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Volume vi (2019), numero 1
Saggi
Teologia della scienza.
Lo status quaestionis e possibili sviluppi ulteriori
M A O*
* Università Niccolò Copernico, Facoltà di Teologia (Torún, Poland)
e-mail: oleksowicz.michal@gmail.com
Abstracts
In questo articolo si discute la specificità e l’importanza dell’idea di
teologia della scienza proposta dal filosofo e teologo polacco Michał
Heller, ricostruendo sommariamente i tratti salienti di questa discipli-
na, spiegando i temi principali di cui si occuperebbe la teologia della
scienza e mostrando alcune obiezioni ad essa rivolte, allo scopo di for-
mulare alcune osservazioni epistemologiche e proposte per un ulterio-
re sviluppo della disciplina.
In this paper we discuss the specificity and the importance of the idea
of theology of science proposed by the Polish philosopher and theologian
Michał Heller, summarily reconstructing the salient features of this
discipline, explaining the main themes that this branch of knowledge
would deal with and showing some objections addressed to it, in order
to formulate some epistemological observations and proposals for fur-
ther development of the discipline.
Keywords
Teologia della scienza – Heller – Dialogo Scienza-Religione – Filosofia della Scienza
Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere
derivate 4.0 Internazionale.
I. Introduzione
Secondo alcuni obiettori il fatto che la teologia moderna, dopo il
Concilio Vaticano II, segua la sorte di specializzazione crescente
delle diverse discipline (p.es. teologia della liberazione, dell’eco-
logia, etc.), può portare al rischio di privare la riflessione teolo-
gica del suo proprio contenuto. In tale contesto nasce anche la
domanda circa il valore e la necessità dell’idea di teologia della
scienza proposta dal polacco Michał Heller (Tarnów, 1936-), che
ha ricevuto nel 2008 il Premio Templeton. Egli è conosciuto nel
mondo come teologo, fisico e cosmologo, ma anche come filosofo
della natura, della fisica ed è noto anche come esperto nell’ambi-
to dello studio normalmente indicato come Science and Religion1.
Il problema di stabilire quali rapporti intercorrono tra te-
ologia e scienza è molto serio e da molti secoli è presente nel
pensiero europeo. Considerando l’alto grado di interesse per
le scienze empirico-matematiche e di tecnologizzazione nella
cultura occidentale, si può anche definirlo come esistenziale.
In effetti, sembra che siamo ormai lontani da quelle epoche in
cui la teologia dominava (guidava) le altre discipline. Tuttavia,
oggi sembra che la teologia e la scienza abbiano delimitato le
reciproche sfere d’influenza professando «un credo di non in-
tervento». Sarebbe interessante studiare come si è potuta cre-
are questa situazione, ma questo va oltre lo scopo della nostra
indagine, anche se sembra che essa sia dovuta alla forte critica
1 M. H, Statement by Professor Michał Heller at the Templeton Prize
News Conference, March, 12th, 2008, in Zagadnienia Filozoficzne w Nauce
(Philosophical Problems in Science) XLIII (2008), 13-17.
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nei confronti della metafisica2. Se oggi si pensa che la teologia
e la scienza non hanno punti di contatto, il motivo di tale di-
scordanza richiede un tipo di riflessione teologica e filosofica3.
II. Dialogo e Denominatore Comune
Alla luce del «patto di non intervento» menzionato sopra, si nota
che secondo Heller la filosofia, la teologia e la scienz a sono sempre
state intrecciate, e la forte demarcazione fra esse ha avuto, come
mostra la storia, un effetto negativo su entrambe4. Come deno-
minatore comune per la possibilità di un dialogo fra le discipline,
Heller considera la questione della razionalità, ovvero il miste-
ro dell’intelligibilità del mondo (comprehensibility of the world).
Si noti che dal punto di vista teologico, il mondo creato è
impregnato dal senso e dai valori. Per evitare di fare confusio-
ne Heller propone di usare il termine «significato» per riferirsi
alle espressioni linguistiche, il termine «senso» per riferirsi agli
oggetti extra-linguistici. Egli spiega che il senso ascritto agli og-
getti – «il senso per qualcuno» – diventa un tipo di valore (con
un certo aspetto epistemico). Heller evidenzia che le strutture
matematiche hanno un «senso sintattico», ma quando sono usa-
2 A. K, Miracoli e verifiche. Due testi inediti su teologia e scienza, Ma-
rietti 1820, Bologna 2018, 13-16; orig. francese, De la mystique à la science.
Cours, conférences et documents, 1922-1962. Nouvelle édition revue et augmentée,
préfacée par Pietro Redondi, En temps et lieu, 13, Paris 2016.
3 D. L, Le figure del dialogo scienza-teologia: ostacoli e prospettive, in
R. M – J.J. S, ed., Dio e la natura, Armando, Roma
2002, 13-15.
4 M. H, Nowa fizyka i nowa teologia, Copernicus Center Press, Kra-
ków 2014, 41-120. M. H, Sens życia i sens wszechświata. Studia z te-
ologii współczesnej, Copernicus Center Press, Tarnów 2008, 21-23, 49-53.
O.P, Historical interaction between science and religion, in J. F-
– I. P, ed., Science and Religion. One World – Changing Perspectives on
Reality, Springer, Berlin 1990, 139-160.
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te per la modellizzazione del mondo evocano anche un «sen-
so semantico». Possiamo quindi parlare non solo del senso di
certi modelli, ma anche del senso di intere teorie. In tal modo
gli scienziati parlano di armonia o di bellezza delle strutture
matematiche, oppure di tutta la scienza. Poiché le teorie par-
lano di alcuni aspetti del mondo, possiamo parlare del «senso
dell’Universo». Questo senso consiste nell’armonia del mondo
e nel fatto che il mondo si sottopone al metodo matematico.
Heller evidenzia che il suo ragionamento è bidirezionale: at-
tribuiamo al mondo il senso sulla base del metodo empirico;
l’Universo si presenta come Tutto armonioso, che è conoscibile5.
