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Bussole • 592
Il cervello linguistico
Serie diretta da Mirko Grimaldi
Con un approccio divulgativo, ma senza rinunciare al rigore scientifi co, la serie
“Il cervello linguistico”, ideata e diretta da Mirko Grimaldi, si propone di fare
il punto critico degli studi su cervello e linguaggio, offrendo, per la prima volta
in Italia, un quadro completo dei risultati raggiunti negli ultimi trent’anni.
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1a edizione, luglio 2019
© copyright 2019 by Carocci editore S.p.A., Roma
Editing e impaginazione
Fregi e Majuscole, Torino
Finito di stampare nel luglio 2019
da Digital Team, Fano (PU)
isbn 978-88-430-8948-2
Riproduzione vietata ai sensi di legge
(art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633)
Senza regolare autorizzazione, è vietato riprodurre questo volume
anche parzialmente e con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia,
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A Rosaria, So a e Riccardo
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Mirko Grimaldi
Il cervello fonologico
Carocci editore Bussole
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Che vuoi da me… la vita ha troppe sfumature…
beccarle tutte non si può…
poi che ne so… io guardo solo le gure…
il resto è solo rondini
che volano lassù
Sergio Caputo, Maccheroni amari
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Indice
Introduzione 7
1. Fotogrammi di un lungo viaggio 11
1.1. In principio era il verbo 11
1.2. Combinare suoni per creare segni 14
1.3. Dalle vocalizzazioni al linguaggio umano 15
1.4. Per parlare bisogna avere qualcosa di cui parlare 18
1.5. Anche gli animali discriminano suoni ma… 20
1.6. … i bambini sono speciali 22
2. Dal neurone al linguaggio 27
2.1. Le cellule del cervello: i neuroni 27
2.2. Il cervello: un edi cio a più piani 28
2.3. I piani inferiori e il linguaggio 30
2.4. I piani superiori e il linguaggio 33
2.5. I lobi del cervello 36
2.6. Di erenze anatomiche o di erenze funzio nali? 41
3. Dal suono al cervello e ritorno 45
3.1. Di che cosa sono fatte le parole? 45
3.2. Bolle d’aria 45
3.3. La scatola della voce 47
3.4. Le vocali 50
3.5. Le consonanti 55
3.6. Ci vuole orecchio… e un po’ di neuroni 59
3.7. Ci vuole una teoria 63
4. Di foni, fonemi e interfacce neurali 65
4.1. Quisquilie di loso a, sica e neuroni 65
4.2. Spacchettare il segnale acustico in categorie 67
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4.3. Acustico, fonetico e fonologico 69
4.4. Manipolare categorie, applicare regole 71
4.5. Fonemi o sillabe? 73
4.6. Nanofonologia 74
4.7. Tratti distintivi o gesti articolatori? 80
4.8. Entità linguistiche ed entità neuronali 83
5. Dai segnali elettromagnetici ai tratti distintivi 85
5.1. Elettroencefalogra a e magnetoencefalogra a 85
5.2. Potenziali e campi magnetici evento-correlati 87
5.3. Le componenti uditive N1 e Mismatch Negativity 87
5.4. Tra formanti e tratti distintivi: evidenze meg 90
5.5. Note sul modello Analysis by Synthesis 92
5.6. Tra formanti e tratti distintivi: evidenze eeg 94
5.7. Discriminare: il punto di vista della Mismatch Negativity 100
6. Percepire è produrre e produrre è percepire 107
6.1. Un passo indietro: le oscillazioni evento-correlate 107
6.2. La stimolazione magnetica transcranica 117
6.3. La risonanza magnetica funzionale 123
7. Quasi una conclusione… e una proposta 129
7.1. Ritorno al cervello del bambino 129
7.2. Dagli stati della materia ai segni linguistici 131
Bibliogra a 135
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Introduzione
Il solo punto di vista accettabile sembra essere quello che
riconosca entrambe le facce della realtà – quella quantita-
tiva e quella qualitativa, la sica e la psichica – come com-
patibili fra di loro, così da poterle comprendere insieme.
Wolfgang Pauli, in Jung, Pauli (1955)
Mentre scrivo queste righe, la sonda Voyager 1, lanciata nello spazio il
5 settembre 1977, si trova a circa 21 miliardi di chilometri dalla Terra.
