggio di questa base dati consiste quindi nella possibilità di svolge-
re analisi comparate per i 15 paesi della UE facilmente realizzabili e consistenti.
63 Si veda Raitano (2007) per una spiegazione sulle difficoltà di misurare gli effetti redistributivi.
64 È importante ricordare che lo Stato può, con la sua azione, influenzare anche i prezzi di mercato e il comportamento
delle famiglie e quindi, in modo indiretto, i redditi di mercato (Kim, 2000). Pertanto l’analisi di Immervoll et al. (2005) non
è in grado di stimare tutti gli effetti prodotti dall’intervento pubblico.
65 Esistono alcuni studi che valutano per i paesi Ue15 l’impatto redistributivo limitandosi a considerare esclusivamente
l’imposizione fiscale o i trasferimenti sociali (Verbist, 2004; Heady et al., 2001). Vi sono inoltre diversi lavori (ad esempio,
Kenworkthy e Pontusson 2005; Mahler e Jesuit 2006) che analizzano contemporaneamente gli effetti della tassazione e
delle prestazioni sociali monetarie; si tratta però di studi che, utilizzando la base dati del Lis (Luxembourg Income Study),
non possono includere nell’analisi i paesi non presenti in questa fonte e quelli per i quali non sono disponibili informazioni
sulle componenti fiscali (Italia, Spagna, Lussemburgo, Irlanda, Grecia e Austria).
66 L’analisi essendo statica non permette di stimare gli effetti dei programmi pubblici che redistribuiscono le risorse nel
corso della vita di un individuo piuttosto che tra individui. Si veda lo studio di Liberati (2000) sull’impatto intertemporale
dell’intervento pubblico.
67 Per una descrizione dettagliata del modello si rinvia a Immervoll et al. (1999).
L'effetto distributivo dell'intervento pubblico nell'UE
- 31 -
La tabella 14 riporta il coefficiente di Gini dei redditi di mercato68, cioè considerati
a prescindere dall’intervento redistributivo, e dei redditi disponibili, che tengono conto
anche dell’imposizione fiscale e di alcuni trasferimenti sociali monetari. Ex ante, i paesi
con la maggior disuguaglianza69 sono Spagna, Irlanda, Portogallo e Regno Unito, mentre
Olanda, Austria e Danimarca presentano valori molto inferiori alla media. Si nota inoltre
che in Finlandia e in Svezia la distribuzione dei redditi di mercato è piuttosto disuguale:
ordinando i paesi in base a valori crescenti dell’indice di Gini, essi occupano rispettiva-
mente la settima e l’undicesima posizione. L’effetto perequativo della redistribuzione
pubblica è positivo in tutti i paesi Ue15: il valore dell’indice di Gini calcolato sul reddito
familiare disponibile è infatti sempre inferiore a quello dei redditi di mercato, con una ri-
duzione media del 36,6 per cento. L’entità di tale effetto, ottenuta calcolando la variazio-
ne (assoluta e relativa)70 del coefficiente di Gini prima e dopo l’intervento, è però molto
diversa nei vari paesi71. In particolare, l’Italia mostra la minor capacità redistributiva,
mentre la Finlandia presenta l’impatto maggiore. La riduzione della disuguaglianza è
68 Che si ottiene sommando per tutti i componenti del nucleo familiare il reddito da lavoro dipendente (al netto dei
contributi sociali a carico dei datori di lavoro) e autonomo, i redditi da capitale (mobiliare e immobiliare), le pensioni
private e i trasferimenti monetari tra famiglie (ad esempio, assegni per alimenti per il coniuge e per i figli in caso di
separazione).
69 Incidono, in modo particolare, sulla distribuzione dei redditi di mercato la disuguaglianza nei redditi da lavoro e la
composizione familiare (Kenworkthy e Pontusson, 2005).
Tab. 14 EFFETTI REDISTRIBUTIVI DELL'INTERVENTO PUBBLICO NEI PAESI UE15 - INDICE DI GINI
Fonte: Immervoll et al. (2005).
Reddito di mercato Reddito disponibile Variazione assoluta Variazione relativa
Italia 0,497 0,352 0,145 29,2
Austria 0,441 0,233 0,208 47,2
Belgio 0,462 0,250 0,212 45,9
Danimarca 0,457 0,235 0,222 48,6
Finlandia 0,482 0,246 0,236 49,0
Francia 0,486 0,287 0,199 40,9
Germania 0,470 0,259 0,211 44,9
Grecia 0,484 0,336 0,148 30,6
Irlanda 0,516 0,324 0,192 37,2
Lussemburgo 0,481 0,256 0,225 46,8
Olanda 0,412 0,250 0,162 39,3
Portogallo 0,514 0,358 0,156 30,4
Regno Unito 0,502 0,313 0,189 37,6
Spagna 0,520 0,328 0,192 36,9
Svezia 0,501 0,299 0,202 40,3
Media Ue15 0,473 0,300 0,173 36,6
Rapporto ISAE: Politiche pubbliche e redistribuzione - novembre 2007
- 32 -
piuttosto elevata, oltre il 45 per cento, in Belgio, Austria, Danimarca, Lussemburgo; i pa-
esi meno virtuosi dopo l’Italia, con variazioni molto inferiori alla media, sono Grecia e
Portogallo. L’intervento pubblico nei paesi anglosassoni, in Spagna e in Olanda72 deter-
mina una diminuzione dell’indice di Gini leggermente superiore alla media73. Dopo
l’azione redistributiva, i paesi con redditi meno concentrati risultano essere Austria, Da-
nimarca e Finlandia, mentre Portogallo, Italia e Grecia hanno quelli più disuguali. È inte-
ressante notare che nel passaggio da ex ante a ex post la posizione relativa si modifica
solo in pochi casi in modo rilevante; ordinando infatti i paesi Ue15 per valori crescenti
dell’indice di Gini per entrambi i tipi di reddito, si registrano cambiamenti significativi
per l’Olanda (dalla 1° alla 5° posizione), la Finlandia (dalla 7° alla 3° posizione), la Gre-
cia (dall’8° alla 13° posizione), l’Italia (dalla 10° alla 14° posizione)74.
