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Mini lavori della Riunione scientifica del Gruppo di Lavoro per le Specie Alloctone. “Le specie vegetali alloctone in Italia: ricerche, monitoraggi e progetti”. 19 novembre 2019, Milano.

Authors:
Riunioni scientifiche dei Gruppi di Lavoro
e delle Sezioni Regionali della
Società Botanica Italiana onlus
Mini lavori della Riunione scientifica del
Gruppo di Lavoro per le Specie Alloctone
“Le specie vegetali alloctone in Italia:
ricerche, monitoraggi e progetti”
(a cura G. Galasso, L. Lazzaro, C. Montagnani, G. Brundu)
19 novembre 2019, Milano
Museo di Storia Naturale di Milano, Corso Venezia, 55
In copertina: Frutto di Datura ferox L. (Isola di Pianosa, Arcipelago Toscano, 9 ottobre 2012)
foto di Giulio Ferretti
Verso una checklist della vegetazione alloctona in Italia
S. Bagella, D. Viciani, M. Vidali, D. Gigante, R. Bolpagni, M. Villani, A.T.R. Acosta, M. Adorni, M. Alefi, M. Allegrezza,
C. Angiolini, S. Assini, G. Bonari, M. Bovio, F. Bracco, G. Brundu, G. Buffa, M. Caccianiga, L. Carnevali, S. Ceschin,
G. Ciaschetti, A. Cogoni, V. Di Cecco, B. Foggi, A.R. Frattaroli, P. Genovesi, R. Gentili, L. Lazzaro, M. Lonati, F.
Lucchese, A. Mainetti, M. Mariotti, P. Minissale, B. Paura, M. Pellizzari, E.V. Perrino, G. Pirone, L. Poggio, L. Poldini,
S. Poponessi, I. Prisco, F. Prosser, M. Puglisi, L. Rosati, A. Selvaggi, L. Sottovia, G. Spampinato, A. Stanisci, A. Stinca,
R. Venanzoni, L. Lastrucci
Le invasioni biologiche sono considerate una delle principali cause dei cambiamenti globali indotti dall’uomo
(Vilà et al. 2011) e rappresentano per importanza la seconda minaccia alla diversità biologica (Bellard et al.
2016). Anche in Italia il fenomeno è molto diffuso e la presenza di diverse specie alloctone è indicata tra le
principali cause di degrado degli habitat a scala nazionale (Gigante et al. 2018).
Le specie alloctone, specialmente le invasive, hanno effetti sulla composizione delle comunità vegetali, sulle
interazioni biotiche e, in generale, sul funzionamento degli ecosistemi (Pyšek et al. 2012) e possono favorire
successioni divergenti degli stadi di vegetazione rispetto a quelle naturali, modiicando in maniera drastica la
struttura del paesaggio (Acosta et al. 2007). Alcune comunità vegetali sono meno resistenti/resilienti delle altre
all’invasione per una combinazione di fattori, nota come invasion syndrome (Perkins, Novak 2013).
Sebbene le piante vascolari siano il gruppo tassonomico maggiormente studiato nel campo delle invasioni
biologiche e sia disponibile una vasta produzione scientiica sull’impatto, l’ecologia e la diffusione delle specie
alloctone, l’attenzione si è focalizzata solo recentemente alla scala di comunità vegetale, grazie anche alla grande
disponibilità di rilievi di vegetazione archiviati nelle banche dati (es. Gigante et al. 2012).
La maggior parte degli studi sulla vegetazione a scala nazionale sono stati focalizzati sulle comunità autoctone
e, solo in pochi casi, sono state analizzate speciicamente le comunità caratterizzate dalla presenza o dalla
dominanza di specie alloctone (Allegrezza et al. 2019), determinando un vuoto a livello di inquadramento
vegetazionale. Sebbene in lavori di ampio respiro e a scala locale siano stati pubblicati rilievi itosociologici di
comunità a dominanza o caratterizzate dalla forte presenza di specie alloctone, mancava per il territorio
nazionale un lavoro di sintesi e inquadramento sintassonomico aggiornato per questo tipo di itocenosi.
L’obiettivo di questa ricerca è stato quello di organizzare le informazioni sulle comunità vegetali caratterizzate
dalla dominanza o codominanza di specie alloctone note ad oggi per l’Italia, costituendo un nucleo di partenza
per sviluppare una checklist esaustiva.
Il lavoro è stato svolto nell’ambito di un accordo tra SISV (Società Italiana di Scienza della Vegetazione) e ISPRA
(Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) inalizzato a supportare l’applicazione in Italia
del Reg. (UE) n. 1143/2014 e del D.Lgs. n. 230/2017 sulla prevenzione e gestione dell’introduzione e diffusione
di “specie esotiche invasive” (Viciani et al. in stampa).
L’attività è stata svolta da un gruppo di esperti designati e coordinati dalla SISV che ha effettuato una revisione
comprensiva di tutto il materiale disponibile, in bibliograia e nei database (es. Lisy,
http://www.scienzadellavegetazione.it/sisv/lisy/index.jsp), sulla vegetazione alloctona in Italia. È stato quindi
creato uno schema sintassonomico che include: syntaxa a livello di associazione o di rango inferiore dominati,
co-dominati o caratterizzati da specie alloctone (copertura ≥ 3 in accordo con la scala di Braun-Blanquet);
syntaxa di rango superiore all’associazione in cui tra le specie caratteristiche è indicata una specie alloctona.
Nello schema sintassonomico la nomenclatura originale è stata aggiornata in accordo con il Prodromo della
vegetazione italiana (Biondi et al. 2014, http://www.prodromo-vegetazione-italia.org/).
A oggi, lo schema sintassonomico include 29 classi di vegetazione, di cui 1 brioitica, e 177 associazioni o
comunità di rango inferiore. Le specie alloctone con presenza signiicativa all’interno di queste comunità sono
88, di cui 6 di interesse unionale. La vegetazione ruderale annuale è quella meglio rappresentata a causa della
elevata diffusione di neoite negli ambienti a elevato impatto antropico. Segue la vegetazione ruderale perenne.
Anche la vegetazione idroitica delle acque dolci e la vegetazione perenne igroila e igro-nitroila sono risultate
particolarmente suscettibili alla presenza di specie alloctone. Nella vegetazione psammoila costiera, invece,
l’elevata presenza di specie invasive non trova corrispondenza nel numero di comunità invasive, probabilmente
perché ancora non formalizzate dal punto di vista itosociologico. Le comunità forestali maggiormente colpite
sono quelle a carattere mesoigroilo. Inine, per le comunità brioitiche, caratterizzate dalla brioita esotica
Campylopus introlexus (Hedw.) Brid., localizzate prevalentemente ai margini degli stagni mediterranei e nelle
radure dei boschi, sono necessari ulteriori approfondimenti. Rilevante e indicativo del grado di dominanza di
alcune specie esotiche è il fatto che alcuni syntaxa superiori, come ad esempio la classe Robinietea Urko ex Hadac
& Sofron 1980, o l’ordine Nicotiano glaucaeRicinetalia communis Rivas-Martínez, Fernández-González & Loidi
1999, derivino il loro nome da specie alloctone.
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Notiziario della Società Botanica Italiana, 3 (2019)
Atti riunioni scientiiche
L’alterazione delle comunità vegetali dovuta alla presenza di specie alloctone determina una progressiva
trasformazione delle comunità vegetali native in comunità antropogeniche (Lugo 2015) causando la perdita di
biodiversità e la scomparsa di habitat, tra cui quelli compresi nell’allegato I della direttiva “Habitat” Dir.
92/43/CEE (Gigante et al. 2016). È quindi necessario implementare le conoscenze al ine di identiicare gli
habitat più vulnerabili da parte di specie alloctone e capire le implicazioni legate alla successione nei processi
di invasione, in modo da supportare il monitoraggio e la gestione della biodiversità.
Letteratura citata
Acosta A, Carranza ML, Ciaschetti G, Conti F, Di Martino L, D’Orazio G, Frattaroli A, Izzi CF, Pirone G, Stanisci A (2007) Specie
vegetali esotiche negli ambienti costieri sabbiosi di alcune regioni dell’Italia centrale. Webbia 62(1): 77-84.
Allegrezza M, Montecchiari S, Ottaviani C, Pelliccia V, Tesei G (2019) Syntaxonomy of the Robinia pseudoacacia communities
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Biondi E, Blasi C, Allegrezza M, Anzellotti I, Azzella MM, Carli E, Casavecchia S, Copiz R, Del Vico E, Facioni L, Galdenzi D,
Gasparri R, Lasen C, Pesaresi S, Poldini L, Sburlino G, Taffetani F, Vagge I, Zitti S, Zivkovic L (2014) Plant communities of
Italy: the Vegetation Prodrome. Plant Biosystems 148(4): 728-814.
Gigante D, Acosta ATR, Agrillo E, Armiraglio S, Assini S, Attorre F, Bagella S, Buffa G, Casella L, Giancola C, Giusso del Galdo
GP, Marcenò C, Pezzi G, PriscoI, Venanzoni R, Viciani D (2018) Habitat conservation in Italy: the state of the art in the
light of the irst European red list of terrestrial and freshwater habitats. Rendiconti Lincei, Scienze Fisiche e Naturali
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Gigante D, Acosta ATR, Agrillo E, Attorre F, Cambria VE, Casavecchia S, Chiarucci A, Del Vico E, De Sanctis M, Facioni L, Geri
F, Guarino R, Landi S, Landucci F, Lucarini D, Panili E, Pesaresi S, Prisco I, Rosati L, Spada F, Venanzoni R (2012) VegItaly:
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Gigante D, Attorre F, Venanzoni R, Acosta ATR, Agrillo E, Alefi M, Alessi N, Allegrezza M, Angelini P, Angiolini C, Assini S,
Azzella MM, Bagella S, Biondi E, Bolpagni R, Bonari G, Bracco F, Brullo S, Buffa G, Carli E, Caruso G, Casavecchia S, Casella
L, Cerabolini BEL, Ciaschetti G, Copiz R, Cutini M, Del Vecchio S, Del Vico E, Di Martino L, Facioni L, Fanelli G, Foggi B,
Frattaroli AR, Galdenzi D, Gangale C, Gasparri R, Genovesi P, Gianguzzi L, Gironi F, Giusso Del Galdo G, Gualmini M, Guarino
R, Lasen C, Lastrucci L, Maneli F, Pasta S, Paura B, Perrino EV, Petraglia A, Pirone G, Poponessi S, Prisco I, Puglisi M, Ravera
S, Sburlino G, Sciandrello S, Selvaggi A, Spada F, Spampinato G, Strumia S, Tomaselli M, Tomaselli V, Uzunov D, Viciani D,
Villani M, Wagensommer RP, Zitti S (2016) A methodological protocol for Annex I Habitats monitoring: the contribution
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Lugo AE (2015) Forestry in the Anthropocene. Science 349(6250): 771.
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environment. Global Change Biology 18(5): 1725-1737.
Viciani D, Vidali M, Gigante D, Bolpagni R, Acosta ATR, Adorni M, Alefi M, Allegrezza M, Angiolini C, Assini SP, Bagella S,
Bonari G, Bovio M, Bracco F, Brundu G, Buffa G, Caccianiga M, Carnevali L, Ceschin S, Ciaschetti G, Cogoni A, Di Cecco V,
Foggi B, Frattaroli AR, Genovesi P, Gentili R, Lazzaro L, Lonati M, Lucchese F, Mainetti A, Mariotti M, Minissale P, Paura B,
Pellizzari M, Perrino E, Pirone G, Poggio L, Poldini L, Poponessi S, Prisco I, Prosser F, Puglisi M, Rosati L, Selvaggi A, Sottovia
L, Spampinato G, Stanisci A, Stinca A, Venanzoni R, Villani C, Lastrucci L (in stampa) A preliminary checklist of the alien
vegetation in Italy. Plant Sociology 56(2).
Vilà M, Espinar JL, Hejda M, Hulme PE, Jarošík V, Maron JL, Pergl J, Schaffner U, Sun Y, Pyšek P (2011) Ecological impacts of
invasive alien plants: a meta-analysis of their effects on species, communities and ecosystems. Ecology Letters 14(7):
702-708.
