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roberto paura
LA SINGOLARITÀ NUDA
Fedi tecnologiche, miti scientifici, futuri postmoderni
A Gennaro e Adolfo,
primi cartografi del neoterico.
© 2017 Italian Institute for the Future
Via Gabriele Jannelli 390 – 80131 Napoli
www.instituteforthefuture.it
info@futureinstitute.it
Cover: Eugenia Ponzo
Impaginazione: Chiara Manzillo
ISBN 978-88-99790-10-3
L’ANNO IN CUI IL MONDO NON FINÌ
Nel 1987 José Arguelles era nei guai. Leader di un movi-
mento sostenitore dell’idea di un’imminente Convergenza
Armonica che avrebbe aperto la strada a una nuova era di
spiritualità, aveva fissato il grande evento per quell’anno, in
coincidenza con uno straordinario allineamento dei pianeti del
Sistema Solare. Convinse decine di migliaia di persone a dedi-
carsi alla meditazione, ma sembrò non succedere nulla. Così,
Arguelles decise di puntare tutto su un’altra data, proveniente
dalla grande tradizione mesoamericana. Avendo un dottorato
in storia dell’arte, sapeva qualcosa sull’archeologia dei Maya
e sul 2012. Così, nel 1987, uscì The Mayan Factor, che rese
popolare il collegamento tra la fine del calendario Maya e un
possibile “grande evento” che sarebbe avvenuto quell’anno.
L’idea non era nuova, ma nel corso degli anni era stata di-
menticata. Nell’Età dell’Acquario della controcultura New
Age, il 2012 doveva rappresentare il momento della “rinascita
spirituale”. Come altrimenti interpretare la scelta dei Maya di
far terminare il loro calendario ciclico, che si divide in baktun,
ciascuno di circa 400 anni, proprio nella data che, per il ca-
lendario cristiano, corrispondeva al 21 dicembre 2012? Abbia-
mo già avuto modo di fare la conoscenza dei fratelli Terence
e Dennis McKenna, studiosi di parapsicologia, allucinogeni e
matematica segreta dell’I Ching. Nel loro libro The Invisible
Landscape (1975), nel quale avevano collegato la teoria olo-
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La singolarità nuda
nomica della mente di Karl Pribram con l’idea di una “realtà
nascosta” (v. capitolo 2), i McKenna avevano avanzato anche
un’altra intricata teoria. Studiando l’I Ching, l’antico testo ora-
colare cinese, e in particolare la cosiddetta “sequenza di Re
Wen”, la più antica disposizione dei 64 esagrammi che costitu-
iscono i “mattoni” delle infinite permutazioni che il testo con-
sentirebbe di decifrare, si erano convinti di avere a che fare con
una sorta di calendario ciclico grazie al quale poter sviluppare
predizioni sul futuro.
«Di volta in volta uno studioso dell’I Ching annuncia di aver
scoperto uno schema matematico sottostante la sistemazione
delle coppie, ma ogni volta un’indagine più ravvicinata rivela
che sono state fatti tanti e tali assunti arbitrari da far in modo
che in effetti l’ordine fosse imposto prima che esso emergesse
dall’analisi», scriveva nel 1974 il matematico e noto scettico
Martin Gardner. «Per quanto si possa conoscere, le coppie
dell’ordinamento di Re Wen sono disposte in ordine casuale e
non vi sono basi conosciute per determinare quale membro di
una coppia preceda l’altro»1. I McKenna, evidentemente, non
erano dello stesso avviso. Dal loro punto di vista, le sequenze di
esagrammi potevano essere considerate delle “mappe tempo-
rali” attraverso le quali ricostruire l’evoluzione gerarchica degli
esseri viventi, ossia la loro crescita nel tempo in complessità.
Ogni sequenza poteva essere trasformata in un’onda facente
parte di un ciclo di onde, ciascuna di energia maggiore della
precedente, e associate all’evoluzione della vita complessa sulla
Terra.
«La cessazione dei vincoli al contorno imposta dai più alti
livelli nella gerarchia causa un salto quantico verso lo stato zero
ogni qualvolta un ciclo entra nella sua fase terminale», scrivono
i McKenna. «Queste transizioni quantistiche da una modalità
all’altra sono chiamate “cambiamenti d’epoca” da Whitehead.
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L’anno in cui il mondo non finì
La comparsa della vita nel mondo inorganico, della consape-
volezza in un mondo privo di menti coscienti, o del linguag-
gio in un mondo senza linguaggio sono tutti esempi di queste
transizioni epocali»2. Attraverso un programma informatico,
sviluppato da un loro collega, Peter Meyer, i McKenna sovrap-
posero questi cicli al calendario cristiano e “scoprirono” che
la conclusione dell’onda più energetica della durata di 8000
anni sarebbe corrisposta esattamente alla data del 21 dicembre
2012. «Siamo giunti a questa data particolare senza sapere del
calendario Maya, ed è stato solo dopo che avevamo notato che
i dati storici sembravano calzare perfettamente se questa data
fosse stata scelta con la fine dell’onda che siamo stati informati
che questa data che avevamo dedotto corrispondeva in effetti
alla fine del calendario Maya», raccontano nel loro libro3.
La teoria che essi battezzarono Timewave Zero non prevedeva
una fine del mondo, ma una sorta di risveglio spirituale, ripren-
dendo le dottrine gnostiche secondo cui le anime degli esseri
umani sarebbero state imprigionate in epoche remote all’interno
dei corpi fisici, dimenticando la loro origine. Alla fine di questo
lungo ciclo, l’energia delle nostre anime sarebbe ritornata al livel-
lo originario, consentendoci di liberarci dai vincoli materiali che
ci tengono prigionieri. Secondo i McKenna, gli esagrammi dell’I
Ching potevano essere comparati con le basi del DNA, cosicché
a ogni nuova sequenza sarebbe corrisposta una strutturazione più
“energetica” del nostro codice genetico. In particolare, nel corso
del solstizio d’inverno del 21 dicembre 2012, il Sole avrebbe eclis-
sato il centro della Via Lattea, consentendo la nostra “liberazio-
ne”, suggerendo quindi che le forze che ci tengono imprigionati
provengano dal centro della galassia (qualcosa di simile a quanto
affermato da David Icke nelle sue strampalate teorie).
Un anno dopo, nel 1976, uscì il primo dei libri di pseudo-
archeologia di Zecharia Sitchin, uno studioso di archeologia
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La singolarità nuda
sumera che era (giustamente) giunto alla conclusione che fos-
se molto più facile arricchirsi scrivendo testi sul modello dei
best-seller di Erich von Däniken, particolarmente popolare in
quegli anni, che passando la vita a rivenire cocci di vasi in Me-
sopotamia. Il suo Il dodicesimo pianeta (oggi in tutte le librerie
con il titolo Il pianeta degli dei) proponeva un’interpretazione
singolare della mitologia sumera, apparentemente sostenuta da
prove archeologiche, secondo la quale al tempo delle antiche
civiltà mesopotamiche sarebbero giunti sulla Terra esseri extra-
terrestri, abitanti del pianeta vagabondo Nibiru (nome di una
delle divinità sumere), che ogni 3600 anni entra nel Sistema
Solare e si avvicina al nostro pianeta. Il popolo di Nibiru assog-
gettava periodicamente gli esseri umani, allo scopo di ottenere
oro. Sitchin si spinse a sostenere addirittura che gli stessi abi-
tanti di Nibiru avessero creato la razza umana. Ma non parlò
mai di un loro desiderio di distruggere il mondo, pur mettendo
in guardia sulla loro prossima venuta, che calcoli alla mano fu
fissata nel 2900.
Molti lettori entusiasti di Sitchin pensarono che la data esat-
ta dovesse essere molo più ravvicinata. Una signora, Nancy
Lieder, che sosteneva di essere in contatto telepatico con gli
extraterrestri del sistema di Zeta Reticuli e aveva fondato un
sito web molto seguito, dichiarò di aver appreso da loro che
Nibiru sarebbe tornato nel 2003. La conseguente perturbazio-
ne gravitazionale avrebbe prodotto l’inversione dei poli ma-
gnetici con relativi sconquassi che avrebbero ucciso buona par-
te dell’umanità. Ebbe molto seguito, ma nel 2003 non accadde
nulla. Nancy Lieder ebbe allora l’idea geniale: sostenere che il
pianeta X era in ritardo ma che sarebbe giunto al suo catastro-
fico appuntamento nel 2012. Ma perché scegliere quella data e
collegarla alle teorie strampalate di Zecharia Sitchin?
Nel 1995 il giornalista Adrian Gilbert pubblicò Le profezie
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L’anno in cui il mondo non finì
dei Maya. Gilbert stava seguendo il fiorente filone di fanta-ar-
cheologia che aveva portato fortuna ad autori come Sitchin,
l’inglese Graham Hancock (celebre per il suo libro sull’Arca
dell’Alleanza individuata in Etiopia) e l’egittologo Robert Bau-
val. Con Bauval, Gilbert aveva sostenuto la teoria della correla-
zione di Orione secondo cui le piramidi di Giza erano allineate
con le tre stelle della cintura di Orione, cosa che ne avrebbe
comportato una retrodatazione a circa il 10.000 a.C. e a un’at-
tribuzione ben diversa: non erano stati i faraoni, ma i discen-
denti di Atlantide a costruire le piramidi, forse con lo scopo di
dirci qualcosa sulla loro origine extraterrestre. Abbandonando
gli egiziani (ma solo per poco), Gilbert recuperò i Maya e in
quel libro del ‘95 parlò della fine del loro calendario. Fu il pri-
mo importante riferimento al 21 dicembre 2012 come possibile
fine del mondo.
Due anni dopo, gli americani che leggevano la popolare se-
rie di fumetti della DC Comics Gli invisibili s’imbatterono nel-
lo stesso riferimento. Nelle storie a fumetti, ambientate in un
futuristico 2012, si raccontava di alieni che controllano segre-
tamente la razza umana e di un gruppo clandestino che li com-
batte, gli Invisibili. Nel numero del maggio 1997 venne fatto
il primo riferimento al fatto che il 21 dicembre 2012 gli alieni
si sarebbero rivelati, distruggendo il pianeta. Il fumetto citava
come reference proprio il libro di Terence e Dennis McKenna.
L’immaginario americano scoprì così il 2012 e ne rimase im-
pregnato. Nella storica puntata finale della serie-cult X-Files,
Mulder e Scully scoprono negli archivi segreti americani che la
data dell’invasione extraterrestre è prevista per il 21 dicembre
2012. Era il 2002 e la frittata era ormai fatta.
Nel 1997 il giornalista Michael Drosnin aveva pubblicato
un libro destinato a un grande successo, Codice: Genesi. Recu-
perando tesi fanta-archeologiche e ipotesi sul ruolo degli ex-
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La singolarità nuda
traterrestri nella nascita del genere umano, Drosnin affermava
di aver scoperto un codice nascosto nella Bibbia. Lo avrebbe
usato per prevedere l’attentato che uccise il premier israeliano
Rabin nel 1995 e la vittoria di Bush jr. nelle elezioni del 2000.
Inizialmente, Drosnin aveva previsto la fine del mondo per il
2006. Poi, guarda caso proprio nel 2002, pubblicò un seguito
al suo libro, Codice Genesi 2: il conto alla rovescia, nel quale so-
steneva che nel 2010 e nel 2012 il pianeta sarebbe stato colpito
da due comete, provocando la distruzione del genere umano.
È tutto scritto nella Bibbia, gente!
Tra coloro che hanno seguito a lungo il filone apocalittico le-
gato al 2012 c’è anche il canale satellitare History Channel. Già
nel 2006 veniva prodotta la serie La fine dei giorni, seguita nel
2007 dal documentario I sette segni dell’apocalisse e l’anno suc-
cessivo da Nostradamus 2012. Il grande successo di queste serie
convinse i produttori a puntare molto sulla paura della fine del
mondo. Nel 2009 venne mandato in onda Apocalisse 2012, che
batté tutti i precedenti record di audience, venendo ripropo-
sto anche negli anni successivi. Il documentario aveva avuto
come consulente Lawrence Joseph, ex ingegnere aerospaziale
messosi in proprio e trasformatosi improvvisamente in convin-
to assertore dell’imminente fine del mondo. Mettendo insieme
una serie di apparentemente inoppugnabili prove scientifiche,
nel 2007 Lawrence Joseph pubblicò Apocalisse 2012, subito di-
venuto un bestseller da milioni di copie. L’anno prima, Adrian
Gilbert aveva pubblicato un nuovo libro, La fine del tempo, in
cui rilanciava la tesi dell’apocalisse nel 2012.
Davanti a vendite di milioni di copie, un regista come Ro-
land Emmerich, così sensibile a temi come le invasioni extrater-
restri (nel 1997 aveva firmato Independence Day) e le catastrofi
apocalittiche (L’alba del giorno dopo nel 2004), non poteva re-
starsene con le mani in mano. Chiamò Lawrence Joseph, che
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L’anno in cui il mondo non finì
fu felicissimo di prendere una bella parcella per aiutare gli sce-
neggiatori a scrivere un film sulla fine del mondo. Il successo di
2012 (uscito nel 2009) fu tutto nella sua straordinaria campa-
gna pubblicitaria. Nella tagline promozionale si leggeva “Cerca
2012 su Google”. Un invito che attirava la curiosità di coloro
che del 2012 non avevano ancora sentito parlare. Scoprirono
invece che c’erano siti, forum, libri e teorie di tutti i tipi che
fissavano per quell’anno qualcosa di clamoroso.
Ascesa e caduta dell’ufologia
Prendiamola ancora più da lontano. Perché per capire il
“fenomeno 2012” – come oggi lo definiscono sociologi e an-
tropologi – vale a dire la più grande psicosi di massa dell’epoca
contemporanea, bisogna ricostruire in dettaglio il suo elabo-
rato terreno di coltura. Partiamo allora da quella calda estate
del 1947 quando l’imprenditore americano (e appassionato di
teosofia4) Kenneth Arnold, a bordo del suo velivolo privato,
avvistava per la prima volta dei “dischi volanti”, come li definì.
Un termine entrato nella storia dell’immaginario collettivo, ali-
mentando una vera e propria psicosi da UFO nei decenni a ve-
nire, con un’impennata tra la fine degli anni Quaranta e gli anni
Cinquanta, quelli della grande paura sovietica, che portava gli
americani a guardare con timore e speranza a quelle storie di
omini verdi: possibili ambasciatori extraterrestri venuti a sal-
vare il mondo dall’apocalisse atomica, o magari armi messe a
punto dall’URSS per invadere il mondo libero.
