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L’uomo e i corsi d’acqua: una convivenza che è diventata diffi cile fra urbanizzazioni intensive, alluvioni, danni e proposte di legge per rimuovere i sedimenti fl uviali

Authors:

Abstract

Discursive analysis based onwater courses, land-use planning, flooding, damage and fluvial sediments..
Poste Italiane S.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1 comma 1 - DCB Roma
Geologia dell’Ambiente
Periodico trimestrale della SIGEA
Società Italiana di Geologia Ambientale
2/2019
ISSN 1591-5352
PRESENTAZIONE
Il Convegno si propone di affrontare la problematica delle risorse naturali lapidee nell’Abruzzo e in genere nella montagna italiana, sia nel loro aspetto di
risorse naturali aventi anche una valenza storica e paesaggistica e quindi anche turistica ed economica, sia sotto l’aspetto della loro tutela, conservazione,
valorizzazione; infatti esse costituiscono caratteri peculiari delle tradizioni locali e del paesaggio tipico di queste regioni. Tale evento si pone anche alla luce
del recente riconoscimento (28.11.2018) dell’UNESCO per l’“Arte dei muretti a secco” quale patrimonio culturale immateriale dell’Umanità.
SOCIETÀ
ITALIANA
DI GEOLOGIA
AMBIENTALE
COMITATO ORGANIZZATORE
Silvano Agostini (Soprintendenza Archeologica dell’Abruzzo, Sigea), Massimo Basilici (Roma, Pereto), Rosanna Caputo (Pescara), Giovanni Cassarino
(Ragusa), Giacomo Di Matteo (Carsoli), Giuseppe Gisotti (Sigea, Roma, Pereto), Maurizio Lanzini (Roma), Eriuccio Nora (Modena), Guido Paliaga
(Genova), Giacinto Sciò (Sindaco di Pereto), Nicola Tullo (Atessa), Pierfranco Ventura (Roma, Poggio Cinolfo)
Registrazione 15.30 - 16.00
Indirizzi di saluto 16.00 - 16.30
Giacinto Sciò (Sindaco di Pereto)
Rappresentante OR Geologi Abruzzo
Rappresentante OR Geologi Lazio
Rappresentante LUMEN
Rappresentante STES
Giuseppe Gisotti (Sigea)
Relazioni
Le “carecare” di Pereto (AQ)
Massimo Basilici
L’architettura in pietra a secco dell’Abruzzo
Edoardo Micati
Le prevenzione dei dissesti tramite i muretti a secco
Pierfranco Ventura (SIGEA, Lumen, Stes)
Geositi, patrimonio naturale e culturale del Parco Nazionale della Majella alla luce della candidatura a Geoparco dell’Unesco
Elena Liberatoscioli (Parco Nazionale della Majella, Ordine dei Geologi dell ’Abruzzo)
Ardesia di Liguria, peculiarità del paesaggio: i tetti di pietra e l’edilizia spontanea
Marco Del Soldato (Sigea, ISCuM Istituto di Storia della Cultura Materiale, Genova)
Chiusura lavori a cura di Giuseppe Gisotti
PAESAGGI DI PIETRA
Muretti in pietra a secco, capanne a falsa cupola,
“calcare”, coperture litiche, geositi:
l’uso delle risorse naturali lapidee nella montagna italiana
È stata inoltrata richiesta per crediti APC per geologi.
Gli Atti del Convegno verranno pubblicati su un supplemento in formato digitale della rivista uciale della Sigea “Geologia dell’Ambiente”.
COMUNE DI
PERETO
LUMEN
CONVEGNO
Pereto (AQ) | 9 agosto 2019 | ore 16.00 - 19.00
presso la sede della ProLoco di Pereto, Corso Umberto I
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PRIMA CIRCOLARE
AVVISO DI PAGAMENTO DELLA QUOTA SOCIALE 2017
Il Consiglio Direttivo ha confermato anche per il 2018 la quota associativa di 30 euro da versare
entro il 31 marzo con le seguenti modalità:
- versamento su conto corrente postale n. 86235009
- bonifico bancario o postale, codice IBAN: IT 87 N 07601 03200000086235009 (Banco Posta)
intestato a: Sigea, Roma, riportando i dati del socio iscritto e la causale del versamento.
In copertina: Giorgio Barozzi, Parco Regionale dei Sassi di Roccamalatina (Emilia-Romagna),
particolare della foto “Menzione speciale Patrimonio Geologico” del Concorso fotogra co
“Obiettivo Terra 2019”. I Sassi di Roccamalatina sono costituiti da rigide e scoscese masse
arenacee, inglobate in un complesso litologico argilloso e ad assetto caotico; queste rupi
prominenti sul dolce paesaggio collinare sono da sempre un forte punto di attrazione, tanto
da dare il nome all’ omonimo Parco Regionale, nel Modenese.
L’uomo e i corsi d’acqua: una convivenza che è diventata
di cile fra urbanizzazioni intensive, alluvioni, danni
e proposte di legge per rimuovere i sedimenti  uviali
F L
Il rischio vulcanico in Italia
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Il disagio del territorio
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Giuseppe Zamberletti, un grande italiano:
il ricordo di un geologo
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Società Italiana di Geologia Ambientale
Associazione di protezione ambientale a carattere
nazionale riconosciuta dal Ministero dell’ambiente,
della tutela del territorio e del mare con
D.M. 24/5/2007 e con successivo D.M. 11/10/2017
PRESIDENTE
Antonello Fiore
CONSIGLIO DIRETTIVO NAZIONALE
Danilo Belli, Lorenzo Cadrobbi, Franco D’Anastasio
(Segretario), Daria Duranti (Vicepresidente),
Antonello Fiore (Presidente), Sara Frumento,
Fabio Garbin, Enrico Gennari, Giuseppe Gisotti
(Presidente onorario), Gioacchino Lena (Vicepresidente),
Luciano Masciocco, Michele Ori ci, Vincent
Ottaviani (Tesoriere), Angelo Sanzò, Livia Soliani
Geologia dell’Ambiente
Periodico trimestrale della SIGEA
N. 2/2019
Anno XXVII • aprile-giugno 2019
Iscritto al Registro Nazionale della Stampa n. 06352
Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 229
del 31 maggio 1994
DIRETTORE RESPONSABILE
Giuseppe Gisotti
COMITATO SCIENTIFICO
Mario Bentivenga, Aldino Bondesan, Giancarlo
Bortolami, Giovanni Bruno, Giuseppe Gisotti,
Giancarlo Guado, Gioacchino Lena,
Giacomo Prosser, Giuseppe Spilotro
COMITATO DI REDAZIONE
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Francesco Cancellieri, Valeria De Gennaro, Fabio
Garbin, Gioacchino Lena, Maurizio Scardella
REDAZIONE
Sigea c/o Fidaf - Via Livenza, 6 00198 Roma
tel. 06 5943344
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PROCEDURA PER L’ACCETTAZIONE
DEGLI ARTICOLI
I lavori sottomessi alla rivista dell’Associazione,
dopo che sia stata veri cata la loro pertinenza
con i temi di interesse della Rivista, saranno
sottoposti ad un giudizio di uno o più referees
UFFICIO GRAFICO
Pino Zarbo (Fralerighe Book Farm)
www.fralerighe.it
PUBBLICITÀ
Sigea
STAMPA
Tipolitogra a Acropoli, Alatri (FR)
La quota di iscrizione alla SIGEA per il 2019
è di € 30 e da diritto a ricevere la rivista
“Geologia dell’Ambiente”.
