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Orizzonti del Diritto Commerciale
Fascicolo 2|2020
Business Angels, Venture Capital e la nuova s.r.l.
Business Angels, Venture Capital and the New
Società a Responsabilità Limitata
P. Agstner, A. Capizzi, P. Giudici*
ABSTRACT
In questo articolo proponiamo un’interpretazione adeguatrice della disciplina della s.r.l.,
che tenga conto non solo e non tanto del fenomeno del finanziamento via crowdfunding,
ma anche e soprattutto del finanziamento via business angels e venture capital. Avanziamo
quindi una proposta di rilettura integrale della materia come uscita dalle riforme del 2012-
2015-2017, tesa laddove possibile a rendere attuabili le pratiche negoziali del venture capi-
tal financing. La nuova lettura della disciplina della s.r.l. riflette gli originali intenti del le-
gislatore, riduce l’ancora elevato tasso di imperatività di quella disciplina ed è coerente con
i sentiti bisogni di modernizzazione del nostro diritto societario.
Parole chiave: s.r.l. startup innovative – venture capital – business angels – autonomia
contrattuale – norme imperative – interpretazione adeguatrice – comparazione giuridica
This article provides an innovative interpretation of the rules of limited responsibility com-
panies (s.r.l.), which takes into account not only and not much the phenomenon of crowd-
funding, but also and above all the financing via business angels and venture capital. We
therefore advance a proposal for a complete re-reading of the subject as reformed in 2012-
2015-2017, aimed wherever possible at making venture capital financing feasible. The
proposed construction reflects the original intentions of the legislator, reduces the impact
of mandatory rules and is consistent with the deeply felt need to modernise Italian compa-
ny law.
Keywords: close companies – LLC – venture capital – business angels – freedom of con-
tract – mandatory rules – comparative law
SOMMARIO
Introduzione. – PARTE I: STORIA ED EVOLUZIONE DELLA DISCIPLINA. – 1. La nascita della s.r.l.
nell’Europa continentale. – 2. Il caso della Germania: l’utilizzo di norme di diritto societario a
tutela dell’integrità del mercato. – 3. Il caso del Regno Unito: la tutela del mercato tramite re-
gole di trasparenza. – 4. La nascita della s.r.l. nell’ordinamento societario italiano. – 5. La ri-
forma italiana del 2003. – 6. Le riforme del 2012-2017. – 6.1. Il prologo: la competizione tra
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ordinamenti europei in materia di società chiuse dopo Centros. – 6.2. La crisi economica italia-
na e la spinta a rinnovare il sistema imprenditoriale: il Rapporto Restart, Italia! e il d.l.
179/2012. – 6.3. Da eccezione a regola: gli interventi del 2015 e 2017. – PARTE II: IL FINAN-
ZIAMENTO DELLE IMPRESE STARTUP “VC-BACKED”. – 7. I problemi regolatori alla base del rap-
porto contrattuale tra socio fondatore e finanziatori esterni. – 8. I protagonisti del finanziamen-
to di startup: l’early stage, FFFs e Business Angels. – 9. L’intervento dei VCs. – 10. L’im-
portanza di un sistema “enabling”. – PARTE III: L’APERTURA DELLA NUOVA S.R.L. AI FINANZIA-
MENTI DI VENTURE CAPITAL. – SEZIONE I: QUESTIONI DI METODO. – 11. L’intepretazione adegua-
trice della disciplina della s.r.l. – 12. È ancora attuale e vigente un principio di “rilevanza cen-
trale del socio”?. – 13. Sulle conseguenze dell’eccessiva enfasi data all’introduzione del
crowdfunding: la necessità di prediligere un approccio che valorizzi l’autonomia contrattuale. –
SEZIONE II: QUESTIONI APPLICATIVE NELLA CONTRATTAZIONE DELLE OPERAZIONI DI VC. – 14.
La convertibilità degli strumenti finanziari di equity e di debt. – 14.1. L’ammissibilità di stru-
menti di debito convertibili in quote dell’emittente e l’applicabilità dall’art. 2483 c.c. – 14.2.
La conversione a sconto (premiale). – 14.3. La disciplina negoziale nell’emissione di titoli
convertibili. – 15. La raccolta tramite capitale di rischio. – 15.1. L’esclusione del diritto di op-
zione e l’art. 2481-bis c.c. – 15.2. Le clausole antidiluizione del venture capital financing in
Italia. – 15.3. L’emissione di categorie di quote. – 15.4. Segue: gli eventuali limiti “interni” alla
disciplina delle s.r.l. – 15.5. Segue: la non applicabilità analogica dei limiti della s.p.a.. – 15.6.
La non applicabilità del divieto di patto leonino. – 15.7. Il principio di equa valorizzazione del-
la partecipazione e la sua compatibilità con taluni strumenti tipici del VC financing (liquidation
preferences e clausole di drag-along). – 16. Gli schemi di work for equity nella startup s.r.l. –
17. Il problema della trasformazione. – Osservazioni conclusive.
Introduzione.
Chi, con poco capitale e molte idee, avesse voluto costituire un’impresa in-
novativa prima del 2012 in Italia, avrebbe avuto difficoltà non solo a reperire
capitali privati, ma ancor prima a individuare un idoneo modello societario. La
società per azioni avrebbe offerto ampia flessibilità nella costruzione dei rap-
porti finanziari e di governo societario con gli investitori 1, a parte i limiti di
* Paolo Giudici è professore ordinario di diritto commerciale nella Libera Università di
Bolzano: e-mail paolo.giudici@unibz.it; Peter Agstner è ricercatore a tempo determinato di
diritto commerciale nella Libera Università di Bolzano: e-mail peter.agstner@unibz.it; Antonio
Capizzi è dottore di ricerca in diritto dell’economia e dell’impresa presso la Sapienza Universi-
tà di Roma: e-mail antonio.capizzi@hotmail.it. Il presente lavoro è il contributo di una ricerca
congiunta svolta dagli autori, nell’ambito di un progetto finanziato dallo European Grouping
for Territorial Cooperation ‘Euregio Tyrol-South Tyrol-Trentino’, Science Fund IPN 3 G16,
svolto in collaborazione con le Università di Trento e Innsbruck e diretto da Paolo Giudici. Gli
autori sono grati a Francesca Redoano e Maria Vittoria Nanni per l’assistenza ricevuta nell’at-
tività di ricerca. Gli autori sono inoltre grati per commenti ricevuti nel corso della presentazio-
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durata di eventuali patti parasociali; ma avrebbe imposto, tra le altre cose, un
capitale minimo di 120.000 Euro e meccanismi rigidi e costosi di amministra-
zione e controllo: si pensi al solo costo di un collegio sindacale composto da
tre membri. La società a responsabilità limitata non avrebbe richiesto alcun
rilevante capitale iniziale, né il collegio sindacale, né avrebbe posto limiti di
durata ad eventuali patti parasociali; ma la costruzione delle relazioni con gli
investitori sarebbe stata enormemente complicata dall’inflessibilità finanziaria
del modello. In questa situazione, la disciplina non era appetibile per gli star-
tuppers, che hanno sempre guardato al diritto societario degli Stati Uniti (del
Delaware in particolare) come riferimento 2; e così in qualche misura si tradiva
l’intento del legislatore delegante del 2001 di riformare il diritto societario per
“perseguire l’obiettivo prioritario di favorire la nascita, la crescita e la compe-
titività delle imprese” 3.
Con la crisi del debito sovrano del 2010-2012 e le spinte dell’Unione Eu-
ne di una prima stesura del lavoro al simposio ‘The Law of Closed Corporations’, tenutosi a
Bolzano il 24-25 maggio 2019 e di quella tenuta al convegno organizzato dall’associazione
Orizzonti del diritto commerciale a Roma il 14-15 febbraio 2020. Un ringraziamento particola-
re va a Casimiro A. Nigro, con cui gli autori hanno discusso diversi aspetti del lavoro nel corso
di un incontro tenutosi al Center for Advanced Studies on the Foundations of Law & Finance
di Francoforte il 6 novembre 2019 e al Professor Paolo Benazzo, che ha commentato una se-
conda bozza dell’articolo presentata in occasione del convegno ODC e ha consentito notevoli
miglioramenti nella stesura finale. Tutti gli eventuali errori e le imprecisioni sono, ovviamente,
responsabilità esclusiva degli autori. Il testo è frutto di un lavoro congiunto che ha interessato
tutte le parti del testo; al solo scopo di facilitare l’individuazione dell’apporto di ciascuno degli
autori si precisa che i §§ 1, 2, 3, 6.1 della Parte I, la Parte II e il § 15.7 della parte III sono at-
tribuibili a Peter Agstner; i §§ 4, 5 e 6 (ad eccezione del § 6.1) della Parte I e la parte III (ad
eccezione del § 15.7) sono attribuibili ad Antonio Capizzi; il § 17, l’introduzione e le conclu-
sioni sono attribuibili a Paolo Giudici, direttore del progetto.
1 Struttura finanziaria e governo societario sono le due facce di una stessa medaglia: O.E.
WILLIAMSON, Corporate Governance and Corporate Finance, in J. Fin., 1988, 567 ss. Pertan-
to, quando nel testo si parlerà di inflessibilità finanziaria della s.r.l., si alluderà ad un aspetto
specifico della costruzione generale dei rapporti tra soci imprenditori e soci finanziatori nella
s.r.l., senza però mai dimenticare, appunto, il legame indissolubile esistente tra struttura finan-
ziaria e governo societario.
2 Sull’influenza, anche concorrenziale, del diritto societario del Delaware sia consentito il
rinvio a P. GIUDICI-P. AGSTNER, Startups and Company Law: The Competitive Pressure of
Delaware on Italy (and Europe?), in Eur. Bus. Org. Law Rev., 2019, 597 ss. Sul ruolo del De-
laware, v. infra, nt. 116 e 140.
3 Cfr. art. 2, primo comma, lett. a), l. 3 ottobre 2001, n. 366. Per un’interpretazione tesa in-
vece a valorizzare il principio in esame, inteso come una «essenziale, se non la, metanorma per
interpretare il diritto societario in vigore dal 2004», cfr. L. ENRIQUES, Società per azioni (ad
vocem), in Enc. dir., Annali, X, Milano, Giuffrè, 2017, 958 ss., in part. 958 (enfasi nel testo).
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ropea tese a favorire interventi di rivitalizzazione della nostra economia, nel-
l’auspicio che i problemi del debito pubblico potessero essere risolti con un
incremento del tasso di crescita del prodotto interno, il legislatore è intervenu-
to sul diritto societario per modernizzarlo e lo ha fatto operando, come appari-
va certamente più facile, sulla s.r.l. L’intervento iniziale, poi proseguito con le
riforme del 2015 e 2017, ha sostanzialmente ridisegnato la disciplina di questa
società, rendendola finanziariamente più flessibile per dare la possibilità alle
startup 4 di raccogliere apporti secondo il modello prevalentemente americano
del finanziamento di venture capital (venture capital financing o VC finan-
cing). Con l’occasione, il legislatore del 2012 ha aperto le s.r.l. anche al mer-
cato del capitale pubblico, attraverso la disciplina del crowdfunding.
Le riforme del 2012-2017 hanno tuttavia portato ad un’incompleta libera-
lizzazione della disciplina della s.r.l. Vista la dominante opinione secondo cui
la s.r.l. sarebbe disciplinata in nome del massimo favore per la libertà negozia-
le 5, il legislatore ha forse pensato che, per fornire alle imprese innovative un
veicolo appropriato, bastasse concedere alla s.r.l. libertà nella raccolta degli
apporti (categorie di quote e possibilità di emettere strumenti finanziari) e nel-
le operazioni sulle proprie quote 6. Così però non è: la s.r.l. della riforma del
4 Ossia a imprese di nuova costituzione, di solito con pochi dipendenti, «supportate da in-
vestimenti esterni con lo scopo di sviluppare un prodotto o servizio innovativo, facilitarne la
crescita e poi recuperare l’investimento tramite la vendita della partecipazione o un’IPO». Così
E. POLLMAN, Startup governance, in U. Pa. Law Rev., 2019, 155 ss.
5 V. la dottrina citata infra alla nt. 56.
6 La scelta del legislatore ha incontrato il plauso della dottrina: A. GUACCERO, La start-up
innovativa in forma di società a responsabilità limitata: raccolta del capitale di rischio ed
equity crowdfunding, in V. DI CATALDO-V. MELI-R. PENNISI, Impresa e mercato. Studi dedica-
ti a Mario Libertini, I, 245 ss., in part. 246, il quale sottolinea come la s.r.l. sia il «modello più
efficace per la sperimentazione della nuova imprenditoria»; P. BENAZZO, La s.r.l. start up in-
novativa, in Nuove leggi civ. comm., 2014, 101 ss., in part. 106, il quale mette in evidenza la
«sensazione che la s.r.l. sia oggi venuta ad assumere quel ruolo e quella funzione di laboratorio
privilegiato per la sperimentazione innovativa in materia societaria». Utilizza l’espressione
«prima donna del diritto societario» E. FREGONARA, La start up innovativa, uno sguardo al-
l’evoluzione del sistema societario e delle forme di finanziamento, Milano, Giuffrè, 2013, X. In
senso critico v., invece, A. LAUDONIO, La folla e l’impresa: prime riflessioni sul crowdfund-
ing, in Rivista ODC, 2014, 28 ss., il quale sottolinea la competizione sleale del modello s.r.l.
rispetto a quello della s.p.a., essendo il primo implicitamente identificato quale «veicolo d’ele-
zione per lo svolgimento di attività ad elevato tenore di innovazione» ed essendo quindi dive-
nuto «l’oggetto di un nutrito complesso di norme di privilegio […]. Viene da chiedersi se non
sarebbe stato meglio abbassare il capitale minimo della s.p.a. introducendo soglie più basse
compatibilmente con la normativa senza stravolgere l’assetto della s.r.l. già vittima di reiterati
e contraddittori interventi normativi».
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2003, sul cui corpo l’intervento del 2012-2017 ha innestato una buona dose di
flessibilità finanziaria, non è affatto una società che riconosce ampio spazio
alla libertà negoziale – almeno, non se si prende a riferimento la corporation
del Delaware (per non parlare della Limited Liability Company dello stesso
stato) o semplicemente la GmbH tedesca. Si tratta, invece, di una società la cui
disciplina, secondo l’interpretazione consolidata, presenta una nutrita serie di
norme imperative che limitano fortemente la libertà negoziale 7 e sono in con-
traddizione con il modello di società aperta al VC financing e al crowdfunding
cui il legislatore pensava.
I nostri interpreti hanno subito individuato i punti di attrito creati dall’in-
nesto della nuova sulla vecchia disciplina; tuttavia, e qui sta la ragione di fon-
do di questo articolo, essi hanno concentrato la propria analisi interamente sul
tema del crowdfunding, dimenticandosi del venture capital. La circostanza che
la disciplina della startup innovativa sia stata introdotta insieme a quella del
c.d. equity crowdfunding ha spinto a pensare – a nostro parere in maniera in-
giustificata – che l’intervento legislativo fosse funzionale al solo finanziamen-
to via crowdfunding delle startup. Di qui lo sforzo della nostra dottrina di in-
terpretare la disciplina della “nuova s.r.l.” per conciliare il vecchio e il nuovo
corpo normativo con le esigenze della raccolta tramite piattaforme di crowd-
funding ovvero, addirittura, per ricostruire la disciplina della “nuova s.r.l.” alla
luce della disciplina del crowdfunding 8.
In questo lavoro proponiamo un’interpretazione della “nuova s.r.l.” che
tenga conto della circostanza che le riforme del 2012-2017 sono rivolte in
primo luogo al venture capital e che i testi normativi devono rispondere, per-
tanto, non solo agli interrogativi posti dalla disciplina del crowdfunding, ma
anche e soprattutto ai bisogni e ai problemi della contrattazione nelle opera-
zioni di VC financing. L’angolo visuale che proponiamo rimette in discus-
sione una buona parte dei temi relativi alla “nuova s.r.l.” e suggerisce la ne-
7 Che anche la Riforma del 2003 abbia conservato «in continuità con il passato e addirittu-
ra, talora, con spunti di ulteriore irrigidimento, una serie di capisaldi invalicabili dall’autono-
mia statutaria» v., con lucidità, da ultimo G. ZANARONE, La società a responsabilità limitata.
Un modello “senza qualità”? (Un ideale dialogo con Oreste Cagnasso), in M. IRRERA (a cura
di), La società a responsabilità limitata: un modello transtipico alla prova del Codice della
Crisi. Studi in onore di Oreste Cagnasso, Torino, Giappichelli, 2020, 5 ss., in part. 8; v. già le
considerazioni di O. CAGNASSO, La società a responsabilità limitata, in Trattato di diritto
commerciale, diretto da G. Cottino, V, Padova, CEDAM, 2007, 31 ss.