Il filosofo, proponendo queste considerazioni sul senso, evi-
denzia che ai nostri giorni c’è un diffuso dibattito sui valori epi-
stemici nella scienza (coerenza, concordanza con i dati empirici,
semplicità, eleganza matematica). Nella prospettiva teologica
senso e valori troverebbero il loro fondamento nel Logos (Senso)
divino. D’altra parte, si nota che tutta la scienza si fonda sull’idea
di razionalità. Perciò sembra che il tema del Logos e razionalità
siano i concetti chiave del pensiero di Heller per creare ponti fra
le scienze e la teologia/filosofia6. Inoltre, Heller considera i valori
etici (morali) come collocati oltre il campo del metodo scientifi-
co, e pertanto essi sarebbero un tema particolarmente importan-
te per la teologia della scienza. In effetti, se i valori (epistemici,
5 H, Sens życia i sens wszechświata, 168-208.
6 M. H, Scientific Rationality and Christian Logos, in R.J. R –
G.V. C - W.R. S, ed. Physics, philosophy and theology: A Com-
mon Quest for Understanding, Vatican Observatory, Vatican State 1997, 141-
150; M. H, Science and eology, in J. B - F. B
- T.P (eds.), e Blackwell Companion to Catholicism, Blackwell,
Malden-Oxford-Carlton 2007, 477-489.
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etici) esistono, da ciò risulta che la riflessione assiologica non è
arbitraria, ma che il senso trova le sue radici in ciò che è naturale7.
Heller, come si è detto, sottolinea il fatto che la creazione
del mondo sia la realizzazione di un progetto divino, il qua-
le spiegherebbe l’intelligibilità del mondo, ma anche tutto ciò
che è legato al problema dei valori. Pertanto, sembra che a
quest’intuizione corrisponderebbe il classico trattato di teolo-
gia dedicato ai fini della creazione. Anche se Heller non ap-
profondisce molto la problematica dei valori (fini), sembra che
la proposta di D. Lambert, con la sua idea di descrivere la te-
ologia e la scienza a livello ontologico (dove il concetto chia-
ve sarebbe la causa finale e la problematica dell’ente), episte-
mologico (con la questione centrale sui presupposti metafisici
della scienza e la ricerca dell’unità e del senso della natura) ed
etico (la riflessione critica sulle implicazioni etiche dell’attivi-
tà scientifica)8, potrebbe essere vista come la giusta direzione
per spiegare ciò che Heller ha preliminarmente delineato. In
tal modo la teologia potrebbe «aiutare a interpretare l’intelli-
gibilità della natura come segno di un dono ricevuto, mani-
festazione della sua stessa finalità: comprendere come unico
sia il Fondamento di ciò che è visibile e invisibile, come uni-
co sia il rimando a un Soggetto in relazione con il Cosmo»9.
7 Questa direzione della ricerca filosofico-teologica corrisponderebbe all’in-
vito di Giovanni Paolo II racchiuso nell’enciclica Fides et ratio (1998), nr 81:
«La parola di Dio rivela il fine ultimo dell’uomo e dà un senso globale al suo
agire nel mondo. E per questo che essa invita la filosofia ad impegnarsi nella
ricerca del fondamento naturale di questo senso».
8 D. L, Sciences et théologie. Les figures d ’un dialogue, Presses Universi-
taires de Namur - Éditions Lessius, Namur-Bruxelles 1999, 106-125.
9 F. M, Creazione e cosmologia scientifica. Problemi epistemologici e op-
portunità speculative, in Aquinas LXI (2018) 1-2, 163.
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III. Le idee fondamentali della teologia della scienza
1. Definizione della teologia della scienza
Sulla base del tema della razionalità Heller ha sviluppato le
idee del progetto di teologia della scienza nel suo libro Nowa
fizyka i nowa teologia10, riferendosi alle proposte formulate negli
anni ‘80. Infatti la prima pubblicazione spiegava questo con-
cetto nel testo post-congresso del suo amico e collaboratore
Josef Życiński, dopo il Secondo Seminario Interdisciplinare
a Castel Gandolfo nel 198211. Essenzialmente, Heller con-
sidera la teologia della scienza come una riflessione teologica
sulle scienze, che indagherebbe sulle conseguenze del fatto,
che le scienze empiriche esaminano il mondo creato da Dio.
Heller spiega, che quando usa la nozione di teologia della
scienza, intende soprattutto la teologia della creazione. Si noti
che al punto di partenza della sua riflessione il cosmologo polac-
co sottolinea che l’universo della scienza è solo una parte dell’u-
niverso della teologia, il che significa che il mondo materiale,
nella prospettiva teologica, è più ricco rispetto allo stesso mondo
visto dalla prospettiva della scienza empirica, perché la teologia
può pronunciare sul «mondo materiale» i contenuti che non ri-
entrano nei limiti del metodo empirico, cioè quei contenuti che
non appartengono all’Universo della scienza. Per Heller, que-
sti contenuti sono descritti soprattutto secondo i seguenti tre
aspetti che sono visibili solo usando il metodo teologico, e che
la teologia della scienza dovrebbe prendere in considerazione.
10 H, Nowa fizyka i nowa teologia, 150-154.
11 J. Ż, W poszukiwaniu teologii nauki, in J.A. J – P. L -
, ed., Nauka-religia-dzieje: II Seminarium Interdyscyplinarne w Castel
Gandolfo, 6-9 września 1982 roku, OUKP, Kraków 1984, 85.
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Il primo sarebbe la contingenza del mondo, ovvero la
sua esistenza in dipendenza dal Creatore12. Tuttavia la teolo-
gia della scienza sarebbe diversa dalla protologia classica nel
senso che, oltre ai concetti filosofici classici, usa l’apparato
concettuale della filosofia della scienza. Si pone quindi il pro-
blema di come la teologia della creazione, che usa i modelli
metafisici per esprimere il contenuto della Rivelazione, po-
trebbe essere arricchita facendo riferimento ai dati scientifici.
Anche se la teologia è una riflessione sul contenuto della Ri-
velazione, e non direttamente sulla scienza, tuttavia questa ri-
flessione deve essere fatta nel contesto di comprensione prepa-
rato dalla scienza. Inoltre, se la teologia deve avere un valore
antropologico, non può rinunciare al dialogo con le scienze,
che sono una delle condizioni necessarie per capire l’uomo13.
Il secondo aspetto è il fatto che il mondo è impregnato di
valori (p.es. lo scopo è un valore) verso i quali il metodo empirico
è essenzialmente insensibile. La creazione del mondo, la caratte-
ristica del mondo in quanto traccia di Dio secondo il dogma del
Vaticano I e il destino del mondo per partecipare alla realtà della
salvezza, esprimono i suoi valori fondamentali. Dal punto di vi-
sta teologico, il valore della scienza sta nel fatto che essa cerca la
verità e, esaminando l’Universo, scopre la Verità su di esso, conte-
nuta nell’opera della creazione. Nel trattato classico De Creatione
12 P. R - T. H, Seeing God: omas Aquinas on Divine Presence
in the World, in Bogoslovni vestnik/eological Quarterly 79 (2019) 3, 739-749.