Per ulteriori informazioni consulta il sito web
all’indirizzo www.sigeaweb.it
Sommario
A questo numero è allegato il supplemento digitale
del volume
Boni ca dei siti inquinati
A cura di
Daniele Baldi
Responsabile scienti co
Marco Giangrasso
Coordinamento con RemTech Expo
Silvia Paparella
scaricabile all’indirizzo web
www.sigeaweb.it/supplementi.html
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Periodico trimestrale della SIGEA
Società Italiana di Geologia Ambientale
Supplemento al n. 2/2019
ISSN 1591-5352
BONIFICA DEI SITI INQUINATI
A cura di
DANIELE BALDI
Responsabile scientifico
MARCO GIANGRASSO
Coordinamento con RemTech Expo
SILVIA PAPARELLA
Geologia dell’Ambiente • n. 2/2019
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Fabio Luino
Geomorfologo, ricercatore presso il CNR
IRPI di Torino
E-mail: fabio.luino@irpi.cnr.it
INTRODUZIONE
La penisola italiana è un territorio
con una notevole propensione al “disse-
sto geo-idrologico”, un termine molto
utilizzato, anche se abbastanza ambiguo
e tipicamente italiota, al punto che ri-
sulta intraducibile all’estero. Fra frane,
colate detritiche torrentizie nei piccoli
bacini montani e alluvioni nelle aree
pianeggianti ogni anno abbiamo perdi-
te economiche spaventose, mediamente
circa 6 milioni di euro al giorno (Luino,
2005) e purtroppo anche molte vittime:
ben 230 solo in Piemonte e Liguria dal
1968 ad oggi (CNR IRPI, Polaris).
Ogni anno è così, con una con-
centrazione maggiore in certi periodi:
il tardo autunno appena trascorso, ad
esempio per il Nord Italia, è notoria-
mente il più pericoloso. In particolare
nella prima decade di novembre si sono
creati spesso i presupposti climatico-
meteorologici per disastrose alluvioni:
ricordiamo quelle del 1994 (Fig. 1),
del 1968, del 1951 solo per ricordare i
grandi eventi del dopoguerra. I danni
risultano essere ogni volta maggiori: a
parità di aree colpite, infatti, maggiore è
il numero di strutture e di infrastrutture
coinvolte. Case d’abitazione, capannoni
industriali, scuole, ospedali, strade, poi
ponti, linee elettriche, acquedotti, per-
sino autostrade e ferrovie.
1. L’URBANIZZAZIONE
SENZA REGOLE
Questo fatto è inevitabilmente le-
gato alla dilagante urbanizzazione che
a partire dalla metà degli anni ’50 del
secolo scorso ha progressivamente oc-
cupato le aree ancora libere con una
lenta, ma inesorabile invasione degli
spazi vitali dei corsi d’acqua. Lo svi-
luppo urbanistico a partire da quel pe-
riodo è avvenuto, infatti, attraverso una
sistematica sottrazione di quelle fasce
ubicate ai lati delle sponde naturali ove
il corso d’acqua poteva divagare senza
creare danni: questi corridoi erano una
sorta di “polmone”, di aree di espansione
atte a contenere gli eventi straordinari,
una sorta di garanzia. Ora, invece, abbia-
mo torrenti e umi quasi costantemente
canalizzati, costretti spesso in passaggi
angusti fra case, ponti, ponticelli, argini
e scogliere: il loro alveo è stato ridotto,
della metà, e in alcuni casi anche ad un
terzo della ampiezza originale. Abbia-
mo migliaia di casi simili: ed alcuni di
essi hanno subito importanti “collaudi
naturali”. Olbia, ad esempio, è sicura-
mente un caso tipico: il 18 novembre u.s.
è stato il 5° anniversario della gravissima
alluvione del 2013 con 19 vittime, 9 del-
le quali solo ad Olbia. Questa città ha
subito nel volgere di qualche decennio
un’impressionante espansione urbani-
stica, testimoniata dalle fotograe aeree
(Fig.2), che non ha tenuto nella dovuta
considerazione i torrenti che attraversa-
vano la zona, le loro sezioni di deusso,
la morfologia depressa di alcune zone
urbane (il quartiere Baratta ad esempio).
I risultati si sono visti non solo nel 2013,
ma anche più recentemente.
Come è stato possibile? Sino alla
metà degli anni ’80 del secolo scorso
sussisteva la possibilità di costruire im-
mobili lungo i corsi d’acqua senza grosse
dicoltà. Il risultato è sotto gli occhi di
tutti. Sono quelle decine di migliaia di
abitazioni e capannoni industriali ubi-
cati a pochi metri dalle sponde e dagli
argini di moltissimi corsi d’acqua ita-
L’uomo e i corsi d’acqua: una
convivenza che è diventata
difficile fra urbanizzazioni
intensive, alluvioni, danni
e proposte di legge per
rimuovere i sedimenti fluviali
Man and the water courses: a difficult
coexistence among intensive urbanizations,
floods, damage and law proposals
to remove the fluvial sediments
Parole chiave: Corsi d’acqua, pianificazione territoriale, alluvioni, danni, sedimenti fluviali
Key words: Water courses, land-use planning, flooding, damage, fluvial sediments
Figura 1. Alluvione del 5-6 novembre 1994 in Alessandria, ove vi furono 14 vittime. Nell’immagine sono visibili
gli effetti dell’esondazione del Fiume Tanaro nel quartiere Orti (Foto Regione Piemonte)
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liani (Fig.3): si è consumato suolo, siè
costruito dove non si doveva costruire.
