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Medicina del lavoro e psicologia del lavoro: un incontro
nella Milano del secondo dopoguerra
A P1, B F2, L L3, P M G4,
M A R5, A F F1, C C6
1 Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità, Università degli Studi di Milano
2 Dipartimento di Specialità Medico Chirurgiche, Scienze Radiologiche e Sanità Pubblica, Università degli Studi di Brescia
3 ASST di Lecco, Merate (LC)
4 Servizio Beni Culturali, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano
5 Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Milano Bicocca
6Dipartimento di Scienze Cliniche e Sperimentali, Università degli Studi di Brescia
Med Lav 2019; 110, 1: 63-74
DOI: 10.23749/mdl.v110i1.7799
Pervenuto il 4.1.2018 - Revisione pervenuta il 14.12.2018 - Accettato il 23.1.2019
Corrispondenza: Alessandro Porro, MD, PhD, BA, Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità. Università degli Studi di Mi-
lano, Via Francesco Sforza 35, 20122 Milano, I - E-mail: alessandro.porro1@unimi.it
Key words:
Occupational medicine - history - XXth century; occupational psychology - history - XXth
century; job analysis - history
Parole chiave:
Medicina del lavoro - storia - XX secolo; psicologia del lavoro - storia - XX secolo; job
analysis - storia
summary
«Occupational medicine and occupational psychology: a rendezvous in Milan after World War II». Background:
In the 1950s, occupational medicine and occupational psychology found a common eld of action in the Clinica del
Lavoro in Milan. OBJECTIVES is study aims to analyze and document how this encounter took place and, in
particular, the contribution of the Clinica del Lavoro to the development of occupational psychology in Italy. Meth-
ods: Historical sources of that period were investigated. Results: Before the 1950s, experimental psychology was only
taught at the Catholic University of the Sacred Heart in Milan. e rst professor of clinical psychology in the School
of Medicine at the State University of Milan, was Marcello Cesa-Bianchi (1926-2018). He collaborated with the
graphic, textile and pharmaceutical industries for the personnel training and management, and carried out impor-
tant research in occupational psychology on behalf of the European Coal and Steel Community. e Chair of Clinical
Psychology was initially located in the Clinica del Lavoro and the activity of the team of Cesa-Bianchi was oriented
towards the elaboration of professional proles and job analysis. In those years Cesa-Bianchi also conducted pioneer-
ing research in the eld of psycho-gerontology. Conclusions: e historical experience that integrated psychology
and occupational medicine in the scientic context of Milan contains a series of values, useful to today’s reection and
practice. Our work also undelines the importance of preserving historical documents: only a better knowledge of his-
tory can guarantee a better destiny.
riassunto
Introduzione: In Italia, negli anni cinquanta del novecento, la medicina del lavoro e la psicologia del lavoro tro-
varono un campo comune di azione nella Clinica del Lavoro di Milano. Scopo: Analizzare il contributo della
medicina del lavoro allo sviluppo della psicologia del lavoro in Italia. Metodi: Analisi di fonti storiche. Risultati:
La psicologia sperimentale poteva avvalersi di strutture dipendenti dal Comune di Milano; era presente presso l’U-
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In riconoscente memoria di Marcello Cesa-Bianchi
(1926-2018)
introduzione
Nel secondo dopoguerra, il tema della Psicologia
del Lavoro non solo veniva arontato sinergicamen-
te, grazie all’apporto di esponenti della classe medi-
ca e di quella psicologica, ma si veniva delineando
come denizione tassonomica e disciplinare proprio
in quegli anni (52). La città di Milano rappresentò,
con le sue istituzioni municipali, scientiche, acca-
demiche, un privilegiato laboratorio e centro di at-
tività.
Il complesso rapporto fra discipline mediche e
discipline psicologiche si sostanzia nella corretta
specicazione da usarsi: del lavoro o dei lavoratori?
Non era irrilevante stabilire se ci si dovesse occupare
di Medicina del Lavoro piuttosto che di Medicina
dei Lavoratori (10, 14), ovvero di Psicologia del La-
voro piuttosto che di Psicologia dei Lavoratori.
L’asprezza metodologica del dibattito era stata
alla base della fondazione nel 1902 della Clinica del
Lavoro milanese (100), con la componente sociali-
sta del Consiglio comunale che si era inizialmente
opposta: la scelta era poi caduta sulla costituzione
di una Clinica delle Malattie Professionali (che in
seguito avrebbe assunto la denominazione di Clini-
ca del Lavoro), che sarebbe stata operativa a partire
dal 20 marzo 1910 (49). Il suo primo direttore, Lu-
igi Devoto (1864-1936) posava l’accento sul lavoro,
malato, e sulla sua cura, per prevenire le malattie dei
lavoratori. La Clinica milanese si situava all’interno
del paradigma medico ed all’interno degli Istituti
Clinici di Perfezionamento (50), istituzione di per-
fezionamento per medici, e all’atto della sua attiva-
zione nel 1910 si trattava della prima istituzione cli-
nica di tal fatta, della più antica struttura al mondo
per lo studio, la diagnosi e la prevenzione delle ma-
lattie legate al lavoro (1, 7, 34, 36, 42-44, 60). Non
possiamo inoltre dimenticare che l’EXPO milanese
del 1906 (48, 64, 87)) aveva condotto alla costituzio-
ne della Commissione Internazionale Permanente
per la Medicina del Lavoro (ora denominata ICOH
- International Commission on Occupational Health),
in seguito allo svolgimento del I Congresso Inter-
nazionale per le Malattie del Lavoro (5, 63, 85, 91).