13 Per vedere in che modo la filosofia della scienza può significativamente
agevolare il dialogo sugli aspetti metafisici presenti nella filosofia classica
e nel pensiero teologico cf. M.J. D, Unlocking Divine Action. Contem-
porary Science and omas Aquinas, Catholic University of America Press,
Washington 2012; M. T, e metaphysics of downward causation:
Rediscovering the formal cause, in Zygon 48 (2) 2013, 380-404; M. T-
, Emergence and Downward Causation Reconsidered in Terms of the
Aristotelian-omistic View of Causation and Divine Action, in Scientia et Fides
4 (2016)1, 115-149.
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si parla dello scopo della creazione, ma solo dal punto di vista
del Creatore, invece nella teologia della scienza si potrebbero
considerare obiettivi intermedi, discutendo sullo scopo dell’evo-
luzione cosmologica e biologica. Infatti, l’oggetto della teologia
della scienza sarebbe il mondo in quanto portatore dei valori
fondamentali, e il soggetto che lo conosce. Durante il domi-
nio del positivismo e del neo-positivismo i giudizi su tali valori
erano considerati privi di significato, ma ora i cosiddetti valori
epistemici appaiono nel discorso sull’epistemologia scientifica14.
Il terzo aspetto sarebbe la razionalità del mondo e la ra-
gionevolezza della scienza. Infatti, alla teologia della creazione
è strettamente legato il problema della razionalità del mondo,
vale a dire, la proprietà, la quale consente di esaminarlo ra-
zionalmente in virtù del progetto di Dio nell’opera della cre-
azione. Al problema della razionalità del mondo si collega la
questione della ragionevolezza della scienza. In altri termini,
sembra che sia opportuno che la teologia della scienza cer-
chi di rispondere alla domanda «perché fare la scienza?». Dal
punto di vista teologico, l’uomo è un essere mortale, ma chia-
mato all’eternità, quindi la teologia assegna all’uomo una certa
teleologia dell’esistenza (salvezza). La scienza svolge un ruolo
ausiliario per l’uomo, che egli possa dominare la terra (Gen
1,28). Sembra, quindi, che l’obiettivo principale della scien-
za non sia solo quello di conoscere la verità in quanto tale,
ma anche di padroneggiare il mondo (aspetto pragmatico).
Per concludere, tutto ciò significa che la teologia della scienza
dovrebbe guardare alla scienza attraverso gli occhi di un teologo
ben informato e dovrebbe essere una parte della teologia della cre-
14 H. D, e Value of Cognitive Values, in Philosophy of Science
80 (2013) 5, 796-80 6; M. A, e Mind of the Universe. Understanding
Science and Religion, Templeton Foundation Press, Philadelphia-London,
1999, 251-298.
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azione e dei valori (dal momento che la scienza è un grande valore
per l’umanità), utilizzando i risultati della filosofia della scienza.
Essa non dovrebbe avere un carattere apologetico, ma piuttosto
rivolgere lo sguardo sulla scienza, prendendo in considerazione
quegli aspetti che sono visibili solo usando il metodo teologico.
2. Gli elementi costitutivi della disciplina
Dopo aver puntualizzato che la teologia della scienza dovrebbe
essere una disciplina tout court teologica, ma che studia anche
i risultati della filosofia della scienza, rimane la domanda su
una definizione più precisa sugli elementi che la costituiscono.
Sicuramente, in primo luogo, la teologia della scienza
ammette le assunzioni teologiche, e di conseguenza rimane
essenziale per essa il riferimento alle fonti della teologia (Bib-
bia, la tradizione, i concili, etc.) indicati da Melchior Cano.
Inoltre, si tratta di una riflessione a meta-livello, come la
meta-scienza o le meta-scienze particolari. Infatti, la necessità
di parlare della teologia della scienza a livello meta-scientifi-
co deriva dal fatto che a tale livello può essere fatta una rifles-
sione su alcuni aspetti della conoscenza scientifica. Poiché le
scienze (science) usano il metodo matematico-empirico, mentre
la teologia utilizza un suo linguaggio tecnico, ne deriva che le
affermazioni scientifiche non vengono trasferite direttamen-
te al livello della teologia della scienza, ma sono soggette alla
stilizzazione filosofica nell’ambito della teologia della scienza15.
Peraltro, la teologia della scienza rivendica pretese di
scientificità, e quindi di soddisfare gli standard di base del-
15 Per vedere l’importanza dell’analisi del linguaggio teologico nel contesto
della creazione in quanto linguaggio impregnato dall’uso delle analogie cf. P.
R, Analogical Understanding of Divine Causality in omas Aquinas, in
European Journal for Philosophy of Religion 9 (2017) 4, 133-153.
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la razionalità. Come lo standard più accettato è l’uso della lo-
gica classica al livello di meta-riflessione scientifica, sembra
opportuno formulare un criterio di razionalità della teologia
della scienza seguendo i principi della logica classica16. Tut-
tavia, oggi nella filosofia della religione (teologia filosofica)
viene ampiamente usata la logica modale (specialmente S5),
soprattutto nelle prove dell’esistenza di Dio (l’argomento on-
tologico e l’argomento della contingenza). Quindi, anche l’ar-
gomentazione su un’eventuale priorità della logica classica do-
vrebbe tener conto della pluralità dei diversi strumenti logici17.
Per di più, Heller è decisamente a favore del naturalismo
metodologico. Per questo motivo egli ritiene che l’argomento
God of the gaps (un Dio tappabuchi, ovvero l’uso del concetto
di Dio come ipotesi che spiega il corso dei fenomeni naturali
sul livello della causalità efficiente), oppure la teoria dell’Intelli-
gent Design violano chiaramente questo principio18. La teologia
della scienza dovrebbe usare un’adeguata metodologia ed inter-
pretare i risultati scientifici in chiave non intervenzionista. Di
conseguenza, Heller non è a favore dell’uso del termine «teo-
logia nella scienza» (analogo alla filosofia nella scienza), per-
16 J. D, What Kind of Logic Does Contemporary eology Need?,
in B. B - A. O - M. H, Logic in eology, Copernicus
Center Press, Kraków 2013, 11-38.
