Content uploaded by Luca Ruggero Jacovella
Author content
All content in this area was uploaded by Luca Ruggero Jacovella on May 06, 2020
Content may be subject to copyright.
Luca Ruggero Jacovella
1
Riflessione fenomenologica sui compensi per diritto d’autore.
Il “gradiente audiotattile”.
La questione quantitativo-patrimoniale del diritto d’autore per le cd. “utilizzazioni”1 del repertorio tutelato
è, da sempre, oggetto di discussioni, di contrattazioni tra le parti, e di aspre critiche mosse alla Società
Italiana degli Autori ed Editori (S.I.A.E.). La narrazione giunta fino a noi, tratta l’argomento esclusivamente
dalla posizione dell’avente diritto, di chi autorizza l’uso di un bene immateriale analogo alla proprietà
privata. Tra i “titolari” di tale diritto e gli “utilizzatori”, esiste però un’altra categoria eterogena di soggetti,
individuati dalla cultura giuridica come “interpreti”.
Il giusto equilibrio, comunque, tra la remunerazione degli autori e degli editori, da una parte, e la pratica
dell’arte musicale, dall’altra, è difficile da trovare. A mio avviso, tale equilibrio non è stato ancora trovato e
cercherò di spiegarne le motivazioni in questo breve contributo che andrà ad indagare più profondamente
le diverse fenomenologie di “utilizzo” delle opere dell’ingegno.
La SIAE distingue, a grandi linee, tra “Spettacoli/Concerti” e “Trattenimenti”, la cui differenza sostanziale
risiede nell’accessorietà, o viceversa, nella prevalenza delle esecuzioni musicali rispetto all’attività
principale dell’esercizio2.
Semplificando, in entrambi i segmenti, il criterio per la base di calcolo del compenso del diritto d’autore è
del 5% su introiti da consumazioni e cene, o del 10% sui biglietti d’ingresso/titoli di accesso.
Nei Trattenimenti, i compensi fissi minimali sono i medesimi a prescindere se la musica viene suonata dal
vivo o viene diffusa da un DJ. E’ pensiero comune, dunque, che si tratti sempre e comunque di
“utilizzazioni”/ ”sfruttamento” di opere tutelate, con lo stesso peso e significato, in entrambe le
fenomenologie (dal vivo/non dal vivo).
Ebbene, questo pensiero – che mi accingo a dimostrare contenere forti criticità - ha origine remote (lo si
può far risalire allo sviluppo della scrittura, attraverso la supremazia della cognizione visiva nell’era della
“modernità”) e passa poi per una cultura ottocentesca che ha dominato gli assetti del diritto e delle arti
performative: la cd. “ontologia della Werktreue” – l’ideale filosofico romantico di fedeltà all’opera prodotta
e fissata dal genio creativo3. E’ una cornice di pensiero che, più tardi, con la legge sul diritto d’autore n. 633
del 1941, ha comunque concepito la tutela anche per gli “artisti interpreti esecutori”. Questi ultimi, però,
tutelati attraverso lo strumento di un nuovo diritto (“diritto connesso”) avente natura ancillare rispetto a
quello principale dell’autore: si è assunto, quindi, che gli artisti interpreti esecutori andassero ad eseguire
un’opera scritta e composta da un altro soggetto, mediando la stessa tra il compositore e il pubblico
attraverso il filtro della propria personalità. Il suddetto schema rimane però sempre all’interno di una
cornice di rapporto “diadico” tra l’oggetto compositivo in partitura e l’insieme delle possibili esecuzioni /
occorrenze.
La concezione appena esposta vede, infatti, l’opera come una creazione “chiusa”, perfettamente compiuta:
1 Legge n. 633/41 – Capo III sezione I: “Protezione della utilizzazione dell’opera”.
2 Si tralascia, in questa sede, ulteriori differenziazioni operate dalle norme vigenti, in particolare dalla Circolare
dell’Agenzia delle Entrate n. 165/E del 17.09.2000, che distingue tra “partecipazione attiva” (così considerata nei
Trattenimenti o “Concertini” secondo precedente denominazione) e “partecipazione passiva” (così considerata negli
Spettacoli-Concerti), e tra la sussistenza del richiamo di pubblico a mezzo di pubblicità specifica o meno.