AUTORI
Simonetta Bagella, Daniele Viciani, Marisa Vidali, Daniela Gigante, Rossano Bolpagni, Mariacristina Villani, Alicia T.R. Acosta,
Michele Adorni, Michele Alefi, Marina Allegrezza, Claudia Angiolini, Silvia Assini, Gianmaria Bonari, Maurizio Bovio,
Francesco Bracco, Giuseppe Brundu, Gabriella Buffa, Marco Caccianiga, Simona Ceschin, Giampiero Ciaschetti, Annalena
Cogoni, Valter Di Cecco, Bruno Foggi, Anna R. Frattaroli, Rodolfo Gentili, Lorenzo Lazzaro, Michele Lonati, Fernando Lucchese,
Andrea Mainetti, Mauro Mariotti, Pietro Minissale, Bruno Paura, Mauro Pellizzari, Enrico V. Perrino, Gianfranco Pirone, Laura
Poggio, Livio Poldini, Silvia Poponessi, Irene Prisco, Filippo Prosser, Marta Puglisi, Leonardo Rosati, Alberto Selvaggi, Lucio
Sottovia, Giovanni Spampinato, Angela Stanisci, Adriano Stinca, Roberto Venanzoni, Lorenzo Lastrucci (sisv2010@unipv.it)
Società Italiana di Scienza della Vegetazione (SISV), Via Sant’Epifanio 14, 27100 Pavia
Lucilla Carnevali (lucilla.carnevali@isprambiente.it), Piero Genovesi (piero.genovesi@isprambiente.it) Istituto Superiore
per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), Via V. Brancati 60, 00144 Roma
Autore di riferimento: Simonetta Bagella
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Notiziario della Società Botanica Italiana, 3 (2019)
Gruppo di Lavoro per le Specie Alloctone
Acacia dealbata e A. mearnsii: ecologia della germinazione di due specie
invasive nel bacino del Mediterraneo
L. Dessì, G. Brundu, V. Lozano, L. Podda, M. Porceddu, G. Bacchetta
Acacia dealbata Link subsp. dealbata e Acacia mearnsii De Wild. sono due specie alloctone invasive nel bacino
del Mediterraneo, appartenenti alla famiglia delle Fabaceae, sottofamiglia Caesalpinioideae. Le due specie, native
della zona sud-orientale dell’Australia, sono state introdotte nel Mediterraneo durante il XIX secolo,
principalmente a scopo ornamentale e forestale; qui si sono naturalizzate diventando invasive negli habitat
costieri e ripariali.
Entrambe le specie sono faneroite con portamento arbustivo o arboreo e possono raggiungere 25 m di altezza
e 130 cm di diametro del tronco. La scorza di A. dealbata ha una colorazione che va dal grigio-marrone al grigio
scuro; le foglie sono bipennate, da verde argenteo a verde scuro, e mostrano un ritmo diurno del movimento
delle pinnule in cui le foglie si aprono di giorno e si chiudono di notte (Boland 1987). I iori sono normalmente
di colore giallo dorato (Simmons 1988) e i baccelli sono di forma oblunga con costrizioni tra i semi (Tame 1992).
Il seme è nero e oblungo, disposto longitudinalmente nel baccello (Simmons 1988) e rimane vitale nel terreno
per molti anni. A. dealbata generalmente si riproduce per seme, ma può propagarsi anche vegetativamente a
seguito di taglio o di un danno (CABI 2019+). Forma una ricca banca semi nel suolo; la sua crescita inibisce lo
sviluppo della vegetazione autoctona e la pianta ha una grande capacità invasiva soprattutto dopo gli incendi.
A. mearnsii ha una corteccia di colore marrone-nero, dura e fessurata; le foglie sono lunghe, bipennate e di color
verde scuro, i iori giallo-chiaro pallido (Moncur et al. 1988, Grant et al. 1994), i baccelli dritti, spesso stretti tra
i semi, da marrone scuro a nerastro quando maturi, i semi 1-14 per legume, neri, lisci e ovoidi (CABI 2019+).
A.mearnsii viene utilizzata per la sua rapida crescita, la tolleranza al gelo, la resistenza a periodi di siccità
prolungati la capacità di adattamento a una vasta gamma di terreni; tutte queste caratteristiche contribuiscono
anche a determinare la forte invasività della pianta. La sua presenza è stata documentata soprattutto nelle cenosi
ripariali, dove domina spesso con altre specie esotiche come Eucalyptus camaldulensis Dehnh. subsp.
camaldulensis ed E. globulus Labill. subsp. globulus
(Brundu et al. 2019) (Fig. 1).
Presso la Banca del Germoplasma della Sardegna
(BG-SAR) sono stati condotti degli esperimenti
(Fig. 2) che hanno permesso di valutare la
capacità germinativa dei semi scariicati e non
scariicati in risposta al fotoperiodo (12 ore di luce
e 12 ore di buio e 0/24 ore di buio) su tre
popolazioni di A. dealbata (provenienti da
Sardegna, Corsica e Francia) e tre di A. mearnsii
(provenienti da Sardegna, Corsica e Portogallo).
I semi scariicati sono stati testati a temperature
costanti (5, 10, 15, 20 e 25 °C) e alternate (25/10
°C) in relazione al fotoperiodo (12/12 e 0/24); i
semi non scariicati sono stati testati a
temperature costanti (15, 20 e 25 °C) in
condizioni di luce (12/12). I semi non scariicati
hanno mostrato risultati differenti a seconda della
specie considerata. A. dealbata ha registrato, in
tutte le popolazioni indagate, una percentuale di
germinazione che ha raggiunto il 55%; i semi imbibiti-vitali hanno raggiunto l’80%, mentre i semi non vitali
non hanno superato il 10%. Un comportamento differente è stato osservato nelle popolazioni di A. mearnsii, in
cui le percentuali di germinazione hanno raggiunto il 40%, i semi imbibiti-vitali hanno mostrato percentuali
elevate (ino al 90%), mentre per i semi non vitali le percentuali si sono attestate intorno al 10%. L’altissima
percentuale di semi non scariicati vitali non germinati potrebbe rappresentare un adattamento di queste due
specie volto all’attesa di condizioni adatte alla germinazione e alla sopravvivenza mediante la formazione di una
consistente soil seed bank.
I risultati dei test condotti con semi scariicati hanno mostrato un comportamento omogeneo per tutte le
popolazioni delle specie testate, con percentuali di germinazione che hanno raggiunto e superato il 95% a tutte
le temperature. Questi risultati hanno dimostrato come la scariicazione meccanica sia necessaria per
interrompere la dormienza e ottenere una maggiore eficienza germinativa. Un vantaggio per la germinazione
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Notiziario della Società Botanica Italiana, 3 (2019)
Atti riunioni scientiiche
Fig. 1
Acacia mearnsii in habitat ripariale.
dei semi di queste specie è rappresentato dalla disponibilità
di acqua dopo la scariicazione.
I semi testati a 5 °C in condizioni di buio hanno registrato
percentuali di germinazioni molto basse (non oltre il 30%),
evidenziando come questa condizione sia l’unica a essere
limitante per entrambe le specie in base a questo studio. La
combinazione di buio e freddo è limitante per la loro
distribuzione, in linea anche con il limite minimo di
temperatura che queste specie possono sopportare in
natura, compreso fra 0 e 7 °C (Doran, Turnbull 1997).
La grande capacità invasiva che caratterizza queste specie
nel bacino del Mediterraneo è incentivata dalla grande
disponibilità di acqua durante la primavera e l’autunno, che
offre un notevole vantaggio alla germinazione e alla
sopravvivenza delle plantule.
I risultati ottenuti da questo studio contribuiscono alla
conoscenza dell’ecologia dei semi di queste due specie di
Acacia e forniscono nuovi dati sulla loro risposta a differenti regimi di temperatura, di scariicazione e sul loro
potenziale invasivo, contribuendo a un’adeguata ed eficace pianiicazione dei protocolli di gestione.
Ringraziamenti
Questo studio è stato supportato dal progetto ALIEM “Action pour Limiter les risques de diffusion des espèces Introduites
Envahissantes en Méditerranée” PC IFM 2014-2020. Si ringraziano A. Cocco, P. Capece, G. Domina, L. González, E. Marchante,
H. Marchante, L. Minuto, Y. Petit per la raccolta dei semi e/o per il supporto fornito nella raccolta dei semi.
Letteratura citata
Boland DJ (1987) Genetic resources and utilisation of Australian bipinnate acacias (Botrycephalae). In: Turnbull JW (Ed.)
Australian acacias in developing countries. Proceedings of an international workshop, Gympie, Qld., Australia, 4-7 August
1986. ACIAR Proceedings 16: 57-63.
Brundu G, Podda L, Lozano V, Porceddu M, Bacchetta G (2019) Distribuzione ed invasività di Acacia mearnsii in Sardegna.
In: Montagnani C, Brundu G, Galasso G (Eds) Mini lavori della Riunione scientiica del Gruppo di Lavoro per le Specie
Alloctone. “Invasioni biologiche: ricerca scientiica e progetti operativi sugli organismi vegetali alieni in Italia. 27
novembre 2018, Milano. Notiziario della Società Botanica Italiana 3(1): 15-16.
CABI (2019+) Acacia mearnsii [original text by Rojas-Sandoval J]. In: Invasive Species Compendium. CAB International,
Wallingford. https://www.cabi.org/isc (ultimo accesso 21 ottobre 2019)
Doran JC, Turnbull JW (1997) Australian trees and shrubs: species for land rehabilitation and farm planting in the tropics.
2nd Ed. Australian Centre for International Agricultural Research, Canberra.
Grant JE, Moran GF, Moncur MW (1994) Pollination studies and breeding system in Acacia mearnsii. In: Brown AG (Ed.)
Australian tree species research in China: Proceedings of an international workshop held at Zhangzhou, Fujian Province,
PRC, 2-5 November 1992. ACIAR Proceedings 48: 165-170.
Moncur MW, Moran GF, Boland D, Turner J (1988) Floral morphology and breeding systems of Acacia mearnsii De Wild. In:
Proceedings of the use of Australian trees in China workshop. Chinese Academy of Forestry and ACIAR, Guangzhou,
December 1988: 266-276.
Simmons MH (1988) Acacias of Australia, Vol. 2. Nelson, Melbourne.
Tame T (1992) Acacias of Southeast Australia. Kangaroo Press, Kenthurst (Sydney).
AUTORI
Ludovica Dessì (ludovica.dessi43@gmail.com), Lina Podda (lina.podda@gmail.com), Marco Porceddu
(porceddu.marco@unica.it), Gianluigi Bacchetta (bacchet@unica.it) Centro Conservazione Biodiversità, Dipartimento di
Scienze della Vita e dell’Ambiente, Università di Cagliari, Viale Sant’Ignazio da Laconi 13, 09123 Cagliari
Giuseppe Brundu (gbrundu@uniss.it), Vanessa Lozano (vlozano@uniss.it) Dipartimento di Agraria, Università di Sassari,
Viale Italia 39, 07100 Sassari
Autore di riferimento: Lina Podda
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Notiziario della Società Botanica Italiana, 3 (2019)
Gruppo di Lavoro per le Specie Alloctone
Fig. 2
Test di germinazione su semi di Acacia.
Impatto della specie alloctona invasiva Reynoutria bohemica Chrtek &
Chrtková (Polygonaceae) sull’ecosistema ripario del Fiume Lambro
R. Gentili, C. Ferrè, E. Cardarelli, C. Montagnani, S. Caronni, R. Comolli, S. Citterio
La colonizzazione di specie alloctone invasive può provocare notevoli cambiamenti alle diverse componenti
abiotiche e biotiche dell’ecosistema invaso quali suolo, lora e fauna (Mincheva et al. 2014, Gentili et al. 2019).
Tra le numerose specie introdotte in Europa e in Italia a partire dal XIX secolo, quelle appartenenti al genere
Reynoutria (Polygonaceae), originarie dell’Asia orientale, sono considerate tra le più invasive al mondo (Conolly
1977, Bailey, Stace 1992). In particolare, R. bohemica Chrtek & Chrtková, ibrido tra R. japonica Houtt. e
R.sachalinensis (F.Schmidt) Nakai, rappresenta una grande minaccia. Segnalata in Europa nel 1983 (Chrtek,
Chrtková 1983) e in Italia nel 2008 (Padula et al. 2008), presenta caratteristiche di maggiore invasività rispetto
alle specie parentali.
Lo scopo del presente studio è individuare eventuali impatti di R. bohemica sulle componenti abiotiche e biotiche
dell’ecosistema (suolo, lora, fauna) in termini, sia di proprietà e qualità biologica del suolo, sia di struttura e
diversità delle comunità vegetali. A tal ine, in un’area lungo il Fiume Lambro, all’interno del Parco di Monza,
intensamente invasa da R. bohemica (Fig. 1), sono state scelte 20 aree di saggio (plot della grandezza di 1 m2)
invase da R. bohemica; a ognuna di esse è stata associata un’area limitrofa con le stesse caratteristiche stazionali,
ma non invasa dalla specie alloctona, per un totale di 40 aree di saggio.
Per evidenziare gli effetti che la specie ha sull’ecosistema invaso rispetto a quello non invaso, sono stati raccolti
dati pedologici (principali parametri chimico-isici), loristico-vegetazionali (composizione loristica, copertura,
parametri sulla specie nemorale Allium ursinum L.) e relativi ai microartropodi del suolo (utilizzati per calcolare
l’indice di Qualità Biologica del Suolo, QBS-ar). I dati sono stati sottoposti ad analisi univariata (ANOVA) e
multivariata (CCA), per evidenziare possibili differenze tra aree invase e non invase.
Le analisi del suolo hanno evidenziato differenze signiicative tra aree invase e non invase relativamente al
rapporto C/N (più elevato nelle aree invase), allo stock di carbonio (più elevato nelle aree non invase) e al fosforo
(più alto nelle aree invase), segno che la specie esotica ha degli effetti sul ciclo di questi parametri.