17 B. B - A. O - M. H, Logic in eology, Copernicus
Center Press, Kraków 2013; G. B, Istituzioni di Filosofia formale. Dalla
Logica formale all’Ontologia formale, Lateran University Press, Città del Va-
ticano, 2018.
18 «Oggi, la visione generale è che, se Dio agisce ancora nell’Universo, lo
fa solo in modo non interventista, rispettando le leggi della natura e “non
agitando nell’etere col dito”, come uno degli studiosi si è espresso» (H-
,Wierzę, żeby zrozumieć, 294). M. O, Dyskusja nad argumen-
tem “God of the gaps”, in Scientia et Fides 2 (2014) 1, 99-123; W. G,
e doctrine of the intelligent design from the point of view of the cognitive sci-
ence of religion, in Scientia et Fides 8 (2020) 1, http://dx.doi.org/10.12775/
SetF.2020.006.
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ché questo significherebbe ingerenza, interferenza nella scienza
da parte della teologia. Secondo Heller il naturalismo meto-
dologico non indica la convinzione che l’immanenza di Dio
è nascosta, che Egli non è più tanto evidente, ma che Egli è
presente ovunque così tanto che non si può vedere Lui: non è
possibile vedere i segni di Dio, perché in tutto c’è la sua traccia19.
Alla fine, nel caso della teologia della scienza sembra esse-
re necessario rivedere l’attribuzione di carattere apodittico alle
proposizioni teologiche per tre motivi: la stessa scienza e la ri-
flessione filosofica su di essa cambiano, gli asserti scientifici han-
no un carattere ipotetico, e forse nelle analisi della teologia della
scienza sarà necessario fare riferimento alle ipotesi teologiche.
Quest’ultima osservazione implicherebbe passare dalla teologia
classica, all’elaborazione della teologia ipotetica che possa essere
di aiuto nel confrontare i nuovi problemi, che non sono anco-
ra stati ben analizzati dal punto di vista filosofico e teologico20.
IV. Osservazioni metodologiche
In questo paragrafo passeremo in rassegna diverse rappresenta-
zioni del rapporto scienza-teologia mettendo in rilievo la portata
ed i limiti della teologia della scienza21. Nella nostra discussione
sul metodo della teologia della scienza, possiamo concentrarci
su due approcci: il modello metodologico della separazione (iso-
19 H, Wierzę, żeby zrozumieć, 314, 320; H, Sens życia i sens
wszechświata, 86-110, 113-134.
20 S.J. G - J.R. F, Beyond Foundationalism. Shaping eology in
a Postmodern Context, Westminster John Knox Press, Louisville-Kentucky,
2001.
21 Per un quadro abbastanza articolato del rapporto scienza-teologia cf.
R.J. R, Dialogue, Science and eology, in G. T-N -
I.C - A. S (eds.), Interdisciplinary Encyclopedia of Religion and
Science, 2002, doi: 10.17421/2037-2329-2002-RR-1.
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lazionismo), che assume differenze metodologiche fra la teolo-
gia e le scienze naturali, e di conseguenza porta all’indipendenza
di entrambe le discipline; e il modello anti separazionista (inte-
razionismo), che propone un metodo teologico che accetterebbe
alcuni elementi del metodo delle scienze naturali22. In questo
secondo modello si parla di tipo di dialogo e di integrazione se-
condo l’approccio di Barbour23. Pertanto emergono due doman-
de fondamentali per il programma di teologia della scienza: come
è possibile superare le barriere fra le discipline (il discordismo) e
come è possibile evitare l’integrazione estrema (il concordismo)?
1. Interazionismo
Dal punto di vista dell’anti separazionismo, Heller e Życiński
dichiarano l’esistenza di punti comuni della teologia e delle
scienze naturali. Secondo Heller, teologia e scienza guardano
lo stesso Universo, ma lo studiano in modo diverso24. La teo-
logia della scienza è costituita sul modello della filosofia della
scienza e sulla base dell’uso dei suoi risultati. Il suo metodo è
basato sul metodo della teologia e sul metodo della filosofia del-
la scienza, riferendosi alle concezioni di I. Barbour25. L’atteggia-
22 P. P , Teologia nauki w perspektywie metodologicznej, in J. M
- P. U (eds.), Teologia nauki, Copernicus Center Press, Kraków
2015, 25-56.
23 I.G. B, Religion and science. Historical and contemporary issues,
Harper, San Francisco 1997, 77-105.
24 D. Lambert, proponendo lo schema dell’articolazione in cui la filosofia
diventa «catalizzatore» della mediazione fra teologia e scienza, precisa che
il cosmo, pur non essendo il luogo della diretta rivelazione di Dio, tuttavia
rimanda al suo Creatore per modum vestigii (vestigium Trinitatis). Inoltre,
Lambert suggerisce che sia possibile considerare la relazione fra lo scienziato
e il mondo studiato, come un tipo di vestigium creationis (l’icona della rela-
zione fra Dio Creatore e il mondo creato). L, Sciences et théologie. Les
figures d’un dialogue, 131-14 0 .
25 B, Religion and science, 106-136.
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mento anti separazionista di Heller è certamente legato al suo
lavoro di ricerca, in cui combina attivamente filosofia, teologia
e cosmologia. Quindi, la scienza apparirebbe come locus theo-
logicus. In contrasto con gli approcci classici, in cui la scienza
viene trattata come uno dei luoghi ausiliari della teologia e si
presenta l’interazione unidirezionale tra discipline indicate, il
filosofo punta all’aspetto dell’interazione bidirezionale. Inoltre,
la teologia della scienza mostra il mondo esistente dipendente
dal Creatore e permette l’inclusione della sua dimensione as-
siologica. Non è specificato da Heller perché la riflessione sui
valori sia stata fatta dalla teologia e non dalla filosofia, cioè egli
pensa che solo la teologia possa fornire una giustificazione per
l’assiologia della natura. Inoltre, poiché Heller associa la que-
stione dei valori alla razionalità (Logos), non riducibile alla ra-
zionalità scientifica, sorge la domanda sulla giustificazione di
questo tipo di argomentazione. In altri termini, potrebbe esserci
il rischio, riferendosi al Fondamento ontologico nella spiegazio-
ne dell’assiologia, di andare verso l’argomento God of the gaps.