8 Cfr. M. CIAN, S.r.l. PMI, s.r.l., s.p.a.: schemi argomentativi per una ricostruzione del si-
stema, in Riv. soc., 2018, 818 ss.; ID., Dalla s.r.l. a base personalistica alle quote “finanzia-
rie” e alla destinazione ai mercati, in M. IRRERA (a cura di), La società a responsabilità limi-
tata, (nt. 7), 28 ss. V. inoltre gli autori citati infra alla nt. 174.
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cessità di un’interpretazione adeguatrice della disciplina, favorevole all’au-
tonomia negoziale della s.r.l. e tale da renderla realmente una “società tra
negoziatori” 9.
Il lavoro è diviso in tre parti. Nella prima ripercorriamo sinteticamente la
storia della s.r.l., per illustrare come in Italia, anche attraverso il confronto con
altri ordinamenti europei, la disciplina della s.r.l., riconducibile in origine alla
GmbH tedesca, abbia preso una propria traiettoria che l’ha condotta ad essere,
nella nuova veste uscita dalla riforma del 2003, un modello comunque caratte-
rizzato da un significativo numero di norme considerate imperative e in cui
l’autonomia negoziale trova perciò ostacoli importanti. Nella seconda parte
analizziamo la struttura della negoziazione tra una startup e i suoi finanziatori,
per individuare i bisogni cui la riforma del 2012 intendeva dare risposta e che
sono rimasti, a causa della spropositata attenzione verso il crowdfunding, nel
limbo. Nella terza parte ci cimentiamo con l’esame di un’ampia serie di temi
di diritto societario per proporre, laddove possibile, un’interpretazione adegua-
trice della disciplina, non più tarata esclusivamente sulle esigenze di un feno-
meno tutto sommato trascurabile come il crowdfunding, ma compatibile con
lo sviluppo del venture capital.
PARTE I: STORIA ED EVOLUZIONE DELLA DISCIPLINA
1. La nascita della s.r.l. nell’Europa continentale.
Sino al quinquennio di riforme 2012-2017 il diritto delle società di capitali
italiano aveva confermato la sua tradizionale impronta dualistica: da un lato
una s.p.a. che, pur avendo conosciuto una grande liberalizzazione delle regole
in tema di raccolta della provvista finanziaria, era sottoposta alle regole parti-
colarmente severe sul capitale sociale e su amministrazione e controlli; dall’al-
tro lato una s.r.l. che, pur consentendo un apprezzabile spazio all’autonomia
statutaria in punto di organizzazione interna, non essendo concepita quale
“veicolo di investimento” non consentiva la medesima libertà dal lato del fi-
9 È ricorrente in Italia l’affermazione che la s.r.l. sia una “società tra negoziatori”, ossia tra
soci capaci di tutelare autonomamente i propri interessi utilizzando al meglio l’autonomia sta-
tutaria. Se la valutazione è interna al sistema italiano, si può condividere; in un’ottica di com-
parazione, prendendo come riferimento la Limited Liability Company del Delaware, l’affer-
mazione non è condivisibile (v. infra nt. 56 e testo corrispondente).
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nanziamento 10. Da tale caratteristica veniva e viene tuttora argomentata in Ita-
lia la tendenziale uniformità di intenti tra i soci di s.r.l., con impossibilità di
concepire una distinzione tra soci “imprenditori” e soci “investitori” 11, oltre
che il più ampio grado di derogabilità della disciplina, vista la non necessità di
tutelare «un azionariato potenzialmente illimitato, disperso, per lo più disin-
formato e assenteista» 12.
Il dibattito sulle origini del dualismo s.p.a./s.r.l. sembra dunque dare per
acquisito che la distinzione tra le due società di capitali, conosciuta in molti
ordinamenti dell’Europa continentale, risponda a bisogni naturali del mercato
e, quindi, costituisca una scelta obbligata. Al contrario, la contrapposizione tra
il tipo della s.p.a./AG/S.A., e quello della s.r.l./GmbH/s.à.r.l. è molto più artifi-
ciale di quanto si possa ritenere, traendo le proprie origini da specifici processi
storici verificatisi negli ordinamenti che la contemplano 13.
In estrema sintesi, la spinta è stata data dalla rimozione, verso la metà del
XIX secolo, delle barriere alla libertà di costituzione delle società-persone giu-
ridiche. Fino a tale fondamentale punto di svolta, infatti, le società di capitali
erano solo “grandi”, necessitando per la loro costituzione di una speciale au-
torizzazione governativa sul presupposto della loro “utilità per il benessere so-
ciale” 14. Con l’affermarsi del principio di libera costituzione 15, invece, il be-
neficio della responsabilità limitata veniva garantito, con le medesime forme
organizzative sino ad allora conosciute, non solo a coloro che intendevano
raccogliere capitali sul mercato per l’intrapresa di iniziative economiche di
grande portata e ad alto rischio, ma anche agli imprenditori che più semplice-
mente intendevano evitare di mettere a rischio tutto il proprio patrimonio 16. In
10 Cfr. G. ZANARONE, Della società a responsabilità limitata, in Commentario Schlesinger,
I, Milano, Giuffrè, 2010, 49.
11 V., tra i molti, C. ANGELICI, La riforma delle società di capitali. Lezioni di diritto com-
merciale2, Padova, CEDAM, 105 ss.
12 Così G. ZANARONE, Società a responsabilità limitata, in Trattato di diritto commerciale
e diritto pubblico dell’economia, diretto da F. Galgano, Padova, CEDAM, 1985, 73.
13 V. sul punto R. HARRIS, The Private Origins of the Private Company: Britain 1862-1907,
in Oxf. Jour. Leg. Studies, 2013, 339 ss., 340: «unlike living organism, and contrary to a com-
mon misconception, business corporations did not begin small (and private) and only then
grew bigger (and public)».
14 V. R. HARRIS, The Private Origins, (nt. 13), 342. V. inoltre la ricca bibliografia citata in
A. LEGNANI ANNICHINI, Verso la responsabilità limitata. Un percorso storico, in Riv. trim. dir.
proc. civ., 2016, 1253 ss., in part. 1272.
15 Su cui v. A. LEGNANI ANNICHINI, Verso la responsabilità limitata, (nt. 14), 1273 nt. 95.
16 V. R. HARRIS, The Private Origins, (nt. 13), 346, il quale, per il caso del Regno Unito,
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tale modificato scenario, la distinzione tra i due tipi parve offrire l’opportunità
di discipline diverse in funzione della vocazione dell’organismo societario a
ricorrere al pubblico per il loro finanziamento. La possibilità di ricorrere al
mercato dei capitali sembrava dover imporre, almeno in Europa continentale,
una regolazione più rigida e invasiva del fenomeno societario 17; al contrario,
si era disposti a concedere maggiore spazio all’autonomia statutaria qualora
gli interessati avessero preventivamente rinunciato alla possibilità di ricorrere
al mercato.
Quanto appena affermato trova riscontro nell’evoluzione subita dai due or-
dinamenti europei all’epoca economicamente più sviluppati, ossia il Regno
Unito e la Germania. A fronte di un diritto societario ancora caratterizzato da
una quasi totale autonomia statutaria e dall’assenza di controlli, interni ed
esterni 18, si verificarono in entrambi detti paesi importanti scandali finanziari,
che però provocarono reazioni differenti da parte dei due legislatori, tali da in-
fluenzarne decisivamente il successivo sviluppo.
2. Il caso della Germania: l’utilizzo di norme di diritto societario a tute-
la dell’integrità del mercato.
Più in particolare, la risposta tedesca ad una crisi finanziaria costituisce
probabilmente uno dei fattori che, pur indirettamente, contribuì in misura de-
terminante alla creazione di un nuovo tipo sociale per le società “chiuse”, poi
diffusosi nel resto dell’Europa continentale. Ci riferiamo al c.d. Gründerkrach
verificatosi nel 1873 a valle del periodo di notevole crescita economica dei
due anni precedenti (Gründerboom), le cui radici sono state individuate nella
velocità con cui la Francia onorò le riparazioni impostele dopo la conclusione
mostra che ben prima del 1907, quando la “private company” venne ufficialmente disciplinata,
il fenomeno fosse ampiamente diffuso.
17 Cfr. M.S. SPOLIDORO, Considerazioni generali sulle ragioni della scelta del tipo s.r.l., in
Riv. not., 1992, 1 ss., in part. 15 e bibliografia ivi citata, secondo il quale «nella cultura europea
dell’Ottocento in generale ed in quella tedesca d’inizio secolo in particolare i due aspetti erano
visti come strettamente connessi o addirittura non venivano distinti. La protezione degli inve-
stitori non era cioè affidata a speciali strumenti di organizzazione e controllo dei mercati dei
capitali, ma veniva realizzata all’interno della organizzazione e della struttura delle società per
azioni, cioè degli emittenti più importanti ed anzi unici».
18 Cfr. M. LUTTER, Limited Liability Company and Private Company, in CONARD-VAGTS (a
cura di), International Encyclopedia of Comparative Law, Business and Private Organizations,
vol. XIII/1, Tübingen, Mohr Siebeck, 2006, 4.
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della guerra franco-prussiana 19. La notevole diffusione tra il pubblico di titoli
collocati da Aktiengesellschaften in assenza di qualsiasi regolazione causò in-
genti perdite ad un esteso pubblico di piccoli risparmiatori. La reazione del le-
gislatore tedesco si tradusse in una profonda riforma della AG attuata nel
1884 20 al dichiarato fine di prevenire usi abusivi della responsabilità limitata
in danno del pubblico dei risparmiatori, così rendendo l’utilizzo della società-
persona giuridica meno attraente (e più costosa) per un gran numero di attività
imprenditoriali di dimensioni non rilevanti 21.
Dette innovazioni legislative furono sin da subito percepite come superflue
ed eccessivamente onerose per quelle società a ristretta base sociale in cui la
forma della AG era stata scelta unicamente allo scopo di limitare la responsa-
bilità dei soci e non anche per reperire risparmio presso il pubblico 22. Fu così
che, dopo una gestazione-lampo di soli quattro mesi 23, vide la luce la GmbH,
una nuova forma organizzativa espressamente ideata per quelle attività im-
prenditoriali collettive, di norma ma non necessariamente medio-piccole e po-
co rischiose 24, alla ricerca della responsabilità limitata, ma: i) non disposte a
19 Per ulteriori riferimenti, v. C. GERNER BEUERLE, Law and Finance in Emerging Econo-
mies: Germany and Britain 1800-1913, in The Modern Law Rev., 2017, 263 ss., in part. 269-
270; W. SCHUBERT, Vom Konzessions– zum Normativsystem. Materialien zur Aktienrechtsno-
velle 1870, in ZGR-Sonderheft 21, 1 ss.
20 V. il Gesetz, betreffend die Kommanditgesellschaften auf Aktien und die Aktiengesell-
schaften del 18 luglio 1884 (RGBl. S. 123), il quale, riformando il diritto azionario all’epoca
contenuto nell’ADHGB (sino alla sua “emancipazione” con l’AktG del 1937), innovò il regime
costitutivo mediante l’introduzione di diversi meccanismi di tutela (controllo sull’atto costitu-
tivo, pubblicità della costituzione, responsabilità dei soci fondatori) e ammodernò lo statuto
organizzativo di detto tipo sociale, precisando e anche incrementando le competenze del consi-
glio di sorveglianza. La conseguenza segnalata fu la minore attrattività dell’AG per imprese di
modeste dimensioni con compagine sociale ristretta. In dottrina, per i dettagli, si veda H. FLEI-
SCHER, Einleitung, in H. FLEISCHER-W. GOETTE (a cura di), Münchener Kommentar GmbH-
Gesetz, Bd. 1, 2. Aufl., München, C.H. Beck, 2015, Rdn. 51; P. HOMMELHOFF, Eigenkontrolle
statt Staatskontrolle, in W. SCHUBERT-P. HOMMELHOFF (a cura di), Hundert Jahre modernes
Aktienrecht, Berlin, De Gruyter, 1985, 64 ss.
21 V. sul punto T. GUINNANE-R. HARRIS-N.R. LAMOREAUX-J.L. ROSENTHAL, Putting the
Corporation in its Place, in Enterprise & Society, 2007, 687 ss., in part. 697-698 e la biblio-
grafia ivi citata, da cui emerge che all’epoca numerose imprese di rilevanti dimensioni erano
esercitate da società non dotate di responsabilità limitata; v. inoltre C. GERNER-BEUERLE, Law
and Finance, (nt. 19), 266.
22 V. M. LUTTER, Limited Liability Company, (nt. 18), 4; C. GERNER-BEUERLE, Law and
Finance, (nt. 19), 295.
23 V., per ulteriori riferimenti sul punto, H. FLEISCHER, Einleitung, (nt. 20), Rdn. 64-68.
24 Infatti, i dati statistici dell’epoca dimostrano che nei primi trent’anni di vigenza della GmbH
362 Orizzonti del Diritto Commerciale
Fascicolo 2|2020
sottoporsi alla rigida struttura della AG così come da ultimo novellata; ii) non
interessate a finanziarsi sul mercato. Di qui, tra le altre novità, il divieto di in-
corporazione in azioni delle quote di partecipazione e la necessità di un atto
pubblico per il loro trasferimento 25.
3. Il caso del Regno Unito: la tutela del mercato tramite regole di tra-
sparenza.
Al contrario, il Regno Unito, che pure sperimentò bolle speculative a segui-
to dell’affermarsi della freedom of incorporation con le riforme del 1847 e
1856 26, reagì adottando una diversa strategia di riforma 27, in ciò poi sostan-
zialmente seguito dall’esperienza nordamericana. Sulla base di quanto osser-
vato dal c.d. “Comitato Davey” del 1895, nel 1900 il Parlamento emanò il
Companies Act al preciso scopo di regolare la collocazione presso il pubblico
di titoli azionari. È interessante notare che in tale processo di riforma il legi-
slatore inglese non prese in considerazione la recente esperienza tedesca delle
riforme 1884-1892, tutta basata sull’utilizzo di norme imperative di diritto so-
cietario, optando invece per una regolazione tutta basata sulla distinzione tra
un numero molto elevato di esse avevano oggetto sociale particolarmente innovativo, o comun-
que, rischioso, depositando peraltro la maggior parte dei nuovi brevetti per invenzione: v. al ri-
guardo le accurate informazioni riportate da A. CASICCIA, Le società a garanzia limitata nella
legislazione comparata, Torino, F.lli Bocca, 1927, 37 ss. Ciò a dimostrazione del fatto che una
fetta importante del ceto imprenditoriale necessitava non solo una “società di persone a respon-
sabilità limitata”, ma di una “società di capitali semplificata” per l’intrapresa di affari altamen-
te speculativi e rischiosi.
25 La necessità dell’atto notarile fu espressamente ricollegata, in sede di discussione parla-
mentare, alla necessità di evitare la creazione di un mercato delle partecipazioni: v. le note
esplicative alla legge del 1892 in Stenographischer Bericht über die Verhandlungen des Reich-
stages, 8 Legislaturperiode, I Session 1890/1892, 5. Anlagenband, Reichstag Aktenstück Nr.
660, 3724, 3729. Sul punto v. anche quanto osservato da G. ZANARONE, Società a responsabi-
lità limitata, (nt. 12), 67-68 e la bibliografia ivi citata, secondo il quale la soluzione fu dettata
dal timore «relativo alla possibilità che il principio della libera trasferibilità delle quote, dando
vita ad un potenziale mercato delle stesse similmente a quanto accade con le azioni, fornisse
l’espediente per una utilizzazione distorta della nuova figura da parte di organismi a base asso-
ciativa numerosa, preoccupati di sfuggire alla più severa disciplina della società per azioni».
26 V. sempre C. GERNER-BEUERLE, Law and Finance, (nt. 19), 274, e la bibliografia ivi
citata.
27 Cfr. G. ZANARONE, Società a responsabilità limitata, (nt. 12), 66 nt. 3, nel senso che
l’introduzione delle private companies avvenne «per venire incontro alle medesime esigenze
che avevano suggerito altrove l’introduzione della s.r.l.».
363
Orizzonti del Diritto Commerciale
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due “modelli” (private/public) di un medesimo tipo sociale dotato di persona-
lità giuridica, la company, in funzione della sua apertura o meno al mercato
del capitale di rischio 28. La public company fu quindi sottoposta a regole più
stringenti non tanto in tema di costituzione o organizzazione, quanto in mate-
ria di pubblicità dei dati di bilancio e di pubblicità nel collocamento dei propri
titoli sul mercato 29. Al contrario, la private company era definita per la prima
volta dalla section 37 del Companies Act solo in funzione dell’esenzione dalle
appena citate regole di disclosure e appello al pubblico risparmio, come quella
società il cui statuto: i) prevedesse delle limitazioni alla circolazione delle
proprie azioni; ii) limitasse il numero massimo di azionisti a cinquanta; iii)
proibisse qualsiasi forma di collocamento presso il pubblico di qualsiasi titolo,
azionario o obbligazionario, emesso dalla società medesima 30.
