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«La più curiosa» regata in onore del duca di York (Venezia, 4 giugno 1764)

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Abstract

I colleghi cafoscarini e gli allievi fanno omaggio a Ilaria Crotti, in occasione della sua quiescenza, di una raccolta di saggi intesa a seguire le numerose e variegate prospettive critiche e teoriche percorse dalla festeggiata che, sin dal volume del 1982 dedicato al genere poliziesco – cui qui ci si richiama nel titolo –, si era ritagliata un profilo di incisiva e raffinata detective della scena letteraria. Tra i contributi spuntano i nomi dei ‘soliti sospetti’: Buzzati, Goldoni e il panorama settecentesco, d’Annunzio, Pirandello, la letteratura di viaggio e i suoi itinerari, le dinamiche della scrittura femminile del Novecento e oltre… Il volume vuole rappresentare una prova tangibile della pluridecennale attività accademica di ricerca e di didattica della studiosa e rendere omaggio alla sua costruttiva presenza e al suo impegno costante nella vita dell’Ateneo.
Studi e ricerche 23
e-ISS N 2610-9123 | IS SN 2610-993 X
ISBN [ebo ok] 978-88 -6969- 455-4 | I SBN [print] 978 -88-6 969-45 6-1
Open acce ss 31
Publish ed 2020-10-28
© 2020 Creative Commons Attribution 4.0 International Public License
DOI 10.30687/978-88-6969-455-4/004
La detection della critica
Studi in onore d i Ilaria Crot ti
a cura di Ricciarda R icorda e Alber to Zava
Edizioni
Ca’Foscari
Edizioni
Ca’Foscari
«La più curiosa» regata in onore
del duca di York
(Venezia, 4 giugno 1764)
Daria Perocco
Università Ca’ Foscari Venezia, Italia
Abstract This ess ay analyses one of th e most sumptuous reg attas of the Se renissima
Republic: i t was organised in h onour of the Duke of York, b rother of George III o f England,
during his stay in Venice on June 4, 1764. Among the many races, the women’s race, in
which the most famous rowers of the t ime took part, st ands out. It was also ce lebrated
in poetr y: aer that day, the poet ic text is published here for the fir st time.
Keywords Regattas. Duke of York. Angela Boscolo. Poesie per le regate. Grand tour.
Gondole. Gondolini.
La Repubblica Serenissima anche negli ultimi decenni della sua esistenza ri-
mase, nelle sue forme esterne, sempre splendida: una apparenza fantastica,
che celava una potenza di cartapesta nascosta sotto nuvole di cipria, esibi-
ta, nella sua abbagliante esteriorità, no all’ultimo giorno. Addirittura for-
se, negli ultimi decenni, questa magnicenza nella manifestazione esteriore,
questa ostentazione di splendore si fecero sempre maggiori.
Le celebrazioni della gloria della Serenissima raggiungevano il loro apice
nelle feste celebrative a cadenza ssa e in quelle che venivano fatte per ac-
cogliere i sovrani stranieri che nella città venivano in visita: in realtà, sotto
questi aspetti, Venezia era in grado di superare in magnicenza ogni altro
stato, supportata dalla unicità della sua conformazione geograca: nessuna
potenza, per quanto grande e ricca, poteva avere a sua disposizione un con-
testo urbano paragonabile a quello veneziano che giocava sui due elementi,
acqua e terra, che costituivano, indistintamente fra loro, essenziali compo-
nenti della sua realtà.
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Quindi solo a Venezia il visitatore illustre poteva essere accolto
sotto un arco di trionfo galleggiante sull’acqua,1 solo la Serenissima
poteva allestire, in onore degli ospiti, costruzioni semoventi sull’ac-
qua, ed inne indire gare di velocità, sempre sull’acqua, che susci-
tavano l’entusiasmo e la felicità anche di tutto il popolo.