Il concetto del programma di teologia della scienza di
Heller potrebbe essere anche interpretato nella chiave dell’in-
terdisciplinarità. Tuttavia, se accettiamo un approccio inter-
disciplinare e come l’Universo è visto da entrambe le discipline,
come comprendere il metodo di ricerca che superi le barriere?
Si tratta solo di attività interdisciplinari sviluppate all’inter-
no di gruppi di ricerca? Per Lambert, il piano dell’integrazio-
ne dovrebbe essere una riflessione filosofica. È difficile deter-
minare se l’approccio di Heller si avvicina all’idea dell’attività
interdisciplinare, oppure di interazione e multidisciplinarietà.
Va osservato, che in questo contesto si pone la domanda se
la teologia è aperta a contenuti esterni che derivano dall’imma-
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gine attuale del mondo26, e se sì, come considerare quest’apertu-
ra. L’eventuale interpretazione teologica o valutazione del valore
dei contenuti che derivano dalle scienze non comprende neces-
sariamente un carattere dell’arbitrarietà legato alle operazioni
eseguite su contenuti scientifici nel contesto della loro futura
interpretazione teologica? Di conseguenza nel caso del paradig-
ma interazionista la teologia della scienza diventa un sapere in-
terdisciplinare/multidisciplinare, il cui status va ancora precisato.
2. Separazionismo
Alcuni possono obiettare che le concezioni di Heller sono
in fondo i suoi sforzi per conformare la teologia alla scienza,
sia in termini di procedure della ricerca, dell’apparato con-
cettuale, sia nel senso delle norme della validità di una cono-
scenza. In altre parole, al contrario di Heller, si può cercare
un’opportunità per garantire l’impatto delle scienze naturali
sulla teologia, e allo stesso tempo presupporre la loro differen-
za epistemologica e metodologica. Una conferma della visione
separazionista può essere vista nel successo delle scienze natu-
rali, vale a dire nel processo di crescita dell’autonomia dei di-
versi saperi all’inizio della modernità. Infatti, dal punto di vi-
sta separazionistico abbiamo una serie di ragioni, per cui non
abbiamo bisogno di sacrificare una metodologia ben svilup-
pata. Anzitutto, non esiste un metodo già formulato e prova-
to al posto di quelli precedenti, e superare le barriere in modo
ingiustificato può significare approvare un anarchismo nella
metodologia. Inoltre, sembra che sia l’indipendenza delle sin-
26 L’immagine del mondo può essere compresa come una categoria ermeneu-
tica, cioè una visione completa di credenze generali sull’uomo, sul mondo e
sulla conoscenza, un tipo di specifico sfondo intellettuale, una conoscenza
specifica di tutti i tipi di comportamento cognitivo dell’essere umano, inclu-
sa la cognizione teologica e scientifico-naturale.
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gole scienze che garantisce i loro successi epistemologici. Infi-
ne, i problemi finora esistenti nel campo della teologia e della
scienza non necessariamente richiedono modifiche della me-
todologia attualmente esistente nella scienza e nella teologia27.
Riconoscendo la differenza dei metodi, delle scienze e
della teologia, avremmo a che fare con la fondamentale diffe-
renza semantica dei loro linguaggi, ma non con l’incommen-
surabilità radicale del significato suggerita da Kuhn. Tuttavia,
poiché il teologo e lo scienziato sono in grado di trovare alcuni
punti comuni dei loro discorsi, l’aspetto cruciale sarebbe quello
di trovare le interpretazioni che fanno da ponte fra le espres-
sioni teologiche e quelle delle scienze naturali, sulla base di un
sistema concettuale più ampio, ossia sulla base della filosofia.
Nel contesto di una tale connessione fra le discipline fon-
data sulla filosofia, sono possibili due strategie. La prima è
stata proposta dalla filosofia neoscolastica e suggerisce che è
la metafisica che fornisce la base concettuale per la teologia e
per l’interpretazione della scienza. Tuttavia, sembra che il pro-
getto neoscolastico non abbia portato a risultati soddisfacenti
a lungo termine sia per i filosofi sia per gli scienziati, e abbia
creato varie forme di subordinazionismo o separazionismo. La
seconda strategia suggerisce che la teologia della scienza sa-
rebbe un tipo di riflessione meta-scientifica (e meta-teologi-
ca). Lo scopo dei vari studi «meta» sarebbe quello di sviluppa-
re interpretazioni che facciano da «ponte», e che servirebbero
a trovare la coerenza delle immagini del mondo (non renderli
contraddittori). Di conseguenza, la teologia della scienza vie-
ne intesa come un’attività a meta-livello, e il suo soggetto sa-
rebbero le costruzioni concettuali della scienza e della teologia,
che propongono una spiegazione sistematica e l’accettazione di
elementi importanti del mondo della teologia e della scienza.
27 P, Teologia nauki w perspektywie metodologicznej, 41-44.
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Teologia della Scienza
È certamente difficile indicare quali elementi delle immagini
del mondo dovrebbero essere considerati importanti e quali
interpretazioni che facciano da «ponte» sono adeguate. Solo il
tentativo di costruire ulteriori spiegazioni (procedimento em-
pirico, case studies) può aiutare a decidere quali proposte fun-
zionano meglio e quali no. Di conseguenza, la teologia della
scienza sarebbe ipotetica (apertura alle revisioni a causa dello
sviluppo della scienza) e avrebbe una propria metodologia28.
3. Fra una metafisica induttiva e la Rivelazione
Da quanto è stato detto sinora risulta che alcune possibilità per
comprendere l’interazione e la reciproca influenza della scienza
con la teologia della scienza possono derivare dallo studio della
storia della scienza (case studies). La teologia della scienza, agendo
sul contatto delle immagini del mondo costruite su diverse basi
concettuali, potrebbe esaminare, in modo critico, la base filosofi-
ca della scienza e della teologia, indicando significative differen-
ze tra presupposti e costruzioni concettuali. Un altro problema
importante è la questione dell’immagine stessa del mondo: oggi
è difficile identificare un quadro coerente del mondo dato dalla
scienza attuale. La specializzazione molto avanzata delle scien-
ze e la natura frammentaria delle immagini del mondo propo-
ste finora evidenzia una seria sfida per la teologia della scienza.