4. La nascita della s.r.l. nell’ordinamento societario italiano.
Come appena osservato, entrambi gli ordinamenti definivano il neonato ti-
po (in Germania) o modello (in Inghilterra) di società chiusa sostanzialmente
in base all’ampia autonomia statutaria ad esso concessa, utilizzabile dai soci
per gli scopi concreti più disparati: dalla piccola impresa familiare, o società
di persone a responsabilità limitata, sino a imprese ad alto rischio, come aveva
ben compreso Tullio Ascarelli già nel 1924 31; il costo imposto per godere di
siffatta ampia libertà di autoorganizzazione era dato dal divieto di ricorrere al
pubblico risparmio.
La “pioniera” GmbH esercitò poi, seppure con intensità varia, una notevole
forza attrattiva nei confronti degli altri legislatori societari dell’Europa conti-
nentale, tanto da venire considerata orgogliosamente da Marcus Lutter come
«uno dei prodotti legali d’esportazione più importanti e di maggiore succes-
so» 32. Emblematico è il caso della vicina Austria, che introdusse la GmbH nel
28 Cfr. T. GUINNANE-R. HARRIS-N.R. LAMOREAUX-J.L. ROSENTHAL, Putting the Corpora-
tion in its Place, (nt. 21), 705.
29 Celebre l’analisi di P.G. MAHONEY, Mandatory disclosure as a solution to agency prob-
lems, in Un. Chicago Law Rev., 1995, 1047 ss., in part. 1063 ss.
30 Ne dà atto P.L. DAVIES-S. WORTHINGTON, Principles of Modern Company Law10, Sweet
& Maxwell, London, 2016, 12-14.
31 Cfr. T. ASCARELLI, Le società a responsabilità limitata e la loro introduzione in Italia, in
Riv. dir. comm., 1924, I, 419 ss., in part. 420.
32 M. LUTTER, in M. LUTTER-P. ULMER-W. ZÖLLNER (a cura di), Festschrift 100 Jahre
364 Orizzonti del Diritto Commerciale
Fascicolo 2|2020
1906 33; similmente, in Francia, a seguito della pressione competitiva causata
dalla riannessione dell’Alsazia-Lorena, nel 1925 34 fu introdotta, accanto alla
société anonyme, la société à responsabilité limitée, la cui disciplina prevede-
va numerose cautele per evitare che si finanziasse presso il pubblico 35. Anche
in Italia, che pure conservò la GmbH nei territori annessi dopo il primo con-
flitto mondiale 36 e che aveva considerato, per poi scartare, l’ipotesi di intro-
durre nel Codice di Commercio del 1882 37, un tipo ispirato alla private com-
pany inglese 38, sia il Progetto Vivante sia il Progetto D’Amelio contemplava-
no l’introduzione di un tipo di società “a garanzia limitata” cui, tra le altre co-
se, fosse impedito di ricorrere al pubblico risparmio per finanziarsi 39. Tale
GmbH-Gesetz, Köln, Otto Schmidt, 1992, 49: «einem unserer wichtigsten und erfolgreichsten
Exportartikel im Recht».
33 Per riferimenti v. M. STRAUBE-T. RATKA, Einführung, in M. STRAUBE-T. RATKA-A. RAUTER
(a cura di), Wiener Kommentar GmbHG, Wien, Manz, Stand 1.12.2014, Rdn. 23: «GmbH nach
deutschem Vorbild».
34 Con la Loi 7 mars 1925, il cui testo è riportato da G. ACERBI, Alcuni materiali per la storia
delle società a garanzia/responsabilità limitata, in Riv. soc., 2012, 1184 ss., in part. 1192 ss.
35 Tra le quali: il divieto di esercitare attività bancaria e assicurativa (art. 2); la proibizione,
stabilita dall’art. 4, di una costituzione per pubblica sottoscrizione, a pena di nullità della socie-
tà (art. 9), oltre che di emettere, sempre per pubblica sottoscrizione, «valeurs mobilières quel-
conques»; la punizione, con ammende notevoli e financo con la reclusione, degli amministrato-
ri di s.à.r.l. che «directement ou par personne interposée, ont ouvert una souscription publique
à des valeurs mobilières quelconques pour le compte de la société» (art. 27); il divieto di in-
corporazione delle partecipazioni sociali (art. 21); il necessario consenso di almeno i tre quarti
del capitale sociale per la cessione a non soci (art. 22); la opponibilità delle cessioni di quote
alla società e ai terzi solo in caso di notificazione o accettazione della cessione (art. 23).
36 Sulla singolare vicenda storica v. G. ACERBI, Alcuni materiali, (nt. 34), 1238 ss., nonché
M. STELLA RICHTER JR., Antecedenti e vicende della società a responsabilità limitata, in A.A.
DOLMETTA-G. PRESTI (a cura di), S.r.l. Commentario, Milano, Giuffrè, 2011, 1 ss.
37 Che, tra l’altro, prevedeva una modernissima disposizione in tema di “pubblica sottoscri-
zione” di obbligazioni emesse da anonime per alcuni versi anticipatrice di quella sviluppatasi
nel Regno Unito (v. supra il § 3), contenuta all’art. 172 del Codice di Commercio, il cui se-
condo comma stabiliva che «Se l’emissione si fa col mezzo di pubblica sottoscrizione, la deli-
berazione stessa, insieme col progetto del manifesto indicato nell’articolo seguente, dev’essere
depositata presso il tribunale civile per i provvedimenti indicati nell’art. 91»; v. ampiamente
sul punto la completa ricostruzione offerta da G. NICCOLINI, Il prestito obbligazionario delle
società per azioni, in ID., 60x60, I, Roma, Colombo, 2010, 245 ss. (ma già in Riv. dir. comm.,
1988, I, 431 ss.), in part. 258 e bibliografia ivi citata.
38 Cfr. M. STELLA RICHTER JR., La società a responsabilità limitata dalle codificazioni del-
l’Ottocento al Codice della crisi d’impresa, in Riv. soc., 2019, 645 ss., in part. 648, ove ulterio-
ri riferimenti.
39 V. quanto osservato da A. ASQUINI, Le società a garanzia limitata, in Progetto preliminare
365
Orizzonti del Diritto Commerciale
Fascicolo 2|2020
obiettivo veniva realizzato prevedendo un numero massimo di soci 40, limita-
zioni alla circolazione delle quote 41, oltre che, come per la GmbH tedesca, la
forma notarile per l’atto di cessione.
Tuttavia, il sostanziale allineamento dei progetti di riforma italiani con
quelli europei fu abbandonato con il progetto di riforma del 1940 42 e poi con-
fermato in sede di emanazione del Codice civile, quando la differenza norma-
tiva tra s.r.l. e s.p.a. si ridusse pesantemente in forza dell’ampio richiamo ope-
rato dal legislatore del 1942 alla disciplina della s.p.a., tanto da fare guadagna-
re alla neonata s.r.l. l’appellativo di “piccola s.p.a. senza azioni” 43. Quali tratti
per il nuovo Codice di Commercio, redatto dalla Commissione Ministeriale per la riforma della
legislazione commerciale presieduta dal prof. Cesare Vivante, Milano, Hoepli, 1922, 311 (ma
anche in Scritti giuridici, II, Padova, CEDAM, 1939, 231 ss.), sulla necessità di assoggettare il
nuovo tipo a una «severa disciplina legislativa, che le impedisca, in quanto possibile, di tendere
insidie al pubblico credito». Ancor più esplicitamente si esprimeva T. ASCARELLI, Le società a
responsabilità limitata, (nt. 31), 425: «l’intento economico che il legislatore si è prefisso nel re-
golare la costituzione delle società a responsabilità limitata in tutti i diritti nei quali essa è ammes-
sa, è stato quello di impedire l’appello al gran pubblico per la loro costituzione; il pubblico non è
protetto e garantito nei riguardi delle società a responsabilità limitata, che non sono come le ano-
nime soggette a rigorose pubblicità, il pubblico non deve ad esse partecipare».
40 Indicato in venticinque sia dall’art. 144 del Progetto Vivante sia dall’art. 147 del Progetto
D’Amelio. E v. sempre A. ASQUINI, Le società a garanzia limitata, (nt. 39), 315: «quando si
tratta di società le quali devono reclutare il capitale in larghe sfere del pubblico e devono riuni-
re un grande numero di soci, tra i quali ogni rapporto di reciproca conoscenza e fiducia fa di-
fetto, solo la società anonima è la forma adatta, perché l’organizzazione interna della società
anonima è eminentemente orientata nel senso di dare alla moltitudine dei soci la massima tute-
la di fronte alla ristretta cerchia di persone a cui l’amministrazione della società è affidata».
41 V. il diritto di prelazione in favore degli altri soci, oltre che il divieto di rappresentazione
delle quote in titoli di credito, stabilito dall’art. 146 del Progetto Vivante e dall’art. 149 del
Progetto d’Amelio.
42 Sul “passo indietro” compiuto sul punto dal Progetto Asquini v., per tutti, G.C.M. RI-
VOLTA, La società a responsabilità limitata, in Trattato di diritto civile e commerciale Cicu-
Messineo, Milano, Giuffrè, 1982, 31. Per uno sguardo d’insieme a queste tematiche v. ora M.
STELLA RICHTER JR., Profilo storico, in C. IBBA-G. MARASÀ (a cura di), Le società a respon-
sabilità limitata, I, Milano, Giuffrè Francis Lefebvre, 2020, 8 ss.
43 V., tra i tanti, G.C.M. RIVOLTA, Profilo della nuova disciplina della società a re-
sponsabilità limitata, in Banca, borsa, tit. cred., 2003, I, 683 ss., e M. BIONE, La nuova
società a responsabilità limitata: cenni introduttivi, in M. BIONE-R. GUIDOTTI-E. PEDER-
ZINI (a cura di), La nuova società a responsabilità limitata, in Trattato di diritto commer-
ciale e di diritto pubblico dell’economia, diretto da F. Galgano, LXV, Padova, CEDAM,
2012, 1 ss. Più severo il giudizio di A. MIGNOLI, La società per azioni oggi. Problemi e
conflitti, in Riv. soc., 1990, 1 ss., in part. 14, che definiva la s.r.l. una «brutta copia della
società per azioni […] poche le differenze e non di grande rilievo, sempre angusto lo spa-
zio lasciato alle iniziative e alla fantasia di chi vuole indossare questa veste». Per una ras-
366 Orizzonti del Diritto Commerciale
Fascicolo 2|2020
caratterizzanti autonomi rimasero, oltre al divieto di ricorrere al pubblico ri-
sparmio 44, un minore ammontare minimo del capitale sociale, regole di fun-
zionamento interno più snelle e capaci di assicurare la rilevanza delle persone
dei soci e l’obbligatorietà dell’organo di controllo nell’ipotesi di capitale so-
ciale pari a quello della s.p.a. Quello che, invece, più gravemente si perse a
seguito della predetta forte assimilazione tra i due tipi capitalistici furono im-
portanti spazi di autonomia statutaria, conservati invece intatti nell’originario
modello di riferimento della GmbH tedesca 45.
5. La riforma italiana del 2003.
L’approccio di politica legislativa cambiava solo parzialmente con la ri-
forma societaria del 2003, pur nella conferma del carattere chiuso della s.r.l. 46.
segna circa la fortuna dell’espressione v. M.S. SPOLIDORO, Considerazioni generali, (nt.
17), in part. 13 nt. 29.
44 La cui ricaduta in termini di disciplina positiva si aveva soprattutto: i) nel divieto di rap-
presentazione cartolare delle quote, visto come un ostacolo alla loro agevole circolazione; ii)
nell’obbligo della forma notarile per l’atto di trasferimento (v. sul punto G. ZANARONE, Società
a responsabilità limitata, (nt. 12), 23); iii) nel divieto di ricorrere al procedimento di costitu-
zione per pubblica sottoscrizione (v. la Relazione ministeriale al Codice civile, n. 1008; sul
punto G. SANTINI, Società a responsabilità limitata, sub art. 2475, Bologna, Zanichelli, 1966,
38, riconduce tale inapplicabilità alla volontà di escludere «la possibilità di fare appello al capi-
tale anonimo su quella larga scala che il codice ha invece consentito al fine di raggiungere le
“maggiori” dimensioni delle società azionarie»).
45 Paradigmatica espressione di tale approccio assolutamente liberale è il (noto) § 45
GmbHG, ai sensi del quale «i diritti che spettano ai soci nelle vicende della società, in partico-
lare con riguardo alla conduzione degli affari sociali, così come l’esercizio degli stessi, si de-
terminano, salvo contraria disposizione di legge, in base al contratto di società». Detta disposi-
zione esprime, anche in contrapposizione alla normativa più rigida della AG, «die Flexibilität
des Innenverhältnisses als wesentliches Strukturelement der GmbH, welches diese deutlich von
der weniger flexiblen Aktiengesellschaft unterscheidet»: così T. LIEBSCHER, Kommentar zu §
45, in H. FLEISCHER-W. GOETTE (a cura di), Münchener Kommentar GmbH-Gesetz, Bd. 2, (nt.
20), Rdn. 2. Di converso, esemplificativo della rigidità della originaria disciplina della s.r.l.
italiana era il richiamo parziale operato dal vecchio art. 2495 c.c. al solo art. 2441, primo
comma, c.c., il che faceva dubitare che fosse possibile per l’assemblea escludere il diritto
d’opzione all’infuori del caso di aumento da liberare mediante conferimenti in natura: cfr. G.
SANTINI, Società a responsabilità limitata, (nt. 44), 337; contra G.C.M. RIVOLTA, Società a
responsabilità limitata, (nt. 42), 361; per ulteriori riferimenti G. DE MARCHI-A. SANTUS-L.
STUCCHI, sub art. 2481-bis, in Commentario alla riforma delle società, diretto da P. Marchetti-
L.A. Bianchi-F. Ghezzi-M. Notari, Milano, Egea-Giuffrè, 2008, 1179 ss., in part. 1187 nt. 23;
G. ZANARONE, Della società a responsabilità limitata, (nt. 10), 1530.
46 Con tutte le conseguenze che ne discendono sul piano della disciplina, tra cui spicca
367
Orizzonti del Diritto Commerciale
Fascicolo 2|2020
Infatti, è indubbio che il legislatore delegato abbia accentuato l’autonomia del-
la s.r.l. rispetto alla s.p.a., predisponendo – come imposto dall’art. 3, primo
comma, lett. a), l. 366/2001 – un complesso di norme «autonomo ed organi-
co» 47, con conseguente venir meno della consolidata “dipendenza” del nostro
tipo rispetto a quello azionario 48; è altrettanto innegabile, però, che lo stesso
legislatore delegato, pur consentendo ai soci di s.r.l. di adottare diversi “mo-
delli tipologici” di s.r.l. 49, ha sfruttato solo in parte la possibilità di «prevedere
un’ampia autonomia statutaria 50 [anche] riguardo […] agli strumenti di tutela
degli interessi dei soci», concepita dalla legge delega al fine generale di favo-
rire la competitività delle imprese 51.
Il risultato è stato così la costruzione di un tipo societario principalmente
il divieto di offerta al pubblico delle quote di partecipazioni di cui all’art. 2468, primo
comma, c.c.
47 Cfr. A.A. DOLMETTA, Sul “tipo” s.r.l., in A.A. DOLMETTA-G. PRESTI (a cura di), S.r.l.
Commentario, (nt. 36), 15 ss.; G. MARASÀ, La s.r.l. come società di capitali e suoi caratteri
distintivi dalla s.p.a., in ID. (a cura di), La riforma di società, cooperative, associazioni e
fondazioni (Scritti), Padova, CEDAM, 2005, 107 ss.; P. SPADA, Classi e tipi di società dopo
la riforma organica (guardando alla “nuova” società a responsabilità limitata), in G. CIAN
(a cura di), Le grandi opzioni della riforma del diritto e del processo societario, Padova,
CEDAM, 2004, 31 ss. Nonostante ciò, la disciplina codicistica contiene ancora numerosi
richiami alla disciplina della s.p.a., come nota criticamente G. ZANARONE, Della società a
responsabilità limitata, (nt. 10), 19, e gli autori citati alla nt. 24; di pari avviso, A.D. SCANO,
Il “tipo”, in C. IBBA-G. MARASÀ (a cura di), Le società a responsabilità limitata, (nt. 42),
58 ss.
