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Il disseccamento degli ulivi in Puglia
Evidenze, contraddizioni,
anomalie, scenari
Un punto di vista geograco
Margherita Ciervo
Geograa a libero accesso
Collana a cura di Claudio Cerreti
Volumi pubblicati
1. Elena dell’Agnese e Massimiliano Tabusi (a cura di), La musica come geograa: suoni, luoghi, territori
2. Margherita Ciervo, Il disseccamento degli ulivi in Puglia. Evidenze, contraddizioni, anomalie, scenari.
Un punto di vista geograco
Il disseccamento degli ulivi in Puglia
Evidenze, contraddizioni,
anomalie, scenari
Un punto di vista geograco
Margherita Ciervo
Certicazione scientica
Questo volume è stato sottoposto a un processo di referaggio a cura di esperti anonimi, che si desidera ringraziare
per il loro determinante apporto.
Ringraziamenti
Sono grata a Claudio Cerreti, Presidente della Società Geograa Italiana, per i preziosissimi suggerimenti e per
aver accettato di scrivere la prefazione, e a Margherita D’Amico, biologa e topatologa, per la costante disponibi-
lità al confronto e per aver accettato di revisionare il testo con specica attenzione agli aspetti di sua competenza.
© 2020 Società Geograca Italiana
Via della Navicella, 12 – 00184 Roma
www.societageograca.it
ISBN 978-88-85445-05-5
Licenza Creative Commons:
Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International (CC BY-NC-ND 4.0)
In copertina
Piana degli Ulivi secolari (Puglia): veduta dall’interno di un ulivo millenario (fotograa dell’autrice, 2020).
Pensare liberi da ogni ideologia
signica dubitare
e, quindi,
sollevare i veli
in cui la verità si nasconde
(Peter Gould, geografo)
Indice
5Prefazione
di Claudio Cerreti
7Premessa
11 1. Introduzione
13 2. Il disseccamento e la Xylella fastidiosa
19 3. L’epidemia: discordanza fra numeri e dati
26 4. «L’emergenza Xylella» e le misure di lotta al batterio
36 5. Le deroghe al divieto di reimpianto: alcune incongruenze
40 6. Le principali posizioni in campo scientico
43 7. Le pratiche agricole e le patologie tosanitarie: alcune osservazioni
45 7.1 La diusione degli erbicidi
48 7.2 I campi sperimentali con prodotti chimici
50 7.3 La supercie agricola biologica
52 8. Il disseccamento e la chimica: una possibile correlazione
55 9. Agricoltura, aree rurali ed economia: alcuni scenari
63 10. Conclusioni
67 Riferimenti bibliograci
CLAUDIO CERRETI
PREFAZIONE
Fra gli scopi della Società Geograca Italiana, centrale è quello di portare nel dibat-
tito pubblico – scientico, culturale, politico – il punto di vista della consapevolezza
geograca, il «punto di vista del territorio» nella sua concezione più ampia. Ne fanno
fede l’impegno costante nel dibattito sui grandi temi che interessano il Paese e il paral-
lelo impegno nella divulgazione di momenti di questo dibattito, ad esempio tramite le
sue pubblicazioni (come la collana dei Rapporti della Società Geograca Italiana).
Il processo di disseccamento degli ulivi (in Puglia come altrove) è un fenomeno di
portata territoriale straordinaria, per estensione, modalità, impatto; non per nulla si è
imposto già da anni nel dibattito pubblico italiano e internazionale, alimentando con-
fronti di opinioni che non di rado hanno assunto toni molto caldi. Potremmo aggiun-
gere: come accade quando la discussione esce dall’ambito degli specialisti, per investire
la comunicazione pubblica e quindi l’opinione pubblica, con il relativo corredo di
(auto)attribuzione di titoli di autorevolezza e di prerogative decisionali.
Non è dicile cogliere la rilevanza del fenomeno del disseccamento: da un lato la
manifestazione in sé del processo, dall’altro i tentativi di comprenderlo e di arginarlo
stanno, insieme, aprendo percorsi di deterritorializzazione e riterritorializzazione che
investono superci importanti, su cui si sono sviluppati paesaggi, culture, generi di
vita che hanno secoli di radicamento – in ogni caso, dunque, aprendo prospettive che
saranno determinanti nel senso della resilienza oppure della riconversione radicale di
assetti territoriali consolidati.
Prospettive, ad ogni buon conto, sostanziate anche da forme di competizione, di
negoziato fra poteri dierenti, che adottano argomenti dierenti, dierenti modi di
ricerca del consenso, forme dierenti di intervento operativo. Chi fa geograa non se
ne stupisce: non può essere che così, dal momento che la posta in gioco è il territorio –
costrutto sociale complesso, orientato esattamente dal gioco di poteri concorrenti – con
le sue risorse e suoi usi (e abusi).
Per queste ragioni (ma altre se ne potrebbero aggiungere), molto volentieri ospi-
tiamo questo intervento, che propone un punto di vista imperniato sul dubbio, sulla
8Claudio Cerreti
critica di quanto viene dato per «acquisito», e improntato alla considerazione della
complessità del dato territoriale.
Come in ogni processo di analisi, che sia correttamente condotto, è (o dovrebbe
essere) irrinunciabile confrontare premesse e veriche, approcci e metodi, scenari e ri-
sultati. Risultati che talvolta possono (o piuttosto «devono») rimanere provvisori anche
a lungo, perché soggetti a contestazioni, confutazioni, conferme che richiedono tempo
e rigore intellettuale – no ad accettare serenamente di «avere avuto torto» – prima di
poter concludere per una interpretazione più convincente, per una soluzione operativa
più ecace.
Quello che si presenta qui, dunque, è un contributo alla discussione, precisamente
situato e debitamente argomentato. Crediamo così di rispondere a uno degli obiettivi
fondativi della Società Geograca Italiana: concorrere all’individuazione corretta e alla
corretta soluzione dei problemi del territorio, cioè della società, cioè del Paese.
PREMESSA
«La geograa del Salento rischia di essere stravolta dalla modalità di gestione della
cosiddetta “emergenza Xylella”»: iniziava così il primo articolo che ho pubblicato sulla
questione e che nasceva da una forte preoccupazione per i destini della mia Terra.
Ricordo che, sei anni orsono, quando mi è stato riferito che per ogni albero infetto
la soluzione sarebbe stata quella di abbattere l’albero infetto e le piante «circostanti» in-
fette o «solo sospettate» di esserlo, non ho creduto subito a quel racconto. Si sarà tratta-
to di un equivoco, di un’incomprensione o, addirittura, di un’esagerazione – mi dicevo.
In verità, ne ero piuttosto convinta: sarebbe stato insensato concepire la distruzione
dell’ecosistema su vasta scala (data l’area interessata dalla disposizione allora equivalen-
te alla provincia di Lecce) come una soluzione a un problema topatogeno, e sarebbe
stato inimmaginabile che qualcuno avesse solo potuto pensare a una tale ipotesi.
Ma il tarlo del dubbio si era insinuato e presto mi impose di vericare quella bizzar-
ria. Quando ebbi nelle mie mani la decisione 2014/497/UE non potevo credere ai miei
occhi. Leggevo testualmente: «Nelle zone delimitate lo Stato interessato […] rimuove
al più presto tutte le piante contagiate dall’organismo specicato unitamente a tutte le
piante che presentano sintomi tali da indicare la possibile infezione da parte di tale or-
ganismo e a tutte le piante che sono state individuate come probabilmente contagiate»1.
Disposizione, addirittura, inasprita dalla successiva decisione 2015/789/UE: «Lo Stato
membro interessato, entro un raggio di 100 m attorno alle piante che sono state esami-
nate e sono risultate infette dall’organismo specicato, rimuove immediatamente: a) le
piante ospiti, indipendentemente dal loro stato di salute; b) le piante notoriamente infette
dall’organismo specicato; c) le piante che presentano sintomi indicativi della possibile
infezione da parte di tale organismo o sospettate di essere infette da tale organismo». Il
mio interlocutore diceva il vero. Esattamente il vero, per quanto fosse incredibile!
Da quel momento in poi iniziai a occuparmi della questione che mi investiva in
quanto geografa e cittadina. Il mio primo interesse – data la portata sostanziale, spaziale e
(1) Tutti i corsivi all’interno delle citazioni in testo e in nota sono dell’autrice.
Margherita Ciervo
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temporale di tali misure nonché le ombre e le apparenti contraddizioni alla base della di-
chiarata emergenza – fu quello di esplorare la frontiera fra la realtà e il discorso sulla realtà,
fra il problema e la rappresentazione del problema per cercare di «leggere» il fenomeno in
questione (Ciervo, 2015). Successivamente – attestato dai dati uciali dei monitoraggi
che il disseccamento non potesse essere strettamente correlato alla presenza del batterio
– provai a vericare l’esistenza di una possibile relazione fra questo fenomeno e le moda-
lità d’uso della terra, ovvero i modelli agricoli (Ciervo, 2016a) e l’incipiente processo di
deterritorializzazione/territorializzazione/riterritorializzazione (Ciervo, 2019).
In tutti questi anni la divergenza fra fatti e rappresentazione dei fatti è stata una
costante che ha accompagnato questa vicenda ma, gradualmente, è emersa un’ulteriore
frontiera – dalla morfologia decisamente più insidiosa – fra scienza e rappresentazione
della scienza. Questa, propagandata dai e attraverso i media, riduce la scienza a «dog-
ma» polarizzando la discussione fra chi «crede» nella scienza e chi no, in un evidente
ossimoro che, da un lato, rinnega i fondamenti stessi alla base del metodo scientico,
dall’altro richiede un atto di fede vero e proprio; nega il pensiero divergente, ridicoliz-
zando e denigrando chiunque dissenta o anche formuli solo interrogativi che possano
mettere in dubbio la tesi precostituita; disdegna e rifugge sistematicamente il confron-
to, riducendolo a una banale rappresentazione dicotomica fra «buoni» e «cattivi» (i
primi credono alla Xylella fastidiosa come causa del disseccamento, i secondi dubitano
che sia il principale motivo del disseccamento): oscurantisti vs progressisti (ovvero la
magistratura che osa indagare sull’operato di chi per mestiere fa ricerca); santoni/stre-
goni vs scienziati (il riferimento è a chi prova e propone strategie di contenimento o
cura del disseccamento, anche quando trattasi, a loro volta, di scienziati con competen-
ze speciche); negazionisti vs dispensatori di verità (anche se sono i secondi a sottrarsi
al contradditorio e a negare sistematicamente la valenza di strategie di successo di con-
tenimento del disseccamento, così come anche la possibilità di confronto).
Tale propensione – che, ovviamente, non rende un buon servizio né alla scienza, né
all’informazione, né alla democrazia – continua a sovrapporre veli su veli alla verità alla cui
conoscenza, chiunque abbia a cuore la Terra e il proprio destino, anela. Ed è proprio in
quei veli e nella volontà di provare a sollevarli che risiede il senso profondo di questo lavoro.
Quest’ultimo si fonda su alcune constatazioni e due dati di fatto dai quali, per ovvie
ragioni, nessuna speculazione scientica o decisione politica dovrebbe poter prescindere.
Al riguardo – a fronte di un disseccamento degli ulivi spazialmente diuso in Sa-
lento – si riportano alcuni elementi oggettivi e incontestabili: la presenza della Xylella
fastidiosa in Salento; il disseccamento quale sintomatologia – e le cause a esso connesse
– non riconducibile esclusivamente alla presenza della Xylella fastidiosa; l’esistenza di
ulivi disseccati negativi al batterio e di ulivi sani e produttivi risultati positivi al batte-
rio; l’esistenza di ulivi originariamente disseccati che, lasciati a «se stessi», sono ritornati
a vegetare; l’implementazione di strategie di contenimento – di tipo sia scientico sia
Premessa 11
empirico – che hanno riportato le piante disseccate a uno stato vegetativo e produttivo
conseguendo, per inciso, lo stesso risultato atteso dalle varietà tolleranti (le uniche,
come si vedrà, autorizzate dalla legge a essere reimpiantate).
I due dati di fatto, invece, su richiamati, si riferiscono rispettivamente agli ulivi e al
fenomeno del disseccamento rapido e assurgono a pilastri logico-concettuali sui quali
si innesta il presente lavoro.
In primis, gli ulivi non sono elementi fungibili avulsi dallo spazio geograco, ma
esseri viventi connessi alle matrici vitali (biodiversità, suolo, acqua, aria) e, più in ge-
nerale, a una molteplicità di relazioni con l’ambiente sico e antropico e, pertanto,
non è coerente trattare gli ulivi alla stregua di oggetti e il territorio come fosse un
contenitore sul quale è possibile intervenire «chirurgicamente» al ne di manipolare
o rimuovere gli oggetti indesiderati. Pertanto, ogni ragionamento che non tenga nella
dovuta considerazione tale verità non può che ascriversi a un approccio riduzionista,
così come ogni decisione che vada in tal senso semplicemente non tiene conto della
realtà e, conseguentemente, non pare poter produrre nulla di coerente con gli obiettivi
che dichiaratamente si pone.
In secondo luogo, il fenomeno del disseccamento rapido degli ulivi non è una pro-
blematica solo agronomica ma è, evidentemente, legata a molteplici fattori ambientali,
così come le misure predisposte sono causa di signicativi e, in alcuni casi, irreversibili,
impatti sul paesaggio, l’ecosistema, l’economia locale e la salute nonché sul clima, la
cui assunzione e modalità di scelta sollevano anche importanti questioni di democrazia
«in termini di legittimazione (chi sia legittimato a deliberare sul tema), di relazione
con la scienza e la realtà dell’esperienza (come collaborare con la scienza e l’esperienza
nell’assunzione delle deliberazioni sul tema), di trasparenza, informazione e pluralismo
nelle deliberazioni (con quali scienze ed esperienze collaborare, garantendo accesso alle
informazioni e alla ricerca scientica)» (Carducci, 2018, p. 1). A questo si aggiunga che
ogni punto di vista – anche in ambito scientico, come politico – non può essere con-
siderato neutro né assoluto ma restituisce necessariamente un «pezzetto» di verità. Per
questo, solo un approccio rigorosamente sistemico, olistico, multidisciplinare e fonda-
to sulla considerazione e sull’integrazione dei saperi, può restituire la visione d’insieme
necessaria a comprendere la complessità della realtà. Da qui deriva che, da un punto di
vista politico, la questione Xylella – ovvero la denizione della problematica e l’indivi-
duazione degli obiettivi di gestione – sarebbe dovuta essere trattata dal Ministero delle
Politiche agricole, alimentari e forestali (MIPAAF), di concerto con i Ministeri preposti
alla tutela e alla salvaguardia dei valori costituzionali, con particolare riferimento al
paesaggio, all’ambiente e alla salute. Così non è stato.
Il presente lavoro, pertanto, attraverso l’osservazione diretta e indiretta, dopo una
breve introduzione sull’olivicoltura (cap. 1) propone alcune considerazioni sulla rela-
zione fra disseccamento e Xylella fastidiosa (cap. 2), sulla proclamata epidemia (cap. 3),
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sulle misure di lotta al batterio (cap. 4), sulle deroghe al divieto di reimpianto (cap. 5)
e sulle diverse posizioni in campo scientico (cap. 6) nonché la verica dell’esistenza di
una possibile correlazione fra le modalità di uso della terra, vale a dire il modello agri-
colo, e la diusione del disseccamento (capp. 7 e 8) al ne di mettere a fuoco i possibili
scenari (cap. 9) e presentare alcuni elementi di riessione utili all’interpretazione del
fenomeno e al dibattito in corso2.
(2) I capitoli 6, 7 e 8 rappresentano una rielaborazione e aggiornamento del testo e olive quick decline syn-
drome (OQDS) diusion in Apulia Region: an apparent contradiction according to the agricultural model, pubblicato
sulla Rivista scientica internazionale «Belgeo. Belgian Journal of Geography», 4/2016. Quest’ultimo è alla base
anche del video Il disseccamento degli Ulivi in Puglia che – realizzato con l’artista Lucia Uni ed elaborato nell’am-
bito del progetto GEOVISUM – è stato presentato in occasione delle Giornate della Geograa 2018 al concorso
nazionale Geography in a clip, dove ha ricevuto il 3° premio (ex aequo) della giuria e il premio del pubblico.
Il disseccamento degli ulivi in Puglia 13
1. Introduzione
Il complesso del disseccamento rapido dell’olivo (CoDiRO), vale a dire la malattia
che colpisce gli alberi di olivo che manifestano bruscature fogliari e il disseccamento
di rami e ramoscelli, ha interessato a macchia di leopardo il Sud della Puglia e, in
particolare, il Salento (prima la provincia di Lecce e, successivamente, le province di
Brindisi e Taranto) (g. 1).
Fig. 1 – Puglia: supercie con alberi di olivo (ettari), 2012
Fonte: elaborazione su dati ISTAT
Il CoDiRO inizialmente è stato attribuito a un insieme di concause come la presen-
za di funghi lignicoli e xilematici, del rodilegno giallo (Zeuzera pyrina) e del batterio da
quarantena Xylella fastidiosa (Xf ), associata alla riduzione di cure agronomiche quali,
ad esempio, la potatura delle parti arboree attaccate dai patogeni e dai parassiti. Tale
fenomeno ha un forte impatto territoriale anche per la sua rilevanza sul piano culturale,
geoeconomico e geopolitico. Infatti, la Puglia è una terra di ulivi secolari che ne caratte-
rizzano il paesaggio, l’ambiente e l’economia. Solo un quinto degli alberi di ulivo della
Regione ha meno di cinquant’anni (gg. 2a e 2b).
Con riferimento all’ambiente, gli ulivi secolari e, ancor più, plurisecolari e mille-
nari rappresentano un vero e proprio presidio ecologico considerato che, in ragione
dell’estensione della loro chioma (a volte del diametro anche di 10 metri), proteggono
il terreno dall’evaporazione dell’acqua (dovuta alle alte temperature estive) garantendo,
così, un importante equilibrio idrogeologico e microclimatico e rendendo, di fatto,
possibile la produzione vegetale all’ombra delle loro chiome anche durante il periodo
estivo. I tronchi e le chiome sempre verdi degli ulivi costituiscono un rifugio per lo
svernamento e la riproduzione di insetti utili, uccelli, rettili e piccoli mammiferi. Nel
caso del Sud della Puglia, gli oliveti tradizionali costituiscono un agroecosistema che,
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in quanto tale, costituisce di fatto anche un sistema tampone degli spazi e degli eetti
dell’agricoltura intensiva per la sua funzione di connessione ecologica (ovviamente tale
funzione si riduce in presenza di degrado dell’agroecosistema olivicolo).
Da un punto di vista economico, la Puglia è la prima regione a scala nazionale per
supercie ad oliveti (g. 2c) e la produzione di olive e olio di oliva (g. 2d). Nel 2010,
l’olivicoltura contribuiva al 13% del valore della produzione agricola della Regione
(Regione Puglia, 2013b, p. 56), con un’incidenza del 26% sul valore della produzione
olivicola italiana. L’olivicoltura pugliese si contraddistingue per la numerosità dei pro-
duttori olivicoli e per le diuse forme di associazionismo e cooperazione. Al riguardo,
secondo i dati della Regione Puglia (ibidem, p. 40) «Il settore olivicolo è quello con la
maggiore incidenza percentuale: un quinto delle imprese sono pugliesi, quasi un terzo
del fatturato, il 44,3% degli occupati e il 21% di soci sono localizzati in Puglia».
Fig. 2 – Puglia, 2012: supercie (ettari) con olivi con più di cinquant’anni a scala nazionale
(a) e regionale (b); supercie (ettari) con olivi (c); produzione totale di olive (quintali) a scala
nazionale (d)
Fonte: elaborazione su dati ISTAT
Il disseccamento degli ulivi in Puglia 15
2. Il disseccamento e la Xylella fastidiosa
Nel Salento occidentale, gli ulivi con i sintomi del disseccamento sono stati osser-
vati n dal 2004-2006 e nel 2008 con specico riferimento ai comuni di Gallipoli,
Racale, Alezio, Taviano e Parabita in provincia di Lecce3. Nel 2014 un primo focolaio
è stato riscontrato nell’area di Gallipoli – in un’area di circa 23.000 ettari (di cui 7.000
con olivi) con riferimento a 12 comuni (Alezio, Alliste, Collepasso, Gallipoli, Matino,
Melissano, Neviano, Parabita, Racale, Sannicola, Taviano e Tuglie) – e altri focolai più
piccoli sono stati riscontrati nei comuni di Trepuzzi (7 ettari), Lecce (30 ettari), Coper-
tino (5 ettari), Galatina (4 ettari) e Sternatia (1 ettaro) (g. 3).