Analoghi travagli pervadevano lo sviluppo acca-
demico della psicologia sperimentale (per usare un
termine d’epoca) (26, 28, 57): possiamo per ora sot-
tolineare che la presenza della psicologia nell’atti-
vità degli Istituti Clinici di Perfezionamento (50),
seppur limitata a corsi liberi e declinata negli am-
biti della psicopatologia, si era avvalsa di docenti di
primo rilievo. Segnaliamo Eugenio [Carlo Antonio
Francesco] Medea (1873-1967) (23, 99) e [Bartolo-
meo] Camillo Golgi (1843-1926) (58, 59).
Se la medicina del lavoro trovava un sicuro rife-
rimento nell’omonima Clinica [senza dimenticare
altre strutture dedicate all’infortunistica (4, 35, 81),
anche all’interno dell’Ospedale Maggiore (38, 40)],
la psicologia sperimentale faceva principalmente
riferimento all’autorità municipale (senza però di-
menticare l’Accademia Scientico Letteraria (53).
Entriamo così in contatto con il titolare dell’in-
segnamento psicologico, quel Casimiro Doniselli
(1876-1960) il cui nome sarà legato anche alle vi-
cende della controparte municipale della presenza
niversità Cattolica del Sacro Cuore. Marcello Cesa-Bianchi (1926-2018) fu il primo titolare dell’insegnamento di
Psicologia medica presso la facoltà di Medicina; egli diresse l’Istituto di Psicologia del Comune di Milano. Collaborò
con industrie grache, tessili e farmaceutiche per la formazione ed organizzazione del personale; condusse importanti
ricerche di Psicologia del lavoro per conto della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio. La prima sede della
cattedra di psicologia medica fu ospitata nella Clinica del Lavoro e l’attività del gruppo di Cesa-Bianchi si orientò
verso l’elaborazione dei proli professionali e la job analysis. Inoltre Cesa-Bianchi proprio in quegli anni condusse
pionieristiche ricerche in campo psicogerontologico. Conclusioni: L’esperienza che integrò la psicologia e la medi-
cina del lavoro nel contesto scientico milanese merita di essere ricordata perché i suoi protagonisti furono portatori
di una serie di valori che possono utilmente essere proposti alla riessione odierna. Il nostro è anche un invito alla
salvaguardia della documentazione: noi crediamo che solo una migliore conoscenza degli eventi possa garantirne un
miglior destino.
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istituzionale della psicologia milanese (86), essendo
succeduto a Zaccaria Treves (1869-1911). Doniselli
non era ignaro delle problematiche della medicina,
essendo non solo medico, ma essendo glio di un
medico, Alfredo (1840-1919) che aveva intessuto
rapporti con molti esponenti della sanità milanese e
lombarda del suo tempo (39).
A dimostrazione delle possibilità di convergenza
fra medicina del lavoro e psicologia del lavoro, pos-
siamo ricordare talune comunicazioni presentate al
Ier Congrès International de Prevention des accidents
du travail et d’Hygiène industrielle, (79) che si tenne
a Milano dal 27 al 31 maggio 1912. Segnaliamo, in
modo particolare, quella di Gaetano Villani (97) de-
dicata ai segnali di pericolo, nella quale la psicologia
(della forma) appare centrale nella denizione delle
loro caratteristiche: si pensi ai segnali ferroviari ad
ala, od alla scelta delle bande diagonali che ancora
oggi indicano strutture pericolose o luoghi da non
attraversare (79).
Nel nostro panorama, relativo alla medicina ed
alla psicologia declinate nei loro rapporti con il la-
voro, entra ora in gioco come protagonista padre
Agostino Gemelli (1878-1959) (29, 68, 69).
Nel periodo fra le due guerre mondiali, le vicende
della medicina del lavoro e della psicologia del lavo-
ro divergeranno sensibilmente, soprattutto durante
il ventennio del regime fascista. Se la prima, special-
mente dopo la promulgazione della Carta del Lavo-
ro (1927) diverrà uno dei capisaldi della medicina
sociale controllata dall’autorità politica (45, 46), per
la seconda si vericherà in generale un progressivo
ridimensionamento, specialmente per quanto con-
cernente la presenza accademica. Non così si tratte-
rà, invece, per la psicotecnica.