Oltre alla valutazione complessiva dell’impatto del meccanismo redistributivo pub-
blico sulla disuguaglianza, è importante analizzare le proprietà distributive dei singoli
strumenti utilizzati dallo Stato per rendere meno concentrata la distribuzione dei redditi.
La tabella 15 riporta il contributo di alcuni programmi di spesa e di prelievo (pensioni
pubbliche75, altri trasferimenti sociali monetari con e senza controllo dei mezzi76, impo-
ste personali sul reddito e contributi sociali a carico dei lavoratori) alla diminuzione della
disuguaglianza; tale contributo è valutato calcolando a quanto ammonterebbe l’indice di
Gini dei redditi disponibili familiari se quello specifico strumento77 non venisse adottato.
A livello europeo, i trasferimenti sociali monetari non pensionistici, valutati nel loro
complesso, sono in grado di attenuare la disuguaglianza distributiva molto più di altri
strumenti: in assenza di tali trasferimenti l’indice di Gini sarebbe infatti molto più alto
70 Per misurare l’effetto redistributivo si può utilizzare la variazione assoluta e relativa nell’indice di Gini prima e dopo
l’intervento pubblico. La variazione assoluta è pari alla semplice differenza tra i due indici; quella relativa, invece, è
calcolata in rapporto all’indice iniziale e tiene quindi in considerazione le differenze nei livelli di disuguaglianza dei redditi
di mercato. Per un approfondimento sulle implicazioni associate all’utilizzo di queste due misurazioni si veda Kenworkthy
e Pontusson (2005).
71 La differenza tra il valore minimo e quello massimo è pari a 0,091 nel caso della variazione assoluta e a 19,8 per cento
nel caso di variazione relativa.
72 Si ricorda tuttavia che Olanda e Spagna, sebbene simili per entità degli effetti redistributivi dell’intervento pubblico,
hanno rispettivamente la più bassa e la più alta disuguaglianza dei redditi di mercato.
73 Il lavoro di Mahler e Jesuit (2006) stima l’impatto redistributivo dell’intervento pubblico per alcuni dei paesi qui
considerati (Belgio, Svezia, Olanda, Finlandia, Francia, Danimarca, Germania e Regno Unito) e ottiene risultati simili.
74 Per un’analisi dei cambiamenti intervenuti nella capacità redistributiva dello Stato tra gli anni ottanta e novanta in
alcuni paesi europei si veda Kenworkthy e Pontusson (2005) e Mahler e Jesuit (2006) .
75 Sono considerate pensioni pubbliche solo quelle erogate a persone con almeno 65 anni al fine di garantire un reddito
nella vecchiaia. Pensioni erogate ad individui più giovani o altre prestazioni monetarie concesse agli anziani sono
pertanto incluse negli altri trasferimenti sociali.
76 Per un elenco dettagliato dei diversi programmi considerati, si rinvia all’appendice del lavoro di Immervoll et al. (2005,
pp. 22-24).
L'effetto distributivo dell'intervento pubblico nell'UE
- 33 -
(+29,3%). Considerando le diverse realtà, si notano notevoli differenze circa l’entità
dell’impatto perequativo di questo strumento: in molti paesi l’incremento percentuale
oscilla tra il 40 e il 50% circa (Regno Unito, Irlanda, Olanda, Belgio, Svezia e Austria),
fino a superare il 60% (Danimarca e Finlandia). L’effetto redistributivo è piuttosto limi-
tato nell’Europa meridionale, con percentuali comprese tra il 14 e il 22%; i rimanenti pa-
esi (Germania, Francia e Lussemburgo) presentano valori superiori alla media di circa 5-
7 punti percentuali. Con riferimento all’insieme dei paesi europei, si nota che l’effetto
complessivo prodotto dai diversi trasferimenti sociali è dovuto principalmente alle pre-
stazioni non means-tested, che riducono la disuaglianza di circa il 19%, mentre quelle
sottoposte alla prova dei mezzi la attenuano in misura molto minore (9%)78. Quest’ulti-
ma affermazione è valida, seppur in misura diversa, per quasi tutti i paesi Ue15. Le ecce-
zioni riguardano Irlanda e Regno Unito, dove il contributo dei trasferimenti sociali
selettivi è decisamente più elevato di quello dei trasferimenti sociali universali. Le pen-
77 In questo modo si supera il problema della scelta della sequenza in base alla quale valutare gli effetti dei diversi
strumenti. Non esiste infatti un ordine naturale, la decisione è arbitraria e i risultati dipendono dalla sequenza scelta. Ad
esempio, aggiungere al reddito di mercato i trasferimenti sociali e poi sottrarre le imposte sul reddito e i contributi
determina effetti redistributivi diversi rispetto al caso in cui prima si toglie la componente fiscale e poi si aggiunge quella
sociale. Per un approfondimento su questo aspetto si rinvia a Immervoll et al. (2005, p. 6). Si veda inoltre Mahler e Jesuit
(2006), i quali adottano nella loro analisi una precisa sequenza.
