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Dialogo di SPAZIOETICO sullo spazio etico

Authors:
  • SPAZIOETICO ASSOCIAZIONE PROFESSIONALE

Abstract

Andrea: Caro Massimo cos'è lo spazio etico? Noi ci chiamiamo Spazioetico e abbiamo studiato molti fenomeni: la corruzione, il conflitto di interessi, le politiche di trasparenza … Però lo spazio etico è rimasto sempre sullo sfondo. Come se fosse qualcosa di assodato e insondabile… Massimo: E' lo spazio dei comportamenti non esigibili per legge, come suggerito da Lord Moulton. In un articolo del 1924 (Law and Manner) John Fletcher Moulton immagina una terra di mezzo che si estende tra la legge e la libertà assoluta: è il dominio delle manners, cioè delle buone maniere, lo spazio del "fare ciò che dovresti fare, anche se non sei obbligato a farlo".
Di Rienzo M., Ferrarini A., (maggio 2019), Dialogo di SPAZIOETICO sullo spazio etico
https://spazioetico.com/
Dialogo di SPAZIOETICO sullo spazio etico
di Massimo Di Rienzo & Andrea Ferrarini
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Prima foto di un buco nero (2019)
Andrea: Caro Massimo cos’è lo spazio etico? Noi ci chiamiamo Spazioetico e abbiamo studiato molti fenomeni: la
corruzione, il conflitto di interessi, le politiche di trasparenza … Però lo spazio etico è rimasto sempre sullo
sfondo. Come se fosse qualcosa di assodato e insondabile…
Massimo: E’ lo spazio dei comportamenti non esigibili per legge, come suggerito da Lord Moulton. In un articolo
del 1924
(Law and Manner)
John Fletcher Moulton immagina una
terra di mezzo
che si estende tra la legge e la
libertà assoluta: è il dominio delle
manners
, cioè delle buone maniere, lo spazio del “
fare ciò che dovresti fare,
anche se non sei obbligato a farlo
“.
Andrea: Sì, ma Lord Moulton non ci dice cos’è lo spazio etico, ma soltanto cosa le persone fanno dentro lo spazio
etico. Nello spazio delle regole le persone sono vincolate dalla legge. Nello spazio della libertà assoluta le
persone non hanno vincoli, ma non agiscono nemmeno in modo arbitrario: agiscono per realizzare i propri
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Gli autori dell’articolo sono i fondatori dell’Associazione Professionale Spazioetico (www.spazioetico.com).
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interessi e soddisfare i propri bisogni. Nello spazio etico, invece, le persone si auto-limitano. Ma come fanno a
fare questo? Cosa le vincola dall’interno?
Massimo: Sai, Andrea, io penso che lo spazio etico è come un buco nero: esiste ma nessuno può vederlo.
Andrea: Cosa intendi dire?
Massimo: Hai presente la prima foto di un buco nero, catturata dai radiotelescopi dell’EHT nell’aprile di
quest’anno?
Andrea: Certamente, quell’immagine ha fatto il giro del mondo e ovviamente il giro del Web!
Massimo: Ecco. Quella non è la foto di un buco nero. Un buco nero non si può fotografare, perché attira ogni cosa al
suo interno, compresa la luce! Quell’immagine è una rielaborazione delle onde radio emesse dai gas e dalle
polveri che ruotano attorno al buco nero che le sta risucchiando. Si chiama “disco di accrescimento”.
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Fonte: http://www.focus.it
Andrea: Quindi hanno fotografato “i dintorni” del buco nero.
Massimo: Esattamente. Un buco nero influenza l’ambiente che lo circonda in modo estremo, distorcendo lo
spazio-tempo e surriscaldando qualsiasi materiale intorno.
Andrea: Anche lo spazio etico potrebbe comportarsi allo stesso modo. Potremmo non vedere lo spazio etico, ma
vedere i suoi effetti.
Massimo: E in che modo?
Andrea: Ipotizziamo che lo spazio etico di una persona contenga qualcosa che chiameremo “valori”: valori
individuali e valori di riferimento di una comunità o di una organizzazione. Questi valori influenzano le decisioni e
il comportamento delle persone.
