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EDUCARE MENTI CREATIVE. GLI EFFETTI DI UN TRAINING COGNITIVO PER L’INCREMENTO DELLA
PRODUZIONE IDEATIVA IN BAMBINI DI SCUOLA PRIMARIA.
EDUCATING CREATIVE MINDS. THE EFFECTS OF A COGNITIVE TRAINING FOR IDEAS PRODUCTION IN
PRIMARY SCHOOL CHILDREN.
Paola Maria Sala, Maria Elide Vanutelli, Claudio Lucchiari
Dipartimento di Filosofia, Università degli studi di Milano
Per citare questo articolo:
Sala P.M., Vanutelli M.E., & Lucchiari C. (2019). Gli effetti di un training cognitivo per l’incremento della
produzione ideativa in bambini di scuola primaria. Un confronto tra metodo Montessori e tradizionale.
Ricerche di Psicologia, 3, 519-545. DOI: 10.3280/RIP2019-003005
URL:
https://www.francoangeli.it/Riviste/SchedaRivista.aspx?IDArticolo=64837&Tipo=Articolo%20PDF&lingua=it
&idRivista=41
Sommario
L’obiettivo della presente ricerca è verificare che il pensiero creativo, sotto forma di produzione ideativa
spontanea, sia allenabile nei bambini. L’immaginazione ne rappresenta una delle basi: un’abilità
immaginativa sviluppata nei primi anni di vita favorisce i processi creativi, permettendo la generazione di
idee e immagini mentali flessibili e facilmente modificabili e la connessione di elementi in combinazioni
nuove. La ricerca si prefigge lo scopo di analizzare uno dei fattori caratterizzanti il pensiero creativo, la
capacità di produrre idee, nella doppia dimensione verbale e grafica, e ad incrementarla nei bambini
attraverso un training volto all’allenamento dell’immaginazione e del pensiero divergente per verificarne il
miglioramento. Prendendo spunto dal TCI, reattivo mentale volto a misurare il potenziale di pensiero
creativo nel singolo bambino, si è costruito un Test con l’obiettivo di testare 224 bambini appartenenti a 10
classi di scuola primaria (5 seconde e 5 terze), per ottenere punteggi di gruppo. Lo scopo era indagare se
l’attitudine dei bambini a pensare in modo creativo e divergente sarebbe aumentata dopo aver partecipato
ad un training di 10 sessioni interattive di gruppo della durata 1 ora. Le attività sono state volte
all’allenamento di 4 abilità - produzione ideativa spontanea, capacità di pensare il maggior numero di usi
possibili di un dato oggetto, pensiero controfattuale, originalità del gesto grafico - ognuna delle quali
misurata in T0 e T1 da una delle quattro parti del Test ideato. Tutti i bambini sono stati testati in T0;
dopodiché 8 delle 10 classi sono state allenate settimanalmente e 2 no, prima di essere tutte testate
nuovamente in T1, 10 settimane dopo. L’ipotesi era che le classi allenate sarebbero migliorate nella
capacità di produrre idee, mentre le classi di controllo no, ipotesi che si è verificata, permettendo di
provare l’efficacia della tecnica ideata per allenare il pensiero creativo.
Abstract
The goal of the present research is to prove that creative thinking can be trained in primary school children.
Imagination represents one of the basis of the creative thinking process: a skilled imaginative ability,
developed in early age, fosters creative processes, producing numerous and flexible mental images, easily
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malleable and useful to generate new ideas and combine elements in innovative ways. The study aims to
analyse one of the factors of the creative thinking process, the capacity to produce ideas, in both verbal
and graphic dimension, and enhance it in children thought a specific 10-week training of imagination and
divergent thinking. Starting from the TCI, an Italian mental reactive designed for measuring the potential of
creative thinking in individual children, a different Test was made up with the objective to test 224 children
belonging to 10 primary school classes (5 second grades and 5 third grades), achieving scores of groups. The
purpose was to investigate if children’s attitude to think creatively and divergently would improve after
participating to 10 interactive one-hour long group training sessions. The activities were aimed at training 4
abilities - capacity to produce ideas, ability to think of a large number of possible purposes of an object,
contra-factual thinking, originality of graphic gesture – each measured in T0 and T1 from one part of the
Test created. They were all tested in T0; afterward 8 out of the 10 classes were weekly trained, before
being all 10 classes tested again in T1, 10 weeks after T0. The hypothesis was that the trained classes would
have improved in capacity of producing ideas, whereas the control groups would have not. It was so
verified the efficacy of the specific method to train creative thinking that was conceived, developed and
administered to the children.
Parole chiave
Creatività; Pensiero creativo; Pensiero divergente; Scuola primaria; Training cognitivo
1. Introduzione
1.1 Pensiero creativo
Il termine creatività è assunto in psicologia a indicare un processo di dinamica intellettuale che ha come
fattori caratterizzanti: particolare sensibilità ai problemi, capacità di produrre idee, originalità nell’ideare,
capacità di sintesi e di analisi, capacità di definire e strutturare in modo nuovo le proprie esperienze e
conoscenze (Guilford, 1950). La capacità creativa è stata altresì definita come abilità di generazione di
prodotti che sono nuovi, originali, utili e efficaci (Runco & Jaeger, 2012). I processi di pensiero che
conducono a fornire risposte creative a domande sono molteplici e articolati, pertanto non riconducibili ad
un unico fattore. Sono implicate, nella possibilità di pensare in modo creativo, le competenze personali, le
conoscenze, la motivazione, le emozioni (Ferrari, Cachia, & Punie, 2009; Vygotsky, 2004). Secondo
Sternberg e Lubart sei sono i fattori responsabili del comportamento creativo: abilità intellettive (capacità
sintetica, analitica, pratico-contestuale); conoscenze disciplinari; stile di pensiero (legislativo, esecutivo,
giudiziario); personalità (apertura a nuove esperienze, autoefficacia, propensione al rischio); motivazione
(intrinseca o estrinseca); ambiente (fattori sociali e psicologici) (Sternberg, R. J., & Lubart, 1995).
L’abilità creativa di un individuo dipende da una pluralità di fattori, molti dei quali non facilmente
quantificabili. Tuttavia alcuni fattori cognitivi e comportamentali possono essere misurati (Sweller, 2009).
Così, se da una parte, nell’attitudine creativa infantile, ci sono aspetti dell’apprendimento su cui
l’insegnante può agire (Soh, 2017) al fine di lavorare ad un miglioramento (Boysen, 2017; Richardson &
Mishra, 2018), dall’altra troviamo vari tratti propri del singolo bambino, legati a fattori genetici così come
alla sua storia personale che certamente – indipendentemente e fuori dal contesto scolastico – influiscono
sulla sua attitudine alla creatività: dal pensiero divergente (capacità di produrre una serie di possibili
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soluzioni alternative) , alla capacità immaginativa, dalla predisposizione all’inventiva all’originalità di
pensiero. In questo senso, svolge sicuramente un ruolo decisivo il contesto familiare in cui il bambino nasce
e cresce, il tipo di ambiente in cui vive e soprattutto lo stile educativo impartito dai genitori. Anche la
condizione socio-economica e culturale della famiglia di appartenenza ha senza dubbio influenza
sull’infanzia di un individuo e quindi sull’educazione che riceve.
L’atteggiamento creativo ha a che fare con la personalità del singolo - che certamente non è il semplice
risultato degli antecedenti biologici - e con le modalità in cui un individuo è abituato ad affrontare le
sollecitazioni provenienti dall’ambiente, così da modificarlo e/o ad esso adattarsi. Oltre a essere definito in
parte da tratti di personalità, non c’è dubbio che l’atteggiamento creativo sia generato dai tratti cognitivi
(Hayes, 1989), cioè dal modo particolare di trattare le informazioni. I processi di analisi e sintesi, il
linguaggio, la memoria, di ragionamento, il problem solving, le capacità deduttive sono tutti processi in
grado di influenzare la propensione al pensiero creativo individuale.
Lo studio della creatività come attitudine pone enfasi sulla dinamica tra tratti stabili e aspetti modificabili,
con particolare attenzione agli aspetti dell'atteggiamento creativo, che possono essere allenati tramite
l’esperienza e i training specifici.
Un ruolo sostanziale nel processo creativo riveste l’attività combinatrice dell’immaginazione, motivo per cui
è di fondamentale importanza non tralasciare di curarsi del suo sviluppo in età evolutiva. L’immaginazione
costituisce il fondamento della creatività (Vygotsky, 2004): un’immagine mentale, infatti, è un formato
cognitivo particolarmente flessibile, facilmente modificabile e utile per combinare più elementi in un nuovo
prodotto concettuale (Antonietti & Cesa-Bianchi, 2003). Quanto più numerose e vivide sono le immagini
mentali che un individuo riesce a figurarsi, tanto più ricca e feconda potrà essere la sua capacità creativa.
Paul Harris sottolinea l’assoluta rilevanza di questa funzione mentale per lo sviluppo della persona, così
come sul piano filogenetico del genere umano, (Harris, 2000), evidenziando la relazione tra attività
immaginativa e aspetti specifici della creatività nel bambino. L’immaginazione assume un ruolo
fondamentale nel gioco simbolico infantile, in cui il bambino immagina di essere qualcun’altro creando una
finzione e collocandosi in piani spaziali e temporali immaginari. Il bambino compie quelle che Piaget chiama
imitazioni differite (Piaget, 2013), cioè rappresentazioni di azioni passate che ha visto o vissuto (per
esempio imboccare un bambolotto nello stesso modo in cui ha visto la madre imboccare il fratellino). Nel
fare ciò, egli imita gesti e situazioni provando piacere ad immergersi in una realtà immaginata.
È plausibile che la propensione al gioco simbolico e all’immaginazione dipenda dal livello di maturazione del
sistema nervoso centrale, che in particolare nelle aree corticali prefrontali risulta decisamente immaturo
(Gopnik, 2010). Il processo di mielinizzazione, in queste aree è particolarmente tardivo (Miller et al., 2012).