Tab. 15 EFFETTI REDISTRIBUTIVI DEI TRASFERIMENTI E DELLA TASSAZIONE NEI PAESI UE15
INDICE DI GINI
Fonte: Immervoll et al. (2005).
Reddito
disponibile
Senza le
pensioni
pubbliche
Senza tutte le
prestazioni
sociali
Senza le
prestazioni
sociali non
means-tested
Senza le
prestazioni
sociali
means-tested
Senza i
contributi sociali
a carico dei
lavoratori
Senza l'imposta
personale sui
redditi
Italia 0,352 0,43 0,419 0,406 0,364 0,357 0,382
Austria 0,233 0,359 0,331 0,318 0,243 0,245 0,283
Belgio 0,25 0,344 0,36 0,343 0,263 0,263 0,317
Danimarca 0,235 0,324 0,414 0,38 0,259 0,253 0,293
Finlandia 0,246 0,366 0,402 0,371 0,27 0,255 0,294
Francia 0,287 0,389 0,39 0,356 0,316 0,302 0,309
Germania 0,259 0,362 0,349 0,338 0,268 0,264 0,313
Grecia 0,336 0,423 0,384 0,38 0,339 0,337 0,372
Irlanda 0,324 0,346 0,463 0,358 0,423 0,331 0,371
Lussemburgo 0,256 0,365 0,351 0,335 0,269 0,262 0,319
Olanda 0,25 0,311 0,352 0,323 0,276 0,255 0,3
Portogallo 0,358 0,42 0,416 0,396 0,377 0,366 0,401
Regno Unito 0,313 0,354 0,448 0,356 0,395 0,321 0,347
Spagna 0,328 0,426 0,4 0,386 0,341 0,328 0,374
Svezia 0,299 0,427 0,458 0,415 0,336 0,301 0,326
Media Ue15 0,3 0,376 0,388 0,358 0,327 0,312 0,338
Rapporto ISAE: Politiche pubbliche e redistribuzione - novembre 2007
- 34 -
sioni pubbliche sono il secondo strumento per entità di riduzione della disuguaglianza:
senza questa misura si avrebbe, in media, una distribuzione delle risorse molto più spere-
quata (+25,3%). Il ruolo perequativo delle pensioni pubbliche è molto consistente (con
percentuali superiori al 40%) in Svezia, Lussemburgo, Finlandia e Austria; anche Belgio,
Danimarca, Francia e Germania hanno valori piuttosto alti rispetto alla media, mentre in
Irlanda, Portogallo e Regno Unito l’effetto redistributivo svolto da tale strumento è mol-
to limitato, con valori compresi tra il 7 e il 17%. In Italia il contributo è inferiore al valo-
re medio di circa tre punti percentuali, mentre in Spagna è superiore di circa 4 punti;
infine Olanda e Grecia non si discostano dalla media. Anche la tassazione è in grado di
modificare la distribuzione dei redditi rendendola meno concentrata. In particolare, l’ef-
fetto è maggiore, in media, per le imposte dirette (+13%), e minore, sempre in media,
per i contributi sociali (+4%)79. Le imposte dirette hanno un ruolo piuttosto rilevante,
con percentuali comprese tra il 19 e il 27, in Finlandia, Olanda, Germania, Austria, Lus-
semburgo, Danimarca e Belgio, e inferiore al 10% in Francia, Italia e Svezia; i rimanenti
paesi si collocano intorno alla media. Ovunque i contributi sociali producono un modesto
impatto sulla distribuzione del reddito: le percentuali sono inferiori al valore medio in
tutti i paesi ad esclusione di Francia, Danimarca, Belgio ed Austria, dove l’effetto redi-
stributivo oscilla tra il 5 e l’8 per cento.
Prima di concludere il commento dei risultati dello studio di Immervoll et al.
(2005), è interessante analizzare la graduatoria dei diversi strumenti nei singoli paesi, per
verificare se esistono differenze rispetto all’ordine emerso con riferimento ai valori me-
di. In Italia, Germania, Grecia, Lussemburgo, Austria Portogallo e Spagna le pensioni
pubbliche producono gli effetti redistributivi maggiori, seguite dai trasferimenti sociali
complessivi, dalle imposte dirette, e infine dai contributi sociali. In Irlanda, dopo i trasfe-
rimenti sociali complessivi, primi per importanza, contano le imposte dirette e le pensio-
ni, seguite dai contributi sociali; i rimanenti paesi rispecchiano la graduatoria media
europea. Infine, per quasi tutti i paesi considerati, i trasferimenti sociali selettivi produ-
cono un impatto redistributivo inferiore a quello delle imposte dirette e in un caso anche
dei contributi sociali; questo invece non si verifica in Irlanda e Regno Unito, dove tali
trasferimenti garantiscono effetti superiori a tutti gli altri80, e in Francia e Svezia, dove
sono più importanti delle imposte dirette81.
