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SALUTE E PARTECIPAZIONE: FACEBOOK COME STRUMENTO EDUCATIVO PER IL COINVOLGIMENTO ATTIVO DELLA PERSONA CON DIABETE

Authors:

Abstract and Figures

With this study we aimed to explore the role of social media in the healthcare context by analysing how Facebook can represent a tool to foster patient education and engagement within the context of chronic care. More specifically, we have explored how Facebook is used by patients with diabetes (and by their relatives) to share information and/or discuss issues relevant for managing their disease. This is a preliminary explorative study, with a quantitative phase where a survey was administered to 119 patients with diabetes and Facebook users, and qualitative phase where a sample of interactions among members of a Facebook group for patients with diabetes and their relatives was inductively analysed. The qualitative analysis showed how participating in the Facebook group has the main function of sharing information on how to manage diabetes, followed by having the function of emotionally support patients. The results from the survey confirmed these findings and revealed how patients using Facebook groups for diabetes are usually more engaged in their care, with good health literacy levels, and low informational needs. Based on these findings, we highlight the potential relevance of these online groups and communities to promote peer support; they can indeed represent important tools to improve the abilities of patients to self-manage their disease and their motivation in playing an active role in the care process.
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SISTEMI INTELLIGENTI / a. XXXI, n. 3, dicembre 2019
maria grazia rossi julia menichetti
SALUTE E PARTECIPAZIONE:
FACEBOOK COME STRUMENTO EDUCATIVO
PER IL COINVOLGIMENTO ATTIVO
DELLA PERSONA CON DIABETE
1. introduzi one
L’utilizzo del web e dei social media come spazio in cui procacciare
informazioni e supporto nell’ambito della salute è in continua crescita
(Hamm et al., 2013). In modo parallelo, si allarga il dibattito attorno
all’efficacia dei comportamenti di ricerca, condivisione e discussione di
informazioni mediche on-line. Moorhead e colleghi (Moorhead et al.,
2013) hanno fatto riferimento ai social media nei termini di una nuova
dimensione dell’assistenza sanitaria, facendo il punto rispetto ai bene-
fici e alle criticità che riguardano l’utilizzo di questa nuova frontiera
della comunicazione. Accanto a questioni enormi relative ai problemi
di privacy e riservatezza generati dalla condivisione e dall’immagazzi-
namento di dati sensibili, la principale criticità riguarda, come è ovvio,
la questione della qualità delle informazioni ricercate in rete, il modo
in cui queste informazioni vengono valutate e adattate alla propria
condizione di malattia e, di conseguenza, il tipo di decisioni che fanno
seguito a una tale consultazione. In relazione ai benefici, gli studi effet-
tuati associano l’uso dei social media per la comunicazione sanitaria a
un aumento delle interazioni con altri utenti e del supporto ricevuto da
questi ultimi, come pure a un ampliamento della popolazione capace di
usufruire di informazioni mediche complesse e, almeno in alcuni casi,
personalizzate rispetto alla propria condizione di malattia (Markham,
Gentile e Graham, 2017).
Smailhodzic, Hooijsma, Boonstra e Langley (2016) hanno condotto
una rassegna sistematica della letteratura per fare il punto sulla ricerca
empirica relativamente (1) al modo in cui i social media vengono usati
dai pazienti e (2) all’effetto che l’informazione e le interazioni on-line
producono all’interno della relazione terapeutica con i medici. Emergono
dati interessanti: le informazioni ricercate e l’interazione on-line tra gli
utenti vengono percepite dai pazienti stessi e dalle loro famiglie come
complementari rispetto a quelle ricevute all’interno della consultazione
medica; per esempio, i pazienti trovano benefici dalla condivisione di
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informazioni che riguardano il vissuto di altri pazienti (e delle loro fami-
glie) che, trovandosi in situazioni analoghe di malattia, hanno già avuto
modo di applicare (e adattare) le raccomandazioni tecniche e generiche
ricevute dai medici nella vita concreta di ogni giorno (Colineau e Paris,
2010; Gómez-Zúñiga, Fernandez-Luque, Pousada, Hernández-Encuentra
e Armayones, 2012; Kofinas et al., 2014). Soltanto due studi riportano
un effetto negativo che spinge i pazienti a cambiare il proprio medico
per via di discussioni on-line (Wicks et al., 2010), o in seguito alle rea-
zioni negative espresse dal medico stesso rispetto all’opportunità della
richiesta di un secondo parere suggerita on-line da altri pazienti (Rupert
et al., 2014). Complessivamente, l’uso dei social media sembra avere
effetti positivi all’interno della consultazione clinica favorendo una
comunicazione più equa tra medico e paziente: una migliore compren-
sione della propria condizione di malattia avrebbe il merito di rendere
maggiormente condivisa la scelta tra medico e paziente rispetto alle
opzioni terapeutiche a disposizione. Un uso appropriato dei social me-
dia potrebbe dunque favorire il coinvolgimento attivo del paziente nel
percorso di cura (§ 2) e contribuire a favorire un modello di assistenza
sanitaria centrato sul paziente (patient-centred healthcare) (Markham
et al., 2017; Rozenblum e Bates, 2013), migliorando gli esiti clinici e
le condizioni di salute dei pazienti (Parchman, Zeber e Palmer, 2010).
Non è facile determinare quali fattori specifici e relativi all’uso dei
social media incidano sul miglioramento delle condizioni di salute dei
pazienti (Househ, Borycki e Kushniruk, 2014). A questo proposito, alcuni
studiosi hanno notato che è necessario distinguere più accuratamente
all’interno della categoria generica dei social media tra progetti collab-
orativi come Wikipedia, blog o microbloc come Wordpress e Twitter,
piattaforme di contenuti come YouTube, siti di social network come Face-
book o tra mondi virtuali come Second Life (Hamm et al., 2013). Allo
stesso tempo, occorre anche effettuare distinzioni rispetto alle differenti
modalità d’uso possibili per ciascuna delle categorie specifiche appena
menzionate. Riconoscendo una tale complessità, in questo contributo
abbiamo scelto di focalizzare la nostra attenzione su un social network
specifico (Facebook) e su una malattia cronica specifica (il diabete).
Esploreremo non tanto il modo in cui gli utenti ricercano/condividono
informazioni sul web e su Facebook in generale; analizzeremo, più nel-
lo specifico, se e come l’utilizzo di un social network come Facebook
possa diventare, nel contesto della salute, uno strumento educativo per
il coinvolgimento attivo dei pazienti (e delle loro famiglie).
Nel prossimo paragrafo (§ 2), giustifichiamo la scelta di prendere
in considerazione l’ambito delle malattie croniche (e del diabete) per
esplorare preliminarmente il modo in cui Facebook viene utilizzato
nel contesto della salute in Italia. Sottolineamo perché l’educazione e
il coinvolgimento attivo sono stati indicati come fattori determinanti
per favorire la gestione consapevole e autonoma del percorso di cura
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da parte dei pazienti, e come questo abbia ricadute rilevanti sul piano
degli esiti clinici.
Nel § 3 introduciamo la metodologia dello studio che abbiamo
condotto per determinare in che modo Facebook è utilizzato dai pazi-
enti diabetici e dalle loro famiglie. Abbiamo organizzato lo studio in
due fasi: nella prima fase abbiamo somministrato un questionario per
comprendere i bisogni informativi che spingono i pazienti con diabete a
cercare/condividere informazioni sul web e a discutere questioni legate al
diabete all’interno di gruppi su Facebook, comunità on-line frequentate
da persone con diabete e dai loro familiari. Inoltre, abbiamo utilizzato il
questionario per misurare il livello di coinvolgimento attivo e di alfabe-
tizzazione sanitaria dei pazienti con diabete che usano Facebook. Nella
seconda fase abbiamo analizzato i temi e le interazioni generate dai post
pubblicati su Facebook all’interno di un gruppo chiuso specifico: “Iutti
i Diabetici Uniti in Rete” (TIDUIR).
Nel § 5 presentiamo i risultati del questionario (§ 4) e offriamo
un’analisi qualitativa delle interazioni comunicative pubblicate all’in-
terno del gruppo Facebook TIDUIR. Evidenziamo le potenzialità di tali
interazioni, basate su una condivisione di informazioni e di esperienze
tra utenti che condividono un percorso di malattia analogo. Concludiamo
sostenendo che in questo contesto il percorso educativo sembra fondato
sul supporto tra pari (peer support); il paziente che condivide informazioni
e discute on-line agisce in maniera collaborativa (e altruista): diventa
un paziente autonomo e impegnato che condivide la propria esperienza
e competenza con altri pazienti (e con i loro familiari).
2. Facebook e d iabete: leducazio ne tra pari nelle com unità on-line
I dati discussi all’interno del report globale sul diabete promosso
dall’Organizzazione Mondale della Sanità sono chiari: le diagnosi di
diabete sono in aumento, con 422 milioni di adulti nel mondo colpiti
da questa malattia cronica (WHO, 2016). I dati sull’incremento delle
diagnosi in Italia sono in linea con questa tendenza: negli ultimi trent’an-
ni la diffusione del diabete è quasi raddoppiata, coinvolgendo il 5,3%
della popolazione nel 2016 (Italian Diabetes e Obesity Barometer, 2018;
WHO, 2016).
Al di là che si abbia a che fare con il tipo 1 o 2, il diabete è una
malattia cronica che richiede una gestione complessa (e quotidiana): a
titolo puramente esemplificativo, basti ricordare che i pazienti con diabete
devono saper misurare la glicemia tramite il glucometro e, per quanto
riguarda il diabete di tipo 1 e un sottogruppo di pazienti con diabete di
tipo 2, determinare la dose di insulina necessaria sulla base del conteggio
dei carboidrati del pasto che si andrà a consumare. Il riferimento a questi
esempi è sufficiente per mettere in luce in che senso un buon controllo
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del diabete dipende anche da comportamenti quotidiani che, per essere
messi in atto in maniera appropriata, richiedono una serie di conoscenze
mediche (rispetto a quali debbano essere i valori target delle glicemie o
a come debba essere adeguata, di conseguenza, la terapia insulinica) e
pratiche (rispetto all’utilizzo di strumenti tecnologici come microinfusori
e glucometri). Tali conoscenze devono poi essere regolate allo stile di
vita, che varia in relazione alle abitudini individuali dei pazienti, ma
anche agli avvenimenti e agli imprevisti che caratterizzano le fasi della
vita di ogni persona.