Numerosi studi hanno mostrato l’importanza delle aree prefrontali nei processi creativi. In particolare, il
giro frontale inferiore e le aree prefrontali inferiori, giocano un ruolo chiave nel controllare i processi
cognitivi, inibendo gli stimoli inutili e sopprimendo i processi non strettamente correlati con il piano
cognitivo attivo in un certo momento. Una minore attivazione di queste aree favorisce il pensiero
divergente sia sul piano verbale (emisfero di sinistra), sia sul piano non verbale (Dietrich, 2004). È dunque
plausibile che attraverso il gioco simbolico e altri processi di immaginazione sia possibile promuovere la
creatività infantile, predisponendo i bambini a pensare in modo libero, ampio, per “mondi possibili”. Sarà
così possibile promuovere nella personalità del bambino una forte attitudine immaginativa, che costituirà
una competenza utile allo sviluppo della personalità nel suo complesso, così come delle abilità cognitive
fondamentali per l’apprendimento, dal ragionamento al problem solving, dalla matematica alla linguistica.
La presente ricerca si prefigge lo scopo di approfondire uno dei fattori caratterizzanti il pensiero creativo, la
capacità di produrre idee, nella doppia dimensione verbale e grafica, e a incrementarla nei bambini
attraverso attività laboratoriali volte all’allenamento dell’immaginazione e del pensiero divergente.
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1.2 Scopo della ricerca
Partendo dal presupposto che il pensare creativo sia una competenza cognitiva e come tale allenabile, lo
scopo della ricerca sperimentale è verificare l’effetto di un training specifico sul livello di creatività, in
termini di produzione ideativa verbale e grafica, in bambini di seconda e terza classe della scuola primaria.
Antonietti e Pizzingrilli fanno notare come sviluppare le capacità creative sia un obiettivo formativo-
educativo che può declinarsi in forme diverse, a seconda di come la creatività viene intesa. Infatti, la si può
intendere come atteggiamento, potenzialità o capacità di ricombinare in modo nuovo esperienze e
conoscenze, oppure come capacità di cambiare punto di vista e di sviluppare prospettive alternative
(Antonietti & Pizzingrilli, 2009).
Esistono diverse modalità e approcci volti ad allenare la creatività, ispirati ognuna alle varie visioni del
concetto stesso. Tuttavia, secondo i due studiosi è possibile integrare le diverse prospettive, concependo
interventi educativo-formativi volti a modificare atteggiamenti, a favorire potenzialità e ad insegnare
processi (Scott, Leritz, & Mumford, 2004). I training di creatività si focalizzano su diversi aspetti cognitivi,
comportamentali e motivazionali che possono bloccare o comunque limitare l’accesso alle risorse creative.
Si può, per esempio, allenare l’individuo a risolvere determinati problemi in modo creativo evitando così il
rischio della fissità funzionale, rafforzare l’atteggiamento creativo agendo sull’autoefficacia, allenare all’uso
di specifiche tecniche creative, promuovere l’immaginazione attraverso tecniche di produzione artistica
(verbali e non), allenare al pensiero laterale incentivando comportamenti e pensieri non convenzionali,
nonché proporre esercizi fisici in grado di mettere in contatto mente e corpo, così da incarnare la creatività
(Byrge & Tang, 2015; Karwowski & Soszynski, 2008; Puente-díaz & Cavazos-arroyo, 2017). È nostra opinione
che allenare la creatività in età scolare possa e debba passare da tutte queste modalità, stimolando il
pensiero, il corpo e la motivazione dei bambini.
Il panorama italiano e internazionale è ricco di studi sullo sviluppo di training alla creatività in età evolutiva
e si articola sia in studi teorici (Craft, 2005, 2008; Gralewski & Karwowski, 2012; Torrance, 1972) sia in varie
sperimentazioni presso scuole dell’infanzia, primarie e secondarie (Craft et al., 1972; Ferrari et al., 2009; Hu
& Adey, 2002; Richardson & Mishra, 2018; Tran, Ho, Mackenzie, & Le, 2017; Zahra, Yusooff, & Hasim,
2013). Le ricerche si diversificano in training prettamente cognitivi, in percorsi focalizzati sulle modalità di
apprendimento e sul setting educativo. Inoltre, training come il Programma di Sviluppo della Creatività
Infantile (PSCI) sviluppato da Antonietti (Antonietti & Cerioli, 1992) non si rivolgono unicamente alle
dimensioni cognitive della creatività, ma comprendono anche dinamiche affettive, prevedendo una
formazione dell’insegnante e una specifica stimolazione didattica. Le ricerche, in linea generale, provano
che nella scuola è possibile un’educazione alla creatività: i risultati ottenuti certificano invero che sia
possibile, in forme diverse, incentivare nei bambini dinamiche mentali che favoriscono l’emergere di flussi
di pensiero ricchi, diversificati e originali.
2.1 Il campione e la procedura
Allo studio hanno preso parte 224 bambini in una fascia di età compresa tra i 7 e gli 8 anni. Il campione
scelto si compone di dieci classi, di cui cinque seconde e cinque terze di scuole primarie della città di
Milano. Otto delle dieci classi selezionate appartengono a due Istituti Comprensivi Statali, e seguono un
metodo educativo tradizionale, mentre due classi appartengono ad una scuola paritaria che segue il
metodo Montessori.
A tutte e dieci le classi coinvolte si è deciso di somministrare un Test ideato prendendo spunto dal Test di
Creatività Infantile (TCI) (Antonietti & Cerioli, 2002) e dal Torrance Test Of Creative Thinking (TTCT)
(Torrance, 1974). Il Test è stato pensato in due versioni parallele, PreTest e PostTest, identiche nella
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struttura e nella finalità. Il Test è stato somministrato in concomitanza a tutte le dieci classi come
assessment iniziale (PreTest; T0), e a distanza di 10 settimane (PostTest; T1). Alcune classi sono state
selezionate per partecipare al programma di training cognitivo-creativo (gruppo sperimentale), mentre
altre classi hanno proseguito con il normale svolgimento didattico.
Il gruppo sperimentale è composto da otto delle dieci classi - sei tradizionali e due montessoriane - alle
quali è stato proposto un percorso intensivo di allenamento di immaginazione e pensiero divergente,
tramite attività laboratoriali della durata di un’ora con cadenza settimanale, svolte in classe in orario
scolastico.
Si veda Fig.1
2.2 Strumenti
Per costruire lo strumento di valutazione, si è partiti dal TCI, reattivo mentale volto alla misurazione delle
potenzialità di pensiero creativo nei bambini (Antonietti & Cerioli, 2002). Essendo il pensiero creativo un
costrutto complesso, dalle molte sfumature, è necessario operare delle scelte concettuali prima di poterlo
misurare. In questo senso, è necessario utilizzare un approccio orientato al processo, piuttosto che al
concetto nella sua complessità. Per questo motivo, si è deciso di restringere il campo e testare l’aspetto
specifico della produzione ideativa, nella doppia forma verbale e grafica. Nell’ideazione del test, partendo
dal modello del TCI si sono operate ad esso alcune sostanziali modifiche, affini agli scopi, ai soggetti
coinvolti e alle caratteristiche della presente ricerca.
La prima variazione importante è il setting di somministrazione, individuale nel TCI standard, di gruppo
nella nostra versione. Infatti, il test è stato somministrato direttamente all’intero gruppo classe, nell’aula in
cui si fa lezione quotidianamente, occupata da circa 25 bambini seduti ognuno al proprio banco, disposti a
file o a isole, in base alla consuetudine della classe. È stato importante tenere in considerazione alcuni
aspetti durante la somministrazione del test tra cui l’attenzione a non stravolgere l’ordine del setting e a
proporre l’attività inserendosi nell’ordinaria atmosfera di lavoro di ogni classe, presentando la prova sotto
forma ludica. La seconda importante modifica riguarda la variabile del tempo.Se nel TCI la
somministrazione delle prove non prevede limiti di tempo e a ogni bambino è concesso tutto il tempo
necessario perché esaurisca spontaneamente le risposte, nel presente studio è stato necessario variare tali
condizioni, essendo coinvolti più di venti bambini contemporaneamente. Per questo motivo, si è decretato
di inserire dei limiti di tempo prefissati entro cui somministrare ciascuna prova al gruppo classe.
Il test è costituito da un totale di quattro prove – 3 orali (Esempi, Usi, Conseguenze) e una prova scritta
(Disegno) - e la sua somministrazione in classe ha una durata complessiva di circa 30 minuti, secondo la
suddivisione rappresentata nello schema:
Si veda Fig. 2
Durante le prove orali si è tenuto traccia alla lavagna. Le tempistiche per le singole prove sono state
decretate per far sì che il tempo complessivo del Test fosse di 30 minuti, un tempo adeguato per il
mantenimento di una soglia di attenzione accettabile all’età di 7-8 anni.
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Per le prove orali - Esempi, Usi e Conseguenze - sono stati concessi 3 minuti per ogni item, tempo la cui fine
viene segnalata dal segnale acustico di un timer, che avverte la classe del passaggio alla domanda
successiva. Le prove sono state presentate in forma ludica, chiedendo ai bambini di pensare al maggior
numero di idee possibili, sottolineando che in questo tipo di gioco non ci sarebbero state risposte giuste e
risposte sbagliate ma che si sarebbe potuto spaziare con la fantasia.
Per la prova Disegno sono stati concessi 7 minuti di tempo, allo scadere dei quali si è chiesto ai bambini di
consegnare il foglio, anche se non avevano completato il disegno con tutti i dettagli che avevano
predeterminato di aggiungere.
Se per le prove orali la raccolta delle risposte è avvenuta a livello collettivo, per la prova scritta il lavoro è
stato individuale, avendo ogni bambino un foglio da completare. Si è comunque fornita poi una valutazione
complessiva, considerando collettivamente i lavori di ogni classe.
Tre delle quattro prove che compongono il TEST, quelle orali corrispondono nella struttura ad alcune di
quelle proposte nel TCI, anche se sono state operate variazioni per quanto riguarda la scelta degli items
interni a ciascuna prova.
La prima prova, Esempi, consiste in tre items in ognuno dei quali si richiede al gruppo classe di nominare il
maggior numero possibile di realtà aventi una data proprietà. Si è scelto di fare domande riguardo a un
colore, una forma e un materiale. Queste tre categorie rimangono fisse nelle due versioni del test, dove
invece ciò che varia è il contenuto (per esempio, si chiede di fornire esempi di cose dal colore verde nel
PreTest e blu nel PostTest). Sono stati selezionati item della stessa difficoltà per garantire il medesimo
livello di difficoltà delle due versioni delle due versioni.