78 Lo studio di Mahler e Jesuit (2006) analizza il peso che i trasferimenti sociali hanno sul reddito iniziale e il livello di
concentrazione dei trasferimenti ordinando le famiglie per reddito di mercato. Tra gli otto paesi Ue15 considerati, quelli
con programmi molto selettivi sono il Regno Unito e, anche se in misura minore, la Danimarca e la Germania, mentre
l’Olanda mostra un basso livello di selettività. A differenza dal Regno Unito, che emerge come il paese con la più alta
efficienza e il minor impatto redistributivo, per gli altri paesi non si evidenzia una relazione tra efficienza e effetto
redistributivo.
79 Verbist (2004) ottiene risultati simili.
L'effetto distributivo dell'intervento pubblico nell'UE
- 35 -
Gli effetti redistributivi dell’intervento pubblico appena commentati riguardano solo
alcuni strumenti: non è valutato l’impatto derivante dalle imposte indirette e dai trasferi-
menti in natura, quali, ad esempio, educazione e cure sanitarie. Con riguardo a questi ul-
timi, un recente studio dell’OECD (OECD, 2006b) ha provato, nonostante le numerose
difficoltà metodologiche insite in questo tipo di valutazione, a stimarne la capacità redi-
stributiva per alcuni paesi industrializzati, compresi quelli Ue15. Come si nota dal grafi-
co 3, che riporta la differenza tra l’indice di Gini calcolato sul solo reddito monetario
disponibile e quello che invece include le cure sanitarie o l’istruzione82, in quasi tutti i
paesi la sanità determina una variazione relativa dell’indice di Gini superiore a quella
prodotta dall’istruzione; solo in Olanda si verifica il risultato opposto (per il Lussembur-
go non è disponibile l’informazione circa l’impatto redistributivo dell’istruzione). Consi-
derando i servizi sanitari, si nota che l’impatto oscilla tra il 9,9% (Spagna) e il 15,7%
(Danimarca); inoltre non risultano concentrazioni di paesi appartenenti alla medesima
area geografica nella graduatoria (come invece era in genere emerso in precedenza). Per
quanto riguarda l’istruzione, l’entità dell’effetto redistributivo è all’incirca pari a quello
80 In questi due paesi le pensioni pubbliche hanno una ridotta capacità redistributiva; si deve però ricordare l’importanza
delle pensioni private.
81 La maggior importanza dei trasferimenti sociali (incluse le pensioni) rispetto alle imposte nel ridurre la disuguaglianza
trova conferma anche nel lavoro di Mahler e Jesuit (2006): negli otto paesi Ue15 analizzati i trasferimenti sociali
determinano il 70% della riduzione dell’indice di Gini.
82 Il lavoro considera tutti i livelli di istruzione obbligatoria e non.
0
2
4
6
8
10
12
14
16
18
Italia
Austria
Belgio
Danimarca
Finlandia
Francia
Germania
Grecia
Irlanda
Lussemburgo
Olanda
Portogallo
Regno Unito
Spagna
Svezia
Sanità Istruzione
Graf. 3 - EFFETTI REDISTRIBUTIVI DI SANITÀ ED ISTRUZIONE NEI PAESI UE15
Fonte: OECD (2006).
Rapporto ISAE: Politiche pubbliche e redistribuzione - novembre 2007
- 36 -
delle cure sanitarie in Italia (con il valore più elevato), Austria, Olanda, Portogallo, Spa-
gna e Svezia; il divario è invece piuttosto accentuato (tra i 6 e i 9 punti percentuali) in
Grecia, Finlandia, Danimarca e Belgio.
Per quanto riguarda l’impatto delle imposte indirette, il lavoro di O’Donoghue et al.
(2004) stima per 12 dei paesi europei analizzati in questo capitolo l’indice di Gini dopo
aver sottratto dal reddito disponibile tale forma di prelievo. In base alle stime degli auto-
ri83, le imposte indirette determinano un peggioramento nella distribuzione dei redditi in
tutti i paesi: l’effetto minore si ha in Belgio (2%), il maggiore in Francia e Finlandia (cir-
ca 15%); in Grecia, Svezia, Spagna, Olanda e Lussemburgo l’impatto oscilla tra il 4 e il
7% e nei rimanenti paesi si colloca tra il 9 e l’11 per cento.
Un’altra misura per valutare l’impatto redistributivo dell’intervento pubblico è la
variazione della povertà. A nostra conoscenza esiste un unico lavoro (Corak et al., 2005)
che considera tutti i paesi Ue15; tale analisi si concentra però solo sull’effetto delle poli-
tiche pubbliche sull’incidenza della povertà tra gli individui con meno di 18 anni. La ta-
bella 16 riporta la diffusione della povertà84 tra i minori calcolata dopo aver sottratto dal
reddito disponibile tutti i trasferimenti sociali monetari e aver eliminato, oltre alle presta-
83 Che si basano su Euromod.
84 Un individuo con meno di 18 anni è definito povero se vive in una famiglia con un reddito disponibile equivalente
inferiore al 60% del reddito equivalente mediano nazionale.
Tab. 16 EFFETTI REDISTRIBUTIVI DELL'INTERVENTO PUBBLICO NEI PAESI UE15 SULLA
POVERTÀ RELATIVA TRA I MINORI
Fonte: Corak et al. (2005).