Fig. 3 – I comuni del Salento con i primi sintomi del disseccamento degli olivi (2008) e i
primi focolai di CoDiRO (2014)
Fonte: elaborazione su dati della Procura della Repubblica di Lecce (2015) e della Regione Puglia (2014a)
Tali sintomi inizialmente sono stati attribuiti alla lebbra dell’olivo, successivamente
a un insieme di concause (come funghi, rodilegno giallo e Xf ) e denominati «complesso
del disseccamento rapido dell’olivo» (CoDiRO) (Regione Puglia, 2013a). Nondimeno,
(3) Dall’attività svolta dalla Procura di Lecce (2019) «è emerso in maniera inconfutabile che la prima da-
tazione degli essiccamenti degli alberi d’olivo nel Salento, con informazione agli organi preposti (studio/ricerca e
consorzio agrario), risale agli anni 2004/2006» (p. 4).
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l’attenzione è stata concentrata sulla Xf poiché, essendo un batterio da quarantena, la
sua diusione rappresenta una potenziale minaccia per alcune coltivazioni del resto del
Paese e degli altri Stati europei. Pertanto, l’eradicazione del batterio è divenuto obiettivo
centrale delle politiche istituzionali ai vari gradi della scala spaziale anche se alcuni studi
asserivano di non essere in grado di determinare se la Xf fosse o no l’agente causale o
anche solo primario del disseccamento delle foglie di olivo4 (Krugner e altri, 2011; Mar-
telli, 2013) e altri mostrassero che la Xf non fosse sempre presente nei campioni raccolti
dagli alberi sintomatici o che il disseccamento rapido fosse associato a dierenti specie
di funghi (Carlucci e altri, 2013a e 2015; Giannozzi e altri, 2013; Nigro e altri, 2013) e,
in eetti, ci sono attestazioni che i funghi possono causare il disseccamento degli alberi
(CE, 2014a, p. 7). D’altro canto, l’evidenza empirica mostra l’esistenza di olivi con i
sintomi del disseccamento rapido tornati a germogliare attraverso misure di controllo
biologico dei patogeni fungini5. A questi si aggiungono – sul piano scientico – progetti
sperimentali basati su metodi di gestione sostenibile proposti da ricercatori del Centro
di ricerca per la Frutticoltura di Caserta6, delle Università della Basilicata7, di Bologna8
(4) In particolare Krugner, Johnson e Chen (2010, p. 3) asserivano: «We were unable to determine if xf is or
is not the causal agent of OLSD, olive leaf scorch disease» e Giovanni Martelli (2013), Professore Emerito di Pa-
tologia vegetale all’Università di Bari (al quale è attribuita l’intuizione secondo cui il disseccamento potesse essere
imputabile alla Xf ), dichiarava in una sua nota pubblicata sul Notiziario di Informazione a cura dell’Accademia
dei Georgoli: «In conclusione, non vi sono al momento elementi che facciano ritenere X. Fastidiosa come l’agente
primario del disseccamento rapido dell’olivo».
(5) Si fa riferimento ai metodi di lotta contro i funghi patogeni per l’olivo messi in atto dagli agricoltori, se-
condo le indicazioni di Ivano Gioreda – olivicoltore, attivista agro-ambientale portavoce dell’associazione «Spazi
Popolari» di Sannicola (Lecce) – applicata a più di 500 ulivi ubicati negli agri di Alezio, Taviano, Gallipoli (http://
temi.repubblica.it/micromega-online/salviamo-gli-ulivi-della-puglia/?printpage=undened; l’ultimo accesso a tutti i
riferimenti in testo, in nota e in bibliograa sono da datare al 1/IX/2020).
(6) Il Dott. Scortichini ha condotto n dal 2015 alcune sperimentazioni nella provincia di Lecce che hanno dato
n da subito esiti ritenuti «molto incoraggianti», grazie all’impiego di prodotti consentiti in agricoltura biologica e a base
di idracidi, rame e microelementi, già sperimentati contro batteriosi del kiwi e la rogna dell’olivo. Sono sostanze che
consentono di ridurre la carica batterica presente nella pianta e di rinvigorire gli ulivi (http://centrostudiagronomi.blogspot.
it/2015/04/dott-marco-scortichini-puo-far-provare.html). A oggi, sono diversi i campi sperimentali trattati con le strategie
di contenimento del batterio individuate dal Dott. Scortichini che risultano aver dato buoni risultati.
(7) Alcuni docenti dell’Università della Basilicata – riportando i risultati di una sperimentazione pluriennale
(15 anni) – propongono un approccio olistico e un metodo di gestione del suolo per limitare la diusione della Xf,
recuperare le piante infette, attraverso pratiche agronomiche sostenibili che, ripristinando la sostanza organica del suolo
e la sua fertilità, aumentino le capacità delle piante di contrastare gli stress biotici e abiotici (Xiloyannis e altri, 2015).
(8) Il 28/III/2015 è stato presentato un progetto sperimentale proposto dal Prof. Roveri del Dipartimento di
Chimica (in collaborazione con Bio Eco Active s.r.l.) per prevenire e combattere la Xf attraverso l’uso di zinco e sele-
nio, sostanze biocompatibili idonee alla coltivazione biologica, riproponendo quanto già sperimentato con successo
con riferimento alla malattia dei kiwi nel Lazio. L’attuazione del progetto prevede il supporto e la collaborazione di
partnerships locali come il laboratorio di microbiologia dello Studio EFFEMME di Squinzano e la società GEO-
AMBIENTE S.r.l. di Cavallino (www.trnews.it/2015/02/28/xylella-ce-la-cura-ma-bisogna-sperimentarla/123108720;
www.sudnews.it/risorsa/Xylella_dall_Universit_di_Bologna_una_cura_naturale_per_salvare_gli_ulivi/43819.html).
Il disseccamento degli ulivi in Puglia 17
e di Foggia9 o nanziati dalla Regione Puglia10. In particolare, un recente studio del
Dott. Scortichini – batteriologo di fama mondiale e responsabile della sede di Caserta
del Centro di ricerca «Ovicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura» del Consiglio per la
ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (CREA), redattore del protocollo
uciale di diagnosi della Xylella fastidiosa per l’Organizzazione europea e mediterra-
nea per la protezione delle piante (EPPO, 2004) e incaricato dalla Regione Puglia per
eettuare studi sulla Xylella (dgR 2185, del 28/XII/2016) – dimostra come la topatia
sia controllabile attraverso l’utilizzo di un composto contenente ioni di zinco e rame
(complessato con idracidi dell’acido citrico) con attività battericida testato su varietà
autoctone di olivo (la «Cellina di Nardò» e l’«Ogliarola salentina» – dichiarati ucial-
mente positivi alla Xylella fastidiosa – con esperimenti in campo aperto condotti per
quattro anni). Questa ha consentito una riduzione signicativa della concentrazione
del batterio e la ripresa vegetativa degli alberi (Scortichini e altri, 2018) che, negli anni
successivi, non hanno più dato luogo a disseccamenti pur connando, in molti casi,
con terreni i cui olivi sono interessati da forme diuse e molto severe di disseccamento
(gg. 4a, 4b e 4c). Il protocollo di convivenza con il patogeno è stato messo a punto su
olivi anche plurisecolari in campi sperimentali di diverse centinaia di ettari ubicati in
zona infetta che hanno raggiunto mediamente una produzione media annua fra i 40-60
quintali per ettaro (Scortichini, 2020).
Oggi, pertanto, ancor di più suonano attuali e pregne di senso le parole di al-
cuni ricercatori dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambienta-
le (ISPRA), che già qualche anno fa asserivano che «la difesa, contro ogni evi-
denza scientica, della fallimentare strategia di gestione del rischio tosanitario
collegato alla presenza della Xylella nel territorio del Salento, appare inspiegabile se
si tiene conto dei risultati positivi di prove sperimentali di cure in campo condot-
te da vari gruppi di ricerca e singoli olivicoltori, con la netta ripresa vegeto-produt-
tiva di ulivi malati o perno dati per morti» (Bellucci, Bianco e Jacomini, 2016).
(9) Alcuni ricercatori hanno reso noto l’avvio di un progetto sperimentale, sviluppato in collaborazione con
COPAGRI-Lecce, che prevede l’uso di molecole o prodotti biocompatibili per ridurre la carica dei patogeni sia
fungini che batterici alla base del disseccamento e aiutare, in associazione con l’implementazione di buone pratiche
agronomiche, la resistenza delle piante e la loro ripresa. Il progetto avviato il 22/III/2015 riguarda alcuni terreni
sul versante sia ionico (Veglie e Leverano) sia adriatico (Surbo e Trepuzzi). L’avvio della sperimentazione è stato
comunicato agli enti e soggetti interessati (http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/lecce).
(10) Al riguardo si segnala il progetto SILECC, il cui referente scientico è la Dott.ssa Margherita D’Amico,
biologa e topatologa. Il progetto, basato sull’approccio agroecologico, individua sistemi di lotta ecocompatibili eca-
ci nel controllo del disseccamento come alternativa all’estirpazione delle piante di olivo infette (www.regionepuglia.it).
Margherita Ciervo
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Figg. 4a. 4b. 4c – Oliveti sottoposti, da quattro anni, al protocollo di convivenza nei confronti
di Xylella fastidiosa subsp. pauca e connanti con oliveti molto danneggiati dal batterio
nella «zona infetta» in provincia di Lecce, a luglio 2019: a) Nardò; b) Cannole; c) Otranto
Fonte: Scortichini, 2020, p. 53
Inoltre, alcuni studi condotti in California sugli olivi con i sintomi del dissecca-
mento mostrano che essi non sono correlati con la presenza della Xf. Infatti, approssi-
mativamente solo il 17% degli alberi disseccati sono risultati positivi alla Xf, e i sintomi
della malattia potrebbero non essere attribuiti alla Xf in seguito ai test di patogenicità
condotti in serra, poiché l’inoculazione articiale di Xf in olivi sani, pur trasmetten-
do l’infezione alle piante, non ha prodotto i relativi sintomi, inoltre le piante di oli-
vo tendevano, nel tempo, a limitare autonomamente la carica d’inoculo del batterio11
(Krugner e altri, 2014). La mancanza di nesso fra il disseccamento e la presenza del
batterio in Puglia è stata recentemente attestata dall’analisi svolta da Scortichini e Ce-
sari (2019, p. 98) che – sui dati dei monitoraggi eettuati fra settembre 2017 e marzo
2018 nell’area rurale delle province di Taranto e Brindisi (zona contenimento e zona
cuscinetto) – stabilisce che su 5378 alberi con i sintomi del disseccamento la Xf è stata
rilevata solo su 2078 campioni (circa il 39%) mentre, nella maggior parte delle piante,
vale a dire in 3.300 campioni (circa il 61%), il batterio non è stato rilevato. Quest’ulti-
mo è stato riscontrato, invece, in 1653 piante su un totale di 8.328 alberi asintomatici
(11) «Only approximately 17% of diseased trees tested positive for X. fastidiosa by polymerase chain reac-
tion, and disease symptoms could not be attributed to X. fastidiosa infection of olive in greenhouse pathogenicity
assays, as well as the mechanical inoculation of X. fastidiosa olive strains to olive resulted in infection at low
eciency but infections remained asymptomatic and tended to be self-limiting» (Krugner e altri, 2014, p. 1186).
Il disseccamento degli ulivi in Puglia 19
(circa il 19%)12. Gli autori rilevano come i sintomi, non essendo specici di una singola
malattia, possono essere la conseguenza di diversi patogeni13 fra cui: Phaeoacremonium
spp, Neofusicoccum parvum, Pleurostomophora richardsiae, P. savastanoi pv savastanoi,
Colletotrichum spp, Zeuzera pyrina, Phloeotribus scarabaeoides.
Tali patogeni e parassiti – alcuni dei quali sono considerati la causa primaria del
disseccamento dell’olivo nel Nord della Puglia (così come nel resto d’Italia, in Spagna
e in Grecia) e sono molto presenti anche nel Sud della Puglia – possono anche essere
la causa del disseccamento e avvizzimento delle piante interessate dalla Xf. Invero, dato
il lungo periodo intercorrente fra i sintomi iniziali e il completo disseccamento della
pianta (da 2 a 4 anni), essi possono colonizzare l’albero indebolito dal batterio contri-
buendo così al collasso nale14. Inoltre, gli autori dimostrano come gli alberi di olivo in
terreni ben gestiti mostrino minori sintomi rispetto agli olivi coltivati in aziende dove
le tecniche agronomiche non sono regolarmente eettuate.
La Xf, presente in America, è stata rilevata in passato anche nell’area del Mediterra-
neo (dove però non si è diusa probabilmente per mancanza di vettori, Carlucci e altri,
2013b) ma solo dal 2000 classicata come batterio da quarantena e inserita nella lista
A1 dell’EPPO, vale a dire la lista degli organismi da quarantena non presenti in Europa,
per poi essere trasferita a settembre 2017 nella lista A2, ovvero la lista degli organismi da
quarantena presenti localmente in Europa15. Il vettore della Xf identicato in Salento è la
Philaenus spumarius L. ovvero la cosiddetta «Sputacchina media» (Saponari e altri, 2014).
(12) Tale evidenza è in netta contrapposizione con le conclusioni raggiunte da altri scienziati che hanno
stabilito un rapporto di causalità fra disseccamento e Xyella fastidiosa sulla base di alcuni esperimenti di laboratorio
(Saponari e altri, 2016) i quali, tuttavia, erano già stati contestati in quanto ritenuti non soddisfacenti a stabilire il
nesso causale fra malattia e patogeno (Sylos Labini, 2016).
(13) «Symptoms possibly caused by P. savastanoi pv savastanoi (olive knot) were observed on 10.180 trees,
with 2.351 of these trees also showing decline symptoms. e number of trees showing symptoms attributable
to Colletotrichum spp (olive leprosy) was 3.533, with 273 also showing decline. Symptoms attributable to some
“disorder” of unknown origin (not OQDS) were found on 10.360 trees» (Scortichini e Cesari, 2019, p. 98).
(14) «Apart from X. fastidiosa, among the phytopathogens frequently associated with olive dieback in the Apu-
lia region, Phaeoacremonium spp spread either in Southern or Northern Apulia as well as Neofusicoccum parvum and
Pleurostomophora richardsiae, with the latter considered to be the primary cause of the decline in Northern Apulia. In
addition, either P. savastanoi pv savastanoi, the causal agent of olive knot or, to lesser extent, Colletotrichum spp, causal
agents of olive leprosy, can cause diebacks in olive trees. ese latter phytopathogens were reported in many cases of the
monitored olive trees showing or not showing leaf scorch or twig and branch diebacks. It should be noted that in the
initial phase of their plant colonization, both pathogens can incite knot and leprosy symptoms without causing wilting.
Aspecic diebacks in olive trees can also be caused by insects such as Zeuzera pyrina (leopard moth) and Phloeotribus
scarabaeoides (olive bark beetle). erefore, simple visual assessment of dieback symptoms is not enough to conclude
which is the causal agent of the disease […]. To note that in the infected area, for olive trees older than 70 years, from the
appearance of visual symptoms (leaf, twig, and small branch dieback) and the complete collapse of the plant caused by
X. fastidiosa subsp pauca could occur over a period of approximately 2 to 4 years. From an epidemiological point of view
of a plant disease, this is a long period, and during this time, other phytopathogens can cocolonize the trees weakened by
the bacterium, thus potentially contributing to the nal collapse» (Scortichni e Cesari, 2019, p. 98).
(15) https://gd.eppo.int/reporting/article-6126.
Margherita Ciervo
20
Comunque, secondo l’European Food Safety Authority (EFSA) (2015a, p. 116), tutti
gli insetti che si alimentano di liquidi xilematici in Europa sono considerati potenziali vet-
tori e, al contempo, sono disponibili solo dati limitati sulla capacità dei vettori di soprav-
vivere al trasporto su lunga distanza e sulla capacità di diusione autonoma del vettore.
Un alto livello di incertezza riguarda anche le potenziali piante ospiti poiché un’am-
pia gamma di specie vegetali selvatiche non ha mai incontrato il batterio e, pertanto,
non si sa se esse potrebbero essere ospiti o meno e, in caso aermativo, se sarebbero
sintomatiche o no16. Ad oggi, l’EFSA (2020), integrando l’elenco in continuo aggior-
namento, ha rilevato no a 575 piante ospiti.
(16) Secondo l’EFSA (2015a, pp. 116-117), «All xylem uid-feeding insects in Europe are considered to be
potential vectors […]. Additionally, only limited data are available on vectors’ capacity to survive long-distance
transportation on their own in vehicles […] and on vectors’ autonomous dispersal capacity […]. ere is high
uncertainty with regard to the potential host plants of X. fastidiosa in the European ora as a wide range of Euro-
pean wild plant species have never met the bacterium and it is not known whether they would be hosts, and, if so,
whether they would be symptomatic or asymptomatic».
Il disseccamento degli ulivi in Puglia 21
3. L’epidemia: discordanza fra numeri e dati
L’epidemia dichiarata da alcuni politici e dalle associazioni di categoria17 – a cui
anche il commissario Silletti (2015) faceva riferimento nel suo Piano18 – a quanto si
apprende dalla stampa, sarebbe avanzata a ritmo incalzante e in proporzioni esorbitanti
di anno in anno passando da 1.000.0000 di alberi infetti nel 201519 a 2.000.000 nel
201720, da 10.000.00021 a 20.000.00022 nel solo 2018, da 22.000.00023 a 30.000.00024
nel 2019, in un’iperbole senza alcuna attinenza con la realtà, considerato che nella
provincia di Lecce si stima la presenza di circa 11.000.000 di ulivi che diventano circa
20.000.000 con riferimento anche alle province di Brindisi e Taranto25.
I primi campionamenti di cui si ha notizia risalgono al 31 dicembre 2013 (quando
già erano state disposte le misure di emergenza), con il prelevamento di 3.532 cam-
pioni di diverse specie vegetali26 (di queste 1.757 di olivo) di cui 21 avevano dato esito
positivo all’infezione di Xf (CE, 2014a, pp. 11 e 12) ovvero lo 0,59%. Il rapporto fra
le piante risultate positive al batterio e il numero totale di piante monitorate (quando
quest’ultimo dato è stato reso pubblico), con riferimento ai singoli periodi di campio-
(17) «Sarà la prima settimana Santa in cui non saranno distribuiti i tradizionali ramoscelli di ulivo nella do-
menica delle Palme se si vuole evitare la diusione di una epidemia che sta facendo strage di piante secolari che dal
Salento in Puglia potrebbe estendersi in tutta Europa. È questo uno degli eetti della lotta alla diusione del terribile
patogeno colpevole del disseccamento degli ulivi Xf » (www.coldiretti.it/News/Pagine/153----12-Marzo-2015.aspx).
(18) Nel Piano del commissario Silletti (2015, p. 5) si legge «Successivi monitoraggi eettuati nel periodo
estivo del 2014 evidenziano una estensione delle infezioni sul territorio leccese e la manifestazione dei sintomi
mostrano palesemente la gravità della epidemia tosanitaria». Un’epidemia «galoppante» stando alle dichiarazioni
rese dallo stesso commissario alla stampa «Mi creda, la situazione è drammatica […]. L’epidemia sta galoppando, il
contagio cammina a una velocità spaventosa. Per capirci: nel giro di 2-3 settimane ai vecchi comuni sotto attacco se
ne sono aggiunti una decina di nuovi» (www.corriere.it/cronache/15_marzo_14/ulivi-olivi-salento-puglia-xylella-al-
beri-malati-51d13a36-ca1b-11e4-8e70-9bb6c82f06ec.shtml).
(19) «La situazione è talmente grave che si stima siano almeno un milione le piante già infette, cifra equivalente
più o meno al 10% degli ulivi salentini e che potrebbe perno essere più alta» (www.corriere.it/cronache/15_marzo_14/
ulivi-olivi-salento-puglia-xylella-alberi-malati-51d13a36-ca1b-11e4-8e70-9bb6c82f06ec.shtml).
(20) www.corriere.it/cronache/17_maggio_04/xylella-cosi-si-vince-batterio-b5a855e6-3362-11e7-b29f317790db902d.shtml.