Le domande sono state poste oralmente a tutto il gruppo e i bambini sono stati solleciti a fornire plurime
risposte, specialmente ai primi quesiti che appaiono abbastanza semplici. Nel ricevere le risposte, si
procedeva chiamando un bambino per volta, che chiedeva di fornire una risposta alzando la mano. Si sono
accettate tutte le risposte date dai bambini, escludendo solo le risposte evidentemente non adeguate in
termini di coerenza alla domanda. Si è proceduto ininterrottamente nell’accettare risposte per 3 minuti per
ognuno dei 3 item e si sono segnalate alla lavagna, facendo corrispondere una linea a una risposta,
procedendo da sinistra verso destra lungo una direzione orizzontale.
La seconda prova, Usi, è costituita da due item in ognuno dei quali si richiede al gruppo classe di nominare il
maggior numero possibile di usi di un dato oggetto proposto. Si procede uno alla volta per alzata di mano, e
come per la prova precedente, ci sono 3 minuti a disposizione per ognuno dei due items, lo scadere dei
quali è segnalato dal suono del timer. Sono stati scelti in ognuna delle due versioni del test, due oggetti
conosciuti, di uso quotidiano nella vita dei bambini, chiedendo loro di ampliare le ipotesi di possibili usi,
senza fermarsi all’uso standard o stereotipato. Il metodo consiste nello stimolare i bambini a spaziare con
l’immaginazione: per questo, nelle prove orali, si mostra loro interesse o entusiasmo all’emergere di
risposte insolite o innovative, così da stimolare il pensiero divergente.
L’ultima prova, Conseguenze, è la meno immediata. Tuttavia i bambini, divertiti e appagati dall’attività
svolta fino a quel punto, hanno in genere una buona propensione a scovare e proporre idee nuove e
risultati partecipi anche lo sforzo mentale per la loro età non indifferente. La prova è costituita da due item
in ognuno dei quali si presenta al gruppo classe una «situazione strana, che adesso non esiste» e si chiede
loro di elencare le possibili conseguenze interrogandoli in questo modo: «Cosa succederebbe, se davvero ci
fosse questa situazione strana?». Si procede in modo analogo alle altre prove, ascoltando le risposte di un
bambino alla volta, per alzata di mano, e concedendo 3 minuti per ognuno dei due items.
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Per tutta la durata delle tre prove orali si tracciano alcuni segni grafici sulla lavagna in corrispondenza delle
risposte date, in modo che i bambini non disperdano l’attenzione e la concentrazione e siano aiutati a
seguire il filo del gioco, e ad avere un riscontro visivo dell’andamento dell’esercizio.
Ad ogni cambio di domanda si fa corrispondere, per chiarezza visiva, un cambio di riga e un cambio di
colore del gesso. Le prime tre righe di segmenti corrispondono ai tre item prova Esempi; la quarta e quinta
riga ai due item della prova Usi, le ultime due righe rappresentano quelli della prova Conseguenze.
Si è scelto di segnalare all’interno dello schema delle risposte la presenza di ripetizioni, ovvero risposte che
precedentemente sono già state proposte da un altro bambino, circondando la linea corrispondenti. Non si
pone eccessiva enfasi negativa al sopraggiungere di proposte di risposta che rappresentano ripetizioni, ma
lo si segnala semplicemente, in modo da tenerne traccia. I bambini, spontaneamente, comprendono che
quel simbolo – il cerchio intorno alla stanghetta della loro risposta – è segno di una discontinuità rispetto
alla linearità delle risposte finora fornite.
Per la seconda prova, Disegno, si è scelto di inserire, tra quelle orali, una prova grafica, per variare nella
forma espressiva, pur mantenendo lo stesso intento di spaziare dell’immaginazione e di allenare il pensiero
divergente. Si fornisce a ognuno un foglio bianco formato A4 con 10 coppie di segni grafici, distanziate e
simmetriche.
Si veda Fig. 3
La consegna della prova Disegno si comunica ai bambini attraverso una domanda: «Queste linee, cosa
potrebbero diventare?». Si invitano i bambini a immaginare più soluzioni possibili, senza fornire ulteriori
indicazioni, allo scopo di non falsare il test fornendo ad alcune classi indicazioni più precise di altre. Alla
richiesta da parte dei bambini di precisazioni riguardo alla consegna, è di fondamentale importanza
rassicurarli sull’apparente non chiarezza del compito da svolgere ed incoraggiarli ad esprimersi liberamente
sul foglio, purché fedeli all’indicazione di utilizzare i segni grafici completandoli per vedere cosa possono
diventare.
3. Training cognitivo-creativo
In otto delle dieci classi coinvolte nella ricerca, si è svolto un percorso di laboratori volto a sviluppare
attitudini e capacità legate alla creatività e al pensiero divergente, e poi si sono misurati i miglioramenti in
T1 (PostTest) rispetto alla situazione di partenza in T0 (PreTest)
La prima delle finalità del training svolto attraverso i laboratori è stato arricchire il “serbatoio ideico” dei
bambini. L’obiettivo finale è stato stimolare al linguaggio i bambini affinché potessero arricchire il loro
pensiero e moltiplicare le possibilità di espressione e confronto.
I laboratori sono stati ideati e pensati per ampliare il vocabolario dei bambini attraverso la condivisione del
bagaglio lessicale di ognuno. In questo frangente si opera creando una atmosfera ludica e vivace e si
invitano i bambini a far emergere le parole che conoscono. Attraverso un’azione “maieutica”, si domanda a
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i bambini di esprimere le loro idee operando scelte lessicali e condividendo spontaneamente i termini che
conoscono per rispondere alle domande poste.
Il training proposto ai bambini del gruppo sperimentale si è svolto attraverso laboratori a cadenza
settimanale per un periodo di 10 settimane.
Durante l’ora di attività con i bambini, si sono poste le basi per la creazione di un clima non giudicante,
dove ognuno si potesse sentire libero di intervenire, offrire la sua risposta, esprimere la propria opinione.
L’attività non si è mai presentata sotto forma di lezione frontale, ma sempre di dialogo, quasi maieutico,
attraverso il quale, in un clima ludico, si potesse ascoltare la voce di tutti all’interno del gruppo di pari e
ognuno potesse sviluppare la propria identità attraverso il confronto e il dialogo con i compagni, sentendosi
libero di dar voce alla propria interiorità rafforzando così la fiducia in sé stesso. Non si è mai mostrato di
avere fretta di terminare alcuna attività: si è sempre tentato di educare al rispetto dei tempi e modi di
espressione altrui, senza forzare nessuno né dover raggiungere alcun obiettivo. I laboratori non si sono
svolti secondo un percorso prestabilito, ma sono iniziati con uno spunto lessicale o un pretesto narrativo,
con i quali poi il gruppo di bambini si è di volta in volta coinvolto dando vita a sviluppi sempre nuovi e
differenti.
Ciò che è rimasto invariato durante il trattamento applicato nelle otto classi sono state la modalità di
azione e la finalità dell’attività: allenare la creatività e il pensiero divergente. Il percorso di dieci laboratori
proposto ad ognuna delle otto classi non è stato pensato secondo una propedeutica, ma è stato proposto
con i medesimi obiettivi in diversi ordini. Per ogni classe del gruppo sperimentale si è adattato il contenuto
dell’attività, tenendo conto dei bisogni specifici degli individui che man mano emergevano nel corso del
lavoro. Con ogni gruppo di bambini si è quindi cercato di allenare in maniera preferenziale l’aspetto su cui
erano più carenti, per sviluppare maggiormente e in modo più armonioso ed equilibrato possibile le
competenze studiate legate alla creatività e al pensiero divergente.
Tutti i laboratori svolti nelle classi durante l’arco delle dieci settimane sono ascrivibili a quattro categorie:
(1) produzione ideativa spontanea, (2) capacità di pensare il maggior numero di usi possibili di un dato
oggetto, (3) pensiero controfattuale, (4) originalità del gesto grafico.
3.1 La produzione ideativa
I laboratori di questa prima categoria, volti all’incremento della produzione ideativa spontanea e
all’ampliamento lessicale, allenano una capacità testata attraverso la prova Esempi del TEST.
L’impronta di questi laboratori si rifà alla concezione di Gianni Rodari, quando scrive che «una parola,
gettata nella mente a caso, produce onde di superficie e di profondità, provoca una serie infinita di reazioni
a catena, coinvolgendo nella sua caduta suoni e immagini, analogie e ricordi, significati e sogni, in un
movimento che interessa l’esperienza e la memoria, la fantasia e l’inconscio» (Rodari, 1973).
Un esempio di laboratorio in classe volto ad allenare la produzione ideativa spontanea è il seguente. Si
entra in classe invitando i bambini a raccontare di sé ed individuare qualche esperienza, positiva o negativa,
che vogliono condividere con i compagni. Si apre così un iniziale spazio di dialogo, in cui alcuni di loro
raccontano i propri vissuti. È importante non accontentarsi di brevi affermazioni (ad es. «È stato bello», «Mi
sono divertito»), ma incoraggiare i bambini a fornire risposte articolate, interrogandoli e ponendo loro
domande di approfondimento su ciò che raccontano di aver visto, udito, provato. In questa prima parte di
dialogo comune, è fondamentale coinvolgere tutto il gruppo nell’ascolto e nell’interazione con il singolo
che parla, chiedendo pareri e impressioni su ciò che viene detto, e invitando i bambini a porre loro stessi
domande gli uni agli altri. Dopo una decina di minuti, si individua una parola tra quelle emerse: può essere
un luogo, un oggetto, una persona. Non importa l’entità, ma che sia un termine significativo che abbia
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avuto risonanza nell’immaginazione dei bambini. Una volta decisa la parola di partenza, la si scrive alla
lavagna e si inizia ad esplorarla con gli alunni. Il laboratorio si svolge oralmente e i bambini intervengono
volontariamente, nessuno viene forzato a rispondere, né interrogato direttamente.