48 Con la conseguenza che eventuali lacune vadano colmate, se possibile, facendo ap-
plicazione di principi desunti dallo stesso corpo normativo dettato per la s.r.l.: così, tra i
tanti, M. STELLA RICHTER JR., Di alcune implicazioni sistematiche della introduzione di
una nuova disciplina per le società a responsabilità limitata, in Giust. civ., 2004, 11 ss.,
in part. 18.
49 Il termine “modelli” è utilizzato dalla dottrina con una miriade di diversi significati, sic-
ché quello utilizzato nel testo – che intende il modello come frutto del concreto esercizio da
parte dei soci degli spazi di autonomia statutaria concessi – è solo uno di quelli possibili: v. al
riguardo le acute osservazioni di A.D. SCANO, Il “tipo”, (nt. 47), 39 ss. e la bibliografia ivi ci-
tata, il quale, dopo aver messo in luce come la dottrina utilizzi il termine «unificando (in modo
non sempre ordinato e consapevole) una gamma assai eterogenea di significati» e precisando
che si tratta di fenomeno inevitabile, trattandosi di concetto indeterminato, distingue tra: i) mo-
dello inteso quale sinonimo di tipo socio-economico (contrapposto al tipo legale); ii) contrap-
posizione tra “modelli legali” e “modelli statutari”; iii) modello come sinonimo di tipo norma-
tivo; iv) modello frutto dell’esercizio dell’autonomia statutaria all’interno delle regole del tipo
legale; v) modello legale quale insieme punti di riferimento costituiti da norme dispositive,
contrapposto al tipo legale, sommatoria invece da norme imperative.
50 Cfr. art. 3, primo comma, lett. b), l. 366/2001.
51 Cfr. art. 2, primo comma, lett. a), l. 366/2001.
368 Orizzonti del Diritto Commerciale
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funzionale allo svolgimento di attività d’impresa tra “soci imprenditori” 52, do-
tata, per un verso, di notevole flessibilità nella definizione tailor-made della
struttura organizzativa interna, ma, per l’altro verso, soprattutto a causa di una
certa lettura data dalla dottrina al principio di «rilevanza centrale del socio e
dei rapporti contrattuali tra soci» 53, compressa da una serie di norme (ritenute
dai più imperative 54) volte a conservarne il carattere chiuso, a tutelare il peso
reciproco dei soci e a impedire l’ingresso di “soci finanziatori” 55. La defini-
zione, parimenti diffusa in dottrina, della s.r.l. come società “tra negoziato-
ri” 56 può allora essere ritenuta accettabile a condizione che si ricordi come
52 Cfr. per tutti C. ANGELICI, La riforma delle società di capitali, (nt. 11), 7 ss.
53 Cfr. Art. 3, primo comma, lett. a), l. 366/2001.
54 Cfr., però, per una diversa impostazione volta a valorizzare il massimo l’autonomia
statutaria P. BUTTURINI, I diritti del socio di s.r.l. e l’autonomia statutaria, Padova, CE-
DAM, 2017, 166 ss., in part. 197 (ma v. già, per una prima esposizione della tesi, ID., Ri-
levanza centrale del socio e autonomia statutaria nella s.r.l., in Riv. dir. soc., 2011, 924
ss.), ove si rileva come, nonostante la legge delega equipari l’importanza della “rilevanza
centrale del socio” e dei “rapporti contrattuali tra soci”, «molto spesso, però, e specie
quando dalla rilevanza centrale si desumono limiti all’autonomia statutaria, il riferimento
ai rapporti contrattuali sembra scomparire, riapparendo, invece, simmetricamente, quando
tale principio generale viene coordinato con l’importanza dell’autonomia statutaria in
un’ottica coerente ed unitaria, e non giustapposto ad essa» (ivi, 195). Secondo il condivi-
sibile giudizio dell’A., invece, i due termini non possono entrare in conflitto ma devono
essere coordinati «in un’ottica unitaria di rimozione dei limiti alla libertà contrattuale dei
soci che non si giustifichino alla luce di interessi di soggetti terzi» (ivi, 196-197), pena il
paradosso di una società in cui a fronte di una massima autonomia statutaria, partecipata
da soci “autosufficienti ed adulti”, «la centralità della loro posizione diventa un vincolo
per loro stessi» (ivi, 196 nt. 88).
55 Cfr. A.D. SCANO, Il “tipo”, (nt. 47), 58, per la notazione secondo cui la “flessibilità” im-
posta dal legislatore delegante avrebbe potuto intendersi in tre diverse accezioni: i) come sino-
nimo di libertà statutaria; ii) come sinonimo di adattabilità del tipo; iii) come sinonimo di ela-
sticità e semplificazione del funzionamento.
56 Cfr. P. BENAZZO, L’organizzazione della nuova s.r.l. tra modelli legali e statutari, in So-
cietà, 2003, 1062 ss., in part. 1069; O. CAGNASSO, La società a responsabilità limitata, (nt. 7),
14; A. PERRINO, La nuova s.r.l. nella riforma delle società di capitali, in Riv. soc., 2002, 118
ss.; G.C.M. RIVOLTA, Autonomia privata e strumenti per l’esercizio delle imprese minori, in
Riv. soc., 2010, 1274 ss.; G. ZANARONE, Della società a responsabilità limitata, (nt. 10), 502;
ID., La società a responsabilità limitata nella riforma. Modelli legali e statutari, in P. BENAZ-
ZO-F. GHEZZI-S. PATRIARCA (a cura di), Verso un nuovo diritto societario, Bologna, Il Mulino,
2002, 44 ss. e già ID., S.r.l. contro s.p.a. nella legislazione recente, in Giur. comm., 1995, I,
391 ss., in part. 425; da ultimo M. STELLA RICHTER JR., In tema di recesso dalla società a re-
sponsabilità limitata, destinato per la pubblicazione in Riv. dir. comm., pag. 6 del dattiloscritto.
Analogamente, per mettere in evidenza il carattere di soci “non negoziatori” (o comunque “non
imprenditori”) dei sottoscrittori di quote su piattaforme di crowdfunding, P. BENAZZO, Cate-
369
Orizzonti del Diritto Commerciale
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nella disciplina pre-2012, secondo la dottrina prevalente gli spazi di libertà
statutaria erano comunque sostanzialmente limitati alla migliore definizione
della corporate governance. Infatti, rimaneva impregiudicata l’impostazione
paternalistica 57 volta ad assicurare un equilibrio etero-imposto tra maggioran-
za e minoranza e una rilevanza centrale del socio individualmente inteso 58,
senza differenziazione tra soci attivi e passivi o soci imprenditori e soci finan-
ziatori. In altre parole, l’interpretazione maggioritaria data alla riforma del
2003 non ha immaginato un corpo di norme capaci di accogliere, oltre le esi-
genze delle piccole-medie imprese tra pochi soci tutti imprenditori, anche le
istanze di quelle imprese in fase di crescita che vedono la coesistenza tra soci
imprenditori e sofisticati finanziatori privati.
Dell’inadeguatezza funzionale della s.r.l. così uscita dalla riforma del 2003
rispetto alle esigenze di massima flessibilità contrattuale delle imprese innova-
tive pare – almeno in linea di principio – essersi accorto anche il legislatore
delle riforme del 2012-2017 che, come abbiamo accennato, ha seguito la du-
plice strada di consentire anche alla s.r.l. di: i) utilizzare alcuni strumenti, sino
ad allora riservati alla s.p.a., tipici della prassi VC; ii) fare appello al pubblico
risparmio tramite il crowdfunding. A questo punto, occorre ripercorrere i di-
versi passaggi di questa evoluzione normativa al fine di verificare se “l’espe-
rimento legislativo” sia effettivamente riuscito e possa contribuire allo svilup-
po di un efficiente ecosistema di imprese VC-backed.
gorie di quote, diritti di voto e governance della “nuovissima” s.r.l.: quale ruolo e quale spa-
zio per la disciplina azionaria nella s.r.l.-PMI aperta?, in Riv. soc., 2018, 1441 ss., in part.
1452.
57 Per una critica a tale atteggiamento v. L. ENRIQUES, Corporate governance reforms in It-
aly: What has been done and what is left to do, in Eur. Bus. Org. Law Rev., 2009, 477 ss., in
part. 510-512.
58 Cfr. in generale sulla solo apparente apertura della riforma alla libertà degli operatori
economici, L. ENRIQUES, Scelte pubbliche e interessi particolari nella riforma delle società di
capitali, in Mercato, conc., reg., 2005, 145 ss., in part. 171 ss. e, per la s.r.l., 181-182, ove il
giudizio estremamente critico secondo il quale i pochi spazi di maggiore autonomia ricono-
sciuti ai soci di s.r.l. hanno «un contrappeso nella previsione di una serie di disposizioni inde-
rogabili a tutela delle minoranze dall’impatto potenzialmente dirompente sulla gestione del-
l’impresa. L’esame della nuova disciplina nel suo complesso rileva in effetti come il tipo S.r.l.
possa rivelarsi, piuttosto che il luogo “dove si puote ciò che si vuole”, un inferno per quelle
compagini sociali all’interno delle quali sorgano dissidi». Su questi temi v. amplius, per i temi
di più stretto interesse per la nostra ricerca, infra il § 12.
370 Orizzonti del Diritto Commerciale
Fascicolo 2|2020
6. Le riforme del 2012-2017.
6.1. Il prologo: la competizione tra ordinamenti europei in materia di so-
cietà chiuse dopo Centros.
Il menzionato processo di profonda riforma attuato dal legislatore italiano
nel quinquennio 2012-2017 trova il proprio prologo in un più ampio fenomeno
di vera e propria competizione tra gli ordinamenti europei in materia di società
chiuse 59, innescato dalla nota giurisprudenza della Corte di Giustizia in tema
di libertà di stabilimento 60. Tale competizione 61 si è concentrata, seguendo
anche gli auspici della Commissione Europea 62, proprio sulle P.M.I., indivi-
duate come campo di intervento elettivo al fine di facilitare la creazione di
nuove imprese e la crescita di quelle già esistenti 63 e si è risolta in un generale
rilassamento delle norme già esistenti, prendendo a modello i sistemi inglese e
nordamericano 64. Messa a confronto con le proprie cugine, la s.r.l. italiana
59 Per una panoramica di tali interventi, v. H. FLEISCHER, Internationale Trends und Refor-
men im Recht der geschlossenen Kapitalgesellschaft, in NZG, 2014, 1081 ss.; M. NEVILLE-
K.E. SØRENSEN, Promoting entrepreneurship-the new company law agenda, in Eur. Bus. Org.
Law Rev., 2014, 545 ss.; M. VENTORUZZO, The role of comparative law in shaping corporate
statutory reforms, in Duq. Law Rev., 2014, 165 ss.
60 Su cui cfr., per una recente visione di sintesi, S. LOMBARDO, Regulatory competition in
European company law. Where do we stand twenty years after Centros?, in Riv. dir. banc.,
2019, 297 ss.; A. BARTOLACELLI, Almost capital-less companies in Europe: trends, variations,
competition, in Eur. Comp. Fin. Law Rev., 2017, 187 ss.; M. GELTER, Centros and defensive
regulatory competition: some thoughts and a glimpse at the data, in Eur. Bus. Org. Law Rev.,
2019, 467 ss.; C. GERNER-BEUERLE-F.M. MUCCIARELLI-E.P. SCHUSTER-M. SIEMS, The illusion
of motion: corporate (im)mobility and the failed promise of Centros, ivi, 425 ss., i quali esclu-
dono che dalla giurisprudenza della Corte nel prossimo futuro possa emergere un nuovo “De-
laware europeo”, limitandosi la competizione ai temi del capitale minimo e della costituzione.
Per una comparazione tra Stati Uniti e Europa, v. M. VENTORUZZO, Cost-based and rules-
based regulatory competition: markets for corporate charters in the U.S. and the E.U., in NY
Univ. Journ. Law, 2006, 91 ss.
61 Per alcuni dati empirici R. BRAUN-H. EIDENMÜLLER-A. ENGERT-L. HORNUF, Does char-
ter competition foster entrepreneurship? A difference-in-difference approach to European
company law reform, in Journ. Common Mark. Stud., 2013, 399 ss.
62 Cfr. lo Small Business Act for Europe del 2008 [COM(2008) 394 final].
63 V. in Francia la Loi Dutreil pour l’initiative économique del 2003; in Italia la stessa Ri-
forma del 2003; in Germania il Gesetz zur Modernisierung des GmbH-Rechts und zur
Bekämpfung von Missbräuchen del 2008; in Spagna la Ley de la sociedad limitada Nueva Em-
presa del 2003; in Olanda la Wet vereenvoudiging en flexibilisering bv-recht del 2012.
64 V., per una sistematizzazione, H. FLEISCHER, Internationale Trends, (nt. 59), 1085 ss.
371
Orizzonti del Diritto Commerciale
Fascicolo 2|2020
uscita dalla Riforma del 2003, con le peculiari norme imperative a tutela delle
reciproche posizioni dei soci che la definivano, ha mostrato tutti i suoi limiti.
In tale contesto a cadere sotto i colpi degli interventi riformatori è stato per
primo il capitale sociale minimo, che sino alla fine del XX° secolo era invece
previsto anche per le società chiuse da pressoché tutti gli ordinamenti euro-
peo-continentali 65, mentre oggi è ammessa in molte nazioni la possibilità di
costituire una s.r.l. con capitale di un solo euro 66. Un altro aspetto oggetto di
revisione, in quanto considerato (a torto o a ragione) un ostacolo alla creazio-
ne di nuove imprese, è quello delle formalità previste per la registrazione, con
una particolare attenzione alla costituzione per via telematica o, comunque,
alla semplificazione dei relativi adempimenti 67.
Particolare enfasi è stata, infine, attribuita alla predisposizione di sotto-tipi
della s.r.l. dedicati alle nuove iniziative imprenditoriali e caratterizzati da una
forte semplificazione, se non addirittura da una standardizzazione, della loro
articolazione statutaria 68. Tra di essi si annoverano: la sociedad limitada nue-
va empresa (SLNE) introdotta, seppur senza particolare successo 69, in Spagna
nel 2003; la Unternehmergesellschaft (UG), nata in Germania nel 2008; la so-
ciété privée à responsabilité limitée-starter (SPRL-S), introdotta in Belgio nel
2010 e poi abolita a seguito della riforma generale del diritto societario del
65 Nella misura di euro 7.500 per la s.à.r.l. francese, di euro 10.000 per la s.r.l. italiana, di
euro 18.000 per la BV olandese, di euro 25.000 per la GmbH tedesca e di euro 35.000 per quel-
la austriaca.
66 Per la s.r.l.s. e la s.r.l. a capitale ridotto, considerate come varianti della s.r.l., suoi sotto-
tipi o, più genericamente, regimi derogatori di norme (sino ad allora inderogabili) del tipo s.r.l.,
v. M. CIAN, S.r.l., s.r.l. semplificata, s.r.l. a capitale ridotto. Una nuova geometria del sistema
o un sistema disarticolato?, in Riv. soc., 2012, 1104 ss.; G. FERRI JR., Prime osservazioni in
tema di società a responsabilità limitata semplificata e di società a responsabilità limitata a
capitale ridotto, in Riv. dir. comm., 2013, II, 135 ss.; G. RACUGNO, Il capitale sociale nelle
s.r.l., in M. IRRERA (a cura di), La società a responsabilità limitata, (nt. 7), 145 ss.; M. RESCI-
GNO, La società a responsabilità limitata a capitale ridotto e semplificata, in Nuove leggi civ.
comm., 2013, 65 ss. Le due eccezioni al fenomeno sono l’Austria e la Germania, che continua-
no a richiedere un capitale minimo piuttosto elevato, sebbene in Austria sia ammesso il pecu-
liare regime della Gründungsprivilegierung (§ 10b GmbHG). Per ulteriori dettagli v. M.
GRIMM, Die Finanzverfassung der kleinen Kapitalgesellschaft. Eine rechtsvergleichende Un-
tersuchung der Reformdiskussion in Europa, Duncker & Humblot, Berlin, 2013, 51 ss.; A.
BARTOLACELLI, Almost capital-less companies, (nt. 60), 197 ss.
67 Cfr. H. FLEISCHER, Internationale Trends, (nt. 59), 1086.
68 Cfr. sul punto H. FLEISCHER, Internationale Trends, (nt. 59), 1088-1089; G.B. PORTALE,
Società a responsabilità limitata senza capitale sociale e imprenditore individuale con «capi-
tale destinato» (Capitale sociale quo vadis?), in Riv. soc., 2010, 1237 ss.