L’analisi multivariata (CCA) sulla matrice dei dati di vegetazione e delle componenti abiotiche ha mostrato che
le aree invase da R. bohemica sono correlate positivamente ai fattori ambientali “luminosità” (a livello del suolo)
e “umidità del suolo” e, relativamente alla biodiversità, presentano ricchezza loristica minore rispetto alle aree
in cui la specie non è presente. La specie nemorale A. ursinum, considerata come indicatrice di qualità ambientale,
è risultata essere più frequente e avere maggior itness vegetativa (maggior altezza e larghezza) e riproduttiva
(maggior numero di scapi iorali) nelle aree non invase. La comunità del suolo, formata in prevalenza da acari e
collemboli, non ha mostrato grandi differenze tra aree invase e non invase.
In conclusione, possiamo affermare che la specie alloctona invasiva R. bohemica sta provocando cambiamenti
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Notiziario della Società Botanica Italiana, 3 (2019)
Atti riunioni scientiiche
Fig. 1
Individuo di Reynoutria bohemica lungo il Fiume Lambro (MB); foto di Rodolfo Gentili.
diversiicati sulle varie componenti dell’ecosistema; tali cambiamenti sono apparsi signiicativi per la
componente loristica e più moderati per le caratteristiche e la microfauna del suolo (QBS-ar), componente che
sembra risentire maggiormente del disturbo legato alle periodiche esondazioni del Fiume Lambro più che della
presenza dell’esotica.
Letteratura citata
Bailey JP, Stace CA (1992) Chromosome number, morphology, pairing, and DNA values of species and hybrids in the genus
Fallopia (Polygonaceae). Plant Systematics and Evolution 180(1-2): 29-52.
Chrtek J, Chrtková A (1983) Reynoutria ×bohemica, nový kříženec z čeledi rdesnovitých. Časopis Národního Muzea, Řada
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Conolly AP (1977) The distribution and history in the British Isles of some alien species of Polygonum and Reynoutria.
Watsonia 11(4): 291-311.
Gentili R, Ferrè C, Cardarelli E, Montagnani C, Bogliani G, Citterio S, Comolli R (2019) Comparing negative impacts of Prunus
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Padula M, Lastrucci L, Fiorini G, Galasso G, Zoccola A, Quilghini G (2008) Prime segnalazioni di Reynoutria ×bohemica Chrtek
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di Scienze Naturali e del Museo Civico di Storia Naturale di Milano 149(1): 77-108.
AUTORI
Rodolfo Gentili (rodolfo.gentili@unimib.it), Chiara Ferrè (chiara.ferre@unimib.it), Chiara Montagnani
(chiara.montagnani@unimib.it), Sarah Caronni (sarah.caronni@unimib.it), Roberto Comolli (roberto.comolli@unimib.it),
Sandra Citterio (sandra.citterio@unimib.it) Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Terra (DISAT), Università di Milano-
Bicocca, Piazza della Scienza 1, 20126 Milano
Elisa Cardarelli (elisa.cardarelli@unipv.it) Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente, Università di Pavia, Via Ferrata
9, 27100 Pavia
Autore di riferimento: Rodolfo Gentili
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Notiziario della Società Botanica Italiana, 3 (2019)
Gruppo di Lavoro per le Specie Alloctone
La lora alloctona delle dune costiere europee
S. Giulio, A.T.R. Acosta, M. Carboni, J.A. Campos, M. Chytrý, J. Loidi, J. Pergl, P. Pyšek, M. Isermann, J.A.M. Janssen,
J.S. Rodwell, J.H.J. Schaminée, C. Marcenò
La diffusione di specie introdotte direttamente o indirettamente dall’uomo in habitat naturali diversi da quelli
di origine è una delle principali minacce alla biodiversità. In Europa gli habitat delle dune costiere, già in gran
parte alterati dalle attività umane, sono tra i più interessati dalle invasioni biologiche, soprattutto da parte di
specie vegetali (Chytrý et al. 2008, 2009). Nonostante gli ecosistemi costieri terrestri siano caratterizzati da
forte azonalità, il gradiente ambientale mare-terra e la variazione a livello geograico del macroclima e del
disturbo antropico generano un certo grado di differenziazione nella composizione loristica lungo le coste
europee tra habitat e tra regioni (Del Vecchio et al. 2018, Marcenò et al. 2018, Torca et al. 2019). Nel presente
lavoro ci si è quindi chiesti se anche i livelli di invasione da parte della lora alloctona variano tra i diversi habitat
di duna e tra le diverse regioni costiere d’Europa e, se sì, in quale modo. L’area di studio comprende tutte le coste
sabbiose d’Europa, incluso Nord Africa e Vicino Oriente, ed è suddivisa in quattro regioni: coste atlantiche, coste
mediterranee, coste del Mar Baltico e coste del Mar Nero. Gli habitat analizzati sono quelli delle dune mobili
(codice EUNIS B1.3) e quelli delle dune isse (codice EUNIS B1.4). Si sono poste le seguenti domande: (1) come
variano i livelli di invasione tra habitat dunali e tra regioni costiere europee? (2) le specie vegetali che più
invadono le dune costiere sono specialiste di questi ambienti oppure provengono da altri habitat? (3) quali sono
le principali traiettorie geograiche seguite tra le aree di origine e gli habitat dunali? (4) quante specie alloctone
sono in comune oppure esclusive di alcuni habitat o regioni costiere?
Per rispondere alle domande è stata prima analizzata (a) l’area di studio totale, poi sono stati confrontati tra
loro (b) i due habitat e, inine, (c) le quattro regioni. L’analisi è stata basata su dati di presenza di specie, raccolti
attraverso rilievi itosociologici dell’Archivio della Vegetazione Europea (EVA; Chytrý et al. 2016). Per rispondere
a ciascuna domanda ci si è basati su tre metriche: la percentuale di specie alloctone nei pool di specie, la
frequenza delle presenze delle specie alloctone nei rilievi e il numero assoluto di specie alloctone. Quest’ultimo
è stato calcolato tramite curve di rarefazione, per ridurre l’effetto della differenza nel numero di rilievi tra regioni.
I risultati hanno mostrato che la lora delle dune
europee è almeno per il 7% alloctona (Fig.1). Quasi la
totalità della lora alloctona è rappresentata da specie
in grado di naturalizzarsi e il 7% da specie invasive sulle
dune, che arrecano impatti diretti sulla biodiversità
nativa a livello locale. Mentre le dune isse accolgono un
numero leggermente maggiore di specie alloctone, sulle
dune mobili le specie alloctone sono più frequenti;
inoltre, le coste atlantiche accolgono più specie
alloctone. Diversamente da quanto atteso, in
considerazione delle peculiari condizioni ambientali
tipiche delle aree costiere, solo il 6% delle specie
alloctone è tipico di habitat costieri sabbiosi nel loro
areale d’origine, mentre la maggior parte proviene da
altri habitat, soprattutto habitat semi-naturali.
Considerato che la maggior parte delle specie alloctone
nei Paesi europei proviene da altri continenti e in
accordo con l’ipotesi della numerosità campionaria
(sampling hypothesis; Wagner et al. 2017), due terzi
della lora alloctona delle dune viene a sua volta da
regioni lontane di altri continenti, soprattutto dal
Nordamerica (Fig. 2), mentre la maggior parte della
lora alloctona proveniente dalla stessa Europa è
originaria dell’area mediterranea. La composizione in specie alloctone differisce poco tra i due habitat dunali,
ma notevolmente tra le regioni costiere. Erigeron canadensis L., Xanthium strumarium L. subsp. strumarium
(particolarmente frequente lungo le coste del Mar Nero), Oenothera biennis L. e O. oakesiana (A.Gray) J.W.Robbins
ex S.Watson & J.M.Coult. sono le piante alloctone più comuni sulle dune costiere europee. Questo studio
rappresenta la prima analisi onnicomprensiva dello stato d’invasione loristica sulle dune d’Europa ed evidenzia
la necessità di una gestione delle invasioni a livello europeo che sia focalizzata speciicamente sulle dune costiere.
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Notiziario della Società Botanica Italiana, 3 (2019)
Atti riunioni scientiiche
Fig. 1
Percentuali di specie alloctone (neoite) sulla lora totale e
di categorie di specie in riferimento allo status, all’habitat
donatore e all’origine geograica, sul totale delle specie al-
loctone rilevate sulle dune costiere europee.
Letteratura citata
Chytrý M, Hennekens SM, Jiménez-Alfaro B, Knollová I, Dengler J, Jansen F, Landucci F, Schaminée JHJ, Aćić S, Agrillo E, Ambarlı
D, Angelini P, Apostolova I, Attorre F, Berg C, Bergmeier E, Biurrun I, Botta-Dukát Z, Brisse H, Campos JA, Carlón L, Čarni
A, Casella L, Csiky J, Ćušterevska R, Dajić Stevanović Z, Danihelka J, De Bie E, de Ruffray P, De Sanctis M, Dickoré WB,
Dimopoulos P, Dubyna D, Dziuba T, Ejrnæs R, Ermakov N, Ewald J, Fanelli G, Fernández-González F, FitzPatrick Ú, Font X,
García-Mijangos I, Gavilán RG, Golub V, Guarino R, Haveman R, Indreica A, Işık Gürsoy D, Jandt U, Janssen JAM, Jiroušek
M, Kącki Z, Kavgacı A, Kleikamp M, Kolomiychuk V, Krstivojević Ćuk M, Krstonošić D, Kuzemko A, Lenoir J, Lysenko T,
Marcenò C, Martynenko V, Michalcová D, Moeslund JE, Onyshchenko V, Pedashenko H, Pérez-Haase A, Peterka T, Prokhorov
V, Rašomavičius V, Rodríguez-Rojo MP, Rodwell JS, Rogova T, Ruprecht E, Rūsiņa S, Seidler G, Šibík J, Šilc U, Škvorc Z,
Sopotlieva D, Stančić Z, Svenning J-C, Swacha G, Tsiripidis I, Turtureanu PD, Uğurlu E, Uogintas D, Valachovič M, Vashenyak
Y, Vassilev K, Venanzoni R, Virtanen R, Weekes L, Willner W, Wohlgemuth T, Yamalov S (2016) European Vegetation
Archive (EVA): an integrated database of European vegetation plots. Applied Vegetation Science 19(1): 173-180.
Chytrý M, Maskell LC, Pino J, Pyšek P, Vilà M, Font X, Smart SM (2008) Habitat invasions by alien plants: a quantitative
comparison among Mediterranean, subcontinental and oceanic regions of Europe. Journal of Applied Ecology 45(2):
448-458
Chytrý M, Pyšek P, Wild J, Pino J, Maskell LC, Vilà M (2009) European map of alien plant invasions based on the quantitative
assessment across habitats. Diversity and Distributions 15(1): 98-107.
Del Vecchio S, Fantinato E, Janssen JAM, Bioret F, Acosta A, Prisco I, Tzonev R, Marcenò C, Rodwell J, Buffa G (2018)
Biogeographic variability of coastal perennial grasslands at the European scale. Applied Vegetation Science 21(2):
312-321.
Marcenò C, Guarino R, Loidi J, Herrera M, Isermann M, Knollová I, Tichý L, Tzonev RT, Acosta ATR, FitzPatrick Ú, Iakushenko
D, Janssen JAM Jiménez-Alfaro B, Kącki Z, Keizer-Sedláková I, Kolomiychuk V, Rodwell JS, Schaminée JHJ, Šilc U, Chytrý
M (2018) Classiication of European and Mediterranean coastal dune vegetation. Applied Vegetation Science 21(3):
533-559.
Torca M, Campos JA, Herrera M (2019) Changes in plant diversity patterns along dune zonation in south Atlantic European
coasts. Estuarine Coastal and Shelf Science 218: 39-47.
Wagner V, Chytrý M, Jiménez-Alfaro B, Pergl J, Hennekens S, Biurrun I, Knollová I, Berg C, Vassilev K, Rodwell JS, Škvorc Ž,
Jandt U, Ewald J, Jansen F, Tsiripidis I, Botta-Dukát Z, Casella L, Attorre F, Rašomavičius V, Ćušterevska R, Schaminée JHJ,
Brunet J, Lenoir J, Svenning JC, Kącki Z, Petrášová-Šibíková M, Šilc U, García-Mijangos I, Campos JA, Fernández-González
F, Wohlgemuth T, Onyshchenko V, Pyšek P (2017) Alien plant invasions in European woodlands. Diversity and
Distributions 23(9): 969-981.