Dobbiamo ricordare che l’istituzione psicologica
municipale milanese poté trasferirsi in una moder-
na sede, collocata nella cosiddetta Città degli Studi,
all’interno di un ambizioso progetto che avrebbe
dovuto costituire un Istituto di Fisiologia Sociale:
in esso avrebbero trovato accoglienza, fra le altre, la
Sezione di Fisiologia del Lavoro e la Sezione di Pe-
dagogia e Psicologia Sperimentale (72, 75). L’indi-
rizzo, di integrazione fra diversi ambiti disciplinari,
appare evidente già da queste intitolazioni.
Il ventennio fascista (26, 28, 57) ridusse al lumi-
cino la presenza della psicologia sperimentale nel
nostro paese. La psicotecnica sopravvisse, in ragio-
ne della promulgazione della cosiddetta Carta del
Lavoro nel 1927 (11) per moltissimi ambiti della
questione sociale italiana, così come determinata
quale oggetto della politica del regime fascista. La
psicologia sperimentale fu garantita, di fatto, pres-
soché esclusivamente dalla forza gemelliana e dalla
sua capacità contrattuale.
Per quanto concerne la medicina del lavoro, si
deve considerare anche la nascita nel 1929 di un’or-
ganizzazione accademica nazionale riunente i me-
dici del lavoro, la Società Italiana di Medicina del
Lavoro (45, 46, 96). Il controllo del regime era strin-
gente, e poteva avvalersi anche dell’organizzazione
sanitaria demandata a speciali istituzioni: si pensi
agli ospedali specializzati (13) dell’INFAIL (Istitu-
to Nazionale Fascista per l’Assicurazione contro gli
Infortuni sul Lavoro) od all’attività dell’ENPI (Ente
Nazionale di Propaganda per la Prevenzione degli
Infortuni).
Non possiamo inoltre dimenticare le nefaste Leg-
gi razziali del 1938 che devastarono la componente
ebraica della popolazione italiana ad ogni livello, in
ogni dove, e la misero ai margini della società (76).
Alcuni esponenti di primo piano della psicologia
scientica ne subirono aspramente le conseguenze:
si pensi al caso emblematico di Cesare Eugenio Lu-
igi Musatti (1897-1989). Il periodo della Seconda
guerra mondiale fece toccare al nostro paese vette
ineguagliate di dolore, di miseria, di aberrazione,
soprattutto nel periodo fra l’8 settembre 1943 ed il
25 aprile 1945, e specialmente nei territori dell’Italia
settentrionale e centrale che subirono l’occupazio-
ne militare tedesca ed il governo della Repubblica
Sociale Italiana. Inoltre, l’isolamento dalla comunità
scientica internazionale, il ripiegamento su posizio-
ni autarchiche anche in ambito scientico, fece sì che
la residua, o residuale, psicologia non potesse anda-
re molto al di là dei contatti, insucienti sotto ogni
aspetto scientico ed etico, con la Germania nazista.
Ciononostante, la residua sussistenza di una parven-
za di psicologia scientica trovò possibilità d’essere
nell’ambiente gemelliano, e la declinazione collegata
al lavoro poté in qualche modo proseguire (8).
Anche per talune attività collegate alla medicina
del lavoro il periodo bellico non provocò la sospen-
sione di ogni attività: pur considerando le dramma-
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tiche condizioni del tempo, l’attività di screening
di talune patologie (tubercolosi, pneumoconiosi)
fra gli operai e gli impiegati proseguì lungo tutto il
periodo della Seconda guerra mondiale, fornendoci
serie storiche di eccezionale importanza. In questo
fondamentale lavoro si distinsero l’ENPI e la Cli-
nica del Lavoro milanese, grazie anche all’utilizzo
di apparecchiature radiologiche/schermograche
autotrasportate (82).
Psicologia, medicina e lavoro nell’italia
liberata
Nella prima metà degli anni cinquanta del XX
secolo a Milano la psicologia del lavoro (52) poteva
contare, nell’Università Cattolica del Sacro Cuore,
di una possibilità operativa e formativa di rilievo:
solo lì venivano rilasciati diplomi di specializzazio-
ne in Psicologia del lavoro e Psicotecnica a partire
dal 1955. Padre Agostino Gemelli era impegnato
anche a livello organizzativo e scientico naziona-
le, quale Presidente della Commissione Nazionale
per lo Studio e la Determinazione dei Proli Pro-
fessionali, istituita nel 1953 dall’ENPI sotto l’egida
del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale
(95). Gemelli tenne la presidenza della Commissio-
ne no al 1957.