Nemmeno il tempo di studiare più a fondo l’avvistamento di
Arnold sul ciglio del monte Rainier, nello stato di Washington,
che uno di questi dischi sembra schiantarsi in un ranch poco
fuori Roswell, New Mexico. Lo sceriffo della contea accorre
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La singolarità nuda
sul luogo e quello che vede lo convince, insieme al proprietario
del ranch, a chiamare l’Aeronautica Militare. I rottami dell’og-
getto volante non identificato vengono prelevati e un avventa-
to tenente della Roswell Army Air Field dichiara alla stampa:
«Da ieri le tante voci sui dischi volanti sono diventate realtà».
Non passano che poche ore prima che il generale Roger Ramey
dell’aeronautica del Texas smentisca tutto: quello che è stato
ritrovato a Roswell è ciò che resta di un pallone sonda e del
suo riflettore radar. Niente dischi volanti, tantomeno corpi di
presunti occupanti alieni. Ma in molti non ci stanno: sosten-
gono che le autorità stiamo coprendo il ritrovamento per non
scatenare il panico tra la popolazione, e anche perché nem-
meno loro sanno che pesci prendere. Man mano si diffonde la
convinzione che il governo americano sappia tutto sugli alieni, e
abbia contatti con loro, con chissà quali scopi. Si moltiplicano le
voci di presunti “uomini in nero” (men in black) che appaiono
dal nulla per zittire eventuali testimoni di incontri ravvicinati del
terzo tipo con extraterrestri. In breve, nel 1947 nasce l’ufologia.
Oggi Roswell è una città che vive grazie al turismo di mas-
sa degli appassionati di ufologia che si recano qui in pellegri-
naggio, provenienti magari dall’altro sito-cult, l’Area 51, nel
deserto del Nevada, circa 1000 chilometri a nord-ovest, dove
leggenda vuole che siano custoditi i resti del disco di Roswell.
E soprattutto, i corpi degli alieni che si schiantarono sulla Ter-
ra. Gli stessi corpi che il filmato di un’autopsia diffuso nei pri-
mi anni Novanta mostrò con immagini che fecero il giro del
mondo, prima che i tanti dettagli fuori posto (telefoni moderni
e altre attrezzature non ancora esistenti negli anni Quaranta
immortalate nei fotogrammi) convincessero l’autore del filma-
to – il produttore inglese Ray Santilli – a confessare la bufala.
Molti americani, tuttavia, ci credettero. Gli alieni mostrati
nel filmato erano in tutto e per tutto simili ai “grigi”, descrit-
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L’anno in cui il mondo non finì
ti da migliaia di persone convinte di aver avuto con loro un
incontro ravvicinato del terzo tipo, o addirittura peggio, una
abduction, vale a dire un rapimento alieno. Nel luglio 1946 la
rivista “Planet Comics” pubblicò una striscia a fumetti in cui
gli alieni utilizzavano un luminoso raggio traente per rapire
un’avvenente fanciulla in abiti succinti. Gli extraterrestri rive-
lavano poi che i rapimenti rientravano nel cosiddetto “Project
Survival”, teso a garantire la sopravvivenza della loro specie.
Tutto questo avveniva prima dell’ondata di avvistamenti di di-
schi volanti. Nel 1954 strisce a fumetti di questo genere appar-
vero anche in Inghilterra: sul tabloid “The Daily Express” si
illustrava in dettaglio la fantasiosa storia del rapimento di un
pilota della Royal Air Force. In quello stesso anno, due adole-
scenti venezuelani raccontarono ai giornali di essersi imbattuti
in un disco volante nella foresta vicino al loro villaggio, dove
alieni “piccoli” e “glabri” tentarono senza successo di catturar-
li. L’articolo che fu confezionato su questa storia, pubblicato
su una rivista argentina, costituì la miccia dell’ossessione delle
abductions5.
Tre anni dopo, uno scrittore brasiliano, João Martins, iniziò
a tenere una rubrica sugli incontri ravvicinati con extraterrestri
sulla rivista O Cruzeiro. Venivano descritti alcuni casi di per-
sone attaccate da piccoli esseri alieni, tra cui la vicenda in Ve-
nezuela. Martins chiese ai suoi lettori di scrivergli se avessero
vissuto storie simili, e tra questi si fece avanti un giovane conta-
dino, Antonio Villas Boas, che venne invitato a Rio de Janeiro
per essere esaminato da uno specialista. Quest’ultimo, colpi-
to dalla storia, redasse un rapporto che inviò all’Aerial Phe-
nomena Research Organization, la quale giudicò il resoconto
troppo inverosimile per essere pubblicato; tuttavia, la storia
iniziò a circolare tra gli addetti ai lavori. Nel 1962 un sedicente
contattista, una persona cioè che sostiene di essere in contatto
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La singolarità nuda
telepatico con intelligenze extraterrestri, accompagnato da un
membro del gruppo ufologico brasiliano, fecero visita a Villas
Boas; il resoconto che ne seguì venne pubblicato in inglese su
un magazine internazionale, “Flying Saucer Review”, che rese
nota la storia a livello mondiale. Fu l’inizio di una vera ondata
di suggestione di massa; del resto la descrizione di Villas Boas,
e tutte le successive, sono del tutto simili a quelle dei racconti
di fantascienza che precedettero i primi casi di abductions: es-
seri grigi, glabri, di bassa statura, catturano la vittima prescelta
sottoponendola a esami, al prelievo di tessuti e in alcuni casi a
intrattenere un rapporto sessuale con un alieno.
Queste storie influenzarono fortemente i coniugi Betty e
Barney Hill, americani del New Hampshire, protagonisti del
più celebre caso di abduction: angosciata da una serie di incu-
bi notturni riguardo rapimenti a opera di alieni, Betty Hill si
sottopose insieme al marito ad una seduta di ipnosi, durante la
quale anche il marito raccontò di essere stato rapito e descrisse
in dettaglio ciò che avvenne sul disco volante. Lo psicologo
liquidò la vicenda sostenendo che il marito di Betty fosse sta-
to influenzato dagli incubi della moglie, sviluppando una falsa
memoria. Ma la vicenda fu resa nota da una rivista influente, il
“Boston Traveller”, e portò alla pubblicazione di un libro letto
da milioni di americani. Molti dei quali, da allora, sostengono
di ricevere sgradite visite di extraterrestri.
L’astronomo americano J. Allen Hynek fu forse lo scienziato
che più di tutti si impegnò a studiare il problema degli UFO da
un punto di vista scientifico. Fu consulente scientifico di nume-
rose commissioni d’inchiesta istituite per far luce sugli oggetti
volanti non identificati, e se dapprima si limitò a bollare il tutto
come l’effetto di allucinazioni di massa, gradualmente si dimo-
strò più cautamente possibilista sull’ipotesi extraterrestre. Nel
1973 fondò il primo centro di studi ufologici con un approccio
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L’anno in cui il mondo non finì
scientifico al problema, ma proprio per la continua mancanza
di prove empiriche decisive finì per prendere sempre più le di-
stanze dagli ufologi: «A me sembra ridicolo che intelligenze su-
periori viaggino per lunghissime distanze siderali per fare cose
relativamente stupide come fermare le macchine, raccogliere
campioni di terreno, e spaventare la gente», sentenziò pochi
anni prima della sua morte6.
Eppure, alla fine degli anni Quaranta, molti importanti fisici
si dedicarono al problema degli UFO. Soprattutto fisici nucle-
ari. Non era forse sospetto il fatto che i dischi volanti si fossero
fatti vivi proprio all’indomani delle prime esplosioni atomi-
che? Forse gli alieni, ragionavano alcuni esperti di Los Alamos,
dove le prime bombe erano state fabbricate, avevano captato
il segnale delle esplosioni e si erano affacciati per vedere me-
glio cosa stava succedendo sulla Terra? Nel febbraio 1949 a
Los Alamos per due giorni diversi esperti di fisica si riuniro-
no per cercare di chiarire cosa fossero quelle strane luci verdi
apparse nei dintorni delle basi aeronautiche e dei depositi di
armi atomiche nel New Mexico l’anno precedente. In quella
sede Edward Teller, futuro padre della bomba H, che era stato
testimone oculare di un avvistamento, aveva sostenuto che si
trattasse di fenomeni naturali. I suoi colleghi concordarono.
Eppure, l’anno successivo, nell’aprile 1950, sempre a Los Ala-
mos, Enrico Fermi durante una pausa pranzo calcolò insieme
ad altri colleghi che almeno un milione di civiltà extraterre-
stri potevano permettersi in quel momento una gita turistica
sulla Terra. Pose però una famosa domanda: «Dove sono tutti
quanti?».
L’Aeronautica Militare statunitense decise di vederci chiaro
sulla questione e nel gennaio 1948 aprì un’inchiesta, denomi-
nata “Project Sign”, che comprendeva tra l’altro la seguente
ipotesi: «[…] che con l’ausilio di potenti telescopi gli astrono-
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La singolarità nuda
mi marziani avessero potuto vedere quel che era accaduto ad
Alamogordo e Hiroshima, in quanto al momento delle esplo-
sioni la posizione di queste due località era tale da poter esse-
re osservata dal pianeta rosso»7. Perciò, i marziani avrebbero
deciso di imbarcarsi alla volta della Terra. Carl Gustav Jung,
nel suo saggio Un mito moderno. Le cose che si vedono in cie-
lo (1958), sostenne che, per esorcizzare le paure di una morte
proveniente dal cielo sotto forma di bombe nucleari, proprio
nel cielo la società americana cercasse il “deux ex machina”
che la mettesse in salvo dall’apocalisse atomica. Quando poi
i dischi volanti fecero retromarcia, il loro posto fu preso dagli
allucinogeni, dall’LSD, da mille droghe sintetiche (ironicamen-
te, testate dalla CIA per anni su ignare cavie civili per esplorare
nuovi metodi di controllo delle masse, mentre divennero inve-
ce la via di fuga preferita dalla società di massa).
Insomma, i marziani non c’entravano niente. Successiva-
mente, si è cominciato a fissare i loro pianeti di provenienza
in sistemi stellari dai nomi esotici come Zeta Reticuli e Sigma
Draconis, sufficientemente al di fuori dalla portata delle nostre
sonde. Gli avvistamenti di UFO, lentamente, hanno iniziato a
scemare. Nel 2009 chiudeva l’ufficio UFO della Royal Air For-
ce britannica, mettendo online nei quattro anni successivi tutto
il materiale raccolto nel corso degli anni. Nel 2012 Dave Wood,
portavoce dell’Association for the Scientific Study of Anoma-
lous Phenomena(ASSAP), l’associazione che nel Regno Unito
coordina i tanti gruppi di ufologi e appassionati di fenomeni
inspiegabili, dichiarò al “Daily Telegraph” che l’ufologia era
ormai destinata a morte certa, visti anche i tantissimi siti web
sull’argomento chiusi o abbandonati che testimoniavano un
calo d’interesse generale. Non solo: dal 1988 il numero di av-
vistamenti di UFO sarebbe calato del 96% e i gruppi ufologici
britannici sono scesi da oltre un centinaio negli anni Novanta
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L’anno in cui il mondo non finì
a meno di trenta. Gli extraterrestri hanno deciso di ignorarci e
tornarsene a casa? Molto più probabile credere piuttosto che
«la mancanza di prove definitive al di là delle semplici sug-
gestioni aneddotiche fanno pendere la bilancia a favore della
probabilità che non ci sia niente lì fuori»8.
Il calo d’interesse nell’ufologia ha diverse spiegazioni. Wood
ricorda che in tutti i convegni di appassionati del settore si fini-
sca sempre per parlare dei vecchi casi storici, come l’incidente
di Roswell, piuttosto che portare all’attenzione nuovi casi. Ciò
dipenderebbe dal fatto che la maggior parte degli ufologi ha
ormai spostato la sua attenzione verso il complottismo e la te-
oria della cospirazione, sostenendo che la mancanza di prove
definitive dipenda dai continui insabbiamenti delle autorità,
come sarebbe avvenuto anche a Roswell. Ma se si parte dalla
convinzione che esista un complotto mondiale per nascondere
la verità sugli alieni, sostiene Wood, è difficile fare ricerca sul
tema in modo obiettivo. Piuttosto che cercare nuovi indizi e
possibili prove, si finisce per cadere nella pura paranoia.
Ma ci sono anche altre spiegazioni. Tra gli anni Ottanta e
Novanta l’ufologia conobbe una nuova primavera con i co-
siddetti “cerchi nel grano”. Sembrava possibile che gli alieni
avessero deciso di cambiare strategia nel comunicare con gli
esseri umani. Le successive dimostrazioni dell’assoluta replica-
bilità di questi fenomeni, le ammissioni di molti bontemponi e
l’inflazione di cerchi nel grano all’inizio del nuovo secolo – in
massima parte prodotti in computer-grafica – hanno portato
ad abbandonare anche questa pista. Internet ha nel frattempo
favorito la diffusione massiva di fotomontaggi, prima sui fo-
rum e sui siti web e poi, con l’avvento di YouTube, attraverso
migliaia e migliaia di video – spesso di pessima qualità – che
hanno prodotto sempre maggiore scetticismo tra gli ufologi.
Alcuni tra i documentari di migliore qualità, come quello della
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La singolarità nuda
presunta autopsia dei corpi alieni recuperati a Roswell e quello
della presunta missione congiunta USA-URSS sulla faccia na-
scosta della Luna per recuperare un disco volante precipitato lì
milioni di anni fa (la cosiddetta missione Apollo 20), si sono ri-
velati dei boomerang dopo che i loro produttori hanno ammes-
so trattarsi di falsi creati ad arte. E una brutta batosta è arrivata
anche in seguito al rilascio di documenti segreti e “top secret”
– americani e non – negli ultimi anni, in cui si dimostra che il
governo USA, pur avendo preso in seria considerazione il fe-
nomeno, non accettò mai l’ipotesi extraterrestre, e così gli altri
governi mondiali. Quando scoppiò lo scandalo di Wikileaks,
migliaia di ufologi sperarono che tra i milioni di file rubati sa-
rebbe uscito fuori qualcosa sugli UFO. Invece, silenzio totale.
Dagli UFO al New World Order
In un suo articolo del 1972, lo scrittore Giorgio Manganelli
affidava alle pagine di un noto giornale nazionale la seguente
confessione: «La delusione più cocente e astratta della mia vita
fu senza dubbio il mancato sbarco dei marziani nel decennio tra
il 1950 e il ‘60»9. Proprio in quello stesso decennio, tuttavia, l’e-
sigenza di trovare una spiegazione al mancato arrivo degli alieni,
per mitigare quella delusione di cui parlava Manganelli, spinse
alcune persone dotate di fervida immaginazione a sviluppare
una tesi complottista che collegava il fenomeno degli UFO alla
tipica sottocultura paranoica americana che Richard Hofstadter
aveva per primo descritto in un celebre saggio del 1964, The Pa-
ranoid Style in American Politics. È quella che Fox Mulder sinte-
tizza con una domanda nel primo episodio della decima stagione
(2016) di X-Files: «È possibile che sia tutto un imbroglio? Siamo
veramente soli, oppure ci hanno sempre mentito?».
