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Archeologia e Calcolatori
30, 2019, 467-470
ARCHEOROBOTICS. APPLICAZIONI ROBOTICHE APERTE
E ARCHEOLOGIA ESTREMA
1. L’ ’ A-T
Il termine “archeorobotica” denisce una branca di ricerca orientata
allo sviluppo di strumenti robotici per l’archeologia. Lo scopo del presente
contributo è quello di illustrare i risultati di tale ricerca, fornendo una pa-
noramica sull’impiego dei vari dispositivi prodotti in campo archeologico,
specialmente in condizioni estreme.
L’archeorobotica fa parte di un progetto di studio che la ditta Arc-Team
(http://www.arc-team.com/) ha avviato nel 2006, a seguito di un’esperienza
maturata durante lo scavo del sito di Aramus, in Armenia. La missione di
quell’anno, infatti, è stata caratterizzata da un progetto di archeologia aerea.
Le operazioni di remote sensing sono state supportate da un elicottero fornito
dal Ministero della Difesa armeno. Questa esperienza ha permesso ai membri
di Arc-Team di analizzare le speciche necessità di un tale progetto e, di conse-
guenza, ha orientato la ricerca alla risoluzione del problema dell’acquisizione
dati via remote sensing senza un supporto logistico complesso e costoso.
Lo studio di soluzioni alternative è durato circa due anni, in cui sono stati
vagliati alcuni progetti open hardware. La scelta nale è caduta sull’ottimiz-
zazione di un prototipo di UAVP (Unmanned Aerial Vehicle), in seguito rino-
minato ArcheoDrone (B et al. 2009). Il dispositivo ha iniziato ad operare
in missioni professionali a partire dal 2008, aprendo nuove prospettive su un
ulteriore sviluppo di soluzioni archeorobotiche. I risultati successivi di questa
branca di ricerca sono stati la costruzione di una stampante 3D (2013), lo svi-
luppo di un ROV e di un USV, oltre a dispositivi più piccoli (“ArcheoTools”).
2. I
In senso ampio, qualsiasi macchina robotica disegnata specicatamente
per un uso archeologico, o parzialmente ottimizzata per l’archeologia, può
essere considerata un dispositivo archeorobotico. A questa tipologia si possono
aggiungere anche quei progetti abbastanza maturi da garantire un utilizzo
in campo archeologico senza la necessità di modiche. Ovviamente anche i
dispositivi derivati da singole componenti di droni o altre macchine possono ri-
entrare nella categoria di archeorobotica, assieme a strumenti puramente mec-
canici (considerando la meccanica parte integrante della robotica). In base a
questa denizione l’accessibilità al design dell’hardware (progetti, schemi, etc.)
non rappresenta una precondizione assolutamente necessaria. Ciononostante
le soluzioni commerciali non sono in genere sviluppate specicatamente per
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L. Bezzi, A. Bezzi, R. Gietl, G. Naponiello, K. Feistmantl
Fig. 1 – A) Missione di archeologia glaciale; B) Modello di ArcheoDrone 4.0 durante
la documentazione di bassorilievi sassanidi in Iran; C) Modello di ArcheoROV 2.0;
D) Prototipo di ArcheoBoat 0.1; E) Trapanazione subacquea mediante riduttore
epicicloidale; F) Stampa di cranio di homo georgicus tramite stampante Fa)(a3D.
l’archeologia, mentre la maggior parte degli strumenti archeorobotici sono
nati grazie alla comunità open source e sono rilasciati mediante licenze aperte,
cosicché si possono considerare a tutti gli effetti open hardware.
3. L
Tra le applicazioni dei dispositivi archeorobotici di Arc-Team ci sono
ovviamente i normali utilizzi durante lo scavo e la ricognizione, in cui par-
ticolarmente utili risultano i droni della categoria UAV sviluppati dal primo
prototipo di ArcheoDrone. Questi strumenti garantiscono l’analisi di grandi
territori durante i survey e un volo stazionario (hovering) per la documen-
tazione archeologica. Chiaramente questi droni possono essere utilizzati in
modo specico per l’archeologia aerea (B et al. 2013; P et al. 2016).
Meno scontato è il loro utilizzo durante missioni di archeologia estrema,
soprattutto in contesti glaciali e di alta montagna, come nel caso di molti
progetti di Modern Conict Archaeology (B et al. 2018a).