Entriamo quindi in contatto con una declinazio-
ne della psicologia del lavoro e dei suoi rapporti con
la Medicina del lavoro, non solo caratteristica del
tempo, ma destinata ad un’evoluzione: lo sviluppo
dei proli professionali. Non dobbiamo dimenticare
che nel 1955 la legge sull’apprendistato (legge 19
gennaio 1955, n. 25) prevedeva l’esecuzione dell’e-
same psicosiologico per tutti gli apprendisti laddo-
ve esistessero Centri di orientamento professiona-
le, rendendolo di fatto obbligatorio ed adandolo
maggioritariamente all’ENPI. Ciò si inseriva in un
più ampio discorso internazionale, che si collegava
anche a un preciso interesse da parte delle più im-
portanti organizzazioni mondiali, come l’Organiz-
zazione Mondiale della Sanità (OMS) (37).
La suddetta Commissione elaborò una serie di
proli professionali presuntivi no alla metà degli
anni Sessanta. I componenti della Commissione,
presieduta da Gemelli, rendevano ben presenti sia
l’ambito della psicologia, sia quello della medicina.
Venendo al contenuto dell’attività della Commis-
sione, si trattava dell’applicazione della job analysis,
la quale veniva così denita: un metodo per scompor-
re i dati relativi ad una professione per determinare
i componenti essenziali e le qualità richieste per eser-
citarla [ed indi] registrare tali dati sulla scheda d’a-
nalisi (74). Ricordato che la scheda di rilevazione
era suddivisa in cinque parti (tecnica, funzionale,
preventiva, formativa e documentaria) a loro volta
suddivise in sottosezioni, per un totale di 22 campi
di osservazione, possiamo evidenziare che le prime
serie di proli professionali presuntivi si riferirono
a due particolari ambiti lavorativi caratteristici del-
la Regione Autonoma della Sardegna: l’industria
estrattiva carbonifera (relativamente alla miniera di
Seruci, al tempo il più importante ed avanzato sito
carbonifero italiano) e quella dell’estrazione e della
lavorazione del sale marino (presso le Saline Sarde
di Cagliari). L’estrazione del sale marino era con-
siderata facente parte dell’industria mineraria, ma
le caratteristiche sue proprie la rendevano del tutto
peculiare, tanto da essere analizzata anche dal punto
di vista storico (77, 80).
Nel tempo, i proli professionali presuntivi inte-
ressarono varie e diverse attività professionali. Dato
come acquisito lo schema generale, comprendente
un’introduzione, l’elaborazione di una monograa
professionale, del vero e proprio prolo e la relativa
bibliograa, possiamo ricordare che furono aron-
tate talune particolari mansioni proprie del genere
femminile: montatrice di macchine per l’industria
dell’abbigliamento (macchine da cucire); operatri-
ce di commutazione telefonica; assistente familiare;
intervistatrice (addetta alle ricerche sulle opinioni
pubbliche) (90). A riguardo di questo ultimo prolo
professionale, si deve segnalare l’ampia introduzione
che ci rende un’immagine dettagliata di una profes-
sione che si stava prepotentemente sviluppando nel
nostro paese. Talune delle mansioni più sopra citate
non sono più esistenti o sono mutate con il volge-
re del tempo. Non si deve, inne, dimenticare che
della job analysis si cercò di rendere anche una vali-
dazione sperimentale (65): emergeva incontroverti-
bilmente come la tecnica si adattasse alle mansioni
altamente specializzate.
Tuttavia, il tumultuoso sviluppo di innovazioni
tecnologiche (62) andava delineando un cambia-
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mento nel mondo del lavoro e della selezione (2),
privilegiando il lavoro meno specializzato: si tratta
di un fenomeno tuttora attuale, e problematico.
Il risultato della validazione sperimentale espo-
neva la criticità dell’applicazione per proli poco
specializzati: alla scelta di specici reattivi (tests) si
proponeva di aancare un giudizio caratterologico.
La job analysis aveva una storia (98), che nel suo
primo trentennio (1911-1941) era stata compiuta-
mente analizzata (101) ed era stata anche presente
nel Ninth International Congress on Industrial Medi-
cine tenutosi a Londra nel 1948 (41). Nel periodo
che più ci interessa, quello che parte dagli anni Cin-
quanta del Novecento e si conclude verso la metà
degli anni Sessanta del secolo, essa fu oggetto di
analisi complessive (51, 83). Tuttavia, anche la job
analysis non fu immune dai grandi cambiamenti di-
sciplinari ed applicativi, non escluso il notevolissimo
incremento del numero di pubblicazioni scientiche
che interessò specici campi della ricerca psicologi-
ca a scapito di altri. La presenza della job analysis
risentì così di periodi di fulgore e di periodi di stasi
(70, 92), no a raggiungere una presenza marginale
nella letteratura dell’ultimo decennio (89).
il Protagonista dell’incontro: marcello
cesa-bianchi
Marcello Cesa-Bianchi (1926-2018) (16, 22,
24, 26, 31), medico chirurgo, si era laureato a 23
anni nel 1949, diplomato in Psicologia sperimen-
tale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore
nel 1951, specializzato in Clinica delle Malattie
Nervose e Mentali presso l’Università di Pavia nel
1953. Era uno dei più brillanti allievi e collabo-
ratori di padre Agostino Gemelli; era stato da lui
indirizzato a studi, allora pionieristici, di psicoge-
rontologia; rappresentava esemplarmente la visione
gemelliana del rapporto fra medicina e psicologia.