3 Vedi “La teoria delle musiche audiotattili e il diritto d’autore. Una revisione paradigmatica”, Vincenzo Caporaletti e
Luca R. Jacovella, Rivista di Diritto delle Arti e dello Spettacolo, 2/2017, PM Edizioni
Luca Ruggero Jacovella
2
una “res facta” cristallizzata attraverso la simbologia grafica della notazione musicale, ovvero le “istruzioni”
per essere eseguita e comunicata al pubblico: ciò vale per la “musica di tradizione scritta occidentale”, o
comunemente detta “musica classica”, o anche, secondo la denominazione in uso nella SIAE, “musica
seria”.
Il secolo scorso ha portato con sé, invece, un enorme cambiamento dal punto di vista dell’antropologia
culturale (“shift cognitivo”) e del fare musicale, costituito dal medium tecnologico di registrazione e
riproduzione video-fonografica.
E’ superfluo ricordare che, proprio avvalendosi di questo straordinario mezzo, insieme alla radiofonia, si è
sviluppata una nuova fenomenologia creativa ed espressiva: la “popular music”, come comunemente è
stata chiamata nel corso del tempo, o, più correttamente, individuata attraverso l’innovativa categoria
concettuale etnomusicologica delle “musiche audiotattili” (Caporaletti 2005, 2014, 2019)4.
In questa particolare fenomenologia (oggi studiata nei Conservatori di musica e in diverse Università
internazionali5), il mezzo della scrittura è residuale; allorché presente, esso non ha valore ”prescrittivo”, e
non possiede statuto di “irrevocabilità” come invece nella musica “classica”. Sono musiche che sfuggono
all’imperativo della ripetibilità uniforme, ideale e fondamento – quest’ultimo - della tradizione scritta.
Le opere e i grandi successi di questa galassia musicale sono quelle il cui testo è inscritto nel medium
fonografico (il disco), o comunque create all’interno della civiltà elettronica della nostra era: sono brani
quasi sempre nati e realizzati in studio di registrazione, attraverso la manipolazione creativa di suoni, di
strumenti, di ipotesi di mixaggio, per tentativi e approssimazioni, e che si avvalgono nella loro dimensione
estetica di una specifica “grana della voce” (Barthes 1962/1980).
Prendiamo ad esempio i successi dei Beatles: i “Fab Four” non possedevano alcuna alfabetizzazione
musicale, si chiudevano in studio insieme al loro produttore arrangiatore, e creavano delle opere
discografiche anche molto complesse e sperimentali.
Suonare Hey Jude dal vivo oggi, non significa “eseguire una partitura”, perché tale documento
semplicemente non esiste, contrariamente a quanto si potrebbe immaginare. Esistono invece delle
riduzioni editoriali essenziali del tema, che prevedono come dato imprescindibile l’aggiunta di un quid, di
un know-how creativo da parte del performer, definito dal modello teorico di Vincenzo Caporaletti come
“estemporizzazione”6 (attraverso la quale il prodotto coincide con il processo formativo). Difatti, se
qualcuno volesse “eseguire” l’opera Hey Jude, dovrebbe avvalersi di una trascrizione integrale di ogni suono
fissato sulla registrazione originale, per ogni strumento e voce, e provare ad eseguirla con medesimo
4 Il neologismo audiotattile, coniato da Vincenzo Caporaletti (univerbizzando audio-tattile), al di là della specifica
valenza scientifico-filosofica, è oggi operativamente adottato nella nomenclatura ordinamentale delle discipline ad
indirizzo jazz nei Conservatori italiani. La dicitura delle classi di studio è “Discipline interpretative dl jazz, delle musiche
improvvisate e audiotattili”; all’interno di questa Area, tra i Settori Artistico-Disciplinari, vi è la “Storia del jazz, delle
musiche improvvisate e audiotattili” (CODM/06). L’area disciplinare e il settore disciplinare così denominati sono stati
introdotti a seguito del recepimento degli esiti della Teoria delle Musiche Audiotattili da parte del Ministero
dell’Istruzione, Università e Ricerca (MIUR), con emanazione del Decreto Ministeriale 22/01/2008 n. 483 e dei DD.
