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Bambini facili o difficili? Dal carattere all'educazione familiare da 0 a 6 anni

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Abstract

La personalità del bambino è in continua formazione e trasformazione. Una particolare attenzione viene data allo sviluppo della prima infanzia, un periodo delicato in cui si formano le strutture della personalità e in cui la vicinanza, la cura e l'attenzione dei genitori sono fondamentali. È compito dei genitori/educatori gettare buone basi per i figli; una cattiva impostazione rende difficile lo sviluppo sano ed armonico della personalità, del temperamento e del carattere. Si è convinti che "bambino difficile" non si nasce ma lo si può diventare, così come non si nasce "bambino facile". Il mestiere di genitore/educatore non è facile: è un compito complesso e impegnativo, affascinante e ricco di speranze; nessuno nasce già in grado di saperlo fare: l'impegno educativo ha bisogno di atteggiamenti, conoscenze, disponibilità, ascolto che non sono dati una volta per tutte ma richiedono una formazione continua. Anche chi ritiene di avere le idee chiare, si accorge invece che i bambini di questa età li mettono in crisi, creano problemi, pongono continue domande, spiazzano con le loro risposte.
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... Questa affermazione potrebbe significare che la prima reazione dell'essere vivente sia legata all'attuazione del meccanismo di difesa di sé e della propria specie. Gli studi sulla personalità ci mostrano come la gestione della parte legata al temperamento e quella riferibile al carattere sono da apprendere dalla persona anche se ciò non avviene in modo uguale (Formella, Ricci, 2013). ...
... L'intolleranza, a differenza dell'aggressività che tocca nell'infanzia azioni di difesa vitali, sembra che non abbia basi biologiche anche se in pratica all'intolleranza si accompagna spesso l'aggressività. Osservando il comportamento dei bambini piccoli che normalmente sono aperti e tendono fortemente a socializzare con altri bambini e con altre persone e gli adulti che non sono assolutamente intolleranti quando vengono a contatto con gli altri (Formella, Ricci, 2013), si potrebbe dedurre che uomo è un essere naturalmente tollerante e di conseguenza l'intolleranza è un fattore culturale che si acquisisce con l'educazione, dalle persone circostanti, dall'ambiente e dal sistema di valori presente nel cerchio sociale di appartenenza. Si potrebbe dire che si viene educati ad essere intolleranti. ...
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L’educazione alla tolleranza viene giudicata una prassi necessaria per regolare la nostra naturale e biologica reazione di fronte alla diversità. Questa affermazione potrebbe significare che la prima reazione dell’essere vivente sia legata all’attuazione del meccanismo di difesa di sé e della propria specie. Gli studi sulla personalità ci mostrano come la gestione della parte legata al temperamento e quella riferibile al carattere sono da apprendere dalla persona anche se ciò non avviene in modo uguale (Formella, Ricci, 2013). Il presente testo si propone di contribuire allo studio della possibile correlazione tra due concetti: tolleranza ed educazione. Sì e convinti che l’educazione alla tolleranza sia possibile, anzi necessaria, anche se tale pratica non è rappresentata da un’unica lettura interpretativa sia tra gli studiosi che tra i pratici nel campo educativo. In modo particolare, si privilegia nell’analisi della tolleranza in questo testo, la dimensione sociale e specificamente scolastica.
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The above statement is of a well-known researcher of the subject of suicide. Suicide points to consider the phenomenon of various perspectives: philosophical, theological , sociological, clinical, psychological, and psycho-pedagogical. The choice of this direction of analysis depends on the theoretical and methodological assumptions adopted by the researcher. My study, focus on psycho-pedagogical. I will try to combine the phenomenon of suicide with the so-called "Young people with difficulties." My analysis will be carried out in the area of bio-psycho-ecological theory, which allows me to approach this subject in a multidimensional way, because I am of the opinion of multidimensional approach brings the best results. Warto pamiętać, że ludzie nie zabijają się dlatego, że nie chcą żyć. Raczej dlatego, że nie wiedzą, jak dalej żyć(Brunon Hołyst) Powyższe stwierdzenie znanego badacza problematyki samobójstw pozwala na rozpatrywanie tego zjawiska z różnych perspektyw: filozoficzno-teologicznej, socjologicznej, klinicznej, psychologicznej, i psychopedagogicznej. Wybór kierunku analizy zależy od przyjętych przez badacza założeń teoretycznych i metodologicznych. W moim opracowaniu uprzywilejowanym kierunkiem rozważań będzie ten ostatni, czyli psychopedagogiczny. Spróbuję połączyć zjawisko samobójstwa z problematyką tzw. „młodzieży z trudnościami” (potocznie określanej „młodzieżą trudną”). Moja analiza przebiegać będzie przez obszar teorii biopsychoekologicznej, która pozwala mi na wielowymiarowe podejście do tej tematyki, gdyż uważam, iż taką ona właśnie jest.
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In his report, the author intends to address to the phenomenon of scouting in its educational value, with a particular reference to the psycho-educational aspects (of the teenagers) from an ecological perspective, from that of the peer-education and within a preventive perspective. The starting point is the assumption that one of the fundamental challenges during the development of the youngster, in the school age, is connected to the ability of the educator to accompany him/her in seeking a healthy balance in his/her individual growth and socialization. Furthermore, the author offers some practical reflections based on the scout method in order to promote the teenager's health, through a vision of the person who integrates his/her personal dimension (emotional, social, relational, and spiritual).
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