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La valutazione schermograca delle pneumoconiosi
(1941-1948): il ruolo della Clinica del Lavoro di Milano
A P1, L L2, B F3, A C1,
P M G4, A F F1
1 Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità, Università degli Studi di Milano
2 ASST di Franciacorta - Chiari (BS)
3 Dipartimento di Specialità Medico Chirurgiche, Scienze Radiologiche e Sanità Pubblica, Università degli Studi di Brescia
4 Servizio Beni Culturali, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico - Milano
Med Lav 2018; 109, 3: 225-235
DOI: 10.23749/mdl.v109i3.7164
Pervenuto il 6.3.2018 - Revisione pervenuta il 15.4.2018 - Accettato il 19.4.2018
Corrispondenza: Alessandro Porro, Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità, Università degli Studi di Milano, Via Francesco
Sforza 35, 20122 Milano - E-mail: alessandro.porro1@unimi.it
Key words: Milan. Occupational medicine. 20th century; Milan. X-ray Wagon; Mobile miniature chest X-ray
Parole chiave: Milano. Medicina del lavoro. XX secolo; Milano. Schermograa; apparecchi schermograci
autotrasportati ed automontati
summary
«Mobile miniature X-ray evaluation and pneumoconiosis: the role of the Clinica del Lavoro in Milan (1941-
1948)». Since the end of the 19th century, X-rays have been used to detect lung diseases. In Italy, 207,096 miniature
chest radiographs were taken from 1941 to 1948. Traditional radiographs gave better results, but miniature chest
radiographs were useful for screening. Indeed, the development of mobile miniature chest radiography units resulted
in an improvement in mass X-rays screening for the detection of penumoconiosis. ese mobile miniature units were
mounted on a bus chassis, a solution that allowed to easily reach workers. e authors analyze some models of X-ray
wagon units used by the “Clinica del Lavoro” in Milan in the 1950s. From the point of view of medical museology,
the preservation of these devices requires appropriate spaces.
riassunto
Fin dalla ne del XIX secolo la radiograa rappresentò un importante metodo diagnostico per le malattie del pol-
mone. Nel periodo 1941-1948 l’attività schermograca dell’ENPI (Ente Nazionale Prevenzione Infortuni) e della
Clinica del Lavoro di Milano permise di ottenere una serie storica applicata alla rilevazione delle pneumoconiosi di
rilevante valore scientico e storico. Furono eseguite 207.096 schermograe. La radiograa dava migliori risulta-
ti, ma la schermograa di grandi dimensioni (70x70 mm) era utile per gli screening. Ciò fu ottenuto anche grazie
all’utilizzo di particolari apparecchi schermograci autotrasportati ed automontati. Quelli della Clinica del Lavoro
di Milano non sono stati conservati, ma alcune tracce iconograche consentono di integrare la storia del loro utilizzo,
desumibile dalla letteratura scientica specica. Gli autori analizzano alcune caratteristiche tecniche degli apparecchi
schermograci. L’attività schermograca condotta con queste apparecchiature mobili testimonia il cambiamento nella
lotta alle pneumoconiosi avvenuto nel secondo dopoguerra. Dal punto di vista della museologia medica si tratta di
apparecchiature la cui conservazione necessita di opportuni spazi.
Storia / History
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introduzione
Da quando, a partire dagli ultimi anni dell’Otto-
cento, si svilupparono e si diusero la radiograa e
la radioscopia, si ebbero a disposizione un ecace
metodo ed una preziosa possibilità diagnostica, ap-
plicabili alla rilevazione delle patologie polmonari.
Anche per quanto concernente le pneumoconiosi,
l’indagine radiologica rappresentò un ineludibile
mezzo non solo diagnostico, ma anche di controllo
(preventivo nei termini di screening e consecutivo
in quelli di follow-up). Esistevano, però, alcuni evi-
denti limiti, dovuti alla necessità di allestire impian-
ti radiologici ssi, controbilanciati dalle dimensioni
della lastra radiograca ottenibile, poiché l’indagine
radioscopica non poteva prescindere dalle dimen-
sioni delle parti da esaminare. L’allestimento di
strutture radiologiche sse poteva essere appannag-
gio delle grandi organizzazioni industriali, nell’am-
bito delle strutture sanitarie aziendali. Anche l’atti-
vità antinfortunistica poteva essere gravata da simili
problemi (37, 38). Fu la Prima Guerra Mondiale,
con le sue tragiche necessità, a rappresentare l’oc-
casione per l’allestimento di strutture radiologiche
mobili, le cosiddette ambulanze radiologiche. Fu la
ditta Balzarini di Milano a costruire apparecchiatu-
re radiologiche trasportabili in casse (sia someggiate,
sia autotrasportate), e si deve ricordare che un’am-
bulanza radiologica era stata utilizzata durante la
Guerra Balcanica nel 1912 (40).