69 Cfr. A. BARTOLACELLI, Almost capital-less companies, (nt. 60), 199.
372 Orizzonti del Diritto Commerciale
Fascicolo 2|2020
2019 70; in Italia la s.r.l.s., originariamente introdotta nel 2012 per i soli soci
under 35, poi aperta nel 2013 a qualsiasi età anagrafica 71; in Danimarca la
ivaersaetterselskab (IVS), creata nel 2014 sul modello della UG tedesca, e poi
anch’essa abolita nel aprile 2019 72.
Tuttavia, sfuggiva all’attenzione dei diversi legislatori nazionali 73, forse
perché in parte già attrezzati a fare fronte a tale realtà 74, l’esigenza di predi-
sporre per imprese innovative un level playing field adatto alla libera negozia-
zione privata dell’ottimale assetto finanziario e gestionale dell’impresa. Gli
ulteriori interventi riformatori, susseguitisi nel lustro 2012-2017, dovevano li-
berare la s.r.l. dal “fardello” di norme imperative (espresse o qualificate tali
dalla dottrina) dettate per la regolamentazione di una fenomenologia, quella
delle P.M.I. “tradizionali”, diversa da quella delle startup innovative.
70 V. art. 5:1 ss. del Code des sociétés et des associations del 23 marzo 2019.
71 Per alcuni dati empirici sui costi di costituzione delle s.r.l.s., v. L. LAVECCHIA-C. STAG-
NARO, There ain’t no such thing as a free deed: the case of Italian notaries, in Eur. Journ. Law
Econ., 2019, 277 ss.
72 In argomento, v. ora J.L. HANSEN, Editors’Note: Companies without Legal Capital and
the Strange Case of Denmark, in Eur. Comp. Fin. Law Rev., 2019, 677, in part. 680 ss., il
quale ricorda le ragioni politiche (discutibili) che hanno motivato siffatta abolizione, indivi-
duate da una commissione governativa nell’abusivo utilizzo dell’IVS per atti di evasione fi-
scale.
73 Un’eccezione è ora rappresentata anche dalla Slovenia, la quale, con una modifica al co-
dice di commercio entrata in vigore il 1° gennaio 2017, sull’esempio della société par actions
simplifiée (SAS) francese, ha introdotto il nuovo tipo societario della s.p.a. semplificata, dotata
di maggiore flessibilità sul piano gestionale e finanziario, con il preciso obiettivo di politica
legislativa di favorire la costituzione e lo sviluppo di imprese innovative finanziate da VCs. Per
uno sguardo d’insieme sulle principali novità, v. M. PATAKYOVÀ-M. KAČALJAK-B. GRAM-
BLIČKOVÁ-J. MAZÙR, Slovak Simple Joint Stock Company – Critical Review and Preliminary
Assessment, in Eur. Comp. Fin. Law Rev., 2020, 205 ss.
74 Si pensi, ad esempio, alla Germania, ove in ossequio al citato § 45 GmbHG, nessuno du-
bitava circa la possibilità di emettere quote di diversa categoria, con voto escluso o addirittura
senza diritto agli utili [in dottrina cfr., sull’argomento, H. FLEISCHER, Gewinn– und stimmrech-
tslose Personengesellschafts– und GmbH-Geschäftsanteile, in M. CASPER-L. KLÖHN-W.-H.
ROTH-C. SCHMIES (a cura di), Festschrift für Johannes Köndgen zum 70. Geburtstag, RWS,
Köln, 2016, 201 ss. (il quale ricorda però che l’esclusione dalla partecipazione agli utili può
essere eventualmente contraria ai buoni costumi e, quindi, nulla ex § 138 BGB); W. ZÖLLNER,
Inhaltsfreiheit bei Gesellschaftsverträgen, in M. LUTTER-P. ULMER-W. ZÖLLNER (a cura di),
Festschrift 100 Jahre GmbH-Gesetz, (nt. 32), 85 ss.; in giurisprudenza, in tale senso, già BGH,
14.7.1954 – II ZR 342/53, in BGHZ, 14, 264]. Lo stesso vale per la besloten vennootschap
olandese, il cui statuto può prevedere l’emissione di quote con voto limitato e senza voto, pur-
ché non prive anche del diritto agli utili e alla quota di liquidazione (Art. 2:228, commi 4 e 5,
Nieuw Burgerlijk Wetboek).
373
Orizzonti del Diritto Commerciale
Fascicolo 2|2020
Ma andiamo per ordine, esaminando le singole tappe di questa “rivoluzione
copernicana”.
6.2. La crisi economica italiana e la spinta a rinnovare il sistema impren-
ditoriale: il Rapporto Restart, Italia! e il d.l. 179/2012.
Le profonde modifiche subite dal diritto societario italiano nel quinquennio
2012-2017 costituiscono, è cosa nota, una risposta alla pressoché nulla crescita
della produttività e ad un tasso di innovazione e sviluppo molto basso del-
l’economia italiana 75/ 76. È per questo motivo, balzato in cima all’agenda poli-
tica con il determinante impulso delle istituzioni europee 77, che il MISE no-
minò una commissione di dodici esperti nel campo delle startup, degli stru-
menti per la loro crescita (incubatori, acceleratori, ecc.) e del venture capital,
che terminò i suoi lavori con l’elaborazione di un rapporto denominato “Re-
start, Italia!” 78, contenente specifiche proposte di riforme nel campo del diritto
75 V. analogamente O. CAGNASSO, Uno sguardo all’evoluzione legislativa successiva alla
riforma: un percorso lineare o discontinuo?, in Le nuove s.p.a. Trattato diretto da O. Cagnasso
e L. Panzani, Bologna, Zanichelli, 2013, 193 ss. Sul punto v. M. BUGAMELLI-F. LOTTI-M.
AMICI-E. CIAPANNA-F. COLONNA-F. D’AMURI-S. GIACOMELLI-A. LINARELLO-F. MANARESI-G.
PALUMBO-F. SCOCCIANTI, E. SETTE, Productivity growth in Italy: a tale of a slow-motion
change, Questioni di Economia e Finanza della Banca d’Italia n. 422, disponibile su: https://
www.bancaditalia.it/pubblicazioni/qef/2018-0422/QEF_422_18.pdf, ultimo accesso il 15 giu-
gno 2020.
76 Il tema dei c.d. causational links e in particolare se il driver dello sviluppo di imprese inno-
vative sia la presenza di idee innovative in quanto tali (“innovation first hypothesis”) o la presen-
za di venture capitalists (VC) disposti a finanziarle (“VC first hypotesis”), è discusso in dottrina:
cfr. B.S. BLACK-R.J. GILSON, Venture capital and the structure of capital markets: banks versus
stock markets, in J. Fin. Econ., 1998, 243 ss.; EID., Does venture capital require an active stock
market?, in Journ. of App. Corp. Fin., 1999, 36 ss.; J. ARMOUR-D. CUMMING, The Legislative
Road to Silicon Valley, in Oxf. Econ. Pap., 2006, 596 ss.; M. UEDA-M. HIRUKAWA, Venture Cap-
ital and Innovation: Which is First? in Pacific Economic Review, 2011, 421 ss.
77 V., ad esempio, la Raccomandazione del Consiglio, del 10 luglio 2012, sul programma
nazionale di riforma 2012 dell’Italia e che formula un parere del Consiglio sul programma di
stabilità dell’Italia 2012-2015 (2012/C 219/14), in Gazz. Uff. UE, 24 luglio 2012, la cui rac-
comandazione n. 6 esplicitamente si riferiva alla necessità di «migliorare l’accesso agli stru-
menti finanziari, in particolare al capitale, per finanziare le imprese in crescita e l’inno-
vazione».
78 V. Restart, Italia!, Rapporto della Task Force sulle startup istituita dal Ministro dello
Sviluppo Economico, 2012, disponibile su: https://www.mise.gov.it/index.php/it/per-i-media/
pubblicazioni/2030418-rapporto-restart-italia, ultimo accesso il 15 giugno 2020.
374 Orizzonti del Diritto Commerciale
Fascicolo 2|2020
societario. Più in particolare, nella consapevolezza che la sistemazione della
materia frutto della Riforma del 2003 fosse inadatta a recepire le istanze dei
finanziatori di imprese innovative 79, la sezione significativamente denominata
“iSRL” del rapporto 80 suggeriva l’introduzione dei tipici strumenti di finan-
ziamento utilizzati dal Venture Capital, quali il work for equity, l’abbandono
del regime del capitale minimo, la possibilità di emettere titoli di debito con-
vertibili e classi di partecipazioni, quali ad esempio le performance shares per
i fondatori e il team originario e le seeding shares per gli investitori, così da
poter incorporare nel contratto sociale tutti quei diritti che tipicamente vengo-
no attribuiti al finanziatore VC (clausole di co-vendita, privilegio in sede di li-
quidazione, nomina degli amministratori, ecc.). Il Rapporto, tra le altre cose,
suggeriva alcune modifiche e semplificazioni in tema di disciplina delle socie-
tà di gestione del risparmio 81, l’agevolazione per la costituzione di “invest-
ment companies” 82, l’introduzione di un regime ad hoc per il crowdfunding 83
e una regolazione più di favore della crisi, della liquidazione e dell’insol-
venza 84. Non bisogna tra l’altro dimenticare che a livello europeo era proprio
in quel momento in corso la discussione sulla proposta della Commissione di
introdurre un regolamento sui fondi europei di venture capital, proposta che
comprendeva, tra gli investimenti ammissibili per quei fondi, gli strumenti di
“equity” e di “quasi equity” tipici del VC financing; sulla proposta si era for-
mato un rapido consenso politico e sul finire dell’estate del 2012, dopo il pri-
mo passaggio al Consiglio Europeo e al Parlamento Europeo, essa appariva
ormai matura 85.
Gli auspici del Rapporto venivano recepiti dagli artt. 25-32 del d.l. 18 otto-
bre 2012, n. 179 86, quantomeno a livello di obiettivo di politica generale 87,
79 Nel senso che la disciplina delle s.r.l. non avrebbe consentito la realizzazione di opera-
zioni di VC, v. già B. SZEGO, Finanziare l’innovazione; il venture capital dopo la riforma del
diritto societario, in Riv. dir. comm., 2005, I, 821 ss.
80 Cfr. Restart, Italia!, (nt. 78), 51-52.
81 Cfr. Restart, Italia!, (nt. 78), 53-54, sotto la sezione «Semplificare le organizzazioni che
investono in startup».
82 Cfr. Restart, Italia!, (nt. 78), 55-56.
83 Cfr. Restart, Italia!, (nt. 78), 79-81.
84 Cfr. Restart, Italia!, (nt. 78), 97-101.
85 Il regolamento (UE) 345/2013 sarebbe stato approvato definitivamente il 17 aprile 2013.
La proposta di regolamento della Commissione era del 7 dicembre 2011.
86 Convertito nella l. 18 dicembre 2012, n. 221.
87 Cfr., per un esplicito richiamo alla necessità di favorire la formazione, lo sviluppo e il fi-
375
Orizzonti del Diritto Commerciale
Fascicolo 2|2020
con un esplicito richiamo alla necessità di favorire la formazione, lo sviluppo
e il finanziamento di imprese tecnologicamente innovative, così riuscendo a
favorire la crescita e la competitività dell’intero sistema economico nazionale.
Sotto un profilo più strettamente normativo, il d.l. 179/12 è intervenuto, come
noto, a beneficio di un novero estremamente limitato di s.p.a., di cooperative
e, soprattutto, di s.r.l., qualificabili come “startup innovative” 88. Il legislatore
ha dunque individuato una cerchia ristretta di imprese (le startup innovative)
al solo fine di garantire loro un vantaggio competitivo, eccezionale 89 e tempo-
raneo 90, rispetto a quelle regolate dalle norme del codice civile e, in particola-
re, rispetto a quelle costituite in forma di s.r.l., che hanno visto così ridotto 91 il
divario rispetto alle s.p.a. 92. Tali innovazioni 93 consistono nella possibilità di:
i) emettere categorie di quote, anche in deroga all’art. 2468, secondo e terzo
comma, c.c., seppur potendo determinarne il contenuto nei «limiti imposti dal-
la legge» (art. 26, secondo comma), oltre che strumenti finanziari (art. 26, set-
timo comma); ii) emettere categorie di quote prive del diritto di voto, con di-
ritto di voto limitato o non proporzionale rispetto alla quota di capitale rappre-
sentata o, ancora, subordinato al verificarsi di condizioni, con l’ovvia esclu-
sione di quelle meramente potestative (art. 26, terzo comma); iii) essere esen-
nanziamento di imprese tecnologicamente innovative, così riuscendo a favorire la crescita e la
competitività dell’intero sistema economico nazionale, il rapporto ministeriale di accompa-
gnamento al d.l. 179/2012.
88 I requisiti sono posti dall’art. 25, secondo comma, d.l. 179/2012. Al giorno d’oggi indi-
viduare gli esatti contorni della “innovatività”, così come posti dalla norma, è questione che ha
perso però gran parte della sua rilevanza, quantomeno dalla prospettiva del diritto societario,
essendo state estese nel frattempo quasi tutte le innovazioni originariamente previste per questa
tipologia di società a pressoché tutte le imprese italiane esercitate nella forma della s.r.l.
89 M. CIAN, Società “start-up” innovative e PMI [Piccole e Medie Imprese] innovative, in
Giur. comm., 2015, I, 969 ss.
90 Art. 25, terzo comma, d.l. 179/2012.
91 Soprattutto dal lato del finanziamento e sulla scia dei di poco precedenti interventi nor-
mativi volti a “rivitalizzare” l’istituto delle cambiali finanziarie e a permettere alle s.r.l. l’emis-
sione di obbligazioni “anche partecipative”, cfr. l’art. 32 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. l.
7 agosto 2012, n. 134, poi modificato (per quanto concerne la possibilità di introdurre clausole
di partecipazione) dall’art. 36, terzo comma, lett. a), del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, conv. l. 17
dicembre 2012, n. 221.
92 Cfr. P. BENAZZO, Start-up e PMI innovative, in Dig. Disc. Priv., Sez. Comm., VIII, Tori-
no, UTET, 2017, 467 ss., in part. 470.
93 Su cui v., per un inquadramento generale, P. BENAZZO, Start up, (nt. 92), 467 ss.; M.
CIAN, S.r.l. PMI, s.r.l., s.p.a., (nt. 8); M. CAMPOBASSO, Il futuro delle società di capitali, in
Banca, borsa, tit. cred., 2019, 138 ss.
376 Orizzonti del Diritto Commerciale
Fascicolo 2|2020
tate dalla disciplina fiscale delle società c.d. “di comodo” (art. 26, quarto com-
ma); iv) offrire, in deroga a quello che si è visto essere stato da sempre un ca-
rattere tipologico della s.r.l., peraltro codificato espressamente dall’art. 2468,
primo comma, c.c., le proprie quote al pubblico «anche» – e, quindi, non solo
– tramite portali di crowdfunding (artt. 26, quinto comma e 30, art. 100-ter
T.U.F. e Regolamento CONSOB 18592/13); v) derogare al divieto di opera-
zioni sulle proprie partecipazioni stabilito dall’art. 2474 c.c. in attuazione di
piani di incentivazione di dipendenti, amministratori o prestatori d’opera (art.
26, sesto comma); vi) godere di un regime di favore nel caso di riduzione del
capitale per perdite (art. 26, primo comma).
6.3. Da eccezione a regola: gli interventi del 2015 e 2017.
Quelle che dovevano essere eccezioni temporanee ad un sistema oramai
consolidato si sono diffuse rapidamente. Prima a tutte le Piccole e Medie Im-
prese (PMI 94), purché innovative, grazie all’art. 4 del d.l. 24 gennaio 2015, n.
3 95, poi a tutte le PMI, anche non innovative, grazie al d.l. 24 aprile 2017, n.
50 96, che si sono limitati a mutare la fattispecie di riferimento di pressoché 97
tutta la disciplina dell’art. 26 d.l. n. 179/2012. Rimangono escluse dal campo
di applicazione delle riforme le sole s.r.l. “grandi”, come se il legislatore si
fosse vergognato di ammettere sino in fondo che la disciplina uscita dalla ri-
forma del 2003 era già largamente superata 98.
Il quinquennio di riforme 2012-2017 ha quindi grandemente indebolito, si-
no quasi ad annullarla, la valenza normativa del tipo 99 s.r.l. così come definito
94 Ossia, in accordanza con i criteri dettati dall’All. 2, art. 2 della Raccomandazione della
Commissione Europea 2003/361/CE, ora recepiti dall’art. 2, par. 1, lett. f), Reg. UE
2017/1129, quelle imprese con meno di 250 impiegati e con un fatturato annuale non superiore
a 50 milioni di euro o un bilancio complessivo non superiore a 43 milioni.
95 Conv. l. 24 marzo 2015, n. 33.
96 Conv. l. 21 giugno 2017, n. 96.
97 Con l’eccezione, già menzionata, degli strumenti finanziari partecipativi, la cui emissione
è riservata alle sole PMI innovative.