AUTORI
Silvia Giulio (silvia.giulio@uniroma3.it), Alicia T.R. Acosta (aliciateresarosario.acosta@uniroma3.it), Marta Carboni
(marta.carboni@uniroma3.it) Dipartimento di Scienze, Università di Roma Tre, Viale G. Marconi 446, 00146 Roma
Juanan A. Campos (juanan.campos@ehu.eus), Javier Loidi (javier.loidi@ehu.eus) University of the Basque Country
(UPV/EHU), 48940 Leioa, Bilbao, Spain
Milan Chytrý (chytry@sci.muni.cz), Corrado Marcenò (marcenocorrado@libero.it) Department of Botany and Zoology,
Faculty of Science, Masaryk University, Kotlarska 2, 611 37 Brno, Czech Republic
Jan Pergl (jan.pergl@ibot.cas.cz), Petr Pyšek (petr.pysek@ibot.cas.cz) Department of Invasion Ecology, Institute of Botany,
The Czech Academy of Sciences, Zámek 1, 252 43 Průhonice, Czech Republic
Maike Isermann (maike.isermann@uni-bremen.de) Department of Ecology, Bremen University, D-28359 Bremen, Germany
John Janssen (john.janssen@wur.nl), Joop H.J. Schaminée (joop.schaminee@wur.nl) Wageningen Environmental Research,
6700 AA Wageningen, The Netherlands
John Rodwell (johnrodwell@tiscali.co.uk) Independent researcher, LA1 3ES Lancaster, United Kingdom
Autore di riferimento: Silvia Giulio
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Notiziario della Società Botanica Italiana, 3 (2019)
Gruppo di Lavoro per le Specie Alloctone
Fig. 2
Numero di neoite (1) donate da regioni (a) extraeuropee e (b) europee a (2) regioni di dune costiere recipienti.
Verso una lista di piante alloctone invasive di interesse nazionale:
risultati dell’interazione tra convenzione SBI/MATTM e LIFE ASAP
per la selezione e prioritizzazione di specie introdotte e di horizon
scanning
L. Lazzaro, E. Barni, R. Bolpagni, G. Brundu, A. Caddeo, L. Celesti-Grapow, A. Cogoni, M.C. Loi, M. Marignani, C.
Siniscalco
Con l’entrata in vigore del Regolamento (UE) n. 1143/2014 (cui ha fatto seguito, in Italia, il Decreto Legislativo
n. 230/2017), l’Unione Europea si dota di uno strumento normativo volto a prevenire e gestire l’introduzione e
la diffusione delle specie alloctone invasive, con lo scopo di contrastarne gli impatti ecosistemici (e
secondariamente socio-economici) sul territorio comunitario. Il cuore del regolamento è rappresentato da una
lista di specie alloctone invasive di rilevanza unionale, per le quali sono previsti divieti stringenti di introduzione,
trasporto e detenzione. Gli stati membri hanno poi la facoltà di adottare liste di “specie alloctone invasive di
rilevanza nazionale”, applicando a esse misure stringenti di regolamentazione. Come per la lista unionale, è
necessario basare la deinizione degli elenchi su speciiche analisi del rischio.
Il progetto LIFE ASAP Alien Species Awareness Program (http://lifeasap.eu) è un progetto inanziato dal
programma LIFE dell’Unione Europea, che si pone l’obiettivo di aumentare l’attenzione e la consapevolezza della
società in Italia sulle problematiche relative alle specie alloctone invasive, specialmente alla luce delle novità
normative. Tra le altre, l’azione B7, coordinata dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale
(ISPRA), prevede il coinvolgimento delle società scientiiche per la costruzione partecipata di una proposta di
lista di specie alloctone invasive di interesse nazionale (black list) attraverso il metodo del consensus building e
di una lista inalizzata alla prevenzione di futuri ingressi (horizon scanning), utilizzando in entrambe i casi un
modello partecipativo per l’implementazione nazionale del Regolamento (UE) n. 1143/2014. Nell’ambito di
queste attività si dispiega la convenzione tra Società Botanica Italiana (SBI) e Ministero dell’Ambiente, della
Tutela del Territorio e del Mare (MATTM), che tra le varie attività ha previsto: (1) l’aggiornamento di un database
sulle specie vegetali alloctone a scala nazionale (NAPSDB); (2) la selezione di un duplice elenco di specie
alloctone invasive già presenti sul territorio nazionale (lista di prioritizzazione) e non ancora presenti (lista di
horizon scanning), candidate per essere ulteriormente valutate a livello nazionale (3) adottando la metodologia
di valutazione del rischio e di deinizione delle priorità sviluppata da ISPRA, al ine di identiicare un elenco di
specie alloctone invasive la cui inclusione in una eventuale lista nazionale ex art. 12 Reg. (UE) n. 1143/2014
dovrebbe essere prioritaria.
Le attività illustrate nel presente contributo riguardano quindi i punti (2) e (3), descrivendo la metodologia
seguita e i primi risultati conseguiti in relazione alla selezione delle specie per le due liste candidate e i primi
passi del processo di valutazione e di consensus building successivo, svolto in stretta collaborazione con ISPRA
e con i partner del progetto ASAP.
Per la creazione della lista di prioritizzazione si è proceduto a una selezione delle oltre 1.300 specie contenute
nel database NASDP (che si origina dalla checklist di Celesti-Grapow et al. 2009, 2010 e in continuo
aggiornamento come da Galasso et al. 2018 e successive notule pubblicate su Italian Botanist). A partire dai dati
inclusi in NASDP al 31/12/2017, si è proceduto con l’esclusione di tutti i record dubbi e delle specie già di
rilevanza unionale. Secondo le istruzioni di ISPRA, l’elenco delle specie doveva includere i taxa il cui potenziale
di impatto è elevato, ma la cui diffusione in Italia è ancora limitata, al ine di concentrarsi in futuro sulle specie
alloctone invasive per le quali, in caso di eradicazione o di azioni di controllo nazionali o regionali, è probabile
che le possibilità di successo siano maggiori. Dunque, la scelta delle specie candidate si è basata sui seguenti
criteri: le specie dovevano (1) essere naturalizzate nel territorio italiano, (2) avere un (anche potenziale) impatto
su biodiversità, comunità/habitat e funzioni e servizi ecosistemici e (3) avere una distribuzione regionale limitata
o molto ristretta (cioè essere presenti in poche regioni). Il risultato di tale selezione ha portato a un totale di 87
specie, dalle oltre 1.300 di partenza. A queste si aggiungono ulteriori 9 specie selezionate sulla base di un expert
assessment condiviso dal Gruppo di Lavoro, per cui la lista inale delle specie da sottoporre a prioritizzazione
conta 96 taxa (si veda Lazzaro et al. 2019). Per quanto riguarda la lista di horizon scanning, l’operazione di
selezione delle specie è partita dai circa 62.400 record presenti nel database GRIIS (http://www.griis.org),
comparati con gli elenchi globali estratti da altri database o studi (es. CABI Horizon Scanning Tool,
https://www.cabi.org/HorizonScanningTool) e scegliendo oltre 7.000 record di presenza di specie vegetali
introdotte in qualche parte del mondo, ulteriormente ridotti eliminando duplicati, taxa di dubbia posizione
tassonomica e specie già presenti in Italia; il risultato è stato una lista di 669 specie. La selezione è quindi
proceduta associando una sommatoria alle specie, contando 2 punti per la presenza in almeno 3 stati coninanti
9
Notiziario della Società Botanica Italiana, 3 (2019)
Atti riunioni scientiiche
o contigui nel Mediterraneo e per la presenza in una delle liste EPPO (https://www.eppo.int/) e sommando 1
punto in più ogni volta per presenza in almeno 3 stati del bacino Mediterraneo, in 3 stati a bioclima mediterraneo
o in 6 stati europei (non presenti in altre liste). Sono state quindi selezionate tutte le specie con valore di
sommatoria maggiore o uguale a 2, che in termini qualitativi sono le specie presenti in liste EPPO o in almeno 3
paesi coninanti o che superano le soglie in due degli altri gruppi: si è così ottenuta una lista di 83 specie per le
quali si presume un’alta probabilità di ingresso.
Inine è stata effettuata la procedura di valutazione vera e propria, seguendo le istruzioni di ISPRA, con procedure
leggermente diversiicate per le due liste di specie. Le valutazioni hanno richiesto l’indicazione di informazioni
sulla diffusione e probabilità di re-invasione in caso di specie sottoposte a prioritizzazione, e sulla probabilità
di arrivo, stabilizzazione e naturalizzazione nel caso di quelle derivate dall’horizon scanning, e successivamente,
per entrambe, di informazioni su potenzialità di impatto, presenza ed eficacia dei metodi di
controllo/eradicazione e valutazione dei costi di controllo/eradicazione a scala locale e nazionale. Tutte le
informazioni sono state corredate da un valore d’incertezza e da riferimenti bibliograici circostanziati. Durante
un workshop svoltosi a Roma nel marzo 2019 con la presenza dei referenti di altre società naturalistiche
(responsabili di procedure simili per altri gruppi tassonomici), i risultati della prioritizzazione sono stati esposti
e confrontati in un’ottica di consensus building.
In conclusione, il lavoro nato della sinergia tra convenzione SBI/MATTM e LIFE ASAP ha permesso in primis la
selezione di un primo gruppo di specie, tra quelle già introdotte in Italia e tra quelle che potranno arrivare grazie
all’horizon scanning, candidate per la successiva attività di valutazione e consensus building tra esperti dei diversi
gruppi tassonomici. Attualmente i dati delle valutazioni sono ancora in fase di elaborazione da parte di ISPRA e
permetteranno di proporre una serie di specie candidate per la lista nazionale di specie alloctone invasive ai
sensi del Reg. (UE) n. 1143/2014 e del D.Lgs. n. 230/2017.
Ringraziamenti
Si ringraziano Lucilla Carnevali e Piero Genovesi di ISPRA per il supporto e le indicazioni fornite durante tutta l’attività. Si
ringraziano inoltre tutti i partner del progetto LIFE ASAP.
Letteratura citata
Celesti-Grapow L, Alessandrini A, Arrigoni PV, Assini S, Bani E, Barni E, Bovio M, Brundu G, Gagiotti MR, Camarda I, Carli E,
Conti F, Del Guacchio E, Domina G, Fascetti S, Galasso G, Gubellini L, Lucchese F, Medagli P, Passalacqua NG, Peccenini S,
Poldini L, Pretto F, Prosser F, Vidali M, Viegi L, Villani MC, Wilhalm T, Blasi C (2010) Non-native lora of Italy: species
distribution and threats. Plant Biosystems 144(1): 12-28.
Celesti-Grapow L, Alessandrini A, Arrigoni PV, Bani E, Bernardo L, Bovio M, Brundu G, Cagiotti RM, Camarda I, Carli E, Conti
F, Fascetti S, Galasso G, Gubellini L, La Valva V, Lucchese F, Marchiori S, Mazzola P, Peccenini S, Poldini L, Pretto F, Prosser
F, Siniscalco C, Villani MC, Viegi L, Wilhalm T, Blasi C (2009) Inventory of the non-native lora of Italy. Plant Biosystems
143(2): 386-430.
Galasso G, Conti F, Peruzzi L, Ardenghi NMG, Bani E, Celesti-Grapow L, Albano A, Alessandrini A, Bacchetta G, Ballelli S,
Bandini Mazzanti M, Barberis G, Bernardo L, Blasi C, Bouvet D, Bovio M, Cecchi L, Del Guacchio E, Domina G, Fascetti S,
Gallo M, Gubellini L, Guiggi A, Iamonico D, Iberite M, Jiménez-Mejías P, Lattanzi E, Marchetti D, Martinetto E, Masin RR,
Medagli P, Passalacqua NG, Peccenini S, Pennesi R, Pierini B, Podda L, Poldini L, Prosser F, Raimondo FM, Roma-Marzio
F, Rosati L, Santangelo A, Scoppola A, Scortegagna S, Selvaggi A, Selvi F, Soldano A, Stinca A, Wagensommer RP, Wilhalm
T, Bartolucci F (2018) An updated checklist of the vascular lora alien to Italy. Plant Biosystems 152(3): 556-592.
Lazzaro L, Bolpagni R, Barni E, Brundu G, Blasi C, Siniscalco C, Celesti L (2019) Towards alien plant prioritization in Italy:
methodological issues and irst results. Plant Biosystems 153(5): 740-746.
