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Gioco di Ruolo e Discriminazione: Considerazioni Linguistiche

Authors:
  • Istituto Italiano di Studi Germanici

Abstract

Considerazioni linguistiche in merito al lessico e alla testualità della discriminazione, basate sull'analisi di un piccolo corpus di testimonianze di discriminazioni di genere nella community italiana del gioco di ruolo.
Considerazioni linguistiche
di Gloria Comandini
Non è semplice scrivere delle considerazioni linguistiche sensate su un corpus di testi piccolo come
questo. Le testimonianze raccolte, infatti, contengono appena 10.476 token
1
, 6.608 per le donne,
3.103 per gli uomini e 765 per le persone non binarie (ognuna di queste tre categorie forma quindi
un sotto-corpus). Si tratta di numeri molto piccoli, specialmente se confrontati con i corpora
dell’italiano che si trovano in rete: il corpus di italiano PAISÀ (Lyding et al., 2014), per esempio, ha
250 milioni di token, mentre il mega-corpus di italiano ItWac (Baroni / Kilgarriff, 2006) ne ha 1,5
miliardi.
Tuttavia, anche i corpora di dimensioni ridotte possono tornare utili, poiché, come avviene in questo
caso, si occupano specificamente di una certa tipologia di comunicazione e quindi presentano dei
dati linguistici molto specifici, che difficilmente si troverebbero in corpora enormi come ItWac.
Pertanto, dall’analisi di queste testimonianze potremo fare delle considerazioni non quantitative,
bensì qualitative, utili per identificare degli elementi interessanti, sui quali si potranno fare delle
ricerche future, più mirate e con maggiori dati.
Nello specifico, questo corpus di testimonianze risulta utile per studiare il modo in cui donne, uomini
e persone non binarie raccontano le discriminazioni subite nell’ambito specifico del gioco di ruolo.
Pertanto, in questa breve analisi andremo a vedere con quali strategie lessicali e testuali i/le
testimoni raccontano gli episodi di discriminazione.
1. Il lessico della discriminazione: uomini e donne descrivono le proprie esperienze in modo
diverso?
Innanzitutto, è interessante indagare il modo in cui sia stato utilizzato il concetto di discriminazione,
declinato nelle forme lessicali discriminazione, discriminare e discriminato/a. In totale, nei tre sotto-
corpora queste forme si trovano 54 volte: 24 nel corpus femminile, 2 in quello non-binario e 28 in
quello maschile.
Possiamo quindi già vedere come gli uomini tendano quindi ad usare più volte questo termine,
nonostante le loro testimonianze siano molte di meno, rispetto quelle femminili o non binarie. Ma è
anche interessante vedere come il concetto di discriminazione sia stato usato. Per esempio, gli
uomini si pongono spesso come soggetto di discriminare declinato al passivo, in frasi “sono stato/fui
discriminato). Le donne, invece, non usano mai discriminare in questo modo e in generale tendono
ad evitare questo verbo (tranne che in casi molto rari, come l’esempio 3), preferendo descrivere le
proprie esperienze entrando più nello specifico (vedasi esempi 4-7).
(1) Sono stato discriminato dal solito power player di turno che voleva indicare a me e ad altri gli
incantesimi da usare durante la sessione
[Uomo, tra 20 e 30 anni]
(2) Da parte di un master durante un live larp fui discriminato per il fattore di essere molto
sovrappeso e che era per quel motivo che portavo la gente a picchiarmi più forte [...]
[Uomo, tra 20 e 30 anni]
(3) Ho subito discriminazioni da un conoscente con cui io e il mio fidanzato giocavamo, [...]
[Donna, tra 20 e 30 anni]
1
Nella ricerca linguistica, con “token” si intende la parola singola grafica, anche ripetuta più di una volta, e i segni di
interpunzione (cose come l’altro sono formate da due token). Il token è l’unità minima in cui si divide un corpus (Cresti
/ Panunzi, 2013).
(4) Vengo considerata incapace perché giovane/inesperta/donna, nonostante la mia estesa
lettura di manuali.
[Donna, tra 20 e 30 anni]
(5) Giudicata come quella che "è qui solo perché è la ragazza di qualcuno".