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L’anno in cui il mondo non finì
La risposta, ça va sans dire, è la seconda: ci hanno sempre men-
tito. Ma chi, esattamente? Nel corso della serie-cult degli anni
Novanta X-Files scopriamo che dietro il grande complotto per
insabbiare l’esistenza di intelligenze aliene c’è un governo ombra
chiamato, nell’edizione italiana, il Consorzio (Syndicate nell’origi-
nale, talvolta tradotto da noi anche come Il Sindacato). Questo
Consorzio è composto da personalità influenti ma misteriose, i
cui tentacoli penetrano fin dentro lo Studio Ovale, nel Congres-
so, nelle Nazioni Unite, nel Pentagono, nella CIA, nell’FBI e, in
estrema sintesi, in ogni istituzione o agenzia del governo america-
no. La “saldatura” tra la teoria degli UFO e la tesi cospirazionista
del Nuovo Ordine Mondiale (NWO, New World Order) che ha
alimentato tutti gli episodi più “cult” di X-Files, quelli della co-
siddetta “Mythology”, risale appunto agli anni Settanta, quando i
believers del fenomeno UFO cominciarono a chiedersi perché gli
alieni non avessero ancora preso contatto con l’umanità.
Nel 1971 Larry Abraham e Gary Allen pubblicarono un
libro dal titolo None Dare Call It Conspiracy, nel quale soste-
nevano l’esistenza di una grande cospirazione per istituire un
supergoverno mondiale dittatoriale, a opera degli “Insiders”.
Questi personaggi misteriosi porterebbero avanti uno spa-
ventoso piano di dominio mondiale risalente alla loggia degli
Illuminati nel XVIII secolo (coloro che, secondo l’abate Bar-
ruel, furono gli iniziatori della Rivoluzione francese), e portato
avanti negli Stati Uniti da gruppi di potere quali la Trilateral
Commission e il Council on Foreign Relations. Chi mastica un
po’ di teorie complottiste relative al NWO avrà già individuato
alcuni topos ricorrenti. Di fatto è con questo libro che la teoria
del NWO inizia a essere sistematizzata e diffusa negli USA.
Nel 1977 il film di Steven Spielberg Incontri ravvicinati del
terzo tipo fonde la sindrome americana del complotto con l’in-
vasione aliena. Gli extraterrestri sono buoni, ma il governo ne
216
La singolarità nuda
ignora le intenzioni e preferisce incontrarli in segreto senza che
il resto del mondo lo venga a sapere. Gli “uomini in nero” (i men
in black), ossia gli agenti segreti della CIA o dell’FBI, mettono in
scena un gigantesco cover-up per nascondere l’imminente con-
tatto con gli alieni, destituendo di fondamento le testimonianze
di coloro che sostengono di aver avuto un incontro ravvicinato
con gli UFO e ricorrendo a espedienti radicali come una presun-
ta epidemia di peste per allontanare la popolazione dell’area in
cui avverrà l’incontro. Un gruppo di believers che non crede a
queste menzogne riesce tuttavia a superare la cortina fumogena
messa su dal governo e a partecipare allo storico primo contatto.
Per i complottisti più radicali, film come Incontri ravvicina-
ti del terzo tipo non sono affatto casuali: sono piuttosto parte
della propaganda con cui il governo cerca di preparare i citta-
dini alla rivelazione sull’esistenza di civiltà extraterrestri, con
le quali esisterebbero già da tempo diversi contatti. In questa
logica, una serie cult come X-Files assume a sua volta un ruolo
ben diverso da quello di semplice intrattenimento mediatico
fondato sulla sottocultura di massa americana: può essere o
un ulteriore tentativo di preparare l’opinione pubblica all’im-
minente rivelazione-shock, oppure un complesso e articolato
“avvertimento” da parte di “gole profonde” che conoscono la
verità e vogliono mostrare ai membri del governo ombra di
essere pronti a parlare. In quest’ultima variante cospirazioni-
sta rientrano anche film come Capricorn One di Peter Hyams
(1978), in cui s’immagina un finto sbarco su Marte e che altro
non sarebbe se non la confessione che anche il primo sbarco
sulla Luna era in realtà una montatura, o Shining di Stanley
Kubrick (1980), in cui qualcuno ha intravisto disseminati qua
e là una serie di indizi che Kubrick avrebbe appositamente in-
serito nella pellicola per confessare il suo coinvolgimento nella
produzione del finto allunaggio dell’Apollo 1110.
217
L’anno in cui il mondo non finì
Secondo gli ufologi, alla fine degli anni Ottanta avviene una
fuga di notizie che svela per la prima volta all’opinione pubbli-
ca l’esistenza di un “inner circle” nel governo americano che
da decenni porta avanti i rapporti con gli extraterrestri. Il suo
nome in codice è Majestic-12 (o MJ-12) e i fan di X-Files impa-
rano a conoscerne le attività nel corso della serie. Nel 17° episo-
dio della prima stagione, E.B.E. (in Italia Ospiti interplanetari),
Mulder riceve un plico da “Gola Profonda” in cui sono ripor-
tati documenti del Majestic-12 relativi a un’astronave aliena
precipitata in Iraq. Nel mondo reale, la storia del MJ-12 inizia
più o meno nello stesso modo: un plico anonimo ricevuto dal
regista Jaime Shandera e proveniente da Albuquerque, New
Mexico, al cui interno sono contenute pellicole con fotografie
dei documenti originali del MJ-12. Ufficialmente presentati nel
corso di una conferenza di ufologi nel 1987 a Washington, i do-
cumenti sono in realtà immediatamente diffusi tra le comunità
ufologiche, diventando oggetto di violenti dibattiti sulla loro
autenticità.
Attraverso di essi è possibile ricostruire la storia dei rap-
porti tra il governo americano e le intelligenze extraterrestri:
istituito dal presidente Eisenhower in seguito alle prime in-
dagini dell’amministrazione Truman sull’incidente di Roswell
e altri incontri ravvicinati con extraterrestri, il gruppo MJ-12
include dodici personalità di alto livello incaricate di studiare
gli alieni e stabilire contatti con essi. Secondo la vulgata ufolo-
gica-complottista, il governo USA avrebbe tenuto vertici con
i rappresentanti alieni tra il 1964 e il 1971 per negoziare un
accordo consistente nel trasferimento di tecnologie aliene agli
Stati Uniti in cambio del silenzio sulle mutilazioni di bestiame
e sui rapimenti temporanei di cittadini americani da parte degli
alieni. A tale scopo vengono realizzate basi come l’Area 51 o la
base Dulce, in cui l’esercito americano può analizzare le tecno-
218
La singolarità nuda
logie aliene e gli alieni possono effettuare con comodità i loro
test su esseri umani. Questo patto sarebbe stato rotto a partire
dal 1979, quando l’esercito americano, acquisite le prove delle
reiterate violazioni dell’accordo da parte degli alieni, avrebbe
tentato di scacciarli dalla base Dulce, dove scoppia una batta-
glia che vede gli umani avere la peggio e gli alieni mantenere il
controllo della base. Da quel momento il governo americano
avrebbe iniziato a sviluppare contromisure per difendersi dalla
futura invasione aliena, di cui per esempio l’Iniziativa di Difesa
Strategica (le “guerre stellari” di Reagan) non sarebbe che una
copertura.
Queste e altre teorie sono sistematizzate in quegli anni da
una serie di pubblicazioni, tra cui l’influentissimo testo di Wil-
liam Cooper Behold a Pale Horse (1991), nel quale la storia del
MJ-12 è leggermente modificata (il patto tra USA e alieni sa-
rebbe per esempio stato firmato già nel 1954) per saldarsi con
le teorie del NWO: il MJ-12 infatti non è che una parte del go-
verno ombra degli Illuminati, che include organizzazioni come
il gruppo Bilderberg, la massoneria, la Trilateral Commission
e il Council on Foreign Relations già citati vent’anni prima da
Abraham e Allen. Non bisogna dimenticare, del resto, che in
quello stesso anno esce negli USA un autentico bestseller, The
New World Order dell’influente telepredicatore di destra Pat
Robertson, che vende in pochi mesi centinaia di migliaia di co-
pie e contribuisce a far uscire le teorie sul NWO dai ristretti
circoli dei complottisti che sopravvivono con riviste ciclostilate
e primi, sporadici contatti su Internet, trasformandole in feno-
meno mainstream.
È qui che arriva David Icke. Abbiamo già incontrato Icke
nel secondo capitolo come il fantasioso sostenitore della “te-
oria Matrix”, secondo cui la realtà in cui viviamo non sareb-
be altro che una simulazione. Nel suo best-seller Il segreto più
219
L’anno in cui il mondo non finì
nascosto (1999), Icke sostenne con assoluta convinzione l’esi-
stenza di un complotto millenario volto a instaurare un Nuovo
Ordine Mondiale retto nientemeno che dai Rettiliani, esseri
alieni provenienti da un’altra dimensione capaci di assumere
fattezze umane grazie a un DNA ibrido. Le più alte sfere del
pianeta sarebbero nient’altro che grossi rettili mascherati: esat-
tamente come nella fortunata serie televisiva degli anni Ottanta
V – Visitors! «Quello che più di ogni altro film si è avvicinato
maggiormente alla verità è il serial televisivo americano degli
anni ‘80 chiamato V.», riconosceva Icke nel suo libro. «Esso
racconta di una razza di rettili extraterrestri che assumono il
controllo del mondo grazie al fatto di somigliare agli umani.
Il film dipinge i rettili come esseri coperti da qualche sorta di
pelle in lattice, che non è come funziona in realtà, ma il tema
della serie è giusto…»11.
Il libro vendette milioni di copie, con sei ristampe in Ame-
rica nel giro di dieci anni e traduzioni in ogni parte del mondo
(in Italia è arrivato nel 2001, aprendo la strada a tutti i suoi
volumi precedenti e successivi). Il cospirazionismo di Icke pas-
sa direttamente dalla fantascienza alla realtà, mescolando nelle
oltre cinquecento pagine del suo libro tutti i temi più cari agli
appassionati di misteri e complotti. Tra i Rettiliani sotto men-
tite spoglie ci sarebbero ben 33 presidenti degli Stati Uniti, i
quali – osservando il loro albero genealogico – discenderebbe-
ro tutti da due persone: il re d’Inghilterra Alfredo il Grande,
e Carlomagno (entrambi regnarono nel IX secolo). Sono Ret-
tiliani i due Bush e anche il clan dei Clinton, secondo alcune
rivelazioni fatte da persone a loro vicine che Icke non disdegna
di citare come attendibili fonti; ce n’è anche per la povera Lady
Diana la quale, sospettosa nei confronti della vera natura della
famiglia del marito (“non sono umani!”, avrebbe esclamato a
più riprese a una sua confidente rintracciata da Icke, il quale
220
La singolarità nuda
glissa sul senso metaforico della frase), sarebbe stata poi fatta
fuori. Hilary Clinton è, secondo David Icke, una delle autorità
principali della gerarchia rettiliana, apparentemente anche più
importante del marito Bill (all’epoca in cui Icke scriveva, Hi-
lary era ‘semplicemente’ la First Lady, e Icke sarà stato senz’altro
compiaciuto di averla vista prima senatrice per due volte, poi
Segretario di Stato americano e per due volte a un passo dalla
Casa Bianca). E ricordando il ruolo-chiave della Regina Vittoria
nel garantire al mondo una lunga fila di discendenti che hanno
poi assunto numerose corone in tutta Europa e oltre, c’è una
netta predilezione per il matriarcato nella stirpe dei Rettiliani,
così come in V – Visitors dove la comandante in capo è Diana.
I primi esemplari terrestri di questa subdola specie sarebbe-
ro gli Anunnaki, gli dei sumeri di cui già aveva parlato abbon-
dantemente Sitchin nei suoi libri, e la cui provenienza viene da
Icke rintracciata nella costellazione del Dragone (mentre per
Sitchin, ricordiamolo, proverrebbero dal Pianeta X, Nibiru).
La leggenda del Conte Dracula discende proprio da quest’in-
quietante realtà. Infatti i Rettiliani «amano consumare sangue
umano e non sono altro che i vampiri delle leggende…». Il
nome “Dracula” (dal latino Draco, Dragone) richiama la pro-
venienza astrale e la loro natura di draghi, ossia vampiri; “con-
te” indica l’aristocraticità data dalla linea di sangue che si per-
de nei millenni. E perché gli Ariani erano, secondo i Nazisti, la
razza superiore? Perché Hitler e i suoi «conoscevano la storia
e le loro connessioni con i Rettiliani». La loro base sarebbe in-
fatti nelle montagne del Caucaso, dove una porta dimensionale
garantisce l’accesso degli alieni dalla loro dimensione alla no-
stra. È infatti la regione caucasica ad essere la patria d’origine
della razza ariana. Tutto quadra!
«Dalle loro basi sotterranee, i Rettiliani […] stabiliscono
una rete di umani-rettiliani infiltrati a vari livelli nei complessi
221
L’anno in cui il mondo non finì
militari-industriali, negli organi governativi, nei gruppi ufologi-
ci e del paranormale, negli ordini religiosi e nelle confraternite,
ecc. Questi ibridi, alcuni dei quali non consapevoli delle istru-
zioni di “controllo mentale” del loro codice genetico rettiliano,
esercitano i loro ruoli sovversivi come “agenti rettiliani”, pre-
parando il terreno per l’invasione guidata dagli alieni Rettilia-
ni», scrive ancora Icke. «L’Agenda centrale è coordinata dalla
City di Londra, che comprende il centro finanziario noto come
“Square Mile” e le rive del Tamigi che scorre tra i quartier ge-
nerali della giustizia britannica, il Parlamento, i centri del go-
verno e l’intelligence britannica, fino a Buckingham Palace, la
base della linea di sangue rettiliana nota come i Windsor […]
Parigi è un altro centro-chiave della Fratellanza Babilonese
[come Icke spesso definisce la stirpe Rettiliana infiltrata], così
come il Vaticano… Da Londra, l’elite Rettil-Ariana detta la sua
politica e la sua Agenda ai suoi “direttori di filiale”, le famiglie
imparentate in ogni paese, che assicurano che l’Agenda coordi-
nata da Londra sia introdotta a livello globale […]. Negli Stati
Uniti, i principali direttori delle succursali come i Rockefeller
hanno orchestrato un cartello di famiglie e prestanome come i
Morgan, gli Harriman, i Carnegie, i Mellon... In Sudafrica sono
gli Oppenheimer»12.
