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Quaderni del Museo Civico di Storia Naturale di Ferrara - Vol. 6 - 2018 - pp. 89-96 ISSN 2283-6918
I
Lo sciacallo dorato (Canis aureus) è un medio canide che può
raggiungere i 12-15 chilogrammi di peso (L, 2003). Si
tratta di una specie politipica che raggiunge le massime di-
mensioni nel meridione europeo con la forma C. a. moreoticus
I. Geoffroy Saint Hilaire, 1835, descritta per la Grecia ma
ormai ben diffusa in tutta Europa.
Eurasiatico, a Sud raggiunge Israele ma più a Sud viene sosti-
tuito dal lupo dorato africano (Canis anthus), un piccolo lupo
ampiamente diffuso in Africa, che a Sud si spinge almeno fino
al Sudan (K et al., 2015).
La specie è inclusa nelle liste della Direttiva Habitat 92/43
(All. V), nell’app. III della CITES e in Italia è particolarmente
protetta dalla LN 157/92 (si veda anche www.goldenjackal.
eu). In Croazia, Serbia, Ungheria, Bulgaria e in molti altri
paesi europei viene però considerata dannosa ed è sottoposta a
pesanti prelievi. In Slovenia lo sciacallo dorato è stato protetto
dal 2004 al 2014, ma dal 2015 viene sottoposto a prelievi
programmati. La specie ha un certo impatto sugli animali di
bassa corte, su alcune colture, sugli agnelli e sulla selvaggina
(D S, 1993; L, 2003). Questi problemi
però sono sovrastimati, favoriti dall’approssimativa gestione
della fauna selvatica, dall’eviscerazione in situ della cacciagio-
ne e da una disordinata zootecnia rurale (S et al., 2010).
Lo sciacallo è soggetto a diverse malattie che possono essere
trasmesse all’uomo e ad altri mammiferi (L, 2003; L-
et al., 2009). Tra di esse va ricordata la rabbia, a cui la
specie non è particolarmente soggetta, il cimurro, la metago-
nimiasi (anche in Italia: L et al., 2009) e altre parassitosi
del tratto digerente e respiratorio. L’ibridazione col cane è rara
(Croazia: B, 2013) ma verificata anche dal punto di
vista genetico (G et al., 2015).
La specie è giunta soltanto recentemente in Italia (L
et al., 1993; L et al., 2011) grazie alla decimazione del
lupo balcanico, culminata nella seconda metà del XX seco-
lo (K et al., 1997). In condizioni naturali, infatti,
il lupo funge da naturale antagonista dello sciacallo dorato,
predandolo attivamente e limitandone la presenza in tutte le
zone coperte da estese formazioni forestali. Il recente ritorno
del lupo nel Triveneto, dunque, sta creando scenari biologici
inediti per il nostro paese, e l’esclusione competitiva tra lupo e
sciacallo è già iniziata in alcune zone del Friuli Venezia Giulia
(Magredi della Provincia di Pordenone).
R
gli Autori definiscono l’attuale distribuzione dello sciacallo dorato Canis aureus in Italia, con particolare riferimento alla sua recente espansione e
ai problemi che ne condizionano la conservazione nell’Italia settentrionale.
Parole chiave: Canis aureus, espansione, Italia, Problemi di Conservazione.
A
Distribution, expansion and conservation of
Canis aureus in Italy (Carnivora: Canidae)
the Authors outline the present distribution of the golden jackal Canis aureus in Italy with special attention to its recent expansion and to the
problems that affect its conservation in northern Italy.
Key-words: Canis aureus, expansion, Italy, Conservation.
LUCA LAPINI
Museo Friulano di Storia Naturale, Via C. Gradenigo Sabbadini 22/32, Udine (Italy) - E-mail: lucalapini@libero.it
ANGELO LEANDRO DREON
Via della pace 22, Frisanco, Pordenone (Italy) - E-mail: : leandro.dreon@libero.it
MAURO CALDANA
Via Rigolo 47, Cordenons, Pordenone (Italy) - E-mail: maurocaldana@libero.it
MARCO LUCA
Via G. Oberdan 8, Aiello del Friuli, Udine (Italy) - E-mail: marco.luca@regione.fvg.it
MARTA VILLA
Via Conzago 63, Mel, Belluno (Italy) - E-mail: villamarta@libero.it
Distribuzione, espansione e problemi di conservazione di
Canis aureus in Italia (Carnivora: Canidae)
L L, A L D, M C, M L M V
90
da maschi giovani in dispersione. Ciò è in sintonia con quanto
verificato in tutto l’areale di questa specie, in forte espansione
in tutta Europa (L, 2017a).