Per concludere, sembra che la teologia della scienza, secon-
do il modello separazionista, sia una proposta metodologica-
mente più certa, ovvero una specifica meta-riflessione filosofica
sulla scienza e sulla teologia. Di conseguenza sarebbe una sor-
te di teologia filosofica, in cui l’oggetto sia della teologia che
della scienza e il suo scopo sarebbe quello di sviluppare le in-
terpretazioni che fanno da ponte, e che collegano le immagini
28 P, Teologia nauki w perspektywie metodologicznej, 44 - 47.
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del mondo della scienza e della teologia. Essa sarebbe quindi
un particolare tipo della metafisica induttiva, che lavora sulle
estrapolazioni scientifiche e teologiche. Pertanto, nella teologia
della scienza un compito speciale spetterebbe alla filosofia che
avrebbe il ruolo di rendere chiaro lo spazio speculativo entro
cui effettuare la mediazione tra scienza e teologia. Essa si di-
stingue dalla metafisica classica per il motivo della natura tem-
poranea delle sue conclusioni e della necessità di una continua
revisione di esse. Sulla sua natura teologica decide il fatto di
utilizzare la Rivelazione (considerata sotto l’aspetto della vi-
sione teologica del mondo) come la fonte delle informazioni.
V. Il panorama più ampio
Come si è visto, si potrebbe definire la teologia della scienza
come disciplina teologica, che interpreta i risultati delle ricer-
che scientifiche, elaborate dalla filosofia della scienza, alla luce
della rivelazione divina. In altre parole, il progetto della teolo-
gia della scienza sarebbe un tentativo di specificare e di appro-
fondire il discorso già presente nella disciplina chiamata Science
and Religion. Quest’ultimo riguarda principalmente il tentativo
di indicare le implicazioni sia per la teologia che per la reli-
gione derivate dai contenuti delle specifiche teorie scientifiche.
Tuttavia uno potrebbe obiettare che così definita la disciplina
non presenta alcun nuovo contributo in questione. Infatti, non
mancano molti studi sul campo indicato con la locuzione Scien-
ce-Religion29. A nostro parere sembra che ci siano tre principali
29 Negli ultimi decenni la letteratura di questo settore si è sviluppata in ma-
niera molto rapida con risvolti molto interessanti. Fra le proposte più signi-
ficative si potrebbero annoverare N.H. G (ed.), From Complexity
to Life. On the Emergence of Life and Meaning, Oxford University Press, Ox-
ford 2003, 177-234; D.C. L - R.L. N (eds.), When Science
and Christianity Meet, University of Chicago Press, Chicago-London 2003;
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Teologia della Scienza
coordinate per collocare lo studio di Heller fra le altre ricerche
di quel campo, evidenziando la peculiarità della sua proposta.
Soprattutto, nella prospettiva di Heller teologia e scienza
erano sempre intrecciate. Ad esempio, Heller sottolinea che il
tomismo è nato dalla collisione del pensiero europeo di Platone
con le scienze naturali portate in Europa dagli Arabi insieme
con l’aristotelismo. Inoltre, analizzando il periodo premoder-
no egli spesso richiama l’attenzione sul fatto, enfatizzato negli
studi di Duhem, Pedersen e Funkenstein, che furono le ultime
riflessioni scolastiche sull’onnipotenza divina (potentia absoluta,
potentia ordinata), attuate sotto il pensiero nominalista e volon-
taristico, che hanno portato alla formazione del concetto di legge
di natura30. Perciò, secondo Heller l’interazione con la scienza è
stata causa di varie riflessioni teologiche rispetto alle controver-
sie intra-teologiche. Inoltre, a suo parere, il rapporto tra filosofia
e scienze naturali non può essere trattato come un problema già
risolto, ma, al contrario, dovrebbe essere oggetto di una riflessio-
ne approfondita e di una ricerca attuale, perché la scienza non
si ferma mai. Dunque, questa prima coordinata potrebbe essere
definita come la sfida per una continua riflessione sul rapporto
tra teologia e scienza, dove il rapporto teologia-scienza signi-
fica il dialogo verso l’integrazione fra le discipline per fornire
una comprensione coerente del mondo intero. Sembra che in
questo caso la sua proposta sia una risposta alle sollecitazioni
espresse da I.G. Barbour nel suo celebre libro Myths, models and
paradigms. A comparative Study in Science and Religion (1976).
C.L. H (ed.), Spiritual Information. 100 perspectives on Science and
Religion, Templeton Foundation Press, Philadelphia-London 2005; P. D-
- N.H. G (eds.), Information and the Nature of Reality. From
Physics to Metaphysics, Cambridge University Press, Cambridge 2010, 247-
364.
30 A. F, eology and Scientific Imagination from the Middle Ages
to the Seventeenth Century, Princeton University Press, Princeton 1986.
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Ma allo stesso tempo essa si presenta come un tentativo di of-
frire un modello di teologia non-fondazionale, a suo parere,
ben adatto per le esigenze dettate dal pensiero post-moderno31.
In secondo luogo, un ruolo particolare nella proposta di
Heller, per favorire l’integrazione fra teologia e scienza, non
spetta alla metafisica classica. Invece, egli valorizza la funzione
generale della filosofia, in quanto strumento efficace per indivi-
duare un contesto teoretico entro cui si possano pensare i rap-
porti tra teologia e scienza. In maniera molto simile il ruolo della
filosofia è stato valorizzato da D. Lambert nel suo ormai classico
studio Sciences et théologie. Les figures d’un dialogue (1999). Lam-
bert intende la filosofia come ermeneutica dei risultati scientifici
che traccia il terreno comune tra scienza e teologia, esplorando
i confini dei concetti e rendendoli fruibili alla teologia. Heller,
essendo fondamentalmente d’accordo con Lambert, attribuisce
il ruolo particolare alla filosofia della scienza, poiché essa studia
i fondamenti, gli assunti e le implicazioni della scienza. Que-
sto non significa che Heller rifiutasse gli altri approcci filosofici,
tuttavia rimane convinto che per favorire un dialogo tra scienza
e religione in maniera non metaforica, ma teoricamente signi-
ficativa, ci vorrebbe l’uso di questo specifico settore filosofico32.
31 N. M, Beyond Liberalism and Fundamentalism. How Modern and
Postmodern Philosophy Set the eological Agenda, Bloomsbury T & T Clark,
Harrisburg-Pennsylvania 2007, 85-109.