98 Ritengono incoerente la scelta legislativa P. BENAZZO, Start up, (nt. 92), 470 e P. BUT-
TURINI, I diritti del socio di s.r.l., (nt. 54), 177-178, ove in nota anche dati statistici sulla rile-
vanza nel tessuto economico italiano delle s.r.l. non P.M.I.
99 Sulla valenza normativa del tipo v., oltre ovviamente a P. SPADA, La tipicità delle socie-
tà, Padova, CEDAM, 1974; con più specifico riferimento alla s.r.l. le osservazioni di G. ZA-
NARONE, Della società a responsabilità limitata, (nt. 10), 15 ss. Di «tessuto sfibrato e lacero»
377
Orizzonti del Diritto Commerciale
Fascicolo 2|2020
nel 2003, sino ad allora basato sul presupposto dell’omogeneità d’interessi e
vedute dei soci, tutti interessati alla gestione dell’impresa sociale. All’esito, il
nostro ordinamento sembra aver recepito la possibilità, già presente ad altre
esperienze europee-continentali ed anglosassoni, di un “dual-use” della s.r.l.,
così abbandonando il paradigma di riferimento della s.r.l. quale “società di
persone a responsabilità limitata”, con tutte le norme a tutela dei soci che ne
derivavano, a favore della possibilità di disegnare anche una s.r.l. VC-backed
con una maggiore libertà statutaria idonea a favorire i rapporti con possibili
investitori privati.
D’altro canto, con l’introduzione del crowdfunding e il venir meno del di-
vieto di appello al pubblico risparmio, il legislatore italiano sembra essersi av-
viato, poi seguito da altri legislatori europei 100, verso un progressivo abban-
dono del secolare sistema tedesco basato su una distinzione tra s.p.a. aperta al
mercato e s.r.l. invece chiusa, senza però approdare a lidi conosciuti 101.
parla al giorno d’oggi, con riferimento al tipo s.r.l., M. CAMPOBASSO, La società a responsabi-
lità limitata. Un modello “senza qualità”?, in M. IRRERA (a cura di), La società a responsabi-
lità limitata, (nt. 7), 19 ss., in part. 20. L’Autore appena citato, invero, è stato prolifico di ele-
ganti metafore per descrivere la situazione di indubbia confusione concettuale generata dal le-
gislatore: di «modelli societari [s.p.a. e s.r.l.] sempre più elastici e manipolabili, separati da
confini tipologici sempre più sfocati e indistinti, come quelle frontiere che alcuni europei han-
no tracciato a tavolino nei deserti altrui», parla in ID., Il futuro delle società di capitali, (nt.
93), 142. Similmente N. BACCETTI, Informazione e postergazione tra s.p.a. e nuove s.r.l. che
esercitano piccole e medie imprese, in Banca, borsa, tit. cred., 2019, I, 689 ss., in part. 705; P.
BENAZZO, Categorie di quote, (nt. 56), 1449 ss., ove l’Autore parla di «alterazioni genetiche
del modello s.r.l. che da singolari ed eccezionali vulnus [sono] viceversa destinate a operare
pervasivamente, quanto indistintamente, all’interno (e con effetti destabilizzanti) del modello
comune», per poi concludere che la «finis terrae che per quindici lustri (1942-2017) ha segnato
il limen typi tra i due codici organizzativi sociali, di capitali e a responsabilità limitata di tutti i
soci, è stata definitivamente superata»; S.A. CERRATO, La parabola di start-up e PMI dalla
s.r.l. alla s.p.a., in M. IRRERA (a cura di), La società a responsabilità limitata, (nt. 7), 39 ss., in
part. 4344, a giudizio del quale, però, il legislatore non è riuscito a raggiungere l’obiettivo di
rendere appetibile la s.r.l. quale veicolo di attrazione di nuovi investimenti.
100 Similmente si è da poco orientato il legislatore olandese, il quale ha concesso alle c.d.
Beurs-Besloten Vennootschap la possibilità di emettere certificati nominativi quotati su un
mercato regolamentato (Nx’change), incorporanti i diritti patrimoniali, ma non quelli ammini-
strativi, della relativa partecipazione. Nella stessa direzione si è mosso il legislatore belga ai
sensi degli artt. 5:1, 5:2 e 5:18 Code des sociétés et des associations, in vigore dal 1° maggio
2019. Per un esame della problematica riferita alla nostra s.r.l., v. ora E. CUSA, Le quote di
s.r.l. possono essere valori mobiliari, in Riv. soc., 2019, 675 ss.
101 Ulteriore colpo alla distinzione tra tipi è stato poi inferto dal Codice della crisi che, sep-
pur, come osservato da G. ZANARONE, La società a responsabilità limitata. Un modello “senza
qualità”?, (nt. 7), 13, probabilmente sulla base di considerazioni di politica legislativa non del
378 Orizzonti del Diritto Commerciale
Fascicolo 2|2020
L’alternativa al sistema dualistico, infatti, sarebbe stata quella degli ordina-
menti inglese e statunitense, in cui la distinzione tra private companies/close
corporations e public companies/corporations non è tra tipi, ma tra tipo gene-
rale e sottotipo, o tra “modelli” nell’ambito di un medesimo tipo.
PARTE II: IL FINANZIAMENTO DELLE IMPRESE STARTUP “VC-
BACKED”
A nostro parere, la riforma del 2012-2017 va letta dalla prospettiva del ven-
ture capital prima che da quella del crowdfunding, come testimoniato dalla
particolare attenzione riservata dal “Restart Italia!” prima, e del legislatore
poi, anche successivamente al citato quinquennio di riforme 102, a strumenti
tipicamente utilizzati dai business angels e dai venture capitalists. In questa
parte vogliamo esporre sinteticamente le tecniche usate nel finanziamento del-
tutto coincidenti con quelle di incentivazione degli investimenti o tutela del risparmio, ha so-
stanzialmente esteso a tutte le s.r.l. (PMI o meno) alcune disposizioni sino ad ora previste per
la sola s.p.a. in tema di amministrazione, controlli, doveri e responsabilità dei rispettivi organi.
102 Ma v. già l’art. 31, secondo comma, del d.l. 6 luglio 2011 n. 98, conv. l. 15 luglio 2011,
n. 111, come da ultimo modificato, che definisce quali “Fondi per il Venture Capital” quei
soggetti che, sotto varie forme, «investono almeno l’85 per cento del valore degli attivi in pic-
cole e medie imprese (PMI) non quotate […] nella fase di sperimentazione (seed financing), di
costituzione (start-up financing), di avvio dell’attività (early-stage financing) o di sviluppo del
prodotto (expansion o scale-up financing)».
Successivamente al 2017, il legislatore ha ribadito la centralità del fenomeno VC occupan-
dosi del Fondo Nazionale Innovazione (FNI), istituito dall’art. 1, comma duecentonove, della l.
30 dicembre 2018, n. 145 (finanziaria 2019) che «al fine di promuovere gli investimenti in ca-
pitale di rischio da parte di operatori professionali, lo Stato, tramite il Ministero dello sviluppo
economico, può sottoscrivere quote o azioni di uno o più Fondi per il venture capital o di uno o
più fondi che investono in Fondi per il venture capital» come definiti dal citato d.l. 98/2011. Le
modalità di intervento del FNI sono poi state stabilite con il d.m. 27 giugno 2019 (in G.U. n.
176 del 29 luglio 2019) che, anche solo nelle definizioni introduttive (v. in part. la lett. j), lad-
dove definisce il “quasi-equity” e ammette che «possono essere strutturati come debito, non
garantito e subordinato, compreso il debito mezzanino e in alcuni casi convertibile in equity o
come capitale privilegiato (preferred equity)», mostra di far riferimento alle tecniche di finan-
ziamento del VC.
Analoghi richiami sono contenuti nel recentissimo “Decreto Rilancio” (d.l. 19 maggio
2020, n. 34, conv. l. 17 luglio 2020, n. 77) all’art. 38 (rubricato “Rafforzamento dell’ecosi-
stema delle start-up innovative”).
379
Orizzonti del Diritto Commerciale
Fascicolo 2|2020
le startup innovative e il ruolo fondamentale, purtroppo dimenticato dal rap-
porto “Restart Italia!”, di un diritto societario che garantisca sufficiente auto-
nomia statutaria all’imprenditore o al team di imprenditori (founders) e ai fi-
nanziatori esterni (“family friends and fools”, business angels e venture capi-
talists) in sede di negoziazione dei relativi rapporti.
7. I problemi regolatori alla base del rapporto contrattuale tra socio
fondatore e finanziatori esterni.
Il finanziamento di un’impresa startup è processo complesso, visto che la
società finanziata si riduce spesso meramente ad un’idea di business e ad una
squadra di soggetti innovatori. La definizione della struttura finanziaria risulta
fortemente condizionata dal concreto atteggiarsi degli interessi facenti capo
all’imprenditore-fondatore ed agli investitori esterni 103. Infatti, diversi pro-
blemi possono presentarsi nell’ambito del rapporto di agenzia corrente tra i
soggetti coinvolti nell’operazione di finanziamento, tutti riconducibili ad
asimmetrie informative, incertezza contrattuale e fenomeni di opportunismo
vario 104.
In primo luogo, il finanziatore deve subito interrogarsi sulle ragioni per le
quali il fondatore, spesso fuoriuscito da un’impresa tecnologica, non abbia ot-
tenuto mezzi finanziari sufficienti a sviluppare il proprio progetto da parte del
proprio precedente datore di lavoro o da altri contatti nel settore in cui intende
103 Per una prima efficace illustrazione dei possibili conflitti di agency correnti tra le parti
dell’operazione di finanziamento di un’impresa innovativa, sia nella fase early stage che in
quelle successive di espansione (later stages), cfr. T. K
UNTZ, Gestaltung von Kapitalgesell-
schaften zwischen Freiheit und Zwang, Tübingen, Mohr Siebeck, 2016, 43 ss.; ID., Interessen-
konflikte in Venture Capital-Finanzierungen und vertragliche Lösungsansätze, in S. GRUND-
MANN-F. MÖSLEIN (a cura di), Innovation und Vertragsrecht, Tübingen, Mohr Siebek, 2020,
189 ss.; D.J. CUMMING-S.A. JOHAN, Venture Capital and Private Equity Contracting, Cam-
bridge (MA), Academic Press, 2009, 32 ss.; nonché P. GIUDICI-P. AGSTNER, Startups and
Company Law, (nt. 2), 601 ss. In generale sui conflitti tra soci nelle società chiuse, v., anche
per dati empirici, P. AGSTNER, Shareholder Conflicts in Close Corporations between Theory
and Practice: Evidence from Italian Private Limited Liability Companies, in Eur. Bus. Org.
Law Rev., 2019 (online), 1 ss.
104 V., per tutti, R.J. GILSON, Engineering a Venture Capital Market: Lessons from the
American Experience, in Stan. L. Rev., 2003, 1067 ss., in part. 1076; G.G. TRIANTIS, Financial
Contract Design in the World of Venture Capital, in U. Chi. L. Rev., 2001, 305 ss., in part. 307
ss.; R.P. BARTLETT III, Venture Capital, Agency Costs, and the False Dichotomy of the Corpo-
ration, in UCLA Law Rev., 2006, 37 ss.; E. POLLMAN, Startup Governance, (nt. 4), 155 ss.
380 Orizzonti del Diritto Commerciale
Fascicolo 2|2020
avviare la nuova impresa. Il rapporto tra il finanziatore e il fondatore si apre
subito, dunque, all’insegna di un profondo pericolo di selezione avversa, in cui
il primo rischia di fornire capitali ad una persona o un team le cui idee e com-
petenze non hanno trovato l’appoggio di soggetti apparentemente più informa-
ti 105.
Soprattutto, il finanziatore è esposto al rischio di azzardo morale da parte
del fondatore, il quale potrebbe opportunisticamente utilizzare le somme ero-
gate per finalità estranee allo sviluppo del progetto imprenditoriale o, più
semplicemente, non dedicare sufficienti sforzi ed energie in vista del raggiun-
gimento degli obiettivi aziendali stabiliti. L’operazione di finanziamento è,
quindi, strutturata in modo tale da evitare il problema di un non adeguato im-
pegno, rispetto ai bisogni e alle promesse, da parte del fondatore 106. Infatti,
visto che il finanziatore non è in grado di misurare la quantità e qualità degli
sforzi lavorativi profusi dal fondatore sino a quando una qualche creazione di
valore diviene tangibile, il finanziamento è scaglionato per fasi (o milestones)
di avanzamento secondo un principio di reward for performance, ove il rag-
giungimento di determinati obiettivi di prestazione incentiva il finanziatore a
fornire ulteriore capitale di rischio o di debito 107. Al fine di assicurare un effi-
cace funzionamento del principio di premialità, i diritti patrimoniali ed ammi-
nistrativi vengono assegnati in modo tale da consentire al fondatore di recupe-
rare eventualmente l’investimento fatto soltanto a progetto realizzato, ovvero
quando le partecipazioni o l’azienda sono vendute sul mercato a imprese con-
solidate o quando viene promossa un’offerta pubblica iniziale (IPO) 108. Per
converso, l’investitore potrà acquisire il pieno controllo della società qualora il
rendimento risulti insoddisfacente e tale da consigliare una anticipata interru-
zione o vendita di imprese oramai ridotte a “living deads” 109.
105 Si occupano di questo tema J. BANKMAN-R.J. GILSON, Why start-ups?, in Stan. L. Rev.,
1999, 289, in part. 291 ss.
106 D.J. CUMMING-S.A. JOHAN, Venture Capital, (nt. 103), 42 s.
107 Sul meccanismo scaglionato di finanziamento tipico del reward for performance, v., per
una sintesi, T. KUNTZ, Interessenkonflikte, (nt. 103), 195 ss.; più ampiamente, P.A. GOMPERS,
Optimal Investment, Monitoring, and the Staging of Venture Capital, in J. Finance, 1995, 1461
ss. (ove si sottolinea anche che siffatto staging riduce la necessità ed il correlativo costo del
controllo sulla gestione dell’impresa); D.V. NEHER, Staged Financing: An Agency Perspective,
in Rev. Econ. Stud., 1999, 255, 262 ss.
108 Il profitto di cui godrà il fondatore dipende dal funzionamento delle c.d. liquidation pre-
ferences, su cui v. infra il § 15.7.
109 Per “walking dead” o “living dead” si intende nel gergo le società che non producono né
perdite né generano particolari profitti. All’investitore, in particolare quando trattasi di fondo
381
Orizzonti del Diritto Commerciale
Fascicolo 2|2020
Infine, possono verificarsi situazioni di conflittualità a danno di investitori
preesistenti, meglio conosciute nella letteratura economica con il termine trila-
teral bargaining. Un tale problema si verifica se le negoziazioni tra due o più
parti (ad es., fondatore ed investitore A) pregiudicano gli interessi di un soggetto
ulteriore (ad es., investitore B) 110. Al riguardo, si distinguono due forme, ovvero
l’annacquamento della partecipazione di un precedente investitore (dilution) e
l’appropriazione di valori patrimoniali di difficile valutazione (asset stripping).
Siffatti complessi problemi di agenzia vengono governati nella prassi ope-
rativa tramite diversi strumenti di tutela contrattuale, presenti a livello statuta-
rio o in accordi parasociali, congegnati il più delle volte seguendo gli schemi-
tipo elaborati dalla National Venture Capital Association 111. Si assiste così ti-
picamente all’impiego di obbligazioni convertibili e azioni privilegiate con-
vertibili, all’adozione di schemi di incentivazione dell’azionariato dei dipen-
denti o dei professionisti che collaborano con la società (c.d. work for equity),
alla previsione di clausole anti-diluizione (specialmente di tipo weighted ave-
rage o full ratchet 112), di diritti di co-vendita, di speciali prerogative di exit,
nonché di diritti di informazione e di nomina di componenti dell’organo am-
ministrativo 113.
di venture capital con portafoglio diversificato di investimenti, conviene abbandonare il prima
possibile siffatti living dead per reinvestire celermente le risorse disponibili in iniziative più
promettenti al fine di realizzare un c.d. high flyer o home run. Si veda in argomento e per la
relativa terminologia, J.W. BARTLETT, Equity finance: Venture Capital, Buyouts, Restructur-
ings and Reorganizations2, I, Aspen Publishers, New York, 1995, 302.
110 Cfr. A. BERGLÖF, A Control Theory of Venture Capital Finance, in J. L. Econ. & Org.,
1994, 247 ss.; T. KUNTZ, Gestaltung von Kapitalgesellschaften, (nt. 103), 54 s., il quale riporta
il seguente esempio: il fondatore e l’investitore A detengono la maggioranza dei voti, mentre
l’investitore B non dispone di un potere di blocco del programmato aumento di capitale desti-
nato all’ingresso del nuovo investitore C. In una tale situazione, il fondatore, gli investitori A e
C potrebbero coalizzarsi per danneggiare la posizione corporativa di B.