Per esempio potrebbe essere selezionata la parola MONTAGNA, a seguito del racconto di un bambino di
una gita fatta nel fine settimana, e il dialogo potrebbe susseguirsi come schematizzato in tabella.
Si veda Tab. 1
Una volta emerso un numero sufficiente di aggettivi, molti dei quali si scrivono man mano sulla lavagna
intorno alla parola, si invita un bambino a sceglierne uno. A questo punto la montagna incantata è il
soggetto protagonista della storia che si inventerà nel corso del laboratorio. Si invita la classe a proporre un
numero e una lettera a piacere. Può ad esempio accadere che venga scelto il numero 3 e la lettera S: così si
continua l’esercizio della produzione ideativa spontanea, invitando i bambini a continuare la storia
proponendo 3 vocaboli che iniziano con la lettera S. L’adulto può suggerire di concentrarsi su una precisa
parte del discorso, per esempio di individuare verbi per continuare la frase. Si scrivono le parole alla
lavagna, se ne fa scegliere una, che si sottolinea, per proseguire la storia con un nuovo numero e lettera. Si
accettano tutte le risposte, anche le più immaginative e particolari, purché siamo motivate e siano
sintatticamente corrette rispetto all’indicazione (con la parte del discorso richiesta) e concordino con la
parola precedente in genere e numero. Individuato il verbo prescelto per la continuazione della storia, si
riparte invitando i bambini a scegliere un numero e una lettera, per proseguire nella costruzione della storia
fino all’esaurimento del tempo a disposizione.
Non ci sono tempistiche predefinite, ma si incoraggiano i bambini a proseguire con le proposte di aggettivi
il più a lungo possibile. Si accettano le idee di tutti, anche le associazioni più insolite, purché i bambini siano
in grado di rendere ragione della propria scelta. Durante l’arco dell’ora, la storia si costruisce interamente
con le parole scelte dai bambini che, oltre a provare divertimento nell’esprimere le loro idee, incrementano
il numero di termini che conoscono. L’ampliamento del bagaglio lessicale, in questo modo, non accade per
via cognitiva, presentando ai bambini nuovi termini e dandone la definizione, bensì essi li sentono per la
prima volta come elementi di una storia che loro stessi stanno scrivendo, in un clima ludico, dinamico e
divergente, non essendoci linee guida per quanto riguarda la correttezza delle risposte.
3.2 «In quanti modi si potrebbe usare?»
In questo tipo di laboratorio, ispirato al pensiero di Bruno Munari (Munari, 1977) si parte da pretesti
narrativi al fine di invitare il bambino ad usare l’immaginazione, stimolarlo a non arrestarsi alle prime e più
scontate risposte circa la funzione di un oggetto. La convezione sociale e il senso comune suggeriscono che
un oggetto sia fatto soltanto per uno scopo – ad esempio la sedia per sedersi – ed è esatto – ma il fine
dell’attività è quello di cercare di invitare i bambini a non fermarsi ad affermazioni banali e stereotipate. Per
stimolare la loro attività immaginativa, è indispensabile invitare i bambini a sperimentare con le parole, a
non inibire la loro fantasia e a cercare risposte insolite, inconsuete, originali.
In questa seconda categoria di laboratori si è lavorato sull’allenamento della capacità di pensare il maggior
numero di usi possibili di un oggetto conosciuto, capacità che è stata testata attraverso la prova Usi del
test.
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Prendendo il via da un oggetto semplice portato fisicamente in classe – come ad esempio un fazzoletto, un
telo, un bastone – il laboratorio si costruisce intorno a tutti i possibili usi che di quell’oggetto di possono
fare. In questo modo, i bambini sono stimolati ad arricchire la prospettiva intorno ad un oggetto semplice.
In questo modo emergono molte possibilità dalle risposte dei bambini, per esempio un bastone può essere
visto come un pezzo di legno strappato da un ramo di un albero, come una spada di un pirata in un vascello,
o ancora come una paletta per scavare buchi nella sabbia al mare, o come una bacchetta per suonare la
batteria. Grazie a questo lavoro, si possono abituare le menti a collocare oggetti, parole, concetti in un
contesto. La struttura dei laboratori di questa categoria è stata ideata proprio per invitare gli alunni a non
arrestarsi alle prime rappresentazioni che vengono alla mente, ma a procedere oltre e esaminare ulteriori
possibilità. In questo modo si possono iniziare a rompere alcune rigidità comportamentali e mentali
allenandosi, davanti a un quesito o un problema, reale o astratto, a trovare diverse e più vie d’uscita.
3.3 «Che cosa succerebbe se?»: il pensiero controfattuale
I laboratori di questa terza categoria sono serviti per allenare i bambini ad usare il pensiero controfattuale,
testato attraverso la prova Conseguenze. Tale tipo di pensiero consiste nell’immaginare scenari o situazioni
alternative che avrebbero potuto verificarsi, ma non sono accadute. Con questo processo la mente si abitua
a pensare al passato e al futuro, ad individuare e comprendere i nessi di causa ed effetto tra avvenimenti e
a ragionare secondo la consecutio temporum. Nei laboratori di questa categoria, attraverso pretesti
narrativi, i bambini sono stati stimolati a fare epochè su come le cose sono o sono andate realmente, e ad
immaginare come le cose potrebbero essere andate altrimenti, o come le cose potrebbero andare in
futuro. Questo tipo di ragionamento per “mondi possibili” è alla base del problem solving: più un bambino
si è esercitato a pensare in questo modo, meglio sarà capace davanti a un problema di immaginare diverse
strade per arrivare a una soluzione. Si è lavorato, attraverso i laboratori, ad arricchire ed incoraggiare il
pensiero immaginativo nei bambini: usarlo permette di abituarsi ad avanzare ipotesi alternative su ciò che
viene superficialmente concepito come un dato di fatto. Si sono proposte “situazioni strane”, come per
esempio un deserto in cui c’è un gatto, e si è domandato loro: «Come ci è finito un gatto in un deserto?».
Nel dialogo che ne è seguito si sono cercate tutte le risposte possibili: si incoraggiano i bambini ad avanzare
il maggior numero di ipotesi alternative e le loro implicazioni, le conseguenze e i risvolti di ogni scenario
della narrazione che insieme si va costruendo. I bambini provano piacere nell’immaginare e nel constatare
che la cronaca si basa interamente sui prodotti della loro attività immaginativa, che è nutrita ed arricchita
da quella dei loro compagni. Durante questi laboratori si sono proposti diversi esercizi per aiutare i bambini
a ragionare non sul presente attuale bensì sul possibile, ovvero su ciò che non esiste nella loro realtà o non
è ancora accaduto. Grazie a situazioni inventate e fittizie, si entra – giocando - in una finzione che si
perpetua per tutta la durata del laboratorio (1 ora circa). In questo modo, attraverso il dialogo e la
rielaborazione grafica, si allena la mente dei bambini a calarsi in una dimensione spazio temporale nuova.
Provano gusto ad immedesimarsi appieno in essa, costruendoci all’interno una storia e imparando a
formulare giudizi in merito. Dopo aver presentato la situazione inusuale e averla esplorata oralmente in un
dialogo, spesso si è scelto di fornire a ciascun bambino un foglio bianco e invitarlo a elaborare
autonomamente la sua versione della storia, disegnando. Finito il gioco di finzione, i bambini avranno avuto
la possibilità di giocare con le proprie idee, connettendole tra loro e con quelle degli altri componenti del
gruppo di pari, trasponendole al passato o al futuro. Rodari chiama questo procedimento «tecnica delle
ipotesi fantastiche» e afferma che questo sia il modo migliore per «mettersi al servizio dell’immaginazione
infantile» (Rodari, 1973) e di aiutare i bambini «a entrare nella realtà dalla finestra, anziché dalla porta» che
è «più divertente: dunque è più utile» (Rodari, 1973).
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3.4 Rielaborazioni grafiche
Il disegno è stato spesso usato, nei laboratori proposti ai bambini, come mezzo di rielaborazione grafica di
un lavoro di dialogo e di pensiero svoltosi precedentemente. Quasi tutte le attività proposte prevedevano
una rielaborazione grafica finale. Il disegno si è dimostrato uno strumento particolarmente efficace per
permettere che i contenuti emersi nel dialogo sedimentassero nella mente di ogni bambino e potessero
essere usati a loro volta come spunto e punto di partenza per nuovi pensieri ed idee. Nel disegno ogni
bambino esprime il suo personale contributo rispetto a ciò che è stato esplorato e discusso con il resto
della classe. Se rimaneva tempo disponibile, si è chiesto se ci fossero bambini che avessero il desiderio di
condividere con i compagni il contenuto del loro disegno, e quindi della loro versione della storia, e li si è
invitati a farlo perpetuando il dialogo tra pari. Il pretesto narrativo proprio di ogni laboratorio ha permesso
che i disegni dei bambini parlassero anche dei loro vissuti, dei loro desideri, dei loro timori: ogni disegno
nasconde simboli che vanno portati a galla, espressi verbalmente, condivisi e discussi con il resto del
gruppo di coetanei. Si è utilizzato quindi il disegno anche come modalità propria di comunicazione ed
espressione di sé.
Un’altra modalità in cui è stato utilizzato il disegno è stata di usarlo come mezzo di espressione di
significanti puri. Un significante puro è una parola che non significa niente, cioè un insieme di lettere che
suona in italiano, ma a cui non corrisponde nessun significato. In questo laboratorio si entra in classe e si
propongono ai bambini alcuni significanti puri, o in alternativa alcuni termini desueti o stravaganti esistenti,
ma di cui ignorano il significato. Queste parole “misteriose” si sono sempre presentate in una atmosfera
ludica, enfatizzandone l’aspetto di senso ignoto. Si possono fare pescare da un sacchetto “magico” e poi
scriverle alla lavagna.
Si imposta il laboratorio sotto forma di gioco: ci si mette insieme ai bambini alla scoperta del significato dei
termini proposti. Il dialogo procede per tentativi, ogni bambino può fare delle ipotesi, partendo dal suono
della parola per ascoltarlo e capire che cosa gli evoca. Il bambino cerca di indovinare o inventare un
significato per il significante puro (che qui si chiamerà X), accostandolo a quello di parole con radici,
desinenze o sillabe simili, come esemplificato in tabella.