Anche i droni del genere ROV e USV, sviluppati da una collaborazione
tra Arc-Team e WitLab a partire dal 2016 (con i progetti ArcheoROV e Ar-
cheoBoat: B et al. c.s.b), si sono rivelati di grande utilità nel supporto
di operazioni estreme, ovvero in contesti subacquei particolari (B et al.
2019), come possono essere le missioni di “Archeologia delle acque interne”
e lo studio di ambienti sommersi (B et al. c.s.a).
Un fondamentale contributo alle attività sul campo deriva anche dall’a-
dozione di strumenti più semplici (ArcheoTools), tra cui il dispositivo di rilievo
3D in real-time dell’ArcheoROV, composto da un supporto digitale equipag-
giato con ROS (Robot Operating System) e nodi SLAM (Simultaneous Locali-
zation and Mapping) collegati a diversa sensoristica. Tale strumento, adattato
ad un utilizzo in supercie, è stato fondamentale nella documentazione di
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Archeorobotics. Applicazioni robotiche aperte e archeologia estrema
ambienti ipogei (B et al. 2018c) e nella penetrazione in bosco tto per la
mappatura 3D. Persino il semplice “gimbal” dell’ArcheoDrone si è rivelato
utile in contesti di documentazione architettonica per potenziare una normale
asta telescopica. Inne lo sviluppo meccanico di un riduttore epicicloidale
ha consentito di adattare un succhiello di Pressler ad un trapano subacqueo,
permettendo di effettuare campionamenti dendrocronologici in ambienti
sommersi anche a profondità notevoli.
L’utilizzo di dispositivi archeorobotici, però, non si è limitato alle operazioni
sul campo, bensì ha contribuito sensibilmente anche alle attività di laboratorio,
dove macchine come le stampanti 3D permettono speciche analisi morfometri-
che, basate su repliche tangibili dei reperti. Il laboratorio rappresenta inoltre un
supporto indispensabile alle operazioni condotte sul campo con strumentazione
archeorobotica, fornendo assistenza tramite web-coworking (B et al. 2018).
4. C
Sin dal 2006 l’archeorobotica ha avuto un forte impatto sull’attività di
Arc-Team. L’intento iniziale di mantenere un indirizzo orientato all’open re-
search ha portato allo sviluppo di soluzioni aperte, mantenendo performance
equivalenti ai prodotti commerciali ad un costo sensibilmente inferiore. L’open
hardware ha inoltre rivelato gli stessi vantaggi del software open source, ga-
rantendo la possibilità di riutilizzare singole componenti in dispositivi diversi
(anche per semplici riparazioni di emergenza durante missioni all’estero) e di
creare progetti derivati (ad esempio l’ArcheoBoat è stato sviluppato a partire
dalla boa Wi-Fi di supporto all’ArcheoROV).
Ovviamente un tale approccio ha facilitato anche lo scambio di informazio-
ni all’interno della comunità scientica, come nel caso dell’utilizzo di algoritmi
SLAM a supporto di droni subacquei (B-B et al. c.s.). Considerando
anche la possibilità di approntare semplici modiche per ottimizzare gli stru-
menti alle peculiari situazioni operative di singoli progetti archeologici, si può
affermare che l’archeorobotica open hardware è probabilmente la miglior solu-
zione per la ricerca archeologica in contesti estremi, nonostante molti dispositivi
commerciali siano ormai ampiamente accessibili sotto il prolo economico.
L B, A B, R G,
G N, K F
Arc-Team
luca.bezzi@arc-team.com, alessandro.bezzi@arc-team.com,
ruppi@arc-team.com, beppenapo@arc-team.com, kathi.feistmantl@arc-team.com
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tori», Suppl. 8, 263-270.
AB STR AC T
This paper presents an overview on the development and use of open hardware devices in
archaeology and their operation in extreme conditions. State-of-the-art technologies are analysed,
based on the working experience of the Arc-Team company, which, in 2006, started up a new
branch of research, informally called Archeorobotics. The research was initially focused on open
hardware radio-controlled UAVs (Unmanned Aerial Vehicle); over time different devices were
developed, like ROV (Remotely Operated underwater Vehicle), USV (Unmanned Surface Vehi-
cle), CNC (Computer Numerical Control) machine and other electronic and mechanical tools.