I libri di Icke e la serie X-Files realizzarono in sostanza negli
anni Novanta un’operazione di massificazione delle teorie con
cui i circoli ufologici americani avevano cercato di rispondere
al problema del mancato primo contatto con gli alieni (un son-
daggio Gallup del 1996 rivelava che ancora il 48% degli ameri-
cani restava convinta del rapporto UFO-extraterrestri), unen-
dole a quelle relative al NWO che avevano iniziato a diventare
fenomeno di massa proprio agli inizi degli anni Novanta, fino
a collegarsi, verso la fine della serie, con le ansie apocalittiche
emerse a cavallo del millennio. Non è un caso, per esempio,
222
La singolarità nuda
che nel doppio episodio che apre la settima stagione, The Sixth
Extinction, Mulder e Scully scoprano come un’antica leggenda
Navajo contenga particolari dei piani di invasione aliena della
Terra; siamo nel 1999, le mitologie apocalittiche sono all’or-
dine del giorno e tra queste anche quelle relative alla profe-
zia degli indiani Hopi sulla fine del mondo. Passato il fatidico
anno 2000, l’immaginario catastrofista si appropria di un’altra
data, quella del 21 dicembre 2012, che sarebbe stata prevista
dai Maya e che, per l’appunto, scopriamo essere, nell’ultimo
episodio della serie classica di X-Files, la data fissata per l’inizio
della colonizzazione aliena del pianeta.
Diamo i numeri
Qualche secolo fa, quando il metodo scientifico non si era an-
cora affermato e si era lontani dall’immaginare che la Terra avesse
4,5 miliardi di anni e l’universo oltre 13, l’unico modo per cercare
di capire quando Dio si era degnato di dire “sia la luce!” si basava
sulla lettura della Bibbia. Nella Genesi non c’era nessuna data spe-
cifica, ma esiste una precisa genealogia che permette di calcolare
quanti anni sono passati da Adamo fino, più o meno, alla nascita
di Gesù. E poiché era opinione comune che Gesù fosse stato cro-
cifisso nell’anno 33, c’erano i presupposti per riuscire a datare con
esattezza il momento della Creazione. Nel 1650 il vescovo irlande-
se James Ussher convinse buona parte del mondo protestante che
Dio aveva creato il mondo il 23 ottobre del 4004 a.C., alle nove
del mattino. Gli ebrei non erano però dello stesso avviso: secondo
i loro calcoli, il mondo era stato creato il 7 ottobre del 3761 a.C.
Qualcuno azzardò anche una data più indietro nel tempo: il 5509
a.C. Fatto sta che la data di Ussher è oggi quella più accettata dai
creazionisti e dai fondamentalisti evangelici.
223
L’anno in cui il mondo non finì
Qualcuno però pensò bene che, se tramite la Bibbia era pos-
sibile calcolare la data della Creazione, poteva essere analoga-
mente individuata la data della fine del mondo, dell’Armaged-
don (secondo la tradizione giudaica) o “Giudizio Universale”
(secondo la tradizione cristiana). Certo, nel Vangelo di Matteo
Gesù, parlando del giorno del giudizio, era stato chiaro: «In
quanto alla data e all’ora, nessuno la conosce, né gli angeli nel
cielo né il Figlio, ma solo il Padre» (Mt, 24:36). Ma gli esegeti
della Bibbia non erano convinti: Gesù, dopotutto, intendeva
probabilmente che non era possibile indovinare il giorno e l’o-
ra esatti, ma nulla impediva che si riuscisse a calcolare l’anno e
magari anche il mese della fine del mondo.
Già all’epoca del tardo Impero romano e nell’alto medio-
evo, le teorie fioccarono. Buona parte delle interpretazioni
escatologiche (escatologia è un termine che viene dal greco
éskhatos, “ultimo”, e si riferisce alle teorie sulla fine dei tem-
pi) si fondavano sul Libro dell’Apocalisse di Giovanni. Qui si
legge che Satana sarebbe stato imprigionato «per mille anni»,
scaduti i quali il diavolo sarebbe tornato a essere «libero per
un po’». Ipotizzando che i mille anni avessero inizio dalla na-
scita di Cristo, intorno all’anno 1000 si diffuse in diverse parti
dell’Europa una certa apprensione riguardo l’imminente giudi-
zio finale. Ma non accadde nulla. Ancora prima, alcuni esegeti
del primo cristianesimo avevano sostenuto che il mondo sareb-
be durato 6000 anni: ciascuno dei sette giorni della Creazione
durava mille anni, cosicché appariva ovvio che, analogamente,
sarebbero passati 6000 anni prima del giudizio universale, a cui
avrebbe fatto seguito la discesa sulla Terra della Gerusalemme
celeste, per un altro millennio, al termine del quale ci sarebbe
stata la fine del mondo. All’epoca era invalsa la tesi che fossero
passati 5500 anni circa dalla Creazione, per cui l’apocalisse era
fissata nel 500 d.C. Non accadde nulla, così Eusebio di Cesa-
224
La singolarità nuda
rea ricalcolò la nascita di Cristo stabilendo che fosse avvenuta
5199 anni dopo la Creazione: quindi, la fine del mondo venne
prevista al termine dei seimila anni, intorno all’anno 800 (mese
più mese meno).
Ma, oltre all’Apocalisse, c’è anche un altro riferimento nella
Bibbia, questa volta nel Vecchio Testamento. Nel Libro di
Daniele c’è una celebre profezia riguardo i regni che si sarebbero
succeduti sulla terra. Il re babilonese Nabucodonosor, che
all’epoca teneva in cattività gli ebrei, fece un sogno: una gran-
de statua con la testa d’oro, il petto e le braccia d’argento, il
ventre e le cosce di bronzo, le gambe e i piedi in argilla e in
ferro. Daniele, un ebreo molto considerato per la sua saggezza,
fu invitato a interpretare il sogno. Egli stabilì che l’impero ba-
bilonese era la testa d’oro, a cui avrebbe fatto seguito un regno
d’argento, uno di bronzo («che dominerà su tutta la terra»),
un quarto regno «duro come il ferro», ma che alfine si sarebbe
diviso in due, di cui una parte più debole (l’argilla). Ma il sogno
non finiva lì: il re aveva visto anche una pietra caduta dal cie-
lo che colpiva i piedi della statua, facendola crollare: secondo
Daniele, all’epoca del regno d’argilla Dio avrebbe messo fine
ai regni degli uomini e instaurato il suo Regno, che sarebbe
durato per sempre. Nel primo medioevo ci si convinse che il
regno d’argento era quello persiano, il regno di bronzo quel-
lo di Alessandro Magno e dei greci, il regno di ferro l’Impero
romano. Essendosi ormai diviso e indebolito, all’Impero roma-
no erano seguiti i regni d’argilla, che pertanto sarebbero stati
spazzati via molto presto. Non c’era che da attendere.
L’attesa, tuttavia, è durata fino a oggi. A suo tempo ci provò
anche Sir Isaac Newton, il primo degli scienziati e l’ultimo dei
maghi. Newton riprendeva il Libro di Daniele e la profezia per
cui l’Anticristo sarebbe giunto sulla Terra dopo «un tempo, più
tempi e la metà di un tempo». La tradizionale interpretazione
225
L’anno in cui il mondo non finì
medievale sosteneva che questa criptica formula significasse
«un anno, due anni e metà di un anno», ossia tre anni e mezzo,
o meglio 42 mesi, o meglio ancora 1260 giorni. Nella profezia
della statua dai piedi d’argilla, i deboli regni succeduti all’Im-
pero romano sarebbero stati riuniti poco prima della fine. A
capo di questo restaurato Impero romano sarebbe poi giunto
l’Anticristo. Newton fissava la restaurazione dell’Impero roma-
no all’anno 800, quando Carlo Magno si fece incoronare come
sovrano del Sacro Romano Impero. E riprendendo la tesi per
cui ogni giorno biblico in realtà è un anno, Newton calcolava
1260 anni dopo l’anno 800: 2060. Nel 2060, dunque, il Sacro
Romano Impero crollerebbe e al regno dell’Anticristo segui-
rebbe il Giudizio universale. Peccato che Newton non poteva
sapere che nel 1806 Napoleone avrebbe decretato lo sciogli-
mento del Sacro Romano Impero. Per cui, l’intera tesi perde-
rebbe consistenza (casomai l’avesse avuta).
Nella prima metà del XIX secolo un ufficiale americano,
William Miller, calcolò sulla base del Libro di Daniele e dell’A-
pocalisse che Cristo sarebbe tornato sulla Terra il 21 marzo
1844. Non accadde nulla, e Miller rifece i calcoli, fissando la
data al 22 ottobre 1844. Nemmeno in quel caso ebbe fortuna.
Ma, certamente, William Miller fece scuola. Nel corso del XX
secolo, sono state fornite un numero incalcolabile di date per la
fine del mondo, basate sui computi più allucinanti e sulle pro-
fezie più vaghe, come quelle di Nostradamus. Il millenarismo si
fissò, inevitabilmente, sulla data di cesura, quella del 2000, fine
di secolo e di millennio, e produsse fenomeni intrisi di mistici-
smo tecnologico come il famigerato millennium bug (o Y2K), il
bug informatico che avrebbe fatto andare in tilt i computer di
tutto il mondo a causa del fatto che i loro indicatori per l’anno
si limitavano alle ultime due cifre, cosicché dopo il ‘99 sarebbe-
ro passati al 1900, con tutti i problemi conseguenti.
226
La singolarità nuda
Già prima del giro di boa del millennio, tuttavia, gli esegeti
più attenti avevano iniziato a focalizzarsi sulla data del 2012,
come abbiamo visto. Qualcuno, più impaziente degli altri, ha
tentato anche di anticipare la data dell’apocalisse di qualche
mese. Uno di questi è un personaggio che merita un appro-
fondimento. Harold Camping, pur essendo protestante, non
accettava la data del 4004 a.C. fissata dal vescovo Ussher. Nel
suo The Biblical Calendar of History (1970), Camping datava
la Creazione all’11013 a.C. e il Diluvio Universale al 4990 (se-
condo Ussher il Diluvio era invece avvenuto nel 2348 a.C.). So-
stenne quindi che il mondo sarebbe finito nel settembre 1994.
Ma, quando la data passò, la ricalcolò al 25 dicembre dello
stesso anno. Per un po’, dopo la brutta figura, ebbe il buon
gusto di non riprovarci. Poi, nel 2010, all’interno del program-
ma radiofonico “Open Forum” dell’emittente da lui fondata,
“Family Radio”, tornò a farsi sentireproponendo una nuova
data: 21 maggio 2011.
Il calcolo di Camping è il seguente: Gesù è spirato sulla cro-
ce il 1° aprile del 33 (con buona pace dei biblisti oggi concordi
nel retrodatare quest’avvenimento di alcuni anni), e quindi nel
2011 sarebbero passati 1978 anni. Moltiplicando questo nu-
mero per la media dei giorni dell’anno (considerando anche
gli anni bisestili), cioè per 365,2422, viene fuori 722.449. Ag-
giungete ora 51 a questa cifra, poiché dal 1° aprile (giorno dalla
morte di Cristo) al 21 maggio passano 51 giorni. Viene fuori
722.500. Ebbene, questo numero è pari a 5 x 10 x 17 elevato al
quadrato. Se questo numero non vi dice niente, è perché non
avete la passione di Camping per la numerologia biblica. Se-
condo questa dubbia dottrina, il numero 5 sta a indicare la re-
denzione, il numero 10 la completezza e il numero 17 il Regno
di Dio. Dunque, 5 x 10 x 17 sta a significare la “completezza
della redenzione”, cioè il Giorno del Giudizio, a cui fa seguito
227
L’anno in cui il mondo non finì
l’instaurazione del Regno di Dio in Terra. Non solo: se il Di-
luvio è avvenuto nel 4990, sono passati esattamente 7000 anni
da allora! E dato che 7000 sono anche gli anni della Creazione
(riprendendo la tesi per cui ogni “giorno del Signore” è pari a
1000 anni umani), tutto tornerebbe.
Se ci si crede fino in fondo, a pensarci bene, ha un senso.
Spendendo tutti i propri risparmi per avvisare la popolazio-
ne sulla data del giudizio universale, poi, forse ci si guadagna
anche un posto in paradiso. È quello che deve avere pensato
Robert Fitzpatrick che, a New York, arriva a spendere 140.000
dollari per tappezzare la città, metropolitana compresa, con
enormi cartelloni che annunciano la fine del mondo per il 21
maggio 2011, a mezzanotte («ora di Gerusalemme», precisa).
«Sto cercando di avvisare la popolazione su quello che succe-
derà – dichiara al “New York Daily News”. Chi ha capito che
arriverà la fine del mondo ha il dovere di avvertire tutti»13. E
cosa c’è di più efficace di un avviso all’interno della carrozza
della metropolitana? Fitzpatrick lo sa bene, perché nell’azien-
da dei trasporti pubblici di New York, la Mta, aveva lavorato
fino alla pensione. E così ecco spuntare mille manifesti nella
metro (per un totale di 90.000 dollari) e negli autobus (50.000
dollari).
La moda si diffonde anche in Italia, dove nelle stazioni
della metro di Milano, Roma e Napoli iniziano a comparire
cartelloni che annunciano l’imminente giudizio universale. Il
tutto grazie alle donazioni: nel 2009 Family Radio dichiarava
al Fisco americano 104 milioni di dollari, di cui 18,3 milioni
di sole donazioni14. Quando la notizia della nuova predizione
di Camping è diventata di pubblico dominio, la signora Eileen
Heuwetter è rimasta scioccata: proprio all’emittente di Cam-
ping, “Family Radio”, sua zia, deceduta da poco, aveva lasciato
la gran parte delle sue sostanze, circa 300.000 dollari. A Eileen
228
La singolarità nuda
e alla sorella erano rimaste solo poche briciole. Così la vecchia
zia aveva stabilito nel suo testamento. Doris Schmitt, questo
il nome della vecchietta deceduta nel 2010, era rimasta ormai
sola, dopo una vita passata a combattere l’alcolismo e la mor-
te dei suoi due figli, entrambi tossicodipendenti15. Nelle facili
promesse di “Family Radio”, che le faceva compagnia giorno e
notte, doveva aver trovato un solido conforto.
Tuttavia, la data del 21 maggio 2011 passa senza conseguen-
ze. «Il giorno del giudizio è di tipo spirituale», rivela allora
Camping, ribadendo che i suoi calcoli prevedono la fine effet-
tiva del mondo cinque mesi dopo, il 21 ottobre. «Il Signore ha
voluto risparmiare alla terra cinque mesi di sofferenze»16. Il 9
giugno il predicatore ormai 89enne viene colpito da un ictus
nella propria casa di Alameda, vicino Oakland, in California.