La distribuzione della specie in Italia è comunque nel com-
plesso ancora molto irregolare, con forte rischio di estinzione
locale (P et al., 2014), ancora dipendente da fenomeni
di espansione Est-Ovest di tipo Stepping-Stone/Long Distan-
ce Dispersal (L et al., 2016), dovuti all’arrivo di animali
Sloveni e Croati ad elevata eterozigosi frutto dell’incrocio fra
gli sciacalli dalmati e quelli provenienti dalla Slavonia (F
et al., 2014).
Alcuni gruppi familiari friulani (Carso goriziano, Carnia, Ma-
gredi di Pordenone) sono comunque ormai divenuti certamen-
te autonome sorgenti per l’espansione della specie (L et
al., 2016).
In Alto Adige il canide può raggiungere i 1700-1900 metri di
quota (P L, 2015; L et al., 2016), ma in
generale seleziona quote inferiori. Gran parte delle segnalazio-
ni in Italia è infatti riferita a quote medio basse (L et al.,
2011; L R, 2013).
I dati disponibili per il territorio italiano sono dovuti a road-
mortality, ad episodi di recupero di soggetti in condizioni di
In caso di coabitazione con il lupo lo sciacallo dorato viene
generalmente escluso dalle zone forestali più integre. In queste
situazioni la specie tende a colonizzare zone umide alveali, pe-
rialveali e lagunari, garighe, macchie mediterranee, aree colti-
vate, frutteti ed agroecosistemi gestiti in maniera tradizionale.
Le proiezioni più attendibili indicano che l’assestamento della
situazione potrà richiedere diverse decine di anni e comunque
spingerà lo sciacallo nelle zone più antropizzate, nei delta flu-
viali o in altre zone umide di pianura.
Segnalato dalle bassure peri-lagunari venete e friulane fino alle
più elevate vallate alpine (L, 2003; L et al., 2009,
2011, 2016, 2017a, 2017b), lo sciacallo è giunto in Italia già
nel 1984 (Provincia di Belluno: L et al., 1993), ma in più
di trent’anni la sua distribuzione non si è ampliata in maniera
particolarmente considerevole.
In questo quadro di lenta espansione il 2017 spicca notevol-
mente per alcuni dati di presenza della specie a Sud del Po
(Mirandola, Modena, giugno 2017, G et al., 2017) e
nell’alta Val Brembana (C, Bergamo, giugno 2017, L-
, 2017a). La verifica bio-acustica di questi dati sembra in-
dicare che le punte estreme dell’espansione della specie in Italia
verso Sud (Mirandola) e verso Ovest (Carisole) siano costituite
Fig. 1. Attuale distribuzione di Canis aureus in Italia in base ai soli dati di C1 (sensu H et al., 2016). Reticolo carto-
grafico ETRS 1989 LAAEA con celle di 10x10 km.
- Grigio scuro: celle in cui è stata dimostrata l’attività riproduttiva.
- Grigio chiaro: celle apparentemente coperte soltanto dall’attività di esemplari isolati.
D, Ca n i s a u r e u s I (C: C) 91
aggiornate stime popolazionali.
Scopo di queste righe è aggiornare la situazione distributiva in
Italia, utilizzando però soltanto dati raccolti e verificati diret-
tamente, seguendo i criteri di selezione più rigida indicati da
H et al. (2016), con dettagli di sintesi sulle diverse zone
stabilmente colonizzate dalla specie, oppure raggiunte da singoli
esemplari in fase di dispersione. Una rapida disamina dei dati re-
lativi alla conservazione della specie in Italia completa il lavoro.
M
Sono stati considerati soltanto dati certi di presenza (C1-Strong
Evidences) sensu H et al. (2016).
Essi derivano dallo studio di carcasse (mortalità stradale, ab-
battimenti accidentali o intenzionali, avvelenamenti) soggetti
recuperati viventi, fotografie o riprese ottenute all’occasione
oppure in sessioni di fototrappolaggio.
I dati bio-acustici da BAM Bio Acoustic Monitoring (sensu
G et al., 2001) sono stati ottenuti con la metodologia
standard Gojage (si veda goldenjackal.eu), che prevede intervalli
di tre minuti fra una emissione e l’altra. Con cinque emissioni
ruotate ognuna di 60° rispetto alla precedente si può completare
una stazione di stimolazioone in circa 15 minuti.