32 A causa della natura dei problemi implicati nel confronto tra scienza e
teologia, in sintonia con le osservazioni di Heller, Sergio Rondinara argo-
menta che un’importante funzione avranno necessariamente la filosofia della
natura e la filosofia della scienza: «Il dialogo autentico, nella sua valenza
euristica, è quel discorso che non sarebbe mai potuto esistere senza i contri-
buti di entrambi gli interlocutori, ambedue distinti ma anche irriducibili gli
uni agli altri. Uno spazio concettuale adatto a tale scopo va dunque ricerca-
to nell’ambito filosofico, un ambito filosofico che sia capace di accogliere e
analizzare le interpretazioni del reale che distintamente vengono costituite
dalle scienze naturali e dalla teologia» (S. R, Teologia e scienze
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Teologia della Scienza
Da ciò che è stato detto nel punto precedente, risulta che,
per Heller, la teologia della scienza sarebbe una riflessione teolo-
gica sugli aspetti meta-scientifici della scienza, uno dei quali può
essere descritto come metodologico (il modo di fare la scienza) e
l’altro come «esistenziale» (fatto dell’esistenza della scienza come
un modo per acquisire conoscenza). Poiché la scienza moderna
fornisce all’uomo la conoscenza delle cose create, la teologia del-
la scienza dovrebbe riflettere sulle implicazioni metodologiche
ed epistemologiche di alcuni dati empirici utili alla teologia.
Come «la fisica elabora i suoi modelli teorici in interazione sia
con i dati empirici che con le precomprensioni filosofiche, an-
che la teologia si trova a fare i conti sia con i dati scritturistici e
magisteriali che con degli impliciti epistemologici»33. Infatti, si
nota che alcune volte Heller si lamenta della mancanza di dovu-
te riflessioni su aspetti metodologici nel campo della teologia34.
Certamente nella teologia la «logica dello sviluppo interno» è più
arbitraria, che nel caso delle scienze empiriche; perché la prima
rimane più esposta ai mutevoli fattori della «storia esterna» dal
punto di vista sociologico e persino psicologico. Questo confor-
merebbe il bisogno dell’analisi metodologica nella sede teologica.
Ponendo accento sull’analisi degli aspetti epistemici, così
come vengono chiamati, invece di ontologici, si nota la somi-
glianza del suo pensiero con il tema oggi ampiamente discusso
nella filosofia della scienza, ovvero la questione della compren-
sione. Sotto l’influsso della «visione ricevuta» della spiegazione
della natura, in G. L, Teologia fondamentale 3 Contesti, Città Nuova,
Roma 2005, 312).
33 M, Creazione e cosmologia scientifica. Problemi epistemologici e op-
portunità speculative, 157-158.
34 Come esempi positivi dello studio degli aspetti metodologici della teolo-
gia egli spesso si richiama a due studi : B. L, Method in eology,
University of Toronto Press, Toronto 1971; N. M, eology in the Age
of Scientific Reasoning, Cornell University Press, London 1990.
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scientifica, ereditata da Hempel35, per decenni tale comprensio-
ne era intesa semplicemente come un coprodotto psicologico
e soggettivo della spiegazione scientifica, e quindi qualcosa di
irrilevante per le analisi filosofiche. Oggi, al contrario, viene
difesa la tesi che raggiungere la comprensione dei fenomeni è
un obiettivo epistemico centrale della scienza, con cui è stret-
tamente legato il concetto di intelligibilità36. H. De Regt lo de-
finisce come il valore che gli scienziati attribuiscono al cluster
di qualità che facilitano l’uso della teoria e dimostrano che esso
è essenziale per raggiungere la comprensione. Si noti che, nel-
la prospettiva di De Regt, «l’intelligibilità» si applica alle teo-
rie, non ai fenomeni, ovvero essa ha un valore pragmatico che
non necessariamente deve abolire il carattere oggettivo della
spiegazione e comprensione scientifica. Tuttavia, come è sta-
to messo in luce in §II, nel caso di Heller, la questione della
razionalità, ovvero il mistero dell’intelligibilità del mondo, ha
una forte impronta ontologica37. Infatti, si potrebbe evidenziare
che le teorie non sono semplicemente intrinsecamente intelli-
gibili, oppure incomprensibili, ma intelligibili o incomprensi-
bili per un particolare scienziato o gruppo di scienziati. In al-
tre parole, l’intelligibilità è un valore contestuale. Inoltre, oggi,
a causa del pluralismo delle spiegazioni scientifiche, già messo
in luce da Salmon in contrapposizione alla «visione ricevuta»38,
35 C.G. H, Aspects of Scientific Explanation and other Essays in the Phi-
losophy of Science, Free Press, New York 1965.
36 Per uno studio molto comprensivo su questo tema cf. H.W. D R, Un-
derstanding Scientific Understanding, Oxford University Press, Oxford 2017.
37 Infatti, si potrebbero vedere alcune somiglianze sul tema dell’intelligibili-
tà della natura fra il suo pensiero e quello di A (e Mind of the Uni-
verse. Understanding Science and Religion, 107-158) e P. D (e Cosmic
Blueprint. New Discoveries in Nature’s Creative Ability to Order the Universe,
Templeton Foundation Press, Philadelphia-London 2004).
38 W. S , e Causal Structure of the World, in Metatheoria 1 (2010) 1,
11-12.
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la diversità dei tipi di spiegazione mostra come varie strategie
esplicative funzionano in quanto strumenti alternativi per rag-
giungere l’unico obiettivo, quello della comprensione. Il fatto
che la spiegazione e la comprensione siano fondamentalmente
legate agli aspetti pragmatici, implica, come ha suggerito Hel-
ler, di guardare la scienza anche dal punto di vista «esistenzia-
le». Per concludere, sembra che il modo in cui Heller intende
il valore dell’intelligibilità, ovvero dal punto di vista ontologico
nel senso di attribuirlo al mondo, purtroppo possa limitare lo
spazio del dialogo sul problema della comprensione, nel conte-
sto dell’odierna discussione sui valori epistemici nella scienza.
VI. Conclusioni
1. Oltre l’isolazionismo
Sostenere che la situazione in cui la teologia e la scienza non
hanno punti di contatto e sembrano ignorarsi reciprocamente,
determina una situazione più drammatica poiché «nulla è più
pericoloso dell’ignoranza di un problema, se non l’ignoranza
di una soluzione»39. Sembra che l’idea principale del proget-
to della teologia della scienza consiste nel fatto di offrire una
opportunità di dialogo fra teologia e scienza contemporanea.