Si veda Tab. 2
I bambini, dopo aver compreso che non esiste un’unica risposta esatta per il significato di X, provano gusto
nell’inventare e nell’elaborare ognuno la sua soluzione personale. Dopo una prima fase orale di dialogo e di
accettazione di possibili interpretazioni del termine o termini dati, inizia la seconda fase del laboratorio in
cui si pongono ai bambini ulteriori domande per approfondire le loro idee. Per esempio, se il PEATONE è un
animale, si potrebbe chiedere dove vive, cosa mangia, e in cosa differisce dal pitone – perché se ha un
nome diverso, deve per forza avere almeno una caratteristica differente.
In questo modo si allena l’immaginazione dei bambini, la loro capacità di divergere, di verbalizzare, di
accettare la visione di un altro e di far valere la propria motivando le affermazioni proposte. Finita anche
questa seconda fase orale esplorativa, si consegna un foglio a ciascun bambino chiedendogli, dopo aver
ascoltato innumerevoli ipotesi di risposta, di disegnare il suo X. L’obiettivo di questo laboratorio è che
ognuno costruisca e rappresenti graficamente il suo significato in autonomia, senza omologarsi o copiare da
un compagno. Non essendoci una risposta “esatta” e non vigendo un clima giudicante, il bambino è
incoraggiato a dar credito alla sua immaginazione e capacità creativa, e ad esprimere liberamente la sua
personale idea sul foglio con forme e colori a suo piacimento.
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Si veda Fig. 4
4. Risultati
Come detto, lo studio parte dall’ipotesi che un training cognitivo sia in grado di aumentare il pensiero
creativo dei bambini.
Le analisi dei dati hanno preso in considerazione le risposte dei bambini attraverso il parametro
quantitativo della fluidità, con il calcolo delle ripetizioni, e con un’analisi qualitativa dell’originalità dei
disegni.
L’ipotesi consiste nel verificare se in T1 i risultati del PostTest indichino un miglioramento rispetto ai dati di
partenza in T0, vale a dire quelli ricavati dal PreTest. In quel caso, sarebbe necessario accertarsi che ci sia
sufficiente evidenza empirica che il miglioramento, qualora sia verificato, sia effettivamente dovuto al
lavoro di allenamento sistematico del pensiero divergente, e non al normale scorrere del tempo o ad altre
variabili non studiate e non controllabili. Per questo motivo, il disegno prevede oltre a una verifica within,
tra T0 e T1, dell’andamento delle perfomance, anche un test between, tra gruppi sperimentali e di
controllo.
In T1 si è analizzata la variazione di tutti i parametri presi in esame, per valutare quale sia l’elemento che, in
generale, ha beneficiato maggiormente del training.
Oltre a ciò, è stata anche verificato se l’età e l’influenza della peculiarità del metodo educativo adottato
influissero o meno sull’ampiezza del margine di miglioramento creativo, e in caso positivo, in che termini e
in che misura.
Nell’ipotesi di partenza si auspicava che le performance dei bambini migliorassero per quanto riguarda la
capacità ideativa spontanea, l’originalità di pensiero, l’abilità di inventare, l’attitudine al dialogo, il livello di
ascolto reciproco (misurato attraverso il numero di ripetizioni).
Riguardo alla differenza di età e di metodo educativo, l’aspettativa era che i bambini della classe seconda
fossero più creativi rispetto a quelli delle classi terze, e che quelli della Scuola Montessori più che i bambini
di scuola tradizionale.
Per misurare la variazione tra il PreTest e il PostTest, nei risultati delle prove orali (Esempi, Usi,
Conseguenze), si sono operate alcune analisi statistiche con il programma SPSS. Non sono state utilizzate
tutte le variabili raccolte, ma sono state selezionate le più significative al fine dell’analisi. Le principali
variabili osservate sono state: il totale complessivo di parole date dal gruppo classe come risposte nelle
prove orali (Totale Parole), le parole date come risposte alle tre domande della prova Esempi, quelle date
come risposte alle due domande della prova Usi e alle due della prova Conseguenze, e il numero delle
ripetizioni verticali di parole già state dette durante la prova Esempi. Come variabili indipendenti si sono
utilizzate il tempo Prepost (pre; post), la condizione (sperimentale; controllo) il tipo di scuola (statale;
Montessori) e infine il grado di classe (seconde; terze).
L’intento delle analisi è stato triplice: per prima cosa dimostrare che non ci fossero difformità
statisticamente significative per quanto riguardasse il campione dei soggetti prima del trattamento.
In secondo luogo, lo scopo delle analisi è stato registrare ed evidenziare le eventuali variazioni
statisticamente significative delle variabili studiate dopo il trattamento.
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In terzo luogo, l’intenzione è stata quella di verificare se all’interno del gruppo sperimentale i risultati
presentassero differenze statisticamente significative tra tipi di scuola (statale e Montessori) e grado di
classe (seconde e terze), ovvero se ci fosse difformità di risposta al training nei bambini educati secondo
metodi differenti e di età differenti a prescindere dallo stile educativo.
Avendo misurato la perfomance del gruppo classe, e non quella dei singoli individui, si è optato per
un’analisi in grado di cogliere differenze anche con un campione di numerosità ridotta a fronte di una
popolazione molto eterogenea. Di conseguenza sono state utilizzate solo statistiche non parametriche per
campioni indipendenti (confronto tra i gruppi) e per campioni appaiati (confronti T0-T1).
4.1 Analisi preliminari in T0
In primo luogo, abbiamo verificato se sussistessero differenze significative inizali rispetto alle variabili prese
in esame tra i vari gruppi classe.
Innanzitutto, per testare che non si diversificassero statisticamente le classi di scuole statali e le classi di
scuole Montessori, è stato effettuato t-test per campioni indipendenti per verificare che in T0 le classi di
scuola statale e quelle di scuola Montessori non si diversificassero in maniera statisticamente significativa.
Effettivamente nessuna delle variabili testate risulta significativa (tutti i p>0.05).
Similmente, per verificare che in T0, non si diversificassero statisticamente le classi del gruppo di controllo
e le classi del gruppo sperimentale, è stato effettuato t-test per campioni indipendenti, che anche in questo
caso ha dato esito negativo.
Infine, si è dimostrato che non si diversificano statisticamente le classi seconde e le classi terze. Per fare ciò
è stato effettuato t-test per campioni indipendenti per verificare che in T0 le classi seconde e le classi terze
non si diversificassero in maniera statisticamente significativa. Effettivamente nessuna delle variabili
testate risulta significativa (tutti i p>0.05).
4.2 Analisi in T1
Il primo dato emerso dalle analisi dei dati raccolti è l’aumento nella produzione ideativa spontanea da
prima a dopo il training. La produzione ideativa è stata misurata con il parametro della fluidità, cioè il
numero di risposte fornite alle domande delle prove orali. La fluidità è cresciuta in modo considerevole
nelle classi che sono state sottoposte al trattamento. Inoltre, le ripetizioni di parole già dette, segnalate con
un cerchio intorno alla barra che indica la parola, sono generalmente diminuite sensibilmente nel PostTest,
nelle classi che sono state allenate. Visivamente, entrambe queste tendenze – l’aumento del numero di
risposte date e la diminuzione delle ripetizioni – si evidenziano nell’osservazione delle lavagne della stessa
classe raffiguranti l’andamento delle prove orali del PreTest e del PostTest a confronto.
Si veda Fig. 5
Per verificare l’effetto del training, è stata condotta una serie di ANOVA a disegno misto con una variabile
within a due livelli (tempo: pre; post) e una variabile between a due livelli (condizione: controllo;
sperimentale) su ciascuna variabile dipendente acquisita (Totale Parole, Esempi, Usi, Conseguenze,
Ripetizioni). Qui di seguito verranno riportati solo i risultati statisticamente significativi.
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Per quanto riguarda il Totale Parole è emerso un effetto statisticamente significativo per la variabile
Prepost (F1,8=10.56; p=0.012; η 2=0.57) tale per cui i valori relativi al test erano significativamente inferiori
nel Pre (M=111.88; ds=7.63) rispetto al Post (M=131; ds=7.16).
Tuttavia, è emerso anche un effetto statisticamente significativo dell’interazione Prepost X Condizione
(F1,8=14.13; p=0.006; η2=0.64) tale per cui, se nel gruppo di controllo non vi è alcuna differenza tra pre e
post (rispettivamente: Mpre= 105.5; ds=13.66. Mpost= 102.5; ds=12.81), nel gruppo sperimentale si assiste
ad un significativo aumento dopo il training (Mpost= 159.5; ds=6.4) rispetto a T0 (Mpre= 118.25; ds=6.83).
Visto che il dato precedente è risultato statisticamente significativo, si è aggiunta nell’analisi la variabile
classe. È stata quindi condotta un’ANOVA a disegno misto con una variabile within a due livelli (tempo: pre;
post) e due variabili between: condizione su due livelli (condizione: controllo; sperimentale e classe:
seconde; terze). A tal proposito, non e’ stato possibile riscontrare significatività.
Per quanto riguarda la prova Esempi è emerso un effetto statisticamente significativo per la variabile
Prepost (F1,8=7.285; p=0.027; η 2=0.477) tale per cui i valori relativi al test erano significativamente
inferiori nel Pre (M=57.00; ds=4.841) rispetto al Post (M=69; ds=4.366).
Tuttavia, è emerso anche un effetto statisticamente significativo dell’interazione Prepost X Condizione
(F1,8=14.13; p=0.006; η2=0.64) tale per cui, se nel gruppo di controllo non vi è alcuna differenza tra pre e
post (rispettivamente: Mpre= 50.00; ds=8.66. Mpost= 51.00; ds=7.81), nel gruppo sperimentale si assiste in
T1 ad un significativo aumento dopo il training (Mpost= 87.00; ds=3.90) rispetto a T0 (Mpre= 64.00;
ds=4.33).
Per quanto riguarda la prova Usi è emerso un effetto statisticamente significativo per la variabile Prepost
(F1,8=7.181; p=0.028; η 2=0.473) tale per cui i valori relativi al test erano significativamente inferiori nel Pre
(M=31.375; ds=1.689) rispetto al Post (M=37.750; ds=2.347).
