ArticlePDF Available

Matrice sacra dell’eremo tra interiore e infinito

Authors:

Abstract

This paper proposes a reflection on the value of the sacred space of the hermitage and a stylistic and typological comparison of models that have characterised the evolution of its image. The hermitage is designed for suggesting a specific relationship between the hermit and the territory; the spiritual link, which becomes landscape or formal structure, qualifies a sacred space which goes beyond boundaries in order to connect the cell and the cave to the land, the world and the cosmos.
9771826 077002
ISSN 1826-0772
2.2016 più con menofirenze architettura
più con meno
architettura
firenze
2.2016
Periodico semestrale
Anno XX n.2
14,00
Spedizione in abbonamento postale 70% Firenze
FIRENZE
UNIVERSITY
PRESS
via della Mattonaia, 14 - 50121 Firenze - tel. 055/2755433 fax 055/2755355
Periodico semestrale*
Anno XX n. 2 - 2016
ISSN 1826-0772 (print) - ISSN 2035-4444 (online)
Autorizzazione del Tribunale di Firenze n. 4725 del 25.09.1997
Direttore responsabile - Saverio Mecca
Direttore - Maria Grazia Eccheli
Comitato scientifico - Alberto Campo Baeza, Maria Teresa Bartoli, Fabio Capanni, João Luís Carrilho da Graça, Francesco Cellini,
Maria Grazia Eccheli, Adolfo Natalini, Ulisse Tramonti, Chris Younes, Paolo Zermani
Redazione - Fabrizio Arrigoni, Valerio Barberis, Riccardo Butini, Francesco Collotti, Fabio Fabbrizzi, Francesca Mugnai, Alberto Pireddu,
Michelangelo Pivetta, Andrea Volpe, Claudio Zanirato
Collaboratori - Simone Barbi, Gabriele Bartocci, Caterina Lisini, Francesca Privitera
Collaboratori esterni - Gundula Rakowitz, Adelina Picone
Info-Grafica e Dtp - Massimo Battista - Laboratorio Comunicazione e Immagine
Segretaria di redazione e amministrazione - Donatella Cingottini e-mail: firenzearchitettura@gmail.com
Copyright: © The Author(s) 2016
This is an open access journal distribuited under the Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International License
(CC BY-SA 4.0: https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0/legalcode)
published by
Firenze University Press
Università degli Studi di Firenze
Firenze University Press
via Cittadella, 7, 50144 Firenze Italy
www.fupress.com
Printed in Italy
Firenze Architettura on-line: www.fupress.com/fa
Gli scritti sono sottoposti alla valutazione del Comitato Scientifico e a lettori esterni con il criterio del DOUBLE BLIND-REVIEW
L’Editore è a disposizione di tutti gli eventuali proprietari di diritti sulle immagini riprodotte nel caso non si fosse riusciti a recuperarli per chiedere debita autorizzazione
The Publisher is available to all owners of any images reproduced rights in case had not been able to recover it to ask for proper authorization
chiuso in redazione dicembre 2016 - stampa Bandecchi & Vivaldi s.r.l., Pontedera (PI)
*consultabile su Internet http://www.dida.unifi.it/vp-308-firenze-architettura.html
In copertina:
Heinrich Tessenow
Capanna abitabile presso la Kriegersiedlung Rähnitz/Dresden, 1912
Veduta prospettica
© Faßhauer-Archiv a Dresden/Hellerau
DIDA
DIPARTIMENTO DI
ARCHITETTURA
architettura
firenze
architettura
firenze
2.2016
lo spazio dello spirito
microcosmi
il piccolo e l’immenso
petites maison
ricerche
percorsi
eventi
letture a cura di:
SISIFO
Alberto Campo Baeza
Lo spazio della cerimonia del tè
Francesco Montagnana
Renzo Piano_Alessandro Traldi - Un proscenio per l’universo di Emilio Vedova
Maria Grazia Eccheli
Francesco Venezia - Un fuoco alchemico su uno sfondo cosmico
Alberto Pireddu
Renato Rizzi - Il cosmo della Bildung
Renato Rizzi
Il Classico in una stanza. Il Salone della Vittoria alla VI Triennale di Milano
Francesca Mugnai
Werner Tscholl - Architetture topografiche
Marco Mulazzani
Stefano Torrione - Bianche topografie
Michelangelo Pivetta
Zao/standardarchitecture - Pensare i fondamenti
Fabrizio Arrigoni
Yoshifumi Nakamura - Di case, cabanes ed eremi
Andrea Volpe
Casa per artista e capanno per reduci
Francesco Collotti
La casa come microcosmo. La maison ou le monde renversé e lo spazio domestico arabo-musulmano
nell’interpretazione di Roberto Berardi
Francesca Privitera
Matrice sacra dell’eremo tra interiore e infinito
Sandro Parrinello
Antonio da Sangallo il Giovane e la cappella Serra a San Giacomo degli Spagnoli a Roma
Maria Beltramini
Dall’abito all’abitato. La definizione dello spazio dell’abitare
Stefano Follesa
Le città di ceramica di Ettore Sottsass
Debora Giorgi
Nel luogo del sogno.