AUTORI
Lorenzo Lazzaro (lorenzo.lazzaro@unii.it) Dipartimento di Biologia, Università di Firenze, Via G. La Pira 4, 50121 Firenze
Elena Barni (elena.barni@unito.it), Consolata Siniscalco (consolata.siniscalco@unito.it) Dipartimento Scienze della Vita e
Biologia dei Sistemi, Università di Torino, Viale P.A. Mattioli 25, 10125 Torino
Rossano Bolpagni (rossano.bolpagni@unipr.it) Dipartimento di Scienze Chimiche, della Vita e della Sostenibilità Ambientale,
Università di Parma, Viale delle Scienze 17/a, 43124 Parma
Giuseppe Brundu (gbrundu@uniss.it) Dipartimento di Agraria, Università di Sassari, Viale Italia 39, 07100 Sassari
Alessandra Caddeo (caddeo.naturalista@gmail.com), Annalena Cogoni (cogoni@unica.it), Maria C. Loi (loimc@unica.it),
Michela Marignani (marignani@unica.it) Sezione Botanica, Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente, Università di
Cagliari, Viale Sant’Ignazio da Laconi 13, 09123 Cagliari
Laura Celesti-Grapow (laura.celesti@uniroma1.it) Dipartimento di Biologia Ambientale, Sapienza Università di Roma,
Piazzale A. Moro 5, 00185 Roma
Autore di riferimento: Lorenzo Lazzaro
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Notiziario della Società Botanica Italiana, 3 (2019)
Gruppo di Lavoro per le Specie Alloctone
Le attività di gestione delle specie vegetali alloctone sull’Isola
di Giannutri (Arcipelago Toscano): esperienze all’interno
del Progetto Life RESTO CON LIFE
L. Lazzaro, G. Ferretti, M. Mugnai, B. Foggi, F. Giannini, P. Sposimo, M. Giunti, R. Benesperi
Il progetto RESTO CON LIFE "Island conservation in Tuscany, restoring habitat not only for birds" è un progetto
Life Natura coinanziato dalla Commissione Europea, inalizzato alla riqualiicazione ambientale di ecosistemi
insulari mediterranei e focalizzato sul recupero e la protezione di specie e habitat presenti nella Direttiva
92/43/CEE “Habitat”. Il progetto, che vede la collaborazione dell’Ente Parco Nazionale Arcipelago Toscano,
beneiciario incaricato del coordinamento del progetto, e di altri partner associati, cioè ISPRA (Istituto Superiore
per la Protezione e la Ricerca Ambientale), Carabinieri Forestali (Reparto Carabinieri per la Biodiversità di
Follonica) e Università di Firenze (Dipartimento di Biologia), utilizza un approccio multidisciplinare che prevede
la rinaturalizzazione di alcuni sistemi, in parte modiicati dall’intervento umano, al ine della salvaguardia di
habitat tipici, uccelli marini e avifauna nidiicante nella macchia mediterranea, rettili endemici, boschi di leccio
e ginepreti, dune costiere e vegetazione delle coste rocciose, stagni temporanei e pratelli con piante erbacee
annuali, presso quattro isole ricadenti nel Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano: Pianosa, Giannutri, Elba e
Montecristo.
Nell’ambito del progetto, le azioni A.3, C.4 e D.1 hanno previsto attività di gestione di specie vegetali alloctone
sull’Isola di Giannutri. In particolare, l’azione A.3 prevedeva una serie di azioni preliminari, come: mappatura
delle specie alloctone, predisposizione dei progetti esecutivi per gli interventi e produzione di action plan e
misure di biosecurity post-intervento. Obiettivi dell’azione C.4 sono stati invece gli interventi di eradicazione di
Carpobrotus acinaciformis (L.) L.Bolus e C. edulis (L.) N.E.Br. (da qui in avanti deiniti come Carpobrotus spp.) e
alcuni interventi di messa a dimora di specie native, con lo scopo di accelerare la rinaturalizzazione dei contesti
oggetto degli interventi di rimozione. Inine, l’azione D.1 comprendeva i monitoraggi scientiici delle azioni
concrete.
Prima degli interventi effettuati nella primavera/estate 2016, Carpobrotus spp. era presente a Giannutri su oltre
14.000 m2, in 5 aree distinte dell’isola. La più estesa (presso Punta San Francesco) era rappresentata da un’area
su scogliera pianeggiante e terreno di riporto (costituita dal terrapieno di una vecchia pista di atterraggio),
mentre in altre parti dell’isola la specie si rinveniva per lo più su scogliere scoscese e falesie a picco sul mare. Gli
interventi di eradicazione si sono svolti integrando due diverse tecniche. Nei contesti più scoscesi e laddove
Carpobrotus spp. presentava basse coperture ed era frammisto a specie natie, si è ricorso alla rimozione manuale,
coinvolgendo anche operai specializzati per lavori in corda. Nei contesti più pianeggianti e per la maggior parte
dell’estensione sull’isola, si è proceduto all’utilizzo della pacciamatura con teli neri “antialga” (Fig. 1). Nelle aree
interessate da eradicazione a Punta San
Francesco si è inoltre proceduto alla
messa a dimora di circa 850 individui di
varie specie native (in particolare
Cneorum tricoccon L., Euphorbia
dendroides L., Juniperus turbinata Guss.,
Myrtus communis L., Pistacia lentiscus L.,
Salvia rosmarinus Spenn., Teucrium
lavum L. subsp. lavum, T. fruticans L.
subsp. fruticans) prelevate sull’isola a
seconda della disponibilità e trapiantate
insieme ad alcuni individui di ginepro
riprodotti ex situ.
A latere degli interventi principali su
Carpobrotus spp. sono stati anche svolti
interventi di rimozione e controllo di altre
specie potenzialmente invasive, come
Mesembryanthemum cordifolium L.f.,
Opuntia phaeacantha Engelm. e Senecio
angulatus L.f., principalmente in aree
limitrofe all’abitato nelle quali si stavano
diffondendo in contesti naturali.
11
Notiziario della Società Botanica Italiana, 3 (2019)
Atti riunioni scientiiche
Fig. 1
Alcune immagini di Limonium sommierianum, Frankenia pulverulenta subsp.
pulverulenta e Mesembryanthemum nodilorum nelle scogliere di Giannutri,
degli interventi di pacciamatura e dei plot rilevati nel 2016.
I dati del monitoraggio mostrano gli effetti
degli interventi di eradicazione su
Carpobrotus spp. Nel monitoraggio del
2015 i plot con copertura totale di
Carpobrotus spp. risultavano per lo più
privi di altre specie; man mano che questa
alloctona è diminuita, è aumentato il
numero delle specie native presenti, con il
massimo all’interno delle aree non invase.
Questo è avvenuto sia nelle aree rocciose,
di scogliera, sia nei plot con terreno di
riporto. La ricchezza di specie appare
quindi strettamente correlata alla
copertura di Carpobrotus spp. Da notare
come nei plot di scogliera, a seguito della
presenza di Carpobrotus spp., scompaiano
specie endemiche quali Limonium sommierianum (Fiori) Arrigoni e altre specie tipiche di habitat di interesse
comunitario, quali Frankenia pulverulenta L. subsp. pulverulenta e Mesembryanthemum nodilorum L. (Fig. 1).
La ricchezza di specie nei plot di controllo in scogliera appare confrontabile tra 2015 e 2016, mentre un
confronto per gli altri strati è sostanzialmente inutile visto che nel periodo dei campionamenti alcuni plot erano
coperti da teli pacciamanti mentre altri erano stati interessati da rimozione manuale. Nel periodo 2017-2019 si
osservano i primi dati che testimoniano la ricolonizzazione delle aree di intervento, in particolare con la
colonizzazione dei plot su terreno di riporto, quindi su terreno sciolto (Fig. 2), iniziata già nel 2017. Si tratta di
una colonizzazione guidata principalmente da specie ruderali, quali Carduus cephalanthus Viv., Mercurialis annua
L., Sonchus asper (L.) Hill subsp. asper e Urtica urens L., la cui presenza è probabilmente favorita dalla grande
quantità di nutrienti resi disponibili nella lettiera di Carpobrotus spp. Assieme a queste compaiono però specie
a carattere mediterraneo tipiche di questi ambienti, come Arisarum vulgare O.Targ.Tozz., Euphorbia dendroides
L. e Narcissus tazetta L. subsp. tazetta. Inoltre, nel biennio 2018-2019 si registra un inizio di ricolonizzazione
anche nelle aree di scogliera (Fig. 2), sia in quelle interessate da rimozione manuale sia, in misura minore e più
lentamene, in quelle interessate da pacciamatura, con un aumento in copertura e numero di specie tipiche quali
F. pulverulenta, L. sommierianum e M. nodilorum, ma ancora con una importante presenza di ruderali quali C.
cephalanthus.
Le attività di eradicazione su Carpobrotus spp. stanno quindi mostrando i primi effetti positivi, seppure per
alcuni anni dovrà essere mantenuto un monitoraggio delle aree invase alla ricerca di nuove plantule ed eventuali
ricacci. Inoltre è importante notare che tutte le azioni sono state accompagnate da un’intensa attività di
divulgazione presso la popolazione residente, che ha previsto incontri con la gente e la produzione di documenti
per contrastare la futura introduzione di specie alloctone invasive mediante l’adozione di buone pratiche. A
questo scopo è stata prodotta una lista di specie ornamentali alternative a quelle alloctone e invasive,
principalmente contestualizzata a Giannutri ma riadattabile per le altre isole dell’Arcipelago Toscano. Nelle
misure di biosecurity, inoltre, si è prestata molta attenzione alla divulgazione dei temi sul giardinaggio
consapevole e sull’adozione dei codici di condotta volontari.
Ringraziamenti
Si ringraziano gli altri partner del progetto RESTO CON LIFE per il supporto e la collaborazione durante le attività di progetto.
AUTORI
Lorenzo Lazzaro (lorenzo.lazzaro@unifi.it), Giulio Ferretti (giulio.ferretti@unifi.it), Michele Mugnai
(michele.mugnai@unifi.it), Bruno Foggi (bruno.foggi@unifi.it), Renato Benesperi (renato.benesperi@unifi.it)
Dipartimento di Biologia, Università di Firenze, Via G. La Pira 4, 50121 Firenze
Francesca Giannini (giannini@islepark.it) Parco Nazionale Arcipelago Toscano, Località Enfola, 57037 Portoferraio
(Livorno)
Paolo Sposimo (sposimo@nemoambiente.com), Michele Giunti (giunti@nemoambiente.com) NEMO, Nature and
Environment Management Operators s.r.l., Viale G. Mazzini 26, 50132 Firenze
Autore di riferimento: Lorenzo Lazzaro
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Notiziario della Società Botanica Italiana, 3 (2019)
Gruppo di Lavoro per le Specie Alloctone
Fig. 2
Dati di ricchezza speciica nei plot monitorati in seguito agli interventi su
Carpobrotus spp.
Valutazione dell’invasività di tre specie del genere Datura nel Lazio
S. Magrini, S. Buono, L. Zucconi
Il genere Datura (Solanaceae), originario delle regioni aride, temperate e subtropicali americane, è composto
da 13 specie suddivise in 3 sezioni (Ceratocaulis, Datura e Dutra) sulla base della posizione del frutto e della
tipologia di deiscenza (Bye, Sosa 2013). La maggior parte delle specie sono state diffuse dall’uomo al di fuori
dell’area di origine per scopi ornamentali e, in particolare, in Italia sono presenti come aliene 5 delle 7 specie
segnalate in Europa (Galasso et al. 2018a): D. ferox L., D. quercifolia Kunth e D. stramonium L. della sect. Datura;
D. inoxia Mill. e D. wrightii Regel della sect. Dutra.
Nell’ambito di una ricerca inalizzata alla valutazione del potenziale di invasività delle specie aliene nell’Italia
centrale, presso la Banca del Germoplasma della Tuscia è in corso uno studio comparato su tre specie di Datura:
D. ferox, specie annuale originaria delle zone meridionali del Nordamerica, riportata come naturalizzata in
Italia e casuale nel Lazio (Galasso et al. 2018a);
D. inoxia, specie perenne originaria degli Stati Uniti sud-occidentali e del Messico ino al Centro- e
Sudamerica;
D. wrightii (Fig. 1), specie perenne originaria della
parte sud-occidentale degli Stati Uniti e del
Messico. Segnalata per la prima volta in Italia nel
2010 per Lombardia ed Emilia-Romagna
(Verloove et al. 2010), oggi è considerata invasiva
a livello nazionale anche se riportata nella
maggior parte delle regioni come casuale o
naturalizzata (Galasso et al. 2018a). È stata
segnalata recentemente come nuova per il Lazio
(Galasso et al. 2018b), rinvenuta nel 2017 presso
il Lago di Bracciano (Bracciano, Roma). In Italia,
così come in altri paesi dell’Europa meridionale,
è stata spesso confusa con la afine D. inoxia, ma
non è chiaro se le due specie abbiano lo stesso
comportamento invasivo (Verloove 2008).