Tuttavia, la radiograa standard mal si applicava
alle indagini di massa: doveva essere elaborata un’ap-
parecchiatura di miglior utilizzo, praticità, economi-
cità di gestione. Si trattava, in pratica, di accoppiare
la tecnica fotograca a quella radioscopica, renden-
do possibile la riproduzione delle immagini su una
pellicola di ridotte dimensioni, ma con una risolu-
zione suciente a rendere informazioni dettagliate
su eventuali malattie polmonari (principalmente tu-
bercolosi e pneumoconiosi). In pratica si trattava di
fotografare l’immagine dello schermo radioscopico.
Si dovette al medico brasiliano Manoel (o Manuel)
Dias De Abreu (1894-1962, anche se molte fonti lo
riportano nato nel 1892) l’elaborazione, nel 1936, di
un apparecchio schermograco adatto per gli scree-
ning di massa: esso fu annunciato nel luglio 1936, e
meglio dettagliato nel dicembre dello stesso anno (1,
12-14). La diusione della pratica schermograca
fu rapidissima ed universale (29), cosicché le prin-
cipali case produttrici di attrezzature radiologiche
produssero apparecchiature per schermograa. A
Milano si segnala la Ditta Gorla-Siama, attiva per
tutto il Novecento (31).
La lotta alla tubercolosi può essere considerata
come uno dei paradigmi che illustrano lo sviluppo
delle discipline mediche a partire dall’ultimo tratto
dell’Ottocento (43), almeno nel nostro paese. Quin-
di, se un riferimento di ordine generale può essere
proposto con l’attività antitubercolare, non dobbia-
mo dimenticare che ci troviamo di fronte anche ad
uno fra gli apporti maggiormente signicativi della
medicina sociale italiana del XX secolo (36).
Nel Regno d’Italia alcune dimensioni e nalità
politiche caratterizzarono la lotta alla tubercolosi
durante il regime fascista, anche in ragione dell’e-
manazione della Carta del Lavoro, varata il 21 aprile
1927. Il punto XXVII della Carta del Lavoro così
recita: Lo Stato fascista si propone: 1°) il perfeziona-
mento dell’assicurazione infortuni; 2°) il miglioramento
e l’estensione dell’assicurazione maternità; 3°) l’assicu-
razione delle malattie professionali e della tubercolosi
come avviamento all’assicurazione generale contro tutte
le malattie; 4°) il perfezionamento dell’assicurazione
contro la disoccupazione involontaria; 5°) l’adozione di
forme speciali assicurative dotalizie pei giovani lavora-
tori.(8). Questo collegamento ci rende altresì conto
della necessità e dello sviluppo delle indagini radio-
logiche per lo studio delle pneumoconiosi.
milano, la tBc e le Pneumoconiosi:
l’evoluzione della situazione
Poiché il presente lavoro è incentrato sull’attività
schermograca della Clinica del Lavoro milanese,
può essere utile ricordare come fosse organizzata
la lotta antitubercolare a Milano, qual punto di ri-
ferimento generale (9, 11). La dimensione dispen-
sariale si sviluppò già a partire dai primi anni del
Novecento, ma durante la Prima Guerra Mondiale
si accelerò l’organizzazione di interventi e provvi-
denze antitubercolari (36) e dopo la riorganizzazio-
ne amministrativa e territoriale del 1927 (23) l’atti-
vità antitubercolare fu prescritta ed organizzata in
ogni Provincia del Regno. L’attività di prolassi e di
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la schermografia alla clinica del lavoro di milano 227
accertamento, nonché quella di cura, potevano fare
capo a diverse istituzioni assistenziali.
A Milano fu particolarmente ecace la presen-
za dispensariale: in questo contesto la prolassi era
fondamentale e l’indagine radiologica (dalla quale
l’indagine schermograca sarebbe derivata alla ne
degli anni Trenta del Novecento) divenne il metodo
principale di azione (9), anche se non tutti i Dispen-
sari antitubercolari milanesi disponevano di appa-
recchiature radiologiche (11). Per quanto di nostro
interesse, i luoghi del lavoro insalubre furono iden-
ticati come oggetto dell’attività legislativa di tute-
la della salute, e proprio la tubercolosi rappresentò
una prima cartina di tornasole per valutare l’ecacia
dell’azione medica nell’ambito sociale (secondo i
criteri, anche politici, del tempo).
Anche a Milano si propose il modello sanatoriale:
non disponendo di condizioni climatiche montane,
se ne riprodussero articialmente alcune caratteri-
stiche, sfruttando e modicando l’ambiente di zone
ritenute adatte e salubri, nell’immediata vicinanza
della città. Non si trattava di riutilizzare strutture
sanitarie od ospedaliere destinate in origine ad altre
attività, ma di costruire complessi compiutamente
sanatoriali, da un punto di vista scientico ed assi-
stenziale. Si pensi al grande sanatorio di Garbagnate
Milanese o a quello di Roserio (Vialba) (11); oggi
queste strutture sono state riconvertite ad attività
ospedaliera generale, anche con presenza di forma-
zione di tipo universitario.