Reddito disponibile Senza i trasferimenti sociali Senza i trasferimenti sociali,
l'imposta personale sui redditi e i
contributi sociali
Italia 26,0 37,8 27,0
Austria 10,5 38,2 20,3
Belgio 8,8 30,7 16,6
Danimarca 6,1 31,6 15,9
Finlandia 10,1 33,1 20,7
Francia 19,1 38,0 25,9
Germania 15,0 33,1 20,9
Grecia 17,7 24,6 18,4
Irlanda 26,6 38,6 33,3
Lussemburgo 15,5 37,5 27,2
Olanda 13,8 25,0 13,6
Portogallo 28,8 40,2 33,4
Regno Unito 21,4 42,0 34,8
Spagna 25,3 34,6 27,9
Svezia 8,7 39,2 20,8
L'effetto distributivo dell'intervento pubblico nell'UE
- 37 -
zioni, il prelievo fiscale (imposte personali sul reddito e contributi sociali a carico dei la-
voratori). In quasi tutti i paesi dell’Ue15, l’assenza di programmi di spesa sociale e di
tassazione determina un incremento della povertà piuttosto rilevante, soprattutto nel caso
in cui si escludano i soli trasferimenti sociali: in tale situazione le variazioni percentuali
registrate dall’indice di povertà oscillerebbero tra il 37% della Grecia e il 420% della Da-
nimarca. Non si discostano molto dal valore minimo Grecia (39%), Portogallo (39,6%),
Irlanda (45,1%) e Italia (45,4%), mentre Svezia, Austria, Belgio e Finlandia presentano
percentuali di incremento superiori al 200%. Interessanti indicazioni emergono dall’ana-
lisi dei dati relativi alla diffusione della povertà calcolata dopo l’eliminazione di entram-
bi i programmi: le variazioni percentuali si riducono ovunque rispetto al caso precedente,
ma rimangono comunque piuttosto elevate (superiori al 100%) in Danimarca, Svezia e
Finlandia, mentre l’impatto sulla povertà risulta molto contenuto in Spagna, Grecia, Ita-
lia; in Olanda si verifica addirittura un leggero aumento. Germania, Francia e Irlanda re-
gistrano variazioni percentuali comprese tra il 25 e il 39, Regno Unito, Lussemburgo,
Belgio e Austria presentano valori compresi tra il 63 e il 93.
Per avere, comunque, un’idea del ruolo dello Stato nel ridurre le situazioni di disa-
gio economico in generale - e non limitatamente alla condizione, seppur importante, di
povertà tra i minori - si riportano i risultati del lavoro di Mahler e Jesuit (2006) per otto
paesi appartenenti all’Ue15 (non sono compresi quelli dell’Europa meridionale) (tabella
17). Questo studio stima l’impatto sulla povertà (diffusione e intensità)85 considerando
l’intervento pubblico nel suo complesso, non distinguendo quindi tra trasferimenti e tas-
85 È considerata povera una famiglia il cui reddito equivalente sia inferiore al 50% del reddito mediano nazionale. La
scala di equivalenza utilizzata è pari alla radice quadrata del numero di componenti il nucleo familiare. L’intensità della
povertà è pari alla differenza tra reddito mediano della popolazione e reddito, standardizzato per il reddito mediano della
popolazione.
Tab. 17 EFFETTI REDISTRIBUTIVI DELL'INTERVENTO PUBBLICO SULLA POVERTÀ RELATIVA
IN ALCUNI PAESI DELL'UE15
Fonte: Mahler e Jesuit (2006).
Reddito privato Reddito disponibile Variazi on e
Incidenza Intensità
Incidenza Intensità Incidenza Intensità Assoluta Relativa Assoluta Relativa
Belgio 32,0 0,9 8,0 0,6 -24,0 -75,0 -0,3 -30,8
Danimarca 29,3 0,9 7,2 0,7 -22,1 -75,4 -0,2 -23,3
Finlandia 27,2 0,8 5,4 0,6 -21,8 -80,1 -0,2 -27,7
Francia 29,5 0,9 7,9 0,6 -21,6 -73,2 -0,3 -29,1
Germania 29,8 0,9 8,3 0,6 -21,5 -72,1 -0,2 -25,6
Olanda 28,3 0,9 8,4 0,7 -19,9 -70,3 -0,2 -21,3
Svezia 27,7 0,8 6,5 0,7 -21,2 -76,5 -0,2 -21,4
Regno Unito 26,2 0,9 12,5 0,6 -13,7 -52,3 -0,2 -27,6
Rapporto ISAE: Politiche pubbliche e redistribuzione - novembre 2007
- 38 -
sazione. In assenza del meccanismo redistributivo pubblico, emergerebbe una diffusione
della povertà molto maggiore: l’incremento sarebbe compreso tra il 70 e l’80% per tutte
le realtà considerate ad esclusione del Regno Unito, con una percentuale pari al 52,3%.
Per quanto riguarda il ruolo svolto dall’intervento pubblico nell’attenuare la gravità della
povertà, si nota che in tutti i paesi l’intensità sarebbe più elevata del 21-31% se non fos-
sero previsti i programmi di spesa e di tassazione. Considerando congiuntamente i risul-
tati conseguiti con riferimento ad entrambi gli indicatori, si nota che in Finlandia
l’intervento pubblico è in grado di contrastare efficacemente sia la diffusione che l’inten-
sità, mentre in Olanda (e in misura minore in Germania) i risultati conseguiti sono limita-
ti in entrambi i casi; Belgio, Francia e Regno Unito ottengono migliori performance per
quanto riguarda la gravità, l’opposto si verifica invece per Svezia e Danimarca.