La dispersione dei punti di stimolazione bio-acustica sul terri-
torio ha per lo più seguito criteri opportunistici. Nonostante
quanto recentemente proposto per il monitoraggio di Canis
aureus nel recente manuale ISPRA (F L, 2016),
infatti, i monitoraggi bio-acustici estensivi in Italia non han-
no mai consentito di individuare nuovi gruppi riproduttivi di
sciacallo dorato, che sono stati sempre localizzati con verifiche
opportunistiche. Ciò verosimilmente si deve alla particolare
situazione della specie in Italia, in cui la diffusione di Canis au-
reus è ancora agli inizi, essendo dominata da modelli stocastici
di dispersione e colonizzazione.
Questi dati bio-acustici sono stati peraltro considerati solo
difficoltà (Fig. 5), a verifiche e campagne di jackal-howling
condotte da specialisti, ad avvistamenti. Questi ultimi devono
peraltro essere sempre considerati dati da confermare, perché
in Italia sono di regola riferiti a volpi (per lo più affette da ro-
gna sarcoptica), cani o lupi (L et al., 2009; 2011).
Anche i dati bio-acustici devono essere trattati con prudenza,
perché sciacalli isolati emettono ululati singoli di 5-7 secondi
simili a quelli di cane e lupo. Gli ululati corali di sciacallo do-
rato si distinguono da questi soltanto per la caratteristica firma
acustica del gruppo riproduttivo, costituita da una lunga se-
quenza finale di yip-howls emessa a bocca aperta.
La specie predilige zone umide e habitat antropogeni, ma nel
periodo riproduttivo seleziona habitat arbustivi o forestali,
dove utilizza tane di tasso o altre cavità che modifica per alleva-
re la prole. In pianura ama gli agro-ecosistemi, le zone umide,
ruderali e suburbane dove sfrutta le risorse reperibili in fattorie,
coltivi, discariche, eco-piazzole.
Poco è noto della sua biologia riproduttiva in Italia, ma gli ac-
coppiamenti di regola avvengono alla fine di febbraio. I cuc-
cioli nascono tra la fine di aprile e i primi di maggio, in un
numero compreso tra 2 e 5. Essi vengono allevati dalla madre,
ma il padre e una o più femmine helper di 1-2 anni l’assistono
e le procurano il cibo.
Lo sciacallo dorato vive in piccoli gruppi familiari composti
da una coppia riproduttiva monogama, dal branco di piccoli
dell’anno e da una o più femmine giovani dell’anno precedente
che aiutano ad allevare la nuova cucciolata.
Mentre le femmine tendono a rimanere più a lungo con il
gruppo familiare di origine, i giovani maschi si disperdono al
primo picco ormonale – a circa un anno di età – e possono
compiere discreti spostamenti (poco più di 200 km). L’espan-
sione dell’areale della specie può comunque essere garantita an-
che dagli sporadici erratismi di singole femmine gravide.
La specie è onnivora con speciale attitudine alla necrofagia,
talora capace di predare attivamente, mostrando una certa pre-
dilezione per i mammiferi di piccola taglia fino a 2 kg di peso.
Negli stomaci esaminati in Italia dominano i resti provenienti
da macellazione domestica (conigli, anatidi e pollame con larve
di ditteri necrofagi) e venatoria (cinghiale e capriolo con lar-
ve di ditteri necrofagi) e gli scarti zootecnici (mais, mangime
per polli, ecc.), ma anche qualche resto di lepre bruna (L,
2003) ed arvicole (Trentino-Alto Adige e Veneto), certo predati
attivamente. La specie cattura di rado anche faine (P
L, 2015), caprioli (L et al., 1993) e ovini (B-
et al., 2014), ma l’uccisione di ungulati selvatici o domestici
è eccezionale, spesso soltanto ipotizzata (S et al., 2010;
M K, 2012; B et al., 2014). In estate e
in autunno lo sciacallo dorato si nutre anche di frutta e ortaggi
che raccoglie nei coltivi.
In Italia i gruppi riproduttivi di sciacallo dorato sono costituiti
da 3-7 individui, ma una famiglia è per lo più formata da 5
esemplari. Essi in genere controllano un home-range di 300-
500 ettari, che si contrae con l’aumento delle risorse antro-
pogene (R et al., 2011) e si dilata nei mesi invernali.
