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Iacolino C.*, Cervellione B.*, Ferracane G.*, Modesto G.*, Salamone R.A.*, Lombardo E.M.C.*
*Università degli Studi di Enna “Kore”
Le classificazioni diagnostiche ufficiali considerano l’emetofobia come una fobia specifica (isolata) (APA, 2013; ICD-10, 1992). Tale disturbo
d'ansia oltre ad essere poco studiato in letteratura, risulta essere anche poco compreso nella società odierna (Boschen, 2007; van Hout & Bouman,
2012). La fobia specifica per il vomito (o SPOV) è considerata un problema cronico con esordio precoce (Ve ale et al., 2013; Wu et al., 2017),
producendo un disagio clinicamente significativo con la compromissione del funzionamento sociale, affettivo, lavorativo e scolastico. La
sintomatologia è multiforme: la paura del vomito può essere scatenata non solo dalla vista di un'altra persona che vomita ma anche da nausee o
preoccupazioni per la contaminazione del cibo.
INTRODUZIONE
Valutazione degli articoli per l’inserimento nella rassegna.
Criteri di esclusione:
1.Articoli non completati perché ancora in fase di sviluppo
2.Tutti gli articoli che differivano dalle ipotesi di partenza
3.Tutti gli articoli su riviste non indicizzate
4.Rassegne sistematiche della letteratura
5.Standardizzazione degli strumenti
Numero di articoli selezionati:
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Database di ricerca:
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(Education Research Complete;
PsycArticles; Psychology and Behavioral
Sciences Collection; SocIndex)
PubMed
Scopus
Numero di doppioni
(eliminati):
n = 44
Numero di abstract e articoli full text
selezionati per la revisione:
n = 134
Numero di articoli
inseriti nella rassegna:
n = 23
COMORBIDITÀ E DIAGNOSI DIFFERENZIALE
La diagnosi di disturbo emetofobico è molto difficile da
determinare in quanto la condizione si presenta con sintomi che si
osservano anche nel DOC, disturbo di panico, agorafobia, disturbo
d’ansia generalizzato (Boschen, 2007; Ve ale , 2009; Va n Hout &
Bouman, 2012). Oltre alle condizioni che presentano una
condizione simile all’emetofobia, anche i soggetti con disturbo
d’ansia mostrano elevati tassi di comorbidità con i disturbi
dell’umore, da uso di sostanze e disturbi della personalità (Brown
& Barlow, 1992). In Vea l e e Lambrou (2006) sono emerse delle
somiglianze e differenze psicopatologiche tra i soggetti aventi il
disturbo di panico e i soggetti emetofobici, quali ad esempio i
comportamenti di prevenzione e di ricerca di sicurezza, attenzione
selettiva per le sensazioni corporee interne ed un forte senso di
ipervigilanza nel vedere gli altri vomitare; tutti questi processi
sembrano mantenere la paura di vomitare in coloro che sono
colpiti da questa fobia. Inoltre, anche il DOC pare essere in
comorbidità con lo SPOV (Vea l e et al., 2015), con una stima del
12%. I pazienti riferiscono sintomi quali pensieri ripetitivi e
comportamenti di evitamento motivati a prevenire il rischio di
vomito (e.g. lavaggio continuo delle mani). Tali comportamenti
vengono messi in atto come strategia controllante. Tuttavia, uno
dei problemi più gravi in tale disturbo è quello riferito alla sfera
alimentare; molte sono in effetti, le probabilità che un emetofobico
tenda a sviluppare delle restrizioni alimentari, spesso causate da
traumi riferiti al vomito, le quali talvolta, sfociano spesso nel
cosiddetto “Disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo”.
Riguardo alla variabile età di esordio, la letteratura, pone in evidenza come il
range di età si collochi tra i 13 e i 18 anni (Wu, Rudy, Arnold & Storch, 2015;
Hӧller et al, 2013; Lipsitz et al., 2001; Price et al., 2012). La variabile differenza
di genere, risulta essere, in questo quadro sintomatologico, molto importante. La
letteratura dimostra che le donne risultano esserne più colpite, intaccando la
sfera relazionale, sociale e affettiva. Molte di loro, addirittura, evitano la
gravidanza per la paura della tipica nausea e vomito trimestrali (Ve al e &
Lambrou, 2006; Price, Ve a l e &Brewin, 2012). Altro fattore importante, viene
messo in luce nello studio di De Jongh (2012), in merito alla presenza di
problemi di attaccamento dei soggetti emetofobici. Attraverso le ricerche,
l’autore evidenzia la presenza di attaccamenti di tipo insicuro dovuti a una non
disponibilità emotiva e fisica dei genitori. Continui rifiuti ed esperienze
altamente deficitarie di accudimento, portano i soggetti a trasformare queste
relazioni fallimentari in qualcosa di più controllabile e meno dannoso: le fobie,
un mezzo per scaricare la tensione ed il dolore causato da tali esperienze
spiacevoli, al fine di auto proteggersi dall’eccessiva sofferenza provata.
FATTORI DI RISCHIO E DI PROTEZIONE: ATTACCAMENTO,
ETA’ DI ESORDIO E DIFFERENZA DI GENERE
TRATTAMENTO
Gli studi effettuati da Bougsh, Moeller e O’Brien (2018), affrontano
il quesito di quali siano le terapie migliori da applicare. I risultati
pongono in evidenza l’efficacia del trattamento ACT (tecnica
cognitivo – comportamentale di terza generazione, la quale utilizza
esercizi di Mindfulness e defusione). De Jongh (2012) propone un
trattamento basato sull’EMDR. Nel caso di una sua paziente
emetofobica, dopo solo quattro sessioni di trattamento, al re-test
effettuato con la scala sintomatologica, dei problemi psicologici e
psicopatologici (Derogatis, 1994), èemerso come le sessioni di
EMDR, focalizzate sulla rievocazione di ricordi di eventi passati,
risultano essere efficaci tanto quanto la sola CBT.
CONCLUSIONI
Dato l'impatto espansivo dell'emetofobia su più domini di vita, è plausibile che i
comportamenti di evitamento e la conseguente compromissione funzionale
portino a un'esistenza più isolata, dando origine a una vasta gamma di sintomi di
interesse clinico. La letteratura analizzata evidenzia che i sintomi più elevati di
emetofobia risultano essere associati a livelli più alti di compromissione
funzionale in tutti i domini della vita. La rassegna mette in luce che sfuggire alle
situazioni che provocano ansia non solo impedisce all’emetofobico di funzionare
in modo adattivo ma perpetua anche il ciclo dell'ansia impedendo allo stesso di
affrontare le situazioni temute. Dunque, mentre i comportamenti di monitoraggio
delle minacce servono a rinforzare il ciclo negativo dell'ansia, l'evitamento
completo impedisce all'individuo di essere fisicamente presente in varie
situazioni, con conseguente aumento della menomazione. L’emetofobia può
avere sequele uniche (e.g., complicazioni mediche a causa di restrizioni
dietetiche, evitamento pervasivo) che lo rendono particolarmente refrattario e
compromettente. Pertanto, sebbene non sia raro che le persone con emetofobia
presentino una comorbidità intrinseca alla psicopatologia (Price et al., 2012;
Vea l e et al., 2012), tale disturbo può essere clinicamente diagnosticato al fine di
dare priorità ai sintomi di SPOV che mirano a deteriorare il funzionamento degli
individui.
Fig. 1. Flow Chart delle strategie di ricerca e delle procedure di selezione (2000 – 2018)
BIBLIOGRAFIA
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La fobia specifica per il vomito: una
rassegna sistematica internazionale.