Progetto per l’apparato scenografico dell’Amoroso e guerriero di Claudio Monteverdi a Siena, 1987
Riccardo Butini
Divanhane, la stanza dell’accoglienza
Serena Acciai
Roma, MAXXI Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo, 21 aprile - 4 settembre 2016
Superstudio 50
Fabrizio Arrigoni
Venezia, 28 maggio - 27 novembre 2016
Biennale Architettura
Michelangelo Pivetta
Lago D’Iseo 18 giugno – 3 luglio 2016
Christo e Jeanne Claude - The Floating Piers
Stefano Buonavoglia
Fabrizio Arrigoni, Alberto Pireddu, Francesco Collotti, Serena Acciai, Carlo Gandolfi,
Lorenza Gasparella, Armando Dal Fabbro, Marco Falsetti
4
10
22
32
42
50
58
70
80
90
98
104
110
118
126
134
140
146
152
156
160
164
più con meno
Basta una pietra a definire uno spazio: una pietra che, nel caso
di Sisifo, è ormai tutt’uno col corpo, come sottende il progetto di
Campo Baeza in apertura del numero.
Con il tema “più con meno”, dedicato agli spazi di piccole
dimensioni ma di grande intensità, la rivista declina quel “costruire
con poco” già affrontato in precedenza, volendo additare
quell’aspetto trascendentale del tema nel quale il meramente
dimensionale s’avvia all’intrinseco valore poetico della misura.
La stanza giapponese del tè e/o l’intero universo artistico di
Vedova – nella sua messa in scena nell’opera di Renzo Piano ai
Magazzini del Sale – sono entrambi assunti a paradigmi laici di
quello che può essere considerato lo spazio per antonomasia:
quello “spazio dello spirito” in cui il significato si condensa.
Ma anche le architetture/microcosmo – rappresentate sia
dall’allestimento pompeiano di Francesco Venezia, sia
dall’aula ideale di Renato Rizzi, arrampicata sulla Cupola del
Brunelleschi, e dalla stanza “classica” di Persico alla Triennale
del ‘36 – sono qui presentate per la loro forza evocativa.
Quando poi gli opposti si incontrano il risultato è perturbante:
le vette alpine sono sfondo sublime al museo diffuso di Tscholl
come ai lacerti bellici fotografati da Torrione.
Abitazioni minime sono quelle di Zao, Nakamura e Tessenow
seppur distanti tra loro per concezione e geografia.
Tra le ricerche: la casa islamica nella lettura fatta da Roberto
Berardi, le celle degli eremi come soglia verso l’infinito, la
relazione stretta tra abitazione e abito, le città di ceramica
disegnate da Sottsass.
Chiudono il numero alcuni studi di architetture e progetti meno
conosciuti: la romana Cappella Serra di Antonio da Sangallo il
Giovane; una scenografia in forma di albero ideata da Michelucci
per la piazza del Duomo di Siena; la reinterpretazione del
Divanhane ad opera di Eldem. (ndr)
more with less
A stone is enough to define a space: a stone which, as in the
case of Sisyphus, has become one with the body, as the Campo
Baeza project which opens the number subtends.
With the theme of “more with less”, devoted to small spaces of
great intensity, the journal returns to that “building with little” it had
previously addressed, attempting to point to the transcendental
aspect of the theme, in which the merely dimensional is directed
toward the intrinsically poetic value of measure.
The Japanese tea-room and/or the entire artistic universe of
Vedova – in its mise-en-scène by Renzo Piano at the Magazzini
del Sale – are both secular paradigms of what could be
considered the quintessential space: that “space of the spirit” in
which meaning is condensed.
But also the architectures/microcosms – represented by
Francesco Venezia’s Pompeii exhibition, and Renato Rizzi’s
ideal classroom, high up in Brunelleschi’s Cupola, as well as by
Persico’s “classical” room in the 1936 Triennale – are included
here due to their evocative force.