CONCLUSIONI
L’analisi quantitativa dei sistemi di protezione sociale e dei sistemi fiscali dei paesi
Ue15 ha messo in evidenza le numerose differenze ancora esistenti tra le diverse realtà
considerate. Sebbene sia emersa in alcuni casi una tendenza alla convergenza, le
differenze tra i paesi circa il peso relativo dei settori, la scelta degli strumenti
(trasferimenti monetari o servizi in kind), le regole di accesso (con accertamento, o
meno, delle condizioni di bisogno) e le forme di finanziamento (imposte, contributi)
appaiono ancora rilevanti.
È plausibile pensare che le specificità che attualmente caratterizzano i sistemi dei
singoli paesi si riflettano sull’intensità dell’azione redistributiva svolta dallo Stato. Sulla
base dei pochi lavori empirici disponibili tale ipotesi risulta confermata: ovunque l’inter-
vento pubblico determina una distribuzione dei redditi meno concentrata, ma l’impatto
presenta rilevanti differenze sia per quanto riguarda l’effetto complessivo, sia per il
contributo che i singoli strumenti offrono. In media gli effetti redistributivi sono tali da
ridurre di più di 17 punti (-37%) l’indice di concentrazione di Gini; in Italia, Grecia e
Portogallo la capacità redistributiva risulta minore (con una diminuzione dell’indice pari
al 30% circa), mentre produce l’impatto maggiore in Finlandia (quasi il 50%), seguita da
Danimarca, Austria, Lussemburgo e Belgio. Per quanto riguarda l’impatto dei diversi
strumenti, in tutti i paesi i trasferimenti sociali monetari diversi dalle pensioni sembrano
particolarmente adatti, anche se in misura diversa, a determinare effetti redistributivi rile-
vanti. L’entità di tale impatto potrebbe dipendere dal fatto che le prestazioni sociali
diverse dalla funzione vecchiaia rappresentano, in media, circa il 15% del PIL e quasi il
60% della spesa pro capite. E’ interessante inoltre sottolineare che il 30% dell’effetto
perequativo determinato dai trasferimenti è attribuibile alle erogazioni monetarie means-
L'effetto distributivo dell'intervento pubblico nell'UE
- 39 -
tested. Si tratta di un impatto piuttosto significativo, considerando che in generale le
prestazioni monetarie selettive rappresentano solo l’1,4% del PIL e l’8 per cento dei
trasferimenti monetari. Per quanto riguarda gli effetti attribuibili alle pensioni, strumento
il cui fine principale è peraltro la redistributizione intragenerazionale, si nota una capaci-
tà perequativa leggermente inferiore, in media, a quella dell’insieme degli altri trasferi-
menti sociali.
Dall’evidenza empirica considerata si nota inoltre che l’azione redistributiva pro-
dotta attraverso l’imposizione diretta e i contributi sociali è piuttosto contenuta in quasi
tutti i paesi. Tale risultato può essere compreso analizzando l’aliquota media e il livello
di progressività di questi tributi. Da uno studio condotto da Verbist (Verbist, 2004) sui si-
stemi fiscali dei paesi dell’Ue15, emerge per la maggior parte dei paesi una relazione ne-
gativa tra la progressività dell’imposta personale sul reddito e il livello dell’aliquota
(compresa tra il 2,5% della Svezia e il 16,8% Belgio). Inoltre troviamo una correlazione
positiva tra aliquota media ed effetto redistributivo (0,40), ma una addirittura negativa
tra quest’ultimo e grado di progressività (-0,2). Tale risultato, di non immediata com-
prensione, sottolinea la necessità di considerare congiuntamente aliquota e progressività
per comprendere l’entità dell’impatto redistributivo. Ad esempio, in Francia e Svezia
una combinazione caratterizzata da aliquote basse ed elevata progressività determina un
effetto redistributivo minimo, ma un risultato simile emerge anche per l’Italia, con
un’aliquota media elevata e un basso livello di progressività.
Per quanto rigurda i contributi sociali, la correlazione tra entità degli effetti redistri-
butivi attribuibili a questa forma di prelievo e le due componenti che contribuiscono a
determinarne l’impatto (da noi calcolata) è positiva. I paesi (Austria, Belgio, Francia e
Danimarca) che presentano effetti redistributivi attribuibili ai contributi sociali superiori
alla media sono quelli con le aliquote medie più elevate e un livello di progressività me-
dio-alto, o al limite neutrale, che rafforza l’impatto. In Spagna e Grecia, dove l’effetto è
praticamente nullo, il tributo è regressivo e l’aliquota media non è in grado di contrastare
la mancanza di progressività.
Prima di concludere si ritiene importante precisare che queste riflessioni circa l’effi-
cacia redistributiva dei diversi strumenti sono da considerare assolutamente preliminari.
Per formulare valutazioni più precise non si può prescindere da un’analisi che sia in gra-
do di definire un preciso collegamento tra effetti redistributivi valutati a livello micro-
economico ed entità dell’intervento a livello macro, e di prendere in esame il grado di
complementarietà tra i diversi strumenti nel perseguire l’effetto complessivo.