Alla fine di quel mese si decide a chiudere il suo programma
“Open Forum”. Dopo una lunga degenza in una casa di cura,
ritorna a casa per iniziare la riabilitazione. Ma non si arrende:
il tempo di riprendere l’uso della parola e torna ai microfoni
per ribadire le sue convinzioni: «Credo che ci stiamo davvero
avvicinando alla fine… l’evento tremendo che è avvenuto il 21
maggio di quest’anno finirà probabilmente il 21 ottobre, che
verrà molto presto». Questa data «sarà la fine definitiva di tut-
to», precisa. Dopo una serie di chiacchiere bibliche, Camping
ci tiene a confortare gli ascoltatori: «I vostri bambini e i vostri
cari moriranno tranquillamente» e «i veri credenti conquiste-
ranno il nuovo cielo e la nuova terra». Dopodiché, annuncia
che probabilmente non seguiranno altri messaggi prima della
fine: «So che il mio lavoro è stato fatto. Addio e che Dio bene-
dica tutti voi»17.
Quando anche il 21 ottobre passa e la Terra continua a re-
stare al suo posto, Camping getta la spugna e, con una lettera
sul sito web di “Family Radio” scrive: «Dobbiamo umilmente
229
L’anno in cui il mondo non finì
riconoscere di aver sbagliato. Dobbiamo anche apertamente ri-
conoscere di non avere alcuna nuova prova evidente di un’altra
data per la fine del mondo. Per quanto molte date stiano cir-
colando, “Family Radio” non ha alcun interesse a prendere in
considerazione un’altra data. Dio ci ha spinti a essere più umili
attraverso la lezione del 21 maggio, per continuare anche più
ferventemente nel cercare nella Bibbia, non per trovare date,
ma per essere più fedeli nella nostra comprensione»18. Il 15 di-
cembre del 2013, all’età di 92 anni, muore serenamente. Un ex
impiegato di “Family Radio”, Matt Tuter, oggi responsabile di
progetti internazionali, stima che la campagna pubblicitaria sul
giorno del giudiziosia costata intorno ai 100 milioni di dollari,
ricavati in buona parte dalla vendita di proprietà19.
When the shit hits the fan
Se si vuole avere un’idea di quello che fu il fenomeno 2012,
bisogna seguire la vicenda dei preppers, “coloro che si prepara-
no”, anche noti come survivalisti. Americani, nella stragrande
maggioranza dei casi (ma la moda, come vedremo, contagia
mezzo mondo), che in vista della fine si preparano scavando
rifugi, accatastando cibo in scatola e kit di pronto soccorso, im-
parando il fai-da-te per poter sopravvivere nel mondo post-a-
pocalittico. Un fenomeno che ebbe un analogo negli anni più
caldi della Guerra Fredda, quando esplose la moda dei bunker
anti-atomici in cui sopravvivere all’inverno nucleare; ma allora
il rischio era concreto, non immaginario. Doomsday Preppers,
il programma televisivo del National Geographic Channel an-
dato in onda negli USA a partire dal febbraio 2012, e diven-
tato in poco tempo lo spettacolo più seguito nella storia del
canale, ne racconta le gesta20; ma per conoscerle in dettaglio
230
La singolarità nuda
bisognerebbe addentarsi nei forum su Internet dove i prep-
pers si scambiano consigli di sopravvivenza e sviluppano teorie
catastrofiste sull’imminente apocalisse (o, come la chiamano
loro, TEOTWAWKI, acronimo di “The end of the world as we
know it”, la fine del mondo come lo conosciamo).
Per quanto sia quasi impossibile conoscere il loro numero,
blog e network di preppers conoscono un’esplosione di popola-
rità negli anni precedenti il 2012. Hugh Vail, presidente dell’A-
merican Preppers Network, fornisce anche qualche numero:
le vendite di beni di sopravvivenza e di cibo in scatola online
avrebbero subito un aumento di oltre il 1000% dal 2008, con
picchi dopo i principali disastri come il terremoto giapponese
del marzo 201121. «La base si è espansa ben al di là dei cristiani
più conservatori», sostiene James Wesley Rawles, che ha scritto
la cosiddetta Bibbia dei prepper, How to Survive the End of the
World as We Know It (“Come sopravvivere alla fine del mondo
come lo conosciamo”), e dirige il Survival Blog. «La gente si sta
solo preparando seguendo il proprio interesse razionalistico»,
sostiene. «Chiunque, guardando agli eventi dell’ultima parte del
XXI secolo, pensi che non costituiscano minacce sta delirando.
Come quelli che credono che la vita domani andrà esattamente
come oggi. Che non ci saranno disastri. Che puoi aspettarti che
l’acqua sgorghi magicamente dal tuo rubinetto ogni mattina»22.
Perlopiù si tratta di fare scorte di cibi in scatola e liofilizzati
e di acqua. Alcuni accumulano armi e munizioni e seguono
corsi di sopravvivenza. Altri preparano i loro bunker per quan-
do arriverà il momento di piantare tutto in asso e tagliare la
corda, quando, come dicono loro, WTSHTF (“when the shit
hits the fan”, quando le cose si metteranno male). Anche Co-
stco, la principale catena di supermarket americani, si butta
nell’affare, vendendo kit di sopravvivenza in pratici zainetti –
cibo sufficiente per due settimane, coltelli, un’accetta, nastro
231
L’anno in cui il mondo non finì
adesivo, tenda e kit di pronto soccorso23. Un’inchiesta di “Le
Figaro” svela che le vendite di cibi liofilizzati registrano auten-
tici record: la responsabile del sito “lyophilise.fr” spiega:«Un
anno fa, date le richieste, abbiamo introdotto dei prodotti a
conservazione molto lunga, dai 10 ai 25 anni. E abbiamo ven-
duto 8mila pasti individuali destinati a essere immagazzinati».
Se prima gli acquirenti di questi prodotti erano soprattutto
sportivi e soldati, da qualche tempo i cittadini comuni spaven-
tati da possibili catastrofi su scala globale rappresentano circa
il 40% della clientela del mercato, secondo le stime del sito. In
un mondo post-apocalittico in cui la fragile catena alimentare
che rifornisce le grandi città sarebbe la prima cosa a spezzarsi,
il ricorso a scorte di cibi in scatola per un tempo piuttosto lun-
go potrebbe fare la differenza tra la vita e la morte. Al punto
che un privato cittadino avrebbe acquistato provviste per circa
30mila euro, sempre in Francia. La marca di liofilizzati svizze-
ra Katadyn sarebbe andata incontro nel 2012 a un raddoppio
delle vendite rispetto agli anni precedenti, mentre per la marca
americana Mountain House le vendite sarebbero addirittura
triplicate24. L’azienda produttrice di pistole Sturm dichiara di
aver ricevuto nel primo trimestre del 2012 ordini per oltre un
milione di armi da fuoco, un numero superiore alle proprie
capacità di produzione, al punto da dover interrompere l’ac-
cettazione di nuovi ordini fino alla metà dell’anno, quando il
boom riprende con volumi ancora maggiori25.
Ma i guadagni maggiori li registrano i venditori di bunker
sotterranei. Una compagnia californiana, “Vivos”, lancia una
linea “economy” di bunker a partire da appena 9.950$, affian-
cati ai tagli super-lusso per cifre a partire da 35.000$. Non solo:
per chi non ama la solitudine o crede che ci possano essere più
chance di sopravvivenza unendo le forze, Vivos mette a dispo-
sizione circa mille posti in un complesso sotterraneo costruito
232
La singolarità nuda
nel Nebraska: un’area di circa 100.000 metri quadrati a prova
di bomba nucleare fino a 20 megatoni. La comunità di Vivos
conta circa 10.000 clienti, assicurano i manager, che sottolinea-
no come le vendite dei bunker siano salite del 1000% a partire
dal 201126.
Larry Hall ha pensato invece di comprarsi un silos missilisti-
co in disuso, nel Kansas, al modico prezzo di 300.000 dollari,
spendendo quasi altrettanto per ripulirlo dalla polvere, fanghi-
glia e acqua stagnante e renderlo vivibile. «Voglio dire: wow!
Questa è una cosa che potrà proteggerci da qualsiasi cosa, a
prescindere dal tipo di minaccia», esclama entusiasta Larry. I
missili e le testate, ovviamente, non ci sono più. Ma i rivesti-
menti d’acciaio sono ancora lì, fino a 70 metri sotto la superfi-
cie. In realtà, Larry è un affarista. Dopo aver ristrutturato il silo,
vi ricava un lussuoso condominio di diversi piani sotterranei,
per rivendere il tutto a non meno di 2 milioni di dollari. Ogni
condominio è dotato di una vasca Jacuzzi e scorte alimentari
per cinque anni, oltre a tutta una serie di sistemi di sicurez-
za: fucili a controllo remoto, detector a infrarossi e infrasuoni.
Tra i più entusiasti del progetto c’è Ed Peden, co-proprietario
di 21st Century Castles, azienda specializzata nel recupero dei
vecchi silos di prima generazione, secondo lui non meno di 120
in tutti gli USA completamente ristrutturabili. «C’è sempre un
sacco di interesse, un sacco di email, un sacco di telefonate. Ma
la vendita effettiva è molto difficile». Peden ha comprato nel
Kansas un silos missilistico per 40.000 dollari e ci ha vissuto
con la moglie Dianna per vent’anni. «È una scelta di vita, non
crediamo alla fine del mondo», spiega Dianna. All’interno del
loro bunker, profumi di incenso, simboli delle religioni di tutto
il mondo e immagini un po’ lascive suggeriscono incontri mol-
to New Age. «Abbiamo trasformato un tempio di morte in un
tempio di pace e amore», spiegano i coniugi27.
233
L’anno in cui il mondo non finì
Un’idea che dev’essere venuta in mente anche alla Pink Vi-
sual, azienda specializzata in contenuti erotici. L’idea originaria,
spiega il portavoce della Pink Visual, Quentin Boyer, era quella
di realizzare un sito sicuro per il personale della compagnia e
i propri familiari, dove passare una vacanza davvero originale.
Ma poi, ci si è detti, perché non trasformare il bunker anti-
2012 nel set di un porno dal vivo? «Il nostro obiettivo non è
altro che quello di sopravvivere all’apocalisse nel confort e nel
lusso, a prescindere dal fatto che la catastrofe assuma la forma
di una palla di fuoco lanciata verso la Terra da una divinità on-
nisciente, un diluvio torrenziale, un giorno del giudizio biblico,
un mega tsunami prodotto da un terremoto, zombie cannibali
radioattivi o una combinazione di quanto sopra». Non manca
naturalmente l’area VIP, con accesso ancora più esclusivo, e
speciali “sale di fertilità”, dove ai fruitori tocca l’arduo compi-
to di portare avanti la proliferazione della specie umana dopo
l’apocalisse28.
Dalla patria dei Pokemon, invece, nasce l’idea del “Noah
Pod”, che nel design assomiglia parecchio alle celebri “sfere
Poké” della fortunata serie d’animazione nipponica, ma il cui
scopo è quello di proteggere le persone all’interno da tutti i tipi
di potenziali cataclismi che potrebbero scatenarsi. La New Co-
smo Power, che la commercializza a 3.900 dollari, vanta centi-
naia di ordini. Il principio è semplice: dato che pochi possono
permettersi un bunker anti-atomico, tanto vale dotare ciascuna
famiglia di una “scialuppa di salvataggio” che resista agli urti
prodotti da un terremoto, uno tsunami o dagli effetti di un vio-
lento uragano. La sfera. all’interno della quale possono trovare
ospitalità dalle 4 alle 12 persone, è costruita con materiali estre-
mamente resistenti agli urti, e dispone di una barra centrale
che permette di tenere la sfera in equilibrio, evitando di farla
sballottare da tutti i lati. Unica pecca: i produttori avvertono
234
La singolarità nuda
che non è a prova di incendio. In realtà un’altra pecca c’è, ed è
che non è certo una soluzione a prova di claustrofobici. Ma per
i giapponesi, abituati a vivere in pochi metri quadri e viaggiare
in metro sovraffollate schiacciati gli uni sugli altri, questo è
l’ultimo dei problemi. Il colore giallo acceso serve a rendere
la capsula, galleggiante, facilmente riconoscibile ai soccorsi29.
Il nome “Noah Pod” rimanda ovviamente all’Arca di Noè;
stessa ispirazione di Johan Huibers, olandese, che in quattro
anni e tre mesi realizza una copia dell’Arca questa volta rispet-
tando esattamente le misure citate nella Genesi, che al riguardo
è molto precisa. All’interno, sui quattro ponti dell’imbarcazio-
ne, l’Arca contiene repliche di diverse animali e alcuni esem-
plari vivi. La costruzione, in realtà, è stata pensata come attra-
zione per insegnare ai visitatori il creazionismo, ma Huibers
viene presto subissato di chiamate di persone convinte della
prossima fine del mondo che chiedono di poter prenotare una
camera a bordo per il Natale 2012, anche perché egli stesso,
per giustificare la bizzarra decisione di costruire una replica
dell’Arca di Noé, spiega di aver fatto un sogno in cui un enor-
me diluvio sommerge i Paesi Bassi. In Cina Lu Zhenghai spen-
de oltre 160mila dollari per la sua personale copia dell’Arca
di Noè nella regione di Urumqi Xinjiang. Iniziata nel 2010,
l’opera gli richiede circa due anni di lavori, per essere pronta a
ospitare Lu e la sua famiglia, insieme a un ristretto numero di
amici e parenti, per un totale di circa venti persone. Come del
resto Huibers si è lasciato contagiare dall’idea di un’inondazio-
ne dalla precaria condizione idrogeologica del suo paese, così
forse le inondazioni del fiume Giallo che hanno caratterizzato la
storia cinese potrebbero aver convinto Lu della possibilità che
la “profezia” Maya si avveri attraverso un’apocalisse d’acqua30.
La situazione sfugge di mano, come dimostra il tragico caso
di Peter Keller. Nel bosco poco lontano dalla sua casa in un
235
L’anno in cui il mondo non finì
paesino a est di Seattle, North Bend, Keller inizia a costruire
un bunker per prepararsi al peggio. Otto anni per portarlo a
termine, poi il gesto della follia: uccide la moglie,41 anni, e la
figlia, appena diciottenne, e dà fuoco alla casa. Si rifugia nel
bunker, dove ha ammassato cibo, vestiti, armi. I vicini mettono
gli inquirenti sulle tracce del sito, ben nascosto dalla boscaglia,
indicato anche da alcune foto ritrovate nella cassaforte tra le
macerie dell’abitazione data alle fiamme. Keller è lì, in quella
che riteneva sarebbe stata la sua futura casa WTSHTF. A nulla
valgono le trattative intavolate dagli agenti e i successivi lanci
di lacrimogeni per stanarlo: il bunker è naturalmente a prova di
infiltrazioni. Alla fine, Keller si spara: il cadavere viene recupe-
rato dalla polizia entrata subito dopo il suicidio all’interno del
bunker, dove vengono rinvenute molte altre armi.31
La moda contagia anche l’Italia. La Matex Security di Pon-
tedera dichiara all’agenzia AdnKronos di aver visto «triplica-
re le richieste rispetto al 2009» di strutture a prova di guerra
nucleare. Ma chi sono i clienti di quest’azienda specializzata
in prodotti per la sicurezza sottoposti a rigorosi vincoli di con-
fidenzialità e riservatezza? «Commercianti, industriali e anche
parlamentari», assicura Leonardo Remorini, titolare della Ma-
tex Security, che rivela la costruzione di diversi rifugi, di cui
uno sull’Appennino, uno in Toscana, uno sulle colline di Asti
«e uno per un industriale romano che ha venduto casa al mare
per farsi il bunker in montagna» (magari per tutelarsi da uno
tsunami)32. Naturalmente bocche cucite sulle precise ubicazio-
ni. L’azienda Bunker2012 si getta anch’essa nell’affare, offren-
do diverse soluzioni, dalla realizzazione di panic-room in aree
protette di casa o in cantine passando per bunker portatili, fino
ai bunker statici in cemento armato, a prova di fughe radioat-
tive e tempeste solari. Secondo Nello Di Savio, consulente di
Bunker2012, i preventivi richiesti nel corso del 2012 sono circa
236
La singolarità nuda
una decina alla settimana. E i prezzi variano dai 300 ai 700mila
euro (appena 18mila per la versione portatile “a tenda”)33.