When opposites meet the result is disquieting: Alpine peaks are
the sublime backdrop to Tscholl’s diffused museum and to the
lacerti bellici photographed by Torrione.
Those by Zao, Nakamura and Tessenow, instead, are minimal
dwellings, however distant in concept and geography.
Among the research projects: the Islamic house in the
interpretation by Roberto Berardi, the cells of the hermits as
threshold of infinity, the close relationship between dwelling and
dress, and the ceramic cities designed by Sottsass.
Some studies of lesser-known architectures and projects complete
the number: the Cappella Serra in Rome, by Antonio da Sangallo
the Younger; a stage set in the shape of a tree designed by
Michelucci for the piazza del Duomo in Siena; and Eldem’s re-
interpretation of the Divanhane. (Translation by Luis Gatt)
110
Un legame tra oriente e occidente
Dall’inizio della civiltà l’uomo ha cercato luoghi sicuri, ambienti nei
quali ripararsi dalle ostilità del mondo. Ne sono chiara testimonian-
za le numerose grotte, abitate fin dai tempi più remoti, perlopiù
disposte in luoghi difficili da raggiungere, a mezza costa di pareti
rocciose, ma che garantivano, oltre ad una certa salubrità, la facile
strutturazione di confini e limiti tra le diverse “proprietà” nelle quali
si costruiva un riparo. Il rapporto tra uomo e vuoto, tra esigenza
di riparo e possibilità di confronto con una veduta territoriale, ha
poi motivato un timore ed una coscienza dimensionale che hanno
in qualche modo trasformato questi luoghi in modelli privilegiati
per riuscire a stabilire un contatto profondo con una dimensione
verticale in contrapposizione alla gravità. Lo schema verticale-
orizzontale sorregge l’intera concezione spaziale dove la linea
retta introduce l’estensione verso un’idea di direzione1. Il rapporto
verticale di ascensione verso il cielo, di elevazione al di sopra dello
spazio fisico, oltre la gravità, ha determinato un rapporto privile-
giato nell’osservare e ricevere più informazioni, perché permette di
essere più vicino a vedere le cose come le vede Dio.
Il raggiungimento dell’eremo, luogo nel quale è possibile con-
templare l’essenza delle cose, è sovente immaginato come un
cammino tortuoso e periglioso che conduce attraverso la foresta,
il deserto o la giovinezza, verso quella conoscenza e quella pace
premiale che solo luoghi come la Valchiusa petrarchesca o gli
spiriti magni o la valletta dei principi danteschi sono in grado di
evocare2. Il percorso iniziatico che conduce verso l’elevazione
dello spirito ha dunque delle ambientazioni privilegiate al fine di
operare un distaccamento dal mondo dove sia possibile inqua-
Firenze Architettura (2, 2016), pp. 110-117
ISSN 1826-0772 (print) | ISSN 2035-4444 (online)
© The Author(s) 2016. This is an open access article distribuited under the terms of the
Creative Commons License CC BY-SA 4.0 Firenze University Press
DOI 10.13128/FiAr-20312 - www.fupress.com/fa/
Matrice sacra dell’eremo tra interiore e infinito
Sacred matrix of the hermitage, between interiority and infinity
Sandro Parrinello
A link between East and West
From the early days of civilisation man has sought secure areas,
places in which he can find refuge from the hostilities of the world.
A testimony of this are the many caves, inhabited since the dawn
of time, usually located in places that are difficult to access,
half-way up rocky faces, which guaranteed, in addition to good
hygienic and security conditions, a clear definition of boundaries
and limits between the various “properties” on which a shelter
was built. The relationship between man and emptiness, be-
tween the need for shelter and the possibility of the contrast with
a territorial view, motivated a fear and a dimensional conscious-
ness that in some way transformed these places into privileged
models for establishing a deep contact with a vertical dimension
in opposition to gravity. The vertical-horizontal layout sustains the
entire spatial conception in which the straight line introduces the
extension towards an idea of direction1. The vertical ascension
towards heaven, the elevation above physical space, beyond
gravity, determined a privileged connection with observation and
with receiving more information, because it permits being closer
to seeing things as they are seen by God.