La capacità di gestire in maniera consapevole e autonoma il percorso
di cura (self-management) deve essere pensata in riferimento a questa
complessità. Una complessità che richiede un coinvolgimento attivo e
un’educazione continua del paziente. In questo contesto, il ruolo dei
social media in genere, e di Facebook per quel che riguarda i temi di-
scussi in questo contributo, deve dunque essere considerato a partire dal
ruolo che coinvolgimento attivo e autogestione del paziente rivestono
nel miglioramento degli esiti clinici e della qualità di vita del paziente
cronico (Islam et al., 2019; Merolli, Gray e Martin-Sanchez, 2013).
La nozione di coinvolgimento attivo del paziente è di recente intro-
duzione e di crescente interesse in medicina (Menichetti, Libreri, Lozza
e Graffigna, 2016). Coinvolgere il paziente nelle cure è un imperativo
etico e una necessità pratica per i sistemi sanitari occidentali (Weil,
2016). Diversi contributi scientifici ribadiscono che la partecipazione
attiva del paziente sia un passo necessario per raggiungere una gestione
efficace e sostenibile dei servizi sanitari (Bodenheimer, Lorig, Holman e
Grumbach, 2002; Hibbard e Greene, 2013; James, 2013). Nella letteratura
scientifica l’espressione “coinvolgimento attivo” può fare riferimento:
alle conoscenze, competenze e risorse per gestire una malattia
(patient activation) (Hibbard, Stockard, Mahoney e Tusler, 2004);
alla percezione di acquisire un maggiore controllo sulle decisioni
e sulle azioni che riguardano la gestione della propria malattia (patient
empowerment) (Anderson e Funnell, 2010);
all’avere un ruolo attivo nelle decisioni cliniche (patient involve-
ment) (Thompson, 2007);
all’intraprendere efficacemente un percorso emotivo, informativo
e di buone pratiche comportamentali che gradualmente, passo dopo pas-
so, porta la persona ad acquisire non solo un ruolo attivo nel percorso
di cura, ma anche a mettere in campo azioni propositive per migliorare
l’esperienza di cura (sua e/o di altre persone) (patient engagement)
(Graffigna, Barello, Bonanomi e Lozza, 2015).
In questo contributo, adottiamo quest’ultima definizione prendendo
in considerazione una visione ampia e complessa di coinvolgimento
attivo (patient engagement). A partire da un’analisi qualitativa dei
bisogni delle persone con diabete e diverse altre malattie croniche in
Italia, il modello teorico sviluppato da Graffigna, Barello, Bonanomi e
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Lozza (2015) concettualizza la nozione di patient engagement come un
percorso emotivo, informativo e comportamentale, composto da quattro
fasi esperienziali principali: blackout, allerta, adesione, ed engagement
vero e proprio. Segue una breve descrizione di tali fasi, utile per com-
prendere la prospettiva teorica e i risultati del nostro studio.
Nella fase di blackout la persona attraversa un momento di diso-
rientamento informativo, sconforto emotivo e disordine nelle abitudini
legate alla gestione della malattia. Generalmente questa fase connota il
periodo appena successivo alla diagnosi, o momenti di cambiamento del
piano terapeutico o di peggioramento della malattia. Diversa è invece
la fase di allerta, dove prevale un senso di allarme e preoccupazione
più che di sconforto, e dove la persona intraprende tentativi di raccolta
di informazioni e inizia a introdurre nuove pratiche comportamentali di
gestione della malattia nelle proprie abitudini quotidiane. Nella fase di
adesione la persona acquisisce una visione di sé come paziente, ha già
un buon bagaglio informativo e risulta aderente rispetto alle prescrizioni
di cura. Questa fase descrive una relativa stabilità e padronanza da parte
della persona rispetto al percorso di cura, senza però che riesca a sentirsi
risorsa attiva e parte integrante del team di cura, o portatrice di esperienze
di malattia capaci di integrare e arricchire la conoscenza medica e di
supportare altre persone, che è quello che invece succede nella fase di
engagement. Infatti, le persone in fase di engagement sono finalmente
riuscite a dare senso alla malattia e a vederne i risvolti positivi per la
propria esistenza in senso lato, diventando addirittura ambasciatori di
buone pratiche di cura e salute tra le persone che hanno attorno.
È possibile immaginare che a ciascuna fase corrispondano bisogni
diversi, in termini di supporto emotivo e informativo. Un qualsivoglia
percorso di educazione, per essere efficace, dovrebbe tener conto delle
differenti fasi di engagement che abbiamo descritto.
Adattando questo discorso generale al contesto specifico della cura
del diabete, si può dunque immaginare che alla ricezione passiva e di-
sordinata di informazioni che potrebbe caratterizzare le fasi di blackout
o di allerta, possano fare seguito – nelle fasi di adesione ed engage-
ment – atteggiamenti proattivi che portano a ricercare (e a interpretare)
in autonomia nuove informazioni e nuove evidenze sul controllo del
proprio diabete. Questa capacità di interpretare e leggere in maniera
critica evidenze e informazioni relative al diabete sembra dunque fon-
damentale per descrivere una buona gestione della malattia e, insieme a
quest’ultima, anche il desiderio di farsi ambasciatore di buone pratiche
nella propria comunità (in presenza oppure on-line).
In questo contesto, l’interazione tra pazienti è stata interpretata
come un nuovo canale per promuovere la discussione e la condivisione
di informazioni sulla gestione della cura (O’Keeffe e Montori, 2016).
Al di là che si stia facendo riferimento alle comunità in presenza (come
associazioni o gruppi di pazienti) o alle comunità on-line (per esempio,
570
a gruppi di pazienti su Facebook), l’interazione tra pazienti può essere
definita come un tipo di supporto tra pari (peer support). Dennis (2003,
329) ne ha dato la seguente definizione:
peer support, within the health care context, is the provision of emotional,
appraisal, and informational assistance by a created social network member
who possesses experiential knowledge of a specific behaviour or stressor and
similar characteristics as the target population, to address a health-related issue
of a potentially or actually stressed focal person.
Il riferimento all’educazione tra pari è importante perché esiste tutta
una letteratura che mostra l’impatto di questa tipologia di supporto sul
miglioramento della capacità di gestione autonoma del diabete (Joseph,
Griffin, Hall e Sullivan, 2001; Piette, Resnicow, Choi e Heisler, 2013;
Tang et al., 2014; Tang, Afshar, Elliott, Kong e Gill, 2019). Più nello
specifico, il supporto da parte di chi condivide la stessa esperienza di
malattia può essere utile sul piano della condivisione del vissuto di
malattia (piano emotivo), delle informazioni (piano cognitivo) e dei
consigli pratici efficaci – perché già usati da altri – per migliorare le
pratiche quotidiane di gestione della malattia (piano comportamentale),
e può diventare dunque uno strumento per favorire il coinvolgimento
attivo del paziente. In questo contesto, i forum e i gruppi di discussione
on-line potrebbero essere molto utili come strumenti di supporto tra pari
(Kingod, 2018; Merolli et al., 2013).
Dalla letteratura scientifica, sappiamo che l’uso di comunità online
come Facebook potrebbe favorire il coinvolgimento attivo dei pazienti, e
che l’uso dei social media potrebbe avere un grande potenziale in termini
di capacità di creare cambiamento rispetto a come pazienti e strutture
sanitarie si relazionano vicendevolmente (Rozenblum e Bates, 2013;
Smailhodzic et al., 2016). Un’analisi della letteratura sull’uso dei social
media per favorire il coinvolgimento attivo e l’educazione dei pazienti
offre incoraggianti indicazioni in tal senso, ma sottolinea la sostanziale
mancanza di studi a riguardo (Househ et al., 2014). Nel caso dei pazienti
con diabete, uno studio sui partecipanti alle comunità on-line basate sul
supporto tra pari offre qualche dato positivo preliminare rispetto all’uti-
lità che si ha nella condivisione di informazioni ed esperienze con altri
pazienti diabetici (Gavrila, Garrity, Hirschfeld, Edwards e Lee, 2019).
Altri studi descrivono alcuni dei temi predominanti discussi sui social
media (Tenderich, Tenderich, Barton e Richards, 2018) o su Facebook
all’interno di gruppi dedicati al diabete (Arsand, Bradway e Gabar-
ron, 2019; Yan Zhang, He e Sang, 2013). Confermando altre ricerche
sull’affidabilità delle informazioni condivise in gruppi di discussione
on-line (Cole, Watkins e Kleine, 2016), White e colleghi (2018) hanno
somministrato un questionario e hanno chiesto ai partecipanti di valu-
tare i consigli ricevuti all’interno di alcuni gruppi su Facebook: il 99%
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dichiara di non aver avuto alcun problema causato dai consigli ricevuti
online, e il 40% di aver trovato quei consigli anche utili ed efficaci.
Per quanto riguarda il contesto italiano, siamo a conoscenza di una
sola ricerca che ha affrontato questi temi: Troncone, Cascella e Chianese
(2015; 2016) hanno condotto un’analisi testuale computerizzata prelimi-
nare per analizzare i nuclei tematici di discussione dei post pubblicati
all’interno del gruppo Facebook “Mamma e diabete”, un gruppo di
supporto per mamme di bambini con diabete di tipo 1.
In attesa di prove più solide, risulta chiaro che il ruolo dei social
media per la salute, e di Facebook per quel che riguarda i temi discussi
in questo contributo, deve essere considerato a partire dal ruolo che
engagement del paziente e capacità di gestione autonoma della malattia
rivestono nel miglioramento della salute (Islam et al., 2019; Merolli et
al., 2013).
3. metodologia del la ricerca
Lo studio che proponiamo è stato disegnato per capire in che modo:
la comunicazione su Facebook può contribuire alla diffusione di
conoscenze sul funzionamento e la gestione del diabete;
la condivisione di conoscenze (ed esperienze) su Facebook può
promuovere la partecipazione attiva dei pazienti nella gestione del pro-
prio percorso di cura e di salute.
3.1. Analisi dei bisogni di persone con diabete che usano Facebook
In una prima fase abbiamo somministrato un questionario strutturato
auto-compilato e in forma anonima, volto a comprendere i bisogni in-
formativi delle persone con diabete che fanno uso di Facebook. Oltre a
identificare le frequenze d’uso e i principali motivi che spingono queste
persone a utilizzare internet e Facebook per cercare e/o condividere
informazioni sul diabete, abbiamo misurato il livello di coinvolgimen-
to attivo nella gestione delle cure (patient engagement) e il livello di
alfabetizzazione sanitaria (health literacy).