Sono state realizzate persino discariche
legalmente autorizzate in aree di natu-
rale divagazione di umi (Fig.4).
Si sono comunque costruiti edici
vicino ai corsi d’acqua anche dopo ta-
le data (nonostante la Legge Galasso
dell’agosto 1985), molti abusivi, soprat-
tutto nel Sud Italia (vedasi numerosi
Rapporti ISPRA e Rapporti INU),
condando nei condoni che si sono
succeduti nel 1985, 1994 e 2003 con i
quali lo Stato indebitato ha pensato di
sanare i conti della nanziaria in corso,
sebbene le entrate dei condoni rappre-
sentino di gran lunga una goccia nel ma-
re rispetto alle risorse che mediamente
lo Stato spende per far fronte agli eventi
alluvionali. A questa anomalia esclusi-
vamente italiana, si aggiunge in alcune
parti d’Italia la mancanza di strumenti
urbanistici in grado di regolamentare
l’uso del suolo o laddove siano presenti
la loro attuazione non appare coerente
con la vulnerabilità del sistema naturale.
2. LA COPERTURA DEI
CORSI D’ACQUA
Non contenti di aver retticato, ri-
stretto e canalizzato i corsi d’acqua, si è
poi brillantemente pensato di ricoprirli
con platee in cemento (in gergo utiliz-
ziamo i termini tombinare o tombare),
cioè di farli sparire per lunghi tratti, cre-
ando al di sopra strade, piazze, parcheg-
gi, talvolta persino condomini (Figg.5,
6 e 7). Una pratica purtroppo diusa in
tutte le regioni d’Italia, che vede pro-
babilmente la Liguria in testa ad una
classica realmente dicile da stilare:
non esiste, infatti, a tutt’oggi un data-
base a livello nazionale dei corsi d’acqua
ricoperti e delle lunghezze di tali tratti.
Questa pericolosa pratica è già ini-
ziata alcuni secoli orsono, ma ovvia-
mente riguardava solo brevi tratti, ma-
gari solamente torrenti. Ma poi, con il
progredire della tecnica costruttiva, si è
passati ai umi: uno dei primi casi sto-
Figura 2. Due immagini aeree testimoniano l’impressionante espansione urbanistica della città di Olbia dal 1954
al 2008. Nei quartieri che prima erano paludosi e poi sono stati bonificati, sono sorte centinaia di case: ma la
morfologia depressa è rimasta intatta al punto tale che, ogni volta che vi è un evento piovoso anche di pochi giorni,
queste zone di Olbia vengono inondate dai piccoli rii che la attraversano (http://www.sardegnageoportale.it/
webgis2/sardegnafotoaeree/)
Figura 3. Pietra Ligure (SV). Confronto fra la situazione antecedente la Seconda Guerra Mondiale (carta IGM)
ed oggi (Google Earth). La cittadina di circa 8.000 abitanti è uno dei tanti esempi di densa urbanizzazione lungo
le sponde e sopra l’alveo stesso: non solo ponti, ma anche un ampio parcheggio poco a monte della foce
Figura 4. Alba (CN). Vasta discarica per rifiuti solidi
urbani (evidenziata con contorno bianco), realizzata
in tutta legalità a partire dall’inizio degli anni ‘80, a
poche decine di metri dalla sponda destra del Fiume Ta-
naro, in corrispondenza di un vecchio alveo (facilmente
visibile sulla carta IGM del 1897). Durante l’evento
alluvionale del novembre 1994, le acque di piena inon-
darono completamente l’area compresa fra il Tanaro e
il tracciato della superstrada: erodendo violentemente la
base della discarica (frecce bianche), le acque asportarono
migliaia di tonnellate di rifiuti con conseguenti gravi
problemi d’inquinamento lungo tutta l’asta del Tanaro
(foto CGR, 1994)
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rici importanti di ricoprimento di un al-
veo ha riguardato il Bisagno, il famoso
ume di Genova, un corso d’acqua con
un bacino di 95 km2 che piomba giù dai
versanti appenninici alle spalle del capo-
luogo ligure. Gli ultimi 1.400 m dell’al-
veo del Bisagno, sono completamente
coperti a partire dal ponte della ferrovia
sino allo sbocco in mare (Fig.5). Il Du-
ce voleva un viale per le adunate e per
le parate fasciste? Alcuni ingegneri del
tempo, particolarmente vicini al partito,
assecondarono le volontà di “Sua Eccel-
lenza” e nel giro di qualche anno proget-
tarono una imponente copertura. I la-
vori iniziarono celermente: fu ricoperto
il tratto terminale del ume, ma furono
errati i calcoli delle sezioni utili al de-
usso (Inglese et al., 1909), nonostante
altri illustri ingegneri sconsigliassero vi-
vamente l’opera. La geniale trovata della
copertura si è rivelata negli anni la cau-
sa principale di gravose inondazioni di
gran parte della città: nell’ottobre 1945,
novembre 1951, settembre 1953 ed ot-
tobre 1970. Nonostante questi episodi,
in preparazione dei mondiali di calcio
del 1990, fu realizzato un piazzale par-
cheggio antistante lo stadio di Marassi.
Dove? Ovviamente sopra l’alveo del Bi-
sagno, che fu ricoperto per altri 278 m di
lunghezza! Nel settembre 1992, piogge
molto intense, provocarono una piena
del Bisagno che non fu contenuta entro
gli argini: anche in questo caso la duplice
copertura (quella recente dello stadio e
quella più vecchia del tratto nale) eb-
be un ruolo determinante per l’esonda-
zione. Così come nel novembre 2011 e
nell’ottobre 2014, l’ultima inondazione
in ordine di tempo (Faccini et al., 2018).
Una buona parte della città in queste
occasioni è sempre stata pesantemente
inondata e vi sono state diverse vittime.