The reaching of the hermitage, the place from which it is possible
to contemplate the essential nature of things, is often imagined as a
tortuous and dangerous road which crosses the forest, the desert or
youth, in the direction of that wisdom or rewarding peace that only
places like Petrarch’s Vaucluse or Dante’s abode of the great spirits
and valley of the princes are capable of evoking2. The initiatory path
that leads to the elevation of the spirit, therefore, has privileged set-
tings, aimed at carrying about a detachment from the world which,
This paper proposes a reflection on the value of the sacred space of the hermitage and a stylistic and
typological comparison of models that have characterised the evolution of its image. The hermitage is designed
for suggesting a specific relationship between the hermit and the territory; the spiritual link, which becomes
landscape or formal structure, qualifies a sacred space which goes beyond boundaries in order to connect the
cell and the cave to the land, the world and the cosmos.
111
drare e relegare il mondo ad un panorama lontano, raggiungibile
attraverso l’estensione della propria spiritualità.
Le ragioni di queste ambientazioni sono riscontrabili nelle grandi
tradizioni religiose mediorientali dove le prassi eremitiche erano
presenti ben prima che in occidente. Lì, assieme alla caverna,
l’albero costituisce l’elemento primitivo di riparo e non a caso tra
i primi eremiti oltre agli stiliti, che abitavano sulla colonna, i den-
driti abitavano su un albero3. Agli inizi del cristianesimo l’eremo
era un rifugio nel deserto nel quale si appartavano gli asceti che
abbandonavano il mondo per aspirare alla perfezione spirituale
esercitando una vita penitente. Il riparo nella roccia, protetto da
strutture murarie, raggiunse, nel corso di pochi secoli, un alto
grado di complessità così che l’eremo divenne in Occidente sino-
nimo di fortezza, sottolineando l’isolamento di una comunità.
Tra i più antichi eremi della cristianità è il Santuario delle Ten-
tazioni di Gerico, costruito nel luogo in cui Cristo fu tentato dal
demonio al termine dei quaranta giorni nel deserto. Al limitare
dell’ultimo balzo sulla depressione del Mar Morto, dalla cresta del
monte è possibile osservare la Valle del Giordano e l’oasi, ricolma
di ogni prodotto che la terra può offrire. Questa la tentazione: la
possibilità di scendere, cibarsi e dissetarsi, di rinunciare al Bene
per sopravvivere alle ostilità della vita, il deserto.
Modello analogo è l’eremo della Verna (AR) che svetta dal sasso
proprio nel luogo in cui San Francesco fu tentato dal demonio.
A La Verna il limite naturale della roccia cinge l’eremo ed il com-
plesso delle stimmate separandolo dal convento, includendo le
piccole celle nella radura irraggiungibili se non attraverso la porta
che conduce dagli eremiti.
framing and relegating that same world to a far-away landscape,
reachable through the expansion of one’s own spirituality.
The reasons for these settings are found in the great Middle-
Eastern religious traditions in which hermit practices were present
well before they reached the West. There, together with the cave,
the tree constitutes the primitive element of shelter and it is not a
coincidence that among the first hermits, together with the stylites,
who lived on columns, were the dendrites, who lived on trees3. In
early Christianity, the hermitage was a refuge in the desert in which
ascetics who abandoned the world in order to aspire to spiritual
perfection would isolate themselves, leading a life of penance. The
shelter in the rock, protected by walls, acquired over a period of a
few centuries a high degree of complexity, and it is thus that in the
West the hermitage became synonymous with the fortress, under-
lining the isolation of the community.
Among the most ancient Christian hermitages is the Monastery
of the Temptation in Jericho, built on the place where Christ was
tempted by the devil after forty days in the desert. Built on a cliff
overlooking the depression of the Dead Sea, from the peak of the
mount it is possible to see the Valley of the Jordan and the oasis,
rich with all the goods that the land has to offer. This is the tempta-
tion: the possibility to descend, to feed and drink, to give up the
Good in order to survive to the hostilities of life, of the desert.
The Hermitage of la Verna, in the province of Arezzo, stands on a
rocky cliff in the place where Saint Francis was tempted by the devil
and is built on a similar model. The natural limit of the rock encloses
the hermitage and the complex of the stigmata, separating it from
the monastery, including the small cells in the clearing that are inac-
112
p. 111
Paolo Uccello, La Tebaide, tempera su tela (83x118 cm), 1460 ca.
La vita dei santi è descritta in relazione allo spazio della vita eremitica, al
tema della meditazione come percorso spirituale
pp. 112-113
Il modello del villaggio da circolare, come la volta celeste, diviene
quadrato nel modello di un paradiso recinto da mura e di una
Gerusalemme Celeste
pp. 114-115
Grotte nelle pareti rocciose del deserto di el-Bariyah in Palestina.
Il Monastero delle Tentazioni, insediamento monastico del XIX sec.