Il questionario era rivolto a persone adulte, reclutate on-line, con
diagnosi di diabete di tipo 1 o 2, e che utilizzano Facebook. Abbiamo
articolato il questionario in quattro sezioni principali:
(a) informazioni sociodemografiche e cliniche;
(b) scala di valutazione del livello di coinvolgimento attivo del
paziente: Patient Health Engagement Scale (Graffigna et al., 2015), e
scala di valutazione del livello di alfabetizzazione sanitaria: Brief Health
Literacy Screeners (Lorini et al., 2017), entrambe validate;
572
(c) set di item pensati ad hoc e finalizzati a valutare i bisogni in-
formativi legati al diabete su una scala Likert da 1 a 5. Gli item riguar-
davano: alimentazione, attività fisica, farmaci e terapie, complicanze,
ambulatori e servizi;
(d) set di item pensati ad hoc e finalizzati a comprendere la fre-
quenza, l’utilità percepita e le funzioni d’uso di internet e di Facebook.
I dati raccolti sono stati analizzati mediante il software statistico SPSS
versione 4.0. Abbiamo condotto analisi descrittive (media, range, devia-
zione standard) e presentato i dati di tipo categoriale tramite frequenze
e statistiche percentuali. Infine, abbiamo effettuato delle correlazioni
di Pearson per studiare la relazione tra il livello di patient engagement,
health literacy e i bisogni informativi, e tra queste variabili e l’utilizzo
di internet e Facebook per la gestione del diabete.
3.2. Analisi delle interazioni comunicative del gruppo Facebook “Tutti
i Diabetici Uniti in Rete” (TIDUIR)
Nella seconda fase dello studio abbiamo analizzato un campione di
post pubblicati all’interno del gruppo chiuso di Facebook TIDUIR, uno
dei gruppi segnalati più frequentemente dai partecipanti al questionario
somministrato nella prima fase. Lo scopo dichiarato di TIDUIR è di
unire le persone con diabete (e i loro familiari, parenti, amici, ...) in
una comunità on-line che ammette la condivisione di esperienze e la
pubblicazione di notizie “avvalorate da studi scientifici e dalle linee-
guida ufficiali”1.
Il campione analizzato include tutti i post pubblicati nell’arco del
mese di gennaio 2019, salvati manualmente insieme ad altre informazioni
relative al numero di “mi piace” e di commenti. Per ciascun post abbiamo
annotato se questo includeva la condivisione di testo, immagini, video,
link o una loro combinazione. Abbiamo utilizzato queste informazioni
per produrre una prima descrizione del campione, che abbiamo consi-
derato essere significativo rispetto al tipo di interazioni comunicative
condotte normalmente all’interno di TIDUIR. Abbiamo poi approfondito
l’analisi dei post da un punto di vista tematico, attribuendo a ciascun
post una funzione principale e distinguendo, più nello specifico, tra post
che hanno l’obiettivo principale di:
1. costruire un rapporto con la comunità;
2. chiedere o condividere informazioni;
3. motivare gli altri utenti della comunità.
Abbiamo incluso in una categoria a parte tutti quei post riguardanti
la gestione del gruppo e considerati quindi come non rilevanti per descri-
1 La descrizione delle finalità del gruppo TIDUIR è disponibile al link seguente:
http://www.facebook.com/groups/253803764055/about/ (consultato il 19 febbraio 2019).
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vere le dinamiche di supporto tra pari di TIDUIR: post di gestione del
gruppo non legati al diabete, post di condivisione della nuova immagine
del gruppo, post in cui si propone lo scambio o la vendita di farmaci
e/o di materiale per il controllo della glicemia. Per ciascuna funzione
abbiamo poi riconosciuto alcune sottocategorie:
1. costruire un rapporto con la comunità, tramite post (a) di saluto,
(b) relativi alla tecnologia, (c) relativi all’ambito clinico, (d) che descri-
vono che cosa significa vivere con il diabete, (e) riguardanti aspetti di
gestione del gruppo;
2. chiedere o condividere informazioni, tramite post su (a) stile di
vita (di cui attività fisica, dieta, ricette), (b) gestione clinica del diabete
e delle sue complicanze, (c) gestione delle procedure di accesso ad am-
bulatori e servizi sanitari, (d) gestione delle tecnologie per il diabete, (e)
notizie sul diabete, (f) significato emotivo e vita con il diabete;
3. motivare gli altri utenti della comunità, tramite post su (a) stile
di vita.
Abbiamo usato questo schema di classificazione per discutere alcuni
casi che consideriamo esemplificativi e che descrivono in che modo il
supporto tra pari, nelle sue declinazioni sul piano emotivo e informativo,
si realizza nelle interazioni comunicative su TIDUIR.
Abbiamo contattato uno degli amministratori del sito per discutere
l’obiettivo dello studio e valutarne la fattibilità sul piano etico. In accordo
anche con gli altri amministratori del gruppo abbiamo pubblicato un post
per condividere l’obiettivo del nostro studio e della nostra analisi; abbiamo
chiesto contestualmente agli utenti di contattarci se reputavano di non
voler partecipare allo studio e preferivano che escludessimo i loro post
dall’analisi. Nessun utente ha espresso parere negativo, abbiamo quindi
incluso nell’analisi tutti i post pubblicati nel mese di gennaio 2019. Per
garantire ulteriormente la privacy e il rispetto dei dati sensibili abbiamo
anonimizzato tutti gli esempi inclusi in questo contributo.
4. chi sono le persone co n diabete che us ano Facebook? una prima
FotograFia
4.1. Sezione (a): caratteristiche sociodemografiche e cliniche
119 persone con diabete e utenti di Facebook hanno acconsentito a
compilare il questionario ed espresso il loro consenso al trattamento dei
dati forniti a fini di ricerca, perlopiù donne (67%), con un buon livello di
istruzione (54% con diploma superiore), con un lavoro full-time (33%),
e coniugate o conviventi (57%). Il 71% dei partecipanti ha riferito di
avere una diagnosi di diabete di tipo 1 e il 69% di seguire una terapia
insulinica. Per un dettaglio maggiore circa le caratteristiche dei parte-
cipanti coinvolti rimandiamo alla tabella 1.
574
tab. 1. Caratteristiche dei partecipanti (n = 119)
Età: anni (media, deviazione standard) 18-77 (44, 9)
Genere
Maschi
Femmine 39 (33%)
80 (67%)
Titolo di studio
Licenza Elementare
Licenza Scuola Media Inferiore
Diploma Scuola Media Superiore
Laurea
Master/Dottorato
Altro
4 (3%)
18 (15%)
64 (54%)
22 (18.5%)
8 (7%)
3 (2.5%)
Stato civile
Celibe/nubile
Sposato/convivente
Separato/divorziato
Vedovo/a
N/A
35 (29%)
68 (57%)
7 (6%)
3 (2.5%)
5 (4%)
Stato lavorativo
Lavoratore full-time
Lavoratore part-time
Disoccupato
Pensionato
Altro
39 (33%)
12 (10%)
20 (17%)
13 (11%)
33 (28%)
Area geografica di residenza
Nord Italia
Centro Italia
Sud Italia e Isole
Estero
N/A
46 (39%)
27 (23%)
40 (34%)
2 (2%)
4 (3%)
Tipo di diabete
Diabete di tipo 1
Diabete di tipo 2
N/A
84 (71%)
25 (21%)
10 (8%)
Trattamento con terapia insulinica 82 (69%)
Presenza di comorbidità 47 (39.5%)
Fumatore 30 (24%)
Indice di massa corporea Media 26.7 kg/m2
(deviazione standard = 22.5)
4.2. Sezione (b): engagement, health literacy e principali bisogni in-
formativi
Da un punto di vista descrittivo, un’analisi delle frequenze dei livelli
di engagement mostra che il 26% dei partecipanti ha importanti bisogni
di carattere psicosociale rispetto al diabete e bassi livelli di engagement:
il 4.2% riferisce di sentirsi in una fase di blackout e il 21.8% in una fase
di allerta. I partecipanti che percepiscono di sentirsi meno bisognosi e
più attivamente coinvolti rispetto al diabete e al percorso di cura sono
numerosi (56.3%): il 45.4% riferisce di sentirsi in una fase di adesione
575
e si attribuisce buone capacità di gestione delle cure, il 10.9% risulta in
una fase di engagement e si riconosce ottime risorse emotive, cognitive,
comportamentali per la gestione del diabete. Questi risultati, con una
frequenza maggiore di pazienti in fase di adesione, risultano in linea
con quanto emerso in studi precedenti su altre popolazioni di pazienti
(Graffigna et al., 2015; Yaying Zhang et al., 2017).
I risultati della scala di alfabetizzazione sanitaria permettono di
attribuire ai partecipanti allo studio buone capacità di comprensione e
gestione delle informazioni relative al diabete. Nel dettaglio, su una scala
da 1 a 5, i partecipanti riportano un livello di alfabetizzazione sanitaria
medio pari a 3.7 (DS = 0.8) e, in particolare, buoni valori per quanto
riguarda la capacità di comprendere le informazioni scritte (media =
3.9, DS = 0.9).
Le analisi dei bisogni informativi dei pazienti mostrano un quadro
simile a quello già descritto in riferimento ai livelli di engagement e health
literacy. Su una scala Likert da 1 (per nulla) a 5 (del tutto), la maggior
parte dei partecipanti dichiara di avere “abbastanza” informazioni utili
nella gestione del diabete rispetto a: farmaci e terapie (52.1%), alimen-
tazione (51.5%), complicanze (45.3%), ambulatori e servizi (41.8%),
attività fisica (38.7%).
I bisogni informativi maggiori riguardano l’area degli ambulatori e
dei servizi, e quella delle complicanze relative al diabete: rispettivamente,
il 24.2% e il 21.1% dei partecipanti dichiara di avere nessuna o soltanto
poche informazioni relativamente a questi ambiti.
4.3. Sezione (c): uno zoom descrittivo sull’uso dei social media
L’84% dei partecipanti riferisce di essere un frequentatore assiduo
di Facebook, con diversi accessi al giorno; il 52.2% dichiara di cercare
on-line informazioni per il diabete abbastanza o molto spesso. L’87.5%
percepisce internet come uno strumento abbastanza (60.2%) o molto
utile (27.3%), uno spazio in cui tendenzialmente è possibile trovare le
informazioni di cui si ha bisogno per gestire il diabete. In particolare, i
partecipanti percepiscono Facebook utile sia per condividere sia per cer-
care informazioni sul diabete (42.2%), con il 28.9% che vede Facebook
funzionale specialmente per condividere informazioni sul diabete. L’area
relativa a farmaci e terapie per il diabete è quella che vede i pazienti
più attivi sia nel cercare (71%) sia nel condividere (76%) informazioni.