Ma i più radicali, quelli che davvero alla fine del mondo ci
credono, pensano bene di lasciare i propri paesi per rifugiarsi in
località considerate, a vario titolo, immuni dalla catastrofe. Per
esempio la penisola messicana dello Yucatan, nel cuore dell’ex
impero dei Maya. Una quarantina di famiglie italiane aderisco-
no all’associazione “Quinta Essencia”, nota anche come “Evo
Cris”, che costruisce un villaggio, battezzato “Las Aquilas”,
sopra le montagne: una serie di villini fortificati in cemento ar-
mato con pareti spesse oltre 60 centimetri e ingressi protetti
da lettori dell’iride per evitare intrusioni. Una serie di tunnel
porterebbe poi a una struttura sotterranea pronta a ospitare le
famiglie nel caso di un cataclisma ancora più distruttivo.
Una storia ricostruita dal documentarista messicano resi-
dente a Roma, Jesus Garces Lambert, che parla di una vera
e propria setta, costituita da italiani facoltosi e annoiati della
vita abbagliati dalle parole di una santona che avrebbe avuto in
sogno il suggerimento di costruire un rifugio in quell’area dello
Yucatan. La santona, Carolina Zalce, messicana ma residente a
Roma con il marito, funzionario della FAO, iniziò a fare prose-
liti nella capitale, tramite un’associazione New Age, denomina-
ta “Il Centro”. Si rifugiò in Messico quando la sua associazione
venne inserita in una lista nera del Viminale riguardante pos-
sibili culti pericolosi in vista del Giubileo del 2000. Da allora
si sarebbe trasferita nella località messicana raggiunta da circa
80 italiani, mentre altri 500 si sarebbero detti pronti a raggiun-
gerla al primo segnale di guai. Facoltosi imprenditori, giovani
rampolli di ricche famiglie che avrebbero donato buona parte
delle proprie sostanze alla Evo Cris. Sul caso indagano anche
le autorità messicane, ma tutto risulta in regola: permessi di
soggiorno inclusi34.
237
L’anno in cui il mondo non finì
La location più presa d’assalto è invece in Francia: si tratta
del villaggio di Bugarach, sui Pirenei francesi, secondo alcuni
uno dei pochi luoghi al modo destinato a scampare all’apo-
calisse. Alcune centinaia di persone vi si traferiscono fin dal
2011, spostando la residenza alle pendici della montagna da
cui il villaggio prende il nome, il Pic de Bugarach, che le più
strampalate teorie ufologiche ritengono essere in realtà una
base extraterrestre. Il 21 dicembre, allora, da lì si alzeranno
in cielo le astronavi che porteranno in salvo coloro che si sono
presentati all’appuntamento fatidico, mentre per gli altri non
ci sarà niente da fare. Ufologia, complottismo e New Age si
mescolano nel creare le più assurde dicerie intorno al Pic de
Bugarach. Chi ritiene si tratti di un punto focale delle linee
magnetiche terrestri, chi giura che l’ex presidente Mitterand si
fece portare in elicottero in cima alla montagna, chi è convinto
che i nazisti e il Mossad isreaeliano vi abbiano compiuto stra-
ni rituali. Ai francesi piace invece pensare, più prosaicamente,
che la sua strana forma abbia ispirato il Viaggio al centro della
Terra di Jules Verne e il film Incontri ravvicinati del terzo tipo di
Steven Spielberg: quest’ultimo film sarebbe, per alcuni ufologi
americani incalliti, un messaggio in codice, dato che anche lì
compariva una montagna dalla forma singolare, la Torre del
Diavolo, nel Wyoming, sulla cui cima gli alieni danno il primo
appuntamento all’umanità.
Il sindaco del posto, Jean-Pierre Delord, non approva il
grande clamore intorno al picco, denunciando strani rituali
esoterici compiuti in cima alla montagna, e l’intenzione di al-
tri catastrofisti di costruire bunker per difendersi dalla cata-
strofe finale. Alcune compagnie americane vendono pacchetti
di viaggio “sola andata” con destinazione Bugarach. All’avvi-
cinarsi della data fatidica un funzionario del Ministero degli
Interni francese, Georges Fenech, si reca a visitare il viaggio, e
238
La singolarità nuda
stila un allarmante rapporto al governo, nel quale ricorda come
nella metà degli anni Novanta furono ben 74 le vittime di un
suicidio di massa nella setta dell’Ordine del Tempio Solare, che
attendeva l’imminente fine del mondo. Gli adepti suicidatisi
erano di nazionalità francese, svizzera e canadese. Alla fine le
autorità francesi accolgono gli appelli del ministero e del sin-
daco di Bugarach, e inviano forze di polizia a bloccare l’accesso
alla montagna nei giorni precedenti e immediatamente succes-
sivi al 21 dicembre, costringendo migliaia di persone a disdire
all’ultimo minuto le prenotazioni per il periodo pre-natalizio
nei dintorni del paese35.
Qualcuno spera di rifarsi spostandosi altrove. Tra le altre
mete c’è l’isola di Robinson Crusoe. Posta al largo del Cile,
unica abitata dell’arcipelago di Juan Fernandez, l’isola viene
descritta in un documentario di History Channel come “l’isola
dell’apocalisse”. A favorire la singolare attribuzione è la sco-
perta, sull’isola, di un monolite Maya alto 45 metri e raffiguran-
te un serpente e un giaguaro assorti a osservare l’orizzonte. Il
monumento è scolpito nella roccia ed è poco battuto dai pochi
turisti dell’isola a causa della scarsa visibilità dovuta alla neb-
bia, che si dirada solo in piena estate. Jim Turner, archeologo
canadese esperto di civiltà Maya, sostiene che a poca distanza
dal monolite possa trovarsi la cripta del re Kam Balam, reincar-
nazione delle divinità del pantheon mesoamericano, che secon-
do la sua teoria dovrebbe risvegliarsi proprio il 21 dicembre
201236. A differenza del sindaco di Bugarach, il suo omologo
Leopoldo Gonzalez decide di approfittarne per ampliare l’of-
ferta alberghiera dell’arcipelago, colpito da uno tsunami il 27
febbraio 2010 che uccise cinque persone e ridusse le camere
disponibili a circa un centinaio. Persino le case dei pescatori
vengono messe a disposizione dei turisti, sfruttando la formula
dell’ospitalità “diffusa”.
239
L’anno in cui il mondo non finì
Un’altra meta gettonata è l’Australia: per appena 5000 dol-
lari è possibile prenotare un posto in un bunker nel New South
Wales, stato nell’est dell’Australia, dove un gruppo apocalitti-
co, guidato da Simon Young, riparatore di refrigeratori, mette
a disposizione isolamento e sicurezza a prova di Armageddon:
il bunker, costruito sulle montagne, a 1200 metri di quota, è
abbastanza in alto da resistere al più potente degli tsunami, che
secondo il gruppo inizieranno a scatenarsi insieme a terremoti
e altri fenomeni che preluderanno all’inversione dei poli ma-
gnetici, frutto del passaggio ravvicinato di un altro pianeta del
Sistema Solare (il famigerato Nibiru). Tra le prove a sostegno
di queste teorie, il sito del gruppo apocalittico cita passi di te-
sti dell’antico Egitto, della Bibbia e persino la scoperta di un
mammut congelato37.
Non a caso è proprio in quelle zone che in tempi più recenti
diversi CEO della Silicon Valley hanno iniziato ad acquista-
re appezzamenti a prova di catastrofi: passata la grande paura
del 2012, il timore che le cose vadano male (ancora una volta,
WTSHTF) resta forte, soprattutto dopo che Donald Trump
è entrato alla Casa Bianca. Le storie raccolte sul “New Yor-
ker” da Evan Osnos danno da pensare38: c’è il caso di Antonio
García Martínez, ex dirigente di Facebook, che ha acquistato
cinque acri di boschi su un’isola del Pacifico portandovi gene-
ratori, pannelli solari e migliaia di munizioni; o quello di Steve
Huffmann, il CEO di Reddit, che dice di prepararsi al peggio
da quando vide, nel 1998, il film Deep Impact (anche se allora
era poco più di un bambino). Reid Hoffmann, co-fondatore
di Linkedin, un giorno rivela a un suo amico di avere in pro-
gramma un sopralluogo in Nuova Zelanda, e quando quello gli
chiede se stia preparando a farsi “un’assicurazione per l’apo-
calisse”, Hoffmann scopre che in effetti molti suoi colleghi del
mondo digitale stanno acquistando appezzamenti nella zona
240
La singolarità nuda
per un eventuale “piano B”. Per alcuni si tratta solo di acqui-
stare una casa per le vacanze, ma quello che piace è soprattutto
la distanza dagli Stati Uniti e dalle aree del mondo più popolo-
se. Sembra insomma che il “futuro di silicio” dei tecno-utopisti
nasconda anche una venatura di catastrofismo: quasi come se,
dopo aver fatto fortuna con la tecnologia e il digitale, i tech-ti-
tani vogliano prepararsi all’eventualità che il mondo che hanno
creato vada in malora e la dipendenza tecnologica si trasformi
in un boomerang. In tal caso, meglio avere una casa immersa
nei boschi dove sopravvivere per il tempo necessario a far cal-
mare le acque.
Quando il mondo non finisce
Il 21 dicembre 2012 non accadde niente di niente. Non si
ebbero nemmeno notizie di suicidi di massa da parte di sette
apocalittiche, o scene di panico per le strade. Suicidi collegati
all’ansia apocalittica, e anche omicidi causati da persone con-
vinte delle fine imminente, si registrarono nei mesi precedenti,
a partire dagli inizi del 2011, sebbene sia sempre piuttosto dif-
ficile comprendere fino a che punto questi fattori contribuisca-
no davvero a provocare la tragedia. I timori di gesti inconsulti
furono comunque sufficienti a convincere le autorità ad appelli
e inviti alla ragionevolezza. La NASA, a più riprese, si occupò
di smentire le numerose bufale apocalittiche a tema astronomi-
co, dal ritorno di Nibiru a comete in rotta di collisione con la
Terra. Dall’altro versante, persino papa Benedetto XVI si sentì
in dovere di dire qualcosa al riguardo, nell’Angelus domenicale
precedente la data del 21 dicembre. Commentando una lettu-
ra pastorale di alcuni brani dei Vangeli in cui Gesù invita gli
apostoli ad attendere la sua venuta, Ratzinger affermò: «Gesù
241
L’anno in cui il mondo non finì
non descrive la fine del mondo, e quando usa immagini apoca-
littiche, non si comporta come un veggente. Al contrario, Egli
vuole sottrarre i suoi discepoli di ogni epoca alla curiosità per
le date, le previsioni, e vuole invece dare loro una chiave di
lettura profonda, essenziale, e soprattutto indicare la via giusta
su cui camminare, oggi e domani, per entrare nella vita eter-
na»39. Quella stessa domenica, nel corso dell’omelia al Duomo
di Milano, il cardinale Angelo Scola dichiarò: «Non aspettiamo
terrorizzati la fine del cosmo e della storia. Questa avverrà se-
condo tempi e modi su cui i saperi giustamente continuano ad
indagare, ci auguriamo senza ignorare la libertà di Dio, quella
dell’uomo e il gioco perverso del maligno»40.
Sollecitato dalla Duma, il governo russo smentisce pubbli-
camente qualsiasi ipotesi su un’imminente fine del mondo, e
anche il governo americano si ritrova a fare lo stesso: sul porta-
le web ufficiale del governo degli Stati Uniti, il 3 dicembre 2012
compare un annuncio, intitolato: «Le allarmanti voci sulla fine
del mondo nel 2012 sono solo voci». Si legge sul sito: «I falsi
rumor riguardo la fine del mondo nel 2012 sono stati un luogo
comune su Internet negli ultimi tempi. Molti di essi riguarda-
no la fine del calendario Maya nel 2012 (che non finisce), una
cometa che causerebbe effetti catastrofici (decisamente no),
un pianeta occulto che spunta fuori ci colpisce (no e no), e molti
altri. Il mondo non finirà il 21 dicembre 2012 o in qualsiasi altro
giorno del 2012»41. Anche la Cina decide di scendere in campo
per rassicurare i propri cittadini. La polizia di Shanghai scrive sul
proprio profilo di Weibo, la versione cinese di Twitter, che «la fine
del mondo è solo fantasia: non ci credete e non vi fate truffare».
Un breve tweet in seguito alla valanga di richieste di chiarimenti
ed e-mail preoccupate ricevute nei giorni precedenti42.
In Cina prende piede in particolare una variante nota come
“i tre giorni di buio”, che gode di un certo consenso anche
242
La singolarità nuda
negli ambienti apocalittici italiani: nel corso di questi tre gior-
ni di buio in cui il sole cessa di brillare su tutta la Terra, do-
vrebbe verificarsi il Giudizio universale, una grande battaglia
tra angeli e demoni con il conseguente sterminio dell’umanità
peccatrice. Al termine dell’ecatombe, durante la quale un solo
segno brillerà nel cielo buio, quello della croce, solo un quarto
della popolazione mondiale – gli “eletti” – sarà stata risparmia-
ta e sarà pronta a popolare il Regno di Dio calato sulla Terra.
Alcuni attribuiscono questa leggenda a San Gaspare del Bufa-
lo, sacerdote italiano della prima metà del XIX secolo, celebre
anche come profeta. Altri a San Pio da Pietralcina, ma i frati
che lo conoscevano hanno sempre smentito l’esistenza di una
“profezia” al riguardo. C’è un riferimento esplicito ai tre giorni
di buio nel diario di Santa Faustina Kowalska, in cui la suora
racconta di aver avuto da Gesù la visione di una grande oscurità
scesa su tutta la Terra a eccezione di una grande croce luminosa
nel cielo. Non è invece vero che i tre giorni di buio siano stati
profetizzati dalla Madonna di Medjugorje: ad affermarlo fu un
frate americano, David Lopez, di ritorno da un pellegrinaggio
a Medjugorje. Ma in un’intervista alcuni veggenti di Medju-
gorje hanno smentito, sostenendo che la Madonna non abbia
mai parlato loro di questi tre giorni di oscurità43.