Dopo aver violentato questi corsi
d’acqua ed averli ridotti in schiavitù,
ci lamentiamo se ogni tanto “escono di
casa” e ci fanno visita! Siamo veramente
patetici: la Natura fa il suo corso, non
dimentichiamolo. Disse il drammatur-
go tedesco Bertold Brecht: “Tutti a dire
della rabbia del ume in piena e nes-
suno della violenza degli argini che lo
costringono”.
Figura 6. Genova-Prà. Il Torrente S. Pietro, alcune decine di metri a monte dello sbocco nel mare, sottopassa un complesso abitativo di sei piani, sorto proprio nell’alveo del
torrente. La sezione di deflusso è chiaramente insufficiente e, in occasione di intense precipitazioni (la foto di sinistra si riferisce all’evento del settembre 1993, foto Luino), il
torrente esonda allagando le vie e il piano terreno dei palazzi circostanti
Figura 7. Vista aerea da Google Earth di Varazze. Il Torrente Teiro, un corso d’acqua particolarmente pericoloso
(gravi furono le alluvioni del giugno 1915, novembre 1968, agosto 1978, settembre 1988, settembre 1993, 4
ottobre 2010 e 11 novembre 2014), alcune decine di anni fa è stato maldestramente ricoperto per gli ultimi 230
m prima dello sbocco in mare
Figura 5. Vista aerea da Google Earth di Genova. Il Fiume Bisagno, con un alveo che in due secoli si è ridotto ad
un quarto (da 280 m a 70 m circa), risulta coperto per il suo tratto terminale di 1,4 km
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677/1996 a valenza temporale voluto a
seguito degli eventi alluvionali che in-
teressarono la Versilia nel giugno 1996),
aerma come la causa di tanti disastri
stia “nella mancata pulizia degli alvei dei
umi e dei torrenti che provoca l’innal-
zamento degli alvei, dovuto alla cronica
deposizione dei sedimenti e di trasporto
solido, riducendo la sezione, che non ri-
esce più a contenere il volume d’acqua
del bacino scolante”. La maggior parte
dei problemi sarebbe risolta con una ma-
nutenzione costante del corso d’acqua,
liberandolo dai tronchi d’albero e dal
materiale vegetale che ne impediscono
il regolare deusso, e con una pulizia
del fondale dei umi e dei torrenti dalla
deposizione della sabbia e della ghiaia
trascinate dalla corrente, che ripristini
la storica condizione dell’alveo e la se-
zione originale di deusso. Purtroppo,
attualmente, vi è “una legislazione ob-
soleta, carica di inopportune ideologie
ambientaliste”. Per rimediare, il testo
darebbe per tre anni poteri straordinari
ai Presidenti delle Regioni per concede-
re tra l’altro a privati l’autorizzazione a
estrarre “ciottoli, ghiaia e sabbia e altre
materie” dal letto dei umi: materiale
lapideo, valutato sulla base dei canoni
demaniali, che verrà reso agli operatori
per quantitativi commisurati al lavoro
svolto.Il Vice-Premier nel dopo-allu-
vione non ha fatto altro che cavalcare
una credenza popolare, alimentata ad
hoc proprio dai cavatori e dalle azien-
de produttrici di materiale per l’edilizia,
secondo la quale le esondazioni siano
favorite dal fatto che nell’alveo dei corsi
d’acqua vi siano alberi, arbusti e molto,
forse troppo, materiale lapideo: sabbia,
ghiaia, ciottoli che formano un “mate-
rasso” roccioso che diminuisce lo spazio
per le acque.
È necessario a questo punto fare
chiarezza, sugli eetti dell’estrazione dei
sedimenti, sulla interpretazione scienti-
ca e su possibili modalità gestionali
sostenibili.
4. CHE COS’È
L’OFFICIOSITÀ
IDRAULICA DEI CORSI
D’ACQUA?
Nell’ambito delle disposizioni che
regolamentano la manutenzione dei
corsi d’acqua è individuato quale obietti-
vo principale il mantenimento di buone
condizioni di ociosità idraulica. Esse,
no a non molto tempo fa, erano esclu-
sivamente associate ad un’ideale sezio-
ne trasversale regolare, trapezoidale, in
grado di trasportare a valle le portate
di piena con tiranti più bassi possibile
Dopo ogni evento alluvionale umi
di parole vengono pronunciate nei talk
show e scritte sui giornali e sui social
network: programmi televisivi orga-
nizzati in fretta e furia da improvvisati
conduttori e interlocutori aventi sovente
una scarsa conoscenza delle problemati-
che reali. Perché? Perché in questo cam-
po tutti possono dire quello che pensano
con una certa presunzione. Prendete il
campo medico: quando parla il cardio-
logo nessuno si sognerebbe di suggerir-
gli come ripulire le arterie coronariche
o riparare le valvole mitraliche. Tutti
rigorosamente in silenzio. Il campo del
dissesto geo-idrologico e in particolare
quello dei corsi d’acqua, invece, è come
la Nazionale di calcio: 60 milioni di
allenatori, 60 milioni di esperti di ge-
omorfologia uviale! E questo non per
aermare l’arroganza dell’infallibilità
della scienza, ma con l’auspicio di far
riemergere quell’esperienza empirica
oggi perduta delle comunità che vivono
sul territorio e di colmare il vuoto che
esiste tra conoscenza scientica e biso-
gno sociale di sicurezza.
3. DRAGARE I FIUMI
L’ultimo evento alluvionale, avvenu-
to fra la ne ottobre e la prima decade
di novembre dell’anno passato in diverse
regioni italiane, ha avuto caratteristiche
particolari. Oltre alle solite piene di
umi e torrenti, alle ricorrenti frane sui
versanti, vi sono state violente mareg-
giate e venti no a 180 km/h che in alcu-
ne zone del Veneto e del Trentino hanno
raso al suolo circa 14 milioni di alberi.
Una catastrofe boschiva mai registrata!
A distanza di qualche giorno, il
Vice-Premier Matteo Salvini, ha aer-
mato che al ne di evitare le solite inon-
dazioni, una soluzione potrebbe essere
quella di “dragare” i corsi d’acqua, vale a
dire abbassare il fondo dell’alveo, aspor-
tando un certo spessore di sedimenti
uviali, in maniera tale da aumentare la
sezione di deusso del corso d’acqua e
migliorare l’ecienza idraulica. Secon-
do Salvini vi sono stati “troppi anni di
incuria e malinteso ambientalismo da
salotto che non ti hanno fatto toccare
l’albero nell’alveo: poi ecco che l’albe-
rello ti presenta il conto” (Ansa.it, 4
novembre 2018). A supporto delle sue
aermazioni è rispuntata una Proposta
di Legge, precisamente la n. 260, scritta
qualche mese prima (marzo 2018) da
alcuni parlamentari.