Per quanto riguarda le ragioni che spingono a utilizzare i gruppi su
Facebook dedicati a persone con diabete e ai loro familiari, le principali
ragioni indicate dai partecipanti sono: rimanere aggiornati sul diabete e su
come curarlo (26.9%), sentirsi in contatto con persone che condividono
la stessa malattia (19.3%), sentirsi parte attiva di una comunità (9.2%)
e, infine, esprimere idee e vissuti sul diabete (7.6%).
576
4.4. Patient engagement, health literacy e bisogni informativi: quale
relazione?
Abbiamo poi condotto analisi ulteriori per comprendere la relazione
tra livelli di engagement, alfabetizzazione sanitaria e bisogni informativi
dichiarati dai partecipanti. In altri termini, eravamo interessati a capire
se l’espressione di una maggiore necessità informativa fosse in qualche
modo legata al livello di engagement e di alfabetizzazione sanitaria
dei partecipanti. Abbiamo trovato che il livello di engagement varia in
maniera sinergica e significativa ai bisogni e alle capacità informative.
All’aumentare del livello di coinvolgimento attivo nel percorso di gestio-
ne del diabete, aumenta anche la percezione di possedere informazioni
adeguate sul diabete, e in particolare su alimentazione, attività fisica,
complicanze e servizi di cura. Inoltre, livelli di engagement più alti
sono statisticamente associati con livelli di alfabetizzazione sanitaria
generalmente più alti (correlazione di Pearson = .211; Sig = .043); sono
associati, più in particolare, a maggiori competenze di comprensione
delle informazioni sul diabete.
Non abbiamo trovato alcuna relazione tra livelli maggiori o minori
di engagement e la capacità di leggere autonomamente le informazioni
scritte relative al diabete o di compilare i moduli medici (tab. 2).
tab. 2. Relazione tra patient engagement, health literacy e bisogni informativi
Media Correlazione
con Patient
Engagement
Significatività
Bisogni informativi (alimen-
tazione) 3.84 .271 .008*
Bisogni informativi (attività
fisica) 3.61 .292 .004**
Bisogni informativi (farmaci
e terapie) 3.87 .189 .070
Bisogni informativi (terapie
alternative) 1.83 .111 .289
Bisogni informativi (compli-
canze) 3.59 .260 .011*
Bisogni informativi (ambula-
tori e servizi) 3.33 .313 .002**
Health literacy (comprensione
informazioni) 3.96 .380 .000**
Health literacy (lettura infor-
mazioni) 3.66 .038 .717
Health literacy (scrittura in-
formazioni)12.53 –.026 .807
Analisi statistiche effettuate: Correlazioni di Pearson.
* significatività <.05.
** significatività <.01.
1 Scoring invertito.
577
4.5. Engagement, Ricerca di informazioni e uso di Facebook
Infine, abbiamo analizzato la relazione tra l’uso di Facebook e i
bisogni di diverse tipologie di utenti, in termini di engagement, alfa-
betizzazione sanitaria e bisogni informativi dichiarati. Le analisi che
abbiamo effettuato mostrano che all’aumentare dei livelli di engagement
dei pazienti, decresce in maniera significativa la frequenza con cui in-
ternet viene utilizzato per cercare informazioni sul diabete. Questo dato
ci permette di sottolineare che pazienti con livelli di engagement più
alti usano preferenzialmente Facebook per restituire le informazioni di
cui dispongono agli altri.
Non emergono invece altre relazioni significative per quanto riguar-
da le altre variabili d’uso di internet e Facebook (ovvero la frequenza
d’uso di Facebook e l’utilità percepita di internet e Facebook per la
gestione del diabete). L’utilizzo dei gruppi su Facebook sembra seguire
logiche differenti: non cambia in funzione dei livelli di engagement dei
pazienti, né in termini di frequenza d’uso né di utilità percepita (tab. 3).
Abbiamo ottenuto risultati simili anche analizzando le variabili relative
all’alfabetizzazione sanitaria e ai bisogni informativi dei partecipanti
(analisi non riportate).
tab. 3. Relazione tra patient engagement e utilizzo di Facebook e Internet
Media
Correlazione
con Patient
Engagement Significatività
Frequenza d’uso Facebook 1.21 –.019 .858
Frequenza d’uso internet 4.49 –.204 .048*
Utilità percepita internet 3.15 .134 .214
Utilità percepita Facebook 3.14 .117 .287
Analisi statistiche effettuate: Correlazioni di Pearson.
* significatività <.05.
4.6. Chi sono le persone con diabete che usano Facebook?
Questa prima fase di ricerca ha permesso di evidenziare alcune infor-
mazioni importanti relative alle caratteristiche dei pazienti con diabete
che usano Facebook, rispetto ai loro bisogni informativi e rispetto a come
essere più o meno coinvolti nelle cure e competenti nel comprendere
le informazioni sanitarie possa contribuire all’uso e alla diffusione di
conoscenze su internet e Facebook. Riassumendo, emerge che:
le persone che partecipano a gruppi on-line sul diabete hanno, nel
complesso, buoni livelli di engagement, buone competenze di alfabe-
tizzazione sanitaria e buone risorse informative a disposizione, e questi
tre aspetti sembrano associati tra loro;
578
nello specifico dei livelli di engagement, il quadro che risulta da
questa indagine è comunque abbastanza variegato, con persone ancora
poco attivamente coinvolte nel percorso di cura e persone ampiamente
autonome;
vi è una valutazione sostanzialmente positiva delle informazioni
a disposizione on-line ed emerge una valutazione positiva di Facebook,
soprattutto da chi dichiara di partecipare alla discussione nei gruppi sul
diabete;
i gruppi Facebook sul diabete permettono, nello specifico, di ri-
manere informati e aggiornati rispetto alla gestione e cura del diabete, e
solo in seconda istanza di facilitare un senso di condivisione, comunità
e comunanza con altre persone che condividono un percorso di malattia
analogo;
più è alto il livello di engagement, più raramente le persone usano
internet per cercare informazioni sul diabete;
la valutazione dei gruppi Facebook sul diabete e il loro utilizzo
rimangono invariati a prescindere dalle competenze e risorse informative
dei pazienti, così come dal loro livello di engagement.
5. Facebook come strumento di educazione e supporto tra pari: il caso
di tiduir
224 sono stati i post pubblicati su TIDUIR nell’intero mese di gen-
naio del 2019. I messaggi sono stati pubblicati da 155 utenti differenti,
in maggioranza donne (147; 66%). Soltanto 16 utenti hanno pubblicato
più di un messaggio durante il periodo di osservazione cui fa riferimento
questa analisi, con 42 (19%) post pubblicati da uno degli amministratori
del gruppo. La tabella 4 include dati ulteriori relativi sulle reazioni ai
post (numero totale di “mi piace” e di commenti), oltre che un conteg-
gio complessivo sul tipo di post pubblicati e cioè sul numero di post
contenenti testo, immagini, video, link o una loro combinazione. I post
includono principalmente testi (201; 90%).
tab. 4. Tipi di reazione ai post e tipi di post pubblicati
Tipi di reazione Tipi di post pubblicati
Mi piace Commenti Testo Immagine Video Link
1843 2151 201 15 11 44
I risultati dell’analisi delle funzioni di supporto tra pari sulla base
delle categorie presentate in § 3.2 è illustrato nella figura 1.
111 post (50%) sono utilizzati allo scopo di chiedere o condivide-
re informazioni sul funzionamento del diabete e su come gestirlo. 96
(43%) post riguardano invece più da vicino le dinamiche di costruzione
579
dei rapporti della comunità di TIDUIR. Questi risultati riflettono quelli
emersi dalla prima fase di ricerca, e supportano ulteriormente il fatto che
i gruppi su Facebook abbiano principalmente la funzione di promuovere
lo scambio di informazioni, e solo in seconda istanza di costruire rela-
zioni e/o di condividere emozioni e vissuti. Abbiamo poi riconosciuto
a un unico post la funzione di motivare altri utenti della comunità; si
tratta del messaggio postato da uno degli amministratori del gruppo
che ha l’esplicito obiettivo di esortare gli altri membri a condividere le
loro informazioni sull’attività fisica svolta e, implicitamente, a fare più
attività fisica (Post n. 112).
Post n. 112 (19 “Mi piace”, 69 commenti)
ATTENZIONE ATTENZIONE Non ho visto nessun post che
ci mostra la vostra attività fisica mattutina!!! Tutti pigri
come la sottoscritta???? Non ci credo!!! Forza e coraggio e fateci venire
voglia di sgranchirci le ossa!! Chi sarà il primo???
Nella categoria “Altro”, abbiamo incluso post che riguardano:
– informazioni sulla gestione del sito non strettamente legati al
diabete (7 post);
scambio o vendita di farmaci e/o materiale per il controllo della
glicemia (6 post);
temi di altro genere e comunque non pertinenti con gli obiettivi
dichiarati del gruppo (3 post).
5.1. Costruire un rapporto con la comunità
I post catalogati come messaggi che mirano a costruire un rapporto
con la comunità riguardano prevalentemente messaggi di saluto da parte
dei nuovi membri del gruppo (92%) (fig. 2).
Fig. 1. Funzioni del supporto tra pari su TIDUIR.
Altro
0
16
Motivare gli utenti della comunità
Chiedere o condividere informazioni
Costruire un rapporto con la comunità
1
111
96
10020 40 60 12080
580
Questi post non ricevono molta attenzione in termini di “Mi piace”
e di commenti, si tratta generalmente di messaggi di ringraziamento per
l’inclusione del gruppo e che includono, nel 44% dei casi (42 post), una
presentazione clinica – per così dire – di sé (Post n. 8) o del proprio
familiare con diagnosi di diabete (Post n. 111) (fig. 3).
Post n. 8 (3 “Mi piace”, 1 commento)
Grazie per l’approvazione! T1 da 10 anni
Amministratore: Benvenuto
Post n. 111 (8 “Mi piace”, 7 commenti)
Grazie per avermi accolta, sono madre di una ragazza diabetica.