Versioni di questa leggenda ritornano a più riprese e nelle
forme più disparate. Per esempio, secondo alcuni contattisti in
contatto con alieni New Age appartenenti alla Federazione Ga-
lattica di Luce, tre giorni di buio si sarebbero dovuti verificare
il 28 ottobre 2011. Al termine, i nostri “stati vibrazionali” sa-
rebbero stati pronti ad accedere a un nuovo “livello esistenzia-
le”, sebbene su questo e altri punti non tutti i contattisti sono
d’accordo, poiché alcuni di essi ricevono le loro informazioni
dai Siriani, altri dagli abitanti delle Pleiadi, e ciascuno di questi
popoli darebbe informazioni diverse. Tra l’altro, alti esponenti
243
L’anno in cui il mondo non finì
della Federazione viaggerebbero verso la Terra a bordo della
loro nave ammiraglia chiamata Nibiru44. In Cina, la voce dei
tre giorni di buio si diffonde alla vigilia del 21 dicembre 2012
al punto che – racconta lo “Shanghai Daily” – nella provincia
del Sichuan gli abitanti di un paesino acquistano migliaia di
candele per garantirsi l’illuminazione45.
Ma cosa succede quando un fenomeno d’isteria di massa di
questa portata si sgonfia d’un tratto? Che fine fanno le migliaia
di persone che vi hanno creduto al punto da comprare rifugi,
accumulare provviste, donare i propri risparmi a telepredica-
tori, o nel migliore dei casi a spendere diverse ore al giorno nel
discutere sui forum di cosa accadrà e come affrontarlo? Pre-
cedenti del genere non sono pochi. Lo studio più dettagliato
al riguardo risale al lontano 1956, quando gli psicologi sociali
Leon Festinger, Henry Riecken, e Stanley Schachtereffettua-
rono una meticolosa indagine su un culto di nicchia a Chica-
go, quello dei “Seekers”, convinto di un’imminente apocalisse
legata all’arrivo degli UFO. Il loro studio, pubblicato con il
titolo When Prophecy Fails, dimostrava che, di fronte all’evi-
dente disagio della dissonanza cognitiva che emerge quando
una profezia non si realizza, i suoi sostenitori spesso, anziché
abbondare la fede, elaborano modi ancora più fantasiosi per
spiegare perché la profezia non si è avverata ora ma si avvererà
in futuro, paradossalmente fanatizzandosi ancora di più.
È esattamente ciò che è avvenuto dopo il 2012. Osservatori
razionali si sarebbero aspettati che il superamento di questa data
fatidica avrebbe finalmente sferrato un colpo mortale a tutte le
affermazioni apocalittiche, complottiste e pseudoscientifiche;
ma, come già nel 1956 avvisavano Festinger, Riecken e
Schachter, le cose sono andate in modo assai diverso. C’è chi
ha affermato – riprendendo le vecchie considerazioni pre-apo-
calittiche di Arguelles e dei McKenna – che anziché una fine
244
La singolarità nuda
del mondo il passaggio del 21 dicembre 2012 abbia avviato un
impercettibile ma inesorabile passaggio di stato verso una nuo-
va fase della consapevolezza umana, qualsiasi cosa significhi.
C’è chi ha rifatto i conti, come tante volte è capitato a Harold
Camping, spostando continuamente la data della nuova fine
del mondo. Altre volte, i miti sono semplicemente ritornati sot-
to altre forme, come se un’amnesia di massa avesse portato a
dimenticare il loro stretto legame con il fenomeno 2012.
È il caso, per esempio, di Nibiru, il “pianeta X” di Sitchin,
protagonista di molte teorie catastrofiste/complottiste del 2012,
rientrato dalla finestra dopo essere stato sbattuto fuori dalla por-
ta quando la sua comparsa a lungo annunciata alla vigilia della
presunta profezia Maya si è rivelata un miraggio. Lo ritroviamo
oggi in mille versioni, sempre pronto a fare capolino nel nostro
Sistema Solare per portare catastrofi cosmiche, sempre ritratto
nelle foto amatoriali e nei video sfocati su Youtube che la NASA
ormai nemmeno si prende più la briga di smentire. Oppure, le
comete: nel 2011 la scoperta di una piccola cometa, battezza-
ta Elenin dal nome del suo scopritore, destò scalpore e paure
tra i catastrofisti, secondo cui la cometa avrebbe impattato sulla
Terra realizzando la profezia Maya, nonostante il fatto che tut-
ti i calcoli dimostrassero che la cometa si sarebbe mantenuta a
distanze enormi dalla Terra. Quando, alla fine di quell’anno, il
passaggio ravvicinato col Sole portò Elenin a sciogliersi comple-
tamente, non si assisté a un generale cospargimento di cenere
sulle teste degli stolidi complottisti: piuttosto, per nulla abbattu-
ti, essi adattarono le stesse teorie a una nuova cometa scoperta
nel settembre 2012, ISON, che avrebbe raggiunto il punto di
massimo avvicinamento alla Terra alla fine del 2013 (comunque
alla ragguardevole distanza di 60 milioni di chilometri)46.
Le comete non smettono mai di esercitare il loro fascino
apocalittico anche in tempi disincantati come i nostri; compli-
245
L’anno in cui il mondo non finì
ce anche il fatto che l’Apocalisse di Giovanni cita chiaramente
fenomeni celesti associati alla fine del mondo («E apparve un
altro segno nel cielo; ed ecco un gran dragone rosso, che aveva
sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi. E la sua coda
trascinava la terza parte delle stelle del cielo e le gettò sulla ter-
ra»), per non parlare di Nostradamus, per esempio con la cen-
turia II quartina XLI: «La grand estoille par sept jours bruslera,
/ Nuee fera deux soleils apparoir,/ Le gros mastin toute nuict
hurlera,/Quand grand pontife changera de terroir», traducibile
come «La grande stella brucerà per sette giorni, / La nube farà
apparire due soli, / Il grosso mastino urlerà tutta la notte, /
Quando il grande pontefice cambierà paese».
Aspettate, qualcuno ha detto “pontefice”? Ebbene, il 2013 è
stato anche l’anno di uno degli eventi più clamorosi della storia
recente della Chiesa, l’abdicazione di un papa. Non un papa
qualsiasi, peraltro, ma Benedetto XVI, che nella cronotassi
della profezia di Malachia è il penultimo pontefice, prima del
misterioso e inquietante Petrus Romanus sotto il cui pontificato
avverrà la fine del mondo. La cosiddetta profezia di Malachia,
attribuita all’omonimo santo, è un elenco di 112 motti che si
riferirebbero ad altrettanti pontefici a partire da Celestino II.
Benedetto XVI era il 111°. Papa Francesco, quindi, sarebbe
anche l’ultimo della lista. Leggenda che vuole che il manoscrit-
to, la Profethia de Summis Pontificibus, scritta sulla base di vi-
sioni avute da San Malachia nel XII secolo a Roma, fosse stato
ritrovato nel 1590 negli Archivi Vaticani e pubblicato poi per la
prima volta cinque anni dopo dallo storico benedettino Arnold
de Wyon. Il successo della presunta profezia derivava dal fatto
che tutti i motti latini della lista sembravano calzare bene con
i rispettivi papi a cui si riferirebbero. Se il manoscritto fosse
stato davvero redatto nel XII secolo, e legato ai papi futuri, una
certa dote visionaria andrebbe riconosciuta. Il primo Papa, in-
246
La singolarità nuda
fatti, chiamato “Ex castro Tiberis”, sarebbe ben attribuibile a
Celestino II, nato a Città di Castello, sul Tevere (Tiberis). O
per esempio Celestino IV, “Leo Sabinus”: prima di essere elet-
to pontefice, fu vescovo di Sabinia. Ma a partire da un certo
momento il collegamento tra motto e pontefice si fa incerto.
Proprio a partire dalla fine del XVI secolo.
Oggi tutte le fonti storiche concordano sul fatto che la pro-
fezia di San Malachia non sia altro che un falso redatto proprio
alla fine del Cinquecento. Nessun riferimento al santo prece-
dente a quell’epoca, infatti, accennava a questo elenco di papi.
Difficile capire perché Giovanni Paolo II sarebbe “De labore
solis”, anche se negli anni sono state elaborate fantasiose te-
orie sull’argomento (eclissi di sole, parziali e in aree lontane
da Roma, avvennero il giorno della nascita e della morte di
Wojtyla; oppure il fatto che fu molto attivo, quanto il sole…);
ancora meno chiaro il riferimento a Benedetto XVI come
“Gloria Olivae”: qualcuno ha chiamato in causa il giorno del-
la nascita di Joseph Ratzinger, un Sabato Santo, nel periodo
pasquale legato all’ulivo. O il suo impegno per la pace. Tutte
teorie molto vaghe. L’ultimo, il 113° della lista, è il “Petrus Ro-
manus”. Nessun pontefice si è mai attribuito il nome del primo
pontefice, per tradizione. Nella profezia di Malachia si legge
che l’ultimo Papa siederà sul soglio pontificio nel corso dell’ul-
tima persecuzione della Chiesa. Al termine del suo papato, «la
città dai sette colli cadrà, e il giudice tremendo giudicherà il
suo popolo». Alla vigilia dell’elezione di Bergoglio, si parlò
della possibilità che il Petrus Romanus fosse un cardinale di
origini romane; il fatto che i cardinali fossero invece andati a
prenderlo «alla fine del mondo», come affermò scherzosamen-
te Bergoglio affacciandosi dal Palazzo Apostolico la sera delle
elezioni (con un ottimo gioco di parole che scatenò qualche
brivido complottista), sconfessò clamorosamente l’ipotesi.
247
L’anno in cui il mondo non finì
Se si vuole avere un’ottima dimostrazione di come le teorie
apocalittiche riescono ad adattarsi ai mutati contesti, bisogna
tornare a X-Files. Nel 2016 Chris Carter, il creatore della serie,
è riuscito a riportare in TV una nuova stagione, senza dover-
si nemmeno sforzare molto per inventare nuove storie: «È un
momento perfetto per tornare a X-Files, considerando la politica
internazionale», spiegava a Cannes dopo la prima del pilot della
nuova stagione. «È noto che negli USA siamo spiati e sembra
che nessuno se ne vergogni. Ogni giorno leggo il giornale e vedo
un possibile episodio di X-Files»47. In effetti lo scandalo NSA
scoppiato nel 2012 a opera di Edward Snowden (citato all’in-
terno della nuova serie) è stato subito cavalcato dai complottisti
come prova dei meccanismi del New World Order per il con-
trollo di massa della popolazione. In un luogo articolo sul “New
Statesman”, Andrew Harrison si chiedeva se X-Files avesse an-
cora ragione di esistere nel mondo post-11 settembre, un mondo
cioè in cui lo zeitgeist complottista sembra aver abbandonato la
passione per gli UFO per dedicarsi completamente alle tesi sul
New World Order (ovviamente, responsabile dei falsi attentati
dell’11 settembre 2001). Ma in realtà l’11 settembre rientra per-
fettamente nella storyline del nuovo X-Files.
Per comprendere il salto di qualità compiuto in questa nuo-
va stagione, dobbiamo innanzitutto familiarizzare con la clas-
sificazione delle teorie del complotto elaborata dallo studioso
Michael Barkun nel suo fondamentale studio A Culture of Con-
spiracy (2013). Secondo Barkun, esistono tre tipi di teorie del
complotto: quelle relative a cospirazioni episodiche (event con-
spiracy), legate a un particolare evento, per esempio l’omicidio
di John F. Kennedy; quelle che trattano cospirazioni sistemiche,
in cui cioè esiste un piano perpetrato da una singola organizza-
zione (per es. ebrei, massoni, gesuiti) per il controllo di un pa-
ese o dell’intero pianeta; e teorie che sostengono l’esistenza di
248
La singolarità nuda
“supercospirazioni”, nelle quali cioè molteplici cospirazioni sono
collegate insieme in una struttura gerarchica, e tutto viene inserito
all’interno di un piano gestito da una forza malvagia e onnipo-
tente. Queste supercospirazioni si fondano su tre princìpi: nulla
accade per caso, nulla è come sembra, tutto è connesso. Le super-
cospirazioni cercano di inserire in un’unica cornice interpretativa
tutto ciò che c’è di strano in questo mondo. La teoria UFO-NWO
propone in effetti l’esistenza di una supercospirazione che mette
insieme fatti come l’omicidio Kennedy (William Cooper sostie-
ne che fosse stato ucciso perché pronto a rivelare l’esistenza dei
contatti con gli alieni, e in X-Files scopriamo che ad averlo ucciso
sarebbe stato l’Uomo che Fuma, l’arcinemico di Mulder) con le
teorie sistemiche sugli UFO (che a loro volte collegano in un’unica
cornice abductions, mutilazioni del bestiame, avvistamenti, inci-
dente di Roswell ecc.) e sul Nuovo Ordine Mondiale.
La nuova stagione di X-Files doveva cercare di rinnovare la
supercospirazione che sembrava ormai definitivamente chiari-
ta dopo nove stagioni e due film (solo il primo dei quali in re-
altà direttamente connesso con la storyline principale), aggior-
nandola al mondo post-11 settembre. Ci riesce perfettamente
attraverso il personaggio di Tad O’Malley, versione aggiornata
dei telepredicatori alla Pat Robertson che ora si servono di In-
ternet per diffondere i loro messaggi complottisti. O’Malley
convince Mulder del fatto che tutta la supercospirazione in cui
egli aveva finito per credere sia in realtà una menzogna: gli alie-
ni non sono che un pretesto utilizzato dal NWO per assumere
il controllo del mondo. D’altra parte, ormai lo sappiamo, il 21
dicembre 2012 non c’è stata nessun’invasione aliena della Terra,
per cui bisogna spiegare allora a cosa faceva riferimento la data
scoperta da Mulder e Scully alla fine della serie precedente.