La specie è diffusa in Italia con 3-9 diversi gruppi riprodutti-
vi (15-45 animali: L R, 2013; L et al.,
2011; P et al., 2014; P L, 2015), ma
in realtà la situazione è in rapida evoluzione e non esistono
Fig. 2. Femmina di Canis aureus in lattazione ripresa con
fototrappole il 23 giugno 2018 nell’alta pianura friulana
poco a Sud di Udine (foto L. Dreon-L. Lapini). Successive
verifiche bio-acustiche hanno consentito di individuare il
branco di giovani.
L L, A L D, M C, M L M V
92
canidi possono coabitare. In queste zone magredili, tuttavia, gli
sciacalli residenti non hanno più risposto alle stimolazioni bio-
acustiche dal mese di ottobre 2016.
Il ritrovamento di esemplari vivi o morti, le riprese da came-
ra trap di esemplari isolati sono state invece rappresentate con
celle di colore grigio chiaro, che indica la probabile assenza di
riproduzioni e la presenza di animali in dispersione (vagrants).
R
Distribuzione
Nel periodo 1984-2018 la specie è stata certamente rilevata in
poco meno di 50 discreti cartografici italiani del reticolo carto-
grafico ETRS1989 LAAEA 10x10 km (Fig. 1), ma solo in 27
ne è stata accertata la riproduzione. Nell’ultimo decennio, pe-
raltro, l’attività riproduttiva di Canis aureus è stata dimostrata
in 25 di queste celle, che in questo periodo sembrano in buona
parte mostrare una discreta vitalità.
La presenza di esemplari in dispersione apparentemente isolati
-soprattutto maschi- è stata rilevata in 22 celle ETRS 10x10
km. Alcune di queste presenze, tuttavia, sono talmente con-
centrate nel tempo e nello spazio da far pensare che possano
far capo – o aver fatto capo – a gruppi riproduttivi ancora non
individuati.
Ciò pare evidente soprattutto nella zona di Treviso, dove le
estese aree magredili e golenali del Fiume Piave potrebbero fa-
cilmente sostenere gruppi di sciacalli per ora sfuggiti ai moni-
toraggi. In queste aree, infatti, si concentrano almeno cinque
reperti da road mortality e da abbattimento occasionale che
comprendono anche una femmina adulta potenzialmente ri-
produttiva.
Le survey bio-acustiche condotte in queste zone non hanno
ancora ottenuto risposte, ma sono state in parte effettuate in
periodi di presenza di lupi, fatto che potrebbe aver ridotto al
silenzio gli animali.
Nell’ambito italiano i gruppi riproduttivi finora individuati in
certi casi mostrano una discreta stabilità nell’utilizzo dell’ha-
bitat, con alcuni branchi familiari che vivono nelle stesse zone
da quasi dieci anni (Carnia, Provincia di Udine) o addirittura
da più di vent’anni (Carso Isontino, Provincia di Gorizia). In
molti altri casi, invece, la formazione di gruppi familiari è ef-
fimera, con lo spostamento o la rapida scomparsa dei gruppi
di neoformazione (Veneto prealpino, Alpi Carniche, Valli del
Natisone, Alta Pianura Udinese).
Soltanto in pochi casi è stato possibile comprendere le cause di
queste rapide scomparse, per lo più di origine antropica (inve-
stimenti, uccisioni illegali), oppure legate a fenomeni di intra-
guild exclusion lupo-sciacallo.
Problemi di conservazione
La conservazione di Canis aureus in Italia non sembra essere
ancora assicurata sul lungo periodo, visto che le sue consisten-
ze complessive devono essere prudentemente stimate in 30-50
esemplari diffusi in Friuli Venezia Giulia, Veneto, Trentino-Al-
to Adige, Lombardia ed Emilia-Romagna. Diversi gruppi tran-
sfrontalieri, tra l’altro, sono prevalentemente attivi in territorio
sloveno, dove la specie viene sottoposta a prelievo venatorio. La
quando le risposte ottenute comprendevano la tipica firma
acustica finale, caratteristica dei gruppi territoriali riproduttivi.
Gli ululati o le sequenze di ululati prive di firma acustica non
si possono attribuire con certezza, perché possono facilmente
essere confuse con sequenze di ululati di cani di varie razze
primitive.
Prove certe di riproduzione sono state considerate:
1. Le firme acustiche emesse dai gruppi riproduttivi alla fine
di una sequenza corale di ululati,
2. Le carcasse di femmine in lattazione e cuccioli (soprattutto
femmine) che hanno in genere poi consentito di localizzare
i relativi gruppi familiari,
3. Le riprese di femmine in lattazione, di coppie o di gruppi
di cuccioli, che in gran parte dei casi sono state confermate
da successive o contemporanee survey bio-acustiche.