Veduta del Monastero di San Giorgio, costruito dai monaci nel IV sec per
provare l’esperienza del deserto come i profeti.
Il monastero cinese di Xuang Kong a Datong, conosciuto con il
soprannome “il monastero sospeso”, aggrappato ad una parete rocciosa
ai piedi del monte Heng nella provincia di Shanxi.
Veduta del complesso di templi del Monastero di Taktasang, di religione
buddista, costruito attorno alla caverna dove la tradizione ritiene che
abbia meditato il guru indiano Padmasanmbahaya nel VIII sec.
p. 116
Sandro Parrinello
Chiesa di La Verna, acquerello
Veduta dell’Eremo di La Verna
p. 117
Veduta del modello tridimensionale dell’Eremo di Camaldoli, piattaforma
per la fruizione remota degli ambienti inaccessibili della clausura.
Le diverse celle dell’Eremo di Camaldoli a confronto, si evidenziano le
variazioni planimetriche in relazione al modello.
Analoghi sistemi insediativi si possono trovare con riferimenti
trasversali a numerose culture, dal complesso di Wudang, nella
provincia di Hubei, in Cina, dove i monasteri sporgono e comple-
tano l’ambiente naturale dei monti sacri per i fedeli taoisti4, alle
architetture di Taktsang Palphug o di Xuang Kong o i più vicini
esempi del monastero di San Giorgio in Palestina, il Monastero di
Sumela in Turchia fino all’eremo di Calomini in Garfagnana o San
Viviano nella località di Vagli di sopra, in Lucchesia5.
La cella dell’eremita
L’articolazione degli spazi di carattere eremitico è stata influenzata
da eventi, personaggi, luoghi e teorie spirituali anche molto lontani
nel tempo nello spazio. Ne è scaturito, quindi, un eterogeneo
sistema di modelli di organizzazione. Tuttavia, pur nella varietà
e nella ricchezza degli esempi, più o meno complessi, è ancora
riconoscibile, il più delle volte, un nucleo simbolico e nello stesso
tempo concreto, sia per le sue caratteristiche di elemento origina-
rio, sia per un uso dello spazio in forma semplice ed elementare,
essenziale. Si potrebbe dire che alla tensione verso la spiritualità
si accompagna una ricerca di spazio rarefatto. Solo con un’appa-
rente contraddizione in termini, si allentano i legami con la forza di
gravità e si aumentano quelli con il luogo, si allontanano i rapporti
con la funzione e si avvicinano quelli intessuti con il trascorrere del
giorno e delle stagioni. In alcuni casi il momento del passaggio dal-
lo spazio naturale a quello artefatto viene considerato non come
una conquista o un superamento, ma come un momento dialet-
tico necessario. Da un nucleo originario si sono sviluppati forme
diverse di aggregazioni, ma alla fine l’elemento di origine, pur nella
sua povertà, rimane punto di riferimento spaziale per ritornare alle
pratiche spirituali collegate alla vocazione eremitica.
A Camaldoli il modello del villaggio ordinato e recinto dalla fore-
sta si concretizza, si sviluppa e cresce non in relazione ad una
cessible except for a door from which the hermits can reach them.
Similar settlements can be found with transverse references to
numerous cultures, from the complex of Wudang, in the province
of Hubei, in China, where monasteries project over the natural land-
scape of the mountains, sacred for the Taoists4, to the architectures
of Taktsang Palphug or Xuang Kong, or examples nearer to us such
as the Monastery of Saint George in Palestine, the Monastery of
Sumela in Turkey, the hermitage of Calomini in Garfagnana or San
Viviano in Vagli di Sopra, in Lucchesia5.
The hermit’s cell
The articulation of spaces devoted to hermitage functions was
influenced by events, figures, places and spiritual theories often
distant from one another in both time and space. The result is thus
a heterogeneous system of organisational models. However, even
within the variety and wealth of examples, more or less complex in
nature, there is still generally a symbolic, yet concrete, nucleus that
can be recognised, both in terms of its features as primal element
and for its use of space in a simple, essential and elementary way.
It could be asserted that the tension toward spirituality is accom-
panied by a search for a rarefied space. With only an apparent
contradiction in terms, the links to the force of gravity are loosened
and those to the place are bound stronger, in the same way, there
is a distancing from the function and an increase in the relationship
with the passage of time, of the days and of the seasons. In some
cases the moment of the passage from the natural to the built
space is considered not as a conquest or achievement, but as a
necessary dialectical moment. From an original nucleus various
forms of aggregation were developed, yet the original element, in
its poverty, remains ultimately as the point of reference for a return
to the spiritual practices related to eremitical asceticism.