Nella maggioranza dei casi, questi post vengono commentati con
semplici messaggi di benvenuto da uno o due altri utenti – si tratta,
molto spesso, di uno degli amministratori.
Tuttavia, anche post di questo tipo, all’apparenza poco utili, talvolta
aprono a interazioni comunicative più interessanti per discutere il tema
del supporto emotivo tra pari. Nello specifico, ci sono casi in cui la
comunità si palesa con più forza, soprattutto in termini di numero di
commenti, per supportare membri che nel loro messaggio di saluto al
gruppo condividono informazioni e storie, per così dire, “particolari”.
Ci sono casi in cui la comunità di utenti diventa più attenta, e cioè
aumenta il numero di “Mi piace” e di commenti ai messaggi di saluto
da parte di un membro che è stato appena incluso nel gruppo (Post n.
17). Il post n. 17 è emblematico a questo proposito. Tra i commenti,
si trovano richieste di informazioni su come sono trascorsi tutti quegli
anni col diabete rispetto alle complicanze ([5]); ci sono poi utenti che
approfittano della conversazione viva (e forse dell’esperienza altrui)
per chiedere consigli su come risolvere problemi particolari ([8]). C’è
il messaggio di benvenuto dell’amministratore ([2]), ma ci sono anche
Fig. 2. Costruire un rapporto con la comunità, tramite post.
Altro
0
3
Riguardanti aspetti di gestione del gruppo
Che descrivono cosa significa
vivere con il diabete
Relativi all’ambito clinico
5010 20 30 6040
Relativi alla tecnologia
Di saluto
1
2
1
1
88
70 80 90 100
581
altri utenti che fanno i complimenti per la lunga convivenza col diabete,
magari aggiungendo informazioni sull’atteggiamento emotivo ([10],
nota l’utilizzo dell’espressione “TENIAMO DURO” come esempio di
informazione sull’atteggiamento emotivo rispetto al trascorrere una vita
“insieme” al diabete).
Accanto a vari messaggi che tratteggiano una sorta di contorno emo-
tivo della comunità ([12]), ci sono poi messaggi che contengono elementi
linguistici particolari: in questo caso segnaliamo l’uso di espressioni
come “infartino” ([11]) o di messaggi ironici ([13] e [14]).
Il commento [9] è un buon caso di moderazione da parte di uno
degli amministratori che esorta l’Utente 2 a ripubblicare il proprio post
al di fuori della discussione corrente, come nuovo post, per favorire una
maggiore visibilità e dunque l’intervento di un maggior numero di utenti.
Post n. 17 (35 “Mi piace”, 24 commenti)
[1] Utente zero: Salve sono diabetica tipo 1 da 55 anni
[2] Amministratore: Benvenuta
[3] Utente zero: Amministratore Daniela Sanna grazie siete un bel gruppo...
[4] Amministratore: Utente zero grazie
[5] Utente 1: Utente zero lo so è brutto chiederlo e mi scuso in anticipo...
hai avuto problemi alla vista? Ai reni? Piede diabetico? Dei sintomi insomma
[6] Utente zero: Utente zero no fortunatamente solo cataratte operate...
[7] Utente zero: Anche infarto nel 2004 con due stent... ma sto bene...
[...]
[8] Utente 2: Diabetico da 46 anni tipo 1, chiedevo un consiglio: circa sei
mesi fa il diabetologo mi ha consigliato di cambiare il microinfusore che ho
della roche con l’ultimo sempre della roche cioè INSIGHT, tutto ok per 4/5
mesi, adesso comincio ad avere problemi di glicemie alte, come se non facessi
insulina, comunque scopro che si tratta dell’ago che più di un giorno è mezzo
non dura, mentre prima andava bene per 3 giorni, esattamente quanto dura la
cartuccia di insulina, c’è qualcuno di voi che ha notato questo problema? Perché
lago Dura solo un giorno e poi si ottura l’ago..?
[9] Amministratore: Utente 2 potresti scrivere un post così lo possono leggere
tutti ed esserti di aiuto. Qui leggono solo le persone interessate a questo post
[10] Utente 3: COMPLIMENTI IO QUACOSINA MENO PERO TENIA-
MO DURO
Fig. 3. Post di saluto con presentazione clinica propria o di un familiare con diagnosi
di diabete.
Presentazione clinica propria
30
Presentazione clinica di un familiare
12
582
[11] Utente 0: Utente 3 si infatti a parte un infartino nel 2004... ancora
sopravvivo
[12] Utente 3: Utente zero IO NEL 2013 CON 5 RICOVERI SEMPRE PER
LO STESSO MOTIVO IN UN ANNO ADESSO FACCIAMO A GARA CHI
NE A DI PIU COSI PASSIAMO IL TEMPO
[13] Utente 0: Mi dispiace quando sento di bimbi col diabete..mi fanno
tanta tenerezza...
[14] Utente 3: Utente zero O SI TI LEVANO IL CUORE
[...]
[15] Utente 4: Ciao io da 44 anni e ho la gastroparesi allo stomaco... ho
avuto due iniezioni in un occhio !!!!
[16] Utente 5: cosa è una gara ahahaha
5.2. Chiedere o condividere informazioni
La categoria più interessante, e più frequente, per analizzare il sup-
porto fornito tra i partecipanti al gruppo raccoglie post pubblicati con
la funzione principale di chiedere o condividere informazioni.
Il post n. 104 ci permette di commentare un caso interessante di un
messaggio pubblicato da un nuovo utente del gruppo. Il nuovo utente ha
appena scoperto di essere diabetico e utilizza il primo post per tentare
di comprendere alcune indicazioni fornite dall’infermiera relative alla
necessità di misurare la glicemia per qualche giorno, così da fornire un
“quadro più completo” al medico durante la prima visita specialistica.
Confida, dunque, nell’esperienza di pazienti più esperti. Il supporto
arriva puntuale, da tre utenti ([2], [4], [5], [7]); in un caso, oltre a for-
nire informazioni testuali, viene pubblicata anche l’immagine di una
pagina di un diario usato per segnare la misurazione delle glicemie
seguendo uno schema a coppia (prima e dopo i pasti) ([5]). L’inizio di
questa interazione è di estremo interesse, se si pensa che il tema della
misurazione delle glicemie è uno dei più discussi all’interno della con-
sultazione diabetologica oltre che uno dei comportamenti di gestione
autonoma più importanti nel contesto della cura del diabete. A questo
riguardo, uno studio recente su un corpus di visite diabetologiche italiane
ha individuato parecchi casi di incomprensioni in contesti comunicativi
nei quali l’appropriatezza della misurazione delle glicemie era il punto
di discussione problematico principale (Rossi e Macagno, in stampa;
Macagno e Rossi, 2019). Alla luce di questi risultati, il supporto degli
utenti di TIDUIR diventa ancora più interessante e facilita il percorso
di educazione terapeutica che l’utente inizierà ad intraprendere uffi-
cialmente all’interno della consultazione clinica con lo specialista. E la
discussione non si ferma qui.
L’Utente 3 dichiara di essere anche lei “insulino-resistente” ([8]).
Una dichiarazione che è interpretata come una testimonianza ([9]) e
che da avvio a una conversazione ulteriore nella quale l’Utente zero
583
esprime l’esigenza di voler sapere di più e al più presto che cosa signi-
fichi essere insulino-resistente nella vita di ogni giorno ([9]). Si crea un
contesto nel quale l’Utente zero si sente legittimato a porre domande:
all’Utente 3 stesso col quale ha appena scoperto di avere qualcosa in
comune ([10]), ma anche alla comunità di membri più ampia, per avere
un parere preliminare su come sono i valori delle glicemie che ha ap-
pena iniziato a misurare ([23]). Hanno luogo interazioni stimolanti dal
punto di vista dell’educazione tra pari: le risposte fornite dall’Utente
3 generano domande e curiosità in altri utenti, per esempio sull’utilità
del microinfusore ([16]); osservazioni interessanti emergono anche sulla
relazione tra andamento della glicemia e regime alimentare, altro cardine
della gestione autonoma (e quotidiana) del diabete ([26]).
Post n. 104 (6 “Mi piace”, 28 commenti)
[1] Utente zero: Buongiorno a tutti. Ho appena scoperto di essere diabetica
e insulino-resistente. Tra qualche giorno ho un appuntamento con uno specia-
lista, nel frattempo però l’infermiera che mi ha fatto i test mi ha consigliato
di misurare la glicemia per qualche giorno, così da poter fornire al medico un
quadro più completo.
Solo che non mi ha specificato quando. Secondo voi quando devo misu-
rarla? Grazie a tutti.
[2] Utente 1: al risveglio a digiuno, se poi vuoi dare informazione completa
prima di mangiare e due ore dopo
[3] Utente zero: Utente 1 grazie
[4] Utente 2: E giusto come ti ha detto Utente 1
[5] Utente 1: questo foglio è una pagina del librettino che mi danno al centro
se riesci a tagliare e stampare hai una guida [segue immagine di una pagina di
un diario utilizzato per segnare la misurazione delle glicemie]
[6] Utente zero: Utente 1 grazie!
[7] Utente 3: Prima di ogni pasto e due ore dopo ogni pasto
[8] Utente 3: Anche io sono insulino resistente..
[9] Utente zero: Utente 3 grazie della testimonianza. Io sono totalmente
ignorante in maniera, ho cercato in rete quindi ho capito la parte teorica, solo
che non ho chiaro di cosa implichi nella vita di tutti i giorni, essere diabetica
e insulina resistente. Ecco perché non vedo l’ora di andare dal Diabetologo,
perché voglio capire meglio come gestire il tutto.
[10] Utente zero: Utente 3 approfitto per farti una domanda. Di solito a
metà mattina avverto un malessere, come se avessi un calo di zuccheri, secondo
te può dipendere da questo? Potrebbe aver senso misurare la glicemia quando
mi succede? Grazie
[11] Utente 3: Utente 0 l’unico problema che implica essere resistenti
all’insulina è che si è molto più propensi agli sbalzi della glicemia, possiamo
dire che non sai quanto il tuo assume di insulina.. Io faccio 16 unità ma non
so quanto il mio corpo realmente... ne assume. Per quanto riguarda il tuo ma-
lessere.. A me capita spesso.. Molte volte dopo pranzo mi stendo sul divano..