Il personaggio di O’Malley non fa altro che dare voce a
quella parte del mondo complottista rimasta stordita dopo che
249
L’anno in cui il mondo non finì
la data del 21 dicembre 2012 è venuta ed è passata senza alcun
cambiamento epocale, esattamente come il mondo ufologico
negli anni Settanta era andato in crisi per il mancato contatto
con gli UFO atteso nei vent’anni precedenti. Il 2012 diventa
allora la data in cui il NWO è passato all’azione, realizzando
finalmente il suo ambizioso, complessissimo piano di controllo
del mondo messo a punto fin dalla fine degli anni Quaranta. In
questa nuova supercospirazione troviamo tutto ciò che alimen-
ta lo zeitgeist complottista degli anni Dieci del XXI secolo: i
vaccini (utilizzati per iniettare nella popolazione mondiale il vi-
rus Spartan), le scie chimiche (responsabili dell’attivazione del
virus), le voci sulle milioni di bare preparate dalla FEMA – l’a-
genzia federale per le situazioni d’emergenza, perno del NWO
secondo i complottisti – per far fronte alle morti di massa della
popolazione americana, il controllo del clima (tramite struttu-
re come la famigerata base HAARP in Alaska), la scomparsa
del contante a favore delle carte di credito, persino l’obesità e
l’incoraggiamento al consumismo (parte di un piano per inde-
bolire e distrarre le coscienze americane). Tutto, nel discorso
delirante che Mulder e O’Malley propinano a un’avvilitissima
Scully nel primo episodio della nuova stagione, diventa parte
di una supercospirazione di proporzioni immense; che di fatto
inizia a realizzarsi nell’episodio conclusivo, e viene confermata
dallo stesso Uomo che Fuma.
Se si sfoglia una bibbia del complottismo come La guida di
David Icke alla cospirazione globale (e a come fermarla), oltre
700 pagine di deliri relativi al piano dei Rettiliani per il con-
trollo del pianeta, scopriamo che Chris Carter non si è inven-
tato niente: già personaggi come Icke hanno trovato il modo
di connettere tutti questi elementi in un’unica cornice inter-
pretativa, tanto implausibile quanto in grado di far vendere
all’autore milioni di copie. Se andiamo a scavare ancora di
250
La singolarità nuda
più nella storia della sottocultura cospirazionista, scopriamo
però che la supercospirazione proposta nel nuovo X-Files ha
un precedente che risale addirittura al 1977, anno in cui nel
Regno Unito venne trasmesso un falso documentario (oggi lo
chiameremmo mockumentary) dal titolo Alternative 3, che fece
epoca. Alternative 3 ricostruiva un oscuro complotto elaborato
da un’organizzazione segreta di superricchi per rapire i miglio-
ri scienziati del mondo allo scopo di creare un programma di
colonizzazione spaziale clandestino per garantirsi la fuga dalla
Terra quando questa sarebbe divenuta invivibile a causa del
rapido aumento dell’inquinamento e della sovrappopolazione.
Negli Stati Uniti il documentario non venne trasmesso, ma fu
invece pubblicato il libro tratto dalla storia.
Nonostante regista e attori giurassero e spergiurassero suc-
cessivamente che il documentario non era che un gioco (doveva
infatti essere trasmesso il 1° aprile, ma per questioni burocra-
tiche la messa in onda slittò a giugno), il sottobosco complot-
tista si convinse che la storia presentata nel documentario fos-
se vera. Quando l’Uomo che Fuma sostiene in X-Files che gli
alieni avrebbero rivelato ai membri del Consorzio l’inevitabile
destino del pianeta, devastato dal cambiamento climatico e da
altre follie prodotte da un processo di sviluppo fuori controllo,
ecco che i temi di Alternative 3 ritornano a quasi quarant’anni
di distanza. Il titolo di quel documentario alludeva infatti all’e-
sistenza di tre tipologie di alternative per risolvere i problemi
che stavano compromettendo la sopravvivenza della specie
umana sulla Terra; la prima di queste alternative è una drastica
riduzione della popolazione mondiale, esattamente il progetto
che il Consorzio intende realizzare in X-Files.
E gli UFO, allora? Nel 1978 un americano emigrato in Au-
stralia, Stan Deyo, pubblicò The Cosmic Conspiracy, in cui
collegava la storia di Alternative 3 alle teorie sugli UFO: l’in-
251
L’anno in cui il mondo non finì
vasione aliena, raccontava Deyo, non sarebbe stata altro che
una menzogna, uno scenario fittizio utilizzato per indurre la
popolazione mondiale ad accettare uno stato d’emergenza e
creare un governo mondiale. Questa teoria è stata sviluppata
nel corso degli anni e oggi personaggi come David Icke l’hanno
divulgata al grande pubblico attraverso la storia del presunto
“progetto Blue Beam”. Il progetto Blue Beam è probabilmen-
te la teoria supercospirazionista più delirante mai immaginata,
ma ha goduto di un certo successo negli anni immediatamente
precedenti al 2012, perché ritenuta la “sceneggiatura” che il
NWO avrebbe seguito per realizzare il suo piano malvagio. Se-
condo questa teoria, la NASA avrebbe sviluppato un processo
per trasmettere immagini nella ionosfera mediante raggi laser
(grazie alle scie chimiche, ad HAARP o a invenzioni segrete
di Nikola Tesla, scegliete voi), da utilizzare per realizzare una
gigantesca messa in scena in quattro atti.
Nel primo atto, potenti terremoti svelerebbero rovine ar-
cheologiche sotterranee dalle quali si evincerebbe l’infonda-
tezza di tutte le principali dottrine religiose; nel secondo atto,
l’immagine di Dio verrebbe proiettata nei cieli di tutto il mon-
do e parlerebbe nelle diverse lingue a tutti i popoli della Terra;
nel terzo atto, grazie a tecnologie di controllo telepatico, Dio
prenderebbe a parlare direttamente nella mente di ciascuna
persona sul pianeta; infine, nel gran finale, le proiezioni nella
ionosfera convincerebbero l’umanità di un’imminente invasio-
ne aliena e quindi di una prossima fine del mondo, al fine di
terrorizzarla fino al parossismo e convincerla ad accettare un
governo mondiale dittatoriale che ridurrebbe la civiltà in schia-
vitù. Quando, nell’ultima scena cliffhanger della nuova serie di
X-Files, Mulder e Scully si trovano di fronte un UFO, lo spetta-
tore si chiederà allora se sia davvero un’astronave aliena o una
montatura del NWO, il quarto atto del progetto Blue Beam.
252
La singolarità nuda
Il complottismo ha la straordinaria capacità di adattarsi sem-
pre ai mutamenti. Ogni qualvolta una previsione non si realizza
(dal contatto alieno all’apocalisse nel 2012), ecco che inizia la
rielaborazione della teoria supercospirazionista per adattarla al
nuovo scenario. Dal 2001 in avanti, la presa di potere da par-
te del NWO viene considerata imminente. Sono passati mol-
ti anni e, al momento, per quanto pessimisti possiamo essere
sulla trasparenza delle democrazie occidentali o sulla stabilità
dell’ordine internazionale, il worst-case scenario sembra lonta-
no dall’essersi realizzato. Per quanto sono disposti ad aspettare
gli Illuminati, prima di realizzare infine il loro ambizioso piano
di controllo del mondo? Nei libri di Icke, i Rettiliani avreb-
bero iniziato a ibridarsi con la nostra specie fin dai tempi dei
Sumeri; il loro piano va avanti pertanto da qualche migliaio
di anni. In X-Files, il piano è stato elaborato tra la fine degli
anni Quaranta e gli anni Cinquanta: sono quindi passati quasi
settant’anni. E se davvero il piano di conquista del mondo è en-
trato nel suo stadio finale nel 2012, perché i membri del NWO
ci mettono così tanto a realizzarlo? Bisogna ammettere che di-
spongono davvero di una straordinaria pazienza. Ma forse i più
pazienti sono proprio i complottisti, gli ufologi e i believers,
costantemente in grado di elaborare nuove “teorie del tutto”
supercospirazioniste per far rientrare la realtà all’interno delle
loro complesse elucubrazioni, e continuare così ad alimentare
la sottocultura cospirazionista occidentale di cui X-Files non
è altro che una cassa di risonanza. (E a proposito: perché ri-
portare proprio adesso la serie sugli schermi televisivi? Forse
qualcuno vuole metterci in guardia?)
270
La singolarità nuda
35 Pierre-Simon de Laplace, Saggio filosofico sulle probabilità, Napoli,
Marotta, 1820, p. 8.
36 Marcus du Sautoy, Eric Weinstein may have found the answer to phys-
ics’ biggest problems, «The Guardian», 23 maggio 2013.
37 John Horgan, La fine della scienza, Adelphi, Milano, 1998, p. 114.
38 Peppe Liberti, Che fine ha fatto la teoria delle stringhe?, «Il Tascabile»,
2 novembre 2016.
39 Robert P. Crease, Alfred S. Goldhaber, Ogni cosa è indeterminata. La
rivoluzione dei quanti dal gatto di Schrödinger a David Foster Wallace, Codi-
ce, Torino, 2015, p. 305.
40 Roberto Paura, Il fisico italiano che sfida le stringhe: “La teoria del tut-
to? Non la troveremo mai?”, «Fanpage», 22 dicembre 2012.
41 Marcus du Sautoy, Le teorie impossibili. Quali sono i limiti della scien-
za?, BUR, Milano, 2017, p. 150.
42 Ivi, p. 281.
43 Ivi, p. 416.
44 Horgan, op. cit., pp. 236-237.
45 Ivi, p. 237.
46 Du Sautoy, Le teorie impossibili, cit., p. 449.
47 Ivi, p. 481.
48 Ivi, p. 503.
L’anno in cui il mondo non finì
1 Martin Gardner, The combinatorial basis of the “I Ching”, the Chinese book
of divination and wisdom, «Scientific American», n. 230, gennaio 1974; tr. it. di
Valter Vico, Le basi matematiche dell’I Ching, «La Stampa». 18 gennaio 2011.
2 McKenna, op. cit., p. 161.
3 Ivi, p. 171.
4 Cfr. Marco Ciardi, Il mistero degli antichi astronauti, Carocci, Roma,
2017, pp. 108-109.
5 Cfr. Nathalie Wolchover, The Surprising Origin of Alien Abduction Sto-
ries, «LiveScience», 11 maggio 2012.
6 La citazione è presente nella pagina italiana di Wikipedia su Hynek, e ri-
presa altrove in Rete, anche se non è possibile rintracciare l’intervista originale.
271
Riferimenti
7 Tommaso Pincio, Gli alieni. Dove si racconta come e perché sono giunti
tra noi, Fazi, Roma, 2006, p. 66; cfr. anche Ken Hollings, Benvenuti su Mar-
te, ISBN, Milano, 2010, p. 53.
8 Jasper Copping, UFO enthusiasts admit the truth may not be out there
after all, «The Telegraph», 4 novembre 2012.
9 Giorgio Manganelli, Ufo e altri oggetti non identificati, Mincione Edi-
zioni, Roma, 2015.
10 Linkiesta Cultura, Kubrick girò il (finto) allunaggio?, «Linkiesta», 5
dicembre 2014.
11 Icke, The Biggest Secret, cit., p. 33.
12 Ivi, p. 30.
13 Apocalypse Live: Follow ex-MTA worker Robert Fitzpatrick as he pre-
pares for Rapture, «New York Daily News», 21 maggio 2011.
14 Annalyin Censky, Doomsday church: Still open for business, «CNN
Money», 19 maggio 2011.
15 Blake Ellis, I lost my inheritance to the doomsday prophet!, «CNN
Money», 1° giugno 2011.
16 Paradise postponed: World will now end on October 21 says preacher
who was surprised we all survived, «Daily Mail», 24 maggio 2011.
17 Jennifer Waits, Family Radio’s Harold Camping Speaks: End of World
“Probably” on October 21, «Radio Survivor», 3 ottobre 2011.
18 Alexandra Ludka, Harold Camping Admits Rapture Prediction ‘A Mis-
take’, «ABC News», 9 marzo 2012.
19 Caitlin Dickson, Harold Camping Spent Around $100 Million on Rap-
ture Ads, «The Atlantic», 24 maggio 2011.
20 Cfr. Clara Ciccioni, Sopravvivere è un po’ morire, «Quaderni d’Altri
Tempi», n. 44, maggio-giugno 2013.
21 Alyshah Hasham, Why Costco is preparing for the end of the world,
«The Star», 26 febbraio 2012.
22 Ibid.
23 Ibid.
24 Hayat Gazzane, Les Français stockent de la nouritture lyophilisée, «Le
Figaro», 28 ottobre 2012.
25 Abram Brown, Behind America’s Gun Boom: Inside the Comeback at
Sturm, Ruger, «Forbes», 17 ottobre 2012.
26 The $10,000 ‘bargain’ doomsday bunker, «The Week», 21 giugno 2011.
27 Amy Ambatielos, Selling America’s bunkers, «CNN Money», 3 maggio 2012.
272
La singolarità nuda
28 Porn Bunker In The Valley: Where To Ride Out The Apocalypse,
«Huffington Post», 14 novembre 2011.
29 Akiko Fuijita, Japanese Build Their Own Noah’s Ark, «ABC News»,
5 ottobre 2011.
30 Lu Zhenghai, Chinese Man, Builds ‘Noah’s Ark’ In Preparation For
2012 Mayan Apocalypse, «Huffington Post», 27 novembre 2012.
31 Guido Olimpio, Usa, muore nel bunker costruito per sopravvivere alla
fine del mondo, «Corriere della Sera», 28 aprile 2012.
32 Voglia di bunker: mania o altro? Tra guerre e Maya verso la fine del
mondo, «AdnKronos», 29 agosto 2012.
33 Ibid.
34 Stefano Trincia, Fra gli italiani che aspettano l’apocalisse, «Il Secolo
XIX», 1° settembre 2011.
35 Angélique Négroni, À Bugarach, le carnaval de l’apocalypse touche à sa
fin, «Le Figaro», 21 dicembre 2012.
36 Apocalisse del 2012, tutti sull’isola di Crusoe, «Il Secolo XIX», 4 di-
cembre 2011.
37 Julian Morgans, Tell me About your Bunker, «Vice.com», 12 dicembre 2012.
38 Evan Osnos, Doomsday Prep for the Super-Rich, «The New Yorker»,
30 gennaio 2017.
39 Bendetto XVI, Angelus, 18 novembre 2012.
40 Angelo Scola, Gesù al centro dell’attesa cristiana, «In Diocesi», 25 no-
vembre 2012.
41 Il post, oggi non più disponibile, era stato pubblicato all’indirizzo
http://blog.usa.gov/post/37121041300/scary-rumors-about-the-world-en-
ding-in-2012-are-just.
42 Contro la psicosi da fine del mondo la polizia cinese interviene sul web,
«La Stampa», 8 dicembre 2012.
43 L’intervista è disponibile sul blog «Medjugorje tutti i giorni»: http://me-
djugorjetuttiigiorni.blogspot.it/2014/08/ci-saranno-tre-giorni-di-buio-non.html.
44 Cfr. https://futurodiluce.wordpress.com/civilta-ed-entita/nibiru/
45 Contro la psicosi de fine del mondo…, cit.
46 Cfr. Sabrina Pieragostini, La fine del mondo secondo gli Hopi, l’inter-
vista a Enzo Braschi, «Panorama», 12 ottobre 2012.
47 Andrew Harrison,Can the X-Files exist in a post-9/11 world?,«New
Statesman», 29 dicembre 2015.