At Camaldoli the model of a well-ordered village surrounded by
113
regola metrica dimensionale, ma quasi spontaneamente attra-
verso la realizzazione di celle ciascuna delle quali perfettamente
autonoma nei confronti del sistema organizzativo generale.
San Romualdo decise agli inizi del XI secolo di proporre la for-
mulazione di un modello nel quale convivessero sia l’Eremo che
il Monastero, riprendendo così usanze orientali e l’esperienza
antica della meditazione delle scritture nel silenzio della cella
eremitica, o Lavra, garantendo comunque un minimo di relazione
con gli altri eremiti, evitando l’isolamento totale, nella struttura
cenobitica. La Lavra è la casa che ogni monaco ha a disposizione
e in custodia per il proprio ritiro spirituale, in cui lavora, studia e
prega e che è caratterizzata dalla struttura a chiocciola, capace di
proteggere dal clima rigido che si prolunga in un piccolo giardino
chiuso dal muro. Il tutto (cella e giardino) costituisce l’ambiente
di rispetto per il monaco. Vivendo in tal modo il Camaldolese
può dirsi anche eremita e a differenza delle celle dei Certosini,
che sono contigue al chiostro, quelle camaldolesi sono disposte
in prossimità della chiesa, ma ognuna forma un edificio a
stante, per questo l’eremo assomiglia ad un minuscolo villaggio
composto da alcune case (da un minimo di 4 a un massimo di
20) col proprio giardino, la chiesa e alcuni fabbricati più grandi
di uso comune. L’interno della cella è composto di tre locali:
una stanza adibita ordinariamente allo studio, al riposo e alla
consumazione dei pasti, la cappella con l’altare e un locale de-
stinato ai servizi. Ciascuna cella fa riferimento ad un modello che
propone un percorso di separazione della vita dell’eremita dal
mondo esterno, attraverso il giardino nel quale si possono colti-
vare autonomamente i frutti della terra, una spirale conduce dal
porticato agli ambienti interni fino al cuore dell’abitazione dove
si trovano, disposti in forma allineata, i tre ambienti dedicati allo
studio, alla vita e alla preghiera. La cella camaldolese, costruita
secondo questo principio, è il risultato di un’evoluzione che nel
the forest is crystalised, it develops and grows not in relation to
a metric dimensional rule, but almost spontaneously through the
building of cells, each of which perfectly autonomous from the
general organisational system.
Saint Romuald decided in the early 11th century to develop a
model in which both the Hermitage and the Monastery could be
combined, retaking Eastern practices and the ancient experi-
ence of meditation on the scriptures in the silence of the hermit’s
cell, or Lavra, while ensuring, through the cenobitic structure, a
minimum of relationship to the other hermits, thus avoiding total
isolation. The Lavra is the house that every monk can use for
his own spiritual retreat, it is the place where he works, studies
and prays. It has a cochlear structure which protects the monk
from the harsh weather and extends into a little garden enclosed
by walls. The whole structure (cell and garden) constitutes the
exclusive space for the monk, and living thus the Camaldolese
monk can consider himself a hermit too, unlike the Carthusian.
Whereas the Carthusian cells are placed around the cloister,
the Camaldolese place theirs next to the church, yet each is a
small independent building and thus the monastery resembles a
minute village composed by some houses (a minimum of 4 and
a maximum of 20), each with its own garden, as well as a church
and a few other large communal buildings. The interior of the cell
includes three spaces: a room usually used for study, rest and
eating, the chapel with the altar and the toilet. Each cell refers to
a model that proposes a separation of the hermit´s life from that of
the external world, through the garden where the fruit of the land
can be grown by every monk, a spiral leads from the portico to
the interior and finally to the core of the dwelling where the three
spaces devoted to study, life and prayer are found, aligned in that
order. The Camaldolese cell, built following this principle, is the
result of an evolution which through time has completely modified
114
tempo ne ha completamente modificato gli aspetti dimensionali
mantenendo però invariata la conformazione interna, il modello
distributivo e funzionale6.