(21) https://www.coldiretti.it/economia/xylella-10-mln-piante-colpite-1-mld-danni.
(22) https://www.blitzquotidiano.it/cronaca-italia/xylella-ulivi-contagiati-popolo-degli-ulivi-2876914.
(23) https://bari.repubblica.it/cronaca/2019/01/31/news/xylella_in_puglia_colpiti_22_milioni_di_uli-
vi-217896378 e http://www.ansa.it/canale_terraegusto/notizie/mondo_agricolo/2019/01/30/xylella-coldiretti-puglia-col-
piti-22-milioni-di-ulivi_b5c5038a-75b7-43-ae72-d05f5f3bf050.html.
(24) https://www.rstonline.info/xylella-30-milioni-di-ulivi-da-abbattere-rischia-lintera-europa.
(25) Al riguardo l’allora procuratore di Lecce, Cataldo Motta, già nel 2015 si era espresso molto chiaramente
sostenendo, in una conferenza stampa, che l’Unione Europea fosse stata «tratta in inganno da una falsa rappresen-
tazione dell’emergenza Xylella fastidiosa, basata su dati impropri e sull’inesistenza di un reale nesso di casualità tra
il batterio ed il disseccamento delle piante» (https://agronotizie.imagelinenetwork.com/agricoltura-economia-politi-
ca/2015/12/21/Xylella-la-procura-di-lecce-blocca-il-pianosilletti/46949).
(26) Il numero di campioni riportato nell’Audit della Commissione Europea (2014a, p. 12) è 3.562, ma la
somma dei campioni parziali per specie (qui di seguito riportata) equivale a 3.532: 1.757 di olivo, 557 di malva,
433 di oleandro, 174 viti, 170 cannarecchia, 155 di mandorlo, 133 di quercia, 131 di agrume, 22 di gramigna.
Margherita Ciervo
22
namento, ha mostrato nel tempo valori molto contenuti e percentuali abbastanza simili
negli anni, intorno al 2% (tab. 1)27.
Ovviamente, si tratta di dati che – benché presenti nelle informative e nei documenti
uciali della Regione Puglia, del Ministero dell’Agricoltura e della Commissione Euro-
pea (CE) e quindi resi pubblici – risultano parziali da un punto di vista qualitativo e del-
la continuità temporale e non sempre completi di tutti i dettagli. Pertanto, il trend risul-
tante potrebbe essere confermato e/o confutato solo attraverso l’analisi di dati numerici
completi sui campionamenti svolti dal 2013 a oggi e dei relativi esiti, con riferimento,
in particolare: al numero di piante campionate e relativa ubicazione, sottoposte ad ana-
lisi e/o esame (con specicazione della tipologia di pianta e della presenza/assenza della
sintomatologia); all’indicazione del tipo di esame eettuato (esame di laboratorio con
il doppio positivo, test ELISA, esame visivo) associato al numero di piante esaminate/
analizzate; al risultato di tali analisi (sia con riferimento alla positività sia alla negatività
e l’associazione alla presenza/assenza di sintomatologia). Del resto, sul sito della Regione
Puglia dedicato all’emergenza28, nella sezione «monitoraggio», sono presenti solo i risul-
tati diagnostici, ovvero le comunicazioni dei laboratori SELGE con riferimento agli esiti
dei saggi di conferma (oltre al «monitoraggio vivai» e «impianti varietà Leccino, FS17»)
che, in mancanza degli altri dati su riportati, non consentono l’analisi del fenomeno. Né
questo, tantomeno, è desumibile dalla rappresentazione cartograca visionabile online:
motivo per cui è stata inoltrata all’Osservatorio Fitosanitario della Regione una richiesta
uciale che, ad oggi, rimane non soddisfatta29.
(27) Con riferimento ai monitoraggi eettuati fra settembre 2017 e marzo 2018 esclusivamente nelle zone
contenimento e cuscinetto delle province di Taranto e Brindisi (di cui, però, non è nota la localizzazione a scala
comunale) dall’analisi svolta da Scortichini e Cesari (2019, p. 98) risulta che su 13.706 campioni analizzati con
PCR, circa il 27% risultano positivi al batterio: 3.731 alberi positivi, di cui 2.078 sintomatici e 1.653 asintomatici.
(28) www.emergenzaxylella.it.
(29) In data 30/IX/2019 è stata inoltrata all’Osservatorio Fitosanitario della Regione Puglia una richiesta
di accesso agli atti per l’ottenimento dei dati numerici completi sul campionamento gli esiti (non desumibili dal
sito regionale). La risposta ricevuta il 29/XI/2019 in parte rimanda ai dati presenti sul sito, in parte denisce
tale richiesta illegittima «in quanto tale da comportare un carico di lavoro in grado di interferire con il buon
funzionamento dell’Amministrazione, oltre a richiedere, per soddisfarla, l’impiego di consistenti risorse interne al
momento non disponibili» (Osservatorio Fitosanitario, 2019b).
Il disseccamento degli ulivi in Puglia 23
Tab. 1 – Numeri e percentuali di piante risultate positive al batterio, 2013-2019
Campagna
di campionamento
Numero
campioni
zona infetta
(comprensiva
della fascia di
contenimento)
Piante positive
al batterio
%
Piante positive
al batterio
Numero di
campioni tota-
li (comprensi-
vi della zona
indenne)
Numero
piante
totali
positive
al batterio
%
Piante positive
al batterio
Nov. 2013 - Nov. 2014 -- -- -- 13.250 242 1,82
Ott. 2014 - Giu. 2015
25.516
(di cui 1.035
con sintomi)
612 2,39
26.755
(di cui 1.126
con sintomi)
612 2,28
2017-2018
(al 237III/2018) -- -- -- 169.124 3.058 1,81
2018-2019
(al 10/VII/2019) 52.669 993 1,88 61.558 993 1,61
Fonte: CE, 2014b, p. 5; MPAAF, 2015, p. 33; http://www.regioni.it/newsletter/n-3356/del-04-04-2018/xylel-
la-di-gioia-ridotto-numero-piante-infette-ispezionate-17910/; Osservatorio Fitosanitario, 2019a
Tali percentuali sarebbero, comunque, confermate anche dai risultati di quelle che
possono essere equiparate, a tutti gli eetti, ad analisi a campione. Ci si riferisce alle
analisi di olivi ubicati in piena zona infetta, richieste dalla Società TAP al ne di ve-
ricare l’eventuale presenza di Xf e ottenere dalla Regione Puglia l’autorizzazione alla
distruzione o all’estirpazione e reimpianto degli stessi, svolte nel 2017 e 2018 (quindi,
rispettivamente, dopo quattro e cinque anni dalla delibera 2023/2013 che dichiarava
l’emergenza). Le analisi di laboratorio sono state eettuate su olivi ubicati in agro di
Melendugno (provincia di Lecce): nel 2017, su 215 piante sottoposte a test quattro
sono risultate positive, ovvero l’1,86% (Osservatorio Fitosanitario, 2017); nel 2018, su
404 piante sottoposte a test tre sono risultate positive alla presenza del batterio, ovvero
lo 0,74% (Osservatorio Fitosanitario, 2018).
Del resto e inspiegabilmente, anche i dati della produzione olivicola non risultano
coerenti con quelli di un’epidemia in corso. Se osserviamo i dati ISTAT della produzio-
ne totale di olive del 2017 e 2018, la provincia di Lecce risulta sempre al primo posto,
con quasi il 23% (2017) e il 29% (2018) della quantità prodotta a scala regionale
(2.053.140/9.073.740 quintali nel 2017, 1.642.200/5.738.600 quintali nel 2018) e,
insieme alla provincia di Brindisi, arriva a coprire nel 2018 quasi la metà della produ-
zione regionale (2.696.100/5.738.600 quintali), ovvero la punta massima in termini
percentuali di un rapporto che si era attestato in media al 40%. Inoltre, confrontando
i dati con quelli dell’anno precedente, si osserva una contrazione della produzione ge-
neralizzata che riguarda tutte le province pugliesi, ma con un’intensità molto inferiore
per le province di Lecce e Brindisi rispetto alle altre (eccezion fatta per la BAT). In
particolare, si osserva una riduzione della produzione per la provincia di Lecce del 20%
Margherita Ciervo
24
e di Brindisi del 4,5%, a fronte di una diminuzione di oltre il 50% nelle province di
Foggia e Taranto, e di quasi i due terzi nella provincia di Bari (tab. 2).
Tab. 2 – Produzione totale (quintali) di olive in Puglia, suddivise per provincia, dati 2017
e 2018
Province Produzione
totale 2017
Produzione
totale %
2017
Produzione
totale 2018
Produzione
totale %
2018
Variazione
2018-2017
Variazione %
2018/2017
Foggia 1.840.000 20,28% 850.000 14,82% -990.000 -53,80%
Bari 1.719.500 18,95% 597.000 10,40% -1.122.500 -65,28%
Taranto 1.255.000 13,83% 543.000 9,46% -712.000 -56,73%
Brindisi 1.103.600 12,16% 1.053.900 18,36% -49.700 -4,50%
Lecce 2.053.140 22,63% 1.642.200 28,62% -410.940 -20,01%
BAT 1.102.500 12,15% 1.052.500 18,34% -50.000 -0,04%
Totale Puglia 9.073.740 100% 5.738.600 100% -3.335.140 - 36,75
Fonte: elaborazione su dati ISTAT
Se estendiamo l’analisi alla serie 2006-2018, si osserva un trend che conferma una
contrazione generalizzata della produzione olivicola. Questa, osservata anche nel resto
d’Italia (così come in altri Paesi del Mediterraneo come Grecia e Portogallo), viene im-
putata ai cambiamenti climatici30, con riferimento alle condizioni atmosferiche avverse
(piogge irregolari, gelate primaverili, forti venti e siccità estive) e, in particolare, agli
eventi estremi e improvvisi (riscaldamento o rareddamento, congelamento o disidra-
tazione) che indeboliscono le piante rendendole più vulnerabili ai patogeni. Fenomeni
questi vericatisi anche in Italia31.
In particolare, dalla dichiarazione dell’emergenza (delibera 2023/2013 del 29 otto-
bre), le essioni in termini di produzione totale sono state registrate nel 2014, 2016 e
2018 (coerentemente con il tipico andamento dell’alternanza di produzione caratteri-
stica dell’olivo, secondo cui all’annata con un alto livello produttivo segue l’annata con
una minore produzione) e riguardano sostanzialmente tutte le province. La provincia
di Lecce, fra l’altro, dal 2015 risulta la prima a scala regionale per produzione.
Mentre gli anni di «picco» registrano per la provincia di Lecce valori simili (in due
casi anche superiori) a quelli del 2007 (2.371.911 quintali): nel 2013, 2.497.500 quin-
tali; nel 2015, 2.703.625 quintali; nel 2017, 2.053.140 quintali (g. 5).
(30) https://www.cmcc.it.
(31) https://www.theguardian.com/world/2019/mar/05/italy-may-depend-on-olive-imports-from-april-scientist-says.
Il disseccamento degli ulivi in Puglia 25
0
500.000
1.000.000
1.500.000
2.000.000
2.500.000
3.000.000
3.500.000
4.000.000
4.500.000
5.000.000
2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018
Produzione (quintali)
Foggia Bari Taranto Brindisi Lecce Barletta-Andria-Trani
30.000,00
40.000,00
50.000,00
60.000,00
70.000,00
80.000,00
90.000,00
100.000,00
110.000,00
2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018
Ettari
Foggia Bari Taranto
Brindisi Lecce Barletta-Andria-Trani
84.000
86.000
88.000
90.000
92.000
94.000
96.000
98.000
2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018
Ettari
Superfi cie tot ale Superficie in produzione
Fig. 5 – Produzione totale di olive (quintali) in Puglia, 2006-2018
Fonte: elaborazione su dati ISTAT
Anomalie attengono altresì alla supercie in produzione ad olivo che, nella provin-
cia di Lecce nello scorso decennio, è costantemente aumentata no ad oltre 6.500 ettari
(da 89.400 del 2010 a 95.980 del 2018) – in maniera signicativa proprio a partire dal
2013 – in diormità rispetto al trend pressoché stazionario delle altre province (g. 6)
e contrariamente a quanto ci si aspetterebbe non solo in una situazione di epidemia -
topatogena degli olivi ma anche a seguito, nel 2014, del divieto di reimpianto di piante
appartenenti alle stesse varietà delle piante infettate dal Xf 32.
Contemporaneamente alla crescita della supercie a olivo, a partire dal 2013, nella
provincia di Lecce si è assottigliata signicativamente – e inspiegabilmente (data la
dichiarata epidemia in corso) – anche lo scarto fra la supercie olivicola totale e la
supercie in produzione (g. 7).
(32) «Nelle zone delimitate il Servizio tosanitario regionale è tenuto ad adottare le seguenti misure al ne
di eradicare l’organismo specicato: […] g) vieta la piantagione di vegetali specicati e piante appartenenti allo
stesso genere delle piante contagiate in siti che non sono a prova di vettore» (decreto 26 settembre 2014, Allegato
III, Sezione II).
Margherita Ciervo
26
0
500.000
1.000.000
1.500.000
2.000.000
2.500.000
3.000.000
3.500.000
4.000.000
4.500.000
5.000.000
2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018
Produzione (quintali)
Foggia Bari Taranto Brindisi Lecce Barletta-Andria-Trani
30.000,00
40.000,00
50.000,00
60.000,00
70.000,00
80.000,00
90.000,00
100.000,00
110.000,00
2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018
Ettari
Foggia Bari Taranto
Brindisi Lecce Barletta-Andria-Trani
84.000
86.000
88.000
90.000
92.000
94.000
96.000
98.000
2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018
Ettari
Superfi cie totale Superficie in produzione
Fig. 6 – Supercie in produzione ad olivo (ha), Puglia, 2010-2018
Fonte: elaborazione su dati ISTAT
Fig. 7 – Supercie ad olivo (totale e in produzione), provincia di Lecce, 2006-2018
Fonte: elaborazione su dati ISTAT
In ultimo, sul piano logico ed epistemologico, sembra lecito chiedersi se un’epide-
mia possa essere decretata in assenza di uno studio epidemiologico. Quest’ultimo, stan-
do ai documenti uciali, non esisteva quando l’emergenza è stata proclamata – in virtù
Il disseccamento degli ulivi in Puglia 27
della supposta epidemia – e manca ancora oggi. In particolare, la Relazione dell’audit
condotto dal 10 al 14 febbraio 2014, nell’ambito del programma di audit pianicato
dell’Ucio alimentare e veterinario33 (CE, 2014a), riporta le dichiarazioni dei ricer-
catori secondo cui «al momento, mancano gli elementi essenziali dell’epidemiologia
del batterio» (p. 7) e «restano da chiarire i seguenti aspetti: la serie di piante ospiti per
questo specico ceppo, l’epidemiologia (tempi, vettori coinvolti, fattori che favorisco-
no/inibiscono l’infezione) o l’ampia gamma di vettori (durata e specie ospiti preferi-
te)» (p. 8). In pratica, a febbraio 2014 restavano ancora da chiarire «fattori essenziali
riguardanti l’epidemiologia della Xf» (p. 21), motivo per cui l’Autorità Unica (AU) del
Servizio tosanitario centrale del MIPAAF e dell’autorità regionale competente puglie-
se aermava che «è essenziale disporre di maggiori informazioni sull’epidemiologia del
batterio, per evitare che la campagna di eradicazione si riveli inecace o possa favorirne
la diusione» (p. 15). Ancora l’anno dopo, l’EFSA (2015b, p. 9) dichiarava che non
c’era evidenza sul fatto che la Xylella potesse essere o meno un batterio endota e che,
pertanto, potesse essere presente da tempo considerevole negli olivi34.
Anche Giovanni Misciagna, epidemiologo e componente della task-force della Re-
gione Puglia sulla ricerca scientica sul CoDiRO, aveva ribadito in più circostanze nel
corso degli anni (e, in particolare, durante le riunioni del gruppo del 16 novembre
2015, 28 gennaio e 14 marzo 2016) l’inesistenza di una vera e propria indagine epi-
demiologica chiarendo che, in mancanza di questa, non sia possibile denire le «cause
patogene e la dinamica della patologia del CoDiRO»35 e, più recentemente, è tornato
sull’argomento con una relazione circostanziata datata 15 maggio 2019 dal titolo Epi-
demiologia del disseccamento rapido dell’ulivo: è la Xylella fastidiosa la causa del dissecca-
mento rapido dell’ulivo?, nella quale aerma che manca l’epidemiologia descrittiva sia
del disseccamento rapido dell’olivo (necessaria per comprendere l’estensione e l’inten-
sità della malattia sul territorio) sia della Xf, così come manca l’epidemiologia analitica
causale del rapporto fra Xf e disseccamento rapido dell’olivo (Misciagna, 2019). Nello
stesso senso anche Scortichini e Cesari (2019, p. 97) secondo cui – dopo sei anni dalla
conclamazione dell’emergenza – gli aspetti epidemiologici del disseccamento rapido e
della Xylella fastidiosa in Puglia sono ancora ampiamente sconosciuti36.
(33) Il gruppo UAV era composto da due revisori dello stesso ucio e da un esperto di uno Stato membro
dell’Unione europea (UE). Nel corso dell’audit, il gruppo UAV è stato aancato da rappresentanti dell’AU del
Servizio tosanitario centrale del MIPAAF e dell’autorità regionale competente pugliese.
(34) «ere is no evidence that Xylella is an “endogenous element” or endophytic bacterium that is and has
been present in olives for a considerable time» (EFSA, 2015b, p. 9).
(35) http://belsalento.altervista.org/perrino-aggiornamento-nota-2-il-batterio-e-solo-una-delle-cause-minori-del-codiro.
(36) «Indeed, despite a relevant number of studies that have been performed to elucidate some features lin-
ked to the bacterium such as its taxonomy, origin, host range, vectors, and detection, the epidemiological aspects
of OQDS and X. fastidiosa subsp pauca in Apulia are still largely unknown» (Scortichini e Cesari, 2019, p. 97).
Margherita Ciervo
28
4. «L’Emergenza Xylella» e le misura di lotta al batterio
Nel 2013, la Regione Puglia ha indicato attraverso delibera (dgR n. 2023 del 29
ottobre) misure di emergenza per la prevenzione, il controllo e l’eradicazione della Xf,
senza che vi fossero evidenze scientiche in riferimento al batterio, alle piante ospiti,
all’epidemiologia e ai vettori, secondo un approccio riduzionista e meccanicistico, oltre
a un processo pieno di ombre e contraddizioni, caratterizzato da una sorta di «cor-
to-circuito» fra scienza, informazione e politica (Ciervo, 2015)37. La Regione Puglia ha
chiesto (dgR n. 1842 dell’8 settembre 2014) e ottenuto (10 febbraio 2015) dal Gover-
no nazionale la dichiarazione di stato di emergenza, con la nomina di un commissario
straordinario. In Italia, è la prima volta che lo stato di emergenza è dichiarato per mo-
tivi tosanitari. Il commissario Silletti (2015) ha presentato un Piano per fronteggiare
il rischio tosanitario connesso alla diusione della Xf basato sull’assunto dell’epidemia
e di una situazione «estremamente allarmante» a giusticazione dell’urgenza degli in-
terventi e della necessità di «estrema velocità» con cui attuare le iniziative di contrasto.
Il Piano, che recepiva e intensicava le decisioni regionali ed europee e che è sta-
to sostanzialmente confermato dalla Commissione Europea (2015/789/EU) al ne di
prevenire la diusione della Xf nei Paesi dell’Unione, stabiliva: l’abbattimento degli
alberi (infetti, potenzialmente infetti e non infetti), il ricorso a un cospicuo utilizzo
di pesticidi e il divieto di piantare piante ospiti (olivi inclusi). Tuttavia, vale la pena
rilevare come la direttiva 2000/29/CE (richiamata nelle norme su indicate) concerna
le misure di protezione contro «l’introduzione» nella Comunità di organismi nocivi ai
vegetali o ai prodotti vegetali e la loro diusione nella Comunità e decreta che ciascuno
Stato membro debba adottare «tutte le misure necessarie per l’eradicazione o, ove non
sia possibile, il contenimento degli organismi nocivi» e non delle piante ospiti già pre-
senti sul territorio, mentre le operazioni di distruzione si riferiscono alle piante impor-
tate ovvero «ai vegetali, prodotti vegetali e altre voci costitutivi delle forniture tramite
le quali è stato introdotto l’organismo nocivo nella zona in questione». Al riguardo, è
stata anche rilevata una disparità di trattamento rispetto ad altre emergenze tosanita-
rie da parte della Commissione Europea nel senso di maggiore considerazione e tutela
nei confronti di piante con particolare valore sociale, culturale o ambientale (Bellucci,
Bianco e Jacomini, 2016).