La restituzione cartografica delle informazioni distributive è
stata impostata secondo il reticolo ETRS1989 LAAEA 10x10
km, recentemente indicato dall’UE per la restituzione dei dati
corologici faunistici e floristici europei.
La presenza di gruppi riproduttivi è stata rappresentata coloran-
do di grigio scuro le celle in cui si sono accertate riproduzioni.
È risultato infatti quasi sempre impossibile contare i gruppi
riproduttivi con il solo monitoraggio bio-acustico, sia per la
varietà della resa del monitoraggio stesso in diverse stagioni e
condizioni ambientali, sia per lo stress di molti animali (sovra-
stimolati da verifiche bio-acustiche caotiche e incontrollabili
in tutta la regione Friuli Venezia Giulia), sia per la presenza di
lupi, i quali in breve tempo inducono gli sciacalli al silenzio.
Quest’ultimo è un comportamento anti-predatorio ben noto
sia in Grecia (Giannatos, com. pers.), sia in altre parti dei Bal-
cani, e nella regione Friuli Venezia Giulia è stato ben seguito
con fototrappole e survey bio-acustiche nei Magredi della Pro-
vincia di Pordenone.
I dati raccolti prima, dopo e durante l’arrivo dei lupi hanno
rivelato che gli sciacalli dorati in queste zone hanno smesso di
rispondere alle campagne bio-acustiche in soli tre mesi (tra ot-
tobre e dicembre 2016, quando i lupi hanno ucciso una giova-
ne femmina dell’anno alla periferia di Cordenons, Pordenone).
Ma la loro presenza è stata verificata con fototrappole sia nel
2017 (esemplari isolati), sia nel 2018 (isolati e coppie), nella
stessa zona frequentata dai lupi (contemporaneamente verifi-
cata con fototrappole). Ciò dimostra che a basse densità i due
Fig. 3. La cucciolata 2018 è costituita da tre cuccioli, una
femmina e due maschi (15 agosto 2018, foto L. Dreon - L.
Lapini).
D, Ca n i s a u r e u s I (C: C) 93
avvelenate con Methamidophos, un pesticida organofosforato
(B et al., 2018).
Il ruolo della stampa nella conservazione della specie, insom-
ma, sembra essere davvero decisivo, perché amplifica voci
del tutto errate (come nel caso citato di Gabria) o sostenu-
te soltanto da vaghe impressioni (https://www.repubblica.it/
cronaca/2018/09/23/news/sciacalli_a_trieste-207143206/).
Ciò alimenta un clima sociale di acrimonia fra categorie (agri-
coltori-cacciatori/animalisti-ambientalisti) che in Italia ha già
prodotto tanti danni negli anni ‘70. Ma sulla specie incidono
negativamente anche altre attività antropiche.
La caccia alla volpe, ad esempio, porta a frequenti abbattimen-
ti erronei (L et al., 2011), che costituiscono un notevole
problema per la conservazione della specie sia in Friuli Venezia
Giulia sia in Veneto.
Occorre del resto sottolineare che la collaborazione degli utenti
venatori è stata storicamente essenziale per la localizzazione dei
gruppi riproduttivi di Canis aureus in Italia e lo è ancor oggi.
I cacciatori sono in genere i primi a venire a conoscenza della
presenza dello sciacallo dorato e ancor oggi sono la principale
fonte di informazioni da verificare sul campo prima con ve-
rifiche bio-acustiche, poi con sessioni di fototrappolaggio. La
collaborazione con le Riserve di Caccia è quindi essenziale sia
per monitorare adeguatamente la situazione, sia per mitigare
eventuali conflitti locali tra il pubblico rurale e venatorio e lo
sciacallo dorato.
La mortalità stradale resta comunque il maggiore problema per
la conservazione della specie in Italia. Ha portato nel comples-
so alla perdita di più di 30 esemplari, una decina soltanto nel
corso del 2018. Ciò dà una precisa idea del suo impatto sulla
piccola popolazione che cerca di sopravvivere nel nostro paese.
Gli esemplari investiti sono soprattutto giovani maschi in fase
di dispersione o cuccioli dell’anno (Fig. 4), ma la morte da col-
lisione con autoveicoli ha riguardato anche femmine adulte in
lattazione (Carso triestino) e maschi di 5-6 anni di vita (Carso
Isontino).
loro importanza conservazionistica nell’ambito italiano è dun-
que molto contenuta.