La Proposta di Legge, intitolata
«Disposizioni per la manutenzione de-
gli alvei dei umi e dei torrenti» (che ri-
calca fedelmente un articolo della Legge
e pertanto con una minore occupazio-
ne possibile della pianura alluvionale in
termini di aree allagabili. Un modello di
corso d’acqua così denito non può te-
ner conto delle caratteristiche geomor-
fologiche e dei fenomeni di dinamica
uviale propri dei corsi d’acqua naturali
(formazione di isolotti, sviluppo di alvei
pluricursali, vale a dire a rami intrecciati,
ecc.) e pertanto essere oggetto di conti-
nui e costosi interventi di mantenimen-
to di un modello concettuale articiale
forzatamente applicato alla realtà.
Secondo i più recenti criteri di idro-
morfologia (Manuale IDRAIM, 2016,
scaricabile in rete), il concetto di buona
ociosità dei corsi d’acqua deve, invece,
sottintendere valutazioni multidiscipli-
nari che considerino la singola sezione o
il singolo tratto di corso d’acqua facente
parte dell’intera asta uviale: un sistema
complesso in cui interagiscono in mo-
do non lineare le diverse componenti
naturali ed i condizionamenti antropici
imposti nel tempo dall’uomo in termini
di opere e di occupazione di aree di per-
tinenza idraulica.
L’approccio attualmente ritenuto
corretto consiste, pertanto, nell’indivi-
duazione a livello di intera asta uviale
di un assetto di riferimento o di progetto
rispettoso delle caratteristiche naturali
del corso d’acqua e compatibile con l’uso
del suolo in atto all’interno della regione
uviale, prevedendo anche la possibilità
di rilocalizzazione. Tale assetto di riferi-
mento deve essere esplicitato per singoli
segmenti uviali, mediante la deni-
zione degli obiettivi da conseguire per
il raggiungimento delle nalità generali
di miglioramento delle condizioni di
sicurezza, della qualità ambientale e pa-
esaggistica sia a livello locale, sia a livello
di intera asta uviale.
Il successivo confronto tra assetto
attuale e di progetto consente la valu-
tazione delle attuali condizioni di fun-
zionalità dell’asta uviale e l’individua-
zione delle azioni da intraprendere che
possono consistere in una prima fase
di raggiungimento delle condizioni di
progetto ed in una fase successiva di
mantenimento di tale congurazione.
Inutile evidenziare come l’assetto di
progetto si debba strettamente rappor-
tare con l’attuale sviluppo antropico ed
infrastrutturale presente e consolidato
anche in molte aree di pertinenza u-
viale e come l’obiettivo prioritario sia
quello di garantire adeguate condizioni
di sicurezza per i centri abitati e le in-
frastrutture principali.
Questo non implica necessariamen-
te la conferma dell’attuale assetto ter-
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6
ritoriale: si tratta quindi di analizzare
gli attuali usi e programmare i possibili
interventi utili per dar maggior spazio
ai umi.
5. QUALI SONO STATE
LE CONSEGUENZE
DETERMINATE
DALL’ESTRAZIONE DEI
SEDIMENTI DAI CORSI
D’ACQUA?
La naturale mobilità dei umi, in
particolare nelle aree non connate dai
versanti, e l’alternanza delle portate tra
la fase di piena e quella di magra han-
no indotto molti a considerarli spesso
come elementi territoriali scomodi, in
conitto con le esigenze di uso del suolo,
particolarmente nelle aree pianeggianti
e soprattutto nell’attraversamento delle
aree urbanizzate.
Molti sanno che in Italia la pratica
dell’estrazione di inerti dai corsi d’acqua
è già stata ampiamente utilizzata. Ba-
sti pensare che nell’alveo del Po e dei
suoi auenti, negli ’60 e ’70 del secolo
scorso, sono stati estratti circa 12 milio-
ni di m3/anno (dati relativi ai volumi
concessi, che ahimè sono sempre in-
feriori ai volumi reali estratti dagli al-
vei). Nonostante in Italia l’estrazione di
inerti in alveo sia formalmente vietata
dagli anni ’70-’80, per le palesi nefaste
conseguenze che descriverò di seguito...
la richiesta è ancora molto pressante e
vengono ancora rilasciate concessioni,
generalmente mascherate da motiva-
zioni di tipo idraulico.
D’altronde portare via il sedimento
dai corsi d’acqua ha diversi vantaggi (per
chi lo fa): 1) è di facile estrazione; 2) il
materiale è di qualità pregevole, poic
risulta già pulito (cioè privo di sedimenti
ni), disomogeneo e ben arrotondato; 3)
le zone di estrazione sono solitamente
vicine ai punti di stoccaggio e di vendita
(quindi con costi di trasporto minimi).
I costi ambientali? Beh, non sono quasi
mai presi in considerazione nelle valu-
tazioni di progetti estrattivi e di conse-
guenza la “risorsa corso d’acqua” appare
molto più conveniente rispetto ad altre
fonti (cave).
Ma asportare i sedimenti, purtroppo,
è stato ampiamente dimostrato come al-
teri l’equilibrio del corso d’acqua, che nel
giro di qualche anno tenderà a denire
un nuovo prolo di equilibrio aumen-
tando la propria azione erosiva di fondo
alveo determinando la scomparsa del
materasso alluvionale ed il conseguente
restringimento dell’alveo stesso (Fig.8).
Sicuramente questa pratica aumen-
ta il rischio a valle perché accelera e
concentra i deussi (che non sono mai
solamente liquidi), accentua di conse-
guenza il picco di piena e la sua velocità
di trasferimento verso valle. Inoltre, in
generale rende instabile l’equilibrio ge-
omorfologico, generando un eetto do-
mino: le costose opere di contenimento
e di mitigazione dell’erosione realizzate
lungo le sponde (scogliere, gabbionate,
argini etc.) in molti punti risultano ave-
re perso la propria funzionalità, essendo
ormai sospese rispetto alle dinamiche
uviali (Fig.9). E a monte? Oltre all’ab-
bassamento diretto del livello del fondo
nella zona di estrazione, l’escavazione
modica il prolo longitudinale, provo-
cando un aumento locale di pendenza
che tende a migrare verso monte, cre-
ando una erosione regressiva.