Tuttavia, è emerso anche un effetto statisticamente significativo dell’interazione Prepost X Condizione
(F1,8=11.748; p=0.009; η2=0.595) tale per cui, se nel gruppo di controllo non vi è alcuna differenza tra pre e
post (rispettivamente: Mpre= 31.500; ds=3.021. Mpost= 30.000; ds=4.198), nel gruppo sperimentale si
assiste in T1 ad un significativo aumento dopo il training (Mpost= 43.500; ds=2.099) rispetto a T0 (Mpre=
31.250; ds=1.510), come visibile in figura.
Si veda Fig. 6
Per quanto riguarda la prova Conseguenze non è emerso un effetto statisticamente significativo per la
variabile Prepost.
Tuttavia è emerso un effetto statisticamente significativo dell’interazione Prepost X Condizione
(F1,8=6.490; p=0.034; η2=0.448) tale per cui, se nel gruppo di controllo non vi è alcuna differenza tra pre e
post (rispettivamente: Mpre= 24.00; ds=3.00. Mpost= 21.50; ds=3.22), nel gruppo sperimentale si assiste in
T1 ad un significativo aumento dopo il training (Mpost= 29.00; ds=1.61) rispetto a T0 (Mpre= 23.00;
ds=1.50).
4.2.1 Analisi dei dati del solo gruppo sperimentale
Per approfondire le analisi, si è analizzato nello specifico il gruppo sperimentale, in cui compaiono classi sia
di scuola statale che di scuola Montessori. Attraverso queste analisi si è inteso verificare da un lato se il
cambiamento causato dal training fosse avvenuto diversamente nelle classi dei due diversi tipi di scuola a
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cui è stato somministrato il trattamento (4.2.1.1), e dall’altro se fosse avvenuto diversamente nelle seconde
piuttosto che nelle terze (4.2.1.2).
4.2.1.1 Effetto dello stile educativo
Per prima cosa è stata condotta un’ANOVA a disegno misto con una variabile within a due livelli (tempo:
pre; post) e una variabile between a due livelli (tipo scuola: statale; Montessori) sulle variabili dipendenti
Totale Parole e Ripetizioni.
Per quanto riguarda il Totale Parole non è emerso un effetto statisticamente significativo per la variabile
tipo di scuola. I valori di questa prova sono aumentati sia nelle classi di scuola statale che in quelle di scuola
Montessori, tuttavia non c’è differenza significativa nel margine di miglioramento tra i due tipi di scuola.
Per quanto riguarda la prova Ripetizioni è emerso un effetto statisticamente significativo dell’interazione
Prepost X Tipo di scuola (F1,6=8.916; p=0.024; η2=0.598) tale per cui, se nelle classi di scuola statale non vi
è alcuna differenza tra pre e post (rispettivamente: Mpre= 5.00 ds=0,471. Mpost= 4.83 ds=0.642), nelle
classi di scuola Montessori si assiste in T1 ad una significativa diminuzione dopo il training (Mpost= 2.00;
ds=1.112) rispetto a T0 (Mpre=6.00; ds=0.816).
4.2.1.2 Effetto dell’età
Per verificare se ci fosse differenza statisticamente significativa di miglioramento, all’interno del gruppo
sperimentale, tra classi seconde e classi terze, è stata condotta un’ANOVA a disegno misto con una variabile
within a due livelli (tempo: pre; post) e una variabile between a due livelli (classe: seconde; terze) sulle
variabili dipendenti ripetizioni e Totale Parole.
Per quanto riguarda la prova Ripetizioni non è emerso un effetto statisticamente significativo
dell’interazione Prepost X classe. In altre parole, seconde e terze non hanno differenza statisticamente
significativa di miglioramento per quanto riguarda le ripetizioni.
Per quanto riguarda il Totale Parole, è emerso un effetto statisticamente significativo dell’interazione
Prepost X classe (F1,6=11.157; p=0.016; η2=0.65) tale per cui, se nelle classi seconde la differenza è minore
tra pre e post (rispettivamente: Mpre= 122,0; ds=10.86. Mpost= 151.25; ds=9.173), nelle classi terze si
assiste ad un aumento più significativo dopo il training (Mpost= 167.75; ds=9.17) rispetto a T0 (Mpre=
114.5; ds=10.86).
Visto che il dato precedente è risultato statisticamente significativo, si è aggiunta nell’analisi la variabile
tipo classe. È stata quindi condotta un’ANOVA a disegno misto con una variabile within a due livelli (tempo:
pre; post) e due variabili between: condizione su due livelli (classe: seconde; terze e tipo scuola: statale;
Montessori) e l’analisi non ha evidenziato risultati statisticamente significativi.
4.3 Analisi della prova Disegno
Per quanto riguarda la prova Disegno, nella quale si è consegnato ai bambini un foglio A4 con dieci coppie
di linee chiedendo loro «Questi segni cosa potrebbero diventare?», si è scelto di dividere i risultati in 7
categorie:
(a) separati: chi ha immaginato e disegnato più oggetti, ognuno corrispondente a una coppia di linee
(da 1 a 10 oggetti)
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(b) uniti: chi ha immaginato un unico disegno complessivo da tutti e dieci i segni grafici insieme
(c) misti: chi nel disegno ha scelto di unire due o più coppie di linee per immaginare un oggetto e
disegnarlo
(d) serie: chi ha avuto un’idea di oggetto da disegnare e l’ha ripetuta in serie per dieci volte, una per
ogni coppia di linee
(e) copia da altri: è stato così classificato ogni disegno le cui idee sono manifestamente risultato di
imitazione altrui (laddove ci fossero due disegni uguali e non fosse chiaro quale bambino abbia copiato da
quale, si è scelto arbitrariamente di classificarne uno dei due come “copia da altri”)
(f) non capito: chi evidentemente non ha compreso la consegna e ha agito diversamente (ad es.
disegnato nello spazio bianco senza considerare lo stimolo delle linee)
(g) disagio: disegni che manifestano un evidente disagio vissuto dal bambino, di qualsiasi ordine
(psicologico, emotivo, sociale, relazionale).
Si veda Fig. 7
4.3.1 Analisi approfondita dei disegni separati
Nell’intenzione di determinare il potenziale effetto del training anche sulla modalità di espressione creativa
grafica, si è impostata una analisi approfondita dei disegni appartenenti alla categoria “separati”. Per ogni
gruppo classe, si sono considerati i disegni “separati”, cioè quelli di chi ha immaginato e disegnato più
oggetti, ognuno corrispondente a una coppia di linee. Per ogni classe si sono classificati i disegni “separati”
secondo tre sottocategorie: “completi” per chi ha realizzato 10 disegni completando tutte e 10 le coppie di
linee, “5 < x < 9” per chi ne ha fatti da 6 a 9, “x < = 5” per chi ne ha fatti da 1 a 5. Di seguito uno schema
della tendenza complessiva dei disegni separati, categorizzati nei tre sottoinsiemi.
Si veda Tab. 3
Dato che in ogni classe il numero di soggetti che ha scelto di completare il disegno secondo la categoria
“separati” varia, si riporta sia il valore assoluto numerico che la percentuale dei disegni di una
sottocategoria rispetto al numero complessivo di “separati” di quella classe.
Prendendo ancora ad esempio due seconde (una del gruppo sperimentale e una del gruppo di controllo) si
possono osservare nel dettaglio i cambiamenti di distribuzione dei disegni “separati” nelle tre
sottocategorie tra PreTest e PostTest, degli stessi soggetti.
Nella seconda del gruppo sperimentale si nota un aumento del numero di bambini che ha completato tutti
e 10 i disegni (dal 43% al 92%), una conseguente diminuzione di chi ne completa da 6 a 9 (dal 21% all’8%), e
una completa scomparsa di fogli con solo 1 o 5 disegni completi, come mostrato dai grafici a torta.
Nella seconda del gruppo di controllo, si osserva che la percentuale dei bambini che hanno completato tutti
e 10 i disegni rimane invariata (60%) nel PostTest rispetto al PreTest. A questa classe non è stato
somministrato alcun trattamento volto a potenziare il pensiero creativo. Il numero di bambini che ha
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completato solo da 1 a 5 disegni è aumentato in percentuale dallo 0 al 30%, e si nota anche una
diminuzione di chi ha completati da 6 a 9 (da 40% a 10%), come mostrato dai grafici a torta:
Si veda Fig. 8a, 8b
5. Discussioni
Le analisi preliminari in T0 hanno dimostrato che il campione in partenza era adeguato e non presentava
difformità degne di nota.
Per prima cosa, non abbiamo riscontrato differenze significative tra le performances dei bambini delle
scuole statali e quelle delle scuole Montessori prima della somministrazione del trattamento. Entrambi i
gruppi di classi, pertanto, hanno presentato in partenza attitudini simili per quanto riguarda la capacità
creativa, a prescindere dalle differenze del metodo educativo adottato nella scuola di appartenenza, a
differenza di quanto ci si potesse aspettare, basandosi su studi precedenti che enfatizzavano il livello alto di
punteggi in test di creatività di studenti montessoriani e la vicinanza e la tendenza di questa pedagogia
all’utilizzo di social skills (Kayılı & Arı, 2016; Mellou, 1996) Le analisi della presente ricerca mostrano che
non esiste una difformità statisticamente significativa in partenza tra la predisposizione creativa dei
bambini che frequentano la scuola statale e bambini che sono educati secondo il metodo Montessori.
In secondo luogo, dagli esiti di un secondo t-test per campioni indipendenti, è risultato che non esiste
differenza statisticamente significativa tra le performances dei bambini delle classi appartenenti al gruppo
sperimentale e quelli appartenenti al gruppo di controllo.
L’analisi ha rilevato che il gruppo sperimentale parte svantaggiato per quanto riguarda l’ascolto reciproco: i
bambini del gruppo sperimentale hanno ripetuto risposte già date dai compagni in misura
significativamente maggiore rispetto al gruppo di controllo. Questo dato è particolarmente significativo in
quanto sarà capovolto dall’effetto del trattamento somministrato.