111 Si tratta, in particolare, oltre che di un term sheet non vincolante, dei seguenti documenti
contrattuali: founders’share purchase agreement; preferred share purchase agreement; inve-
stors’rights agreement; voting agreement e accordi contenenti restrizioni alla libera circolazio-
ne delle partecipazioni del fondatore (quali un diritto di prelazione in favore del finanziatore o
patti di co-vendita). Tali modelli standard sono disponibili sul sito internet nella NVCA
(www.nvca.org). In dottrina per riferimenti, v. J. BURCHARDT-U. HOMMEL-D.S. KAMURIWO-C.
BILLITTERI, Venture Capital Contracting in Theory and Practice: Implications for Entrepre-
neurship Research, in Entrepreneurship: Theory and Practice, 2016, 25 ss.
112 Su queste tipologie di clausole anti-diluzione si veda, in via di prima approssimazione,
J.W. BARTLETT, Equity finance, (nt. 109), 206 ss.
113 Per un esame dettagliato delle suddette previsioni, v. T. KUNTZ, Gestaltung von Kapi-
talgesellschafen, (nt. 103), 61 ss.
382 Orizzonti del Diritto Commerciale
Fascicolo 2|2020
Dette previsioni contrattuali, nella loro reciproca interazione, sono stru-
mentali, per un verso, a vincolare il finanziatore al rispetto delle promesse di
investimento fatte al fondatore “onesto e lavoratore”, per l’altro verso, a con-
sentire al finanziatore di svincolarsi dalla società, capitalizzando in via prefe-
renziale il proprio apporto, qualora le aspettative di rendimento non risultino
pienamente soddisfatte. Al riguardo, si deve tener presente che per la partico-
lare struttura delle operazioni di venture capital, con la presenza quale investi-
tore di un fondo di VC a durata determinata (solitamente 10 anni), l’aspettativa
è quella di realizzare, nell’ambito del portafoglio diversificato di investimenti,
(almeno) un c.d. home run (nella terminologia del baseball, un fuoricampo,
cioè un gran colpo), non potendosi il gestore del fondo accontentare di rendi-
menti discreti 114.
8. I protagonisti del finanziamento di startup: l’early stage, FFFs e Bu-
siness Angels.
Nel mondo statunitense delle imprese innovative, i fondi necessari per lo
sviluppo dell’idea imprenditoriale provengono nella iniziale fase di avviamen-
to (early stage) dai fondatori stessi (c.d. bootstrapping), nonché da un gruppo
di soggetti descritto con l’acronimo FFF, che sta per family, friends and fools
(famigliari, amici e folli) 115. Detti investitori iniziali acquistano partecipazioni
ordinarie, condividendo i medesimi diritti e rischi dell’imprenditore fondatore,
e ciò in ragione del fatto che sia le relazioni personali esistenti tra essi sia
l’ammontare modesto dell’investimento scoraggiano l’avvio di più costose e
sofisticate negoziazioni contrattuali. La società viene comunemente costituita
nel Delaware o, meno frequentemente, nello stato d’origine del fondatore, an-
che se l’arrivo di investitori da luoghi differenti da quello dello stato d’origine
aumentano le probabilità di un successivo trasferimento di sede nel Dela-
ware 116.
114 V. la precedente nt. 107.
115 In argomento, v. R. KOTHA-G. GEORGE, Friends, family, or fools: entrepreneur experi-
ence and its implications for equity distribution and resource mobilization, in J. Bus. Ventur.,
2012, 525 ss.
116 Per evidenze empiriche, B.J. BROUGHMAN-J.M. FRIED-D. IBRAHIM, Delaware Law as
Lingua Franca: Theory and Evidence, in J. Law & Econ., 2014, 865 ss.; in generale sulle
ragioni del successo del Delaware nella charter competition, v. ora S. SANGA, Network Effects
in Corporate Governance, in J. Law & Econ., 2020, 1 ss. Sulla concorrenza che a sua volta il
Delaware subisce da ordinamenti esteri v. W.J. MOON, Delaware’s new competition, Universi-
383
Orizzonti del Diritto Commerciale
Fascicolo 2|2020
A seguire, intervengono frequentemente, sempre ancora nella fase early
stage, singoli soggetti facoltosi (angels) o associazioni regionali di angels
(angel groups o superangels), i quali, oltre all’apporto finanziario, general-
mente forniscono anche attività di consulenza. Un tipico round di finanzia-
mento erogato dagli angels oscilla tra centomila ed un massimo di 1 o 2 mi-
lioni USD 117. Gli angels stipulano normalmente un contratto di investimento,
quest’ultimo strutturato in modo più semplificato rispetto agli accordi contrat-
tuali in uso nel mondo del venture capital (VC). In passato, gli angels usavano
investire in azioni ordinarie, mentre più recentemente si assiste, soprattutto da
parte dei più sofisticati angel groups, all’impiego di strumenti di investimento
maggiormente protettivi 118, quali azioni privilegiate convertibili (seed equity)
o obbligazioni convertibili con rapporto di conversione sotto la pari (seed
debt).
Con riferimento alle obbligazioni convertibili, la ratio è quella di consenti-
re agli angels di esercitare il diritto di conversione contestualmente all’inter-
vento (successivo) del VC, acquisendo così, sotto forma di sconto di conver-
sione (conversion price cap), una quota di partecipazione al capitale di rischio
ad un prezzo inferiore rispetto al valore dell’impresa al momento della con-
versione, ottenendo al contempo i medesimi diritti e privilegi riservati agli in-
vestitori istituzionali in sede di emissione delle azioni privilegiate nell’ambito
del primo round di finanziamento (Serie A).
Più recentemente, i business angels spesso ricorrono nella fase seed a for-
me di investimento ancora più innovative e, in particolare, al c.d. SAFE (sim-
ple agreement for future equity) 119. Con il SAFE, il titolare effettua un apporto
ty of Maryland Francis King Carey School of Law Legal Studies Research Paper No. 2019-09,
disponibile su: http://ssrn.com/abstract=3395387, ultimo accesso il 15 giugno 2020 (in corso di
pubblicazione in Iowa Law Rev., 2021).
117 Sul ruolo dei BAs nel finanziamento delle imprese start-up cfr., nella dottrina statunitense,
J.M. LEAVITT, Burned Angels: The Coming Wave of Minority Shareholder Oppression Claims in
Venture Capital Start-up Companies, in N.C. J.L. & Tech., 2005, 223 ss., in part. 256 ss.; D.M.
IBRAHIM, The (Not So) Puzzling Behavior of Angel Investors, in Vand. Law Rev., 2008, 1405 ss.
118 In questi termini, D.M. IBRAHIM, The (Not So), (nt. 116), 1448, secondo il quale «it ap-
pears that the formalization and professionalization of angel investing has brought with it a
move toward venture capital-like contracts».
119 In argomento, v. J.F. COYLE-J.M. GREEN, Contractual innovation in venture capital, in
Hastings Law J., 2014, 133, in part. 160 ss., in part. 161, ove gli strumenti SAFE vengono
descritti come «deferred equity investments in early-stage technology companies». Per la dot-
trina italiana v. ora lo scritto di F. REDOANO, Il SAFE: un viaggio dal modello startup della
Silicon Valley all’Italia, 1 ss., consultato per la cortesia dell’A. in forma di working paper, ove
ulteriori riferimenti bibliografici.
384 Orizzonti del Diritto Commerciale
Fascicolo 2|2020
che non viene qualificato né come conferimento a capitale né come erogazio-
ne di mutuo, con conseguente esclusione del maturare di interessi e limitazio-
ne dei casi di rimborso del capitale, con preferenza rispetto ai soci ordinari e
postergazione rispetto ai creditori, ai soli cc.dd. liquidity events (per es. acqui-
sizione, fusione o IPO) o allo scioglimento della società o, infine, all’apertura
di una procedura concorsuale 120. Con l’investimento, il relativo finanziatore
acquista la possibilità di diventare automaticamente azionista (vantaggiosa-
mente, grazie a un forte sconto nel tasso di conversione) in caso di futuro au-
mento di capitale, quantomeno 121 alle medesime condizioni pattuite dal nuovo
investitore, spesso un VC che, investendo in capitale di rischio (seppur tramite
convertible preferred stock), si sarà sobbarcato gli oneri della negoziazione e,
in particolare, quelli connessi alla valutazione dell’impresa 122. Si tratta di un
negozio atipico, con caratteristiche vicine all’opzione (art. 1331 c.c.): il finan-
ziatore conferisce denaro che gli dà diritto di diventare azionista se e quando
la società farà un aumento di capitale e che invece sarebbe perso, come il
prezzo di un’opzione, se l’aumento non fosse mai fatto.
Quanto alle azioni privilegiate convertibili, esse attribuiscono agli angels
un vantaggio rispetto alle obbligazioni convertibili: tramite l’investimento in
capitale di rischio sono gli stessi angels a procedere alla valutazione della
startup e a determinare così l’entità della loro quota partecipativa molto prima
dell’intervento del VC.
9. L’intervento dei VCs.
Nella successiva fase di espansione e, eventualmente, in quella finale che
precede la quotazione in borsa, si assiste prevalentemente all’ingresso di inve-
stitori istituzionali quali fondi di venture capital e di private equity. I VCs ten-
dono a concedere finanziamenti corposi che si aggirano mediamente tra i 2 e
10 milioni USD per singolo round di finanziamento 123, con una durata media
120 In alcune versioni è peraltro previsto il diritto a partecipare ad eventuali distribuzioni di
dividendi pari passu con i soci (c.d. Post Money Safe).
121 Dato che potrà sempre applicare, se più conveniente, il c.d. SAFE price, su cui F. RE-
DOANO, Il SAFE,(nt. 119), 8.
122 La possibilità di conversione, che, come detto, è automatica e non a scelta del titolare, è
quindi solo eventuale e potrebbe non verificarsi mai se l’emittente non ottenesse finanziamenti
di venture capital e dunque non deliberasse alcun aumento di capitale successivamente alla
sottoscrizione del SAFE.
123 Cfr. D.M. IBRAHIM, The (Not So), (nt. 116), 1416.
385
Orizzonti del Diritto Commerciale
Fascicolo 2|2020
dell’investimento nella portfolio company di circa 5 anni 124. Inoltre, di strate-
gico valore per il fondatore è la consulenza e la reputazione fornite dal VC, il
quale comunemente presta attività di assistenza tecnica e manageriale, indivi-
dua ed attrae ulteriori investitori e personale chiave, etc. 125. Il primo fondo di
VC è stato probabilmente la American Research and Development Corp., co-
stituita nel 1946 da Georges Doriot, Professore della Harvard Business
School, e da Ralp Flanders, Presidente della Federal Reserve Bank di Bo-
ston 126. Attualmente, l’industria del venture capital più sviluppata a livello
mondiale è operativa nella Silicon Valley e, in misura minore, nella Route 128
di Boston, ove si rinvengono i fondi più importanti, come Kleiner Perkins e
Sequoia Capital 127.
Come già accennato, tali finanziatori investono nell’impresa innovativa in
modo incrementale, al raggiungimento di determinati obiettivi. In corrispon-
denza di ogni fase di finanziamento nuovi investitori possono aggiungersi,
dando così luogo ad una struttura finanziaria complessa e a potenziali conflitti
d’interesse tra gli investitori stessi. Il VC sottoscrive quasi esclusivamente, an-
che per preminenti ragioni fiscali 128, azioni privilegiate convertibili, le quali
assicurano diritti e tutele speciali rispetto a quelle riservate ai soci ordinari 129.
Tali strumenti finanziari attribuiscono perlopiù un diritto di preferenza nella
distribuzione degli utili (upside protection) e, inoltre, una preferenza nella ri-
partizione del residuo di liquidazione (downside protection), che può essere in
124 W.A. SAHLMAN, The structure and governance of venture-capital organizations, in J.
Fin. Econ., 1990, 487.
125 In argomento, v. T. HELLMANN-M. PURI, The Interaction between Product Market and
Financing Strategy: The Role of Venture Capital, in Rev. Financ. Stud., 2000, 959 ss.
126 Sulle origini storiche dell’industria del VC statunitense, v. P.A. GOMPERS-J. LERNER, A
Note on the Venture Capital Industry, Harvard Business School Background Note 295-065,
Nov. 1994, 4; W. WEITNAUER, Handbuch Venture Capital4, München, C.H. Beck, 2011, 19 ss.
127 Così D.M. IBRAHIM, Financing the Next Silicon Valley, in Wash. Uni. L. Rev., 2010, 717
ss., in part. 725.
128 Fra tutti, v. R.J. GILSON-D.M SCHIZER, Understanding Venture Capital Structure: A Tax
Explanation for Convertible Preferred Stock, in Harv. Law Rev., 2003, 874 ss.
129 In generale, cfr. K.M. SCHMIDT, Convertible Securities and Venture Capital Finance, in
J. Finance, 2003, 1139 ss.; W.W. BRATTON-M.L. WACHTER, A Theory of Preferred Stock, in
U. Pa. L. Rev., 2013, 1815 ss. Per dati empirici, S.N. KAPLAN-P. STROMBERG, Financial Con-
tracting Theory Meets the Real World: An Empirical Analysis of Venture Capital Contracts, in
Rev. Econ. Stud., 2003, 281 ss. (utilizzando un campione di 213 finanziamenti ad opera di VCs
in 119 società portafoglio, gli Autori rilevano che nel 95,8% di tutti i round di finanziamento
venivano utilizzate azioni privilegiate convertibili, quest’ultime rappresentanti in 79,8% dei
casi l’unico strumento finanziario emesso).
386 Orizzonti del Diritto Commerciale
Fascicolo 2|2020
forma participating o non participating. Le due forme si distinguono a secon-
da che assegnino (nel primo caso) o meno (nel secondo caso), oltre all’incasso
pieno dell’importo portato dalla preferenza liquidatoria in sé (solitamente un
multiplo dell’investimento originario o un importo fisso massimo), anche il
diritto alla distribuzione pro-quota della residua parte del prezzo corrisposto
all’esito della relativa operazione di cambio di controllo 130.
Inoltre, gli accordi di investimento prevedono usualmente il diritto all’as-
segnazione di utili cumulativi che, se non distribuiti, progressivamente vanno
ad accrescere la finale preferenza liquidatoria, nonché opzioni di conversione
in azioni di categoria diversa, patti anti-diluzione, diritti di prelazione e/o di
riscatto, clausole di tag along e drag along 131. Infine, di prassi è anche la pre-
visione di preferenze liquidatorie “improprie” in favore del VC, ossia di privi-
legi in sede di liquidazione (non della società, ma) dell’investimento tramite
cessione d’azienda, vendita delle partecipazioni o fusione 132.
È importante notare che frequentemente le preferenze liquidatorie eccedo-
no l’originario prezzo di acquisto della quota di partecipazione. Ciò comporta
che le azioni privilegiate acquistate dai VCs attribuiscono, di fatto, diritti pa-
trimoniali in qualche misura paragonabili a quelli spettanti ai sottoscrittori di
strumenti di debito 133, tanto è vero che possono verificarsi situazioni nelle
130 Secondo un recente studio empirico, la variante participating ricorre in California in più
del 60% dei casi, in altre regioni addirittura in percentuali ancora maggiori: v. O. BENGTSSON-
S.A. RAVID, The Geopgrahpy of Venture Capital Contracts, 36, disponibile su: https://
papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=1361827, ultimo accesso il 15 giugno 2020.
La variante non participating assomiglia invece per certi versi a un titolo di debito con-
vertibile.
131 Per utili riferimenti, v. P. GOMPERS-W. GORNALL-S.N. KAPLAN-I.A. STREBULAEV, How
do Venture Capitalists make decisions?, Working Paper NBER 22587, disponibile su:
http://www.nber.org/papers/w22587, ultimo accesso il 15 giugno 2020. In generale sulle clau-
sole di trascinamento e accodamento nel diritto societario italiano, v., fra molti, N. CIOCCA-G.
MARASÀ, Il trasferimento delle partecipazioni, in C. IBBA-G. MARASÀ (a cura di), Le società a
responsabilità limitata, (nt. 42), 620 ss.