MM. 3/07/2009 n. 90 e 30/09/2009 n. 124 (e successivi), a seguito della delibera del CNAM (Consiglio Nazionale per
l’Alta Formazione Artistica e Musicale) del 20/12/2007, prot. 9685. In questo senso il termine (e concetto) audiotattile
è stato ufficialmente assunto come riferimento istituzionale per i linguaggi del jazz, del pop e della world music.
5 Gli studenti iscritti ai corsi di musica jazz dei Conservatori sono stati 3.506 nell’A.A. 2016/2017, dato ANVUR
6 Processo creativo in tempo reale che può in linea generale rappresentarsi come diretta istanziazione sonora di
un’unità di concettualizzazione musicale – di un modello, di consistenza immaginativa – attraverso il filtro della
psicosomatica formatività audiotattile del “Principio Audiotattile”, che contribuisce a conferire tratti formali
strutturalmente costitutivi e assiologicamente rilevanti.
Luca Ruggero Jacovella
3
organico, non potendo contare, però, sul timbro vocale unico e personale dei quattro celebri artisti,
elemento che ha reso immediatamente riconoscibile quel determinato prodotto artistico (a differenza delle
opere appartenenti alla tradizione scritta, non legate in modo univoco al timbro di un interprete).
Si tratta, quindi, di una fenomenologia di musiche “autografiche” - e non “allografiche” (Caporaletti 2005),
nelle quali ogni estemporizzazione (da non confondere con la “interpretazione” della musica scritta)
costituisce, dal punto di vista del dominio dell’estetica, un’opera a sé (ad es. la versione di Yesterday incisa
da Marvin Gaye, totalmente difforme dall’originale dei Beatles; o My Favorite Things – di R.Rodgers -
suonata e incisa da John Coltrane).
Nelle performance di musica creativa (indipendentemente da come inquadrate dai criteri normativi come
concerti o come trattenimenti), come ad esempio nel jazz o nella world music (e nei quali compositori e
performer spesso non coincidono), la componente “autoriale” tutelata da Siae è fattualmente limitata
rispetto a quanto si possa credere: un tema tutelato formato anche da poche battute (come ad es. la forma
blues, o gli standard) si trasforma in enunciati sonori temporalmente lunghi, nei quali la componente
creativa estemporizzata (e improvvisata) - “strategia creatrice” - è spesso ben maggiore rispetto a quella
autoriale di partenza. Eppure tutta questa produzione musicale dal vivo, anche in virtù del criterio pro rata
temporis, viene quasi sempre ricondotta, ingiustamente, al titolo in programmazione.
Abbiamo, dunque, da una parte la “riproduzione” tecnologica di un file musicale pre-esistente: la musica
diffusa da un DJ o da uno streaming nella quale si utilizza l’opera composta, prodotta e incisa da altri,
attraverso il semplice azionamento di un tasto (per semplificare, in questo contributo non sto prendendo in
considerazione i fenomeno di manipolazione creativa del suono in tempo reale ad opera di DJ-producer).
Dall’altra parte abbiamo, invece, delle opere che non vengono assolutamente “riprodotte”, ma vengono
fatte vivere - o rivivere - attraverso la sapiente mediazione psico-fisica del performer.