Rapporto ISAE: Politiche pubbliche e redistribuzione - novembre 2007
- 40 -
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Adema W. e M. Ladaique (2005), “Net Social Expenditure, 2005 Edition: More Comprehensive Measures
of Social Support”, OECD Social Employment and Migration, Working Papers, n. 29.
Adema W., Einerhand M., Eklind B., Lotz J. e M. Pearson (1996), “Net Public Social Expenditure”,
OECD Labour Market and Social Policy Occasional Papers, n. 32.
Andersson K., Eberhartinger E. e L. Oxelheim (2007), National Tax Policy in Europe To Be or Not to Be?,
Springer Berlin Heidelberg.
Andriopoulou E. (2006), “The Mobility into and out of Poverty in 14 European Countries”, mimeo,
presentato alla EPUNet 2006 Conference, 8-9 maggio 2006, Barcellona.
Atkinson A.B. e A. Brandolini (2004), “I cambiamenti di lungo periodo nelle diseguaglianze di reddito nei
paesi industrializzati”, Rivista italiana degli economisti, vol. 9, n. 3, pp. 389-421.
Atkinson A.B., Cantillon B., Marlier E. e C. Nolan (2005), “Taking Forward the EU social Inclusion
Process”, Final Report, luglio.
Bassanini A. e R. Duval (2006), “Employment Patterns in OECD Countries: Reassessing the Role of
Policies and Institutions”, OECD Social Employment, and Migration Working Paper, n. 35.
Bernardi L. e P. Profeta (2004), (a cura di), Tax Systems and Tax Reforms in Europe, London-New York,
Routledge.
Bertola G., Boeri T. e G. Nicoletti (2001) (a cura di), Protezione sociale, occupazione e integrazione
europea, Il Mulino.
Bradshaw J. (2000), The measurement of absolute poverty – final report for EUROSTAT (E2/SEP/14/
2000), Social Policy Research Unit, University of York.
Brandolini A. (2007), “Measurement of Income Distribution in Supranational Entities: The case of the
European Union”, Temi di discussione Banca d’Italia, n. 623, aprile.
Brandolini A. e T.M. Smeeding (2007), “Inequalities Patterns in Western-Type Democracies: Cross-
Country Differences and Time Changes”, Child Working Paper, n. 8, aprile.
Carone G., Nicodème G. e J. Schmidt (2007), “Tax Revenues in the European Union: Recent Trends and
Challenges Ahead”, Economic Papers, n. 280.
Carone G. e A. Salomaki (2001), “Reforms in Tax-benefit Systems in Order to Increase Employment
Incentives in the EU”, Economic Paper, n. 160.
CER-SPI (2007), “Indicatori di benessere e politiche sociali: modelli a confronto”, XVI Rapporto CER–
SPI, giugno.
Cnossen S. (2002), “Tax Policy in the European Union. A Review of Issues and Options”, Cesifo Working
Paper, n. 758, agosto.
Collesi D. (2002), “La classificazione funzionale della spesa delle Amministrazioni Pubbliche: uno
strumento metodologico per l’analisi dei sistemi di welfare”, mimeo, presentato alla XIV Conferenza
Siep, 4-5 ottobre 2002.
Commissione Europea (2000), Structures of Taxation Systems in the European Union: 1970-1997.
Commissione Europea (2005), Social Inclusion and Income Distribution in the European Union,
dicembre.
L'effetto distributivo dell'intervento pubblico nell'UE
- 41 -
Commissione Europea (2006a), “The Impact of Ageing on Public Expenditure: Projections for the EU25
Member States on Pensions, Health Care, Long-term Care, Education and Unemployment Transfers
(2004-2050)”, Special Report, n. 1.
Commissione Europea (2006b), Structures of Taxation Systems in the European Union: 1995-2004.
Commissione Europea (2006c), Social Inclusion and Income Distribution in the European Union,
dicembre.
Corak M., Lietz C. e H. Sutherland (2005), “The Impact of Tax and Transfer System on Children in the
European Union”, EUROMOD Working Paper, n. EM4/05, marzo.
EFILWC (2004), European Union Working Poor.
Eurobarometer (2007a), “European Social Reality”, Report, febbraio.
Eurobarometer (2007b), “Poverty and Exclusion”, Report, settembre.
Eurostat (2005a), “In-Work Poverty”, Statistics in focus, n. 5.
Eurostat (2005b), “Material Deprivation in the EU”, Statistics in focus, n. 21.
Eurostat (2006), “Trends in Government Expenditure by Function, 2000-2004”, Statistics in focus, n. 11.
Eurostat (1996), Esspros Manual.
Figari F. (2006), “Cross-national Differences in Determinants of Multiple Deprivation in Europe”, mimeo,
presentato alla EPUNet 2006 Conference, 8-9 maggio, Barcellona.
Förster M.F., Tarcali G. e M. Till (2004), “Income and Non-income Poverty in Europe: What is the
Minimum Acceptable Standard in an Enlarged European Union?”, disponibile sul sito
http:\\www.eurocentre.org/data/1135243684_51096.pdf
Förster M.e M. Pearson (2002), “Income Distribution and Poverty in the OECD Area: Trends and Driving
Forces”, OECD Economic Studies, n. 34.