Magniche dunque le feste veneziane per l’accoglienza degli ospi-
ti e tanto importanti da essere autorizzate solo dallo stato e a suo to-
tale carico, in ogni loro aspetto, no a una certa data.2 Ma, sempre
più costose cercando ogni volta di superare se stesse, e quindi da un
ben preciso momento, messe parzialmente a carico dei nobili: l’one-
re pecuniario era compensato dalla gloria e fama che ne derivavano
per i nobili stessi e per il loro casato. Costituiva un sommo onore po-
ter partecipare alla ideazione e costruzione degli apparati, poter in-
serire lo stemma del casato nei trion mobili ed eimeri che costi-
tuivano, però, la fonte prima della meraviglia che prendeva l’ospite
illustre e tutto il popolo veneziano che alle feste e agli onori assiste-
va in massa. Il ritorno di fama e di gloria era assicurato.
La regata, non solo intesa come ai giorni nostri come gara di bar-
che, ma come nei tempi antichi come insieme di parata di barche ad-
dobbate, gara o gare e successivo “fresco”3 costituiva la parte cen-
trale e più originale della festa celebrativa in onore dell’ospite. E
ovviamente, più illustre era l’ospite, più si cercava di fare barche da
parata ricche e nuove nell’invenzione e nella costruzione degli appa-
rati e aumentare il numero delle gare vere e proprie, tutte con rela-
tivi premi in denaro e in bandiere.
Vediamo quindi che il Settecento è il secolo in cui viene elencato il
maggior numero di regate (il termine qui viene usato nel suo signi-
cato più ampio) che il Cicogna può denire «magniche» (ne ricorda
in questo secolo ben sette, rispetto alle quattro del 1800 e alle tre in
totale di tutti i secoli precedenti). Lelemento che rendeva eccezionali
le feste era appunto non solo il numero di “corse di gondolette” come
erano denite le gare vere e proprie, ma anche l’allestimento della
“macchina” e delle barche decorate che dopo essere andate incon-
tro all’ospite per accoglierlo e la parata si ponevano sui lati del Ca-
nal Grande, in posizione relativamente vicina alla macchina stessa.
Una delle feste che videro maggior sfarzo e che ebbero maggior
risonanza fu quella per il Duca di York che venne accolto a Venezia e
1 A lludo allo splendido arco di trionfo al lestito da Pal ladio a ll’arr ivo di san Nicolò in
occasione della visita d i Enrico III di Francia nel 1574, costr uzione mobile ma di cui ci
è rimasta testimonian za nelle stampe che lo riproduceva no.
2 L a data precisa è il 1687, come r iferit o dal Cicogna (1856, 11) che ripr ende le scrit-
ture di Andrea Memmo intorno al trattamento da riservarsi ai pri ncipi che venivano
a Venezia.
3 Il “fresco” è un raduno di barche, che a lla ne del la gara, va nno avanti e indietro
«come fanno le carrozze in corso» (Boerio 1856, 288, col. 1).
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festeggiato dal 26 maggio al 15 giugno 1764. Ma chi era questo per-
sonaggio per cui Venezia imbastisce una delle accoglienze più fasto-
se della sua storia?
Edoardo Augusto di Hannover, Duca di York e Albany era nato a
Norfolk House il 25 marzo 1739 ed era membro della famiglia reale
britannica. Non è questa la sede per ricordare l’importanza nel pe-
riodo delle relazioni che la Serenissima aveva con il Regno Unito: ba-
sti ricordare in che conto erano tenute le relazioni degli ambasciatori
vene t i in Inghilt erra (Firpo 1965). Edoardo, che nei testi in suo onore
viene sempre chiamato Odoardo, era nipote di re Giorgio II, glio di
Federico di Hannover e fratello minore di re Giorgio III. Nell’aprile
del 1760 era stato insignito dei titoli di Duca di York e Albany oltre
a quello di Conte di Ulster; poteva quindi fregiarsi del titolo di Pari.