Per quanto, invece, concernente il nostro tema d’a-
nalisi, Cesa-Bianchi aveva ottenuto nel 1952, anche
grazie all’incoraggiamento di Padre Gemelli (22),
l’incarico di organizzare e dirigere il Centro Medico-
Psicologico di Orientamento Scolastico e Professionale
del Comune di Milano (17), succedendo a Doni-
selli. In questo modo, egli non solo diveniva l’erede
di Treves e Doniselli (9), ma si assumeva il gravoso
compito di riprendere, riorganizzare, rivitalizzare
ed estendere l’attività psicologica nella dimensione
Municipale. Incidentalmente possiamo ricordare
che il rinato Istituto di Psicologia Sperimentale del
Comune di Milano avrebbe trovata successivamente
una più idonea sede nel Grattacielo Pirelli (19). In
prosecuzione della tradizione scientica psicologica
municipale milanese, l’attività del Centro si esple-
tava precipuamente nei confronti degli adolescenti,
anche in correlazione con l’attività delle Scuole Spe-
ciali comunali (20, 21).
Su un piano più strettamente collegato alla psi-
cologia del lavoro, Cesa-Bianchi era dal 1953 anche
consulente psicologico della Carlo Erba SpA: presso
tale società aveva organizzato e diretto il Centro di
Psicologia del Lavoro e Prevenzione Infortunisti-
ca (16). Anche in questo caso, si può notare come
l’attività si inserisse in un quadro tradizionale, ap-
prontando però l’ambito psicologico alcuni dati di
novità. Il rapporto con le imprese rimarrà essenziale
e si svilupperà.
i luoghi e i temPi dell’incontro: la clinica
del lavoro
Se maturavano i tempi dell’incontro fra psicolo-
gia e medicina del lavoro, i luoghi di tale incontro
non erano e non sarebbero stati quelli no ad ora
ricordati, giacché mancava un anello di congiun-
zione con l’Università degli Studi: l’esistenza di una
istituzione clinica di rilievo mondiale, la Clinica del
Lavoro, rendeva ineludibile un confronto ed un rap-
porto con la medicina e la sua espressione accade-
mica. Ciò poteva avvenire solo nell’Università degli
Studi, giacché la Facoltà di Medicina presso l’Uni-
versità Cattolica del Sacro Cuore era ancora di là da
venire (seppure preconizzata). Anche in questo caso,
Cesa-Bianchi rappresentò l’anello di congiunzione
ideale poiché, conseguita la libera docenza in Psi-
cologia nel 1956, dall’anno accademico 1956/1957
egli assunse l’incarico dell’insegnamento della Psi-
cologia nell’ambito della Facoltà Medica dell’Uni-
versità degli Studi di Milano (22). La prima sede
della cattedra di Psicologia della Facoltà medica
dell’Università degli Studi di Milano fu proprio in
via San Barnaba 8, presso la Clinica del Lavoro, in
un locale poco discosto dall’atrio d’ingresso: questo
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dato è stato sottostimato dalla storiograa medica e
psicologica milanese, che ha sempre privilegiato il
collegamento con la realtà municipale. Si venivano
così assommando in Cesa-Bianchi tutte le caratte-
ristiche che lo avrebbero reso (come lo rendevano)
uno dei paradigmi della psicologia medica del tem-
po (e per molto tempo ancora): la compresenza delle
competenze mediche, psicologiche e pedagogiche;
la direzione di un’istituzione municipale; l’attività
di rilievo in due università cittadine; per quanto poi
relativo alla psicologia del lavoro non si doveva di-
menticare quella prestata in industrie di primo rilie-
vo nazionale ed internazionale.
Così, nell’agosto 1957 una breve nota dedicata
alla psicologia applicata nella medicina del lavo-
ro (18) rendeva noto che non solo l’incontro si era
concretizzato presso la Clinica del Lavoro milanese,
ma preannunciava, in una sorta di manifesto pro-
grammatico, il lavoro futuro. La qualica di Diri-
gente la Sezione di Psicologia industriale presso la
Clinica del Lavoro ci indica la formalizzazione della
Sezione stessa, ma è l’analisi del testo a renderci una
vivida immagine delle concezioni di Cesa-Bianchi
in tema di psicologia del lavoro. Innanzi tutto, l’e-
sordio si esplicita come una rivendicazione della vi-
sione personalistica, propria della scuola gemelliana:
l’oggetto dell’attività è l’uomo considerato in tutte le
sue dimensioni - biologiche, psicologiche ed anche
sociologiche (18). In questo contesto, ed anche per
rispondere ad un ritardo italiano nelle applicazioni
di psicologia del lavoro si situava la costituzione di
un Servizio Medico-Psicologico nel contesto della
Clinica del Lavoro milanese.