Una questione di dimensione o di misura
In realtà non esistono spazi esclusivi per meditare, ogni spazio
può considerarsi adatto; inoltre quello più semplice garantisce
uno spreco minore di energie. Alcuni spazi tradizionalmente de-
dicati alla riflessione allo studio, usati anche da popoli di culture e
tradizioni diverse, si adattano meglio di altri a tali funzioni perché
prevedono accorgimenti particolari di isolamento, di illumina-
zione, ripartizione e dislocazione degli ambienti. Tuttavia si può
meditare anche all’aperto, in assenza di qualsiasi confort; quello
che conta di più è una disposizione a costruirsi uno spazio attorno
a sé. Questo spazio non è necessariamente definito da un’archi-
tettura o può esserlo anche solo in una forma virtuale, sfruttando
i movimenti di contrazione e dilatazione che diventano palpabili
con il modificarsi della luce per tendere alla comprensione del
processo generativo dello spazio elementare.
Da qui è breve il passo per un necessario riferimento al pensie-
ro di Heidegger: Non solo poetare a abitare non si escludono
reciprocamente. Essi sono anzi in una coesione inscindibile, si
richiedono reciprocamente7.
Il rilievo delle strutture degli eremi ha messo in luce, anche grazie
alle attività di ricerca tese a verificare il comportamento costruttivo
degli elementi che compongono tali architetture sacre, una com-
prensione culturale dello spazio vincolato alla natura dell’eremo
come espressione formale. La sperimentazione di numerose tec-
niche di acquisizione dati, integrando misurazioni effettuate con i
più sofisticati strumenti di rilevamento, ha permesso il confronto
sistematico delle misure stesse. Il modello virtuale è stato scompo-
sto, sezionato, reso discreto e confrontato con diverse unità di mi-
the dimensional factor, yet has kept intact the interior structure,
and the distributive and functional model6.
A question of dimension or measure
In truth there are no special places for meditating, any space can
be adequate; as a matter of fact the simpler space ensures a lesser
wastage of energy. Some spaces traditionally used by a variety of
cultures for reflection and study are better adapted than others to
this purpose because they envisage a series of requirements in
terms of isolation, illumination, placement and distribution of the
environments. Meditation, however, can also be done outdoors, in
the absence of any comfort; what is important is the will to build a
space around oneself. This space is not necessarily defined by an
architecture, or may be so only virtually, taking advantage of the
movements of contraction and dilation that become palpable with
the changing light, which in turn helps to understand the generative
process of elementary space.
It is a short distance from here to a necessary reference to Heidegger’s
thought: Not only are dwelling and poetry not mutually excluding. They
are in a state of inseparable cohesion, they need each other mutually7.
The survey of hermit’s structures has highlighted, also thanks to
research activities aimed at verifying the building behaviour of the ele-
ments that compose the said sacred architectures, a cultural under-
standing of the space linked to the nature of the hermitage as formal
expression. The experimentation with numerous data acquisition tech-
niques, which include the measurements taken with the help of state
of the art survey instruments, has allowed the possibility of undertaking
systematic comparisons of the measurements in question. The virtual
model was decomposed, sectioned, rendered discreet and compared
to different units of measure, with the purpose of understanding that, in
this case, the measure has a verbal relation to the formal model. Ad-
ditionally, the type has shown a technological and functional evolution
115
sura al fine di comprendere che la misura, in questo caso, ha una
relazione verbale con il modello formale. Il tipo inoltre ha mostrato
nel tempo un’evoluzione di carattere tecnologico e funzionale
grazie alla quale riducendo ai minimi termini quelle qualità che lo
definiscono, diviene possibile stabilire quelle invarianti formali che
qualificano l’architettura eremitica in questo caso camaldolese.
Dal modello ideale, necessario per la comprensione dell’archi-
tettura, il passaggio al modello virtuale ed allo spazio algoritmico
della Realtà Virtuale costituisce inoltre una sfida non solo in sen-
so filosofico e creativo, per quanto riguarda i modi attraverso cui
i contorni delle forme digitali sono generati mediante il ‘substrato’
algoritmico della matrice digitale, ma anche per le opportunità
che tali modelli costituiscono nel momento in cui permettono di
concretizzare una moltitudine di relazioni altresì celate.
1 R. Arnheim, Arte e percezione visiva, Feltrinelli, 2002, pag.160. “Il test di intel-
ligenza Stanford-Binet indica che all’età di cinque anni il bambino sa copiare il
quadrato mentre solo a sette riesce a copiare il rombo […] alle direzioni verticale
e orizzontale sono preposte cellule più numerose che alla direzione obliqua […]
sotto l’influenza della gravità l’evoluzione ha plasmato il sistema nervoso umano
sul predominio delle due direzioni fondamentali”.
2 Valchiusa, luogo provenzale trasformato in locus amoenus, si trasforma nella corni-
ce adatta al ritiro dal mondo, in un alternativa, che diventa l’altrove tanto desiderato
in mezzo al caos ed alla confusione infernale. La netta contrapposizione tra città e
campagna, intesa come luogo appartato, viene emancipata nell’opera del Petrarca.