In terzo luogo, le analisi preliminari in T0 hanno reso evidente che non c’era differenza statisticamente
significativa prima del trattamento tra gruppi di bambini di età anagrafica diversa, cioè tra le classi seconde
e terze, indipendentemente dal tipo di scuola o dalla condizione sperimentale o di controllo.
Il trattamento proposto alle otto classi del gruppo sperimentale è stato volto allo sviluppo del pensiero
divergente e della creatività di pensiero. Essa è stata osservata nella duplice forma: verbale e grafica.
Le analisi statistiche compiute comparando i risultati ottenuti in T0 e in T1 per quanto riguarda le capacità
testate dalle prove orali del Test hanno posto in evidenza il probabile effetto positivo del training proposto
al gruppo sperimentale. In altre parole, i miglioramenti rilevati nelle perfomances dei bambini che hanno
partecipato ai laboratori durante l’arco delle dieci settimane - di contro all’assenza di variazione delle
prestazioni in chi non ha seguito il training - rende possibile concludere un plausibile effetto positivo del
training. La variabile condizione è stata necessaria per accertarsi che la variazione rintracciabile nei risultati
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del PostTest del gruppo sperimentale relativi a ogni variabile dipendente acquisita (Totale Parole, Esempi,
Usi, Conseguenze, Ripetizioni), fosse effettivamente attribuibile agli effetti positivi del training.
L’ analisi in T1 della variabile Totale Parole mostra un aumento statisticamente significativo della
produzione ideativa spontanea dal Pretest al PostTest sull’intero campione. Approfondendo l’analisi con
l’aggiunta della variabile Condizione, si registra un effetto significativo nell’interazione di Prepost x
Condizione che va a mostrare che se nel gruppo di controllo non c’è una crescita del numero totale di
parole emerse dai bambini (anzi, la media è leggermente inferiore nel PostTest), nel gruppo sperimentale
invece l’aumento del totale delle parole emerse dopo il training è molto significativo.
Un altro risultato di interesse emerso è stato messo in evidenza dall’analisi in T1 della variabile Esempi, cioè
del numero di parole date come risposte dai bambini nelle prime tre domande delle prove orali. Essendo la
prova Esempi la parte più semplice e più cospicua delle prove orali, non stupisce che i risultati di questa
analisi siano simili a quelli della precedente analisi della variabile Totale Parole. Infatti, ciò che si osserva è
un incremento generale del numero di risposte alla prova Esempi tra il PreTest e il PostTest, e in particolare
un significativo aumento statistico nel gruppo sperimentale, a discapito del gruppo di controllo, per il quale
la media di risposte rimane pressoché invariata.
Lo stesso discorso vale per la prova Usi: i valori relativi a questa prova sono nettamente superiori in T1
dopo il training: nel gruppo di controllo la media delle risposte alle domande di questa prova addirittura
decresce leggermente, mentre nel gruppo sperimentale si registra un aumento statisticamente
significativo. Ciò significa che non solo le perfomances nella produzione ideativa hanno subìto un
miglioramento importante nei bambini che sono stati alleati, ma anche la loro capacità di pensare il
maggior numero di usi possibili di un dato oggetto.
Le analisi dei dati del solo gruppo sperimentale hanno permesso di focalizzare l’attenzione sugli effetti
migliorativi del trattamento somministrato al gruppo sperimentale e definirne più precisamente i contorni.
In questo modo è stato possibile comparare equamente i risultati delle classi di scuola statale e quelle di
scuola Montessori, poiché, a differenza che nel gruppo di controllo, nel gruppo sperimentale sono presenti
campioni di entrambi i tipi di scuola. Si è scelto di verificare se, a parità di trattamento ricevuto, i bambini
di scuola Montessori e di scuola statale avessero risposto diversamente per quanto riguarda il numero
Totale Parole emerse nelle prove orali del PostTest, e il numero di ripetizioni. Per quanto riguarda il numero
totale di risposte date nelle prove orali, esso è migliorato in maniera uniforme sia nei bambini di scuola
statale che in quelli di scuola Montessori. Non si rileva, dunque, un delta significativo nel margine di
miglioramento di un tipo di scuola rispetto all’altra.
L’altro principale ordine di considerazioni, a lato dell’analisi statistica dei risultati delle prove orali con cui si
è valutata la capacità creativa ideativa e verbale, è la rielaborazione delle prove Disegno dei Test, che fanno
emergere l’aspetto grafico della creatività.
La rielaborazione dei disegni nelle sette categorie ideate fa emergere alcune valutazioni.
Innanzitutto non ci sono stati, all’interno del gruppo sperimentale, alunni che nel PostTest non hanno
compreso la domanda posta loro come consegna – quando invece c’erano stati nel PreTest e sono rimasti
nel PostTest nel gruppo di controllo. Ciò sta a significare che i soggetti che sono stati sottoposti ad un
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allenamento sistematico, sono stati più abituati all’ascolto e alla comprensione di domande e richieste
aperte («Cosa potrebbero diventare…?», «Cosa potrebbe significare…?» «Quali sono tutti i modi che ti
vengono in mente per…?») che invitano e incoraggiano a fornire risposte divergenti, non univoche.
Inoltre la variazione dei disegni dal PreTest al PostTest permette di ipotizzare che si sia verificato, in chi è
stato esposto per 10 settimane alle attività laboratoriali proposte, un aumento di autostima e di fiducia
nelle proprie idee, anche se non conformate ad uno standard specifico. Questa aumentata dose di
produzione e libertà ideativa si ipotizza per la diminuzione dei disegni della categoria “serie”, che sono
passati da 14 a 1. Ciò significa che nello stesso lasso di tempo, 7 minuti, nel PostTest alcuni soggetti hanno
avuto fino a dieci idee diverse quando solo 10 settimane prima ne avevano avuta soltanto una, che avevano
disegnato ripendola in serie. Altro frangente in cui si rende credibile l’effetto positivo del training è il fatto
che siano aumentati, nel PostTest, i disegni della categoria “uniti” e “misti”, che si legge come segno di una
accresciuto slancio creativo. Chi sceglie di unire due o più coppie di linee piuttosto che fare tanti piccoli
disegni o ripetere lo stesso disegno in serie, si cimenta in un lavoro non schematico né ordinario ma assume
un atteggiamento non vincolato ad un modello standard. Nel gruppo sperimentale, si presentano diversi
esempi di questo tipo di cambiamento nel disegno dal PreTest al PostTest, in bambini che hanno ricevuto il
training, come mostrato in Figura 9.
Si veda Fig. 9
Osservando come si distribuiscono i disegni di ogni classe nelle 7 categorie, si possono fare alcune
considerazioni tra il PreTest e il PostTest. I valori assoluti non sono indicativi, poiché il numero di alunni
presenti il giorno del PreTest non è rimasto invariato il giorno del PostTest, a causa di alcuni assenti. Si
forniranno anche i dati in percentuale, per rendersi conto delle variazioni al netto del numero di alunni
presenti il giorno della prova.
Innanzitutto, se nel PreTest ben 18 bambini (9%) non avevano compreso la consegna, nel PostTest si nota
un’assenza di disegni categorizzati come “non capito”, sia per quanto riguarda il gruppo sperimentale che il
gruppo di controllo. In percentuale, complessivamente la categoria “non capito” risulta un 9% nel PreTest,
contro uno 0% nel PostTest.
La categoria “disagio”, invece, è rimasta pressoché stabile (da 7 a 6) da prima a dopo il trattamento
(equivalente a un 3%).
Per la categoria “copia da altri”, complessivamente non si sono notate grandi variazioni, tranne che in una
terza del gruppo sperimentale, in cui il numero di bambini che ha copiato il disegno da un compagno è
passato da 2 (11%) a nessuno. Considerando il solo gruppo sperimentale, si rimane sul 2% sia prima che
dopo il training; valutando il solo gruppo di controllo, c’è un aumento del valore “copia da altri” da 0,50 % a
1,05%.
Per la categoria “serie”, si è passati da 14 disegni a 1, passando da un 7% a un 1%.
I maggiori cambiamenti sono avvenuti per quanto riguarda le categorie “separati” “uniti” e “misti” che
hanno subito un cospicuo rimescolamento: è diminuito il numero di disegni separati, e sono aumentati sia i
disegni misti che i disegni uniti.
Dall’analisi approfondita dei disegni separati emergono alcuni trend significativi, per quanto riguarda la
quantità di coppie di linee completate: sono stati classificati i disegni completi (10 disegni su 10 coppie di
linee) e i disegni parzialmente completati (da 1 a 5 e da 6 a 9 disegni).
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La percentuale di disegni completi aumenta dal PreTest al PostTest, specialmente in chi ha ricevuto il
training. Ciò significa che dopo il training a chi è stata allenata la capacità ideativa spontanea vengono più
idee, davanti a uno stimolo simile.
Conclusione
L’attitudine creativa di un individuo dipende da molteplici fattori, alcuni dei quali non controllabili o
difficilmente misurabili in uno studio empirico, come la storia personale o le condizioni culturali della
famiglia di origine. Eppure ne esistono alcuni particolarmente malleabili e quindi educabili (Ma, 2006). In
particolare, l’età gioca un ruolo molto importante nell’addestramento al pensiero creativo. Secondo
Gardner (Gardner, 1982), per esempio, l’età prescolare rappresenta l’età d’oro della creatività, dimensione
costante dell’esperienza del bambino. La successiva entrata nell’educazione scolastica, invece,
comporterebbe una diminuzione sostanziale del livello di creatività spontanea. Sebbene non tutti gli
studiosi concordino nel considerare la creatività del bambino prescolare una forma compiuta di pensiero
creativo, in quanto mancherebbe degli aspetti intenzionali e teleologici che contraddistinguono la creatività
adulta, diversi studi hanno invece cercato di verificare l’esistenza di una traiettoria naturale dello sviluppo
creativo. Questi studi hanno dato indicazioni contrastanti, alcuni documentando un incremento di
creatività nell’età compresa tra i 6 e gli 8 anni, altri riportando il contrario (Besançon & Lubart, 2008; Chae,
2003; Lubart, & Lautrey, 1995; Maker, & Muammar, 2008; Mullineaux & Dillala, 2009; Smith, & Carlsson,
1983, 1990; Urban, 1991).