Tuttavia, anche nella letteratura scientica di am-
bito generalista, poco spazio viene dedicato all’ana-
lisi prettamente tecnica ed agli strumenti impiegati
per gli screening: al di là della rilevante produzione
scientica di tecnica radiologica, abbiamo parados-
salmente un grado minore di informazioni su un’at-
tività fondamentale per la dimensione prolattica
della lotta antitubercolare. Per quanto concerne la
medicina del lavoro, ricordata la posizione di privi-
legio scientica ed assistenziale rappresentata dalla
presenza della Clinica del Lavoro, era il problema
delle pneumoconiosi ad intercettare le pratiche e le
apparecchiature sviluppate originariamente per gli
screening antitubercolari.
Proponendo ora una breve digressione sulla pre-
senza radiologica presso la Clinica del Lavoro, dob-
biamo ricordare che non solo essa fu rilevante per
se, ma anche perché supplì, nei primi tempi dall’i-
stituzione dell’Università degli Studi di Milano (dal
1925 al 1928), ad un Istituto di Radiologia non an-
cora costituito (45).
Ciò si dovette anche alle qualità scientiche di
Carlo Luraschi (1865-1911) e soprattutto di Feli-
ce Perussia (1885-1959) (10), no al passaggio di
quest’ultimo all’Istituto Vittorio Emanuele III per
lo Studio e la Cura del Cancro, seconda sede dell’I-
stituto di Radiologia universitario milanese (46).
La dimensione universitaria amplicava anche il
problema della trasmissibilità della tubercolosi fra
gli operatori sanitari della Clinica (41).
In ogni modo, l’esperienza radiologica di tipo ge-
neralistico svolta dalla Clinica del Lavoro milanese si
esplicava anche nei confronti del problema generale
della tubercolosi ed era proseguita anche per tutti gli
anni Trenta.
Fin dagli anni Quaranta del Novecento, anche a
causa dello stato di guerra, la recrudescenza tuberco-
lare aveva imposto l’attuazione di screening di massa;
essi erano stati applicati anche agli operai delle indu-
strie silicotigene. Non doveva poi essere sottovaluta-
to il gran numero di vertenze risarcitorie in tema di
patologie polmonari risoltesi a favore degli operai:
quindi la classe imprenditoriale appariva interessata
ad una migliore denizione del problema dal punto
di vista dell’economia di esercizio dell’impresa.
Dal punto di vista normativo, si assistette al pa-
radosso di una più attenta organizzazione delle in-
dagini preventive e prolattiche attuata nei territori
della Repubblica Sociale Italiana, rispetto a quelli
del Regno d’Italia progressivamente liberato dall’a-
vanzare delle truppe Alleate. Infatti il regolamento
disciplinante l’esecuzione delle visite mediche pre-
ventive e periodiche era stato emanato il 31 agosto
1943, ma non era stato pubblicato sulla Gazzetta
Uciale del Regno a causa degli avvenimenti segui-
ti all’armistizio dell’8 settembre 1943. Esso era sta-
to pubblicato dal governo della Repubblica Sociale
Italiana sulla Gazzetta Uciale d’Italia del 25 aprile
1944 ed aveva trovata piena applicazione nelle re-
gioni cadenti sotto la sua giurisdizione (e continuava
di fatto ad essere applicato) (33). Questa condizio-
ne, che divideva nettamente la parte settentriona-
le dell’Italia dalle sue regioni meridionali permase
anche nel primo periodo successivo al termine della
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Seconda Guerra Mondiale. Le condizioni di vita e
di lavoro nella Milano del secondo dopoguerra ren-
devano utili le indagini di massa, per una migliore
conoscenza di tutte le patologie polmonari. Così,
negli atti dei Congressi Nazionali di Medicina del
Lavoro a partire dal dopoguerra la schermograa
inizia ad assumere una rilevante presenza, che inte-
gra gli apporti scientici e tecnici dei radiologi e dei
medici del lavoro.
radiografia o schermografia?
Il dibattito poteva assumere connotazioni di tipo
generale, applicabili sia all’attività antitubercolare,
sia di tipo particolare e specialistico, applicato alle
indagini relative alle pneumoconiosi.
Benché questo aspetto non sia quello sul quale
abbiamo incentrato la nostra principale attenzione,
né sugli eetti delle singole scelte (in termini tecnici,
di radioprotezione, di prevenzione, di mantenimen-
to al lavoro degli operai con forme iniziali di silicosi,
di esame critico della strumentazione per quanti-
care la polverosità degli ambienti), tuttavia possiamo
accennare ad alcune posizioni in argomento, ricor-
dando peraltro che il dibattito non si poteva ritenere
conchiuso nel tema delle pneumoconiosi od in quel-
lo antitubercolare, così come nei congressi schermo-
graci od in quelli di Medicina del Lavoro (e nelle
pubblicazioni specialistiche): erano infatti presenti
contaminazioni e correlazioni che investivano i due
principali ambiti.
Una prima posizione potrebbe essere identicata
in chi era decisamente ed ineluttabilmente contrario
alla pratica della schermograa.