[Donna, tra 31 e 50 anni]
(6) Alcuni tra i giocatori più esperti non mi rispondevano (nel play by chat
2
) o ignoravano le mie
richieste di gioco.
[Non binario, tra 20 e 30 anni]
(7) Non mi identifico nel binario di genere, ma biologicamente sono femmina, e nel mio ormai ex
gruppo fisso di GDR sono spesso stata messa da parte in quanto tale [...]
[Non binario, tra 20 e 30 anni]
È poi interessante notare che solo le donne utilizzano, prima di descrivere l’episodio della
testimonianza, l’espressione “non so se sia una discriminazione, ma” o “non so se si possa parlare
di discriminazione, però”; in tal senso, questo uso di discriminazione costituisce il 33% degli usi
femminili del termine. Quindi, pare che, laddove gli uomini si sentono più liberi a descrivere
direttamente l’abuso subito come discriminazione, le donne tendono ad avere più remore,
preferendo utilizzare altri termini e/o a precisare prima che non sono sicure di aver subito una
discriminazione.
(8) Sicuramente ho ricevuto un elevato numero di suggerimenti poco graditi, da parte di altri
giocatori e solo talvolta master, su ruoli da ricoprire adatti a me in quanto giocatrice o su
dettagli dei miei personaggi (volti a renderli più "sexy"), cosa che non saprei neanche se
definire discriminazione ma alla quale mi pare valga la pena accennare quando si trattano
questi temi.
[Donna, tra 20 e 30 anni]
(9) Non so se si possa definire discriminazione, ma pensavo di conoscere il sesso del player
con cui giocavo da tempo anche giocate a sfondo erotico e invece era una balla,
probabilmente per indurmi in quella situazione.
[Donna, tra 20 e 30 anni]
(10) Non so se si possa parlare di discriminazione però...sono in più di un gruppo di gioco.
[...] In quattro sessioni di gioco il pg ha perso i vestiti dopo un tuffo dalla cascata (e, vorrei
dire, che non ho fatto 1nat, non ho preso la CD ma non ho fatto 1
3
); continuo ad essere
chiamata cortigiana nel senso di prostituta [...] e dopo una discussione su una regola col
Master lui se ne è uscito con "Ok allora il nemico si gira e ti STUPRA non è vero ti attacca".
[Donna, tra 20 e 30 anni]
Da questo piccolo corpus è impossibile capire se questo uso diverso tra uomini e donne del concetto
di discriminazione sia generale o solo una coincidenza, né si può capire se vi siano motivazioni
sociali a monte, come la paura delle donne di essere associate allo stereotipo della femminista per
2
N.d.R. Il play by chat, abbreviato PBC, fa parte della categoria dei Giochi di Ruolo. Si caratterizza dal fatto che i
giocatori s'iscrivono creando dei personaggi con determinate caratteristiche e che verranno mossi all'interno
della Land così come un attore recita all'interno di un teatro. I giocatori possono interagire attraverso le chat dove
muoveranno i propri personaggi con l'utilizzo della scrittura. I giocatori possono interagire ulteriormente attraverso le
bacheche e i messaggi di posta. Come si vede nell’articolo The first female gamer in questa antologia il PBC nasce con
gli scambi epistolari e le fanzine specializzate.
3
N.d.R. La giocatrice esprime qui il suo disappunto poiché ha subito dei malus discriminatori nonostante non abbia
tirato un “fallimento critico”, un “1 naturale”, ovvero quando con il dado si tira un risultato di 1, una regola comune a
molti sistemi di gioco. “Non ho preso la CD” significa che con il suo tiro di dado, a cui si sommano i bonus conferiti
dalle abilità, non ha superato la “Classe Difficolta”, o CD, determinata su base numerica, necessaria a realizzare
l’azione descritta, in questo caso il “tuffo dalla cascata”.
la quale tutto è discriminatorio. Tuttavia, questi dati (introvabili in corpora più grandi ma meno
specifici) possono fungere da spinta per nuove ricerche.