3 Cfr. M. Montanari, 2011, Storia medievale, La terza Roma-Bari, prima edizione
2002, pp. 15/16.
4 Nel 1994 i templi delle montagne di Wudang vennero inclusi nell’elenco dei Patri-
moni dell’umanità dell’UNESCO, tra questi il palazzo d’oro (Jinding), il palazzo del
paradiso viola (Zixiao), il tempio della grotta inferiore (Nanyan), il tempio del principe
solitario (Taizipo), il tempio dei cinque draghi (Wulong), il tempio Yu Xu (Laoyin).
5 Anche in Toscana, il vivere in cavità naturali, ha origini preistoriche. In alcune aree
(Garfagnana, Lunigiana, zona dei Monti Pisani e Lucchesia) si trova un tipo di archi-
tettura rupestre che sfrutta le cavità naturali del terreno integrandole con strutture
in muratura atte a creare una chiusura artificiale, come in molti “tafoni” usati della
Gallura sarda oppure i “d’abri” in Francia.
6 Non esistono a Camaldoli celle di uguale dimensione o che dipendono da una
serie di rapporti geometrici particolari, a guidare la composizione è il modello del
percorso a spirale e la relativa distribuzione funzionale, la dimensione dipendeva
essenzialmente dalle disponibilità economiche.
7 Martin Heidegger, Saggi e discorsi [1954], Mursia, Milano 1976, pp. 135-138.
thanks to which, by reducing to its minimum the qualities that define
it, it is possible to establish those formal constants that qualify eremitic
architecture, in this case regarding the Camaldolese tradition.
The passage from the ideal model, necessary for understanding ar-
chitecture, to the virtual model and to the algorithmic space of Virtual
Reality, constitutes a challenge as well, not only in philosophical and
creative terms, concerning the ways in which the outline of digital
shapes are generated through an algorithmic ‘substratum’ from the
digital matrix, but also due to the opportunities that the said models
represent since they permit the crystalisation of a series of relations
that would otherwise remain hidden.
Translation by Luis Gatt
1 R. Arnheim, Arte e percezione visiva, Feltrinelli, 2002, pag.160. “The Stanford-
Binet intelligence test shows that when he is five years old the child knows how to
copy a square, whereas only at seven can he copy the rhombus […] more cells are
assigned to vertical and horizontal than to oblique directions […] under the influence
of gravity, evolution has set the human nervous system under the predominance of
the two fundamental directions”.
2 Vaucluse is a place in Provence which transforms into a locus amoenus, into the
adequate setting for the abandonment of the world, an alternative that becomes the
somewhere else which is so wished for in the midst of chaos and infernal confusion. The
clear contrast between city and countryside, understood as a remote place, becomes
emancipated in Petrarca’s work.
3 See M. Montanari, 2011, Storia medievale, La terza Roma-Bari, First Edition 2002,
pp. 15/16.
4 In 1994 the temples of the Wudang mountains were listed as UNESCO World Herit-
age Sites, among which the Golden Palace (Jinding), the Palace of the Purple Paradise
(Zixiao), the Temple of the Lower Cave (Nanyan), the Temple of the Solitary Prince
(Taizipo), the Temple of the Five Dragons (Wulong), and the Yu Xu Temple (Laoyin).
5 Also in Tuscany, living in natural caves has prehistoric origins. In some areas (Garfag-
nana, Lunigiana, the area of Monti Pisani and Lucchesia) examples are found of a cave
architecture that takes advantage of the natural cavities of the land, combining the with
built structures which provide an artificial enclosures, as in many “tafoni” used in the
Gallura region in Sardinia or the “d’abri” in France.
6 In Camaldoli there are no cells of the same size, or which depend on specific geo-
metrical relations; the guiding principle of the composition is the spiral model and the
resulting functional distribution, whereas the size depended on the economic resources
available.
7 Martin Heidegger, Saggi e discorsi [1954], Mursia, Milan 1976, pp. 135-138.
116
117
9771826 077002
ISSN 1826-0772
2.2016 più con menofirenze architettura
più con meno
architettura
firenze
2.2016
Periodico semestrale
Anno XX n.2
14,00
Spedizione in abbonamento postale 70% Firenze
FIRENZE
UNIVERSITY
PRESS
ResearchGate has not been able to resolve any citations for this publication.
ResearchGate has not been able to resolve any references for this publication.