In particolare, per queste specie sono state valutate
ex situ alcune caratteristiche morfologiche e bioisiche
dei semi, funzionali ai processi di dispersione e
colonizzazione di nuovi ambienti (numero di
semi/frutto, peso, dimensione, forma, vitalità,
capacità di galleggiamento) o di persistenza nel suolo
(permeabilità del tegumento, contenuto in acqua,
dormienza), e che sono associate alla risposta delle
piante ai disturbi e alla competizione (Jiménez-Alfaro
et al. 2016). Parallelamente è stato realizzato uno
studio comparato della capacità di germinazione in
vitro, attraverso test condotti a 7 temperature diverse
(da 5 a 35 °C), sia con fotoperiodo 12/12 h sia al buio,
che ha fornito indicazioni interessanti sulla capacità
e velocità di queste specie, nelle prime fasi del loro
ciclo vitale, nel colonizzare nuovi ambienti (in termini
di percentuale di germinazione, di velocità e di
sincronia) e anche sulla loro capacità di adattamento
a condizioni climatiche diverse (temperatura minima,
massima e ottimale per la germinazione,
fotosensibilità). Anche se le tre specie hanno caratteristiche simili (lungo periodo di ioritura, alto numero di
iori, allelopatia, tossicità, alta vitalità dei semi, disseminazione eficace, capacità di formare una soil seedbank
epigea ecc.), è possibile osservare alcune differenze sostanziali:
D. inoxia e D. wrightii sono perenni e capaci di riprodursi anche per via vegetativa, al contrario di D. ferox;
le due specie della sect. Dutra sono caratterizzate da frutti con deiscenza irregolare che facilitano la
dispersione zoocora e soprattutto idrocora. Queste capsule, aprendosi solo nella porzione inferiore,
rilasciano solo una parte dei semi per la disseminazione barocora e mirmecocora, mentre gli altri rimangono
attaccati all’interno del frutto che, una volta secco, cade e può essere facilmente trasportato dagli animali o
disperso per via idrocora (Fig. 2);
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Notiziario della Società Botanica Italiana, 3 (2019)
Atti riunioni scientiiche
Fig. 1
Fioritura di Datura wrightii il 26 luglio 2018 presso il Museo
Storico dell’Aeronautica Militare a Vigna di Valle (Bracciano,
Roma).
anche se riportata come
autocompatibile al pari di D. wrightii,
D. inoxia non ha prodotto frutti negli
ultimi due anni in una delle
popolazioni monitorate;
D. wrightii risulta più vigorosa,
producendo il maggior numero di
semi per frutto (ino a 420, rispetto ai
300-340 delle altre specie), semi più
grandi e più pesanti (peso di 1.000
semi: 18,1 mg, rispetto a 13,3-13,5
mg delle altre specie);
d’altra parte, mentre i semi di D. ferox
e D. inoxia sono in grado di germinare
in un ampio range di temperature (da
15 a 35 °C), D. wrightii è meno
plastica, preferendo temperature
autunnali, intorno ai 15-20 °C.
Con i dati ottenuti in situ ed ex situ è stato
possibile valutare le tre specie attraverso le procedure di risk assessment A-WRA (Pheloung et al. 1999) e USDA-
APHIS WRA (Koop et al. 2012), che hanno evidenziato un grande potenziale di invasività per tutte.
Letteratura citata
Bye R, Sosa V (2013) Molecular phylogeny of the jimsonweed genus Datura (Solanaceae). Systematic Botany 38(3): 818-829.
Galasso G, Conti F, Peruzzi L, Ardenghi NMG, Bani E, Celesti-Grapow L, Albano A, Alessandrini A, Bacchetta G, Ballelli S,
Bandini Mazzanti M, Barberis G, Bernardo L, Blasi C, Bouvet D, Bovio M, Cecchi L, Del Guacchio E, Domina G, Fascetti S,
Gallo L, Gubellini L, Guiggi A, Iamonico D, Iberite M, Jiménez-Mejías P, Lattanzi E, Marchetti D, Martinetto E, Masin RR,
Medagli P, Passalacqua NG, Peccenini S, Pennesi R, Pierini B, Podda L, Poldini L, Prosser F, Raimondo FM, Roma-Marzio
F, Rosati L, Santangelo A, Scoppola A, Scortegagna S, Selvaggi A, Selvi F, Soldano A, Stinca A, Wagensommer RP, Wilhalm
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Galasso G, Domina G, Adorni M, Ardenghi NMG, Bonari G, Buono S, Cancellieri L, Chianese G, Ferretti G, Fiaschi T, Forte L,
Guarino R, Labadessa R, Lastrucci L, Lazzaro L, Magrini S, Minuto L, Mossini S, Olivieri N, Scoppola A, Stinca A, Turcato
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AUTORI
Sara Magrini (magrini@unitus.it) Banca del Germoplasma della Tuscia, Università della Tuscia, Largo dell’Università, 01100
Viterbo
Sergio Buono (sergood@libero.it) Via XXV Aprile 6, 01010 Oriolo Romano (Viterbo)
Laura Zucconi (zucconi@unitus.it) Dipartimento di Scienze Ecologiche e Biologiche, Università della Tuscia, Largo
dell’Università, 01100 Viterbo
Autore di riferimento: Sara Magrini
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Notiziario della Società Botanica Italiana, 3 (2019)
Gruppo di Lavoro per le Specie Alloctone
Fig. 2
a) Datura ferox, capsula secca a deiscenza regolare; b) Datura wrightii, cap-
sula a deiscenza irregolare.
Potenzialità del biocontrollo per contenere in Italia l’espansione della
macroita esotica invasiva Lemna minuta
F. Mariani, S. Ceschin
L’invasione di specie esotiche vegetali sta diventando un problema ambientale sempre più diffuso (Early et al.
2016); la presenza di entità vegetali al di fuori dell’areale biogeograico di appartenenza può essere dovuto a
processi di colonizzazione spontanea della specie o a eventi di introduzione, accidentale o intenzionale, legati
alle attività umane (Levine, D’Antonio 2003). Una specie introdotta in una nuova area spesso perde i competitori
e i nemici naturali che normalmente controllano le sue popolazioni (Keane, Crawley 2002) e può quindi crescere
rapidamente, con possibili fenomeni di esplosione demograica.
Tali invasioni biologiche rappresentano una minaccia particolare per gli ecosistemi d’acqua dolce (Strayer,
Dudgeon 2010), che sono tra i più alterati e sfruttati dall’uomo (Millennium Ecosystem Assessment 2005); perciò
una loro attenta gestione diventa di fondamentale importanza per limitare il danno associato alla presenza di
specie esotiche. Un esempio preoccupante in Europa è la lenticchia d’acqua americana Lemna minuta Kunth
(Araceae), che, dal suo arrivo negli anni ‘40 del secolo scorso, si è rapidamente e ampiamente diffusa nel
continente, diventando altamente invasiva in molti paesi (Ceschin et al. 2018a).
Il suo alto tasso di crescita permette a L. minuta di colonizzare rapidamente ampie superici d’acqua, formando
tappeti galleggianti pluristratiicati che limitano la penetrazione di luce nella colonna d’acqua e gli scambi gassosi
nell’interfaccia aria-acqua, creando condizioni altamente limitanti per la sopravvivenza della lora e fauna
acquatica (Dussart et al. 1993, Ceschin et al. 2019). Inoltre, L. minuta compete fortemente con specie vegetali
autoctone che occupano habitat simili, come la congenerica Lemna minor L., che sta sostituendo parzialmente
o completamente (Ceschin et al. 2016a, 2018b).
Controllare la crescita di L. minuta è diventata una necessità pressante e, poiché l'utilizzo di metodi chimici e
isici per la sua rimozione risultano tanto rischiosi per l’ambiente quanto solo parzialmente eficaci (Landolt
1986, Ceschin 2016b), è necessario esplorare la possibilità di adottare qualche forma di controllo biologico.
Il Controllo Biologico Classico (CBC), basato sull’introduzione di nemici naturali coevoluti con le specie aliene e
provenienti dallo stesso areale di origine, è già stato applicato con successo ad alcune piante acquatiche invasive
(Gassman et al. 2006), tra le quali Alternanthera philoxeroides (Mart.) Griseb. (Spencer, Coulson 1976), Pontederia
crassipes Mart. (Jayanth 2008) e Salvinia adnata Desv. (= S. molesta D.S.Mitch.) (Sullivan et al. 2011). Non esistono,
invece, studi relativi al CBC su L. minuta, né si sa nulla su quali siano i suoi nemici naturali nel suo areale di
provenienza. Alla luce di ciò, abbiamo deciso di focalizzare il nostro studio sulla ricerca di un insetto nativo in
grado di consumare L. minuta.
Sebbene il CBC sia il metodo di controllo biologico maggiormente riconosciuto e accettato, il nostro tentativo di
trovare un erbivoro nativo come biocontrollore può avere rilevanza soprattutto da un punto di vista ecologico.
Infatti, controllare una specie esotica introducendo un’altra specie esotica, come previsto dal CBC, può essere
rischioso a causa di possibili effetti negativi indesiderati sull’ecosistema (Simberloff, Stiling 1996).
Abbiamo scelto Cataclysta lemnata (Linnaeus 1758) (Lepidoptera: Crambidae, Acentropinae) come possibile
candidato per questo ruolo, poiché è un erbivoro nativo con una dieta che include preferenzialmente lenticchie
d’acqua, come le autoctone Spirodela polyrhiza (L.) Schleid. e L. minor. Tuttavia, non vi era alcuna prova
precedente che C. lemnata si nutrisse di L. minuta.
Nel corso del nostro studio è emerso che l’insetto
C.lemnata è in grado di rimuovere grandi quantità
di L. minuta (Fig. 1), utilizzando la specie esotica sia
come risorsa troica sia come materiale di
costruzione di astucci di protezione per le larve e le
pupe (Petrischak 2000).
In Italia, C. lemnata è una specie autoctona, ma la
sua densità è localmente troppo bassa per ridurre
sostanzialmente le popolazioni di L. minuta, che
sono diventate estremamente abbondanti e diffuse
(Ceschin et al. 2018a). Pertanto, per un eficace
controllo di questa pianta, sarebbe necessario
utilizzare massicce quantità di larve provenienti da
allevamenti di laboratorio, come tipicamente
avviene nei protocolli di controllo biologico
aumentativo, quando l’abbondanza delle
15
Notiziario della Società Botanica Italiana, 3 (2019)
Atti riunioni scientiiche
Fig. 1
Larva di Cataclysta lemnata mentre si ciba di fronde di Lemna
minuta.
popolazioni di un nemico naturale è insuficiente per riuscire a controllare la specie invasiva (Hoy 2008). Il
numero ottimale di larve da utilizzare dovrebbe essere calcolato attraverso esperimenti preliminari indoor.
Il nostro studio sperimentale indica che C. lemnata potrebbe essere considerato un potenziale candidato come
agente di biocontrollo di L. minuta, rappresentando una valida alternativa all’introduzione di agenti di controllo
alloctoni, anche visto il recente D.P.R. 102/2019 che, in modiica al D.P.R 357/1997 di attuazione della Direttiva
92/43/CEE, ha riaperto la possibilità di autorizzare interventi di lotta biologica con l’introduzione di specie
alloctone in Italia, ma solo previa autorizzazione dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale
(ISPRA) ed in seguito a opportune procedure di valutazione del rischio.
Sebbene l’utilizzo di un insetto autoctono risulti meno rischioso, sono necessarie ulteriori sperimentazioni
indoor per testare la selettività alimentare dell’insetto e la sua eficacia a lungo termine nel controllo delle
popolazioni di L. minuta, soprattutto in vista di possibili futuri test da effettuare sul campo.
Letteratura citata
Ceschin S, Abati S, Ellwood NTW, Zuccarello V (2018a) Riding invasion waves: spatial and temporal patterns of the invasive
Lemna minuta from its arrival to its spread across Europe. Aquatic Botany 150: 1-8.
Ceschin S, Abati S, Leacche I, Iamonico D, Iberite M, Zuccarello V (2016a) Does the alien L. minuta show an invasive behaviour
outside its original range? Evidence of antagonism with the native L. minor L. in Central Italy. International Review of
Hydrobiology 101(5-6): 173-181.
Ceschin S, Abati S, Leacche I, Zuccarello V (2018b) Ecological comparison between duckweeds in Central Italy: the invasive
Lemna minuta vs the native L. minor. Plant Biosystems 152(4): 674-683.
Ceschin S, Abati S, Traversetti L, Spani F, Del Grosso F, Mazzini I, Scalici M (2019) Effects of the alien duckweed Lemna minuta
Kunth on aquatic animals: an indoor experiment. Plant Biosystems 153(6): 749-755.
Ceschin S, Della Bella V, Piccari F, Abati S (2016b) Colonization dynamics of the alien macrophyte Lemna minuta Kunth: a
case study from a semi-natural pond in Appia Antica Regional Park (Rome, Italy). Fundamental and Applied Limnology
188(2): 93-101.
Dussart G, Robertson J, Bramley J (1993) Death of a lake. Biological Sciences Review 5(5): 8-10.
Early R, Bradley BA, Dukes JS, Lawler JJ, Olden JD, Blumenthal DM, Gonzalez P, Grosholz ED, Ibañez I, Miller LP, Sorte JB,
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Nature Communications 7: 12485.
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Petrischak H (2000) Untersuchungen zur Lebensweise des Wasserschmetterlings Cataclysta lemnata L., 1758 in einem
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Simberloff D, Stiling P (1996) Risks of species introduced for biological control. Biological Conservation 78(1-2): 185-192.
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Biological Control 57(3): 222-228.