Tali misure di lotta al batterio sono state adottate sulla base dell’assunto che «al mo-
mento non si conoscono metodi certicati di contrasto al bacillo di Xylella fastidiosa,
(37) Anche la Commissione Agricoltura della Camera (7-00210 del 19/XII/2013) aveva rilevato, nei fatti,
una sorta di avventatezza della Regione Puglia nel decretare «l’emergenza» mentre «ancora non è certa la natura e
l’entità del fenomeno ed il livello di diusione, […] senza che gli studi scientici necessari siano del tutto termi-
nati» (www.camera.it/leg17/410?idSeduta=0141&tipo=atti_indirizzo_controllo).
Il disseccamento degli ulivi in Puglia 29
tranne quello della eradicazione delle piante infette» (Silletti, 2015, p. 24). Tuttavia,
già nel 2013 era nota la «mancanza di esempi di eradicazione di successo» della Xf
(una volta insediata) a causa dell’ampia gamma di piante ospiti del patogeno e dei suoi
vettori38. L’EFSA (2015a), rispondendo a una richiesta della Commissione Europea, ha
fornito, fra l’altro, un parere scientico sull’ecacia delle misure messe in atto contro
la Xf (decisione 2014/497/EU) nel quale, sulla base di un’approfondita revisione della
letteratura scientica, ribadisce che l’eradicazione «non è un’opzione di successo» una
volta che una malattia si è stabilita in un’area, «come nel caso pugliese» (dove mancano
le condizioni fondamentali per poter eradicare il patogeno)39.
Al riguardo, il rapporto richiama i precedenti tentativi eettuati in Brasile (in seguito
ai quali la percentuale di piante infette è più che raddoppiata), a Taiwan (dove la malattia
persiste nonostante la rimozione tempestiva delle piante) e in California (dove l’estirpa-
zione dei vigneti non ha portato ad alcun benecio)40. Pertanto, non appare fondata la
tesi secondo cui il batterio si sarebbe diuso a causa della mancata tempestiva eradica-
zione degli ulivi come, del resto, recentemente attestato dalla Corte di Giustizia UE41
(Sezione V- 5 settembre 2019, causa C-443/18) che ha rilevato l’assenza di dimostrazione
del nesso di causalità fra mancato abbattimento degli alberi e diusione della Xf .
Anche l’applicazione dei pesticidi per limitare la diusione della malattia e control-
lare gli insetti vettori «non è ritenuta molto ecace» in presenza di infezioni predomi-
(38) «ere is no record of successful eradication of Xf once established outdoors due to the broad host range
of the pathogen and of its vectors» (EFSA, 2013, p. 25).
(39) «In the case (Apulia) of an infected area extending over tens of thousands of hectares, several more
of these conditions are not fullled: condition 1; condition 2 (there are many hosts and many potential vectors,
often polyphagous); and condition 3 (“blind” molecular testing of many asymptomatic hosts will be necessary).
Other conditions are only partly met: condition 4 (the only suppression methods known are removal of infected
plants, and vector chemical or cultural suppression) and condition 7 (probable long-distance spread capacity of
the vectors by hitch-hiking)» (EFSA, 2015a, p. 95).
(40) «Attempts to eradicate X. fastidiosa have been made worldwide, including eradication of citrus varie-
gated chlorosis on citrus in Brazil (Lopes et al., 2000; Machado et al., 2011) and of Pierce’s disease on grape in
central Taiwan (Su et al., 2013). Despite these attempts, the percentage of infected plants in Brazil increased from
15.7 % in 1994 to 34 % in 1996 (Amaro et al., 1998, in Lopes et al., 2000) and, according to recent surveys
(www.fundecitrus.com.br), approximately 40% of the 200 million sweet orange plants in São Paulo are infected
with X. fastidiosa (Almeida et al., 2014). In Taiwan, the disease persists, despite the timely removal of thousands of
grapevines aected by Pierce’s disease since the rst record of the disease in 2002 (Su et al., 2013). In California,
Pierce’s disease is endemic. Purcell (2013) remarks that “Despite this eradication of PD [Pierce’s disease] vines in
several locations that involved large plots over multiple years, there was no evidence that the removal eort had
any measurable benet”» (EFSA, 2015a, p. 96).
(41) Il riferimento è alla sentenza della Corte di Giustizia europea sul ricorso presentato dalla Commissione
Europea contro la Repubblica italiana per inadempimento delle misure volte a impedire la diusione della Xylella
fastidiosa. Al riguardo, la sentenza «sottolinea come la Commissione non soltanto abbia presunto l’esistenza della
violazione degli obblighi specici previsti dal diritto europeo, ma soprattutto non abbia dimostrato un nesso di
causalità tra la violazione degli obblighi europei (mancata eradicazione degli olivi) e la diusione del batterio della
Xylella» (Lucarelli, 2020, p. 245).
Margherita Ciervo
30
nanti o primarie (Purcell, 1979)42. L’EFSA (2015a) si esprime in maniera molto critica
anche rispetto all’uso di insetticidi che, lungi dal produrre l’eradicazione dei vettori
autoctoni (teoricamente possibile solo con riferimento a singole specie di insetti esotici
di recente introduzione in una data area e ancora a un livello di popolazione molto
limitato), se applicato su larga scala potrebbe indurre lo sviluppo di resistenze, oltre che
problemi all’ambiente e alla salute umana43.
Del resto, l’evidenza empirica dimostra l’inecacia degli abbattimenti nel contra-
stare la diusione del batterio. La lettura comparata della cartograa uciale della
Regione Puglia, con riferimento alle ultime campagne di campionamento (2017-2018
e 2018-2019), mostra casi in cui gli alberi dichiarati infetti e non abbattuti non ab-
biano contagiato come supposto gli altri contigui. Un esempio è rappresentato dalla
località Termetrio in agro di Cisternino (Brindisi), dove nel primo campionamento
(2017/2018) era stato rilevato un solo albero infetto a fronte di tutti gli altri risultati
negativi al batterio; nel secondo campionamento (2018-2019) – eettuato quando lo
stesso albero dichiarato infetto non era stato ancora abbattuto (sch. I) – nessun albero
è risultato positivo al batterio (g. 8).
(42) «When infections are predominantly or exclusively primary […] insecticide applications on the crops
are not very eective» (Purcell, 1979).
(43) «Eradication could be theoretically possible only when referring to a single exotic insect species recently
introduced into a new area and still at very limited population level. Xylem sap-feeding insect vectors are suscep-
tible to commonly used biocides, but insecticide treatments on specic host crops do not eliminate the infectious
vector(s) from several other (wild) hosts in the environment. In addition, insecticides should be repeatedly applied
in large cultivated, natural and privately-owned areas, as long as infected plants remain. Such large-scale applica-
tion of insecticides may lead to the development of insecticide resistance as well as to environmental and human
health issues. [...]. With regard to native or endemic insect species, potential insect vectors are widely distributed
in the risk assessment area […]; they belong to many dierent species and their populations can be locally impor-
tant. ose vectors are polyphagous and may change host depending on th season, growing conditions and host
availability. ey feed on crops, wild plants, ornamentals and weeds, and they may ove from one plot to another,
or from one plot to the surrounding environment, so eradication schemes are likely to reach a useful level of e-
ciency only if they are applied to all plots and their surroundings at the same time. In addition, as observed in the
Apulian area, insect vectors may hitch-hike for rather long distances on or in vehicles, even without plants […].
is means that infectious vectors may disseminate far from plots where the disease is present, which implies that
eradication of indigenous insect vectors on a large area is not possible, as there are plenty of indigenous xylem sap
feeder species associated with many kinds of plants» (EFSA, 2015a, pp. 97-98).
Il disseccamento degli ulivi in Puglia 31
Fig. 8 – Località Termetrio in agro di Cisternino (Brindisi): campionamenti della Regione
Puglia nel 2017/2018 (a) e 2018/2019 (b)
Fonte: http://webapps.sit.puglia.it/freewebapps/MonitoraggioXFSintes
È pertanto evidente come l’albero dichiarato infetto non abbia né sviluppato la ma-
lattia né «contagiato» gli altri circostanti nel periodo di circa un anno intercorso fra i
due campionamenti (considerato che il primo è avvenuto nel mese di ottobre 2017 e il
secondo nell’autunno 2018) e, presumibilmente, in un lasso di tempo ben più lungo se
ci riferisce alla contrazione dell’infezione. Nel campionamento 2019-2020, a Termetrio
sono stati rilevati altri due alberi risultati positivi al batterio in perfetta salute e produttivi.
Margherita Ciervo
32
Scheda I – L’albero di Termetrio: il «testimone scomodo»
L’albero di Termetrio – quando è stato rilevato positivo al batterio (ottobre 2017)
– non mostrava sintomi di disseccamento ed è sempre stato in pieno stato vegetativo
(g. Ia) come gli altri ulivi adiacenti (g. Ib), motivo per cui il Comitato per la salvaguar-
dia dell’ambiente e del territorio-Valle d’Itria aveva chiesto al comune di Cisternino e alla
Regione Puglia di avviare una sperimentazione (https://www.facebook.com/cosate).
Tuttavia, l’albero è stato abbattuto dopo circa un anno e tre mesi dall’analisi, il
14 gennaio 2019, con una procedura, a quanto risulta, diorme da quella standard
prevista dal protocollo regionale (che prevede il taglio e la conseguente bruciatura dei
rami, mentre in questo caso l’albero è stato abbattuto e i rami lasciati sul terreno) e con
modalità a dir poco anomale (l’abbattimento è stato eseguito al buio sotto la pioggia
battente) che hanno visto l’impiego, accanto ai tecnici regionali, delle forze dell’ordine.
Queste ultime hanno bloccato la strada di accesso al fondo per evitare l’intervento
dei membri del Comitato che da mesi stavano presidiando l’albero in maniera perma-
nente al ne di evitarne l’abbattimento (g. Ic) e secondo cui l’ulivo rappresentava un
testimone scomodo che dimostrava che la Xylella può essere controllata attraverso le
buone pratiche agricole senza alcuna conseguenza negativa per la produttività né per
la vegetazione circostante (https://cisterninonotizie.com/2019/01/15/cisternino-eradica-
to-modalita-agguato-ulivo-aetto-xylella-contrada-termetrio-gli-aggiornamenti).
Fig. I – Termetrio (agro di Cisternino): a) ulivo dichiarato infetto (2017); b) veduta del campo; c) manifesto del
presidio permanente indetto dal Comitato per la salvaguardia del territorio dell’ambiente-Valle d’Itria
Fonte: www.facebook.com/cosate/photos
Il disseccamento degli ulivi in Puglia 33
Specularmente, la stessa analisi comparativa mostra come alberi dichiarati infetti e
abbattuti non abbiano fermato quella che viene denita l’avanzata del batterio, in se-
guito riscontrato anche nel resto della vegetazione circostante. Al riguardo, si riportano
gli esempi di Acquarossa, nell’agro di Cisternino-Ostuni (g. 9), e di Lamatroccola,
nell’agro di Ostuni (g. 10), dove, in entrambi i casi, nel campionamento 2017/2018,
sono stati rilevati diversi ulivi positivi al batterio che puntualmente sono stati abbattuti.
Fig. 9 – Zona Acquarossa in agro di Cisternino-Ostuni (Brindisi): campionamenti della
Regione Puglia nel 2017/2018 (a) e 2018/2019 (b)
Fonte: http://webapps.sit.puglia.it/freewebapps/MonitoraggioXFSintesi
Margherita Ciervo
34
Tuttavia, il campionamento successivo (2018/2019) mostra la presenza di altri al-
beri risultati positivi alla Xf. Pertanto, si può asserire che, in entrambi i casi e contra-
riamente a quanto atteso, l’abbattimento degli ulivi positivi al batterio (associato all’u-
tilizzo degli insetticidi previsti) non abbia fermato la supposta diusione del batterio.
Resta, pertanto, aperta la domanda «come è possibile decidere eradicazioni, senza
necessari approfondimenti ed ipotesi di soluzioni alternative, sottovalutando l’impatto
che esse potranno determinare sull’ambiente e sulla salute? Senza dimostrare, tra l’altro, il
nesso causale tra eradicazione (adempimento dei provvedimenti euro-unitari) e diusio-
ne della malattia» (Lucarelli, 2020, p. 349).
Fig. 10 – Zona Lamatroccola in agro di Ostuni (Brindisi): campionamenti della Regione
Puglia nel 2017/2018 (a) e 2018/2019 (b)
Fonte: http://webapps.sit.puglia.it/freewebapps/MonitoraggioXFSintesi
Il disseccamento degli ulivi in Puglia 35
Ritornando al Piano del Commissario Straordinario nel 2015, la vasta scala di ap-
plicazione dello stesso lasciava pregurare eetti devastanti e irreversibili sul paesaggio,
l’ecosistema, l’economia locale e la salute umana, così come importanti processi di deter-
ritorializzazione, ovvero la destrutturazione delle relazioni territoriali tradizionali (Rae-
stin, 1981; Turco, 1988). Al riguardo, si consideri da un lato che il Commissario aveva
dichiarato in prefettura un milione di olivi infetti solo nella provincia di Lecce44 (vale a
dire approssimativamente uno su dieci), dall’altro che le misure disposte dal Piano stesso
non erano state sottoposte alla Valutazione di impatto ambientale (VIA), né alla Valuta-
zione ambientale strategica (VAS) né la Valutazione di impatto sanitario (VIS).
Questa è la ragione per cui tale Piano è stato fortemente contestato da un ampio
fronte di contadini, ambientalisti e associazioni mediche, comuni e comitati territoria-
li. Esso è stato anche fra i temi trattati nei rapporti Agromaa (Eurispes e altri, 2015
e 2016), nonché al centro di alcune inchieste giornalistiche45, ordini del giorno par-
lamentari e indagini giudiziarie. Il Piano è stato fermato dalla Procura di Lecce il 18
dicembre 2015: gli alberi di olivo sono stati sequestrati e la loro distruzione vietata. Il
sequestro è stato revocato a luglio 2016 in seguito alla cessazione dello Stato di emer-
genza. Tuttavia, il 29 marzo 2017, il Governo regionale ha varato la legge n. 4, indican-
do «misure tosanitarie per prevenire e contenere la diusione dell’organismo nocivo
Xf » che, nella sostanza, ricalcano quelle del Piano nazionale «rinforzato» da meccanismi
di «premio-punizione» sul piano economico46 e da una successiva integrazione (12/
XII/2017) che stabilisce che l’estirpazione delle piante colpite possa avvenire in deroga
alle disposizioni normative e regolamentari vigenti in materia di vincoli forestali, am-
bientali, idrogeologici e paesaggistici e, dunque, anche alle autorizzazioni previste. Nel
2018, è stato varato un nuovo Piano nazionale di emergenza per la gestione di Xylella
fastidiosa in Italia (decreto del 13 febbraio, allegato IV) e la giunta della Regione Puglia
ha approvato il 24 ottobre la delibera 1890 che semplica ulteriormente l’abbattimen-
to degli ulivi secolari. La semplicazione riguarda l’aspetto sia diagnostico, attraverso
l’individuazione delle piante infette tramite test di laboratorio e, nella zona infetta,
tramite una semplice ispezione visiva (nonostante sia certo e noto che la Xf sia rilevabi-
le con certezza esclusivamente attraverso i test molecolari), sia procedurale, attraverso
la previsione della mancata notica ai proprietari delle ingiunzioni di abbattimento
(44) http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/lecce/cronaca/15_marzo_03/milione-ulivi-salentini-malati-xylella-
colpisce-10percento-piante-ac37e2a6-c19a-11e4-b25e-6a1aaa2c8bc6.shtm.
(45) www.xylellareport.it; www.ilfattoquotidiano.it; www.petrareski.com.
(46) La legge n. 4/2017 prevede nella zona cuscinetto «la rimozione immediata della pianta infetta» e «nel
raggio di 100 m, l’abbattimento di tutte le piante ospiti presenti» (art. 5) e nella zona infetta «la rimozione immediata
di tutte le piante infette» (art. 6), mentre sono stati introdotti meccanismi di «premio-punizione» come il divieto
per i soggetti non ottemperanti di accedere ai beneci accordati «a qualsiasi titolo» dalla Regione e di partecipare a
gare di appalto o a bandi per l’erogazione di fondi comunitari, nazionali e regionali (art. 7), o la predisposizione di
contributi nanziari integrativi a fronte dei costi sostenuti per l’attuazione delle misure tosanitarie previste (art. 8).
Margherita Ciervo
36
sostituita con la pubblicazione dell’avviso nell’albo pretorio del comune. A questo si
aggiunge l’adozione di pratiche tosanitarie fortemente impattanti sulla biodiversità,
l’ecosistema e la salute dei cittadini.
Tali disposizioni appaiono un accanimento, peraltro scienticamente e
normativamente infondato, se si considera la direttiva UE 2000/29/CE richiamata
nella normativa – secondo cui l’organismo nocivo è ritenuto insediato in una regione
(e, dunque, a questo non più applicabili le misure di contenimento previste per gli
organismi da quarantena) nel momento in cui le misure uciali applicate per la
sua eradicazione «sono risultate inecaci per almeno due anni consecutivi» – e gli
International Standards for Phytosanitary Measures (IPPC, 2006). Questi ultimi
sanciscono che – «al cambiamento delle condizioni» (in questo caso il rilevamento della
presenza diusa e non più circoscritta del batterio) «e della disponibilità di nuovi fatti»
(in questo caso, l’esistenza di strategie di cura che consentono alle piante disseccate,
anche positive al batterio, di ritornare allo stato vegetativo e produttivo) – le misure
tosanitarie adottate debbano essere «immediatamente modicate» rimuovendo
quelle inutili47 (ISPM, n. 1) e, comunque, il programma di eradicazione dovrebbe
essere sottoposto a revisione periodica al ne di valutare se gli obiettivi sono stati
raggiunti o per determinare se sono necessarie modiche48 (ISPM, n. 9), dato che
le misure tosanitarie non dovrebbero essere considerate permanenti ma sottoposte a
monitoraggio49 (ISPM, n. 10).
Del resto, i monitoraggi e le analisi, sulle quali si basano gli obblighi di abbattimento,
non appaiono neanche adabili se si considerano, ad esempio, le analisi eettuate sull’uli-
vo più a nord (agro di Monopoli) nella provincia di Bari che, rilevato infetto (con doppia
analisi molecolare) a dicembre 2018, in seguito al sequestro disposto dalla Procura di Bari
(a ne gennaio 2019) è stato accertato come negativo. Vale la pena ricordare che nella zona
cuscinetto (nella quale ricade l’ulivo) la rilevazione della positività al batterio avrebbe com-
portato l’abbattimento di tutti gli ulivi e delle altre piante ospiti presenti nel raggio di 100
metri (ovvero su 3,14 ettari). Tali perplessità trovano purtroppo conferma nell’attività di
indagine della Procura di Lecce che – come si apprende dal decreto del 3 maggio 2019 con
(47) «As conditions change, and as new facts become available, phytosanitary measures shall be modied
promptly, either by inclusion of prohibitions, restrictions or requirements necessary for their success, or by remov-
al of those found to be unnecessary» (ISPM n. 1, 4).
(48) «roughout the eradication, the programme should be subject to periodic review to analyse and assess
information gathered, to check that objectives are being achieved, and/or to determine if changes are required.
Reviews should take place at: - any time when unforeseen circumstances are encountered that could aect the
programme - pre-set intervals - the termination of the programme. Where the criteria for eradication are not met,
the eradication plan should be reviewed» (ISPM n. 9, 4).
(49) «us, the implementation of particular phytosanitary measures should not be considered to be perma-
nent. After application, the success of the measures in achieving their aim should be determined by monitoring
during use» (ISPM n. 11, 3.6.1).
Il disseccamento degli ulivi in Puglia 37
il quale archivia parte dell’indagine trasmettendo altri loni emersi alla Procura competen-
te50 – ha documentato «una incredibile sciatteria» nelle operazioni di campionamento a tal
punto «da mettere in serio dubbio anche i risultati degli accertamenti in campo su cui poi
sono state basate le conclusioni scientiche degli enti coinvolti» (2019, p. 25).