Tale Servizio ha lo scopo di studiare da un pun-
to di vista psicologico cioè dal punto di vista della
soggettività di ciascuno, le diverse manifestazioni
del comportamento dell’uomo sia che esse si rife-
riscano al lavoro, sia che riguardino altri aspetti
dell’agire e del pensare umano. E proprio in que-
sto punto di vista soggettivo sta l’essenza dell’im-
postazione psicologica: che un ambiente sia o no
luminoso o rumoroso o umido, penserà il sico o
l’ingegnere a stabilirlo; che un ambiente sia o no
dannoso alla salute penserà il medico a determi-
narlo; ma che un ambiente venga percepito da un
determinato individuo come luminoso o rumoroso
o umido o dannoso deve essere lo psicologo a stu-
diarlo, ad indagarne i fattori causali e le modalità,
a prevederne le conseguenze, a suggerirne le tera-
pie (18).
Si trattava di un programma ambizioso, che non
poteva prescindere dalla collaborazione con le im-
prese industriali. Presso la Clinica del Lavoro, presso
gli Istituti Clinici di Perfezionamento, si potevano
trovare le condizioni ideali per perseguirlo: esiste-
vano già sezioni, quali la Sezione per lo studio del
Fattore Umano nelle Industrie Tessili (che produsse
una serie di opuscoli utili alla divulgazione ed alla
formazione) o la Sezione di Ricerche di Medicina
ed Igiene del Lavoro nelle Industrie Grache, le
quali potevano diventare, come diventarono, terri-
tori privilegiati di sviluppo della psicologia applica-
ta al lavoro. Oltre alla pubblicazione dei risultati di
ricerche di ambito generale di medicina del lavoro
(88), nel 1957 si rese concreta la collaborazione de-
gli psicologi alla Sezione di Ricerche di Medicina
ed Igiene del Lavoro nelle Industrie Grache, at-
traverso la compilazione dei proli professionali. Si
può sottolineare, che proprio in quell’anno furono
pubblicati due distinti proli professionali del ti-
pocompositore: uno comparso nella citata Raccolta
di Proli Professionali dell’ENPI (12), l’altro pub-
blicato a cura della Clinica del Lavoro milanese, in
collaborazione con l’Istituto di Psicologia dell’U-
niversità Cattolica del Sacro Cuore (94). Analoga-
mente, a proposito della validazione scientica dei
proli professionali, si può ricordare che il già citato
lavoro di Molina (65) fu pubblicato anche in forma
autonoma, non collegata alla collana dell’ENPI (66),
sotto l’intestazione dell’Istituto di Psicologia dell’U-
niversità Cattolica del Sacro Cuore. Si può anche ri-
cordare che taluni proli professionali (quelli relativi
al macchinista gruppo ondulatore, al tipoimpressore
e al linotipista) redatti a cura di Enzo Spaltro fu-
rono pubblicati nelle due collane: essi comparvero
nel 1957 a Milano per la Clinica del Lavoro, mentre
furono pubblicati dall’ENPI nel 1959. Si erano dun-
que strutturati una presenza e un legame fra psicolo-
gia del lavoro e medicina del lavoro, certamente fa-
cilitati dalle competenze di Cesa-Bianchi, ma anche
dalla possibilità sica di lavoro psicologico presso la
Clinica del Lavoro.
Non dobbiamo poi dimenticare che alcuni con-
tributi di ambito psicologico furono presentati an-
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che ai Congressi nazionali di Medicina del Lavoro.
Esemplicativo e per certi versi emblematico fu il
XXII Congresso Nazionale di Medicina del Lavoro,
tenutosi a Roma fra il 25 e il 28 settembre 1958 (93):
la giornata congressuale del 26 settembre fu dedi-
cata prevalentemente alla psicologia del lavoro, con
la presentazione e la discussione di quattro relazioni
da parte di autorevoli rappresentanti scientici. Si
trattava di Adriano Ossicini, che trattò dei Proble-
mi di attualità in Psicologia del Lavoro (73), Carlo
Lorenzo Cazzullo (1915-2010), che trattò de Le ne-
vrosi professionali (15), Cesa-Bianchi, che trattò de
Il problema degli atteggiamenti in psicologia del la-
voro (27) e Meschieri che trattò di Psicodiagnostica
del disadattamento professionale (61). Per il mondo
dei Medici del lavoro si trattò, probabilmente, di un
evento traumatico: riemersero prepotentemente le
mai sopite obiezioni alla psicologia ed al suo statuto
di scienza, persistenti da quasi un secolo. Toccò a Ce-
sa-Bianchi, medico e psicologo, la cui relazione non
era entrata in discussione, difendere la piena scien-
ticità della psicologia, ricordando fra l’altro le sue
radici poste all’interno della siologia sperimentale
(33). Probabilmente il lavoro pionieristico in campo
psicologico svolto dalla Clinica del Lavoro milanese
e da Cesa-Bianchi si dimostrava, per il tempo, troppo
pionieristico. Solo quattordici anni più tardi, nel 35°
Congresso Nazionale di Medicina del Lavoro tenu-
tosi a Pisa nei giorni 1-3 novembre 1972, alla psico-
logia del lavoro sarebbe stato dedicato di nuovo uno
spazio, con una tavola rotonda, coordinata da Cesa-
Bianchi ed incentrata sul tema nevrosi e lavoro (6).