AUTORI
Flaminia Mariani (laminia.mariani@uniroma3.it), Simona Ceschin (simona.ceschin@uniroma3.it) Dipartimento di Scienze,
Università di Roma Tre, Viale G. Marconi 446, 00146 Roma
Autore di riferimento: Simona Ceschin
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Notiziario della Società Botanica Italiana, 3 (2019)
Gruppo di Lavoro per le Specie Alloctone
Specie esotiche invasive in ambienti critici: cenni preliminari sul
monitoraggio e sullo studio della micronicchia e della diffusione
di Opuntia spp. su falesie costiere grazie al rilevamento di prossimità
da barca e con drone
C. Montagnani, F.L. Bonali, C. Turcato, R. Gentili, S. Caronni, A. Tibaldi, S. Citterio
Le falesie costiere meridionali del Promontorio di Portoino (Genova) sono un’area di elevato pregio
naturalistico, protetta dal Parco Naturale Regionale di Portoino per la parte terrestre e dall’Area Marina Protetta
di Portoino per la parte marina. Si tratta d’imponenti falesie di conglomerato (con un’estensione, in linea d’aria,
di quasi 7 km), che ospitano importanti itocenosi costiere afferibili ad habitat d’interesse comunitario (Direttiva
92/43/CEE), come l’habitat 1240 “Scogliere con vegetazione delle coste mediterranee con Limonium spp.
endemici”, oltre che nuclei rilevanti di specie di grande interesse itogeograico come Limonium cordatum (L.)
Mill., endemismo ligure-provenzale presente in Liguria in ormai solo poche aree (Fig. 1). Sebbene tale ambiente
sia inaccessibile e apparentemente stabile, la persistenza di queste emergenze naturalistiche è messa a rischio
dalla sempre più consistente presenza di specie alloctone invasive, in particolar modo da specie del genere
Opuntia (Cactaceae). Da semplici visual census ripetuti negli anni da barca, è apparso evidente come nuclei del
taxon, così come individui isolati, siano
sempre più frequenti e interessino
ambiti colonizzati dai succitati habitat e
da specie native di pregio. La presenza
del genere Opuntia sul Promontorio di
Portoino è da attribuirsi alla “fuga” (es.
dispersione zoocora) dai giardini
mediterranei che costellano la costa in
aree prospicienti le falesie, dove le specie
sono utilizzate a ini ornamentali da
lungo tempo. Com’è noto, le specie del
genere Opuntia, originario del
Centroamerica, possono proliferare in
maniera massiva ed essere
particolarmente invasive in ambito
mediterraneo (Vilà et al. 2003, Podda et
al. 2017). Di fronte a tale emergenza è
prioritario comprendere la traiettoria e
le potenzialità d’invasione del genere
Opuntia sulle falesie costiere al ine di
attuare un’adeguata strategia di gestione
dell’invasione stessa. Pertanto è stato
avviato uno studio per comprendere: la
distribuzione e numerosità attuale dei nuclei di Opuntia spp., quali sono i fattori ecologici che determinano la
diffusione del genere Opuntia sulle falesie di Portoino (studio della micronicchia ecologica) e le potenzialità di
diffusione in nuovi settori delle falesie (modello di distribuzione potenziale). Per poter raggiungere i target dello
studio, è stato necessario agire strategicamente per superare i forti limiti operativi determinati dalla quasi totale
inaccessibilità (elevata acclività) di queste falesie costiere a strapiombo sul mare. Tali limiti non permettono di
compiere rilievi in campo tradizionali o di ricorrere alle normali tecniche di remote sensing, applicabili su territori
prevalentemente piani. In genere tali side operative si presentano in ambito alpino e spesso sono in parte
superate grazie all’intervento di personale esperto che può scalare le pareti, modalità non applicabile in questo
ambito per la presenza del mare, per i vincoli presenti e la conformazione stessa delle falesie. Pertanto si è optato
per un piano di campionamento che prevedesse un rilievo “di prossimità” con la combinazione di: 1) una
campagna di visual census da barca lungo il perimetro delle falesie a una distanza adeguata per l’individuazione
di Opuntia spp.; 2) una campagna fotograica (immagini ad alta risoluzione georiferite) da barca per la
realizzazione di un ortofotomosaico e di un modello 3D che ritraggano nel loro complesso le falesie e le loro
caratteristiche rilevanti per la deinizione della micronicchia di Opuntia spp. (ino a un’altezza di 50 m s.l.m.);
3) un’analisi di dettaglio dei parametri ecologici con drone di ambiti signiicativi per l’invasione di Opuntia spp.
Le tecniche afferibili al rilievo di prossimità sono sempre più utilizzate in ambito scientiico, in particolare
17
Notiziario della Società Botanica Italiana, 3 (2019)
Atti riunioni scientiiche
Fig. 1
Falesie costiere sul Promontorio di Portoino (GE).
ecologico, grazie alla loro relativa facilità d’esecuzione e alla resa di risultati afidabili in tempi brevi (Baena et
al. 2018, Bonali et al. 2019, Dash et al. 2019). Attualmente le immagini ottenute sono in fase di elaborazione: la
falesia è stata divisa in celle e per ognuna, oltre che la presenza/assenza di Opuntia spp., si stanno determinando
una serie di parametri ambientali ed ecologici rilevanti per lo studio. Tali parametri sono: copertura
vegetazionale (% copertura, % arborea-arbustiva-erbacea), variabili microtopograiche (presenza/assenza,
grandezza/lunghezza di cenge, fessure, tasche), rocciosità, pendenza media, altitudine, esposizione prevalente;
oltre a tali parametri è calcolata anche, per ogni cella, la distanza in linea d’aria dalle aree antropizzate più vicine
(reali/potenziali siti di diffusione dell’esotica) e la distanza da nuclei esistenti di Opuntia spp. Successivamente
tali parametri saranno trasformati in variabili “bio-topo-climatiche”, sarà valutato quale di esse ha maggior peso
nella deinizione della micronicchia di Opuntia spp. e contribuiranno alla modellizzazione della distribuzione
potenziale del taxon sulle falesie di Portoino (utilizzo di software quali MaxEnt). Questo studio, oltre a fornire
indicazioni importanti per la gestione delle invasioni biologiche in ambiti naturali di pregio, ambisce a testare
una metodologia snella e multidisciplinare per poter monitorare gli effetti delle specie alloctone in ambiti
inaccessibili, replicabile in contesti simili.
Ringraziamenti
La campagna di visual census da barca è stata effettuata grazie al progetto Interreg-Maritime GIREPAM. Gli autori ringraziano
il Parco Naturale Regionale di Portoino, l’Area Marina Protetta di Portoino, Daniele Duradoni, Thomas Magliocco e
Succhiotto.
Letteratura citata
Baena S, Boyd DS, Moat J (2018) UAVs in pursuit of plant conservation - Real world experiences. Ecological Informatics
47: 2-9.
Bonali FL, Tibaldi A, Marchese F, Fallati L, Russo E, Corselli C, Savini A (2019) UAV-based surveying in volcano-tectonics: an
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AUTORI
Chiara Montagnani (chiara.montagnani@unimib.it), Rodolfo Gentili (rodolfo.gentili@unimib.it), Sarah Caronni
(sarah.caronni@unimib.it), Sandra Citterio (sandra.citterio@unimib.it) Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Terra
(DISAT), Università di Milano-Bicocca, Piazza della Scienza 1, 20126 Milano
Fabio L. Bonali (fabioluca.bonali@gmail.com), Alessandro Tibaldi (alessandro.tibaldi@unimib.it) Dipartimento di Scienze
dell’Ambiente e della Terra (DISAT), Università di Milano-Bicocca, Piazza della Scienza 4, 20126 Milano
Claudia Turcato (claudia.turcato@gmail.com) Ce.S.Bi.N. - Centro Studi BioNaturalistici s.r.l., Via San Vincenzo 2, 16121 Genova
Autore di riferimento: Chiara Montagnani
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Notiziario della Società Botanica Italiana, 3 (2019)
Gruppo di Lavoro per le Specie Alloctone
Invasività di Cenchrus setaceus (Forssk.) Morrone in Italia
G. Spampinato, S. Cannavò, A. Cano-Ortiz, G. Caruso, V.L.A. Laface, D. Noto, R Quinto-Canas, C.M. Musarella
Cenchrus setaceus (Forssk.) Morrone (≡ Pennisetum setaceum (Forssk.) Chiov.) è una graminacea perenne
cespitosa, originaria dei territori aridi e semiaridi dell’Africa settentrionale e orientale e della penisola arabica.
Introdotta a scopo ornamentale o per il consolidamento di scarpate e versanti, si è diffusa in vaste aree con
clima termo-xerico di tutti i continenti (Dana et al. 2005, EPPO 2019+). In considerazione degli impatti sulla
biodiversità, è stata inserita tra le specie esotiche invasive di rilevanza unionale ai sensi del Regolamento (UE)
n. 1143/2014. Come evidenziato da Pasta et al. (2010), in Italia fu introdotta per la prima volta dall’Africa
orientale nel 1939 per sperimentazioni condotte nell’Orto Botanico di Palermo. Nel 1963 fu segnalata per Monte
Pellegrino presso Palermo e nel 1965 si era diffusa anche in Sicilia orientale presso Catania; nel 2010 aveva già
invaso vasti territori dell’isola (Gianguzzi et al. 1996, Brullo et al. 2010, Pasta et al. 2010). La specie è inoltre
presente in Sardegna (Bocchieri 1981), Puglia (Buono 2013), Lazio (Lucchese 2017, Giardini et al. 2018) e
Toscana (Galasso et al. 2018); in Calabria, dopo la prima segnalazione (Castellano, Marino 2007) è in via di
diffusone e attualmente è nota per varie località (Musarella et al. in stampa).
C. setaceus è una specie C4 con una grande plasticità fenotipica, in grado di adattarsi a una molteplicità di habitat
aridi e semiaridi grazie alla capacità di resistere alla siccità estiva (González-Rodríguez et al. 2010),
coerentemente con gli habitat subdesertici del suo habitat originario. Sfrutta eficacemente le scarse
precipitazioni dei mesi più caldi ed è in grado di persistere in un’ampia gamma di condizioni ambientali
(Williams et al. 1995, Poulin et al. 2007). Come evidenziato da Rahlao et al. (2014), la sua diffusione avviene
attraverso habitat molto disturbati come bordi di strade, ferrovie e ambienti ruderali urbani. In questi ambienti
la sua diffusione è favorita dalla maggiore disponibilità di acqua e nutrienti e dalla scarsa concorrenza, oltre che
dagli eficienti sistemi di dispersione. I frutti, provvisti di setole, possono essere dispersi dal vento e dall’acqua
ma anche dai veicoli e dal bestiame (Joubert, Cunningham 2002), che ne favoriscono la dispersione lungo le vie
di comunicazione. Una volta insediatasi, la pianta si accresce rapidamente: già dopo un anno è in grado di
fruttiicare e può vivere ino a circa vent’anni. Nuovi individui si insediano nell’arco di 1-2 Km già dopo un anno.
Nelle aree con vegetazione naturale o con condizioni climatiche non particolarmente favorevoli, la specie resta
coninata agli habitat ruderali.
In Sicilia C. setaceus è una delle specie alloctone invasive in più rapida espansione: a 70 anni dalla sua
introduzione si è diffusa nei territori costieri e collinari ino a 600 m di quota, interessando tutta la fascia termo-
mediterranea e i versanti esposti a sud della fascia meso-mediterranea (Gianguzzi et al. 1996, Brullo et al. 2010,
Pasta et al. 2010). L’analisi della distribuzione attuale evidenzia massimi di diffusione attorno alle are urbanizzate
di Palermo, Catania, Messina e, negli ultimi anni, anche Reggio Calabria.
I sopralluoghi svolti in Sicilia e in Calabria hanno permesso di accertare le tendenze dinamiche delle popolazioni
e gli habitat di insediamento. C. setaceus si insedia all’interno delle comunità nitroile perenni del Bromo
Oryzopsion miliaceae O.Bolòs 1970 (Artemisietea vulgaris Lohmeyer, Preising & Tüxen ex Von Rochow 1951) e
di quelle nitroile annuali dell’Hordeion leporini Br.-Bl. in Br.-Bl., Gajewski, Wraber & Walas 1936 corr. O.Bolòs
1962 [TheroBrometalia (Rivas Goday & Rivas-Martínez ex Esteve 1973) O.Bolòs 1975] presenti ai margini di
strade e ferrovie e nelle aree ruderali urbane e suburbane, dando origine a comunità pioniere. Diffondendosi
tramite gli ambienti ruderali lineari, in alcune aree dell’isola ha invaso anche quelli seminaturali, quali le praterie
steppiche termo-xeriche dei Lygeo spartiStipetea tenacissimae Rivas-Martínez 1978, dove entra in competizione
con altre graminacee cespitose autoctone quali Aristida adscensionis L. subsp. coerulescens (Desf.) Auquier &
J.Duvign., Cenchrus ciliaris L., Hyparrhenia hirta (L.) Stapf subsp. hirta, Tricholaena teneriffae (L.f.) Link e, più
marginalmente, Ampelodesmos mauritanicus (Poir.) T.Durand & Schinz (Brullo et al. 2010, González-Rodríguez
et al. 2010, Corona et al. 2016). Gianguzzi et al. (1996) hanno descritto per i calcari del palermitano il Penniseto
setacei-Hyparrhenietum hirtae Gianguzzi Ilardi & Raimondo 1996, associazione dei Lygeo sparti-Stipetea
tenacissimae osservata anche sulle lave del catanese, che si sta diffondendo in tutta la fascia costiera dell’isola a
discapito delle praterie steppiche dell’Hyparrhenion hirtae Br.-Bl., P.Silva & Rozeira 1956. Si localizza inoltre
all’interno della macchia termo-xeroila rupicola dell’Oleo-Euphorbietum dendroidis Trinajstić (1973) 1984 (Oleo
sylvestris-Ceratonion siliquae Br.-Bl. ex Guinochet & Drouineau 1944). Le caratteristiche ecologiche della specie,
combinate con un rapido tasso di crescita, che aumenta dopo un evento di disturbo quale l’incendio, e gli eficienti
sistemi di dispersione dei semi, indicano che C. setaceus continuerà a diffondersi in molte altre località idonee
in Sicilia, Sardegna e Italia meridionale, in ciò favorito anche dai cambiamenti climatici in atto.