I problemi della specie in Italia sono legati soprattutto alla per-
cezione negativa della specie da parte del pubblico, fatto che
porta a frequenti conflitti locali. Il pubblico venatorio, gli alle-
vatori e gli agricoltori del Carso Isontino (Provincia di Gorizia)
sostengono che la specie riduce la disponibilità di cacciagione
(incidendo negativamente soprattutto sul numero di caprioli),
attacca il patrimonio zootecnico, provocando danni anche ad
alcune colture. Queste convinzioni sono particolarmente peri-
colose. Non essendo mai sostenute da precise evidenze non è
mai possibile quantificare il danno e non è quindi neppure pos-
sibile fare ricorso ai meccanismi risarcitori previsti dalla legge,
o cercare altre soluzioni.
Ciò porta a conflitti sociali insanabili che conducono all’elimi-
nazione diretta della specie con diversi sistemi, sia con l’avvele-
namento, sia col ricorso al bracconaggio (L et al., 2011).
La dispersione di esche avvelenate è un vecchio problema, visto
che il primo esemplare italiano è stato catturato con questo siste-
ma (L, 2009-2010), ma sta tornando attuale grazie a sciagu-
rate campagne stampa che fanno da cassa di risonanza alle ingiu-
stificate voci relative ai danni provocati dallo sciacallo dorato.
Un esempio particolarmente didattico è costituito dalla pub-
blicazione della foto di una volpe in un pollaio di Gabria
(Carso isontino, Gorizia) (http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/
cronaca/2015/05/27/news/gallina-azzannata-da-uno-sciacallo-
a-gabria-1.11507021), identificata come sciacallo dorato da
veterinari, giornalisti e noti universitari nonostante le nume-
rose contemporanee smentite italiane e slovene (http://www.
primorski.eu/stories/gorica/242985_akal_kje_pa_navaden_
pes/#.W7IIYXszbZ5).
In seguito a queste e a più recenti campagne stampa nei mesi
di maggio-giugno del 2018 sono stati avvelenati due cuccioli
dell’anno sul Carso isontino disseminando in natura quaglie
Fig. 4. Un giovane maschio di Canis aureus investito da
automobili il 18 settembre 2018 sulla strada del Vallone
(SR 55) tra Gabria e Devetachi (Provincia di Gorizia).
Foto T. Zorzenon/CFR. L’animale verosimilmente ap-
partiene al gruppo italo-sloveno di Opacchiasella/Opatje
Selo, che estende la sua attività fino a San Michele del Car-
so-Marcottini-Jamiano (Provincia di Gorizia). Da diverse
sessioni di fototrappolaggio si evince che nel 2018 questo
gruppo familiare aveva tre cuccioli.
Fig. 5. Liberazione di uno sciacallo dorato di sesso ma-
schile dell’anno recuperato nell’aprile 2016 con una ferita
infetta a Draga S. Elia (Dolina San Dorligo della Valle,
Trieste). Curato al CRAS gestito dall’ENPA di Trieste, è
stato rilasciato in buone condizioni di salute nella seconda
metà di giugno 2016 (Foto L. Lapini/ENPA).
L L, A L D, M C, M L M V
94
Il gruppo internazionale GOJAGE (Golden Jackal informal
Study Group Europe) raccomanda di non stimolare lo stesso
gruppo più di una volta ogni due-tre mesi. Ciò riduce lo stress
a cui sono sottoposti gli animali e limita le possibilità che i
gruppi riproduttivi vengano localizzati dai lupi.
D
L’espansione dello sciacallo dorato in Italia sembra aver attra-
versato tre fasi differenti.
Prima fase (1984-1996): caratterizzata da discreto dinamismo,
ha portato ad una prima segnalazione nel Veneto Prealpino, ad
alcuni eventi di riproduzione nelle Province di Udine e Belluno
e alla colonizzazione del Carso Isontino.
Seconda fase (1997-2008): caratterizzata da una evidente stasi
dell’espansione e da una forte riduzione delle presenze com-
plessive, ha comunque portato ad una prima riproduzione nel
Muggesano (Istria settentrionale, Provincia di Trieste) e nel-
le valli del Natisone (Prealpi Giulie, Provincia di Udine), con
presenze sempre più diffuse sul Carso Isontino (Provincia di
Gorizia).