In effetti, alla diminuzione della creatività spontanea corrisponde un aumento di capacità cognitive,
fondamentali per la dimensione convergente del pensiero creativo. Nonostante la complessità del campo
d’indagine, dunque, si può supporre che agire sulla creatività in questa età (tra i 6 e gli 8/9 anni)
rappresenti un compito chiave della scuola o di altre agenzie educative. Infatti è possibile sfruttare le abilità
spontanee del bambino, spesso non considerate e allo stesso potenziare i processi cognitivi in via di
sviluppo, su cui la scuola spesso investe solo in relazione all’apprendimento di conoscenze e ed abilità
specifiche (ad esempio matematiche), perdendo l’opportunità di associarle anche al passaggio da una
creatività infantile a forme più mature (Kaufman & Beghetto, 2009).
Le analisi condotte sui dati della presente ricerca hanno evidenziato che la competenza in assoluto più
soggetta a miglioramento è la capacità di produzione ideativa spontanea, cioè l’abilità di concepire idee
innanzi ad uno stimolo, verbale o visivo. All’interno di questa si sono individuati e allenati tre livelli di abilità
creativa verbale: produzione ideativa di esempi (colore, forma, materiale), capacità di pensare usi, impiego
del pensiero di tipo controfattuale (conseguenze). Si è rilevato che effettivamente, come era prevedibile, di
pari passo con il procedere delle prove orali, che diventano più difficili, diminuisce il margine di
miglioramento del parametro stesso. In altre parole, a parità di durata del training, più è facile il tipo di
operazione mentale richiesta, più i bambini migliorano nel compierla. Questo dato suggerisce future
direzioni di ricerca: aumentando i tempi del trattamento e seguendo gli andamenti specifici di ciascun
livello di abilità creativa, si potrebbe verificare se per i compiti cognitivi più difficili occorra più tempo per
ottenere miglioramenti egualmente significativi, o se per alcune competenze non sussista la possibilità di
modificarne il rendimento nei bambini tramite l’esercizio.
Dall’analisi dei dati si può ricavare che non sembrano esserci differenze statisticamente significative tra i
bambini di scuole fondate su diversi metodi educativi per quando riguarda l’attitudine creativa e la sua
educabilità. Anche il grado di classe ha influito in misura statisticamente significativa sul margine di
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miglioramento delle performances di chi è stato trattato: si è registrato uno sviluppo maggiore della
produzione ideativa spontanea nelle classi terze rispetto alle classi seconde. Anche in questo caso, un
ampliamento del campione su una scala dalla prima alla quinta classe della scuola primaria potrebbe
rivelare se il progresso sia correlato o meno dell’età anagrafica dei bambini.
Per quanto riguarda la creatività grafica, la variazione dei disegni dal Pre al Post testimonia un aumento
cospicuo del numero di idee che rinvengono alla mente ad un bambino nello stesso intervallo temporale, in
chi è stato esposto per dieci settimane alle attività laboratoriali proposte. Dal punto di vista prettamente
osservativo, valutando la risposta comportamentale dei bambini si è constatato che, nel gruppo
sperimentale, si è verificata una generale propensione alla fiducia nelle proprie idee, probabilmente dovuta
alla creazione di un ambiente non giudicante e ad una valorizzazione di risposte immaginative e divergenti
durante le attività laboratoriali proposte nel training.
Dopo essere stati allenati a pensare creativamente, i bambini manifestano meno tendenza
all’omologazione, nell’esercizio verbale come in quello grafico. Riducono gli atteggiamenti di
conformazione a modelli standard predefiniti e provano invece piacere nel ricercare idee insolite,
sviluppare pensieri in autonomia e ambire a produrre l’inedito. In conclusione, i risultati emersi portano ad
ipotizzare che una certa apertura mentale si possa allenare nei bambini se si stimola la loro libertà ideativa,
educandoli all’ascolto e alla comprensione di domande aperte e incoraggiandoli nel fornire in autonomia
risposte libere e non convergenti.
Gli esiti delle analisi suggeriscono, inoltre, future direzioni di ricerca. Innanzitutto un ampliamento del
campione su una scala dalla prima alla quinta classe della scuola primaria potrebbe permettere di studiare
più approfonditamente la correlazione tra sviluppo della creatività ed età anagrafica dei bambini. In
secondo luogo, sarebbe utile ampliare il gruppo di controllo, a cui nella ricerca appartenevano solo classi di
scuola statale, inserendo anche alcune classi Montessori, per approfondire i possibili effetti di questa
variabile in entrambe le condizioni di ricerca, sperimentale e controllo. In terzo luogo, sarebbe interessante
testare le stesse variabili in uno studio longitudinale, per monitorare gli effetti del training sul lungo
periodo. Inoltre, si potrebbero diversificare le modalità del training stesso, proponendo diverse tecniche sia
individuali che di gruppo per esplorare gli effetti di ciascuna tecnica e valutare quale possa in maniera più
efficace incrementare l’attitudine al pensiero creativo, e a che età.
Lo studio suggerisce che promuovere la creatività nella scuola è possibile e straordinariamente fruttuoso se
si predispongono in classe occasioni in cui l’obiettivo principale non sia l’assimilazione, l’esecuzione,
l’applicazione, ma nelle quali il bambino possa immaginare possibilità, prefigurare percorsi alternativi,
arricchire i temi proposti con elementi personali, sviluppare un concreto senso di auto-efficacia. Per questo
motivo sarebbe adeguato non confinare l’allenamento della creatività a singoli training sperimentali, ma
arricchire i curriculum didattici tradizionali ponendo attenzione a questa competenza.
Figure
Fig. 1 – Fasi della sperimentazione
“FIGURA 1”
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Fase 1: T0
tutti i soggetti presi in esame (10 classi):
somministrazione del PreTest (durata: 30 minuti per ogni gruppo classe)
Fase 2: intervallo temporale di 10 settimane
gruppo sperimentale (8 classi):
svolgimento di 10 attività laboratoriali di allenamento a cadenza settimanale (durata: 60 minuti per ogni
gruppo classe)
gruppo di controllo (2 classi):
nessuna attività specifica
Fase 3: T1
tutti i soggetti presi in esame (10 classi):
somministrazione del PostTest (durata: 30 minuti per ogni gruppo classe)
Fig. 2 – Schema riassuntivo del Test
“FIGURA 2”
Introduzione Breve spiegazione 2 minuti
Prima prova ESEMPI 9 minuti
1 a colore 3 minuti
1 b forma 3 minuti
1 c materiale 3 minuti
Seconda prova DISEGNO 7 minuti
Terza prova USI 6 minuti
3 a oggetto 1 3 minuti
3 b oggetto 2 3 minuti
Quarta prova CONSEGUENZE 6 minuti
4 a situazione strana 1 3 minuti
4 b situazione strana 2 3 minuti
Tempo totale 30 minuti
Fig. 3 – Fac simile del foglio consegnato a ciascun bambino per la prova Disegno del PreTest
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“FIGURA 3”
Tab.1 – Successione di passaggi del laboratorio sulla produzione ideativa spontanea
“TABELLA 1”
Domande dell’adulto Esemplificazioni di risposte dei bambini
Quale parola scegliamo tra quelle dette? MONTAGNA
Come potrebbe essere una montagna? ALTA, GRANDE, SASSOSA, IMPONENTE, BASSA, ROCCIOSA,
SCOSCESA, MAGICA, INCANTATA…
Quale scegliamo? INCANTATA
Un numero? 3
Una lettera? S
Cerchiamo 3 parole, quindi, che iniziano con la lettera S per rispondere alla domanda: «Una montagna
incantata cosa fa? S?». 1. SI ILLUMINA
2. SALTELLA
3. SORRIDE
Ora scegliamo un nuovo numero …
Una nuova lettera …
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Tab.2 – Esempio di risposte date dai bambini come ipotesi del significato della parola NINNOLO
“TABELLA 2”
NINNOLO
Dito della mano
Inno
Tisana per dormire
Sciroppo per calmarsi
Bambino piccolo che dorme
Fig.4 – Esempi di rielaborazioni grafiche personali del laboratorio in oggetto. Classe seconda a metodo
Montessori appartenente al gruppo sperimentale.
“FIGURA 4”
Fig.4 – Lavagne raffiguranti i risultati delle prove orali del PreTest e PostTest in una classe terza
“FIGURA 5”
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Tab.3 – Suddivisione dei disegni separati nelle tre sottocategorie
“TABELLA 3”
Num. Classe Scuola Condiz. Disegni separati
1 2 mont. s 14
2 2 statale s 0
3 2 statale s 4
4 2 statale s 20
5 2 statale c 5
6 3 mont. s 16
7 3 statale s 17
8 3 statale s 9
9 3 statale s 16
10 3 statale c 2
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PRE
completi % 5<x<9 % X<=5 %
6 43 3 21 5 36
0 0 0 0 0 0
2 50 2 50 0 0
19 95 0 0 1 5
3 60 2 40 0 0
7 44 7 44 2 13
6 35 8 47 3 18
5 56 1 11 3 33
19 119 5 31 1 6
1 50 1 50 0 0
POST
completi % 5<x<9 % X<=5 %
12 92 1 8 0 0
0 0 1 50 1 50
2 22 6 67 1 11
8 50 4 25 4 25
6 60 1 30 3 30
9 82 2 0 0 0
7 41 8 6 1 6
13 93 1 0 0 0
8 67 2 17 2 17
0 0 0 0 0 0
Fig.6 – Grafico dell’andamento della variabile Totale Parole nel gruppo sperimentale (s) e nel gruppo di
controllo (c) da T0 a T1
“FIGURA 6”
Legenda: c= gruppo di controllo; s= gruppo sperimentale
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Fig.7 – Esempi di categorizzazione prova Disegno: separati, serie, misti, uniti
“FIGURA 7”
Fig.8a,b– Analisi disegni separati di una classe seconda del gruppo sperimentale e di una del gruppo di
controllo, PreTest e PostTest
“FIGURA 8a”
“FIGURA 8b”
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Fig.9 – Esempi di variazione del disegno dal PreTest al PostTest dello stesso soggetto del gruppo
sperimentale
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