A fronte e nonostante quanto detto, il 21 maggio 2019 è stato convertito in legge (n.
44) il dl n. 27, cosiddetto «Decreto Emergenza»51, il cui articolo 8 estende e inasprisce
ulteriormente le misure di lotta al batterio, da un lato consentendo gli abbattimenti delle
piante anche monumentali «in deroga a ogni disposizione vigente, comprese quelle di
natura vincolistica», dall’altro prevedendo, in caso di omessa esecuzione della prescri-
zione di estirpazione da parte del proprietario o conduttore o detentore, una sanzione
amministrativa da 516 euro a 30.000 euro che si raddoppia per chiunque impedisce
l’estirpazione coattiva delle piante. Inoltre, nella zona infetta (ovvero nella provincia
di Lecce e in parte delle province di Brindisi e Taranto), l’art. 8 ter prevede «per sette
anni» la possibilità di procedere all’estirpazione degli olivi «semplicemente previa comu-
nicazione alla Regione» in deroga a quanto disposto dalla normativa a protezione degli
ulivi e a ogni diposizione vigente anche in materia vincolistica nonché in esenzione dei
procedimenti di valutazione di impatto ambientale, valutazione ambientale strategica e
valutazione di incidenza ambientale. Tuttavia, l’aspetto più rilevante di tale disposizione
risiede nella «strutturazione» della logica riduzionista alla base delle misure di contrasto
previste per la Xf e nell’estensione spaziale (potenzialmente al resto del territorio nazio-
nale) dell’applicabilità delle stesse che, inizialmente adottate per la Xylella, sono estese a
tutti «gli organismi nocivi da quarantena in applicazione di interventi di emergenza to-
sanitaria», nonché nell’evidente ostinazione, dopo sei anni, nell’indicare la Xylella come
un’emergenza. Le parole, lungi dall’essere neutre, contribuiscono a creare percezioni e
immagini della realtà – individuali e collettive – e, dunque, convincimenti, a orientare
i comportamenti e le scelte, ad accettare decisioni impopolari e nanche contrarie al
buon senso. Inoltre, le parole – all’interno di un provvedimento – assumono una valenza
legale. E l’emergenza, come è noto (e come avviene anche in questo caso), consente di
derogare alla legge ordinaria a tutela dell’ambiente e della salute. Ed è proprio in queste
deroghe che risiedono preoccupanti e pericolose forze destrutturanti che stanno metten-
do a dura prova il territorio e le comunità locali (Ciervo, 2019).
(50) Nel decreto di archiviazione della Procura di Lecce si legge che «nonostante i molteplici aspetti di irre-
golarità, pressapochismo, negligenza e (ove risulteranno dimostrati nelle sedi giudiziarie competenti, correttamen-
te investite in ordine alla valutazione di tali fatti dalla Procura di Lecce) anche di reati di falso ascrivibili agli odierni
indagati, e/o agli enti ed organismi da loro rappresentati, nell’ambito della gestione del fenomeno della c.d. Xylella
(o CoDiRO), gli elementi raccolti non appaiono sucienti e comunque idonei a dimostrare la sussistenza del
nesso causale tra le medesime accertate condotte (tra cui quelle di sperimentazione in campo, di ritardo nell’aron-
tare la fenomenologia segnalata dagli agricoltori, ed inne di non corretta applicazione delle procedure imposte,
tra l’altro, da normative e direttive europee) e l’evento del delitto colposo di inquinamento ambientale» (2019).
(51) Testo del decreto legge n. 27 del 29 marzo 2019, coordinato con la legge di conversione n. 44 del 21
maggio 2019 (https://www.gazzettauciale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazio-
neGazzetta=2019-05-28&atto.codiceRedazionale=19A03484&elenco30giorni=false).
Margherita Ciervo
38
5. Le deroghe al divieto di reimpianto: alcune incongruenze
La Commissione Europea con decisione UE 2017/2352, alla ne del 2017, ha con-
cesso una deroga parziale al divieto di impianto di specie ospiti nelle zone infette (san-
cito dalle precedenti decisioni) prevedendo «l’impianto di piante ospiti all’interno delle
zone infette» e privilegiando «le piante ospiti appartenenti a varietà che si sono rivelate
resistenti o tolleranti all’organismo specicato» (art. 4). Tale deroga è stata recepita dal
decreto ministeriale n. 4.999 del 13/II/2018 e, a seguire, dalla Regione Puglia (dds
Osservatorio Fitosanitario, 4/V/2018 n. 274). Quest’ultima, nella scelta delle cultivar
oggetto di deroga, ha accolto quanto trasmesso dal CNR che individua nel Leccino e
nella FS17 (meglio nota come Favolosa) due varietà di olivo resistenti alla Xf, benché
l’EFSA (EFSA e altri, 2017) – richiamando una serie di studi, fra cui quelle dei gruppi
pugliesi – le indichi come cultivar rispettivamente tollerante e con tratti di possibile
resistenza52. La dierenza, ovviamente, non è soltanto sul piano lessicale ma anche
sostanziale. Entrambi i termini indicano la risposta della pianta ospite all’infezione. Al
riguardo, la resistenza indica una strategia della pianta che inibisce o limita l’infezione,
prevenendo l’infezione o limitando la conseguente crescita e sviluppo del patogeno
all’interno dell’ospite attraverso l’annullamento o la rimozione dell’infezione. In una
pianta tollerante, invece, l’infezione non è inibita, ma le conseguenze del suo adatta-
mento negativo sono «ridotte o compensate riducendo la mortalità dovuta all’infezione
o ripristinando la produttività degli individui infetti» (ibidem, p. 12)
Si tratta di due varietà adatte agli impianti olivicoli intensivi e super intensivi: il
Leccino, non autoctono e autosterile, e la cultivar FS-17, brevettata dal CNR. Tale scel-
ta viene operata nonostante la consapevolezza – come precisato nella dds su indicata e
successivamente nella dds Osservatorio Fitosanitario 13 luglio 2018, n. 591 – «che non
si hanno ancora a disposizione dati riferiti al lungo periodo sia in tenuta della resistenza
nel tempo e sia in termini di produttività». Il dubbio sulla produttività espressa nella
(52) «Most evidence has been collected by research groups located in Apulia. From their work, the variety
“Leccino” was identied as tolerant to X. fastidiosa infections (Saponari et al., 2016). From experimental infec-
tivity studies and from surveys in olive orchards, converging lines of evidence indicate tolerance of the “Leccino”
variety to ST53 infections, although long-term production data are not available yet. While the variety “Leccino”
can become infected with the pathogen, it develops milder symptoms compared to those observed on susceptible
varieties (e.g. “Cellina di Nardò”, “Ogliarola salentina”) (Giampetruzzi et al., 2016; Boscia et al., 2017). Also,
the size of the ST53 bacterial populations measured in infected plants is shown to be two orders of magnitude
lower in “Leccino” than in the susceptible varieties “Cellina di Nardò” (Saponari et al., 2016; Technical Report by
POnTE and XF-ACTORS, 2017) and “Ogliarola salentina” (Giampetruzzi et al., 2016; Boscia et al., 2017) [...].
Recent observations on olive trees under eld conditions identied the olive variety FS-17® as an olive genotype
with possible resistance traits: in a heavily-infected multivarietal olive orchard, the average size of ST53 bacterial
populations in infected FS-17® was only about half the size of ST53 bacterial populations observed in infected
“Leccino” plants grown in the same plot (Boscia et al., 2017)» (EFSA e altri, 2017, pp. 7 e 9).
Il disseccamento degli ulivi in Puglia 39
determina sembra trovare già riscontro nell’esperienza di alcuni agricoltori53, così come
pare che siano già noti casi di disseccamento che abbiano interessato piante di Leccino.
Questa è l’esperienza raccolta da alcuni agricoltori nella provincia di Lecce e precisa-
mente nell’agro di Casarano (nel 2017), di Ugento (2018) e di Poggiardo (nel 2019).
Di particolare interesse è la testimonianza di Francesco Mastroleo, agricoltore di
quarta generazione, che ha constatato la presenza di diversi olivi di varietà Leccino
ubicati in zona infetta (provincia di Lecce e Brindisi) con evidenti sintomi di dissecca-
mento (gg. 11 e 12). Nella gura 12 è possibile osservare sullo sfondo la presenza di
alberi in pieno stato vegetativo della varietà autoctona «Ogliarola locale».
Fig. 11 – Pianta di olivo, varietà Leccino, Ugento (Lecce), 2018
Fonte: fotograa di Francesco Mastroleo
(53) Al riguardo, Francesco Mastroleo, un olivicoltore pugliese, sostiene che la varietà Favolosa produce
molto poco. «Siamo sui 15-20 Kg l’anno, a esagerare. Praticamente non hanno prodotto niente. Dopo 10 anni ci
si aspetterebbe una produzione di almeno 40-50 kg ad albero l’anno, invece quest’anno zero […]. Si tratta di ulivi
molto sensibili al freddo, se andate a guardare ci sono molti tronchi spaccati e tanti rametti spezzati. Malgrado il
freddo le nostre [varietà autoctone n.d.r.] un po’ di olive le hanno portate, questa invece non ha un’oliva neanche
a pagarla […]. Le piante di Favolosa hanno subito diversi attacchi di funghi che le altre a oggi non hanno, e ad-
dirittura di virosi che io sull’ulivo non avevo mai visto […]. Questa varietà oggi ha tutti i problemi che un ulivo
possa avere mentre le nostre [varietà autoctone n.d.r.] non hanno niente. Quindi che sia più resistente ho dei
dubbi. Io la vedo molto più suscettibile rispetto alle nostre varietà. Suscettibile alla siccità, che noi qui abbiamo
eccome, suscettibile agli attacchi, al freddo che a causa dei venti dai Balcani qui può essere anche molto intenso
[…]. Insomma, rispetto alle nostre, a me pare sia molto meno resistente» (www.terranuova.it/News/Agricoltura/
Xylella-tra-eradicazioni-e-reimpianti-il-futuro-dell-olio-pugliese-non-sembra-essere-Favoloso).
Margherita Ciervo
40
Fig. 12 – Pianta di olivo, varietà Leccino (in primo piano), varietà Ogliarola locale (sullo
sfondo), agro della provincia di Brindisi, 2018
Fonte: fotograa di Francesco Mastroleo
Inoltre, non si può non rilevare come tale deroga non sembri tenere in alcuna consi-
derazione gli stessi risultati scientici (pubblicati dall’EFSA) che mostrano come alcune
varietà autoctone siano più resistenti del Leccino, né la legislazione regionale a tutela
delle risorse genetiche autoctone di interesse agrario, forestale e zootecnico (Regione
Puglia, 2013c). In particolare, la varietà Coratina – sottoposta a test di laboratorio con
inoculazione del batterio – risulta la meno interessata dall’infezione del batterio (con
quattro piante positive su dieci inoculate) e a 14 mesi non mostra alcun sintomo di
disseccamento, mentre il Leccino si infetta e manifesta i sintomi con frequenza mag-
giore (tab. 3).
Tab. 3 – Sintesi delle analisi molecolari delle piante di olivo, in seguito all’inoculazione
della Xf, ceppo CoDiRO, e dei sintomi che mostrano le piante inoculate
Fonte: Saponari e altri, 2016, p. 20 (riquadri in rosso dell’autrice)
Il disseccamento degli ulivi in Puglia 41
Del resto, anche la ricerca di Scortichini e Cesari (2019, p. 98), condotta in campo
aperto, indica che le varietà autoctone Coratina, Ogliarola salentina e Ogliarola barese
sono meno interessate dai sintomi del disseccamento rispetto alla cultivar Leccino54.
Pertanto, non sono chiari i criteri secondo i quali il CNR e, conseguentemente, la
Regione Puglia indichino come resistenti le cultivar Leccino e Favolosa e, soprattutto,
perché non sia stata indicata anche la varietà autoctona Coratina nei programmi di
reimpianto, visti i più alti livelli di tolleranza rispetto all’infezione.
(54) «e occurrence of decline symptoms on the major cultivars grown in the areas was as follows: “Nociara”
(16.31%), “Cima di Mel” (13.08%), “Cellina di Nardò” (10.92%), “Leccino” (8.45%), “Coratina” (7.96%), “Oglia-
rola salentina” (7.65%), “Ogliarola barese” (7.41%), and “Frantoio” (6.95%)» (Scortichini e Cesari, 2019, p. 98).
Margherita Ciervo
42
6. Le principali posizioni in campo scientico
In campo scientico, sono emerse due posizioni prevalenti. La prima, ovvero quella
sostenuta in primis dall’Istituto di Virologia Vegetale del Consiglio Nazionale delle Ri-
cerche (dal 2014 Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante del Consiglio Nazio-
nale delle Ricerche, IPSP-CNR) di Bari, attribuisce i sintomi del disseccamento alla Xf.
Così, l’obiettivo è quello di eradicare il batterio, a prescindere dalla sua reale incidenza
nello sviluppo del fenomeno in questione. Al riguardo, un ricercatore del CNR ha di-
chiarato che i test di patogenicità, pur avendo una grande importanza scientica, sareb-
bero stati «assolutamente ininuenti nell’approccio ai piani di contenimento» visto che
«la pericolosità di Xylella è già ampiamente nota e dimostrata» (Mattedi, 2015). Attual-
mente, ci sono due progetti internazionali su questo tema coordinati dall’IPSP-CNR
nanziati dal programma dell’Unione Europea H2020 «e Pest Organisms rea-
tening Europe-POnTE»55 con 6.850.000 euro di contributo dell’Unione Europea56 e
«Xylella fastidiosa Active Containment rough a Multidisciplinary-Oriented Resear-
ch Strategy Xf-Actors»57, nanziato con 6.903.000 euro58. Queste ricerche rispondono
alla richiesta della Commissione Europea di eradicare la Xf (CE 2014c, 2014d e 2015).
Il progetto «Xf-Actors», in particolare, è il primo in Europa interamente nanziato e
nalizzato alla ricerca sulla Xf: il proponente è un ampio consorzio di cui fanno parte
l’Università di Bari e altri 28 partners e istituti di ricerca. Il suo principale obiettivo è
lo sviluppo di ricerche e azioni innovative per migliorare la prevenzione, la diagnosi
precoce e il controllo della Xf sotto dierenti condizioni tosanitarie (decisione UE
789/2015) e, fra i temi, c’è anche l’identicazione di geni coinvolti nella risposta della
pianta ospite che può essere utilizzata per denire speciche varietà e programmi di
miglioramento genetico. Al ne di eradicare la Xf, diverse altre soluzioni sono state
proposte: un cocktail di batteriofagi (Das e altri, 2014 e 2015); la sostituzione di oli-
vi tradizionali con specie più resistenti come, per esempio, la Favolosa brevettata dal
CNR59; lo studio dei vettori e delle modalità per controllarli (Bosco, 2014; Fierro,
Liccardo e Porcelli, 2019). Inne, altri ricercatori estendono l’analisi per la prevenzione
della diusione della Xf alle pratiche agricole (Xiloyannis e altri, 2015).
L’altra principale posizione attribuisce i sintomi del disseccamento non necessaria-
mente alla Xf ma a diverse cause agronomiche e biologiche come, per esempio, la pre-
senza di funghi (Carlucci e altri, 2013a e 2015), l’abuso di prodotti chimici (Perrino,
2015), la povertà del suolo dovuta a una ridotta attività biochimica di mineralizzazione
(55) www.ponteproject.eu.
(56) http://cordis.europa.eu/project/rcn/204627_en.html.
(57) www.xfactorsproject.eu.
(58) http://cordis.europa.eu/project/rcn/20602dica7_en.html.
(59) www.cnr.it/it/comunicato-stampa/7411/scoperta-un-altra-cultivar-di-olivo-resistente-alla-xylella.
Il disseccamento degli ulivi in Puglia 43
della sostanza organica e a una biodiversità microbica carente di alcuni gruppi batterici,
presenti invece negli oliveti sani (Giordani, Di Mattia e Balestra, 2019).
Al riguardo, una recente ricerca mostra la situazione decisamente critica di un uli-
veto nell’agro di Gallipoli dove è stata rilevata la presenza di un solo batterio del ciclo
dell’azoto (Neisseria), a fronte dei 23 investigati, con un’ovvia riduzione dell’azione di
ssazione biologica dell’azoto nel suolo che, conseguentemente, si riette in maniera
molto negativa sul processo di accrescimento della massa vegetale (Calabrese, Man-
drelli e Blonda, 2020). Secondo Perrino (2015), già direttore dell’Istituto di Genetica
vegetale del CNR di Bari, «lo sviluppo dei patogeni potrebbe essere l’eetto e non la
causa delle patologie degli alberi di olivo». Questi ultimi diventerebbero più vulnerabili
per la riduzione della biodiversità dovuta all’agricoltura industriale e, dunque, all’abuso
di pesticidi, erbicidi, ecc., così come a fattori climatici negativi (umidità, escursioni
termiche) e a stress idrici. Con riferimento a tale ipotesi, tuttavia, in una relazione
dell’Osservatorio Fitosanitario si legge che «sono state avviate indagini di qualsiasi tipo
spaziando su tutte le possibili cause che potessero interagire con il disseccamento delle
piante vericando qualsiasi elemento agronomico, ambientale, naturale e inquinante
presente nel territorio interessato» in seguito alle quali sarebbe stato «escluso qualsiasi
forma inquinante del terreno e dell’ambiente» (2015, p. 3). Nondimeno, a oggi, non
risultano essere stati resi noti gli studi e le analisi comprovanti la suddetta aermazione,
né il periodo e i luoghi dove sarebbero state svolte.
L’obiettivo di questo lone di ricerca è la cura degli olivi aetti dal CoDiRO. Per
esempio, l’Università di Foggia (Dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e am-
bientali) e l’Università del Salento (Dipartimento di Scienze e tecnologie biologiche e
ambientali) con la confederazione degli agricoltori (COPAGRI-Lecce) hanno svilup-
pato un progetto per ridurre/eliminare la carica d’inoculo del patogeno sia fungino sia
batterico causa del CoDiRO, e per stimolare la resistenza delle piante e la loro ripresa
vegetativa60.
Nel 2015, sono stati condotti alcuni esperimenti sulle piante di olivo danneggiate
dal CoDiRO per vericare la possibilità di controllare la sintomatologia attraverso di-
verse tipologie di trattamenti associati a buone pratiche agronomiche. I risultati con-
fermano la capacità delle piante di reagire agli attacchi dei patogeni senza ripercussioni
sulla produzione, vale a dire che la produttività delle piante di olivo non risulta com-
promessa dalla presenza della Xf. Questo porta a ipotizzare che sarebbe possibile la con-
vivenza degli olivi con il batterio e il territorio (Carlucci e altri, 2016). In tale contesto,
rientrano diversi progetti coordinati o partecipati dall’Università di Foggia e nanziati
dalla Regione Puglia: l’implementazione di metodi di monitoraggio e controllo della
(60) www.senato.it/application/xmanager/projects/leg17/attachments/documento_evento_procedura_commissio-
ne/les/000/002/523/25_marzo_COPAGRI.pdf.
Margherita Ciervo
44
patologia attraverso microrganismi e tecniche agronomiche («Eziocontrol»); il moni-
toraggio della Xf e del CoDiRO («Mix Codiro»); l’applicazione di protocolli strategici
per il controllo del CoDiRO («Aprocodiro»); lo studio comparativo sull’ecacia di
prodotti biologici per il controllo CoDiRO nell’area focolaio della Xf («Biocoxy»).
Altri progetti guardano direttamente alla tipologia agricola come possibile solu-
zione. Questo è il caso, ad esempio, dell’agricoltura simbiotica, una pratica agricola
focalizzata sulle relazioni naturali e sui processi che rispettano il microbiota del suolo e
delle piante che, a sua volta, viene utilizzato per riattivare vitalità, salute, biodiversità e
fertilità del suolo e, dunque, la resistenza naturale delle piante all’attacco dei patogeni.
Rispetto a questo, un progetto basato su alcune applicazioni di un mix di batteri e
funghi beneci, applicato alle piante di olivo con CoDiRO in 41 terreni (per un totale
di 64 ettari) localizzati in 23 comuni dell’area focolaio, ha prodotto come risultato la
ripresa vegetativa delle piante61.