Le probabilità sono remote, ma non è escluso che la sonda capiti nel-
le mani di qualche creatura curiosa. All’interno del Voyager 1 è stato
collocato un disco di rame placcato in oro che contiene 55 messaggi
di saluto in altrettante lingue terrestri, tra cui lingue estinte come
l’ittita, il latino e il sumero. Chissà se i nostri antenati nella savana,
una volta dotati del pensiero simbolico, osservando il cielo stellato
libero dall’inquinamento atmosferico e luminoso, abbiano mai pen-
sato di poter raggiungere un giorno quelle luci lontane, scoprirne i
segreti più reconditi e comunicare con altri esseri. Dopo centinaia
e centinaia di migliaia di anni, siamo ancora qui, un po’ più evoluti
(forse), ma con due grandi misteri che resistono alle nostre curiosità
scienti che: capire il funzionamento dell’universo e dell’organo che
ci permette di osservarlo, il cervello. La galassia più vicina a noi, la
Via Lattea, contiene circa 100.000 miliardi di stelle. Il cervello uma-
no contiene circa 86.000 miliardi di neuroni. La galassia è grande e
distante, il cervello è piccolo e fra le nostre orecchie. Come è possi-
bile che miliardi di neuroni nel buio di una scatola cranica, oltre a
regolare la respirazione, la pressione sanguigna e il battito cardiaco,
producano comportamenti intelligenti: coscienza e pensiero, ragio-
namento, apprendimento e memoria, percezione, linguaggio, insom-
ma tutto ciò che siamo? Il processo di comunicazione fra i neuroni è
così so sticato e veloce (nell’ordine di millisecondi) che comprende-
re il funzionamento del cervello è forse la s da più grande.
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A complicare il tutto c’è un paradosso speciale. Le neuroscienze sono
l’unico settore di ricerca in cui si è costretti a utilizzare le proprietà
di un organo per capire come quell’organo funziona. Come nel mito
della caverna di Platone, vogliamo scoprire le basi neurobiologiche
dei processi cognitivi – le forme di oggetti, animali, persone che pas-
sano e parlano alle spalle dei prigionieri dove è acceso un fuoco – ma
tutto quello che possiamo osservare sono solo ombre proiettate sul
muro (i dati empirici) dalla amma (i metodi e le tecnologie). Le
neuroscienze stanno accumulando migliaia e migliaia di dati dall’e-
norme potere descrittivo, ma dal potere esplicativo molto carente. È
evidente il rischio di consumare un divorzio dall’approccio scienti -
co moderno: «La teoria è la Cenerentola delle neuroscienze. I teorici
sono i poveri e i diseredati dei grandi centri dove si studia il cervello.
[…] Le neuroscienze sono ormai una disciplina ferocemente empi-
rica. Ciò che conta sono i dati, e i dati vengono dagli esperimenti»
(Tononi, 2003, p. 25). L’ideale galileiano viene morti cato ogni volta
che si registra l’attività di uno, dieci, mille neuroni, o i mutevoli ad-
densamenti di attività di intere aree cerebrali nelle mappe cartogra -
che del cervello umano con la speranza di spiegare i segreti ultimi del
funzionamento di quest’organo misterioso (cfr. però Friston, 2005;
Başar, 2011; Tononi, 2003; 2015). La morti cazione è ancora più evi-
dente quando si va in cerca delle basi neuronali del linguaggio pen-
sando di poter ridurre direttamente categorie e processi linguistici
(fonemi, morfemi, relazioni sintattiche ecc.) a categorie e processi
neuronali (segnali neuro siologici, ritmi alpha, beta, gamma ecc., at-
tivazione dell’area x e y ecc.).
Eppure abbiamo un grosso vantaggio rispetto ai prig ionieri di Plato-
ne: proprio grazie alle proprietà dell’organo che vogliamo studiare,
possiamo controllare la amma e interpretare le ombre proiettate sul
muro attraverso il potere esplicativo delle teorie. Arthur Eddington
non avrebbe mai potuto dimostrare che la luce viene curvata quan-
do si trova in prossimità di un corpo dotato di massa senza la teoria
della relatività. A partire dalla metà del secolo scorso la linguistica
si è dotata di apparati teorici potenti che si prestano molto bene a
essere testati su basi empiriche neuronali (cfr., per esempio, Marantz,
2005; Moro, 2017). A mio modo di vedere, il compito che abbiamo
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davanti è di sfruttare il potere esplicativo dei modelli teorici per pro-
vare a correlare diversi livelli di conoscenza del mondo. Se i modelli
risulteranno corretti, non solo avremo raggiunto una più profonda
comprensione dell’organizzazione del linguaggio nel cervello, ma ci
saranno implicazioni importanti per le teorie; le teorie non saranno
più le stesse perché potranno essere ra nate sulla base dei dati neu-
ronali. Nel tempo, non è di cile immaginare l’elaborazione di teorie
interdisciplinari che guideranno una ricerca integrata con lo scopo di
spiegare aspetti diversi dello stesso fenomeno. Si tratta di un compito
davvero arduo che ci porterà a creare ponti epistemologici fra disci-
pline di erenti. E passo dopo passo non è escluso che la neurobiolo-
gia del linguaggio possa camminare sulle proprie gambe integrando
due tradizioni di ricerca in un unico percorso.