Ritornando alla situazione milanese della ne de-
gli anni Cinquanta, anche la disponibilità logistica
delle strutture comunali dirette da Cesa-Bianchi,
soprattutto dopo il loro trasferimento al Grattacie-
lo Pirelli, consentì (19) lo sviluppo di quest’ambito
disciplinare; si deve ricordare che la disponibilità del
Comune di Milano nel fornire aiuto logistico alla
psicologia, anche universitaria, non venne mai meno
anche nei decenni successivi, e per tutto il XX secolo.
l’evoluzione: un’esPerienza Particolare
Quale fu, se vi fu, l’evoluzione dell’attività in tema
di psicologia del lavoro, svolta presso la Clinica del
Lavoro di Milano? Come premessa, dobbiamo ri-
cordare che la morte di Gemelli rappresentò un’e-
vidente cesura; d’altro canto la strutturazione della
presenza della psicologia nell’ambito della Facoltà
medica dell’Università degli Studi di Milano si fece
più evidente; inoltre non dobbiamo dimenticare che
Cesa-Bianchi fu il referente anche per tutta una se-
rie di ricerche nell’ambito della psicologia del lavo-
ro promosse dalla CECA (Comunità Europea del
Carbone e dell’Acciaio). Quindi, nel giro di pochi
anni le attività promosse dalla Clinica del Lavoro
poterono fare adamento sulle strutture collegate
alla Cattedra di Psicologia della Facoltà di Medici-
na e Chirurgia dell’Università degli Studi di Milano,
anche quando quest’ultima aveva lasciato i locali di
Via San Barnaba. Ad esempio, nel 1962 si aggiun-
sero alcuni proli professionali relativi alle mansioni
proprie dell’industria cartotecnica, dell’industria di
trasformazione della carta, e si completarono quelli
relativi all’industria graca. In quegli anni si pro-
dusse una serie non irrilevante di pubblicazioni, di
prevalente interesse di psicologia del lavoro, grazie
alla collaborazione fra il gruppo di Cesa-Bianchi
ed un’industria cartaria lombarda. Se osserviamo
attentamente l’intestazione di molti di questi lavo-
ri, essa fa riferimento alla Cartiera di Cairate ed al
suo Centro di psicologia del lavoro e di prevenzione
infortunistica. L’importanza di questa collabora-
zione è sottolineata dallo stesso Cesa-Bianchi (22).
Non poniamo molta fatica ad identicare lo schema
strutturale ed istituzionale che Cesa-Bianchi aveva
avviato anni prima con la società Carlo Erba e poi
con altre realtà industriali, come l’Alfa Romeo (32)
o la Società Montecatini, che aveva fornito alla Cli-
nica del Lavoro milanese importanti allestimenti e
dotazioni tecniche (67, 82). Ritornando alla Cartie-
ra di Cairate, la collaborazione con l’industria car-
taria portò alla realizzazione di alcune collane edi-
toriali, dedicate rispettivamente a: Studi e ricerche
sui problemi umani del lavoro; Studi e ricerche di
psicologia; Studi e ricerche di psicologia del lavo-
ro e della scuola; Esperienze e documentazioni sul
lavoro e sulla scuola. In particolare, nel quadriennio
1960-1964, la collana Studi e ricerche sui proble-
mi umani del lavoro produsse 35 fascicoli (gennaio
1960-luglio 1963). Nell’autunno 1963 essa si divise
in tre parti. La collana Esperienze e documentazioni
sul lavoro e sulla scuola produsse 9 fascicoli (otto-
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porro et al
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bre 1963-agosto 1964); la collana Studi e ricerche
di psicologia produsse 9 fascicoli (dicembre 1963-
settembre 1964); la collana Studi e ricerche di psi-
cologia del lavoro e della scuola produsse 3 fascicoli
(giugno 1964-agosto 1964). Nel più generale conte-
sto della psicologia del lavoro si proponevano anche
alcune riessioni di psicogerontologia. Era questo
un collegamento innovativo e pionieristico. Si trat-
tava non solo di analizzare il lavoro degli anziani, ma
anche di considerare il concetto del lavoro nel perio-
do successivo al pensionamento (54); di discernere
se e quale lavoro fosse adatto alla popolazione anzia-
na, e come i lavoratori anziani si potessero adattare
ai cambiamenti (84) che la rivoluzione tecnologica
andava proponendo con sempre maggior forza.