Il viaggio a Venezia si inserisce durante quello che potremmo chia-
mare il suo Grand tour italiano: era stato a Genova dove aveva sog-
giornato fra la ne del 1763 per le feste di Natale e Capodanno e da
cui era partito il 9 febbraio 1764 per recarsi a Milano per il Carne-
vale ambrosiano. Il ritratto di Pompeo Batoni a Roma (eseguito nel-
lo stesso 1764) ce lo mostra alto, biondo con occhi grigi, leggermente
pingue per i suoi 25 anni, mentre indica il Colosseo sullo sfondo, du-
rante la tappa che dimostra l’interesse per il mondo classico non so-
lo tradizionale del viaggio in Italia, ma in particolare di Edoardo Au-
gusto che aveva avuto un’ottima educazione umanistica. Essendo il
fratello minore del re d’Inghilterra e da lui tenuto in gran conto era
ovviamente vezzeggiato e festeggiato in ogni modo nei vari stati ita-
liani visitati. Il principe morirà pochi anni dopo questa visita, il 17
settembre 1767, a Monaco, nel Palazzo dei Principi di Onorato III. A
Venezia il clou dei festeggiamenti in suo onore fu il 4 giugno, giorno
del compleanno del re suo fratello: in quella data era stata indetta la
regata con uno sfarzo e una pompa grandissime. Responsabili dei fe-
steggiamenti erano quattro nobili, Giovanni Grimani, Marco Priuli,
Vettor Pisani e Francesco Pesaro che fecero slare in Canal Grande,
oltre a quelle da loro commissionate, altre cinque peote,
4
quindi nove
in totale che rappresentavano i quattro elementi (Acqua, Terra, Fuo-
co ed Aria) e poi La Gran Bretagna portata in trionfo dall’Europa, La
pesca della balena, Il trionfo di Venere, su un carro tirato da quattro
colombe, Il carro di Apollo, con quattro cavalli, preceduto dall’Auro-
ra che faceva fuggire la Notte, Il trionfo di Pallade.
Tutte erano sfarzose a gara, e risplendenti d’oro e d’argento; e
segnatamente mirabili per li varj graziosi vestiti de’ remiganti,
4 Le peote erano barche che «servivano all’uso delle regate e in tali occasioni si ad-
dobbavano sfarzosa mente» (Boer io 1856, 491 col. 1). Gli otto rematori erano vestiti in
modo consono alla r appresentazione che la barca raigu rava.
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suonatori di concerti in cadauna peota, ed altre gure riccamen-
te adorne di trine e galloni buoni, oltre le lunghe frangie e occhi
pendenti dai magnici arredi, con superba negligenza striscianti
nell’acqua. (Cicogna 1856, 61)
così Emmanuele Cicogna che ricava la descrizione dalle relazioni con-
temporanee all’avvenimento, che aveva avuto eco grandissima. Con
le peote slarono anche undici bissone e sette margarote: tutte era-
no state precedute da ballottine,5 dalle quali i nobili sparavano pic-
cole palle di terracotta o di simile peso ed entità per liberare la par-
te centrale del canale dalle barche dei privati che si ammassavano
lungo le rive. Anche ciascuna di queste barche, se pur in tono mino-
re delle peote, era decorata lussuosamente. La “Machina” inne, cioè
la grande zattera sulla quale avvenivano le premiazioni, rappresen-
tava La reggia dell’Allegrezza nel cui primo piano compariva Vene-
zia che accoglieva e abbracciava l’ospite Inghilterra. Dello sfarzo di
queste messe in scena mobili rimane testimonianza in pubblicazioni
contemporanee che le riproducevano: si veda ad esempio i Disegni
della Macchina e peotte dagli ecc. pubblici Deputati ordinate in oc-
casione della magnica regatta eseguita ad onore del principe reale
d’Inghilterra Odoardo Augusto di Brunswik Hannover Duca di Yorck
&cc. &cc. &cc. Sotto il nome di conte di Ulster l’anno 1764 li 4 Giugno
in Venezia, che riporta in bella vista in primo piano in copertina i sin-
goli stemmi delle famiglie dei quattro nobili cui era stata aidata la
gestione e responsabilità della festa, riuniti all’interno di un singolo
stemma sovrastato da l corno dogale. Erano stati coinvolti, per la re-
alizzazione di Machina e peote, i migliori scenogra, architetti e de-
coratori del tempo allora sulla piazza veneziana.6
Le regate vere e proprie (meglio: quelle che al giorno d’oggi ven-
gono chiamate regate) cioè le gare di barche furono cinque: Gondo-
lini a un remo e a due remi (Cicogna 1856, 61; li chiama «Battellet-
ti»), Gondole a un remo e a due remi e quinta, in fondo come dulcis in
fundo – o, come le deniva Boschini, «‘l marzapan, la confezion | che
se dà daspò pasto a le persone» (Perocco 2006, 59) – la regata delle
donne. Tutte queste gare furono elogiate in numerosi opuscoli che,
come da tradizione per le regate, furono pubblicati per l’occasione.