Un paladino di tali posizioni era Arrigo Orsi
(1897-1967), impegnato nell’attività sanatoriale mi-
lanese (32), il quale non solo negava convintamen-
te e recisamente l’utilità della schermograa nella
diagnosi delle forme silicotiche iniziali, ma era su
posizioni ostative di tipo generale e non mancava di
segnalare con forza le sue posizioni nelle varie occa-
sioni, congressuali e scientiche.
In eetti, la partita relativa alle pneumoconiosi
si giocava intorno alle possibilità diagnostiche nelle
fasi iniziali: i paladini della radiograa e della radio-
scopia ponevano critiche all’utilità delle immagini
schermograche.
Il problema era sicuramente sussistente con l’uti-
lizzo degli schermogrammi di minore formato (35
mm), ma l’uso di pellicole di maggiori dimensioni
(7x7 cm) aveva reso il problema meno rilevante.
Ad esempio, le critiche proposte da Pier Carlo
Talini (42), aliato alla Clinica del Lavoro milanese
sotto la direzione di Luigi Preti (1881-1941) risa-
livano al 1941, allorché venivano prevalentemente
usati schermogrammi di piccole dimensioni: in ef-
fetti la resa dei dettagli inferiori ai 2 mm nel caso dei
noduli e della ne trama rinforzata giocava a favore
dell’impiego dei radiogrammi tradizionali.
Anche il radiologo milanese Mauro Piemonte
(che in seguito avrebbe percorso la sua carriera, an-
che accademica, a Brescia) era su posizioni critiche,
ma non ostative, verso l’utilità della schermograa.
Esisteva anche una posizione che temeva la mar-
ginalizzazione della visita medica clinico-radiolo-
gica, peraltro prevista dalla normativa per quanto
concernesse la silicosi: era il caso di Giovanni Pan-
cheri (1904-1996), all’epoca vice direttore della sede
ENPI di Milano (33).
A tutti gli oppositori, Vigliani (51) rispondeva
sottolineando la pratica impossibilità di utilizzare la
radiograa tradizionale per un numero di indagini
rasentante il centinaio di migliaia (80-90.000); le
limitazioni intrinseche nell’uso della schermograa
erano evidenti a tutti.
Tuttavia le posizioni di Orsi, che apparivano es-
sere quasi pregiudiziali, imponevano a Vigliani una
netta e precisa risposta sul terreno stesso del suo in-
terlocutore (47).
A posteriori possiamo riconoscere una certa dose
di realismo nelle posizioni che sostanzialmente va-
lidavano l’uso della schermograa, già da qualche
anno (30).
Si deve anche riconoscere che l’impegno profuso
da Vigliani nell’attività schermograca era stato ti-
tanico (da un punto di vista tecnico, medico, econo-
mico, sociale e politico) ed aveva contribuito a mo-
dicare (anche con il riconoscimento della silicosi
come malattia professionale nel 1943) atteggiamen-
ti e prassi operative.
Vigliani, inoltre, cercava sempre di richiamare ed
inserire il problema pneumoconiosi in un ambito
più evoluto e maturo, come avveniva in Gran Bre-
tagna (19, 28).
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la schermografia alla clinica del lavoro di milano 229
gli autocarri schermografici moBili della
clinica del lavoro di milano
Alcuni dati sembrano correlare l’attività scher-
mograca della Clinica del Lavoro milanese in for-
ma di apparecchiatura ssa al 1939 (56), anche se
essa è attestata certamente a partire dal 1941; quella
dell’ENPI dovrebbe risalire al 1941 con l’allestimen-
to del primo apparecchio schermograco automon-
tato. L’allestimento dell’apparecchio ENPI si dovette
all’iniziativa di Enrico Carlo Vigliani (1907-1992),
che al tempo era Direttore dell’Istituto di Medici-
na del Lavoro dell’Università di Torino (18) e degli
Istituti di Medicina Industriale ENPI di Torino e di
Milano) (53). Era Allora Direttore dei Servizi sa-
nitari dell’ENPI Giovanni Antonio Vigliani (1877-
1958) (34, 35), mentre il glio Enrico Carlo Vigliani
avrebbe diretto la Clinica del Lavoro di Milano dal
1942 al 1977 (51). L’apparecchio installato era sta-
to fornito dalla ditta Rangoni e Puricelli di Bologna
(27, 44) ed usava una macchina fotograca Contax
con pellicola di 35 mm (per schermogrammi 24x36
mm) (57). La ditta Rangoni e Puricelli, insieme alla
già citata ditta Gorla-Siama, era fra le più apprezza-
te costruttrici di apparecchi radiologici in Italia (3);
faceva riferimento alle gure di Ugo Rangoni (1865-
1933) e Davide Puricelli (1887-1955).