132 Su tutti questi temi v. per una trattazione più ampia infra Parte III.
133 Sottolineano questa “peculiarità” caratterizzante siffatti strumenti di investimento ed i
conseguenti costi di agenzia connessi alla gestione dei rapporti tra differenti gruppi di investi-
tori e tra questi ed il fondatore, J.M. FRIED-M. GANOR, Agency Costs of Venture Capitalist
Control in Startups, in N.Y. Univ. Law Rev., 2006, 967 ss., in part. 982: «to the extent that VCs
retain their preferred stock, their cash flow rights are debt-like»; in giurisprudenza, v. Kennedy
v. Venrok Associates, 348 F.3d 584 (7th Cir. 2003), ove il Giudice prof. Richard Posner sot-
tolinea che un’azionista privilegiato «is a kind of lender, or at least quasi-lender». Nella nostra
dottrina, per simili riferimenti v. M. MOZZARELLI, I covenants e il governo della società finan-
ziata, Milano, Giuffrè, 2012, 90 ss.
387
Orizzonti del Diritto Commerciale
Fascicolo 2|2020
quali i VCs preferiscono la “prematura” liquidazione del proprio investimento
alla continuazione della società, anche attraverso operazioni come la fusione
(che negli Stati Uniti può essere regolata interamente in denaro: “cash out
merger”) 134. Ovviamente, optando per un investimento che ha comunque ca-
ratteristiche di capitale di rischio, il VC è in grado di controllare l’attività e le
decisioni societarie con modalità non usufruibili da parte dei detentori di puri
strumenti di debito (ad esempio, tramite diritti di veto su operazioni straordi-
narie, etc.).
I VCs pianificano sin da subito anche il loro exit, che può avvenire in diver-
so modo, normalmente in forma di quotazione in borsa della startup con ven-
dita delle azioni (convertite) sul mercato o di cessione della partecipazione ad
un’impresa concorrente (trade sale) 135.
10. L’importanza di un sistema “enabling”.
È noto che il successo del sistema Silicon Valley dipende dal concorso fa-
vorevole di molteplici fattori, tra cui spiccano il rapporto virtuoso di colla-
borazione tra industria e università (in particolare, Stanford), un mercato
del venture capital molto attivo e interconnesso 136, con sviluppo di impor-
tanti economie di reputazione 137, un intervento pubblico mirato 138, nonché
una forte propensione della comunità imprenditoriale e finanziaria all’in-
134 Per un caso emblematico in giurisprudenza, v. Orban v. Field, 1997 WL 153831 (Del.Ch.
1997). Per dettagli si rinvia a C.A. NIGRO, Venture capital-backed firms, trade sales e tutela
dell’imprenditore tra shareholder value maximization e equa valorizzazione, Tesi di dottorato di-
scussa presso la LUISS Guido Carli di Roma, disponibile su: https://eprints.luiss.it/1649/, ultimo
accesso il 15 giugno 2020, 162 ss.
135 Sul tema, D.G. SMITH, The Exit Structure of Venture Capital, in UCLA L. Rev., 2005,
315.
136 Si consideri che una parte significativa degli investitori ha la propria sede lungo la me-
desima via, ovvero Sand Hill Road, Menlo Park – California, al cui numero civico n. 3000 si
trovavano nel 1992 più di 30 fondi controllanti all’incirca il 10% del mercato statunitense del
VC. Per questi dati, v. J. LERNER, Venture Capitalists and the Oversight of Private Firms, in J.
Finance, 1995, 301 ss.
137 Sul ruolo del mercato della reputazione nello sviluppo dell’industria VC, v. B.S.
BLACK-R.J. GILSON, Venture capital and the structure of capital markets, (nt. 76), 254
ss.
138 Per una panoramica generale degli obiettivi perseguiti dall’intervento pubblico nel mer-
cato VC della Silicon Valley v. J. LERNER, When Bureaucrats meet Entrepreneurs: the Design
of Effective ‘Public Venture Capital’Programmes, in Econ. Journ., 2002, 73 ss.
388 Orizzonti del Diritto Commerciale
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novazione e condivisione delle conoscenze e della prassi contrattuale 139.
Un ruolo importante gioca anche il diritto societario, in particolare quello
del Delaware. Il dominio del diritto societario del Delaware è oggetto di am-
pio approfondimento dottrinale. Le relative ragioni giustificative sono state
identificate nella presenza di un apparato giudiziario altamente competente e
specializzato, di notevoli economie di rete e di apprendimento, nonché di in-
fluenti gruppi d’interesse 140. Qualunque sia il reale motivo di tale predominio,
è certo che il diritto societario del Delaware si contraddistingue per un forte ed
autentico riconoscimento dell’autonomia privata. In generale, si tratta di un
sistema largamente enabling basato su un approccio di policy non paternalisti-
co 141, che – come scrive l’autorevolissimo Leo Strine, già presidente della
Corte Suprema del Delaware – è molto «differente da quello rinvenibile in un
Paese di civil law, che molto presumibilmente è dotato di un diritto societario
prescrittivo pieno di clausole inderogabili specificanti esattamente come le so-
cietà debbono condurre i propri affari» 142. Il carattere flessibile e dispositivo
del diritto societario statunitense in generale, e di quello del Delaware in parti-
colare, hanno indubbiamente favorito il finanziamento di imprese startup con
modalità e strumenti contrattualmente innovativi 143.
139 Su questi argomenti cfr., fra molti, J.A. MCCAHERY-E.P.M. VERMEULEN-A.M. BANKS,
Corporate Venture Capital: From Venturing to Partnering, in D. CUMMING (a cura di), The
Oxford Handbook of Venture Capital, Oxford, OUP, 2012, 211 ss.; D.M. KHANNA, The Rise,
Decline, And Renewal of Silicon Valley’s High Technology Industry, Routledge, 1997. Sulla
possibilità di replicare altrove il peculiare ambiente della Silicon Valley californiana, v. R.J.
GILSON, Engineering a Venture Capital Market, (nt. 104); M. DA RIN-G. NICODANO-A. SEM-
BENELLI, Public Policy and the Creation of Active Venture Capital Markets, in Journ. Pub.
Econ., 2006, 1699 ss.; J. ARMOUR-D. CUMMING, The Legislative Road to Silicon Valley,
(nt. 76).
140 La letteratura sul tema è veramente sterminata, ma cfr. D.A. SKEEL, The bylaw puzzle in
Delaware corporate law, in Bus. Lawyer, 2016, 1 ss.; S.M. BAINBRIDGE, Introduction: Can
Delaware be dethroned?, in S.M. BAINBRIDGE-I. ANABTAWI-S.H. KIM-J. PARK (a cura di),
Evaluating Delaware’s Dominance of Corporate Law, Cambridge, CUP, 2018, 1 ss.
141 Per un ampio esame si vedano i contributi di autorevoli studiosi (come Bebchuk, Easter-
brook e Fischel, Kornhauser, Eisenberg) raccolti sotto il titolo Contractual Freedom and Cor-
porate Law, pubblicati in 89 Colum. L. Rev., 1989, 1395-1774.
142 L.E. STRINE JR., The Delaware way: how we do corporate law and some of the new
challenges we (and Europe) face, in Del. J. Corp. Law, 2005, 674. Nella dottrina europea, nel
senso dell’importanza di un diritto societario flessibile e non eccessivamente imperativo, quan-
tomeno per le società finanziate da VCs, T. BAUMS, Company law reform in Germany, in J.
Corp. Law Stud., 2003, 181 ss., in part. 182.
143 R.J. GILSON, Engineering a Venture Capital Market, (nt. 104), 1069: «the keystone of
the U.S. venture capital market is private ordering»; similmente C.A. NIGRO-J.R. STAHL, Ven-
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Orizzonti del Diritto Commerciale
Fascicolo 2|2020
A dire il vero, anche negli Stati Uniti si sono registrati dei tentativi di ap-
prontare regimi normativi ad hoc per la close corporation, i quali, tuttavia,
non hanno riscosso il successo auspicato, soprattutto nel mondo del VC 144. In-
fatti, mentre il fondo di venture capital è tipicamente organizzato in forma di
limited partnership, con gli investitori istituzionali (fondi pensione, banche,
assicurazioni e fondazioni, ecc.) operanti quali limited partners passivi ed i
promotori come general partners con pieno potere gestionale 145, la società
portafoglio oggetto di investimento risulta invece costituita come corpora-
tion 146. Nel diritto statunitense della corporation, l’ampia autonomia statutaria
riconosciuta ai soci ha costituito un valido strumento per il governo dell’im-
presa startup, senza necessità di ricorrere ad altri tipi societari. Unicamente
quando le regole della corporation, soprattutto per quanto attiene la disciplina
dei fiduciary duties 147 e delle corporate opportunities 148, si sono dimostrate
ture Capital-backed Firms, Unavoidable Value-destroying Trade Sales, and Fair Value Pro-
tections, destinato alla pubblicazione in Eur. Bus. Org. Law Rev. e consultato per la cortesia
dell’A.
144 Per uno sguardo d’insieme, cfr. S.W. STEVENSON, The Venture Capital Solution to the
Problem of Close Corporation Shareholder Fiduciary Duties, in Duke L. J., 2001, 1139 ss.;
T.J. WORTMAN, Unlocking lock-in: limited liability companies and the key to underutilization
of close corporation statutes, in N.Y.U. L. Rev., 1995, 1362 ss.
145 Sulla struttura del fondo di VC, si veda R.J. GILSON, Engineering a Venture Capital
Market, (nt. 104), 1070 ss.
146 Cfr. L.E. RIBSTEIN, The Rise of the Uncorporation, Oxford, OUP, 2010, 227; J. BANK-
MAN, The Structure of Silicon Valley Start-Ups, in UCLA L. Rev., 1994, 1737 ss.
147 V., sul punto, in particolare il caso In re Trados Inc. S’holder Litig., 73 A.3d 17 (Del.
Ch. 2013), ove gli azionisti ordinari proponevano, tra le altre, un’azione per violazione del duty
of loyalty da parte degli amministratori, espressione dei VCs quali titolari di azioni privilegiate.
La corte del Delaware riteneva che, in caso di controllo del board da parte del VC, lo standard
di condotta, nel caso di specie avente ad oggetto un’operazione di trade sale, passa dalla più
permissiva business judgment rule al più rigoroso entire fairness test. È opportuno precisare
che siffatto passaggio risulta particolarmente oneroso sotto il profilo processuale, giacché «the
entire fairness standard is inherently fact-intensive, requiring evidence about process and price,
it can be very difficult in that setting for directors to have litigation terminated at an early stage
when the factual record has not yet been developed»: così S.E. BOCHNER-A.L. SIMMERMAN,
The venture capital board member’s survival guide: handling conflicts effectively while wear-
ing two hats, in Del. J. Corp. Law, 2016, 8. Più recentemente, per casi simili, si veda Frederick
Hsu Living Trust v. ODN Holding Corp., No. 12108-VCL, 2017 WL 1437308 (Del. Ch. Apr.
24, 2017); In re Nine Sys. Corp. S’holder Litig., 2014 WL 4383127 (Del. Ch. Sept. 4, 2014).
Sul tema, amplius, R.P. BARTLETT III, Shareholder Wealth Maximization as Means to an End,
in Seattle U. L. Rev., 2015, 255 ss.
148 In argomento, L.E. STRINE JR.-J.TRAVIS LASTER, The siren song of unlimited contractual
freedom, in R. W. HILLMAN-M. J. LOEWENSTEIN (a cura di), Research Handbook on Partner-
390 Orizzonti del Diritto Commerciale
Fascicolo 2|2020
d’ostacolo al pieno operare della libertà contrattuale, il ricorso alla LLC (Limi-
ted Liability Company) ha rappresentato una alternativa, spesso colta anche
dai fondi di VC 149. Tuttavia, per superare anche tali ostacoli, il diritto societa-
rio è stato subito modificato, sicché dal 2000 si consente nel Delaware di
escludere statutariamente l’applicazione del divieto di appropriazione di cor-
porate opportunities, novità normativa – questa – accolta con grande entusia-
smo da parte delle società e dei loro investitori 150. A livello statistico, in ogni
caso, i fondi VC investono prevalentemente in corporation e non in LLC, e ciò
sia per ragioni fiscali che per semplificare l’uscita finale dall’investimento
tramite IPO senza bisogno di una previa trasformazione societaria 151.
È quindi tenendo a mente quanto appena osservato circa il ruolo propulsivo
dello sviluppo del VC financing assunto da un diritto societario ampiamente
derogabile 152 che possiamo ora volgere l’attenzione ai problemi sollevati dalle
riforme del 2012-2017.
ships, LLCs and Alternative Forms Business Organizations, Cheltenham, Elgar, 2015, 11 ss..
T. WOOLF, The Venture Capitalist’s Corporate Opportunity Problem, in Colum. Bus. L. Rev.,
2001, 473 ss.; M. GELTER/G. HELLERINGER, Corporate Opportunities in the US and in the UK,
ECGI Working Paper N° 346/2017, 1 ss., disponibile su https://ecgi.global/sites/default/files/
working_papers/ documents/346-2017.pdf, ultimo accesso il 15 giugno 2020.
149 Cfr. J.R. MACEY, The Limited Liability Company: Lessons for Corporate Law, in Wash.
Univ. Law Q., 1995, 433 ss.; L.E. RIBSTEIN, The Rise, (nt. 146), 119 ss. (ove parla icasticamen-
te della “LLC Revolution”). Per dati statistici, v. O. ELDAR-J. GRENNAN-K. WALDOCK, Com-
mon ownership and startup growth, Duke Law School Public Law & Legal Theory Series No
2019-42, disponibile su: https://ssrn.com/abstract=3406205, ultimo accesso il 15 giugno 2020.
150 Del. Code Ann. tit. 8, § 122 (17). Sul tema G. RAUTERBERG-E. TALLEY, Contracting out
of the Fiduciary Duty of Loyalty: An Empirical Analysis of Corporate Opportunity Waivers, in
Colum. Law Rev., 2017, 1075 ss., che illustrano le ragioni per cui la misura ha avuto un grande
successo, a conferma della forte domanda per un diritto societario fatto di regole suppletive
anziché imperative.
151 Così L.E. RIBSTEIN, The Rise, (nt. 146), 228, nt. 581.
152 Al punto che già nel 2002 si profetizzava che «col crescere dell’importanza del venture
capital e di altre moderne forme di finanziamento delle imprese, crescerà anche la spinta verso
l’eliminazione di regole la cui rigidità impone costi significativi agli investitori»: L. ENRIQUES-
J.R. MACEY, Creditors versus capital formation: the case against the European legal capital
rules, in Corn. Law Rev., 2002, 1165 ss., pubblicato in italiano (da cui si cita) con il titolo Rac-
colta del capitale di rischio e tutela dei creditori: una critica radicale alle regole europee sul
capitale sociale, in Riv. soc., 2002, 78 ss., in part. 119; v. inoltre J.A. MCCAHERY-E.P.M.
VERMEULEN, Business Organization Law and Venture Capital, in J.A. MCCAHERY-L. REN-
NEBOG (a cura di), Venture Capital Contracting and the Valuation of High Technology Firms,
Oxford, OUP, 2003, 162 ss., in part. 173-178, ove la proposta, al fine di favorire la nascita e la
crescita di imprese innovative, di introdurre anche in Europa un tipo di società di capitali im-
prontato alla massima autonomia statutaria, sulla scia della LLC nordamericana.
391
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PARTE III: L’APERTURA DELLA NUOVA S.R.L. AI FINANZIAMENTI DI
VENTURE CAPITAL
Sezione I: Questioni di metodo
11. L’intepretazione adeguatrice della disciplina della s.r.l.
Nell’affrontare i problemi del recepimento della prassi VC in Italia si in-
contrano, con precipuo riferimento alla disciplina della s.r.l., due potenziali
ostacoli, un primo di carattere normativo e un secondo più propriamente cultu-
rale. Il primo è costituito dalle norme codicistiche della s.r.l., sino al 2012
considerate imperative in quanto espressione del principio di rilevanza centra-
le del socio posto a base della riforma del 2003. Il secondo coincide con
l’atteggiamento, diffuso in dottrina, di tornare a guardare alla (nuova) s.r.l.
dalla prospettiva della s.p.a., ossia della società che tradizionalmente fa ricorso
all’offerta al pubblico, in nome del fenomeno del crowdfunding e dimentican-
do invece le esigenze del venture capital.
12. È ancora attuale e vigente un principio di “rilevanza centrale del
socio”?
Si è appena accennato al fatto che la riforma del 2003, presupponendo co-
me fenomeno della realtà unicamente una s.r.l. formata da soci imprenditori,
abbia modellato il nostro tipo sulla base del principio di rilevanza centrale del
socio, dettando tutta una serie di regole volte ad assicurare il rispetto della
proporzione di ciascun socio nella partecipazione al contratto sociale. I punti
di emersione di tale principio sono stati individuati nell’art. 2481-bis c.c., che,
con regola particolarmente rigida nel panorama comparatistico 153, per l’au-
153 V., ad esempio, in Germania il § 55 GmbHG, il quale in materia di aumento reale del
capitale socia