Nel caso delle “musiche audiotattili”, il performer estemporizza un modello figurale anche di tipo
mnemonico (oppure solo tracciato da una griglia di sigle armoniche, o – da un canovaccio semplificato
diastematico -) reinventando all’istante (ex-tempore) contenuti e condotte di qualsiasi parametro musicale,
in modo “costituente”. Il dato rilevante, per coloro che approcciano per la prima volta questo modello
teorico, è che tutti i performer operano secondo una estemporizzazione “costituente” di un dato materiale
musicale la cui partitura prescrittiva non è prevista dalla prassi (salvo arrangiamenti scritti ad hoc o casi
particolari). Una condotta specifica tipicizzata, quindi, equivalente ad un “programma operativo” che
sovente conferisce nuovi significati estetici ed emotivi: come o più dei Rapsòdi dell’Antica Grecia.
Ebbene, queste macroscopiche differenze tra una fenomenologia e l’altra, nel sistema concettuale e
tariffario delle società di gestione del diritto d’autore, non vengono considerate:
che un’opera discografica di repertorio venga riprodotta meccanicamente e così utilizzata in pubblico, o che
il suo modello simbolico o mnemonico interiorizzato nella coscienza di un artista sia un mero punto di
partenza per una nuova creazione dell’ingegno umano nel qui ed ora della performance, è – allo stato –
ininfluente.
Da un punto di vista culturale e scientifico, ciò risulta essere altamente problematico: una aporia dalla
natura dogmatica, stante la genericità del campo semantico “utilizzazione” così come indicato nella Legge
di riferimento. Ritengo sia importante perciò intervenire con un cambio di paradigma, anche se con circa un
secolo di ritardo!
Differenziare finalmente il paradigma dei compensi per diritto d’autore nelle “pubbliche esecuzioni”,
evidenziando un più equo rapporto tra fenomenologie assolutamente opposte (musica dal vivo vs musica
riprodotta), risulterebbe essere un’operazione storica, un segno tangibile che, nel riconoscere il valore
intellettuale dei performer, incentiverebbe e aumenterebbe le occasioni per fare musica nei pubblici
esercizi e nei luoghi della cultura.
Luca Ruggero Jacovella
4
Di seguito si propone un grafico che rappresenta empiricamente la proporzione tra il “peso” della
componente autoriale (diritto d’autore, colore blu), e la componente estemporizzazione / interpretazione /
improvvisazione,– il “tasso di informatività” o “gradiente” audiotattile - (colore rosso) nei diversi casi
d’esempio:
In questa proiezione, i dati quantitativi si suggerisce essere esemplificati approssimativamente come segue
(incidenza del materiale pre-composto):
Diritto d’autore nella riproduzione di musica “non dal vivo”: 100% della ratio attualmente prevista
Diritto d’autore nella musica dal vivo – di tradizione scritta (“classica”): 90% della ratio (…)
Diritto d’autore nella musica dal vivo – genere Pop: 60% della ratio (…)
Diritto d’autore nella musica dal vivo – generi Jazz, World, ecc.: 30% della ratio (…)
Bibliografia selezionata:
Vincenzo Caporaletti, I processi improvvisativi nella musica. Un approccio globale, LIM, Lucca, 2005; ID.,
Swing e Groove. Sui fondamenti estetici delle musiche audiotattili, LIM, Lucca, 2014.
Vincenzo Caporaletti, Introduzione alla teoria delle musiche audiotattili. Un paradigma per il mondo
contemporaneo”, Roma, Aracne, 2019.
Vincenzo Caporaletti Luca Ruggero Jacovella, La Teoria delle musiche audiotattili e il diritto d’autore. Una
revisione paradigmatica, Rivista di Diritto delle Arti e dello Spettacolo 2/2017, Pm Edizioni.
Nelson Goodman, Languages of Art, Bobbs-Merrill, New York, 1968.
Alessandro Bertinetto, Eseguire l’inatteso. Ontologia della musica e improvvisazione, 2016
George Martin, Summer of Love: the Making of Sgt. Pepper, La Lepre Edizioni, Roma, 2013.
________________________
Luca Ruggero Jacovella 2020
info@lucajacovella.com
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
90%
100%
Mus. Riprodotta
mecc. /DJ Mus.tradizione
scritta Mus. Pop Mus. Jazz/World