2. L’uso del discorso riportato: una strategia per dare forza alla propria testimonianza
In secondo luogo, l’uso del discorso riportato ci può dire molto di ciò che le persone scriventi hanno
ritenuto importante nella propria testimonianza. Il discorso riportato comprende discorso diretto (DD)
e discorso indiretto (DI), nelle loro varie declinazioni. In questo caso, il discorso diretto è inteso come
una citazione presentata come letterale e generalmente contrassegnata da segni grafici (es: Petro
chiese: “Posso uscire?”), mentre il discorso indiretto è un riferimento al discorso altrui inglobato nel
proprio (es: Pietro chiese se potesse uscire). Per una rassegna completa delle forme del discorso
riportato in italiano, si vedano Calaresu (2004), Mortara Garavelli (2009) e Colella (2014)
Nel corpus sono stati trovati 49 discorsi riportati totali, di cui 30 DI (di cui 17 sono isole testuali) e 19
DD, generalmente utilizzati per raccontare in modo più preciso e/o realistico possibile un episodio di
discriminazione. Tuttavia, la loro funzione è più espressiva, che di prova della veridicità dei discorsi.
I discorsi diretti sono presentati come se si riportassero fedelmente le parole del discorso originario
(DO). Tuttavia, in generale, bisogna tener conto del fatto che questi discorsi difficilmente saranno
fedeli al DO, nonostante il DD, come forma di discorso riportato, si ponga come trasmissione fedele
di forma e contenuto del discorso originario. Nei fatti, però, questa fedeltà raramente si manifesta,
come dimostrano molti studi sull’italiano giornalistico (Calaresu, 2004). Anzi, come fa notare Mortara
Garavelli (2009), è quasi inevitabile che il DD non rispecchi perfettamente la forma morfo-sintattica
o la funzione pragmatica che aveva nel DO, poiché, per essere riportato, è sempre soggetto
all’interpretazione di coloro che citano.
Nel caso di questo corpus, quindi, i discorsi diretti probabilmente non saranno completamente fedeli
ai rispettivi DO, anche perché spesso si riportano dialoghi orali sostenuti anche svariati anni addietro.
L’eventuale infedeltà, quindi, sarà probabilmente dovuta ai comuni limiti della memoria umana e al
non potersi rifare ad un supporto scritto del DO, senza voler comunque escludere una manipolazione
volontaria di questi DD, la quale risulterebbe difficilmente indagabile per uno studio come questo.
Per questi motivi, i discorsi diretti del corpus vanno considerati come discorsi diretti fittivi, ossia come
rappresentazioni di un discorso basate sulla verosimiglianza, che citano in forma scritta dei DO
parlati. Questa imprecisione è sottolineata anche da alcuni utenti, (es: robe di tal tipo nell’esempio 1
e tipo nell’esempio 2), o che si tratti di rielaborazioni personali di un certo clima ritrovato nel gioco
(esempio 3), le quali dunque potrebbero non fare riferimento ad un DO specifico. Pertanto, questi
DD assomigliano ai discorsi diretti tipici del parlato, che fanno esplicitamente riassunti o parafrasi
del DO, citano i pensieri altrui (sempre come nell’esempio 3) o affermazioni attribuiti non a un unico
parlante, bensì ad un gruppo di parlanti.
(1) In particolare, lui affermava “Se il tuo pg muore entro tre sessioni, sei escluso dalla
campagna” e robe di tal tipo.
[Uomo, tra 16 e 19 anni]
(2) [...] mi sono sentit dire spesso battute tipo “se non vuoi pagare la locanda basta mostrare le
tette” e altre amenità simili.
[Genderfluid, tra 31 e 50 anni]
(3) Della serie: “tanto sei qui solo perché stai accompagnando i maschietti”.
[Donna, tra 31 e 50 anni]
Per questo motivo, i DD del corpus assolvono alla funzione di “dar forza e immediatezza ad
un’argomentazione, soprattutto in situazioni controverse o dove si sia manifestata una divergenza
di opinioni” (Calaresu, 2004: 56). Quindi, sebbene con l’incertezza dovuta ai limiti di memoria, le
persone che hanno testimoniato hanno cercato di utilizzare il DD per portare degli esempi con cui
rafforzare la propria testimonianza. Infatti, generalmente il DD realizza il nucleo informativo di un
enunciato, dandogli sia il tono, sia il contenuto informativo principale (Mandelli, 2010). Questi esempi
rafforzativi non devono essere pensati, generalmente, come manipolazioni volontarie dei fatti,
poiché sono un’abitudine comune di molte varietà di italiano informali, come il parlato colloquiale, a
cui una scrittura anonima e informale come quella delle testimonianze è molto vicina (Berruto, 2012;
Bazzanella, 2011).