Dopo aver presentato lo status quaestionis della discussio-
ne sulla teologia della scienza e aver fornito alcune obiezioni,
dalla nostra discussione risultano tre osservazioni e proposte.
Anzitutto si nota che all’interno della scienza non si ve-
dono le indicazioni dirette per le questioni di contingenza del
mondo, della sua dipendenza ontologica dal Creatore, dei valori
presenti nella ricerca scientifica, della razionalità del mondo o
della scienza. Sembra che solo un’analisi filosofica dei contenuti
39 K, Miracoli e verifiche, 15.
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forniti dalle scienze empiriche potrebbe dare tali suggerimenti.
In effetti, in diversi modi è stato già detto che nella teologia della
scienza il ruolo della filosofia sarebbe imprescindibile. Tuttavia,
sembra che le intuizioni di Heller non riguardano tanto il ruolo
della filosofia come una sintesi unificante (un tipo di struttura
metafisica completa coerente e applicabile a tutti i campi del-
la conoscenza), quanto come operante a un livello più limitato,
ovvero fornire termini specifici e concetti (p.es. spazio, materia,
contingenza, causalità, valori) che sono condivisi da discipline
diverse e hanno significati simili. La difficoltà di quest’approc-
cio più limitato, che prescinde da un sistema filosofico unifi-
cante, è che alcune questioni fondamentali, dalle quali dipende
l’intera impostazione della teologia della scienza, potrebbero
ricorrere solo alle connessioni frammentarie, offrendo un lavo-
ro teologico spezzettato e non un quadro ampio e coerente. In
questo contesto deve essere anche enfatizzata la questione della
dipendenza delle conclusioni ontologiche dalle teorie empiri-
che, che subiscono relativamente rapidi cambiamenti. Avreb-
be senso elaborare conclusioni teologiche su un fondamento
delle analisi ontologiche ed epistemologiche così variabile?
2. Tre proposte
La prima proposta per un ulteriore sviluppo della disciplina ri-
guarda il problema della dimensione temporale del progresso
scientifico. Non mancano oggi i pensatori che propongono uno
sguardo filosofico sulla natura delle teorie empiriche, degli ogget-
ti da loro descritti, ma anche sulla natura dell’evoluzione scienti-
fica40. Dall’attuale riflessione filosofica sulla scienza, al contrario
40 Si intende generalmente che la filosofia della scienza in quanto epistemo-
logia spiega che cos’è la scienza, qual è il suo metodo, invece la storia della
scienza cerca di descrivere la scienza nella sua evoluzione temporale. Per
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della visione standard della scienza della prima metà del No-
vecento, risulta che le teorie scientifiche non sono mai assolute
e date una volta per sempre. Se le teorie scientifiche cambiano,
allora cambia anche il mondo che descrivono. A differenza delle
teorie metafisiche del passato, le ontologie proposte all’interno
del discorso filosofico sulla scienza hanno piuttosto un carattere
locale e non onnicomprensivo, perciò rimane la domanda cir-
ca l’uso delle diverse ontologie locali (parziali) all’interno della
riflessione teologica che dovrebbe riconoscere il fatto che la ra-
zionalità scientifica si esprime contestualmente, storicamente41.
In secondo luogo, sembra che ciò che rimane fondamenta-
le per la riflessione teologica, non è tanto il modo specifico in
cui un dato empirico è descritto, quanto piuttosto il fatto che
la natura si presenta come comprensibile, intelligibile. Tuttavia,
come è stato detto, lo stesso concetto dell’intelligibilità richiede
ulteriori specificazioni dal punto di vista ontico, epistemico e
pragmatico, se esso va applicato nella riflessione teologica. Ri-
mane invariato che nel pensiero di Heller si nota l’importanza
del tema del Logos, che di conseguenza porta alla ricerca di una
coerente visione del mondo, in quanto razionalità di esso. Que-
sta visione teologica unificante, come si è spiegato, coinvolge
diversi contributi conoscitivi e rimane aperta a costanti cambia-
menti, mostrando un carattere dinamico della nostra visione del
mondo. In tale contesto la teologia deve partire dalla Rivelazio-
ne e parlare della scienza con il suo linguaggio, indicando le aree
che il metodo scientifico non riconosce (p.es. il problema della
creazione). Perciò la seconda proposta riguarda lo studio appro-
un approfondimento della problematica del rapporto fra la scienza e i suoi
mutamenti nei recenti dibattiti filosofici sulla scienza cf. F. M, Cieli
in contraddizione. Giovanni Battista Riccioli e il terzo sistema del mondo, Acca-
demia Nazionale di Scienze Lettere e Arti Modena, Perugia 2018, 205-218.
41 I. H, Historical Ontology, Harvard University Press, Cam-
bridge (MA)-London 2002, 1-26.
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fondito del tema della comprensione (l’intelligibilità) e delle im-
magini teologiche del mondo nel loro sviluppo storico-concet-
tuale, per poter meglio distinguere in essi gli elementi invarianti
(un dato rivelato) da quelli varianti (condizionati storicamente).
In terzo luogo, si noti che la discussione sulla natura e lo
scopo della teologia della scienza va in una direzione molto pro-
mettente e proficua, nel senso che rivela il tentativo di fornire
alcuni suggerimenti di natura epistemologica per fondare la
teologia della scienza. In effetti, sembra che la domanda princi-
pale a cui si debba rispondere è, «come costruire la teologia della
scienza?». Come si è detto, lo scopo di questa disciplina non è
solo proporre i case studies, ovvero cercare di fornire l’interpreta-
zione teologica dei dati scientifici. In effetti, questi non mancano
nell’ambito della Science and Religion. Inoltre, il procedimento
dei case studies si limita al lavoro di carattere «frammentario», e
potrebbe portare nuovamente ai problemi legati con l’argomen-
to God of the gaps. Pertanto, la terza proposta suggerisce di pre-
cisare come dovrebbe funzionare la metodologia della teologia
della scienza per poter dialogare con i problemi della scienza
d’oggi (p.es. il problema dell’intelligibilità, della causalità e
della spiegazione scientifica). La nostra intuizione consiste nel
fatto che in questo contesto la teologia della scienza potrebbe
essere interpretata come l’analisi critica delle condizioni di pos-
sibilità del pensiero filosofico e scientifico. Quest’approccio si
baserebbe sul fatto che per il teologo l’Universo è il vestigium.
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