La serie editoriale “Il cervello linguistico” si compone di sei volumi che
provano a spiegare da un lato come il cervello controlla le strutture lin-
guistiche di base – Il cervello fonologico, Il cervello morfologico, Il cervel-
lo semantico, Il cervello sintattico – dall’altro come il cervello controlla
l’uso del linguaggio nei contesti comunicativi (Il cervello pragmatico)
e nell’apprendimento di una seconda lingua (Il cervello bilingue).
Qui dedicheremo i nostri sforzi a comprendere il livello sonoro del lin-
guaggio e la sua strutturazione neuronale. Alla ne, il linguaggio è la
realizzazione sica (acustica) di parole che sono depositate nella me-
moria dei parlanti. Nella memoria le parole sono entità distinte (discre-
te, per usare un termine più tecnico), a loro volta formate da sequenze
distinte di segmenti (i suoni). La distinzione dei suoni e delle parole
è compromessa in ogni atto di parola dal fatto che, fra un processo di
espirazione e l’altro, gli articolatori, superando l’inerzia muscolare,
devono eseguire movimenti rapidi e coordinati in un dato periodo di
tempo. Come conseguenza, gli atti di parola assumono la forma di un
segnale acustico continuo. Tuttavia, i parlanti sono in grado di ricostru-
ire in tempo reale le parole perché quel segnale contiene informazioni
precise sui segmenti discreti che compongono le parole. Quali sono i
fondamenti neuronali di questo delicato processo? Di che cosa sono
fatti i segmenti sonori che depositiamo in memoria quando apprendia-
mo una lingua? Come fa il cervello a elaborarli quando deve controlla-
re gli articolatori per produrli e il sistema uditivo per percepirli?
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Nel capitolo 1 ri etteremo, da un punto di vista evolutivo, sulla pro-
prietà del linguaggio di combinare suoni per formare le parole e cer-
cheremo di capire come fanno i bambini a sviluppare la capacità di
percepire e produrre i suoni di una lingua in così breve tempo senza
nessuna istruzione esplicita. Il capitolo 2 è dedicato a una essenziale
descrizione delle basi neurali che controllano il linguaggio. Nel ca-
pitolo 3 discuteremo le proprietà siche dei suoni linguistici e come
sono elaborate dal sistema uditivo. A questo punto, nel capitolo 4, ci
doteremo di un apparato teorico utile a indagare i processi neuronali
che controllano il livello sonoro del linguaggio discutendo, in par-
ticolare, i due più in uenti modelli teorici elaborati nella metà del
secolo scorso. Nei capitoli 5 e 6 cercheremo di trovare evidenze neu-
ronali che supportino le visioni teoriche grazie alle più comuni me-
todiche neuro siologiche e di neuroimmagine a disposizione. In ne,
nel capitolo 7 proveremo a fare un bilancio del nostro viaggio nel
cervello rimodellando l’apparato teorico che si è rivelato più adatto a
spiegare i fenomeni osservati su base neuronale.
Devo ringraziare Salvatore De Masi e Leonardo Savoia che hanno let-
to e commentato una precedente versione del volume dandomi utili
suggerimenti per migliorare molti aspetti. Un grazie a Paolo Lorusso,
Pino Coluccia, Livio Romano, Marcello Aprile, Cosimo Caputo, An-
tonio Montinaro, Antonio Romano e Francesco Sigona per aver letto
e commentato parti del volume. Un ringraziamento particolare va ai
miei studenti dei corsi di laurea magistrale in Metodologia dell’inter-
vento psicologico (in particolare a Gianni Cacciatore, Oronzo Maz-
zeo e Anna Laura Fazzi) e in Lingue moderne, letteratura e traduzione
che hanno letto tutto il volume fornendomi spunti per adattarlo alle
loro esigenze. Un ringraziamento in nito, e non di rito, va a Gianluca
Mori e Roberta Giannini per la pazienza davvero biblica dimostrata (e
al primo anche per aver creduto nella serie editoriale): spero ne sia val-
sa la pena. Come diceva qualcuno, se non erro, … alla ne si pubblica
per non ricorreggere.
Taviano, 2 aprile 2019
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