Sottolineata la caratteristica dell’esecuzione delle
schermograe all’interno dell’autocarro (48), esso fu
presentato alla comunità nazionale dei medici del
lavoro in occasione del Convegno sulla Silicosi che
l’ENPI organizzò a Torino nel febbraio 1941 (18)
e che si svolse presso il suo locale Istituto di Me-
dicina Industriale (25). In quella stessa occasione si
diede notizia di analoghi apparecchi schermogra-
ci montati su chassis Opel, approntati in Germania
(4). Al 1941 si devono anche le prime segnalazio-
ni schermograche relative all’uso dell’apparecchio
schermograco ENPI applicato alle indagini ri-
guardanti gli operai addetti a lavorazioni polverose
(42). Al Convegno di Torino fu anche annunciata la
costituzione del Centro per lo Studio e la Prevenzio-
ne delle Pneumoconiosi con la specica annotazione
dell’impiego dell’autocarro schermograco (18); il
Centro fu attivato nel 1942 presso la Clinica del La-
voro, anche in ragione del trasferimento di Vigliani
a Milano.
Negli anni immediatamente successivi viene ri-
ferita l’attività di 2/3 apparecchi schermograci
(uno dei quali sicuramente automontato) dell’ENPI
e di un apparecchio sso della Clinica del Lavoro.
Essi avevano caratteristiche dierenti: l’apparecchio
schermograco n. 1 dell’ENPI (attivo dal 1941)
adoperava un formato schermograco di 24x36 mm
con pellicola di 35 mm; l’apparecchio schermogra-
co n. 2 dell’ENPI adoperava un inusuale forma-
to schermograco di 8x8 cm, giacché lo standard
massimo si sarebbe poi attestato sulle dimensioni di
70 mm (7x7 cm); la stazione schermograca ssa
della Clinica del Lavoro milanese (attiva dal 1941)
adoperava un formato schermograco di 24x36 mm
con pellicola di 35 mm (58).
Ricordato che i bombardamenti su Milano ral-
lentarono grandemente, ma non interruppero del
tutto l’attività della Clinica, nel 1948 (54, 55) viene
riferita l’attività di 3 apparecchi schermograci au-
totrasportati dell’ENPI e dell’apparecchio sso della
Clinica del Lavoro:
Periodo 1941-1948 N. schermograe
Autocarri ENPI 171597
Istituto Medicina Industriale ENPI – 26951
Sedi di Torino, Milano, Genova
Clinica del Lavoro di Milano 8548
Totale generale 207096
Fonte: (54, 55)
Si deve ancora ricordare che l’attività schermogra-
ca non si interruppe nel periodo 1941-1948. Questo
dato appare di rilevante importanza, perché l’attività
schermograca in ambito di medicina del lavoro gra-
vò interamente sull’ENPI ed il suo autocarro scher-
mograco progressivamente ampliò il suo raggio d’a-
zione, portandolo dal 1946 anche all’Italia Centrale
ed alla Sardegna. Per quanto concerne, invece, i dati
del 1948 relativi all’attività degli apparecchi milanesi,
essi sono i seguenti (riferiti a silicosi ed asbestosi):
Anno 1948 N. schermograe
Industrie polverose 54264
Industrie non polverose 6608
Totale generale 6872
Fonte: (50)
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Si dava anche notizia di una imminente sostitu-
zione dell’apparecchio ENPI con un nuovo appa-
recchio trasportabile utilizzante pellicola in formato
schermograco di 70 mm (7x7 cm) (50). In eetti,
in Italia solo la ditta Rangoni e Puricelli aveva ini-
ziato la produzione di schermogra di formato 70
mm (7x7 cm) (15).
Il Centro per lo studio delle Pneumoconiosi
milanese era il secondo del mondo per dotazione
quantitativa schermograca, dopo quello del Sili-
cosis Medical Bureau di Johannesburg, iniziato nel
1902 (51).
Già da queste sommarie indicazioni tecniche, si
può rilevare un dato evolutivo della schermograa:
da una dimensione ridotta dei primi schermogram-
mi (cosiddetti a francobollo) si era passati ad una
maggiore dimensione. Ciò appare essere anche in
rapporto con lo sviluppo generale fotograco, che si
divideva fra il formato Leica (24x36 mm) che usava
una pellicola da 35 mm ed il medioformato quadrato
(6x6 cm) o rettangolare (6x9 cm), proprio dei mo-
delli biottici Rolleiex, no al formato 9x12 cm che
poteva essere ritenuto il passaggio all’uso delle lastre.
Nell’intervallo schermograco di nostro interesse
(no al formato 7x7 cm) potevano essere impiegati
7 formati diversi di pellicole schermograche (20).