E comincio ad avere tutti j sintomi di una glicemia bassa.. Ma poi la misuro e
non ho niente.. Non penso che possa dipendere da quello però
[12] Utente zero: Utente 3 capito, grazie
584
[13] Utente 3: Io faccio 16 unità per un piatto di pasta.. Niente pane.. E
ne altro.. Faccio tutti i giorni questo tanto.. Adesso sono un paio di giorni che
vado bassa.. Pur non avendo cambiato nulla nell’alimentazione
[14] Utente 3: Utente 0 di nulla figurati
[15] Utente 3: Faccio 16 unità a pasto.. E siccome ho il microinfusore la
mia basale è di 0.95 unità a ora
[16] Utente 4: Utente 3 come ti trovi con il microinfusore?
[17] Utente 3: Io sinceramente mi trovo benissimo
[18] Utente 4: Utente 3 si anche io anche xché ho un diabete molto ballerino
[19] Utente zero: Grazie mille a tutti!
[20] Utente 5: Ti consiglio di farti un diario alimentare dove puoi annotare
cosa mangi e le misurazioni prima di mangiare e due ore
[21] Utente 6: Ciao ti consiglio di misurarla al risveglio, prima dei pasti
principali e due ore dopo e anche prima di andare a dormire. Sono tante mi-
surazioni ma in questo modo il quadro è completo. Vedrai che ti daranno da
fare la conta dei carboidrati e con la terapia adatta tutto ritorna sotto controllo!
[22] Utente zero: Rieccomi visto che siete stati così carini approfitto
per un’altra domanda
Ho misurato la glicemia prima di cena ed era 103 e 2 ore dopo cena era 175.
Com’è?
[23] Utente 7: 103 perfetto
175 due ore dopo non è malvagio ma se fosse stato meno era meglio po-
trebbe anche dipendere da cosa hai mangiato... in diabetologia la soglia verso
l’alto è stimata a da 180 in su
[24] Utente 7: Fossi in te la riproverei 1 ora dopo il 175
[25] Utente zero: Utente 7 grazie! Stamattina a digiuno invece 125
[26] Utente zero: Utente 7 avevo mangiato 7 ravioli (li ho contati ) piccoli
ricotta e spinaci conditi con burro e parmigiano, circa 50 grammi di salmone
affumicato e 2 cucchiai di purè di patate
Dei 111 messaggi che abbiamo individuato in questa categoria, il
44% riguarda la richiesta di informazioni (fig. 4).
La figura 5 illustra più in dettaglio i temi dei post pubblicati allo
scopo di chiedere o condividere informazioni su TIDUIR. La categoria
Fig. 4. Chiedere o condividere informazioni.
Chiedere informazioni
49
Condividere informazioni
62
70
60
50
40
30
20
10
0
585
più rappresentata raccoglie post di richiesta o di condivisione di infor-
mazioni rispetto alla gestione clinica del diabete e delle sue complicanze
(45; 41%); tra questi post, 28 sono includono richieste di informazioni.
Questo dato è coerente con quanto emerso nella rilevazione quantitativa,
dove l’area delle complicanze relative al diabete era emersa come una
delle principali fonti di bisogno informativo.
26 sono i post nei quali vengono condivise notizie sul diabete (23%),
9 sono quelli pubblicati da uno degli amministratori. Infine, 20 messaggi
(18%) trattano temi relativi agli stili di vita, importanti per mantenere
una buona gestione del diabete; abbiamo catalogato 3 messaggi relativi
all’esercizio fisico, 4 relativi alla dieta e 13 relativi alla condivisione di
ricette (e pubblicati prevalentemente da uno degli amministratori a cui
sono attribuibili 12 post).
L’esperienza degli utenti più esperti può essere utile in contesti
molto diversi:
per l’interpretazione di evidenze, per esempio rispetto alla misu-
razione della glicemia (Post n. 176);
per la gestione di emergenze o di errori nella somministrazione
della terapia (Post n. 135);
per problemi legati all’uso e al malfunzionamento di strumenti
tecnologici (Post n. 151);
per dubbi rispetto all’assunzione di medicinali o cibi (Post n. 165).
Post n. 176 (19 “Mi piace, 25 commenti)
Questi i miei valori... [segue immagine con valore della glicemia a 472]
Post n. 135 (8 “Mi piace, 44 commenti)
C’è qualcuno sveglio? avrei un problema urgente. Alla mia bimba per sba-
glio abbiamo fatto la basale io e il suo papà. Succede qualcosa? sono in panico
Fig. 5. Temi sui quali si chiedono o condividono informazioni tramite post.
Gestione clinica del diabete
e delle sue complicanze
25510153020
Stile di vita
3
35 40 45 500
Notizie sul diabete
Significato emotivo e vita con il diabete
Gestione delle tecnologie per il diabete
Gestione delle procedure di accesso
ad ambulatori e servizi sanitari
26
45
5
20
11
586
Post n. 151 (5 “Mi piace, 21 commenti)
Buonasera a tutti. Primo giorno di sensore ottimo direi. il valore interstiziale
(146) e quello capillare (123) a 10 minuti di distanza sono differenti quindi
si tratta di una bella differenza. Per qualcuno potrebbe trattarsi di una unità
di insulina in più. A tal proposito come vi comportate qualora non aveste il
glucometro a portata di mano? Si cerca di fare una media oppure ci si affida
prettamente al valore del sensore? (ovvio che non c’è alternativa). Altra cosa,
lavoro in un posto contaminato da farine e zuccheri e sapete che sono prodotti
volatili in quanto allo stato polveroso. Mi conviene coprirlo ulteriormente con
una fascia oppure basta il solito cerotto? Dove acquistare cerotti e/o fasce co-
prenti a buon mercato? Scusate la lungaggine del post ma ho bisogno di sapere
per prevenire qualsiasi intoppo e grazie alla vostra esperienza potrò gestire i
dubbi amletici grazie mille a tutti
Post n. 165 (5 “Mi piace, 31 commenti)
Ma il collutorio può far alzare la glicemia?
Nei commenti a questi post abbiamo osservato tutta l’esperienza
e la competenza di utenti che si sono già trovati a gestire problemi
analoghi e che pertanto possono mettere a disposizione dell’utente spe-
cifico che ha richiesto supporto e, più in generale, di tutta la comunità,
le loro conoscenze e le loro soluzioni pratiche di cui hanno già potuto
sperimentare l’efficacia. Sono pazienti che, tramite la loro esperienza,
hanno la possibilità di divenire ambasciatori di buone pratiche di gestio-
ne del diabete entro la comunità. Possono dunque avere l’opportunità
di sperimentare, consolidare e rafforzare il loro ruolo nel percorso di
cura; un ruolo che va al servizio della comunità più ampia di pazienti,
alimentando dinamiche positive di coinvolgimento attivo.
Gli utenti più esperti sembrano allora supportare efficacemente
utenti meno esperti o momentaneamente in difficoltà: in alcuni casi gli
utenti esperti supportano emotivamente i familiari di un bimbo/a con
diabete di tipo 1; in altri casi, proteggono la qualità informativa di temi
più generali ma ugualmente determinanti per il benessere e la crescita
della comunità segnalando la pubblicazione di notizie false e chiedendo
che vengano rimosse dal gruppo (Post n. 212).
Post n. 212 (2 “Mi piace”, 16 commenti)
[1] Utente zero: Questa notizia che alcuni ricercatori abbiano trovato il
modo di far rigenerare le cellule del pancreas è vera o no perché nel primo caso
saremmo davanti ad una scoperta eccezionale.
[2] Utente 1: Non è vera... assolutamente non vera... Non c’è nessun ar-
ticolo scientifico con il nome di quelle persone, sui siti in inglese le notizia e
del 2015, il professore Norman Hook non esiste.
[3] Utente 1: Sui vari gruppi si è chiesto a medici importanti ed io personal-
mente mi sono occupata della veridicità dell’articolo tramite ricercatori all’estero.
587
Dall’analisi dei post emerge bene come il ruolo di supporto della
comunità on-line verso un percorso di engagement nella gestione del
diabete non si basi e si riduca al solo “fare esperienza comune di una
malattia cronica”. L’esperienza su cui riflettere riguarda anche la con-
divisione di un obiettivo di vita più o meno esplicitamente dichiarato:
come il vivere il “dolce destino” (commento al Post n. 138), e cioè
vivere bene una vita che ci si è trovati a vivere, e che si deve imparare
a vivere, insieme al diabete. In tal senso, la comunità on-line diviene il
luogo in cui far emergere e condividere un piano più esistenziale che
la diagnosi e gestione del diabete va a toccare, offrendo occasioni più
allargate di engagement verso il percorso di malattia, come percorso di
graduale inclusione della malattia nei propri piani di vita e di revisione
funzionale dei propri obiettivi in funzione della malattia. In tal senso,
lo scambio offerto dalla comunità on-line sembra fornire potenzialità di
sostegno allineate con una visione sistemica e allargata di engagement
(Graffigna et al., 2014).
6. limitazioni
In linea con le ricerche precedenti che abbiamo discusso in questo
contributo (§ 2), abbiamo presentato i risultati di uno studio disegnato
per mettere in luce le dinamiche di uso e di ricerca di informazioni
on-line da parte di persone con diabete, molte delle quali dichiarano di
beneficiare delle interazioni con altri pazienti all’interno di comunità
on-line su Facebook come TIDUIR. In particolare, abbiamo osservato
tramite due angolazioni diverse il ruolo che le comunità online su Face-
book svolgono per favorire l’educazione e il coinvolgimento attivo delle
persone con diabete nella gestione della malattia. Si tratta di un lavoro
preliminare e presenta alcune limitazioni che discutiamo brevemente in
questo paragrafo.
Una limitazione riguarda il campione di partecipanti alla rilevazione
quantitativa e più in particolare il modo in cui la cosiddetta distorsione
di auto-selezione (self-selection bias) potrebbe aver influenzato i risultati
che abbiamo ottenuto (§ 4). I partecipanti che hanno accettato di aderire
allo studio sono stati reclutati su base volontaria e tramite un campiona-
mento di convenienza (sono stati utilizzati canali di divulgazione on-line
e sono stati contattati i moderatori di gruppi Facebook o altre pagine
online per il diabete per diffondere il link al questionario). Potrebbero
dunque rappresentare soprattutto quella parte della popolazione già atti-
vamente coinvolta nella gestione della malattia, nonché nella ricerca di
informazioni on-line e nella partecipazione ai gruppi di discussione. Allo
stesso tempo, i risultati mostrano che i partecipanti alla presente ricerca
hanno caratteristiche nel complesso analoghe – specialmente in termini
di coinvolgimento attivo – a quelli di altri studi condotti su campioni
588
più ampi e rappresentativi (Graffigna et al., 2015; Yaying Zhang et al.,
2017), il che implica che i risultati possono fornire indicazioni utili per
la popolazione oggetto dello studio, per quanto vadano letti con cautela
e necessitano di essere consolidati in ulteriori studi.