Massimo: Quindi i valori sono criteri che orientano le decisioni, un po’come gli interessi!
Andrea: Esatto! Le decisioni delle persone potrebbero essere guidate da un misto di interessi (fare ciò che
conviene) e di valori (fare ciò che è giusto). In certe situazioni gli effetti dello spazio etico si fanno sentire in modo
particolarmente intenso. Una di queste situazioni sono i dilemmi etici. Quando sorge un dilemma etico, il processo
decisionale si blocca: alcune decisioni, che sembrano opportune in quanto favoriscono degli interessi, non sono
opportune dal punto di vista etico, perché causano la violazione di uno o più valori.
Massimo: In certi casi potrebbe verificarsi anche un conflitto tra valori: una sorta di versione etica del conflitto di
interessi!
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Andrea: Il conflitto tra valori potrebbe essere alla base del Whistleblowing. Il dipendente che decide di segnalare
un illecito commesso dalla propria organizzazione percepisce, probabilmente, che determinate decisioni e
determinati comportamenti, compatibili con l’Ethos (cioè con i valori condivisi) della propria organizzazione non
sono compatibili con i propri valori individuali, valori che sono sentiti come non negoziabili.
Massimo: Tuttavia esiste anche il fenomeno inverso, che sembra essere molto più diffuso: in certe situazioni le
persone decidono e agiscono senza tenere in considerazione la valenza etica delle loro decisioni. Succede a tutti
noi, non solo ai corrotti e ai corruttori. Gli studiosi di etica comportamentale la chiamano
bounded ethicity,
eticità
limitata. In Blind Spots, un libro pubblicato negli Stati Uniti nel 2011, Max Bazerman e Ann Tenbrunsel hanno
mostrato in maniera brillante le cause e le conseguenze della rimozione dell’etica dai processi decisionali.
Andrea: Quindi lo spazio etico potrebbe funzionare come un filtro di secondo livello: un primo filtro seleziona i
comportamenti compatibili con gli interessi ed un secondo filtro seleziona quei comportamenti che, oltre a
favorire gli interessi, sono anche compatibili con i valori.
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Massimo: Un filtro di secondo livello che, purtroppo, può essere facilmente disattivato. Ma siamo davvero sicuri,
Andrea, che i valori siano in grado di orientare le decisioni e i comportamenti delle persone? Non sono piuttosto i
bisogni a guidarci?
Andrea: Ma… Non saprei. Possiamo solo fare delle ipotesi. Siamo solo all’inizio della nostra ricerca. Secondo me
anche i valori sono delle strategie che soddisfano dei bisogni.
Massimo: In effetti potrebbe essere così. Attraverso lo spazio etico le persone sviluppano un
determinato
concetto di sé:
rispettando i valori della propria comunità, per esempio, una persona può soddisfare
il proprio bisogno di appartenenza; e rispettando i propri valori personali una persona può soddisfare il proprio
bisogno di autonomia e di identità. Quest’ultimo bisogno è fondamentale ed è lo stesso bisogno che spinge le
persone ad avere dei figli o a desiderare di cambiare il mondo … E’ il bisogno di
lasciare un segno della propria
esistenza.
Noi lo chiamiamo bisogno di
generatività.
Andrea: Esatto! Il filtro dei valori (il filtro di secondo livello) interviene nel processo decisionale innescando
dei
conflitti tra bisogni.
Un certo comportamento, che promuove un interesse associato ad un certo bisogno “X”,
non viene selezionato perché causerebbe la violazione di un valore e la conseguente frustrazione del bisogno di
appartenenza o di generatività.
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Massimo: Quindi i bisogni sono un po’come la radice di un albero, da cui si genera un tronco: le strategie per
soddisfare i bisogni, che si ramificano in modi diversi. Da una parte ci sono gli interessi e le relazioni che
supportano gli interessi. Dall’altra parte i valori e i dilemmi etici innescati dai valori.