Terza fase (2009-2018): periodo di fortissima espansione, di-
stinto da un ulteriore successo riproduttivo nel Veneto alpino
(Provincia di Belluno), da vari episodi riproduttivi in Carnia
(Prealpi Carniche, Provincia di Udine) e in Alto Adige (Pro-
vincia di Bolzano), nelle Valli del Natisone (Prealpi Giulie,
Provincia di Udine), sul Carso Isontino (Provincia di Gorizia)
e nelle aree steppico magredili dell’alta pianura pordenonese
(Provincia di Pordenone).
Il gruppo riproduttivo di queste zone, da noi localizzato nell’in-
verno 2015, è stato raggiunto dai lupi ai primi di ottobre 2016,
ed è stato da questi decimato nel quadro di un fenomeno di
intra-guild competition culminato con l’uccisione di una fem-
mina dell’anno.
Nel 2017 si sono verificati diversi episodi riproduttivi anche sul
Carso sloveno a ridosso del confine con la Provincia di Trieste,
con la formazione di alcuni gruppi transfrontalieri. Questi ul-
timi, pur esercitando gran parte dell’attività nella finitima Re-
pubblica di Slovenia, frequentano anche parte della Provincia
di Trieste (zona di Medeazza, Malchina, Monte Lanaro-Fernet-
ti, Alta Val Rosandra).
Il grande dinamismo del 2017, forse stimolato proprio dall’in-
contro coi lupi, ha portato ad una grande dispersione di anima-
li, con presenze isolate in Lombardia (Val Brembana, Provincia
di Bergamo) e in Emilia Romagna (Provincia di Modena), dove
la specie ha superato il corso del fiume Po. Nelle paludi del Mi-
randolese (Provincia di Modena) un maschio in dispersione è
stato ripreso in phone-scoping nel giugno 2017 (riprese di R.
Gemmato: Gemmato et al., 2017). In val Brembana (Provincia
di Bergamo) un esemplare isolato è stato fototrappolato diverse
volte tra la località di quota di Carisole (giugno 2017: Lapi-
ni, 2017a), la periferia del sottostante paese di Valleve (dove
si è fermato nei mesi invernali) e la località di Isola di Fondra
(foto S. Locatelli, 2017-2018). L’animale, tuttavia, è stato ra-
pidamente raggiunto dai lupi sia a Carisole, sia alla periferia di
Valleve e ha fatto perdere le sue tracce.
Nel 2018 è stato possibile localizzare un nuovo gruppo ripro-
La sovrastimolazione acustica da campagne play back rappre-
senta poi un problema emergente, sia per la sovrapposizione
caotica e contemporanea dell’attività di diversi gruppi di ri-
cerca, sia per il crescente turismo naturalistico, che sfrutta la
particolare vocalità dello sciacallo per fini ricreativi. In queste
condizioni gli animali mostrano elevati livelli di stress, possono
più facilmente essere localizzati dai lupi, e rispondono alle sti-
molazioni acustiche in maniera non più costante, né prevedi-
bile. Ciò rende tra l’altro quasi inutile l’utilizzo del jackal how-
ling in molte zone, che diventano localmente particolarmente
difficili da monitorare.
Il jackal howling resta uno dei principali strumenti per il mo-
nitoraggio di Canis aureus, ma dev’essere utilizzato con estrema
attenzione, soprattutto nelle aree in cui il lupo sta arrivando.
Fig. 6. Epoche diverse, metodi diversi, stessa zona dell’alta
pianura udinese. Primo cucciolo italiano (in alto: settem-
bre 1985, prelievo venatorio, foto L. Lapini) - ultimo cuc-
ciolo italiano (in basso: agosto 2018, foto trappolaggio,
foto L. Dreon - L. Lapini).
D, Ca n i s a u r e u s I (C: C) 95
nel corso del 2018 sono state invece condotte dall’Istituto Zo-
oprofilattico delle Venezie (in particolare da M. Bregoli, IZS
delle Venezie di Campoformido, Udine).
Un ringraziamento particolare ai Direttori delle Riserve di
Caccia di Enemonzo (Udine), San Michele del Carso (Gorizia)
e Pavia di Udine (Udine), nonché ai cacciatori di molte Riserve
di Caccia di Diritto della Regione Friuli Venezia Giulia, sem-
pre pronti a condividere e valutare dati e verifiche di campagna,
alla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia (U. Fattori e P.
Benedetti), alle Province di Bolzano (D. Righetti), Treviso (G.