5 Bissona: barc a di rappresent an za co struita per le regate o le gra ndi solen nit à, leg-
gera a otto remi; margarote (o malgarote): battello leggero, vogato a sei remi, oggi
scompar so, che assicurava il traghett o da Marghera (da cui prende il nome) a Venezia;
ballottina: battello leggero, a quattr o remi, usato per la caccia in valle; da esso, pr ima
delle gare venivano spa rate pa lle di materiale legger o (da cui il nome) che colpiva no
coloro che con la loro barca occ upavano lo spazio acqueo che doveva essere lasciato li-
bero per i l passaggio delle imba rcaz ioni in gara.
6 Basti ricordare i nomi di Domenico II e Gerolamo III Mauro, Giorgio Fossati, Giro-
lamo Mi rozzi, Pietro Monaco, Michele Beltrame e Francesco Zotti.
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L’assoluta eccezionalità della festa ha portato a una produzione po-
etica e in prosa particolarmente abbondante: a mia conoscenza so-
no almeno 27 le opere in poesia cui vanno aggiunte numerose altre
in prosa che portano ad almeno 36 il totale.
Voglio qui soermarmi sulla regata delle donne e sulla poesia che
la descrive. La regata delle donne, come ho appena detto, viene corsa
per ultima, su gondolini a due remi. I gondolini, del resto usati nella
stessa occasione anche nelle regate in cui a vogare sono degli uomi-
ni, erano più leggeri e maneggiabili delle gondole. Credo che la pri-
ma cosa da notare sia appunto che le donne in gara non ricevono un
trattamento diverso da quello degli uomini, in particolare per quanto
riguarda i premi alle vincitrici. Con l’eccezione per la gara con gon-
dole a due remi, che ha un importo di vincita superiore alle altre, tut-
te le gare hanno lo stesso premio per tutti i vincitori nei vari ordini
di arrivo. Ricordo che i premiati erano sempre quattro e all’ultimo
spettava anche un porcellino (il “porcheto” che è costantemente ri-
cordato nella tradizione).
Ed ecco il testo che celebra questa regata; si tratta di una canzo-
netta con strofe di otto quinari (abbcdeef) l’ultima di quattro (ghhi)
che, dopo la stampa e conseguente diusione in un foglio volante du-
rante la festa, non ha più visto ristampe, edizioni o citazioni e viene
qui dunque presentata, dopo allora, per la prima volta.
CANZONETTA / SOPRA LA REGATTA / IN LODE / DELLE DONNE
Racconto d’un Amante alla sua / TONINA, Sopra l’aria: “Fra tutti i
spassi”.
IN VENEZIA, MDCCLXIV
Appresso Gio[van] Battista Occhi. / In Piazza S. MARCO / CON LI-
CENZA DE’ SUPERIORI
1 La più curiosa
Delle Regatte
Che xe sta fatte
Con gran valor
Se stada quella
Delle famose
E valorose
Donne a vogar.
