L'attuale società postmoderna si avvale della tecnica per contrastare i suoi destini di sofferenza. Quale risultato, si prefigura un soggetto disarmato, vittima di spaesamento e analfabetismo emozionali. Da qui, la necessità di collegarsi con rappresentazioni in cui il dolore sia considerato intrinsecamente all'esistenza -e, come tale, accettato -e di superare la dualistica visione vita/morte,
... [Show full abstract] pregna di contrapposizioni. Ma quali sono, se ci sono, le chances esistenziali scaturibili dalla sofferenza? Parole chiave: dolore; problematicismo pedagogico _____________________________________________________________ Per contestualizzare La storia della civiltà occidentale ci insegna che più l'uomo si è avvicinato al XX secolo più ha cercato di utilizzare la tecnologia e la scienza per realizzare un suo obiettivo: contrastare la sofferenza. Malgrado il meccanismo costante secondo cui a dolori "sconfitti" se ne affiancano inesorabilmente di nuovi, l'umanità non si rassegna ad una convivenza naturale con essi. La tecnica avanza come "anestetico" per il corso della vita, pseudo-procrastinando il momento della fine. La società, pertanto, non tramanda "una memoria positiva (o, perlomeno, realistica e non traumatica)" di dimensioni inevitabili dell'esistenza, con la condanna, per le nuove generazioni, a crescere nel timore e nella ricerca di un evitamento. L'essere umano, inoltre, convinto di sottomettere la natura al servizio della tecnologia, non si accorge di annientare lo stesso spirito e di rendere il proprio corpo una macchina artificiale. Si omologa il corpo, si omologa la coscienza, si perde autenticità e si rischia di affondare al primo ostacolo che richieda flessibilità. Il progresso postmoderno sembra palesare l'era dell'onnipotenza, ma l'uomo fatica a confrontarsi con gli scacchi esistenziali che ben altro richiedono per essere affrontati e, laddove possibile, superati.