Ci sono però dei casi in cui il DD viene presentato come molto fedele al DO, venendo quindi portato
come prova delle discriminazioni subite, non come rafforzativo al proprio racconto. E sebbene noi
non possiamo accertare questa fedeltà, è comunque interessante notare quanto per chi testimonia
questi DD siano importanti, tanto da costituire la quasi totalità della testimonianza (esempio 4) e da
essere precedute da frasi che sottolineano quanto l’avvenimento sia loro rimasto impresso nella
memoria (esempi 4 e 5).
(4) Mi è rimasta impressa la discriminazione subita di persona. Mi è stato esplicitamente detto
da un ragazzo: “Cosa giochi a fare? Tanto le femmine non giocheranno mai bene come i
maschi a D&D”.
[Donna, tra 20 e 30 anni]
(5) [...] uno scambio è passato agli annali nel nostro gruppo di amici: “La fanciulla si ferma a
guardare la partita?” “La fanciulla è il tuo master, prego, possiamo cominciare”.
[Donna, tra 31 e 50 anni]
Sul fronte invece del discorso indiretto, possiamo notare che questo fenomeno si presenta spesso
nella forma delle isole testuali, ossia “l’inserzione di frammenti di citazione diretta in un co-testo in
stile indiretto”, dal quale sono separate perché, di solito, sono poste tra virgolette.
Sebbene la letteratura indichi che queste inserzioni possono avere dimensioni variabili, che vanno
dalla singola parola a più frasi, nel caso di questo corpus talvolta è difficile capire se le singole parole
virgolettate siano effettivamente isole testuali, oppure se siano solo parole il cui significato insolito o
non-standard è stato posto in rilievo dalle virgolette. L’esempio 6, infatti, è evidentemente un caso
del secondo genere, mentre l’esempio 7 è più controverso: sebbene “tosto” possa essere visto come
la definizione data dalla giocatrice, “mestruato” potrebbe essere considerato come la citazione del
lessico usato dai compagni di party.
(1) [...] solo che ho iniziato a giocare all'università perché i miei "amici" di prima non pensavano
che una femmina sarebbe stata in grado
[Donna, tra 31 e 50 anni]
(7) [...] cercavano di sminuirmi o giustificare le interpretazioni di un pg "tosto" come pg
"mestruato" o l'inclinazione alla forza come atteggiamento femminile di sclero e di acidume.
[Donna, tra 31 e 50 anni]
Ad ogni modo, le isole testuali sono una strategia che crea volutamente una polifonia di voci nel
discorso, in cui chi scrive non solo menziona le parole del DO, ma le utilizza anche per dare senso
al proprio discorso, poiché ne sono una parte sintatticamente e semanticamente fondamentale
(esempi 8 e 9).
(8) Più volte mi è stato impedito di partecipare ad una campagna di D&D perché "sarei stata
l'unica femmina"
[Donna, tra 20 e 30 anni]
(9) quando si trattava di prendere l'iniziativa la mia veniva sminuita o fatta passare per poco
interessante e venivo liquidata con un "invece di dire ste cose vacci a prendere da bere".
[Donna, tra 20 e 30 anni]
Anche in questo caso la fedeltà al DO originale è incerta, ma ci sono casi in cui l’utenza sottolinea
di star citando letteralmente il lessico utilizzato dai propri discriminatori (esempio 10). Inoltre, le isole
testuali hanno il vantaggio, rispetto ai DD, di presentare solo un piccolo estratto del DO, ossia la
piccola parte che più è rimasta integra nella memoria dell’utenza, integrata nel discorso per dargli
veridicità.
(10) Per lo più la discriminazione era legata al fatto che fossi femmina (anche
biologicamente), dato che, a parole loro "le ragazze dovrebbero truccarsi e parlare di vestiti",
invece che giocare.
[Donna, tra 20 e 30 anni]
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