Inoltre, l’obiettivo del presente lavoro è puramente esplorativo e
descrittivo, e non offre indicazioni circa l’impatto dell’uso di internet e
dei social media sul coinvolgimento attivo nella gestione della malattia
da parte delle persone con diabete. Non sappiamo, in altri termini, se e
in che modo l’uso dei social media e di Facebook possa effettivamente
influire su una gestione migliore della malattia. I risultati dell’analisi
qualitativa ottenuti con questo studio forniscono informazioni promettenti
che riconoscono una certa potenzialità ai gruppi su Facebook nel favorire
l’informazione tra pari e l’engagement dei pazienti. Questi risultati, per
quanto inseriti in uno studio esplorativo e per quanto possano spiegarsi
facilmente in relazione al fatto che i partecipanti condividono obiettivi
comuni e dinamiche di supporto ovvie (gli utenti meno esperti sono
supportati dall’attività dei moderatori e degli utenti più competenti), non
sono da sottovalutare per l’importanza che possono avere nel miglio-
rare la comprensione delle informazioni fornite ai pazienti nelle visite
diabetologiche, perché aiutano a calare nelle pratiche di vita quotidiana
raccomandazioni cliniche generali la cui applicazione è tutt’altro che
scontata. Inoltre, i temi discussi nei post non sono periferici rispetto alla
gestione della malattia. Studi che hanno analizzato la comunicazione
tra operatori sanitari e pazienti diabetici di tipo 2 hanno individuato
molti casi di incomprensione su temi analoghi (Rossi e Macagno, in
stampa; Macagno e Rossi, 2019). Un esempio su tutti riguarda la misu-
razione della glicemia: non sempre alla comprensione dell’importanza
dell’autocontrollo corrisponde un’adeguata comprensione della moda-
lità appropriata di misurazione (a coppie, prima e dopo i pasti) e della
valutazione dei risultati ottenuti. Discutere di questi temi on-line può
rappresentare ragionevolmente un’opportunità: invece di aspettare la
visita successiva che, nel caso del diabete di tipo 2 viene programmata
spesso dopo sei mesi, le persone con diabete che frequentano i gruppi
on-line hanno l’opportunità di discutere quotidianamente dubbi e timori
legati all’interpretazione delle glicemie e, più in generale, alla gestione
del diabete. Ulteriori ricerche su campioni più ampi, anche rispetto ai
diversi gruppi di discussione on-line dedicati al diabete, si rendono
necessarie per corroborare i risultati di questo studio esplorativo e per
valutare se e come l’uso di tali risorse on-line comporti effettivamente
dei cambiamenti nelle pratiche di gestione della malattia e nei vissuti
dei pazienti. Inoltre, non è scontato che ciò che sembra funzionare nel
caso del diabete in termini di appropriatezza del supporto e qualità delle
informazioni condivise funzioni altrettanto bene per patologie croniche
differenti.
589
7. conclusio ni
Lo studio che abbiamo presentato suggerisce che i gruppi su Face-
book possano essere utilizzati come strumenti efficaci di educazione e
supporto tra pari. In particolare, sappiamo che le persone con diabete che
hanno risposto al questionario, e che utilizzano Facebook, hanno buoni
livelli di engagement, buone competenze di alfabetizzazione sanitaria
e buone risorse informative a disposizione. A questo proposito, sarebbe
interessante condurre studi interventistici per analizzare nel dettaglio
in che modo la partecipazione all’interno di gruppi su Facebook possa
migliorare il livello di engagement dei pazienti e quindi favorire un
coinvolgimento attivo e autonomo nella gestione del diabete.
Dall’analisi qualitativa che abbiamo condotto sul campione di post
pubblicati all’interno di TIDUIR emergono osservazioni interessanti
sulle tipologie di supporto (informativo ed emotivo) che è possibile
ottenere da una comunità online su Facebook. Anche in questo caso i
nostri risultati non possono che essere considerati preliminari: intanto
sarebbe opportuno disegnare studi su campioni più ampi, e trasversali a
più gruppi di discussione sul diabete e/o riguardanti altri tipi di malattie
croniche; si dovrebbe poi pensare di far valutare i contenuti dei post
pubblicati a esperti del settore (nel caso del diabete: diabetologi/he,
infermieri/e, nutrizionisti/e). Andando in questa direzione, altri ricercatori
hanno raccontato di aver ottenuto valutazioni positive sulla qualità delle
informazioni pubblicate on-line in gruppi di discussione analoghi (Cole,
Watkins e Kleine, 2016); un risultato che, se ulteriormente confermato,
apre a scenari ottimistici sull’utilizzo di Facebook e dei social network
come strumenti di educazione atti a favorire la partecipazione del pa-
ziente diabetico e, più in generale, del paziente cronico nella gestione
autonoma del percorso di malattia e di salute.
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Per lo studio presentato in questo contributo le autrici hanno beneficiato della colla-
borazione con il centro di ricerca “EngageMinds Hub – Consumer e Health Engagement
Center” dell’Università Cattolica di Milano. Ringraziamo anche tutti i partecipanti al
gruppo di discussione su Facebook “Tutti i Diabetici Uniti in Rete” per aver partecipato e
supportato questa ricerca. Questo studio è parte di un progetto più ampio finanziato dalla
Fundação para a Ciência e a Tecnologia in Portogallo (Grant n. SFRH/BPD/115073/2016).
Maria Grazia Rossi, ArgLab - Instituto de Filosofia da Nova (IFILNOVA), Uni-
versidade Nova de Lisboa, Avenida de Berna 26, 1069-061 Lisbon, Portugal, mgrazia.
rossi@fcsh.unl.pt
Julia Menichetti, Institute of Clinical Medicine, University of Oslo, Akershus uni-
versitetssykehus, 1478, LØRENSKOG, j.p.m.delor@medisin.uio.no
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Health and participation: Facebook as an educational tool for engaging
patients
With this study we aimed to explore the role of social media in the healthcare
context by analysing how Facebook can represent a tool to foster patient edu-
cation and engagement within the context of chronic care. More specifically,
we have explored how Facebook is used by patients with diabetes (and by their
relatives) to share information and/or discuss issues relevant for managing
their disease. This is a preliminary explorative study, with a quantitative phase
where a survey was administered to 119 patients with diabetes and Facebook
users, and qualitative phase where a sample of interactions among members of
a Facebook group for patients with diabetes and their relatives was inductively
analysed. The qualitative analysis showed how participating in the Facebook
group has the main function of sharing information on how to manage diabetes,
followed by having the function of emotionally support patients. The results
from the survey confirmed these findings and revealed how patients using Fa-
cebook groups for diabetes are usually more engaged in their care, with good
health literacy levels, and low informational needs. Based on these findings,
we highlight the potential relevance of these online groups and communities to
promote peer support; they can indeed represent important tools to improve the
abilities of patients to self-manage their disease and their motivation in playing
an active role in the care process.
Keywords: social media, Facebook, diabetes, peer support, patient engagement,
health literacy.
... Existing literature on the topic has highlighted the central role of Facebook groups in patients with breast cancer (Bender et al. (2011)), depression (Lerman et al. (2016); White et al. (2021)), diabetes Zhang et al. (2013), as a means to bridge the gap of peer support across their geographical boundaries (Gavrila et al. (2019)). While these groups, therefore, reveal exciting potential in the area of medical management of diseases, the biggest issue related to them, however, is associated with the quality and veracity of the information published by users online and the actions that follow the consultation of the same (Rossi, Menichetti 2019 Rossi andMenichetti (2019); Wang et al. (2019)). This does not mean that there are not 'safe' collective digital spaces for people with MS as far as information is concerned (such as the digital space managed by the AISM in the Italian case of MS or even the official page of the Ministry of Health) but also digital spaces for the narration of the disease, for the sharing of knowledge about the use of drugs and MS available to individuals. ...
... Existing literature on the topic has highlighted the central role of Facebook groups in patients with breast cancer (Bender et al. (2011)), depression (Lerman et al. (2016); White et al. (2021)), diabetes Zhang et al. (2013), as a means to bridge the gap of peer support across their geographical boundaries (Gavrila et al. (2019)). While these groups, therefore, reveal exciting potential in the area of medical management of diseases, the biggest issue related to them, however, is associated with the quality and veracity of the information published by users online and the actions that follow the consultation of the same (Rossi, Menichetti 2019 Rossi andMenichetti (2019); Wang et al. (2019)). This does not mean that there are not 'safe' collective digital spaces for people with MS as far as information is concerned (such as the digital space managed by the AISM in the Italian case of MS or even the official page of the Ministry of Health) but also digital spaces for the narration of the disease, for the sharing of knowledge about the use of drugs and MS available to individuals. ...
Article
Full-text available
Communicating with social media has become a widely used mode among individuals and stakeholders. In this research, we investigate the relationship between the use of social media in the Italian community of patients with multiple sclerosis. To this end, we collected two kinds of data: (1) information through a structured questionnaire administered to multiple sclerosis patients and (2) tweets about multiple sclerosis from 2018 to 2023. We analysed data from the questionnaire using clustering methods to identify the social profiles of multiple sclerosis patients. The tweets, however, were examined using a double strategy: text analysis techniques and models to identify sentiment and topics and the use of social network analysis algorithms to reconstruct the community of the most active users and topics. The results highlighted a significant presence on social media platforms, particularly Facebook, which protects participants and promotes communication through closed groups. Furthermore, tweeting is the preferred tool for communication among trade associations, hospitals, politicians, and traditional media, which promote awareness of new therapies or opportunities for patients.
Article
Full-text available
This article proposes a coding scheme for identifying and assessing linguistic evidence of problematic understanding in health-care provider communication with patients affected by type 2 diabetes mellitus. Drawing on the existing literature in pragmatics and linguistics, the scheme is grounded on the distinctions between the different types of linguistic evidence of the occurrence of a misunderstanding or a problematic understanding, divided into three levels (stronger, acceptable and weak) based on their probative force. The application of the scheme is illustrated through a pilot study, conducted on an Italian corpus of 46 transcripts of videotaped consultations between six health-care providers and 13 patients affected by diabetes mellitus type 2. The most frequent types of linguistic evidence of problematic understanding were the categories of "acceptable" (amounting to 58% of the total) and the "strong" evidence (35%). Patients' problematic understanding was detected to occur significantly more frequently than health-care providers. Providers were also found to be significantly more aware of possible misunderstandings, tending to verify more frequently the correctness of their own interpretations. This pilot study represents a first step in the process of developing a productive evidence-based tool for detecting problematic understanding, which can be used for implementing linguistic strategies for helping prevent the risk of misunderstandings in health-care communication. Our findings show that misunderstandings are widespread between patients and that some linguistic strategies may be more effective than others in preventing the risk of misunderstandings, suggesting possible directions of research for improving health-care providers' communicative skills.