Asportare sedimenti dai corsi d’ac-
qua compromette quindi inevitabilmen-
te la stabilità delle opere longitudinali
sulle sponde e anche quelle di attraver-
samento. Spesso in passato, lungo alvei
pesantemente utilizzati per l’estrazione
di inerti, abbiamo visto crollare ponti
per sottoscalzamento delle pile: nel 1966
(dopo pochi anni di estrazione) crollò
il ponte di Romito sul Fiume Magra,
nel 1993 il ponte della tangenziale di
Biella sul T. Cervo, fenomeno avvenuto
proprio a causa di anomali approfondi-
menti del fondo alveo (in Cervo sino a
6 metri) dovuti all’asportazione per de-
cenni di grandi quantitativi di materiale
ghiaioso/ciottoloso da parte dei cavato-
ri (Fig.10). Ancora oggi lungo i corsi
d’acqua ogni tanto si possono vedere
Figura 9. Fiume Tanaro presso Farigliano (CN), pochi giorni dopo l’alluvione del novembre 1994. Una gabbionata
appariva ormai inservibile (delimitata dalla linea bianca) sulla sponda sinistra del Fiume (foto Luino)
Figura 8. Torrente Secchia. Effetti di anni di escavazioni fluviali: completa scomparsa del materasso alluvionale e
riesumazione del basamento roccioso (foto AdB Po)
Geologia dell’Ambiente • n. 2/2019
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ponti con strutture fatiscenti e pile che
sembrano grissini piantati su un fondo
instabile (Figg.11 e 12). E correre ai ri-
pari adesso è molto oneroso. Sul Fiume
Tanaro qualche anno fa è stato condotto
un intervento a salvaguardia di un’opera
di attraversamento e non l’hanno cer-
tamente pagato i cavatori che si erano
arricchiti, ma la Regione Piemonte
(Fig.13).
Tra i manufatti da annoverare che
subiscono gli eetti dei processi erosivi
ci sono anche le traverse ad uso irriguo
(Fig.14) e le opere per la navigazione
uviale, mentre dal punto vista ambien-
tale gli eetti in alcuni contesti possono
essere irrecuperabili come ad esempio
per le aree umide presenti lungo le aree
Figura 13. Fiume Tanaro. Le pile di questo ponte nel Comune di Govone, avevano un urgente bisogno di manutenzione: qualche anno fa la Regione Piemonte ha commis-
sionato un poderoso lavoro di consolidamento che è costato oltre 1.626.000 euro (foto Silvestro)
Figura 12. Arno ad Empoli. Confronto fotografico f ra un’immagine del 1954 (https://www.dellastoriadempoli.it/), prima che iniziassero le escavazioni, ed una attuale (foto Rossi)
Figura 11. A sinistra, Fiume Adda, ponte f ra Traona e Cosio (foto de La Gazzetta di Sondrio). L’originario livello del fondo alveo è evidenziato dalla linea rossa. L’approfondimento
è molto evidente e mina la stabilità dell’opera. A destra, Fiume Po a Guastalla, altro grave esempio di sottoscalzamento dovuto all’estrazione intensiva nell’alveo (foto Bellardone)
Figura 10. Torrente Cervo. Crollo del viadotto di Biella nel settembre 1993 (foto Tropeano)
Geologia dell’Ambiente • n. 2/2019
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periuviali. Infatti, gli intensi proces-
si erosivi sconnettono completamente
le aree umide dalle dinamiche uviali
determinando progressivamente la lo-
ro scomparsa. Altro eetto altrettanto
importante sono gli impatti determinati
dal punto di vista economico e ambien-
tale lungo le aree costiere marine. Come
noto il ciclo della liera dei sedimenti
ha come recettore nale gli arenili delle
aree costiere, interrompendo seppur non
completamente questa liere si causa un
decit di trasporto solido che sbilancia il
delicato equilibrio tra ingressione mari-
na e ripascimento naturale delle spiagge
che determina i dati ormai tristemente
noti che vedono le nostre aree costiere
marine per lo più soggette ad erosione e
arretramento (MATTM, marzo 2017)
(Fig.15). Quindi l’estrazione di inerti in-
nesca e accentua alla lunga l’arretramen-
to delle spiagge. Ebbene sì, sono coinvol-
te anche le coste, che per un paese come
il nostro che vive di turismo è certamente
un problema di grande importanza.
Il prof. Becchi, professore emerito
di costruzioni idrauliche all’Università
di Firenze, sottolineava come nel diu-
so processo di erosione degli alvei, un
ruolo fondamentale lo abbiano svolto
prima della Seconda Guerra Mondiale
(antecedentemente cioè alla massiccia
estrazione di inerti) la realizzazione di
vie di comunicazione (ferrate e no) che
hanno avuto notevole sviluppo dall’i-
nizio dell’800: esse hanno comportato
quasi sempre l’arresto dei processi di
pendio che hanno sempre alimentato il
bilancio sedimentario dei corsi d’acqua.
Il dr. Simonelli dell’Autorità di Bacino
del Fiume Po rimarcava come gli attra-
versamenti abbiano modicato signi-
cativamente anche il prolo longitudi-
nale di quasi tutto il reticolo idrograco
comportando squilibri notevoli.
C’è anche un altro aspetto negativo.
L’abbassamento dell’alveo interessa an-
che l’equilibrio tra acque superciali ed ac-
que sotterranee per la continuità esistente
attraverso gli interstizi dei sedimenti:
tale diminuzione può determinare an-
che l’abbassamento della falda freatica.
L’incisione dell’alveo è accompagna-
ta da una diminuzione del pelo libero
dell’acqua uviale e delle falde ad essa
idrogeologicamente connesse. Tra le
conseguenze, vi sono le dicoltà di ap-
provvigionamento idrico, la scomparsa
di aree umide e l’alterazione della vege-
tazione riparia (suolo più secco).