Heady C., Mitrakos T. e P. Tsakloglou (2001), “The Distributional Impact of Social Transfers in the
European Union: Evidence from the ECHP”, IZA Discussion Paper n. 356, settembre.
Heikkilä M., Moisio P., Ritakallio V., Bradshaw J., Kuivalainen S., Hellsten K. e J. Kajanoja (2006),
“Poverty Policies, Structures and Outcomes in the EU 25”, Report for the Fifth European Round Table
on Poverty and Social Exclusion,16-17 ottobre 2006, Tampere, Finlandia.
Immervoll H., Lietz C., O’Donoghue C., Verbist G., Levy H., Mantovani D.e H. Sutherland (2005),
“Household Incomes and Redistribution in the European Union: Quantifying the Equalising Properties
of Taxes and Benefits”, IZA Discussion Paper, n. 1824, ottobre.
Immervoll H., O’Donoghue C. e H. Sutherland (1999), “An Introduction to EUROMOD”, EUROMOD
Working paper,EM0/99.
ISAE (2000), “Povertà e disagio: analisi e rimedi”, Rapporto trimestrale - Priorità nazionali:
regolamentazione, competitività, cittadinanza, aprile, Roma.
ISAE (2001a) “Differenze di povertà su scala nazionale e internazionale”, Rapporto trimestrale finanza
pubblica e redistribuzione, ottobre, Roma.
ISAE (2001b), “Le politiche sociali nell'Unione Europea”, Rapporto annuale sullo stato dell'unione,
giugno, Roma.
ISAE (2007), “La povertà soggettiva in Italia e in Europa”, nota mensile, luglio 2007.
ISTAT (2004), “La situazione finanziaria delle famiglie e degli individui in Italia e in Europa. Panel
europeo sulle famiglie (ECHP) Anni 1994-2000”, Collana Informazioni, n. 6.
Rapporto ISAE: Politiche pubbliche e redistribuzione - novembre 2007
- 42 -
Jenkins S. e J. Micklewright (a cura di) (2007), Inequality and Poverty Re-Examined, Oxford University
Press.
Joumard I. (2001), “Tax Systems in European Union Countries”, OECD Economic Department Working
Paper, n. 301.
Kenworkthy L. e J. Pontusson (2005), “Rising Inequality and the Politics of Redistribution in Affluent
Countries”, Perspectives on Politics, vol. 3, n. 3, settembre, pp. 449-471.
Kim H. (2000), “Do Welfare State Reduce Poverty? A Critical Shortcoming in the Standard Analysis of
the Anti-Poverty Effect of Welfare State”, LIS Working Paper, n. 233, luglio.
Liberati P. (2000), “Life-Cycle Net Tax Rates and Intergenerational Redistribution: Evidence from
Selected OECD Countries”, LIS Working Paper, n. 245.
Mahler V.A. e D.K. Jesuit (2006), “Fiscal Redistribution in the Developed Countries: New Insights from
the Luxemburg Income Study”, Socio-Economic Review, vol. 4, n. 3, pp. 483-511.
O’Donoghue C., Baldini M. e D. Mantovani (2004), “Modelling the Redistributive Impact of Indirect
Taxes in Europe: An Application of EUROMOD”, EUROMOD Working Paper, EM7/01 giugno.
OECD (2001), “When Money is Tight: Poverty Dynamics in OECD Countries”, Employment Outlook, pp.
37-87.
OECD (2006a), “Labour Market Performance, Income Inequality and Poverty in OECD Countries”,
OECD Economics Department Working Paper, n. 500.
OECD (2006b), “Publicly-provided Services and the Distribution of Resourses”, OECD Social
Employment and Migration Working Paper, n. 45.
Owens J. (2006), “Fundamental Tax Reform: An International Perspective”, National Tax Journal, vol.
59, n. 1, marzo.
Pizzuti F.R. (a cura di) (2006), Rapporto sullo stato sociale. Anno 2005, Utet.
Pizzuti F.R. (a cura di) (2007), Rapporto sullo Stato Sociale 2007. Tra pubblico e privato, tra
universalismo e selettività, Utet.
Raitano M. (2007), “Welfare State and Redistribution: The Role of Universalism and Targeting”, in (a cura
di) Franzini M., Inequality: Mechanism, Effects and Policies, State of Art Report INEQ Project VI
European Framework Program.
Razin A. e E. Sadka (2005), The Decline of the Welfare State. Demography and Globalization, CESifo
Book Series.
Rodrik D. (1998), "Why do More Open Economies have Bigger Governments?", Journal of Political
Economy, vol. 106, n. 5, pp. 997-1032.
Scruggs L. e J. Allan (2006), “The Material Consequences of Welfare States Benefit Generosity and
Absolute Poverty in 16 OECD Countries”, Comparative Political Studies, vol. 39, n. 7, pp. 880-904.
Sosvilla-Rivero S., Herce J.A. e J. De Lucio (2003), “Convergence in Social Protection across EU
Countries, 1970-1999”, ENEPRI Working Paper, n. 18, marzo.
Szeles M. (2004), “Multidimensional Poverty Comparisons within Europe”, IRISS Working paper, n. 5.
Tanzi V. (2004), “Globalization, Social Protection and Public Finance”, mimeo, presentato alla XVI
Conferenza Siep Politiche pubbliche, sviluppo e crescita, Pavia, 7-8 ottobre 2004.