Article
Full-text available
Introduction Health literacy (HL) concerns the knowledge and competences necessary for people to meet complex health demands. The aims of this study are to assess the level of HL in a sample using the Italian version of the Newest Vital Sign and the association of HL and selected antecedents with health outcomes, and to develop and validate the Italian version of the three Brief Health Literacy Screeners, two subjective numeracy items and the short form and the short-short form of the European Health Literacy Survey Questionnaire. Methods and analysis The study adopts a cross-sectional design and is being conducted in Florence, with information collected through telephone interviews. The population-based sample has been randomly selected using the registries of eight general practitioners (GPs). Based on a power calculation, 480 subjects will be included. Participants have been randomly offered two different questionnaires, each containing different HL measures. Data on sociodemographics and important antecedents and consequences of HL will be collected and the distribution of HL levels calculated. The mediating role of HL will be assessed using Preacher and Hayes’ model. To assess the concurrent validity of the HL scales, correlation and receiver operating characteristic analyses will be performed. Ethics and dissemination The study protocol has been approved by the Ethics Committee of the Area Vasta Centro. Results will be disseminated via scientific journals and conference presentations, and individual data made available to the GPs.
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Metaphors can be used as crucial tools for reaching shared understanding, especially where an epistemic imbalance of knowledge is at stake. However, metaphors can also represent a risk in intercultural or cross-cultural interactions, namely in situations characterised by little or deficient common ground between interlocutors. In such cases, the use of metaphors can lead to misunderstandings and cause communicative breakdowns. The conditions defining when metaphors promote, and hinder understanding have not been analyzed in detail, especially in intracultural contexts. This study proposes an analysis of metaphors identified within an Italian corpus of diabetes care interviews. Through a coding scheme capturing the types and the probative weights of the linguistic evidence that can be used to detect misunderstandings, the communicative effectiveness of metaphors is indirectly assessed. The quantitative and qualitative analyses show a positive correlation between metaphor use and problematic understanding. A more detailed scrutiny of the interlocutors’ roles and topics of the metaphors points out that most of the problematic metaphors are used by patients, while most of the problematic ones used by providers concern non-clinical matters. These results can be explained as resulting from incorrect presumptions of common ground between the interlocutors.
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Background: The objective of this randomized controlled trial is to examine the effects of a 12-month telephone-based peer-led diabetes self-management support (DSMS) intervention on long-term diabetes-related health outcomes. Methods: In total, 197 participants with type 2 diabetes were recruited from specialty care settings (diabetes and endocrinology clinics). They were randomly assigned to 1) a 12-month Peer-Led, Empowerment-based Approach to Self-management Efforts in Diabetes (PLEASED) program where they received 12 weekly contacts from their peer supporter (PS) in the first 3 months, followed by 18 biweekly telephone support contacts over the last 9 months, or 2) usual care. The primary clinical and psychosocial outcomes were HbA1c and diabetes distress (DD), respectively. Secondary outcomes were cardiovascular risk factors. Assessments were conducted at baseline, 3 months, and 12 months. Result: Of 197 recruited participants, 49.7% were female. The majority of participants were married/partnered, well-educated, employed, and Caucasian, with a mean HbA1c of 8.09 ± 1.7. Forty-two percent of participants reported little or no distress. There was no significant difference between the two groups. Discussion: Despite evidence showing that individuals with poor glycemic control benefit the most from peer support interventions, the majority of such interventions have been designed for and implemented in community and primary care-based settings. The present study investigates a 12-month peer support model to help patients initiate and sustain effective self-management behaviors while transitioning from specialty care to a community setting. The study was completed in November 2018. The outcome data analyses are currently underway. Trial registration: The study was registered on clinicaltrials.gov (NT02804620). Protocol version: The protocol version is 3.5.
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Non-communicable diseases (NCDs) pose major challenges for health systems in low-and-middle income countries (LMICs). Social media may be a low-cost, powerful tool to support NCDs prevention and management in LMICs through its ability to reach a large population. However, data on the role of social media for NCD prevention and management in LMICs is scares. This commentary paper explores the role of social media for prevention and management of NCDs and discusses how these may particularly have a role in supporting people in LMICs. We conducted a literature search using PubMed and Google Scholar to identify peer-reviewed articles using social media for NCDs in LMICs. Technology based interventions are increasingly being examined as a means to address healthcare gaps, especially in LMICs. The potential role of social media in NCD prevention and management includes patient health education and information sharing, psychological support, self-management, public health campaigns and health professional's capacity building. Nevertheless, there is little direct data on utilizing social media for NCD prevention and management in LMICs and thus a systematic review was not possible. However, social media may also have risks and challenges, such as conveying incorrect information, lack of data confidentiality, monitoring, and regulation, commercial interests, equity of access, and lack of standards. Regulatory guidelines and standards need to be developed and adhered to help avoid adverse consequences. Further research on effectiveness of social media for NCDs using robust methodologies in different population groups for short/long term impacts in LMICs is recommended.
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Background:: Use of social media is increasing rapidly, also in health care and diabetes. However, patients, health care personnel, and patient organizations discuss diabetes on social media very differently. This has led to a lack of common ground when these stakeholders communicate about diabetes and a gap in understanding one another's point of view. Social media have a potential for improved communication if each stakeholder group knows about, acknowledges, and accepts one another's perspective. Method:: We extracted and analyzed posts from three Norwegian Facebook groups representing patients, patients' organization, and health care personnel. Qualitative content analysis was done to find the distribution of main categories, followed by a thematic analysis of subcategories that were posted and discussed. Results:: The patient organization's posts are the most equally distributed over the four main identified categories: scientific content, health care services, self-management, and diabetes awareness. The closed patient group's posts were dominated by self-management; the open diabetes nurses' group was dominated by diabetes awareness. The three social media groups differed substantially in what and how they posted and discussed within the main topics. The nurses' open group had percentage-wise both the most liked and commented post, and the posts on self-management had the highest average number of comments. Conclusions:: There is a big discrepancy in posted information and discussions on social media, between patient closed group, patient organization open group, and health care personnel open group. To reach the aim of using social media for better health, there is a need for more information of what is posted and discussed in the other groups, to harmonize and ensure safe and accurate dissemination of information.
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Background: Caregivers and individuals living with type 1 diabetes (T1D) who are members of CGM in the Cloud, a Facebook group associated with the Nightscout Project, were interviewed to assess how the online community impacted peer support. Methods: Semistructured qualitative interviews were conducted with caregivers and patients who are part of CGM in the Cloud Facebook group. Interview transcripts were analyzed to identify various themes related to peer support in the online group. Results: Members of the CGM in the Cloud Facebook group identified peer support through giving and receiving technical, emotional, and medical support, as well as giving back to the larger community by paying it forward. Peer support also extended beyond the online forum, connecting people in person, whether they were local or across the country. Conclusions: An online community can provide many avenues for peer support through emotional and technical support, as well as serve as a tool of empowerment. The community as a whole also had a spirit of altruism that bolstered confidence in others as well as those who paid it forward.
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Background:: Social media have become a crucial channel for patient empowerment and peer support. New qualitative research underscores the fact that this "support" transcends mental health concerns, to actually provide patients with important practical tips and tricks for diabetes self-care, and product selection/decision-making information from peers. Methods:: Netnography is an emerging methodology that applies an ethnographic research approach to studying activity on the social web. Researchers embed themselves in the online environment to take an observational "deep dive" into online conversations to identify themes, sentiments, and perceptions. Using this methodology in summer 2017, a team of researchers captured and analyzed hundreds of diabetes-related posts on prominent platforms Facebook, Twitter, YouTube, Instagram, Tumblr, Pinterest, Reddit, and Quora. Results:: Our team identified 6 major trends, or "life themes," in diabetes patient social media, providing insights into patient sentiments and needs. A topology of social media channels emerged, indicating which platforms are used most often for each life theme. Conclusions:: Findings indicate that social media provides a significant source not only of moral support and camaraderie, but also critical education on thriving with diabetes. Importantly, we observed strong evidence of peer influence on patients' therapy and diabetes technology purchasing decisions.
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Danish adults with type 1 diabetes value peer-to-peer interaction through the social media platform Facebook as a way to quickly exchange knowledge on essential everyday self-care for chronic illness. In this praxiographic study, following informants into online and offline social dimensions, I explore how they use Facebook to exchange self-care knowledge based on practical experiments and negotiations between bodies, technologies and daily lives. When in doubt about how to self-care on a daily basis, Danish adults with type 1 diabetes look to Facebook for inspiration and peer support. A synergistic process of online searching and sharing and offline tinkering with self-care generates person-centred knowledge about how to live with illness that is situated to individual needs and unique daily lives. Facebook can be viewed as an emergent space for biosociality through which knowledge about how to self-care become co-constructed by peers based on their pragmatic experiences of self-care on a daily and ongoing basis.
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Background: Our objectives were to describe individuals' motivations for participation in an online social media community and to assess their level of trust in medical information provided by medical professionals and community members. Methods: A purposive survey was delivered to participants recruited through posts on the CGM in the Cloud group, Twitter, and blogs. Individuals were asked a series of demographic and social media use questions. Results: A total of 1268 members of the CGM in the Cloud community responded to the survey. The majority were non-Hispanic White (92.1%) and caregivers of an individual with diabetes (80.9%). Mean age was 41 years old, and 74.8% were female. Primary goals of the Facebook group were to learn more about Nightscout technology and to receive technological assistance. Individuals provided assistance to the community through spreading awareness, technical assistance, support, and donation. Respondents put a high level of trust in their peers versus health professionals in many health situations with nearly 40% of individuals reported to be helped by following advice found in the Facebook group, and 99% reported no harm. Conclusions: Our findings suggest that patients with diabetes and their caregivers use social media for many health-related purposes including medical recommendations and technical support for medical devices and systems as well as emotional support.