Dunque, qual è il problema basilare? La Xylella fastidiosa o il CoDiRO?
Questa è una domanda cruciale per due ordini di ragione. In primo luogo, la so-
luzione dipende da una corretta visione e comprensione del problema, altrimenti essa
rischia non solo di non essere risolutiva ma di peggiorare la situazione. In secondo luo-
go, una corretta visione del problema presuppone l’adozione di un approccio sistemico
che, peraltro, diventa eticamente imprescindibile nella misura in cui si ha a che fare con
beni comuni, risorse e nanziamenti pubblici e, soprattutto, un territorio che sore le
conseguenze del fenomeno e che subisce – sul piano sia ecologico sia socioeconomico
– le decisioni adottate dalle istituzioni.
(61) www.tagpress.it/ambiente/contrasto-xylella-codiro-agricoltura-simbiotica-20170123; www.zooassets.it/mi-
cosat-f-olivo-contro-la-xylella.
Il disseccamento degli ulivi in Puglia 45
7. Le pratiche agricole e le patologie tosanitarie: alcune osservazioni
In letteratura scientica, la povertà dei suoli trattati con prodotti chimici e, dunque,
la maggiore vulnerabilità delle piante ai patogeni e alle malattie è conosciuta da lungo
tempo (Altman e Campbell, 1977; Mekwatanakarn e Sivasithamparam, 1987; Drin-
kwater e altri, 1995). Per quanto riguarda gli erbicidi e specicatamente il glifosato, un
erbicida ad ampio spettro diuso a scala globale, sono stati osservati molti problemi:
una riduzione signicativa di macro e micro nutrienti riscontrata nei tessuti delle fo-
glie e nei parametri fotosintetici (Saes Zobiole e altri, 2010), la sua interazione con la
disponibilità dei nutrienti della pianta (necessari per conservare la salute della pianta),
lo sviluppo di malattie e patogeni delle piante nei raccolti, così come lo sviluppo e la
diusione di piante erbacee infestanti resistenti al glifosato (Yamada e altri, 2009). Per
quanto riguarda i problemi di nutrizione delle piante e le patologie legate all’utilizzo
del glifosato, si segnala un numero monotematico della rivista scientica «European
Journal of Agronomy» (Kremer e altri, 2009).
Alcuni studi hanno stabilito la correlazione fra le malattie delle piante, la diusione
del batterio e l’utilizzo di erbicidi, con riferimento anche alla Xf. In particolare, varie
malattie causate dalla Xf sono riferite a patologie emergenti e «riemergenti» dovute
all’intensicazione dei programmi di gestione delle piante infestanti con il glifosato.
Queste malattie sono caratterizzate da una perdita di vigore, un declino lento, una
decienza in micronutrienti e una ridotta produttività. Il patogeno è un batterio che
colonizza i tessuti xilematici e riduce il trasferimento di nutrienti dalle radici alle foglie,
quando le piante sono stressate. La stimolazione del glifosato sulla crescita dei funghi e
la virulenza dei patogeni (compresa la Xf ) possono avere serie conseguenze per la pro-
duzione sostenibile di un’ampia gamma di colture suscettibili e portare a una perdita
funzionale di resistenza genetica. L’equilibrio dei nutrienti è importante perché ogni
elemento funziona come parte di un delicato equilibrio, un sistema siologicamente
interdipendente con l’ambiente e la genetica delle piante62.
(62) «Various diseases caused by X. fastidiosa are referred to as “emerging” or “reemerging” diseases as gly-
phosate weed management programs for their respective crops have intensied. ese diseases (Pierce’s disease of
grapevine, plum scorch, almond scorch, citrus variegated chlorosis, coee blight, citrus blight, alfalfa dwarf, pecan
decline, etc.) are characterized by a loss of vigor, slow decline, micronutrient deciency, and reduced productivity.
e pathogen is an endophytic bacterium that colonizes xylem tissues and restricts nutrient translocation when
plants are stressed […]. Glyphosate stimulation of fungal growth and enhanced virulence of pathogens such as
Fusarium, Gaeumannomyces, Phytophthora, Pythium, and Xylella can have serious consequences for sustainable
production of a wide range of susceptible crops and lead to the functional loss of genetic resistance […]. Nutrient
balance is important because each element functions as part of a delicately balanced, interdependent physiological
system with the plant’s genetics and the environment» (Johal and Huber, 2009, pp. 147-150).
Margherita Ciervo
46
Per quanto riguarda particolarmente gli olivi in California e la loro malattia, Krugner
e altri (2014, p. 1186) aermano che la Xf non causa il disseccamento ma gli olivi posso-
no contribuire all’epidemiologia delle malattie causate da Xf. Gli olivi possono fungere da
ospite alternativo, sebbene sub ottimale, di Xf e possono costituire anche un rifugio per i
vettori che evadono dalle aree intensive ampiamente trattate con insetticidi63.
Per quanto riguarda specicatamente il CoDiRO in Puglia, alcuni esperti sostengono
che fra le principali cause dell’indebolimento degli olivi c’è l’overdose pluridecennale
di erbicidi (specialmente il glifosato) che rendono le piante più vulnerabili ai patogeni
(Perrino, 2015). D’altro canto, il gruppo di lavoro italiano sulla resistenza agli erbicidi
(GIRE, 2016) ha rilevato la presenza di piante infestanti resistenti al glifosato in oliveti
in provincia di Lecce. Inoltre, la Commissione Agricoltura della Camera dei deputati
(7-00210, 19-12-2013) rilevò nella zona focolaio i sintomi del disseccamento degli olivi
diusi a macchia di leopardo, con un’ampia presenza di casi in suoli dove gli erbicidi (e
specicatamente il Roundup della Monsanto contenente glifosato) e i fungicidi sono usati
in grande quantità64.
Questo spiegherebbe anche il motivo per cui è possibile osservare campi con alberi dissec-
cati in prossimità (spesso anche contiguità) di campi con piante in perfetto stato vegetativo.
Al riguardo, già nel 1974 nell’agro di Gallipoli (provincia di Lecce), sono stati os-
servati alberi di olivo danneggiati dagli erbicidi. In questo caso, si trattava del bro-
macile utilizzato nei campi di agrumi che, assorbito dalle radici, causò agli alberi di
olivo consociati i seguenti sintomi: ingiallimento delle foglie, disseccamento apicale e
defogliazione. La dose utilizzata era 4,5 kg per ettaro e i danni osservati riguardavano
anche gli olivi a distanza di più di sette metri dall’area trattata (Luisi e De Cicco, 1975).
Nondimeno, un’elevata quantità di prodotti chimici è impiegata nelle monocolture
e nell’agricoltura intensiva. In Puglia, tuttavia, queste ultime sono localizzate essen-
zialmente nel Nord della regione (rispettivamente nelle province di Foggia e di Bari)
dove i casi di disseccamento degli olivi che si osservano sono stati attribuiti a funghi
tracheomicotici come Verticillium dahliae. D’altra parte, nella provincia di Lecce risulta
l’esistenza di almeno due tipologie di campi sperimentali: uno per vericare l’ecacia
di nuovi prodotti chimici contro la cosiddetta lebbra degli olivi e un altro per l’imple-
mentazione del progetto GIPP (Gestione Infestanti Piante Perenni) della Monsanto
nalizzato al controllo delle erbe infestanti negli oliveti (questi ultimi risultano presenti
anche nelle province di Brindisi e Bari), attraverso il Roundup contenente glifosato.
(63) «X. fastidiosa did not cause olive leaf scorch or branch dieback but olive may contribute to the epide-
miology of X. fastidiosa-elicited diseases in California. Olive may serve as an alternative, albeit suboptimal, host of
X. fastidiosa. Olive also may be a refuge where sharpshooter vectors evade intensive area wide insecticide treatment
of citrus, the primary control method used in California to limit glassy-winged sharpshooter populations and,
indirectly, epidemics of Pierce’s disease of grapevine» (Krugner e altri, 2014, p. 1186).
(64) www.camera.it/leg17/410?idSeduta=0141&tipo=atti_indirizzo_controllo.
Il disseccamento degli ulivi in Puglia 47
Così, ipotizzando una possibile correlazione fra il modo di utilizzo del suolo agricolo
e la diusione del CoDiRO, è stata osservata a scala regionale la distribuzione di prodotti
chimici e, a scala provinciale, la distribuzione di terreni coltivati con il metodo biologico.
A tale scopo, sono stati utilizzati i dati dell’ISTAT: con riferimento specico alla
distribuzione di prodotti chimici, è stato considerato il livello provinciale e il periodo
2003-2015, mentre non è stato possibile accedere ai dati a scala comunale65.
7.1 La diusione degli erbicidi
In generale, le province di Foggia e Bari, con la più ampia supercie agricola uti-
lizzata (SAU) a livello regionale, sono tendenzialmente le prime per distribuzione di
prodotti chimici. Tuttavia, se si leggono i dati a livello disaggregato secondo le categorie
(fungicidi, insetticidi ed erbicidi), si osserva un’eccezione con riferimento alla distribu-
zione di erbicidi nel periodo 2003-2008. In questo ultimo caso, al primo posto c’è la
provincia di Lecce (g. 13).
Fig. 13 – Puglia: la distribuzione degli erbicidi (chilogrammi) a scala provinciale
Fonte: elaborazione su dati ISTAT
(65) Al riguardo, sono stati ripetutamente richiesti all’ISTAT i dati a livello comunale. Tuttavia, l’ISTAT ha
risposto in un primo momento che i dati richiedevano una specica elaborazione; in un secondo momento che
l’elaborazione non era possibile poiché «non c’è la giusta rappresentatività dei comuni» e in un terzo momento che i
dati tosanitari a livello comunale «non sono disponibili». Tali dati potrebbero essere ottenuti anche dal libro vendita
o dal cosiddetto «quaderno di campagna» (che registra i trattamenti eettuati con prodotti chimici). Tuttavia, poiché
si tratta di documenti privati, l’accesso a essi è subordinato a un atto volontario dei venditori o degli agricoltori.
Pertanto, questa condizione preclude a priori la possibilità di una raccolta dati coerente e spazialmente signicativa.
Margherita Ciervo
48
Questi dati presentano un’apparente anomalia da un punto di vista sia quantitativo
sia qualitativo, considerando la SAU e il modello agricolo predominante. Infatti, la
SAU della provincia di Lecce (161.130,94 ettari) è circa un terzo di quella della pro-
vincia di Foggia (495.111,10 ha) e poco più della metà di quella della provincia di Bari
(268.312,23 ha) (g. 14).
Fig. 14 – Puglia: la SAU a scala provinciale (ettari), 2010
Fonte: elaborazione su dati ISTAT
Inoltre, se si considera la relazione fra distribuzione degli erbicidi e SAU, si osserva
un’intensicazione di questa apparente anomalia in termini sia quantitativi sia tem-
porali (g. 15). In eetti, nella provincia di Lecce, dove sono stati osservati i primi
fenomeni di disseccamento degli olivi, la distribuzione degli erbicidi sulla SAU – dal
2003 al 2010 – è no a due volte più alta che nella provincia di Bari, e no a quattro
volte superiore rispetto alla provincia di Foggia. Un’anomalia simile si osserva anche
nella provincia di Brindisi che, sempre dal 2003 al 2010, è seconda per distribuzione di
erbicidi sulla SAU. La provincia di Brindisi è stata toccata dal CoDiRO in un secondo
tempo (i primi casi noti risalgono a gennaio 2015) con la ricognizione di diversi focolai
in alcuni terreni del comune di Oria (MPPAF, 2015, p. 31).
Il disseccamento degli ulivi in Puglia 49
Fig. 15 – Puglia: relazione fra la distribuzione di erbicidi (chilogrammi) e SAU (ettari) a
scala provinciale
Fonte: elaborazione su dati ISTAT
L’apparente anomalia riguarda anche l’aspetto qualitativo poiché la provincia di
Lecce è caratterizzata da una SAU media per azienda molto piccola (da 0,85 a 4,47
ha) che non supera 2,04 ettari nei comuni interessati dai primi sintomi del dissecca-
mento, così come dal primo grande focolaio di CoDiRO (g. 16). Questo indica che
il modello agricolo predominante dovrebbe essere quello di sussistenza e commercio
locale che, in teoria, comporta un minore uso di input chimici rispetto sia al siste-
ma monocolturale (tipico della provincia di Foggia) sia al modello agricolo intensivo
(diuso nella provincia di Bari). Del resto, questo è confermato dalla distribuzione di
fungicidi e insetticidi, così come di erbicidi dopo il 2009 a scala provinciale. In altre
parole, la distribuzione inaspettata di tofarmaci nella provincia di Lecce riguarda un
periodo limitato (2003-2009) e una categoria di prodotti (erbicidi), mentre nei periodi
successivi (dopo il 2009) e con riferimento ad altri tofarmaci (fungicidi e insetticidi)
il trend conferma le aspettative teoriche.
Margherita Ciervo
50
Fig. 16 – Puglia: a) la Carta della SAU media per azienda (ettari), 2011; b) SAU media
delle aziende nei comuni interessati dai primi sintomi del disseccamento degli olivi, e dai
focolai iniziali di CoDiRO (ettari), 2013
Fonte: a) dati ISTAT; b) elaborazione su dati ISTAT
7.2 I campi sperimentali con prodotti chimici
Alcune aree della provincia di Lecce risultano essere state anche oggetto di due spe-
rimentazioni con prodotti chimici. La prima riguarda i campi sperimentali organizzati
nel periodo 2010-2013 dalla Regione Puglia con l’Università di Bari, il Consorzio per
la protezione delle produzioni intensive e il Consorzio di bonica Ugento e Li Foggi.
Lo scopo era di vericare l’ecacia di nuovi prodotti chimici contro la lebbra degli olivi
per ottenere la registrazione ministeriale (Regione Puglia, 2011a e 2011b). Questi cam-
pi risultano localizzati in alcuni Comuni dove sono stati osservati i primi sintomi di
disseccamento degli olivi (g. 17): Gallipoli, Taviano, Alezio (Procura della Repubblica
di Lecce, 2015). Questi prodotti (l’INSIGNIA dell’impresa BASF-Italia), «pericolosi
per l’ambiente», risultano essere stati autorizzati dal Ministero della Salute una prima
volta nel 2011, per l’utilizzo in un’unica soluzione per 30 giorni (dal 4 luglio 2011 al
2 agosto 2011), e una seconda volta per 120 giorni (dal 19/IV/2013 al 17/VIII/2013)
senza l’indicazione del numero dei trattamenti (benché la scheda tecnica del prodotto
indichi di applicarlo al massimo una volta all’anno). Questi ultimi, tuttavia, secondo la
Procura di Lecce potrebbero essere stati molteplici considerato che «durante il periodo
Il disseccamento degli ulivi in Puglia 51
di utilizzo del 2013 nel Salento sono stati distribuiti, per il tramite dei Consorzi Agrari
e le Associazioni di categoria (ad es. APROL) grossi quantitativi di INSIGNIA, ai col-
tivatori» (2019, p. 22).
Fig. 17 – Provincia Lecce: i comuni con i campi sperimentali promossi dalla Regione, dove
risultano essere stati testati nuovi prodotti chimici, 2010-2011
Fonte: elaborazione su dati della Procura della Repubblica di Lecce (2015)
La seconda sperimentazione chimica riguarda il programma GIPP della Monsanto,
iniziato nel 2011 e proseguito no alla primavera 2013. Si tratta di un progetto per
il controllo delle erbe infestanti negli oliveti attraverso l’utilizzo dell’erbicida (sistemi-
co non selettivo) Roundup Platinum contenente glifosato e speciche barre irroratrici
(Roundup GO), per il diserbo interlare negli oliveti, che coprono una supercie di 9
metri di larghezza e lavorano a 4 bar di pressione. Tali test risultano essere stati condotti
per due anni in aziende sperimentali nelle province di Lecce, Brindisi e Bari (Monsan-
to, 2013), ma la localizzazione dei campi è sconosciuta anche alla Regione Puglia il
cui assessore all’Agricoltura, a un’interrogazione posta nel 2017 da alcuni consiglieri,
rispose asserendo che «non è in grado di fornire alcun risultato della sperimentazione»
e che «gli uci regionali non conoscono gli elementi richiesti»66.
(66) www.regionepuglia.it
Margherita Ciervo
52
7.3 La supercie agricola biologica
Le aree con una presenza più ampia di terreni coltivati secondo metodi biologi-
ci sono localizzate nel Nord-Est del Salento. Qui, nel periodo considerato e nell’area
compresa fra i comuni del Nord-Est (Lecce e Squinzano) e quelli a Sud-Est (Melendu-
gno, Carpignano Salentino, Castrignano dei Greci e Cursi), la percentuale media del
rapporto fra supercie agricola biologica e SAU è circa il 17% (tab. 4) e in alcuni casi
arriva approssimativamente al 40% (g. 18a). Questa è anche l’area che, inizialmente
e nell’insieme, appare meno toccata dal CoDiRO e anche specicatamene dalla Xf (g.
18b). D’altro canto, nel Salento occidentale dove si è registrato il primo grande foco-
laio, la percentuale media del rapporto fra supercie agricola biologica e SAU è 5,55%
(con un valore minimo intorno allo 0 e una percentuale massima di 11,83%), vale a
dire meno di un terzo della percentuale media del Nord-Est del Salento (tab. 4).
Fig. 18 – Salento: a) SAU biologica, 2011; b) diusione della Xf, 2014
Fonte: a) dati ISTAT; b) http://webapps.sit.puglia.it/freewebapps/MonitoraggioXFSintesi/
L’evidenza rilevata è coerente con alcuni studi internazionali che mostrano come le
caratteristiche ecologiche e biochimiche dei suoli coltivati con metodi biologici appa-
iano migliori di quelli gestiti in modo convenzionale (Gomiero, Pimentel e Paoletti,
2011) e che un più alto livello di biodiversità generalmente riduce la moltiplicazione
di microrganismi dannosi e, dunque, la diusione di patogeni e malattie (Letourneau
e van Bruggen, 2006). Anche secondo la FAO una pianta sana è meno vulnerabile ai
patogeni e alle malattie. L’interazione fra organismi viventi e il loro ambiente è cruciale
per la salute delle piante che risulta più a rischio nelle monocolture, mentre la diversi-
cazione colturale fornisce un’interazione equilibrata fra piante, patogeni e predatori.
Il disseccamento degli ulivi in Puglia 53
Per questo, un ecosistema ben gestito può ridurre la concentrazione di un patogeno o
la popolazione malata67.
Tab. 4 – Il rapporto fra SAU biologica e SAU (comuni del Nord-Est del Salento e comuni
nell’area del primo grande focolaio di CoDiRO), 2011
Comuni
del Nord-Est del Salento
Rapporto fra
SAU biologica e SAU
%
Comuni in area primo
grande focolaio di
CoDiRO
Rapporto fra
SAU biologica e SAU
%
Lecce 15,37 Alezio 3,04
Calimera 20,58 Alliste 3,09
Caprarica 38,77 Collepasso 7,12
Carpignano S. 23,14 Gallipoli 10,91
Castri di Lecce 22,05 Matino 3,15
Castrignano 20,07 Melissano 7,58
Cavallino 20,17 Neviano 4,37
Cursi 15,58 Parabita 7,88
Lizzanello 11,56 Racale 0,06
Martano 18,46 Sannicola 1,36
Melendugno 17,12 Taviano 11,83
Martignano 6,00 Tuglie 6,23
Squinzano 17,83
Sternatia 14,35
Surbo 7,04
Trepuzzi 13,69
Vernole 12,61
Zollino 10,25
Percentuale media 16,92 Percentuale media 5,55
Fonte: elaborazione su dati ISTAT (http://gisportal.istat.it/bt.carto/bt.carto.html)
(67) «A healthy plant is less vulnerable to pest and disease infestation […]. e interaction between living
organisms and their environment is crucial for a plant’s health. Plant’s health is more at risk in monocultures
and on-farm diversication provide a balanced interaction between dierent plants and pests and predators.
is is why a well-managed ecosystem can be a successful way of reducing the level of pest or disease popula-
tion» (http://teca.fao.org/read/8372).