Per ultimo è necessario tenere in
considerazione un fattore che viene ri-
tenuto marginale, vale a dire l’inquina-
mento che si produrrebbe nell’asportare il
sedimento. Luca Mercalli, nel 2000, si
sbizzarrì in un simpatico calcolo circa
l’asportazione di uno spessore di soli 10
cm di materiale da un alveo largo 100
m per una lunghezza di 30 km (pari a
300.000 m3). L’asportazione di questo
materiale, che corrisponderebbe al ri-
coprimento di ben 50 campi da calcio
con uno strato di 1 m di spessore, provo-
cherebbe una grandissima emissione di
CO2 fra camion ed escavatori. Calcola-
trice alla mano l’intera operazione com-
porterebbe un consumo di circa 260.000
litri di gasolio, con un esborso di oltre
Figura 14. Crollo della traversa di San Michele dei Mucchietti sul Fiume Secchia (foto AdB Po)
Figura 15. Presso la foce del Fiume Reno, è assai evidente l’erosione e l’arretramento subito dalla linea di costa,
nell’arco di una cinquantina d ’anni (foto AdBPo)
Geologia dell’Ambiente • n. 2/2019
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400.000 mila euro ed una emissione di
circa 680.000 kg di CO2, equivalenti
alla produzione media annua di CO2 di
un paese di 75 abitanti. Il tutto per soli
10 cm! Ma siccome troppo spesso noi
geologi siamo visti come cassandre, ed
esperti che negano tutto a prescindere,
voglio lasciare uno spiraglio di possibi-
lità. Ma attenti però alla mole di studi
che andrebbero eseguiti…
6. UNA POSSIBILE
GESTIONE
Nel 1992 l’Autorità di bacino del
Fiume Po, analizzati tutti gli eetti e i
costi connessi causati dall’estrazione di
sedimenti dai umi, approvò una dispo-
sizione che vieta le estrazioni di sedi-
menti dai corsi d’acqua, aermando che
i umi non debbono essere considerati
come cave. Successivamente, con una
Direttiva tecnica (n.9/2006) specicò
la programmazione degli interventi di
gestione dei sedimenti negli alvei dei
corsi d’acqua: con tale Direttiva venne-
ro deniti criteri, indirizzi e prescrizioni.
La Direttiva introduce il Programma di
Gestione dei Sedimenti (PGS) quale
strumento conoscitivo, gestionale e di
programmazione degli interventi, me-
diante il quale disciplinare le attività di
manutenzione degli alvei, delle opere e
di gestione dei sedimenti. Il PGS, che
ha come obiettivo l’individuazione della
fascia di mobilità massima compatibi-
le (per ottenere la quale si può anche
intervenire con interventi strutturali tra
cui movimentazioni o asportazioni di
materiale), si fonda su tre elementi:
• Quadro conoscitivo;
• Assetto di riferimento e obiettivi -
nalizzati alla mitigazione del rischio
di alluvione e alla tutela e migliora-
mento dello stato morfologico;
• Interventi strutturali e non strut-
turali necessari al raggiungimento
degli obiettivi.
Nel corso del biennio 2006-2008 è
stato predisposto e approvato dall’Adb
il PGS del Fiume Po, mentre le Regioni
rispettivamente hanno i seguenti PGS:
• Regione Piemonte: Orco, Pellice,
Chisone, Maira e studi propedeutici
per il Tanaro, Orba, Bormida, Ges-
so, Mellea, Stura di Demonte, Stura
di Lanzo e Varaita;
• Regione Emilia Romagna: studi pro-
pedeutici per Baganza e Marecchia;
• Regione Lombardia: studi prope-
deutici per Oglio sopralacuale e
Adda sopralacuale.
In particolare la Regione Lombardia
commissionò nel 2014 al CNR IRPI di
Torino, uno studio specico sulla Ge-
stione dei Sedimenti Fluviali (http://
www.irpi.cnr.it/project/geseflu/) su due
importanti corsi d’acqua, proprio l’Ad-
da sopralacuale e l’Oglio sopralacuale.
Formammo una squadra di 20 esperti
del settore: lavorammo per oltre due an-
ni per giungere a delle conclusioni che
concedessero qualche possibilità ai ca-
vatori che facevano numerose pressioni
verso la Regione Lombardia.
Innanzitutto incaricammo una ditta
del settore di eseguire un volo LiDAR,
in grado di restituire un Modello Di-
gitale del Terreno (DTM) ad alta riso-
luzione, ove fosse possibile determinare
sull’asse delle Z l’altezza dei sedimenti.
Poi integrammo questo studio con un
rilievo batimetrico e la creazione di
svariate decine di sezioni topograche
dell’alveo. Contestualmente fu condot-
to un censimento delle opere idrauliche
(sul loro stato, sulla loro funzionalità)
lungo i due umi attraverso specici
rilievi di campo e successive elabora-
zioni mediante Access e trasposizione
degli elementi rilevati in ambiente GIS.
Poi fu condotta una ricerca storica sulle
piene storiche dei due umi insieme ad
un’approfondita analisi geomorfologi-
ca in grado di evidenziare la tendenza
evolutiva passata ed attuale dei corsi
d’acqua. Contemporaneamente furono
anche condotte un’analisi idraulica e
uno studio ecologico-ambientale.
Al termine di questa notevole massa
di lavoro nalizzata al raggiungimento
di una buona funzionalità geomorfolo-
gica, idraulica ed ecologica, dopo aver
suddiviso i due corsi d’acqua in diversi
tratti aventi dierenti peculiarità, sug-
gerimmo alla Regione Lombardia che
in alcune zone sarebbe stato possibile
asportare una quantità denita di ma-
teriali. Ma che il volume fosse quello!
Non decuplicato in fase di scavo, come
spesso era avvenuto negli anni prece-
denti. Dopo aver eseguito il volo Li-
DAR, creando un “Tempo Zero”, d’ora
in poi tutti i controlli saranno possibili
e precisi rifacendo un volo LiDAR dopo
l’intervento. In caso di asportazione su-
periore alla concessione potranno essere
commissionate multe.
Quindi, un’eventuale estrazione di
inerti si può sì fare, ma solamente a
patto che venga realizzato a monte uno
studio simile: non è plausibile che alcuni
personaggi politici senza un minimo di
conoscenza si permettano considerazio-
ni scientiche in questo campo. Vi sono
svariate decine di studiosi che da anni
si cimentano su queste problematiche.