Si deve ricordare anche che fu usato anche il forma-
to 8x8, ma la relativa pellicola, specialmente durante
il periodo bellico, era di dicile reperimento. Per
quanto concerne gli apparecchi fotograci più dif-
fusi, si segnalano i Leica 24x36 mm, i Contax 24x36
mm (ambedue usavano pellicole di 35 mm) ed i Ber-
ning Robot di formato 24x24 mm (42). A riguardo
del tipo di pellicole impiegate, deve essere ricordato
che la penuria di materiale di qualità perdurò ben
oltre il termine della Seconda Guerra Mondiale:
inizialmente furono usate le Agfa-Fluorapid, sosti-
tuite in seguito dalle pellicole Gevaert speciali per
schermograa (54, 55); altri apparecchi usavano le
pellicole Fluoro-Film Dupont (2). Nel dopoguerra
furono usate le pellicole ILFORD H.P.X. di forni-
tura UNRRA, le Kodak Fluorodak e Photoure e le
Gevaert Scopix (22). Le pellicole Agfa Isopan erano
ancora introvabili dalla ne del 1945 (56) e le Agfa-
Fluorapid furono utilizzate ancora negli anni Ses-
santa (6). A partire dagli anni Cinquanta del No-
vecento comparve anche una produzione nazionale:
la ditta Ferrania produsse le pellicole Schermofoto
nei formati schermograci di 24x36 mm e 70 mm
(7x7 cm) (22). Nel giro di poco più di un decennio
(56) presso la Clinica del Lavoro milanese furono
depositate oltre 900.000 schermograe di diver-
so formato, riguardanti 300.000 operai; purtroppo
questa imponente documentazione sembra essere
andata perduta.
All’inizio degli anni Cinquanta anche la Clinica
del Lavoro milanese decise di dotarsi di apparecchi
schermograci mobili.
Nel biennio 1951-1952 l’attività schermograca
milanese era stata la seguente:
Anno 1951 1952
Industrie polverose 62454 69390
Industrie non polverose 7013 17570
Amianto 951 1120
Totale generale 70418 88080
Fonte: (52) modicata
Esisteva un apparecchio eventualmente trasporta-
bile, ma la scelta eettuata dall’istituzione milanese
fu analoga a quella adottata dall’ENPI: fu appronta-
to un apparecchio schermograco mobile automon-
tato. Nella letteratura specica esiste un’immagine
dell’autocarro della Clinica del Lavoro milanese, ri-
preso presso l’Arco della Pace di Milano ed essa non
può essere riferita ad un periodo anteriore al 1953 e
posteriore al 1957 (24) (gura 1).
Figura 1 - L’autocarro schermograco all’Arco della Pace di
Milano (1953/1957) (24)
Figure 1 - e X-ray wagon of the Clinica del Lavoro in Milan
(1953/1957)
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la schermografia alla clinica del lavoro di milano 231
Il recente ritrovamento, oltre a quanto già pubbli-
cato (24), di altre due immagini fotograche ci ha
consentito di meglio contestualizzare alcuni dati re-
lativi all’attività schermograca della Clinica del La-
voro milanese. Una foto riprende l’autocarro presso
la Clinica del Lavoro: abbiamo dunque la conferma
che esso stazionasse presso la Clinica stessa come
sembrerebbe indicare il cartello parzialmente visibi-
le, recante la scritta POSTEGGIO. Il luogo di ripresa
della fotograa potrebbe essere quello prospiciente
il retro dell’Aula Magna della Clinica, in prossimità
dell’uscita secondaria della Clinica, tutt’ora esisten-
te. La lettura del numero di targa dell’autoveicolo
(MI209656) ci consente di riferire la sua immatri-
colazione al 1953, anche se in alcune fonti la sua
acquisizione viene riferita al 1952 (24). L’apparente
discrepanza potrebbe essere ricomponibile, conside-
rando che l’ordine di acquisto potrebbe essere rife-
ribile al 1952, mentre la consegna del veicolo e la
sua immatricolazione essere ascrivibile al 1953. Se
per le automobili i tempi d’attesa potevano anche
raggiungere i 12-18 mesi, nel caso di specie ci si tro-
vava di fronte all’allestimento di un veicolo speciale,
che necessitava di procedure complesse, anche nei
termini dei collaudi.
Ricordiamo anche che nel 1952-1953 furono
condotti a termine lavori di ampia ristrutturazione e
riorganizzazione della Clinica del Lavoro.
Tornando all’autocarro schermograco automon-
tato, la lettura del Bollo di Circolazione, facente ri-
ferimento alla scadenza del dicembre 1961 ci po-
trebbe indicare in quell’anno il momento della presa
della fotograa che ritrae l’automezzo presso la Cli-
nica del Lavoro (gura 2).
Per identicare con la massima precisione possi-
bile il modello del veicolo, ci si deve rivolgere anche
alla stampa automobilistica specializzata (21). Do-
vrebbe trattarsi di un FIAT 642 RN modicato (la
sigla RN si riferisce al modello di autobus derivato
dall’autocarro FIAT 642, dotato di pianale ribassa-
to). Sono, infatti, attestati modelli automontati de-
rivati dallo chassis FIAT 642 prolungato (Rangoni
e Puricelli) (26) e dal modello 642RN2. Non è stata
nora identicata l’Ocina Meccanica che allestì
questo autoveicolo speciale, ma è attestata l’attività
di alcune carrozzerie: la Orlandi (26) o la Boneschi.