Margherita Ciervo
54
8. Il disseccamento e la chimica: una possibile correlazione
A scala regionale, i dati su menzionati mostrano l’esistenza di una possibile corre-
lazione fra CoDiRO e una più alta distribuzione di prodotti chimici. Infatti, come si
è detto, nelle province di Lecce e Brindisi colpite dal disseccamento, è stata osservata
un’inaspettata distribuzione di erbicidi (2003-2010) che nel 2007 ha raggiunto il mas-
simo livello in senso sia assoluto (rispettivamente 864.025 kg e 483.020 kg) sia relativo
(rispettivamente 5.36 kg/ha e 4,04 kg/ha) (g. 19a). Inoltre, nella provincia di Lecce,
nel periodo 2010-2011, risultano essere stati realizzati campi sperimentali con nuovi
prodotti chimici in alcuni comuni dove poi sono stati osservati i primi sintomi del
disseccamento degli olivi (Gallipoli, Taviano, Alezio). Queste sono anche le aree dove è
stato osservato il primo grande focolaio di CoDiRO (g. 19b).
Fig. 19 – a) Puglia: rapporto fra distribuzione di erbicidi (chilogrammi) e la SAU (ettari)
a scala provinciale, 2007; b) provincia di Lecce: i comuni in cui sono stati rilevati i primi
sintomi noti del disseccamento degli olivi (2008), i campi sperimentali con nuovi prodotti
chimici promossi dalla Regione Puglia (2010-2011), il primo grande focolaio di CoDiRO
(2014)
*I dati della provincia BAT nel 2007 non sono disponibili poiché l’ISTAT non aveva ancora adottato la nuova
partizione amministrativa decretata dalla Legge regionale n. 148/2004. Prima del 2004, i comuni dell’attuale
provincia BAT ricadevano in parte nella provincia di Bari, in parte nella provincia di Foggia.
Fonti: elaborazione su: a) dati ISTAT; b) dati Procura della Repubblica di Lecce (2015) e Regione Puglia (2014)
I dati sulla distribuzione dei prodotti chimici a scala locale potrebbero essere mol-
to importanti al ne di conoscere con maggiore dettaglio l’evidenza su menzionata
permettendo, così, di meglio denire la correlazione ipotizzata e, conseguentemente,
di chiarire le origini del focolaio iniziale di CoDiRO e il relativo impatto territoriale.
Il disseccamento degli ulivi in Puglia 55
L’evidenza temporale fra l’overdose di prodotti chimici (con riferimento agli erbicidi
e ai tofarmaci sperimentati) nella provincia di Lecce e il disseccamento degli olivi (g.
20) lascia ipotizzare che i patogeni (funghi e batteri) abbiano danneggiato le piante più
deboli, ovvero quelle presenti in suoli inquinati o impoveriti.
Fig. 20 – Provincia di Lecce: evidenze temporali fra la distribuzione di prodotti chimici e
il fenomeno del disseccamento degli olivi
Fonte: propria elaborazione
Questa ipotesi necessiterebbe di essere confermata attraverso un progetto di ricerca
specica e interdisciplinare al ne di approfondire la distribuzione e l’utilizzo di erbi-
cidi a scala locale (e, più generalmente, dei prodotti chimici) nella provincia di Lecce,
e controllare lo stato del suolo e delle acque pertinenti agli oliveti colpiti dal CoDiRO
nell’aria focolaio. Rispetto a questo, il punto debole rimane la fase di acquisizione delle
informazioni per due ordini di problemi: l’indisponibilità delle istituzioni a fornire le
informazioni richieste; la presenza di informazioni sensibili o di documenti privati (i
registri vendite o i «quaderni di campagna»). Questo progetto di ricerca potrebbe pro-
durre informazioni importanti e utili per comprendere il fenomeno pugliese e la con-
troversia sulla diusione del CoDiRO. Inoltre, esso potrebbe essere di interesse anche
per il più ampio dibattito in corso sulla pericolosità e dannosità dei prodotti chimici,
l’utilizzo della terra e i modelli agricoli.
A scala provinciale, in eetti, una dierenza signicativa iniziale è stata osservata fra
le aree occidentali e orientali della provincia di Lecce con riferimento alla diusione del
CoDiRO e, anche, della Xf. Le aree orientali, caratterizzate da una più ampia presenza
di SAU biologica, risultavano inizialmente meno colpite di quelle occidentali.
Questo conferma le osservazioni del report su menzionato, così come potrebbe in-
durre ad assumere l’esistenza di una correlazione fra SAU biologica e una maggiore
resistenza delle piante al patogeno. In altre parole, quanto osservato equivale a dire che
le piante fortemente stressate da inputs chimici sono più deboli e vulnerabili delle altre
e, dunque, hanno una più alta possibilità di ammalarsi.
Margherita Ciervo
56
Con riferimento a questa ipotesi sembra rilevante la denuncia della mancanza di
considerazione della relazione fra il disseccamento degli ulivi e l’utilizzo di tofarmaci
resa da parte delle Nazioni Unite sul Diritto all’Alimentazione in Italia in seguito alla
missione (per la prima volta in un Paese industrializzato) svoltasi dal 20 al 31 gennaio
2020. In particolare, l’inviata speciale Hilal Elver rileva che «le politiche e le decisioni
nazionali prese nel contesto della “emergenza Xylella” non hanno portato a una chiara
valutazione del legame fra la presenza del batterio, il disseccamento degli alberi e altre
circostanze come il cambiamento climatico, le monocolture e alti livelli di pesticidi e
fertilizzanti nella zona» (2020, p. 25).
Il disseccamento degli ulivi in Puglia 57
9. Agricoltura, aree rurali ed economia: alcuni scenari
Le modalità di utilizzo della terra così come le tipologie agricole non sono neutrali
rispetto sia agli obiettivi sia agli impatti territoriali (con riferimento, in particolare, alla
dimensione ambientale e socio-economica). Esse possono costituire una minaccia o
una salvaguardia per il territorio, causare salute o malattia, equilibrio o instabilità. Ad
esempio, se le dierenti forme di agricoltura tradizionale generalmente cercavano di
equilibrare la fertilità del suolo (Parascandolo, 2016) e di mantenere in vita e attive le
funzioni idrogeologiche, microclimatiche ed ecologiche dei sistemi ambientali, salva-
guardando la vita (Altieri, 1995), i sistemi agricoli moderni possono essere pericolosi
per le condizioni di salute dell’ambiente e dell’essere umano, per l’equilibrio ecologico
e le economie locali.
È indubbio che la combinazione delle misure di lotta al batterio da quarantena
e delle deroghe al divieto di reimpianto delle piante ospiti della Xf – associate da un
lato a meccanismi premiali e incentivi economici, dall’altro a penalizzazioni sul piano
economico e giuridico – «libera» il suolo dalla presenza di ulivi secolari (g. 21) e il
territorio dall’economia locale contraddistinta da piccoli appezzamenti a conduzione
familiare (estranea ai circuiti del mercato globale e caratterizzata da autoconsumo, ven-
dita diretta e/o a organismi associativi), rendendolo disponibile per nuovi impieghi sia
nel settore agricolo, ad esempio, gli impianti olivicoli intensivi e superintensivi (g.
22) e le monoculture nalizzate alla produzione di bioenergia o di materia prima per la
nascente industria bio-based promossa dalla Commissione Europea (Ciervo, 2018), sia
nel settore energetico con l’installazione di grandi impianti fotovoltaici a terra (g. 23).
Questo designa un processo di riterritorializzazione orientato alla prottabilità e alla
competitività (Ciervo, 2019) che pregura scenari di trasformazione delle campagne
(g. 24) in campi agro-industriali sul modello spagnolo (g. 25) ed energetici, peraltro
già presenti sul territorio salentino (g. 26).
Margherita Ciervo
58
Fig. 21 – Agro di Torchiarolo (Brindisi), gennaio 2020
Fig. 22 – Agro di Fasano, impianto olivicolo intensivo, 2020
Fig. 23 – Agro di Brindisi, impianto fotovoltaico, 2020
Il disseccamento degli ulivi in Puglia 59
Fig. 24 – Piana degli ulivi (Fasano): uliveto tradizionale
con ulivo plurisecolare in primo piano, 2020
Fig. 25 – Spagna: oliveti superintensivi nella provincia di Almeria, 2019
Fig. 26 – Panoramica di un campo fotovoltaico in Salento, alle porte di Lecce (2012)
Fonte: fotograe a cura dell’autrice (n. 21-24); Filippo Bellantoni e Simone Cannone (n. 25); Michele De Filippo (n. 26)
Margherita Ciervo
60
In particolare, i nanziamenti a sostegno dei reimpianti di varietà non autoctone
e brevettate (Leccino e Favolosa), adatte al sistema intensivo e superintensivo, trasfor-
meranno le «belle campagne» in terreni uniformi e funzionali alla produttività com-
merciale68. In pratica, gli ulivi secolari rischiano di essere sostituiti dalle cosiddette
«pareti produttive» (costituite da alberelli dal fusto sottile, disposti in maniera ravvici-
nata secondo una forma geometrica e destinati ad essere rimpiazzati circa ogni 15 anni
andando ad alimentare suppostamente l’industria della biomassa), le varietà autoctone
dalle cultivar brevettate e la presenza umana (fondamentale presidio ecologico e sociale)
dai macchinari, con grave danno per l’ambiente e la biodiversità. Al riguardo, il Mini-
stero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare (MATTM) ha classicato le
«misure per la competitività delle liere agricole strategiche e per il rilancio del settore
olivicolo nelle aree colpite da Xylella fastidiosa» (legge 205/2017, art. 1, commi 126
e 128) come «sussidio ambientalmente dannoso» (SAD) in quanto incentivano «un
reimpianto con piante tolleranti al batterio che favorisce una riduzione di diversità di
specie esponendo le stesse a nuove epidemie in futuro» (MATTM, 2019, p. 148).
I sistemi olivicoli intensivi (no a 700 piante per ettaro) e superintensivi (che posso-
no presentare densità superiori a 1.500 piante/ha no a 2.500 piante/ha) necessitano di
suoli pianeggianti con un clima non soggetto a forti avversità (essendo particolarmente
vulnerabili ai fattori climatici) e una buona disponibilità idrica (2.500 mc/ha), un utilizzo
cospicuo di tofarmaci per il diserbo e la difesa delle piante dagli agenti patogeni (poiché
più vulnerabili alle topatie) e una considerevole concimazione minerale con fertilizzanti
inorganici. Gli impianti superintensivi, a fronte di ingenti investimenti per impianti e
macchinari, consentono un incremento della resa per ettaro e la riduzione dei costi di
lavoro (dovuta alla totale meccanizzazione delle fasi raccolta, potatura e piantumazione
che può ridurre la manodopera no a un’unità). Inoltre, il modello superintensivo es-
sendo pensato in funzione della competitività globale è, per denizione, fondato sulla
liera lunga che comporta distanze notevoli fra luoghi di produzione, trasformazione
e consumo. Tutto questo, come è ovvio, genera importanti eetti territoriali, con un
pesante impatto ecologico (l’impoverimento quali-quantitativo del suolo e dell’acqua, la
riduzione della biodiversità, l’inquinamento causato dall’ampio uso di prodotti chimici e
di energia, potenziato dai trasporti e dal sistema di stoccaggio richiesti della liera lunga) e
socio-economico (da un lato, per la maggiore vulnerabilità degli agricoltori, dall’altro per
la loro riduzione dovuta alla meccanizzazione totale che richiede solo un operaio agrario
che gestisce la macchina poche volte all’anno per tutte le operazioni necessarie).
(68) «Le belle campagne danno a chi le guarda, l’immediato, chiaro messaggio che la società che le abita ha
non soltanto capacita economiche, ma anche programmi e progetti, e orono, soprattutto ai più giovani, un mo-
dello di progettualità e di rispetto del territorio e delle sue risorse di chiaro contenuto e valore educativo» (Grillotti
Di Giacomo, 1998, p. 12).
Il disseccamento degli ulivi in Puglia 61
Gli agricoltori, oltre a rinunciare ai prezzi più elevati della vendita diretta (erosi
e compressi dalla liera lunga), divengono dipendenti a monte (per l’acquisizione di
tofarmaci, cultivar brevettate, tecnologie) e a valle della liera (ovvero dalle multi-
nazionali acquirenti del prodotto nito) e, dunque, più vulnerabili alla variabilità dei
prezzi sui mercati all’ingrosso (già molto bassi). Del resto, nel caso dei piccoli agricol-
tori (la maggior parte della provincia di Lecce, la cui SAU media dei comuni dell’area
focolaio non raggiunge i due ettari) non avrebbero la capacità economica né l’accesso al
credito necessario per l’acquisto dei macchinari e dell’impianto. D’altro canto, i sistemi
intensivi e superintesivi richiedono ampie superci per produrre economia di scala e
comprimere i costi unitari di produzione (necessari ad aumentare i protti).
Altro fattore importante è la improbabile competitività, in termini sia di estensioni
produttive sia di costo del lavoro, con gli altri Paesi del Mediterraneo produttori di olio
di oliva, che comprimerebbe ulteriormente il reddito per gli olivicoltori pugliesi no a
mettere a rischio la loro presenza sul mercato. Pertanto, il fenomeno del disseccamento
(di cui non si conosce ancora la causa primaria) insieme alle misure di lotta al batterio
e alle «soluzioni» imposte inducono inevitabilmente all’abbandono delle campagne e
delle colture perenni, alla svalutazione della rendita fondiaria e, dunque, al deprezza-
mento e alla svendita dei terreni innescando un pericoloso processo di concentrazione
della terra a favore di chi possiede il capitale (ovvero capacità di investimento) al ne di
acquisire superci adatte alla massimizzazione della produttività e, dunque, alla reddit-
tività degli impianti superintensivi69.
Questo comporterebbe la sostituzione di un’agricoltura territorialmente diusa e
condotta tendenzialmente con pratiche tradizionali con un’agricoltura market-oriented
basata sul modello agroindustriale e, conseguentemente, la trasformazione dell’econo-
mia locale, caratterizzata da piccole aziende familiari la cui attività, estranea ai circuiti
del mercato globale, è basata largamente sull’autoconsumo, la vendita diretta e agli
organismi associativi70, in un’economia funzionale al mercato globale orientata alla
competitività, ecienza e prottabilità, e soggetta ai meccanismi e alle speculazioni
del mercato. Si tratta di un cambiamento auspicato da tempo da alcune associazioni
di categoria, che vedono negli ulivi monumentali un vincolo tecnico-economico, nelle
leggi a loro tutela un vincolo normativo e nella «ristrutturazione degli oliveti obsoleti»
(69) Il processo di concentrazione fondiaria – che si è diuso dai Paesi dell’Europa nord-atlantica ai Paesi
dell’Europa mediterranea e dell’Est europeo e che, promosso dalla PAC, aveva favorito le grandi imprese capitali-
stiche (Grillotti Di Giacomo, 2000) – oggi assume tratti allarmanti (il 3% delle aziende europee controlla il 52%
della supercie agricola) ed è responsabile, fra l’altro, dell’omologazione schiacciante dei territori e dei paesaggi
rurali del vecchio continente (Grillotti Di Giacomo e De Felice, 2018), di cui ha preso recentemente coscienza
anche il Parlamento europeo con una risoluzione del 24 aprile 2017 sulla situazione relativa alla concentrazione
dei terreni agricoli nell’UE e i rischi connessi (P8_TA(2017)0197).
(70) In Puglia, su un totale di 175 mila soci, quasi un terzo è raggruppato nell’associazione di produttori
olivicoli leccesi, a cui si aggiungo altre organizzazioni (Regione Puglia, 2013b, pp. 56 e 57).
Margherita Ciervo
62
un «passaggio imprescindibile per la sopravvivenza del comparto»71. Tale visione sem-
bra essere stata assunta in pieno dalla Regione Puglia che, a quanto pare, concorda
nel ritenere la presenza diusa di piante secolari causa della «rigidità strutturale del
comparto olivicolo» (che condiziona la produttività) e che considera «la ristrutturazione
degli oliveti obsoleti e l’ammodernamento degli impianti e delle tecniche di coltura e di
raccolta […] fondamentali per raorzare la competitività delle aziende olivicole puglie-
si» (2013b, p. 60)72. In realtà, dove sono state perseguite strategie di competitività di
costo, queste non hanno messo al riparo gli agricoltori dallo stallo economico dovu-
to proprio alla sovrapproduzione. Per esempio, in Spagna, a inizio campagna olearia
2019/2020, sono state stimate giacenze pari a 757.000 tonnellate (nella campagna
precedente 2017/2018, lo stock era di 418.000 tonnellate), ovvero circa il 50% della
produzione annua totale, e la quotazione dell’olio è arrivata da 3 euro/kg dell’anno
precedente a 2 euro/kg del settembre 201973.
Ciò che sembra emergere con abbastanza chiarezza è un processo prestabilito e in-
nescato da alcuni stakeholders di uniformizzazione delle tipologie produttive (e, conse-
guentemente, dei paesaggi), di omologazione colturale (e, dunque, culturale), che po-
trebbe sancire irrimediabilmente il passaggio dell’agricoltura «dal bucolico al diabolico»
(Leone, 1998), ovvero da un’attività produttrice di biomassa a servizio del territorio,
a un’attività inquinante, molto impattante per l’ambiente (degrado e deserticazione
dei suoli, riduzione della biodiversità, cambiamenti climatici ecc.), consumatrice di
risorse idriche ed energetiche, al servizio del mercato che «svuota» il territorio rurale
dai contadini e dalle comunità, eliminando, così, il presidio sociale ed ecologico che
(71) «Gli ulivi monumentali oltre a rappresentare un vincolo di tipo tecnico-economico, a seguito degli ultimi
provvedimenti regionali si congurano come un vero e proprio vincolo normativo […]. Tale legge obbliga di fatto
gli olivicoltori, senza corresponsione alcuna, a regimi produttivi non remunerativi, limitando fortemente la capacità
di sviluppo imprenditoriale, nel nome di beneci (ambientali, culturali, paesaggistici, ecc.) di cui gode la società
intera». Pertanto, Confagricoltura indica i progetti di «ristrutturazione degli oliveti obsoleti» quale passaggio impre-
scindibile per la sopravvivenza del comparto e per «trasformare l’importante dimensione produttiva pugliese in una
maggiore capacità di aggredire i mercati internazionali» (2012, pp. 15 e 18).
(72) «Alla luce di tali considerazioni, le possibilità di sviluppo della liera olivicola della Puglia sembrano
dunque essere legate principalmente alla ristrutturazione dell’apparato produttivo e alla promozione sui mercati esteri.
La ristrutturazione degli oliveti obsoleti e l’ammodernamento degli impianti e delle tecniche di coltura e di raccolta
sono, infatti, fondamentali per raorzare la competitività delle aziende olivicole pugliesi, in quanto consentirebbe-
ro l’abbattimento dei costi di produzione, l’aumento dell’ecienza e della produttività ed il miglioramento della
qualità delle produzioni. In quest’ambito, anche le buone pratiche agricole e l’innovazione tecnologica si rende-
rebbero necessarie per migliorare il livello qualitativo della produzione olearia pugliese. Le ridotte dimensioni
aziendali non sempre favoriscono questi processi e ridimensionano anche il potenziale di marketing delle imprese
della liera; pertanto, occorrerebbe concentrare maggiormente l’oerta e valorizzare il prodotto cercando di “fare
sistema”: la polverizzazione produttiva e la scarsa massa critica che caratterizzano il comparto olivicolo pugliese
non permettono, infatti, di comunicare e promuovere in maniera ecace la qualità del prodotto all’estero e dun-
que di imporsi sui mercati internazionali» (Regione Puglia, 2013b, p. 60).
(73) www.teatronaturale.it/tracce/mondo/28061-piu-di-750-mila-tonnellate-di-olio-di-oliva-spagnolo-restano-in-ci-
sterna.htm; www.teatronaturale.it/tracce/mondo/26586-giacenze-di-olio-d-oliva-a-375-mila-tonnellate-in-spagna.htm.
Il disseccamento degli ulivi in Puglia 63
ancora, in diversi casi, rappresentano. Per queste ragioni, si ritiene che le proposte tese
a sviluppare in Puglia (così come in altre regioni) oliveti secondo il modello superin-
tensivo (Camposeo e Godini, 2010; Godini, 2010; Bellomo e D’Antonio, 2014) non
costituiscano una buona innovazione per il territorio.