Inne, ricordo che poco più di tre
anni fa, con la Legge 28 dicembre 2015,
n. 221, pubblicata nella G.U. n. 13 del
18 gennaio 2016, sono entrate in vigore
misure in materia di tutela della natura
e sviluppo sostenibile,valutazioni am-
bientali, di energia, di gestione dei riuti
e boniche, di difesa del suolo e risor-
seidriche (c.d. collegato ambientale): un
importante pacchetto di misure rivolte
alla “green economy”, che modicano la
normativa ambientale preesistente pro-
prio in direzione di una economia più
verde e sostenibile.
Concludendo, appare veramente
fuori luogo la proposta di legge presen-
tata e della quale si è accennato prece-
dentemente: non saranno certo i disal-
vei a salvarci dalle alluvioni, anche se la
«visibilità» di questi interventi li rende
molto popolari verso i cittadini che si
aspettano delle azioni tangibili a prote-
zione dei loro beni. Vedere un cantiere
in azione o un tranquillo alveo abban-
donato a sé stesso fa la dierenza!E so-
prattutto porta consensi e voti!
L’autore ringrazia per gli interessanti
scambi di opinioni e per alcune imma-
gini il dr. Tommaso Simonelli (Autori-
tà di Bacino del Fiume Po), la dott.ssa
Gianfranca Bellardone e l’ing. Chiara
Silvestro (Regione Piemonte), il Prof.
Ignazio Becchi (Università di Firenze),
i colleghi del CNR IRPI Torino dott.
ssa Laura Turconi e dr. Domenico Tro-
peano.
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... Lo stato di abbandono di terrazzamenti e muretti a secco sui versanti collinari ha anche determinato, insieme all'azione provocata dai numerosi incendi (APAT, 2005), la scarsa manutenzione della copertura vegetale con conseguente esposizione dei versanti agli agenti atmosferici ed incremento dell' erosione accelerata del suolo. Lo sviluppo urbanistico dell'area genovese, ha favorito la crescita di quartieri residenziali, insediamenti produttivi e infrastrutture al di sopra del reticolo idrografico con la sistematica copertura e/o deviazione di tratti di torrenti, per sfruttarne il transito stradale (Luino, 2019). ...
Technical Report
Full-text available
Il tema della Difesa del Suolo e del Dissesto Idrogeologico (o sarebbe più corretto dire “dissesto geologico-idraulico”) rappresenta un argomento di estrema attualità, alla luce dei sempre più frequenti fenomeni alluvionali e franosi che colpiscono il nostro Territorio Nazionale. Tra le città italiane, Genova può essereconsiderata un principale esempio per i fenomeni di dissesto che l’hanno duramente e frequentemente colpita negli anni, nonché per i conseguenti interventi che sono stati finanziati e realizzati, con lo scopo di mitigare il rischio geologicoidraulico del suo territorio comunale.
Article
Full-text available
Northern Italy is a geomorphologically heterogeneous region: high mountains, wide valleys, gentle hills and a large plain form a very varied landscape and influence the temperate climate of the area. The Alps region has harsh winters and moderately warm summers with abundant rainfall. The Po Plain has harsh winters with long periods of subfreezing temperatures and warm sultry summers, with rainfall more common in winter.Geomorphic instability processes are very common. Almost every year, landslides, mud flows and debris flows in the Alpine areas and flooding in the Po flood plain cause severe damage to structures and infrastructure and often claim human lives. Analyses of major events that have struck northern Italy over the last 35 years have provided numerous useful data for the recognition of various rainfall-triggering processes and their sequence of development in relation to the intensity and duration of rainfall. Findings acquired during and after these events emphasise that the quantity and typology of instability processes triggered by rainfall are related not only to an area's morphological and geological characteristics but also to intense rainfall distribution during meteorological disturbances. Moreover, critical rainfall thresholds can vary from place to place in relation to the climatic and geomorphological conditions of the area. Once the threshold has been exceeded, which is about 10% of the local mean annual rainfall (MAR), the instability processes on the slopes and along the hydrographic networks follow a sequence that can be reconstructed in three different phases.In the first phase, the initial instability processes that can usually be observed are soil slips on steep slopes, mud–debris flows in small basins of less than 20 km2 in area, while discharge increases substantially in larger stream basins of up to 500 km2. In continuous precipitation, in the second phase, first mud–debris flows can be triggered also in basins larger than 20 km2 in area. Tributaries swell the main stream, which is already in a critical condition. The violent flow causes severe problems mainly along valley bottoms of rivers with basins up to 2000 km2 in area. First bedrock landslides can occur, reaching a considerable area density, with volumes from a few hundred up to about one to two million cubic meters. In continuous precipitation, in the third phase, basins of more than 2000 km2 in area reach their first critical stage. River-bed morphology is extensively modified, with erosional and depositional processes which can locally undermine the stability of structures and infrastructures. Waters overflow levees, flooding villages and towns to various widths and depths and sometimes claiming casualties. Some days after an intense rainfall period, large landslides involving the bedrock can still take place. These processes usually cause the movement of very large rock masses. The total duration of rainfall usually has a greater effect on these landslides than does the number of short periods of very intensive precipitation. This sequence cannot be divided into separate phases when the events occur simultaneously because of the presence of intense rainfall pulses and the generation of very diffuse surface runoff. Such situations usually happen during short-lasting heavy summer rainstorms or in late spring, when snow melt combines with intense rainfall. The three-phase sequence has been identified in three severe events that are analysed in this paper: Valtellina (Lombardy) in 1987, Tanaro Valley (Piedmont) in 1994 and Aosta Valley in 2000; but this sequence has also been observed during other events that occurred in northern Italy: in Piedmont in 1968, 1977, 1978, 1993 and 2000; in Lombardy in 1983 and 1992; in the Aosta Valley in 1993.
Sulla portata massima del torrente Bisagno e sulla condottura urbana dello stesso. Relazione all'ill.mo Signor Sindaco di Genova
  • I Inglese
  • G Fantoli
  • R Canepa
Inglese I., Fantoli G. a Canepa R. (1909), "Sulla portata massima del torrente Bisagno e sulla condottura urbana dello stesso. Relazione all'ill.mo Signor Sindaco di Genova", 160 pp.
L' erosione costiera in Italia: le variazioni della linea di costa dal 1960 al
  • Direzione Mattm
MATTM, Direzione generale per la salvaguardia del territorio e delle acque (2017), "L' erosione costiera in Italia: le variazioni della linea di costa dal 1960 al 2012". https://www.minambiente.it/sites/default/files/archivio/biblioteca/monogra-fia_variazioni_linea_costa_mar17.pdf