I rinvenimenti di numerose nuove stazioni di C. setaceus in Calabria (Musarella et al. in stampa) ne confermano
l’attiva fase di espansione. Considerando le caratteristiche bioclimatiche delle aree attualmente invase, è
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Atti riunioni scientiiche
ipotizzabile che si estenda a tutta la fascia termo-mediterranea e a parte di quella meso-mediterranea di isole e
penisola. Il grande potenziale invasivo nei territori termo-xerici, di concerto con i cambiamenti climatici, rende
necessarie azioni speciiche per il suo controllo (Brundu 2017), che vanno dalla eradicazione dei nuclei iniziali
prima che abbiano la possibilità di diffondersi e affermarsi nei nuovi territori, all’uso di una combinazione di
controllo meccanico e chimico in relazione a vari fattori (uso del suolo, caratteristiche del sito, densità e grado
di infestazione ecc.), nonché alla sensibilizzazione nei confronti del suo uso ornamentale. Gli sforzi di gestione
dovrebbero mirare a ridurne l’insediamento lungo le vie di comunicazione, che fungono da sistema di diffusione;
in tal senso, il ripristino della vegetazione autoctona ai lati delle strade può contrastarne la diffusione eliminando
le aree di bassa concorrenza che la favoriscono.
Letteratura citata
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Brullo C, Brullo S, Giusso del Galdo G, Guarino R, Minissale P, Scuderi L, Siracusa G, Sciandrello S, Spampinato G (2010) The
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AUTORI
Giovanni Spampinato (gspampinato@unirc.it), Seraino Cannavò (seraino.cannavo@unirc.it), Valentina L.A. Laface
(valentinalaface@hotmail.com), Domenico Noto (domeniconoto8@gmail.com), Carmelo M. Musarella
(carmelo.musarella@unirc.it) Dipartimento di Agraria, Università Mediterranea di Reggio Calabria, Feo di Vito snc, 89122
Reggio Calabria
Ana Cano-Ortiz (anacanor@hotmail.com) Departamento de Biología Animal, Biología Vegetal y Ecología, Universidad de
Jaén, Paraje las Lagunillas s/n, 23071 Jaén, España
Giuseppe Caruso (caruso_g@libero.it) Istituto Tecnico Agrario V. Emanuele II, Via V. Cortese 1, 88100 Catanzaro
Ricardo Quinto-Canas (rjcanas@ualg.pt) Faculty of Sciences and Technology, University of Algarve, Campus de Gambelas,
8005-139 Faro, Portugal
Autore di riferimento: Giovanni Spampinato
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Notiziario della Società Botanica Italiana, 3 (2019)
Gruppo di Lavoro per le Specie Alloctone
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Article
Full-text available
The biology of the aquatic moth Cataclysta lemnata L.,1758 investigated at a pond in Schlewig-Holstein (Lepidoptera: Pyralidae) The biology of the aquatic moth Cataclysta lemnata (Nymphulinae, Pyralidae, Lepidoptera) has been investigated for a population living at a sunny pond surrounded by agriculturally used land in the vicinity of Kiel (North Germany). The pond is a former marl hollow with a steep bankside, a narrow belt of reeds and a well developed duckweed stand (Lemnaceae). The adults appear in two overlapping generations from May to September. Eggs are laid on the underside of floating leaves of Spirodela polyrrhiza immediately after the copulation, which takes place at reed stems. After hatching the first larval instars are hydrophilic with cutaneous respiration. They build cases containing water. From the beginning of the second instar, larvae live inside cases containing air and breathe through open tracheal spiracles. At first at the third instar, major parts of the thorax and the abdomen are covered with a distinct plastron retaining structure. Now caterpillars are hydrophobic. The second instars have incomplete plastron structures which are unable to retain a coherent air layer. Oxygen is renewed from the big intercellular spaces of duckweed during feeding. The cases are made of duckweed leaves or consist of fragments of hollow reed stems. Different materials are used depending on local and seasonal reasons. Cases give shelter, enclose the air layer and enable the hydrophobic caterpillar to live submersed. The caterpillars' mandibles developed a lot of functions as a result of their restricted mobility in the cases. Pupation takes place in floating cases of duckweed leaves in contact with atmospheric air or in cases attached to living reed stems connected with the aerenchyma or inside these living stems. The pupa has no direct contact with water and lives in the border zone between water and air. Male and female pupae can be distinguished by size, length of antennal segments and position of genital aperture. For the first time, the stridulation of nymphuline pupae could be proved. While emerging, the adults are protected by hydrophobic scales which also cover the legs.
Article
The development and proliferation of unmanned aerial vehicles (UAV) in recent years presents a new data collection opportunity for invasive alien plant (IAP) research. The flexibility and cost‐efficiency of these craft offers a valuable solution where high‐spatial or high‐temporal resolution remotely sensed data are required. In this paper, we review all published studies using UAV for remote data collection in IAP research. We have systematically identified the taxonomy and habitat characteristics of the system studied, classified the UAV configuration, analytical methods and the limitations of each study. We used this synthesis to identify research gaps, suggest directions for future research, and identify opportunities for practical application of the technology.
Article
Since effects of alien invasive free-floating plants can be relevant in aquatic ecosystems, we investigated the non-native Lemna minuta impact on four aquatic animal groups: Hydra vulgaris (Coelenterates), Asellus aquaticus (Arthropods), Gambusia affinis (Fish), Bufo bufo tadpoles (Amphibians). An indoor experiment was conducted keeping animals in water held in tanks with L. minuta mats of 0.5 (WI1), 1.5 cm thick (WI2) and without mats (WOU). Water parameters (DO, DO%, pH) and animal responses (survival rate, vitality) were measured every 48 h (0–288 h). Treatments with mats showed significant impacts on animals which were more severe with increasing mat thickness. Strong decreasing of oxygen and pH associated with mat occurrence had a large impact on animals. In WI2 all individuals died within 144 h (H. vulgaris, B. bufo within 96h), while in WI1 there was a higher survival rate and vitality (excluding B. bufo died within 96 h) and in WOU no deaths. This evidence suggests L. minuta thick mats (≥1.5 cm) could have a high impact on animal biodiversity, especially reducing oxygenation level in aquatic ecosystem.
Article
In Europe, the duckweed Lemna minuta is an invasive alien that can cause severe abiotic-biotic alterations of lentic aquatic ecosystems. Its invasion history across Europe was spatio-temporally reconstructed from its various introductions to its present distribution by analyzing georeferenced historical records obtained from different sources (bibliography, national-international digital databases). Fuzzy clustering, a form of classification in which an element belongs to different clusters according to a degree of belonging, was used to identify the most important temporal invasion events (pulsations). Geographical representation of these pulsations in invasion maps simplified the detection of the main dynamics of L. minuta movements across Europe. Based on the analyses of the historical data, five main invasion pulsations were identified (1965, 1982, 1991, 2000, 2010). Invasions in Europe began along the Atlantic coasts around the 1950s–1960s. Around the 1980s, L. minuta spread extensively across the United Kingdom and Central Europe. After this, it started to invade Southern and also Eastern Europe, mainly stabilizing around the 2000s. In the last decade, L. minuta consolidated its occurrence in Western and Central Europe, while it continues to colonize new Mediterranean and Eastern European regions. This analysis type is effective in determining spatial-temporal dynamics of invasive alien plants using georeferenced historical data and it also offers insight into the behavior of a biological invader by identifying the main invasion routes and areas most susceptible to future invasion. This latter information can be useful for development of management strategies for preventing invasions and conserving aquatic ecosystems potentially under threat.
Technical Report
Pennisetum setaceum is a wind-dispersed, perennial, C4, bunch grass native to arid regions in the Middle East and North Africa. P. setaceum is apomictic and although it reproduces mainly by seed, it can form pseudo-viviparous plantlets when the inflorescences are inundated. Apart from the biological characteristics of P. setaceum, many other factors need to be considered during the implementation of preventive measures, such as the pathways via which P. setaceum can enter new areas. Actually, the main pathway is the voluntary introduction in the EU and within EU countries mainly as an ornamental, but accidental pathways are possible as well. Preventive measures and biosecurity strategies could not be any longer effective to avoid the introduction in the EU, but of course they will reduce further spread within the EU and new introductions in the EU. Plenty of established populations have been detected in Portugal, in Spain (including Baleares and Canary Islands), France, Italy (including Sardinia, Sicily and small Sicilian islets), in Malta and Cyprus. In addition, P. setaceum is reported also for Greece in the island of Lesvos, and for Bulgaria and Slovenia. Early Detection and Rapid Eradication (EDRE) of P. setaceum should be included in a general surveillance programme concerning a selected group of invasive alien plant species that might be introduced by the same pathways and in the same points of entry, which might invade similar habitats and corridors such as roadside verges and rivers or disturbed land. At the same time, it is very likely that new outbreaks will be found close to large towns, and large green areas in urbanised areas. In addition, due to its very high capacity to colonise bare soils, disturbed areas should be prioritised for monitoring. This has to include human disturbance (e.g. mining, urbanisation, fires etc.) and natural disturbance (fires, current volcanic eruptions). Mediterranean coastal areas in the EU have to be prioritised for monitoring. The prolific production of long-lived seed hinders control efforts once fountain grass is established. Control strategies should be included in dedicated strategic management plan and focus on removing seed heads and reducing seed production. Treatment priority should be assigned to small or sporadic infestations upon otherwise healthy sites, followed by larger infestations. A combination of mechanical and chemical control (such as foliar spray) should be considered. Choice of control method for P. setaceum depends on the current land use and site conditions; accessibility, terrain, and climate; density and degree of infestation; non-target flora and fauna present and Member States legislation. Other considerations include treatment effectiveness, cost, and the number of years needed to achieve control. Land managers, the local public, and road crews should be educated in identification of invasive species so they can help report all suspected infestations. Vehicles, humans, and domestic animals should be discouraged from traveling through infested areas; and a programme to check and remove seeds from vehicles, clothing, and domestic animals should be implemented to help stop dispersal. Since P. setaceum is currently promoted as an ornamental, coordination with local nurseries to withdraw it from the market is necessary. Management measures can be very effective in reducing further spread in the EU, and mitigating negative impacts in nature conservation areas invaded by P. setaceum. The measures would be quite costly, but effective. [Available at: https://www.iucn.org/theme/species/our-work/invasive-species/eu-regulation-invasive-alien-species]
Article
Small Unmanned Aerial Systems (UASs) (more commonly called Unmanned Aerial Vehicles, UAVs or drones), have the potential to enhance current understanding and management of a range of environmental applications. There has been much coverage on the use of UAVs for conservation applications in the recent years, yet little on specific applications in plant conservation. Here we present our experience of using an off-the-shelf fixed wing UAV for plant conservation projects ranging from Peru's hyper-arid vegetation to the dry forests of the Caribbean and finally to the humid forest of South Africa and the Brazilian Amazon. We present our findings from over ten successful (but also our unsuccessful) field work campaigns flying over 4500. km. We show how the technology is being used for mapping, quantifying and monitoring plant species, but also review the real-world issues of using UAVs, particularly in remote areas.
Article
The American duckweed Lemna minuta shows an invasive behaviour in Europe, causing weed problems in aquatic habitats there. Few studies addressed this species' ecological requirements for a suitable establishment in a site. In this paper, L. minuta populations were analysed through field surveys so as (1) to define the autoecology of this duckweed as regards the main environmental factors characterizing invaded habitats, and (2) to identify possible overlaps/differences in ecological requirements between the alien L. minuta and the common native L. minor, with which it is often associated and in direct competition. The occurrence/abundance of the two species and environmental data were collected from 41 wetlands in central Italy. Currently, L. minuta is more common and abundant than L. minor in the study-area, despite its recent arrival there (2007). The two species have a partially overlapped autoecology. However, L. minuta differs from L. minor since it occurs in waters which are less alkaline, slightly less warm, and richer in nitrates. It shows tolerance for environmental conditions which are limiting for most of macrophytes, including L. minor, such as high shading and low water oxygenation. This enables L. minuta to increase its invasion potentiality and thus to enlarge its distribution area.