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Perché l’acronimo LGBT diventa sempre più lungo? E cosa comporta l’aggiunta della ‘I'

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Abstract

L’aggiunta di lettere e quindi soggettività all’acronimo LGBT, che sta per lesbiche, gay, bisessuali e trans ed è in uso dagli anni Novanta, è argomento di acceso dibattito nella comunità di riferimento. C’è chi guarda con sfavore ad una sua estensione per l’eventuale impronunciabilità e il timore di non essere compresɜ dalle persone che non appartengono a minoranze per orientamento sessuale, identità di genere e caratteristiche di sesso; chi invece ritiene indispensabile l’accoglimento di nuove lettere, perché non di mere lettere si tratta, chiaramente, ma delle istanze di comunità e persone che reclamano visibilità, riconoscimento, diritti civili e umani; c’è chi cerca nuove soluzioni terminologiche che siano accoglienti senza cadere nell’effetto alphabet soup (...)
Michela Balocchi, ‘Perché l’acronimo LGBT diventa sempre più lungo (adesso
spesso è LGBTIQ)? E cosa comporta l'aggiunta della ‘I’?’, in Guida Arcobaleno
di Altra Psicologia (a cura di Paoli, Cikada, Ghisoni), Golem Edizioni, Torino,
Maggio 2018, pp. 51-54.
Perché l’acronimo LGBT diventa sempre più lungo (adesso spesso è
LGBTIQ)? E cosa comporta l'aggiunta della ‘I’?
L’aggiunta di lettere e quindi soggettività all’acronimo LGBT, che sta per
lesbiche, gay, bisessuali e trans ed è in uso dagli anni Novanta, è argomento di
acceso dibattito nella comunità di riferimento. C’è chi guarda con sfavore ad una sua
estensione per l’eventuale impronunciabilità e il timore di non essere compresɜ dalle
persone che non appartengono a minoranze per orientamento sessuale, identità di
genere e caratteristiche di sesso; chi invece ritiene indispensabile l’accoglimento di
nuove lettere, perché non di mere lettere si tratta, chiaramente, ma delle istanze di
comunità e persone che reclamano visibilità, riconoscimento, diritti civili e umani; c’è
chi cerca nuove soluzioni terminologiche che siano accoglienti senza cadere
nell’effetto alphabet soup (1). Una versione recente dell’acronimo come
‘LGBTTQQIAAP’, per esempio, oltre alle persone lesbiche, gay, bisessuali,
transessuali, nomina le persone transgender, queer, questioning, intersex, asessuali,
alleate e pansessuali; è però anche un esempio di zuppa alfabetica cui
comprensibilmente in moltɜ si oppongono.
Come già indicato nella domanda che mi è stata posta, gli acronimi attualmente
in uso e generalmente accettati sono LGBTIQ e LGBTQIA, con o senza asterisco in
fondo. Una buona alternativa, che ha il vantaggio di essere anche facilmente
pronunciabile, secondo me, è la versione coniata da Sadie Lee, QUILTBAG, che
comprende le persone queer/questioning, undecided, intersex, lesbiche, trans*
(transgender/transessuali), bisessuali, asessuali, gay (ma anche genderqueer) (Lee
2006).
Chiaramente l’aggiunta di una lettera all’acronimo, se marca la volontà di dare
quantomeno visibilità al gruppo di riferimento, non garantisce affatto un reale
accoglimento delle istanze di quelle soggettività, una reale conoscenza o
comprensione delle difficoltà affrontate, dei diritti violati, del riconoscimento delle
esigenze e richieste di chi ne fa parte.
E’ il caso, per esempio, di quella che viene indicata spesso come l’ultima
arrivata, la i di intersex. Da quando sono iniziate le pratiche di medicalizzazione dei
corpi intersex, a partire dalla seconda metà degli anni Cinquanta del Novecento,
l’intersessualità è stata invisibilizzata ed è così rimasta per decenni una questione
per lo più sconosciuta, di cui l’autorità medica deteneva (e tuttora detiene) un sapere
a sua volta estremamente parziale, viziato dalle spinte alla normalizzazione dei corpi
secondo una cornice binaria, genderista e fortemente eteronormativa.
In anni recenti, anche grazie ad un attivismo intersex internazionale più forte
ed organizzato, si è assistito ad un’apertura e ad un interesse al tema da parte delle
comunità LGBTQ in vari paesi, Italia compresa. L’aggiunta della i all’acronimo ne è