Santarossa) e Venezia (M. Cappelletto), all’Ufficio Territoriale
per la Biodiversità ex CFS di Vittorio Veneto (ora Carabinie-
ri Forestali) e più in particolare a P. Favero, S. Costan e A.
Mercadante (ex stazione forestale di Palus S. Marco, Foresta di
Somadida).
Due diverse Direzioni del Museo Friulano di Storia Naturale
di Udine e tutto il personale dell’Istituto hanno stoicamente
condiviso il lungo percorso delle verifiche su Canis aureus in
Italia, accogliendo numerosi campioni nelle collezioni teriolo-
giche del Museo.
B
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as out of their known historic range. Technical Report: GOJAGE
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duttivo anche nell’alta pianura udinese, a circa 5 km dal luo-
go dove nel 1985 si è verificata la prima riproduzione italiana
(Figg. 2, 3, 6). Ciò indica che la pianura friulana – a 33 anni di
distanza – ha conservato una buona vocazionalità per la specie.
Il grande dinamismo del 2017 lascia comunque intravedere
notevoli prospettive di espansione, con diversi avvistamenti
(non ancora sostenuti da evidenze oggettive) riferiti sia alla
Provincia di Modena, sia di Ferrara. L’attento monitoraggio di
queste zone potrebbe fornire ulteriori informazioni sull’espan-
sione della specie in Italia.
Visti gli ingiustificati conflitti sociali che la specie provoca sul
Carso Isontino (Provincia di Gorizia) sembra comunque urgen-
te avviare una estesa campagna di public awareness nelle zone
di neo-colonizzazione, visto che una corretta comunicazione sui
predatori ne condiziona prepotentemente la conservazione.
R
Non sarebbe mai stato possibile scrivere queste note di sintesi
senza una lunga e costante collaborazione con numerosi Enti
e Persone, a cui vanno i nostri più sentiti ringraziamenti. Ci
risulta impossibile nominarli tutti, ma è bene almeno ricordare
che S. Locatelli segue con le sue fototrappole la situazione dello
sciacallo della Val Brembana, R. Gemmato e R. Pinti hanno
prodotto eccellenti riprese video di uno sciacallo in dispersio-
ne nel Mirandolese, A. Pilosio e i suoi colleghi seguono dal
2011 gli animali del Carso Isontino, Y. Fanin, S. Pecorella e
L. Tolar la situazione della zona di Doberdò del Lago (Gori-
zia), N. Bressi (Museo civico di Storia Naturale di Trieste) e
R. Valenti (CFR FVG) hanno seguito per più di un anno il
gruppo dell’alta Val Rosandra. In Carnia (Provincia di Udine)
la situazione è seguita da F. Cimenti del CFR (Corpo Forestale
Regionale del Friuli Venezia Giulia), nei magredi pordenonesi
dal CFR, il quale in tutti questi anni è stato di particolare ef-
ficacia nel monitoraggio della specie in tutta la Regione Friuli
Venezia Giulia (A. Mareschi, G. Commessatti, M. Rozza, I.
Zuppani, R. Zeleznik, M. Benfatto, N. Cesco, A. Della Vedo-
va, G. Zufferli, T. Zorzenon, T. Moimas, L. Felcher, ecc.). L’As-
sociazione “Progetto Lince Italia” (P. Molinari e R. Pontarini) è
stata particolarmente efficace nel monitoraggio della specie nel
Tarvisiano, in costante collaborazione coi Carabinieri Forestali
(D. De Martin, S. Costan, ecc.). Grazie anche alle Università
di Udine (A. Vendramin), Parma (A. Meriggi, C. Delfoco e L.
Riboldi) e all’Associazione erion (M. Pavanello,F. Marcolin,
ecc.), che in tempi e situazioni differenti hanno esteso i moni-
toraggi, verificando e confermando i nostri costanti sforzi di
campagna.
L’Ente Nazionale Protezione Animali (ENPA, Sezione di Trie-
ste) ha recuperato un giovane sciacallo maschio ferito curan-
done poi la liberazione sul Carso triestino (G. d’Urso, P. Bufo,
M. Lapia).
La collaborazione con diversi Musei di Storia Naturale (Trieste,
Venezia, Treviso, Trento, Ferrara, ecc.) si è rivelata essenziale sia
per alcune verifiche in campagna, sia per il recupero e dissezio-
ne di campioni, mentre l’Università di Udine da molto tempo
guida le verifiche parassitologiche condotte su diverse carcasse
(P. Beraldo). Le verifiche tossicologiche sugli animali avvelenati
L L, A L D, M C, M L M V
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