La tabella posta sulla ancata, riportante la dicitura
UNIVERSITÀ DI MILANO-CLINICA DEL LA-
VORO [//] LABORATORIO DI IGIENE INDU-
STRIALE -SOC. MONTECATINI ci ricorda da un
lato la collaborazione con le grandi imprese italiane,
ma ci rende possibile il notare che altre apparecchia-
ture autotrasportate furono allestite grazie alla col-
laborazione fra la Clinica del Lavoro milanese e la
Società Montecatini: è attestato un laboratorio per
l’analisi dell’aria trasportato su un furgone, derivato
da uno chassis OM Leoncino (si trattava di uno dei
più diusi autocarri del tempo) (24). In quegli anni
fu proposto anche l’allestimento sullo chassis OM
Leoncino (lunghezza 5,90 m) di uno schermografo
sso: ciò fu possibile grazie all’adozione delle pare-
ti laterali allargabili di 1,20 m su brevetto Deplirex
(39). Poiché si tratta di veicoli assai simili, possiamo
ipotizzarne un allestimento contemporaneo, onde
venire incontro alle varie esigenze cliniche e di ri-
cerca sul campo. In eetti, il Laboratorio di Igie-
ne industriale del Gruppo Montecatini aveva sede
presso la Clinica del Lavoro, e le unità automontate
prestavano servizio anche per tutti gli stabilimenti
del Gruppo (24). Noi non siamo a conoscenza di
quando l’attività dell’apparato schermograco mo-
bile della Clinica del Lavoro milanese si sia conclu-
sa, di quando l’autoveicolo sia stato rottamato, né se
Figura 2 - L’autocarro schermograco alla Clinica del Lavo-
ro di Milano (1961). Archivio Clinica del Lavoro – IRCCS
Fondazione Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico –
Milano
Figure 2 - e X-ray wagon in front of the Clinica del Lavoro
of Milan (1961). Archive Clinica del Lavoro – IRCCS Fonda-
zione Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico – Milan
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porro et al
232
esso sia stato sostituito da altri modelli. A proposito
dell’apparecchio installato, dovrebbe trattarsi di uno
schermografo General Electric con camera fotogra-
ca a specchio Odelca di formato schermograco
70 mm (7x7 cm) ed apparecchiatura per lo svilup-
po ed il ssaggio automatico delle pellicole scher-
mograche (24). La casa olandese Odelca, da non
confondersi con la quasi omonima ditta viennese
Odelga, era specializzata nella costruzione di ottiche
radiologiche ed aveva sede a Delft; essa è attualmen-
te presente su tale branca del mercato produttivo di
apparecchi radiologici (gura 3).
l’attività schermografica della clinica del
lavoro di milano
La dotazione schermograca della Clinica del
Lavoro era complessa, trattandosi di apparecchiature
sse, di apparecchiature autotrasportabili e dell’ap-
parecchiatura automontata. Quanto alle prime, alla
metà degli anni Cinquanta constavano di un appa-
recchio schermograco con camera ad obiettivo ca-
tadiottrico formato 10x10 cm (si trattava del primo
apparecchio di tal genere installato in Italia); di una
camera schermograca di formato 70 mm (7x7 cm)
con possibilità di eseguire schermograe singole o a
rullo; di una camera stereoschermograca di forma-
to 10x12,5 cm (24) (gura 4).
Quanto alle seconde, si trattava di un’intera sta-
zione schermograca con possibilità di eseguire
schermograe di formato 70 mm (7x7 cm) a rul-
lo, autotrasportabile. Le caratteristiche tecniche
dell’apparecchio schermograco automontato sono
state già delineate (24). L’autocarro schermograco
era stato allestito in collaborazione con la Società
Montecatini, grazie all’intervento della FIAT ed in
relazione anche alla disponibilità dei fondi del Pia-
no Marshall (7, 52). In precedenza Enzo Delorenzi
aveva approntato nel 1948 alla FIAT di Torino un
apparecchio schermograco automontato, che aveva
dato buona prova di sé; i risultati dell’attività erano
stati riportati nel 1948 al Congresso Nazionale di
Medicina del Lavoro di Torino, che riprendeva la
serie degli incontri scientici nazionali nel periodo
postbellico. A tale proposito è rinvenibile la citazio-
ne di un lavoro descrittivo specico di Delorenzi,
denito come in corso di stampa su La Medicina
del Lavoro del 1948 (L’organizzazione di un nuo-
vo tipo di autoambulanza radiologica per servizio
in ambiente industriale, Med Lav, 1948): tuttavia,
allo stato attuale delle ricerche, esso non risulterebbe
essere stato stampato sulla rivista. La FIAT agiva
autonomamente, in quasi una sorta di concorren-
za con le forze riunite dell’ENPI, della Clinica del
Lavoro milanese, dell’Istituto Nazionale per l’Assi-
curazione contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL)
almeno no al trasferimento a Roma di tutto il ma-
Figura 3 - Interno dell’autocarro schermograco. Archivio
Clinica del Lavoro - IRCCS Fondazione Ca’ Granda Ospe-
dale Maggiore Policlinico - Milano
Figure 3 - Inside the X-ray wagon. Archive Clinica del Lavoro
- IRCCS Fondazione Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policli-
nico - Milan
Figura 4 - Apparato schermograco sso della Clinica del
Lavoro (24)
Figure 4 - Fixed chest X-ray unit at the Clinica del Lavoro,
Milan (24)
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la schermografia alla clinica del lavoro di milano 233
teriale schermograco INAIL – con l’eccezione del-
lo schermografo – avvenuto nel 1946 (49). Ad un
livello generale di scelta delle apparecchiature mo-
bili, Delorenzi propendeva per quelle automontate:
esse consentivano un risparmio di tempo, potendo-
si recare presso i singoli stabilimenti. Non si deve
poi dimenticare che il numero di esami eseguibili
quotidianamente non era espandibile oltre il limite
di 1 esecuzione al minuto primo; l’esecuzione di un
esame ogni 30 minuti secondi, sembrava non essere
gestibile per lunghi periodi di tempo (16), anche se
talune apparecchiature potevano consentire l’esecu-
zione di una schermograa ogni 20 minuti secondi.