Questi temi, che si sarebbero sviluppati nel de-
cennio successivo, negli anni Cinquanta apparivano,
per il nostro paese, di attualità, soprattutto se inda-
gati dal punto di vista psicologico (30). La Clinica
del Lavoro dell’Università milanese si rivelava quin-
di una privilegiata sede per costruire una moderna
linea di ricerca in psicologia del lavoro ed in psico-
gerontologia (78).
Ma dov’era situata la Cartiera di Cairate? Che
consistenza aveva questa impresa industriale? Oggi
è un luogo abbandonato, lungo il corso del Fiu-
me Olona. In un recente passato, la situazione era
tutt’aatto diversa: si trattava di una delle princi-
pali cartiere italiane, dotata anche di importanti re-
alizzazioni scolastiche interne ed assistenziali. Ad
esempio, si può ricordare l’ancora esistente villaggio
operaio. Se il nome di Cartiera di Cairate, può dire
poco ai più, un altro suo nome, che fa riferimento
ai proprietari, potrebbe essere maggiormente noto:
è quello di Cartiera Vita-Mayer. Ci troviamo allo-
ra immersi nella storia dell’imprenditoria lombarda
e dell’ebraismo italiano. Ad esempio, la produzione
cartaria dell’azienda cairatese anticipò di decenni
taluni sviluppi sociali, con l’introduzione di prodotti
“usa e getta” già negli anni Trenta del Novecento.
La dinastia Vita-Mayer ha costruito la storia della
comunità ebraica milanese e le sue vicende si intrec-
ciano con i destini, spesso tragici, degli ebrei italiani
nel Novecento (47).
Venendo a delineare alcune caratteristiche delle
pubblicazioni prodotte, dobbiamo ricordare che an-
che in questa occasione si cercò di validare metodo-
logicamente e scienticamente i proli professionali.
La valutazione epicritica si manteneva strettamente
nell’ambito psicologico, determinando vasti campi
d’intervento, quali la motivazione o l’interesse; inol-
tre ci si trovava di fronte ad un nuovo, rilevante fe-
nomeno: quello dell’immigrazione interna di gran-
di masse di popolazione (71). Rimanevano attuali
talune aermazioni di Padre Gemelli: è necessario
liberare la selezione psicologica e l’orientamento
professionale dai metodi anti-umani che erano stati
introdotti dalla psicotecnica con l’impiego bruto e
meccanico dei reattivi mentali (55). Analogamen-
te a quanto prodotto dalla Commissione promossa
dall’ENPI si procedette ad un’ampia revisione degli
schemi e delle schede tecniche in uso per la rileva-
zione e per l’impiego dei dati (56), che confermava
la necessità e la validità dell’integrazione dei dati
caratterologici. Si segnalano inoltre alcune ricerche
all’epoca di interesse, quali quelle sugli atteggiamenti
nei confronti dei dispositivi di protezione individua-
le (25). Oltre alla produzione di proli professionali
relativi alle dierenti mansioni dell’industria carta-
ria, la presenza di un centro di formazione profes-
sionale aziendale specializzato consentì anche di ef-
fettuare ricerche relative a temi di psicologia dell’età
evolutiva; la presenza di una popolazione di addetti
ritirati dal lavoro, consentì altresì di eettuare ricer-
che di psicogerontologia.
in forma di conclusione: Perché è utile
ricordare questa esPerienza?
Un recente congresso si ripromise di sottolineare
l’importanza di una analisi storica dei rapporti fra
psicologia e lavoro e della conservazione e valorizza-
zione dei relativi archivi (3). Negli Atti di quel con-
vegno, spicca la sottostima dell’attività svolta presso
la Clinica del Lavoro di Milano a partire dalla metà
degli anni cinquanta del novecento; o meglio, essa
non è proprio citata, ed è veramente dicile farsi
una ragione di questa omissione. Tuttavia, a parzia-
le scusante, si deve ricordare che di quell’esperienza,
che introdusse la psicologia nel contesto dell’attivi-
tà della Clinica del Lavoro milanese, non è agevole
rintracciare la relativa documentazione, tanto che ci
si è dovuti basare soprattutto su fonti di letteratura,
prevalentemente secondaria. Molte fra le pubblica-
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medicina del lavoro e psicologia del lavoro
71
zioni citate, che fra l’altro sono quasi di impossibile
reperimento negli istituti di conservazione pubbli-
ci (ci si è dovuti rivolgere ad una raccolta privata)
divengono ancora più preziose quali testimonianze
da salvaguardare. L’analisi che qui si propone si è
giovata anche dei materiali bibliograci disponibili,
seppur non in modo completo, presso la bibliote-
ca della Clinica del Lavoro milanese. L’esperienza
che integrò la psicologia e la medicina del lavoro nel
contesto scientico milanese merita a nostro avviso
di essere tolta da una sorta di oblio storiograco per-
ché i suoi protagonisti furono portatori di una serie
di valori, che possono utilmente essere proposti alla
riessione odierna. Il nostro è anche un invito alla
salvaguardia della documentazione: noi crediamo
che solo una migliore conoscenza degli eventi possa
garantirne un miglior destino.
G -
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