2 Senti Tonina
Te digo il vero
Mi son sincero
No voi burlar
A do le Donne
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In batelletto
Messe al spaghetto
Le vedo andar.
3 Che tutti attenti
E in allegria
Se la va via
I sta a vardar.
Se sente il tiro
Della Pistola
Par che le svola
Per avanzar.
4 Vien via le prime
Con gran fortuna
Perchè nessuna
Barca ghe dà
Fastidio o impazzo
Assae ghe dona
Una bissona
Che avanti xe.
5 Queste se chiama
Boscola e Tiossa,
Nessun fa mossa
Per impedir.
La prima voga,
La tol bandiera
Avanti sera
E le par bon.
6 Su la segonda
Se tira avanti,
E tutti quanti
Le sta osservar.
Le do compagne
Tessa Panella
Con la Stivella
Tutte furor.
7 Qua vien el bello!
Tonina ascolta
Che questa volta
Ti senti
Un gran prodiggio
Che certo al Mondo
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Il più giocondo
Non si darà.
8 Delle do Boscole
Il gran batello
Lisier e snello
Piaser ne fa.
Ma dalle Barche
Le xe costrette
Le poverette
De non vogar.
9 Le xe rivade
In mezzo a tanti,
E a tutti quanti
Le fa pietà.
Tutti compianze
La sua disgrazia
Nessun se sazia
Di rimirar.
10 Ma valorose
Del mar guerriere
Forti e severe
Fuor le compar:
La pupa in cima
La Madalena
Piena de lena
E de furor.
11 Vuoga, alla Checca,
No aver timore
Che per l'onore
Vogio crepar.
La dise; e subito
La par el vento
Ch'ogni momento
La fa avanzar
12 Tanto il Batello;
Che le più brave
Ogn'un dirave
No se pol dar.
Le vedè settime
Per quelle onde,
E le segonde
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Le vuol aver.
13 Benchè lontane
Elle sia in drio
Di un mezzo mio
E forse più.
In poco tempo
Il sesto e il quinto
Elle ga vinto
Con gran stupor.
14 Poi le combatte
Col quarto, e il terzo,
El par un scherzo,
Le ghe lo tol
E col segondo
Le fa l'assalto
Passà Rialto
Elle lo vol.
15 La volta el palo,
Oh che bravura,
Senza paura
Le vol toccar.
Mai più Pupiera
Tanto valente
Dise la Zente
S'a visto qua.
16 La Checca a mezzo
Doppia la voga,
Par che la zoga
Col remo in man.
Oh che belezza!
Le corre tanto,
Le porta il vanto
Con grande onor.
17 La giunge al premio
Col suo segondo
Che pari al Mondo
Non si vedrà. E viva e viva
Dall'allegria
Ognuno cria
De qua e de là.
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18 Cosi fenisse
Sena stupenda;
Non v'è chi intenda
Tanto valor.
Vien via la terza
De tutta forza
Perché si sforza
De avanti andar.
19 E da un remurchio
L’avè portada
Per molta strada
A guadagnar.
Con molto stento
La terza grazia,
Che per disgrazia
La l’ha acquistà.
20 Ecco le quarte
Chi el crederia
Elle vien via piene de cuor.
Le xe do vecchie;
Una cinquanta
L'altra sessanta
Anni le gha.
21 Le zovenotte
In drio le cassa
Le le strapassa
In verità.
Le ga el porchetto
Messo in battello
L'è grasso e bello
Le lo tien là.
22 Povere vecchie
Tutti le onora,
In so bonora
Le lo ha acquistà.
Le altre intanto
Che resta in drio
Se cazza in rio
Con poco onor.
23 Tutto ti ha inteso
Tonina mia,
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Mi vado via
Addio mio ben.