Andrea: E’ un’immagine suggestiva. Tuttavia, i valori non sembrano essere delle strategie particolarmente
efficaci. Se gli interessi, le relazioni e i bisogni che innescano decisioni e comportamenti non etici sono
particolarmente intensi (oppure se i valori non sono sufficientemente forti), allora lo spazio etico può essere
messo facilmente fuori gioco!
Massimo: Sai, Andrea, mi viene in mente una storiella, che illustra esattamente quello che stiamo dicendo…
Il dottor Paolo Poi è il responsabile dell’ufficio edilizia privata del Comune di Scandalo.
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Ha spesso a che fare con l’architetto Dario Dia, che gli presenta numerose pratiche edilizie, e
nel tempo si è strutturata tra i due una solida conoscenza ed una reciproca stima.
La mattina di una domenica la moglie del dottor Poi, la signora Enrica Esausta, esasperata dalle
condizioni dell’immobile in cui, dice lei: “Sono costretta a vivere”, ingiunge al marito di provvedere ad una seria ed
immediata ristrutturazione, pena la sua dipartita in località balneare.
Ad una prima sommaria valutazione il dottor Paolo Poi sembra preferire l’ipotesi
dell’allontanamento coatto della consorte, ma poi pensa: “Chi mi farà da mangiare? Chi porterà i figli a scuola?” e
viene assalito dal panico…
Il mattino seguente l’architetto Dario Dia si presenta all’ufficio edilizia, per discutere il progetto
di un privato. Il dottor Paolo Poi lo accoglie con una enfasi inconsueta, osserva il progetto e nota alcune
manchevolezze.
Prima di restituire all’architetto la copia del progetto viene assalito da un’idea
bizzarra: “Adesso gli faccio notare che potrei autorizzare il progetto, anche in presenza di alcune carenze, e poi gli
chiedo se mi può rifare il primo piano di casa!”.
Andrea: Questo è un classico caso di sovrapposizione tra sfera degli interessi personali la sfera degli interessi
pubblici. Non possiamo ancora parlare di corruzione, perché non sappiamo se il dottor Paolo Poi effettivamente
proporrà all’architetto Dario Dia lo scambio scellerato che gli passa per la mente.
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Massimo: Proviamo a decodificare la situazione. Il dottor Paolo Poi percepisce bisogni da soddisfare che non
riguardano tanto la realizzazione di lavori di ristrutturazione , quanto piuttosto la conservazione della pace e
della stabilità familiare.
Andrea: In casa del dottor Paolo Poi i ruoli sono chiaramente distinti: lui lavora e la moglie si occupa dei figli e
delle faccende domestiche. Se la moglie parte per una località balneare, chi farà da mangiare e chi si occuperà
dei figli? Non conosciamo l’intensità dei bisogni del dottor Paolo Poi. Ma possiamo ipotizzare che siano percepiti
come particolarmente intensi.
Massimo: Questo il momento in cui dovrebbe scattare il filtro dello spazio etico. Se funziona correttamente, lo
spazio etico del dottor Poi affiancherà alla percezione dei bisogni “familiari” la percezione di altri bisogni.
Andrea: Per esempio, la percezione di bisogni legati all’identità personale:
“Chi sono io? Perché mi trovo qui?”
.
Oppure altri bisogni, come quelli riferibili allo status e alla stima degli altri:
“Che figura di m***a ci faccio se glielo
chiedo? Cosa penseranno di me i miei colleghi?”
.
Massimo: Tuttavia i bisogni legati all’identità personale sono facilmente manipolabili. Una ricerca canadese sulla
La disonestà delle persone oneste” dimostra brillantemente che le persone sottostimano le conseguenze etiche
delle proprie azioni, per evitare di dover aggiornare il concetto di sé (un aggiornamento che deve essere
particolarmente costoso per la mente umana). E possono quindi violare le regole senza sentirsi disonesti.
Andrea: Invece il secondo bisogno (status e stima) dipende molto dall’Ethos organizzativo, cioè dai valori veicolati
e condivisi all’interno dell’amministrazione in cui lavora il dottor Paolo Poi. Se certe condotte non sono di norma
stigmatizzate dal Comune di Scandalo, il filtro dello spazio etico non opererà o avrà grande difficoltà ad operare.