(2) Ad esempio, con l’apparecchio schermograco
automontato della FIAT, nei primi sei mesi del 1948
furono eseguite in media da 71 a 150 schermograe
al giorno di formato 70 mm (7x7 cm), oltre alle ra-
diograe, stimabili in 1 ogni 24 schermograe eet-
tuate (5). Delorenzi aveva condotto esperienze del
formato schermograco di 70 mm (7x7 cm) sulla
base di apparecchi della FIAT e del Cottolengo (15).
Ricordiamo che presso lo stabilimento di Torino-
Miraori, aperto nel 1942, erano stati approntati lo-
cali attrezzati per le visite mediche periodiche, e no-
nostante i bombardamenti l’attività schermograca
non si era interrotta (17). Anche l’esperienza dell’at-
tività schermograca della Clinica del Lavoro, svolta
nel periodo 1941-1948 in stretta collaborazione con
l’ENPI, sembrava confermare l’utilità degli appa-
recchi schermograci automontati rispetto a quelli
autotrasportati od a quelli ssi (54, 55). Nel perio-
do 1950-1956 le apparecchiature sse della Clinica
del Lavoro avevano eseguito 31122 schermograe
e nel periodo 1954-1956 l’apparecchio schermo-
graco automontato aveva eseguito schermograe
in tutt’Italia (confermandosi così la preponderanza
del servizio svolto per il Gruppo Montecatini, ma
seguendo anche una tradizione operativa già messa
in atto n dall’immediato dopoguerra):
Anno N. Schermograe
1954 31903
1955 50239
1956 46121
Totale 128263
Fonte: (24)
Più in generale, nel 1954 l’attività schermograca
milanese era stata la seguente:
Anno 1954 N. schermograe
Industrie polverose 90988
Industrie non polverose 25206
Totale generale 116194
Fonte: (56) modicata
conclusione
Il lavoro svolto da Vigliani e dai suoi collaboratori
nel periodo 1941-1948 fu davvero imponente. Nelle
condizioni terribili dello stato di guerra fu possibile
condurre un’attività di screening che non si inter-
ruppe, mettendoci a disposizione una serie storica di
grande valore, per la storia della medicina del lavoro
e per quella delle pneumoconiosi. Si tratta dell’unica
serie storica italiana disponibile, e ci si deve ramma-
ricare dell’irreperibilità delle relative schermograe.
Esse furono singolarmente analizzate da Vigliani
e dai suoi collaboratori: ricordiamo che la loro dif-
ferente dimensione poneva problemi interpretativi
di non semplice risoluzione. Da un punto di vista
museologico, esistono beni culturali, le cui particola-
rità rendono la conservazione problematica. Si può
trattare delle apparecchiature di grandi dimensioni,
per le quali può rendersi necessaria la conservazione
di elementi parziali, in vista di un allestimento che
sfrutti la costruzione di diorami. Può trattarsi anche
di apparecchiature, la cui conservazione necessiti di
opportuni spazi, come nel caso dei mezzi di traspor-
to. L’esempio degli apparecchi schermograci auto-
montati della Clinica del Lavoro di Milano appare
esemplicativo: essi non sono stati conservati, ma
alcune tracce iconograche consentono di integrare
la storia del loro utilizzo, desumibile dalla letteratura
scientica specica. Inoltre deve essere sottolineato
il grande valore di questi mezzi per la storia della
medicina del lavoro: l’attività schermograca con-
dotta con queste apparecchiature mobili testimonia
il cambiamento nella lotta antitubercolare e nella
lotta alle pneumoconiosi avvenuto già durante la
Seconda Guerra Mondiale e proseguito nel secondo
dopoguerra. La serie storica relativa alle rilevazio-
ni schermograche in ambito industriale, iniziata
09-porro.indd 233 27/06/18 16:23
porro et al
234
nel 1941, mai interrotta durante il periodo bellico
e proseguita nel dopoguerra poté essere prodotta
anche grazie all’impiego di questi automezzi. Essi
testimoniano un periodo ed un aspetto importanti
della medicina del lavoro d’epoca e meritano di es-
sere rivalutati storiogracamente.
G -
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