un indicatore. Spesso però si è trattato di una visibilità e accoglienza puramente
formali, ovvero non precedute da un percorso di conoscenza e approfondimento, di
formazione interna rivolta ai/alle volontari/e e ad altrɜ componenti delle associazioni,
e di formazione e comunicazione verso l’esterno, tanto meno da un lavoro di
progettazione e pianificazione di policies sulla questione, tranne in rari casi.
Almeno tre sono i punti critici riscontrabili nell’aggiunta della i all’acronimo,
sollevati anche dalle organizzazioni intersex e dalle/gli attivistɜ per i diritti umani
delle persone con variazioni intersex: a) che sia una pura formalità, senza alcuna
conseguenza positiva sul piano dell’in-formazione e delle politiche per i diritti, come
detto sopra; b) che venga veicolata l’idea che i diritti delle persone intersex facciano
ormai parte dell’agenda politica del movimento LGBTQ o che siano addirittura già
protetti da quelle leggi che in alcuni paesi riconoscono e tutelano parte dei diritti della
comunità LGBTQ; c) che venga dato per scontato che la maggior parte delle
persone intersex sia anche LGBTQ, cosa che invece non è. Questo ultimo punto si
associa anche alla preoccupazione di molti genitori e familiari che il/la figlio/a
intersex subisca la medesima stigmatizzazione sociale vissuta dalle persone LGBTQ
(stigmatizzazione e pregiudizio di cui talora sono, consapevolmente o meno,
portatori i genitori e familiari stessi).
Se LGBTQIA è un acronimo inclusivo e ampiamente accettato almeno a livello
internazionale, ci sono anche proposte per sostituirlo e formule già in uso. Una è
SOGI, che sta per Sexual Orientation and Gender Identity (orientamento sessuale e
identità di genere), affermatasi a partire dall’uso nei Yogyakarta Principles (2006) (2)
e recentemente ampliata con le due consonanti S e C per Sexual Characteristics
(caratteristiche di sesso), così da includere il riferimento alle variazioni intersex.
SOGISC ha il vantaggio di poter indicare, con un acronimo breve e anche
pronunciabile, tutte le minoranze per orientamento sessuale, identità di genere e
variazioni nello sviluppo sessuale, senza dover elencare ogni singola realtà al loro
interno aggiungendo di volta in volta altre vocali e consonanti. Inoltre, dal punto di
vista di chi si posiziona in modo critico nei confronti della produzione e riproduzione
di politiche strettamente identitarie che finiscono con l’avere effetti normalizzanti ed
escludenti, è anche un modo per superare tali forme di ontologizzazione ed
essenzialismo, evitando così di contribuire alla loro cristallizzazione.
(1) Con alphabet soup si indica l’eccessiva presenza di lettere in un acronimo, o
anche l’uso eccessivo di abbreviazioni e acronimi.
(2) http://www.yogyakartaprinciples.org/
- Lee S. (2006), “Final Call: Kate Bornstein”, Diva Magazine, n.125, p.114.
- Koyama E., "Adding the "I": Does Intersex Belong in the LGBT Movement?" in
http://www.intersexinitiative.org/articles/lgbti.html.
- Ray A. (2017), Adding the “I” responsibly to LGBT January 31, https://
anunnakiray.com/2017/01/31/adding-the-i-responsibly-to-lgbt/.
- Vilora H. (2012), An intersex inclusive acronym and attributes formula that works, or
a few that don’t? http://oii-usa.org/637/intersex-inclusive-acronym-attributes-formula-
works/

Supplementary resource (1)

Data
July 2018
Michela Balocchi
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Adding the "I": Does Intersex Belong in the LGBT Movement
  • E Koyama
http://www.yogyakartaprinciples.org/ -Lee S. (2006), "Final Call: Kate Bornstein", Diva Magazine, n.125, p.114. -Koyama E., "Adding the "I": Does Intersex Belong in the LGBT Movement?" in http://www.intersexinitiative.org/articles/lgbti.html. -Ray A. (2017), Adding the "I" responsibly to LGBT January 31, https:// anunnakiray.com/2017/01/31/adding-the-i-responsibly-to-lgbt/. -Vilora H. (2012), An intersex inclusive acronym and attributes formula that works, or a few that don't? http://oii-usa.org/637/intersex-inclusive-acronym-attributes-formulaworks/