Rispetto al secondo scenario, sembra concreto il rischio di trasformazione radicale
del paesaggio da agricolo a energetico come risultato della sostituzione degli ulivi pluri-
secolari con i mega impianti di silicio e della conseguente conversione delle campagne
in campi fotovoltaici. Tale scenario si fonda sull’osservazione dell’incremento consi-
derevole di richieste di autorizzazione da parte delle imprese operanti nel settore foto-
voltaico anche con riferimento a suoli agricoli interessati da olivi. Del resto, come già
richiamato a proposito del «Decreto Emergenza» 2019, nella zona infetta – attualmen-
te, secondo l’ultima rideterminazione della Commissione europea (2020), coincidente
con le province di Lecce e Brindisi, buona parte della provincia di Taranto e il comune
di Locorondo nella provincia di Bari – gli ulivi possono essere abbattuti per sette anni
dai proprietari senza che questi debbano accertare né dimostrare la loro eettiva posi-
tività al batterio. La Puglia, fra le prime Regioni per capacità di produzione di energia
da fonti rinnovabili (soprattutto eolico e fotovoltaico) che già nel 2014 aveva raddop-
piato il target di Europa 2020 relativo ai consumi di energia elettrica coperti da fonti
rinnovabili (45,9% a fronte di un obiettivo del 17%) (AAnext e Troisi Ricerche, 2017),
è anche, secondo l’ultimo Rapporto ISPRA, la Regione con «il maggiore consumo
di suolo per l’installazione di impianti fotovoltaici a livello nazionale […] con campi
fotovoltaici a terra per più di 4.600 ettari, per lo più concentrati nel Salento (province
di Brindisi e Lecce)» che hanno già sottratto terra a seminativi, vigneti, uliveti, frutteti
e aree destinate a orto (Munafò, 2019, p. 220). Così, dopo la forte crescita degli scorsi
anni, la Puglia si riscopre oggetto di una «nuova» ed intensa corsa al fotovoltaico e di
un vero e proprio boom di richieste autorizzative così come rilevabile dai progetti in
istruttoria riguardanti grandi impianti fotovoltaici a terra presenti sui siti delle province
di Lecce74 e di Brindisi75.
Il Sindaco di Brindisi e Presidente della stessa Provincia denuncia come si sia sca-
tenata una «corsa pericolosa all’accaparramento delle terre» da parte delle imprese del
fotovoltaico che «stanno contattando praticamente tutti i contadini per avere la dispo-
nibilità dei terreni», così come confermano anche alcune testimonianze raccolte. Nel
solo mese di agosto 2019 sono arrivati sui tavoli della provincia di Brindisi la richiesta
di 15 grandi progetti per circa 500 ettari76 che ha portato la provincia di Brindisi ad ag-
(74) www.provincia.le.it/web/provincialecce/ambiente.
(75) www.provincia.brindisi.it/index.php/valutazione-impatto-ambientale/progetti-in-istruttoria#mysun.
(76) www.trnews.it/2019/09/10/brindisi-contro-lassalto-fotovoltaico-il-sindaco-rossi-imprese-contattano-tutti-i-
contadini/264119.
Margherita Ciervo
64
giornare le linee guida per la revisione delle procedure di VIA dei progetti fotovoltaici,
che escluderebbero la possibilità di installazione in uliveti, vigneti e altri terreni agri-
coli77. Nonostante questo, le richieste di autorizzazione per la realizzazione di impianti
fotovoltaici continuano ad arrivare a decine78.
Diversi comitati e cittadini ravvedono in questa operazione una delle speculazio-
ni alle quali apre le porte la «questione Xylella». Così, ad esempio, il movimento No
TAP-Brindisi denuncia l’attività di intermediari che acquistano terreni (anche ubica-
ti in zona a vincolo paesaggistico) sui quali vengono abbattuti gli ulivi plurisecolari
per l’installazione di parchi megafotovoltaici79 e la Casa del Popolo di Santa Susanna
(2019) denuncia la speculazione per la realizzazione del progetto «Erchie 24», consi-
stente nell’installazione di un impianto a terra di pannelli fotovoltaici da 24MWp, nei
comuni di Erchie e Torre Santa Susanna (in provincia di Brindisi) i cui terreni sono
occupati da uliveti, in un territorio, fra l’altro, in cui sono già presenti altri due mega
impianti fotovoltaici. E, in eetti, il Consiglio comunale di Erchie – forte di un tasso di
attività agricola circa del 55,5% e di un territorio «vocato prevalentemente all’agricol-
tura, intesa tanto come “piccola agricoltura per autoconsumo a conduzione familiare”,
quanto come “imprenditoria agricola” capace di attrarre investimenti […] fortemente
caratterizzato dalle tradizionali e pregiate coltivazioni autoctone rappresentate, soprat-
tutto, da uliveti e vigneti» nonché da un patrimonio rurale «rimasto sostanzialmente
integro rispetto a processi di trasformazione estranei alla attività agricola» e determina-
to a non consentire iniziative che potrebbero minarlo (Comune di Erchie, 2019) – ha
deliberato all’unanimità esprimendo parere contrario alla realizzazione di un mega im-
pianto fotovoltaico di 35,5 MW di potenza, sviluppato su una supercie di territorio
agricolo pari a circa 70 ettari (uno dei 15 progetti presentati agli uci della provincia
di Brindisi)80. L’opposizione sembra estendersi a macchia d’olio anche nel resto della
provincia. Al riguardo, il comune di Mesagne ha richiesto l’estensione della «valuta-
zione degli impatti cumulativi anche agli impianti con potenza nominale al di sotto di
un megawatt» e quello di Francavilla Fontana ha invitato la Provincia a «prevedere uno
strumento di tutela dei territori che, seppure rientranti nella aree infette da Xylella, al
loro interno abbiano ancora specie autoctone caratterizzanti la campagna brindisina»
e «ulteriori misure compensative rispetto anche a quelle di cui alla legge regionale»81.
(77) http://www.brindisireport.it/social/nuove-linee-guida-rilascio-autorizzazioni-impianti-fotovoltaici-brindisi.html
(78) www.provincia.brindisi.it.
(79) www.leccecronaca.it/index.php/2020/03/02/il-salento-devastato-dalle-speculazioni-attuate-in-nome-della-frode-
xylella-dopo-i-gasdotti-arrivano-quelli-del-fotovoltaico-la-denuncia-del-movimento-no-tap-della-provincia-di-brindisi-lappello.
(80) www.brindisitime.it/il-comune-di-erchie-delibera-la-contrarieta-al-mega-impianto-fotovoltaico-di-masseria-argentoni.
(81) www.brindisireport.it/economia/brindisi-provincia-nuovo-regolamento-impianti-fotovoltaici-eolici-2019.html.
Il disseccamento degli ulivi in Puglia 65
10. Conclusioni
Il presente lavoro ha permesso di fare emergere alcune evidenze, contraddizioni e ano-
malie, nonché di mettere a fuoco i possibili scenari qui di seguito riportati in forma sintetica.
Le evidenze sono sia di natura temporale – con riferimento alla relazione fra overdo-
se di prodotti chimici (erbicidi e tofarmaci) nella provincia di Lecce e il disseccamento
degli olivi – sia sul piano istituzionale. Al riguardo, sembra evidente che, a fronte del
fenomeno del disseccamento rapido degli ulivi, le istituzioni: si siano concentrate es-
senzialmente sul batterio e abbiamo assunto come obiettivo pressoché esclusivo la sua
eradicazione, richiedendo (la Regione Puglia) e autorizzando (il governo nazionale) lo
Stato di emergenza (prima volta in Italia per ragioni tosanitarie) in assenza di evidenze
scientiche sulla correlazione fra il disseccamento e la Xylella fastidiosa, nonché trascu-
rando di indagare il ruolo nel disseccamento degli altri patogeni, dei fattori agronomici
e ambientali; abbiano adottato misure di lotta al batterio altamente impattanti per
l’ecosistema e con eetti devastanti e irreversibili per il paesaggio, in assenza di una
valutazione degli impatti ambientali e sanitari, nonostante fosse già nota la mancanza
di esempi di eradicazione di successo della Xf (una volta insediata) a causa dell’ampia
gamma di piante ospiti del batterio e dei suoi vettori; non abbiano modicato le misure
di lotta al batterio neanche a fronte dell’evidente fallimento della strategie di eradica-
zione del batterio, né dell’esistenza di strategie scientiche ed empiriche di controllo
della patologia e di convivenza con il patogeno; si ostinino, dopo sei anni, nell’indicare
la Xylella come un’emergenza.
Le contraddizioni attengono il piano della rappresentazione del fenomeno (l’epi-
demia Xylella) rispetto al fenomeno rilevabile dall’osservazione diretta (disseccamento
degli ulivi) e indiretta (i risultati uciali e resi noti dei monitoraggi e delle analisi a
campione); l’accanimento nel reiterare e inasprire le disposizioni richiamate in luogo di
una loro modica come previsto dalla stessa normativa europea nel caso in cui le misure
uciali risultino inecaci per almeno due anni consecutivi, nonché dagli International
Standards for Phytosanitary Measures che prevedono una revisione periodica delle misu-
re e l’immediata modica di quelle inutili; la mancanza di verica delle analisi eettuate
sugli ulivi sui quali pendevano (e pendono) le ordinanze di abbattimento a fronte degli
esiti della contro-analisi disposta sull’albero di Monopoli in seguito al sequestro dello
stesso da parte della Procura di Bari nonché dei molteplici aspetti di irregolarità, pressa-
pochismo e negligenza accertati dalla Procura di Lecce; il divieto stabilito per decreto di
movimentare materiale infetto da Xyella che impedisce, di fatto, ai proprietari degli ulivi
interessati dalla determina di abbattimento di poter eettuare controanalisi in laboratori
terzi rispetto a quelli autorizzati dalla Regione Puglia; l’estensione delle misure di lotta
alla Xyella fastidiosa, attraverso il cosiddetto «Decreto Emergenza» del 2019 a tutti «gli
organismi nocivi da quarantena in applicazione di interventi di emergenza tosanitaria».
Margherita Ciervo
66
Le anomalie concernono la dichiarazione dell’epidemia in assenza di uno studio
epidemiologico a cui si associano una serie di constatazioni apparentemente incom-
patibili con uno stato di epidemia. Al riguardo si richiamano: i dati della produzione
olivicola che, dal 2015 al 2018, vedono la provincia di Lecce al primo posto (nel 2018
con quasi il 30% della quantità prodotta a scala regionale che, insieme alla provincia
di Brindisi, raggiunge quasi la metà della produzione regionale); la supercie a produ-
zione olivicola che nella provincia di Lecce è costantemente aumentata dal 2010 e, poi,
dal 2013 in maniera signicativa (diversamente, fra l’altro, da quanto accade nelle altre
province) nonostante il divieto di reimpianto disposto a partire dal 2014. Ulteriori
anomalie riguardano: la deroga al divieto di reimpianto delle piante ospiti disposta
nel 2018 solo per le cultivar FS-17 e Leccino e non per le varietà autoctone, come, ad
esempio, la Coratina, benché risultata più tollerante del Leccino; la disposizione di sud-
dette deroghe nonostante non siano ancora disponibili «dati riferiti al lungo periodo
sia in tenuta della resistenza nel tempo e sia in termini di produttività»; la distribuzione
di erbicidi che, nel periodo 2003-2008, vedono al primo posto la provincia di Lecce
sebbene questa abbia una supercie agraria di gran lunga inferiore a quella di Bari e
di Foggia e benché sia caratterizzata da agricoltura tradizionale condotta in media su
appezzamenti di qualche ettaro contrariamente agli impianti intensivi e superintensivi
delle altre due province (che, per denizione, richiedono un più alto e intenso utilizzo
di inputs chimici); la presenza nelle prime aree focolaio (dove sono stati notati i primi
sintomi del disseccamento) di campi sperimentali per testare l’ecacia di tofarmaci
pericolosi per l’ambiente; il fatto che, a fronte di tali anomalie e della correlazione
scienticamente provata fra utilizzo di prodotti chimici (in particolare di erbicidi), ma-
lattie delle piante e diusione dei patogeni (anche con riferimento specico alla Xf ), non
risulta essere stato disposto alcun accertamento in tal senso.
Gli scenari che si dischiudono sono il risultato dei processi incipienti di deterrito-
rializzazione e riterritorializzazione innestati dalla combinazione delle misure di lotta
al batterio da quarantena e delle deroghe al divieto di reimpianto delle piante ospiti
della Xf, associate da un lato a meccanismi premiali e incentivi economici, dall’altro a
penalizzazioni sul piano economico e giuridico. In primis, le misure di lotta al batterio
«liberano» il suolo dalla presenza di ulivi plurisecolari e secolari (cosa precedentemente
vietata dalle leggi nazionali e regionali) e il territorio dall’economia locale contraddi-
stinta da piccoli appezzamenti a conduzione familiare. Questo, da un lato, produce
svalutazione della rendita fondiaria e, conseguentemente, deprezzamento e svendita dei
terreni – che, come prevedibile, ha già innescato un pericoloso processo di concentra-
zione della terra – dall’altro rende il suolo «liberato» disponibile per nuovi impieghi. In
secondo luogo, la deroga al divieto di reimpianto è stata stabilita solo per due varietà
non autoctone (di cui una brevettata) adatte agli impianti olivicoli intensivi e superin-
tensivi sostenute da nanziamenti pubblici. Pertanto, appare abbastanza scontato che il
Il disseccamento degli ulivi in Puglia 67
primo risultato tangibile (e già in corso) sia l’uniformizzazione delle tipologie produt-
tive e l’omologazione colturale (e culturale), la sostituzione dell’agricoltura tradizionale
con quella industriale, delle campagne con i campi agro-industriali, dell’economia lo-
cale con l’economia di mercato globale, dei contadini con gli operatori agrari. Inoltre,
gli ulivi superintensivi – la cui vita economica produttiva è stimata intorno ai 15 anni
e che, pertanto, sarebbero soggetti a una sostituzione ciclica – potrebbero assicurare un
usso continuo e considerevole di materia prima per l’industria della biomassa a scopi
energetici in fase di forte sviluppo in Italia. Rispetto agli impieghi del suolo «liberato»
– seguendo anche la «traccia» dei nanziamenti europei – emergono altre possibili ipo-
tesi orientate alla prottabilità e alla competitività, come, ad esempio, le monoculture
nalizzate alla produzione di bioenergia e di materia prima per la nascente industria
bio-based promossa dalla Commissione Europea (Ciervo, 2018), o l’installazione dei
grandi impianti fotovoltaici a terra (come confermato dal boom delle richieste di auto-
rizzazione da parte delle grandi imprese del solare). Tutto questo non potrà che produr-
re sul territorio i gravi eetti paesaggistici, ecologici e socio economici già evidenziati.
A conclusioni analoghe giunge anche Lucarelli (2020) che, sulla base della ricostru-
zione e analisi giuridica degli atti, ravvisa un’intenzionalità della Commissione Europea
nel produrre tali cambiamenti – ovvero nell’innescare il processo di detteritorializzazio-
ne/riterritorializzazione di cui si è detto - nella misura in cui le sue decisioni sono state
costruite «sulla base di atti euro-unitari volti ad avvalorare un impianto antisociale, re-
pressivo e burocratico amministrativo che nasconde, di fatto, attraverso l’eradicazione
di olivi secolari, un progetto di trasformazione del paesaggio e dell’assetto agricolo, che
passerebbe da rurale a industriale. Si tratta di un progetto basato sulla prevalenza degli
interessi del mercato sui diritti sociali» (p. 351).
Tali scenari, inoltre, denotano una direzione contraria a quanto auspicato dall’ONU
che, con riferimento ai cambiamenti climatici che hanno colpito gravemente la nostra
penisola causando signicativi impatti sia ambientali sia socio-economici, sostiene che
«l’Italia dovrebbe evitare l’adozione di soluzioni rapide o l’intensicazione dell’agricoltura
convenzionale, l’uso di pesticidi o la possibilità di coltivazioni geneticamente modicate.
Nessuna di queste soluzioni sarebbe compatibile con il rispetto dei suoi obblighi in
materia di diritti umani. Al contrario, c’è una necessità di un considerevole cambiamen-
to dall’agricoltura industriale a sistemi trasformativi come l’agro-ecologia che sostengono il
movimento alimentare locale, proteggono i piccoli agricoltori, rispettano i diritti umani
e le tradizioni culturali e allo stesso tempo garantiscono la sostenibilità ambientale e
agevolano una dieta sana»82.
(82) «In this context, Italy should avoid adopting quick-x solutions or intensifying conventional farming,
the use of pesticides or considering the possibility of genetically modied crops. None of these solutions would
be compatible with the respect of its human rights obligations. On the contrary, there is a needfor a major shift
Margherita Ciervo
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Il futuro del territorio, nonostante tutto, non è determinato né tanto meno de-
terminabile. Nessun processo è inarrestabile. Ogni processo, invece, è potenzialmente
invertibile. È nella popolazione che «risiedono le capacità virtuali di trasformazione.
Essa è l’elemento dinamico da cui procede l’azione» (Raestin, 1981, p. 69) come
dimostra la mobilitazione popolare – sviluppatasi sullo spazio sico, giuridico, isti-
tuzionale e mediatico (Ciervo, 2019) – che, indubbiamente, ad oggi ha rallentato la
concretizzazione degli scenari suddetti, innescato signicativi processi di salvaguardia
del territorio, portato l’attenzione sui modelli di produzione agricola e nanche ge-
nerato un cambiamento signicativo del punto di vista rispetto al fenomeno in que-
stione. Questo, infatti, inizialmente percepito come una disgrazia (il disseccamento)
e una minaccia (il Piano di lotta al batterio), gradualmente è stato interpretato come
un’occasione di cambiamento socio-culturale («c’era bisogno della Xylella – qualcuno
dice – per ripensare il modo di vivere, di sprecare, di trattare la terra e il creato»83) e,
quindi, di accrescimento della consapevolezza generale che ha portato a numerose e
diuse iniziative autorganizzate da singoli e gruppi al ne di contrastare e prevenire la
diusione del CoDiRO (implementazione di buone pratiche agricole rispettose della
natura, sperimentazioni di metodi naturali rispettosi dell’ambiente e della salute, im-
plementazione di progetti scientici sperimentali con il coinvolgimento di università
e centri di ricerca).
Gli scenari delineati, pertanto, potrebbero essere attenuati – perno scongiurato
il loro compimento – dalla presa di coscienza e consapevolezza dei contadini e, più in
generale, della cittadinanza, nonché, come più volte scritto, dalla crescita di una massa
critica capace di aermare una visione che ponga «al centro il territorio e non il mer-
cato» e che produca una conversione radicale del sistema in cui l’integrità delle matrici
vitali (acqua, suolo, aria, biodiversità), il diritto umano ai beni essenziali alla vita e la
garanzia della loro funzione sociale ed ecologica, diventino valori di riferimento non
negoziabili al ne di assicurare equilibrio ecologico, equità sociale e sovranità popolare
e sulla base dei quali organizzare il sistema di produzione.
from industrial agriculture to transformative systems such as agro-ecology that support the local food movement,
protect small holder farmers, respect human rights and cultural traditions, and at the same time maintain envi-
ronmental sustainability and facilitate a healthy diet» (Elver, 2020, pp. 24 e 25).
(83) http://comune-info.net/2015/03/il-popolo-degli-ulivi.
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Il disseccamento degli ulivi è imputabile esclusivamente alla Xylella fastidiosa? Ci sono diver-
genze fra il fenomeno osservato e quello propagandato? Le misure di lotta al batterio sono coe-
renti con il problema? L’abbattimento degli ulivi associato all’uso di pesticidi su vasta scala sono
risolutivi? Quali eetti territoriali producono? Quali scenari? Perché è consentito reimpiantare
solo ulivi non autoctoni e brevettati? È possibile che un ulivo disseccato torni produttivo? Vi
è correlazione fra modalità di utilizzo della terra, stato di salute del suolo e disseccamento? E
fra disseccamento e uso di prodotti chimici? Qual è il problema basilare: il disseccamento o
la Xf? Il presente testo propone alcuni elementi di riessione utili per provare a rispondere a
queste e ad altre domande, nonché all’interpretazione di una questione controversa che rischia
di stravolgere il paesaggio, l’ambiente, l’identità e l’economia del Sud della Puglia, terra di ulivi
secolari e millenari.
Margherita Ciervo è professore aggregato, abilitata a professore associato (ASN) e ricercatore
in Geograca economico-politica all’Università di Foggia. È Associate Researcher al LAPLEC,
Laboratory for the analysis of places, landscapes and European countryside, University of Liège
(Belgium).