IL FINE
Già dalla prima strofa viene sottolineata non l’eccezionalità ma la
diversità («la più curiosa») della gara, proprio perché vede la pre-
senza femminile, costituita da donne estremamente abili nell’arte
del remo. Le donne delle zone vicine al centro veneziano erano use
portare al mer cat o di Rialt o i fr utt i degli or t i e gli e ett i del la pes ca
fatti dagli uomini. La voga era per loro, come per i maschi, strumen-
to di lavoro per trasportare le merci e arrivare al mercato in tempi
brevi e risultavano spesso di incredibile abilità. Questa poesia, co-
me spesso accade nel genere ‘poesie per le regate’, viene impostata
come cronaca diretta dell’avvenimento: a cominciare dalla parten-
za, quando le barche sono allineate («messe al spaghetto», strofa 2)
pronte per il via e attraggono l’attenzione di tutti che sanno quan-
to siano importanti per l’esito della gara le posizioni conquistate al-
la partenza. Dopo il colpo di pistola le prime barche sembrano vo-
lare sull’acqua proprio perché non trovano nessuno che ostacoli la
loro corsa, mentre poi una bissona ormeggiata male costituisce un
ostacolo al passaggio. Il percorso di gara, pur inizialmente liberato
dalle ballottine da ogni elemento estraneo, doveva essere eviden-
temente stato in parte occupato da una bissona alla ne della sua
“parata” per il Canal Grande. Ed eccoci al cuore della gara, segui-
ta come una radiocronaca: è infatti immaginata come una relazio-
ne dell’autore alla sua “morosa” Tonina che non aveva potuto esse-
re presente. Prendono subito posizione avanzata Boscola e Tiossa
(strofa 5), che risulteranno alla ne le vincitrici della gara. Si trat-
ta di due delle più famose vogatrici del secolo: Angela Scarpa, detta
Tiozza e soprattutto Maria Boscolo. Maria è rimasta celebre no ai
giorni nostri per il ritratto che le fu fatto, come a tutti i vincitori di
regat a , e che an cor a si può vedere al Museo Correr di Venez i a: è rap -
presentata nella posa quasi frontale che è tipica dei quadri che raf-
guravano i grandi campioni e che costituivano uno dei premi, con
un cappello di paglia a tesa larga in testa, mentre tiene tra le brac-
cia le bandiere che aveva vinto (ricordiamo che “andare in bandie-
ra” signica essere vincitori) in varie diverse regate, elencate nella
parte bassa del quadro nell’angolo a sinistra; qui, dopo il suo nome,
è specicato «vogò in battelo a due remi». Maria che era di Marina
di Chioggia rimane per oltre quarant’anni (dal 1740 al 1784) la fuo-
riclasse assoluta delle regate delle donne: delle bandiere che mo-
stra nel ritratto ben quattro sono rosse (primo premio) e solo una è
turchina (secondo). Data la presenza di queste super-campionesse
la lotta è forte per il secondo posto: sembra restino seconde Tessa
Panella e la Stivella (strofa 6) che si erano subito slanciate a inse-
guire Tiozza e Boscola, le prime che erano riuscite subito a portar-
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si avanti; si tratta di Eufemia Tessa Panela e Lucia Borota Stivela
dall’Anzolo: come i colleghi maschi rematori anche le donne vengono
chiamate solo con i nomi con cui sono conosciute come campiones-
se. Ma con uno scatto altre due Boscolo, Maddalena e Checca (cer-
to di diversa famiglia da quella di Maria: credo sia inutile qui ricor-
dare che la zona di Chioggia-Pellestrina vede un tale ripetersi degli
stessi cognomi che anche ai giorni nostri le diverse famiglie hanno
necessità di un soprannome per essere distinte le une dalle altre),
sorelle queste, che, anche se avevano trovato delle barche lungo il
loro percorso di superamento, rivitalizzano la dinamica della gara:
pur trovandosi in settima posizione puntano per arrivare addirittu-
ra alla seconda, sebbene si trovino ad avere mezzo miglio di svan-
taggio. Maddalena è a poppa e dirige la barca mentre Checca a prua
dà di forza (strofa 11) con una tale abilità da suscitare il generale
assenso. In poco tempo riescono a superare il sesto e il quinto “bat-
telletto” e all’altezza di Rialto, a una delle due “volta de canal” rie-
scono a superare anche il quarto e il terzo e compiono l’ultima bra-
vura al paletto, cioè là dove tutte le barche in gara dovevano girare
per iniziare l’ultima parte del percorso no alla “Machina”: questo
è un momento fondamentale della gara, dove ancora i risultati pos-
sono essere messi in gioco, e infatti le due Boscole riescono a giun-
gere seconde. Il terzo posto è quasi amaro per le vogatrici che so-
no state superate per le quali il terzo posto è quasi una scontta. Il
trionfo è invece per quelle che arrivano quarte, perché si tratta di
una ci nq uantenne e di una sessantenne, denite apertamente come
vecchie («Le xe do vecchie» strofa 20) ma che pure riescono a lascia-
re indietro e a strapazzare le «zovanotte» (strofa 21) che umiliate
dalla scontta non compaiono alla Macchina ma si vanno a nascon-
dere («se cazza in rio | con poco onor» strofa 22). Le vecchie trion-
fanti, e siamo riusciti anche a conoscere il loro nome, Angela e Ma-
ria Meneguolo, si prendono il porcellino, che era rituale, assieme
alla bandiera, con il quarto premio e lo portano in barca, a testimo-
nianza, durante il “fresco”, della conquista del premio da parte loro.
Le donne che vogavano in regata, abituate al remo per collabo-
rare con padri e mariti nelle fatiche più dure, ben meritavano di es-
sere celebrate e premiate con le stesse modalità ed entità economi-
che degli uomini.
A livello poetico, anche se non vogliamo condividere il pesante
giudizio critico di Cicogna che asseriva che «poco o nessun frutto se
ne poteva [scil.: generalmente dalle poesie] cavare dal lato dellele-
ganza e del dialetto Veneziano» (Cicogna 1856, 10) certo la massima
graticazione che questo testo merita è quella di essere un bel te-
stimone della poesia popolare d’improvvisazione, pur se la metrica è
talora un po’ zoppa e gli enjambements tra una strofa e l’altra asso-
lutamente necessari per dare un signicato concluso a un concetto.
L’aria sulla quale è scritta è un’aria popolare che nel periodo ha avu-
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to una grande fortuna: «Fra tuti i spassi | credèlo amici…» compare
in ben quattro delle poesie scritte in onore della regata del 4 giugno
1764 ed era già presente in altre per regate precedenti.
Bibliografia
Boerio, G . (1856). Dizionario del dialetto veneziano. Venezia: Giova nni Cecchini edit .
Cicogna, E. A. (1856). Lettera a Cleandro conte di Prata. Venezia: Giambattista
Merlo.
Disegni della M acchina e peotte dagli ecc. pu bblici deputati ordinate in occasio -
ne della magnif ica regatta eseguita ad onor e del principe reale d’Ing hilterra
Odoardo Augusto di Brunswik Hannover Duca di Yorck &cc. &cc. &cc. Sotto il
nome di conte di Ulster l’anno 1764 li 4 Giugno in Venezia. Venezia: Si vende
a S. Rocco in Cas tel Forte all’abitazione dell’Autore.
Firpo, L. (a cura di) (1965). Inghilterra. Vol. 1 di Relazioni di ambasciatori vene-
ti al Senato tratte dalle migliori edizioni disponibili e ordinate cronologica-
mente. Torino: Botteg a d’Erasmo.
Perocco, D. (a cura di) (2006). Poesie per le regate. Testi veneti dal XVI al XIX se -
colo. Venezia: Marsilio.
Daria Perocco
«La più curiosa» regata in onore del duca di York (Venezia, 4 giugno 1764)
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