Massimo: Lo spazio etico è quindi un filtro che dipende da una certa maturità degli individui e delle
organizzazioni. Dipende cioè dalla capacità di percepire una vasta gamma di bisogni e di attivare un dialogo
interiore che metta in contrapposizione e in competizione i bisogni. E dipende in misura non minore dall’Ethos
dell’organizzazione a cui l’agente pubblico appartiene. Questa “debolezza” strutturale e funzionale dello spazio
etico è il motivo per cui spesso esiste un considerevole divario tra integrità dichiarata e integrità di fatto e
persone che strombazzano enfaticamente la forza dei propri valori cedono poi ignobilmente a comportamenti
assai discutibili.
Andrea: Quindi cosa possiamo fare?
Massimo: Beh’, certo non possiamo mandare tutti gli agenti pubblici dallo psicologo oppure pretendere che
abbiano il medesimo grado di maturità. Perciò la strategia di prevenzione della corruzione, spesso del tutto
inconsapevolmente, non si occupa della percezione dei bisogni ma cerca di mitigare i rischi intervenendo
sull’organizzazione.
Andrea: Purtroppo, però questa strategia ha dei grossi limiti. Se non si conduce un’analisi approfondita e efficace
dei fattori di rischio organizzativo si rischia poi di adottare misure che generano pesanti effetti collaterali, tra cui
carenze operative nella gestione degli uffici e un pericoloso abbassamento della motivazione.
Massimo: Del resto, è quello che dovrebbero fare i Piani triennali di prevenzione della corruzione: esplorare la
dimensione organizzativa, identificare i rischi ed adottare misure di mitigazione solo in presenza di un rischio
molto concreto. Purtroppo, però, i Piani si sono rivelati per la gran parte delle amministrazioni, una teoria infinita
di adempimenti e probabilmente gli effetti collaterali hanno avuto la meglio sull’effettiva prevenzione della
corruzione.
Andrea: Beh, se non possiamo intervenire sulla percezione dei bisogni e se la dimensione organizzativa non è
sufficiente ad arginare queste dinamiche, forse potremmo agire su altri fattori.
Massimo: Ad esempio?
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Andrea: La dimensione dei bisogni è piuttosto soggettiva. Invece la dimensione delle “relazioni” che gli agenti
pubblici innescano per soddisfare i bisogni è un po’ meno soggettiva. Cioè, le relazioni sono visibili ed è possibile
valutare l’intensità assoluta e percepita delle relazioni.
Massimo: Perciò, tornando alla nostra storiella. Difficilmente e fortunatamente non possiamo (e non dobbiamo)
entrare nella testa del dottor Paolo Poi. Però, come organizzazione che si prende cura dei propri agenti, possiamo
aiutarlo a decodificare correttamente gli scenari affinché diminuisca la probabilità di una errata valutazione e la
stessa propensione dell’agente a manipolare se stesso e le situazioni.
Andrea: Dall’altra parte, possiamo agire sull’Ethos organizzativo. Se le regole sono chiare, se sono chiari gli
interessi primari dell’organizzazione pubblica, è più difficile manipolare l’attivazione dello spazio etico, almeno
quella parte che dipende dal gruppo sociale nel quale l’agente è inserito.
Massimo: E’ inutile dirti Andrea che tutto questo si può fare attraverso un investimento sulla leadership e sui
programmi di formazione, anche se in questo secondo caso siamo decisamente in conflitto di interessi, io e te.
Andrea: Beh, di formazione se ne fa tanta sulla prevenzione della corruzione.
Massimo: Attenzione, Andrea! Si fa molto “aggiornamento professionale”, cioè si illustrano le modifiche alle
norme e si descrivono procedure e regolamenti. Ma questa non è “formazione”.
Andrea: E’ vero, per migliorare la qualità delle leadership e per aumentare la capacità di categorizzare
correttamente gli scenari l’unica strada percorribile è la formazione valoriale, cioè la formazione con i casi ed i
dilemmi etici.
Massimo: Qui siamo decisamente in conflitto di interessi, pertanto questa valutazione la lasciamo fare ai nostri
lettori.
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Internazionale.
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  • Massimo
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