Content uploaded by Marco Binotto
Author content
All content in this area was uploaded by Marco Binotto on Mar 23, 2018
Content may be subject to copyright.
Lingue e Linguaggi
Lingue Linguaggi 25 (2018), 17-44
ISSN 2239-0367, e-ISSN 2239-0359
DOI 10.1285/i22390359v25p17
http://siba-ese.unisalento.it, © 2018 Università del Salento
This work is licensed under a Creative Commons Attribution 3.0
SPAZI MEDIALI DELLE MIGRAZIONI
Framing e rappresentazioni del confine
nell’informazione italiana
MARCO BINOTTO, MARCO BRUNO
SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA
Abstract – Media play a central role in the process of symbolic and social construction of
reality; the news trace the outlines of the spaces defining the identities – who is in, the
belonging, who is the other, as well as the explanatory dimensions and the attributions of
responsibility that prelude the formation of public policies – what happens and what
should be done. In the decades-long experience of Italy and other advanced countries, this
role is particularly evident in the representation of migratory phenomena. Many
researches, over the years, have investigated the ability or (more often) the inability of
journalism to read the complexity of this phenomenon, providing a panorama drawn by
some consolidated frames, a repertoire of recurring images, iconic representations of the
foreigner, of the ‘evil’, of the ‘enemy’ and of the ‘different’. Given the diversification of
situations, events, political-institutional frameworks, this landscape maintains consistency
in the construction of a discursive space that regenerates national and community
membership and legitimate policies of exclusion. Adopting a sociological perspective on
communication and media studies, the contribution explores the contours of this cultural
horizon through data and case histories from empirical paths and the international
literature on the subject. Our conclusion is that there are three prevalent frames –
‘security’, ‘crisis’, ‘pietistic’ – in which iconic, linguistic and metaphorical apparatuses
define the most common interpretative keys in the journalistic representation of the
migratory phenomenon.
Keywords: news-media; public discourse; migration; framing; journalism.
1. Introduzione
I media giocano un ruolo centrale nel processo di costruzione simbolica e
sociale della realtà; l’informazione definisce i contorni degli spazi definendo
le identità, chi è dentro, le appartenenze, chi è l’altro, nonché le dimensioni
esplicative e le attribuzioni di responsabilità che preludono alla formazione
delle politiche pubbliche, cosa succede e cosa bisognerebbe fare.
Un’identità, individuale e collettiva, costruita attraverso il linguaggio e
la comunicazione, in un momento in cui l’espressività si sviluppa in modo
complesso e interconnesso tra panorami linguistici, mediascape e flussi
MARCO BINOTTO, MARCO BRUNO
18
culturali (Gumperz 1971; Appadurai 1996; Hannerz 1992). Da una parte
questo processo avviene attraverso l’interazione e su molteplici livelli
(Bucholtz, Hall 2005), dall’altro i prodotti culturali e i media si affiancano
sempre più spesso ai panorami linguistici nella costruzione, fruizione e
interpretazione dello spazio pubblico e dell’identità. Se il panorama
linguistico contribuisce a costruire il territorio (Jaworski, Thurlow 2010), i
media, come vedremo, contribuiscono a definirne forma e confini. Lo spazio
urbano può rappresentare una larga varietà linguistica e culturale offrendo
maggiori opportunità per minoranze o comunità migranti e diasporiche di
riconoscersi ed essere riconosciuti (Landry, Bourhis 1997; Blackwood et al.
2016); la stessa cosa non pare accadere per il panorama offerto dai media,
soprattutto dall’informazione giornalistica. Anzi, il sospetto è che, almeno
nell’esperienza italiana ed europea, i frame e le rappresentazioni sociali
prevalenti nella copertura mediale possano riverberarsi nell’interpretazione di
un panorama linguistico sempre più globale e plurale trasformandolo in
spazio di timore e caos, conflitto e sopraffazione.
Nella ormai pluridecennale esperienza dell’Italia e degli altri paesi
avanzati, questo ruolo dei media è particolarmente evidente nella
rappresentazione dei fenomeni migratori. Le ricerche che negli anni hanno
indagato la capacità o (più spesso) l’incapacità del giornalismo di leggere la
complessità del fenomeno, restituiscono un panorama disegnato da alcuni
frame consolidati, un repertorio di immagini ricorrenti, specifiche
rappresentazioni iconiche dello straniero, del ‘male’, del ‘nemico’ e del
‘diverso’.
Negli anni, è stato infatti acquisito un rilevante patrimonio di evidenze
empiriche sul tema della rappresentazione, nello specifico sociale e
comunicativa, dell’alterità, soprattutto intesa come immagini
dell’immigrazione (Binotto, Martino 2004; Maneri 2011; Bruno 2008; Gritti
et al. 2009; Binotto et al. 2012, 2016; Carta di Roma 2014; Musarò,
Parmiggiani 2014). Le evidenze empiriche sugli stereotipi e sulle distorsioni
cui è soggetta l’immagine dei migranti nei media mostrano elementi di
stabilità nel tempo (criminalizzazione, costruzione sociale e mediale del
fenomeno come di per sé problematico e legato all’insicurezza,
politicizzazione e polarizzazione del dibattito, etc.). I vari studi concordano
nel ritenere non innocuo il processo di stereotipizzazione e distorsione,
contribuendo alla costruzione dei migranti come un out-group (Binotto,
Martino 2004; Etchegaray, Correa 2015). D’altro canto, questo
riconoscimento riguarda molto spesso – oltre che le precise campagne
politiche degli imprenditori politici della paura e dei loro fiancheggiatori
mediali (con specifiche ed esplicite linee editoriali) – anche dinamiche più
implicite, talvolta con un grado di consapevolezza molto minore,
profondamente radicate nelle prassi produttive e nel modus operandi delle
19
Spazi mediali delle migrazioni. Framing e rappresentazioni del confine nell’informazione italiana
testate giornalistiche (Fleras 2011; Pagliaro 2017). Ciò, lungi dal costituire un
alibi o una giustificazione per i professionisti dell’informazione, si presenta
come una sfida conoscitiva molto più complessa per il sociologo dei media
rispetto alla semplice denuncia della distorsione.
La letteratura scientifica sul tema delle rappresentazioni sociali e
mediali, da tempo rende evidente come il maggiore potere dei media consista
nell’incorniciare gli eventi, fornendo un quadro chiaro delle responsabilità
oltre a un insieme di metafore e sentimenti ad esse connesse (Bruno 2014a).
Si assiste negli studi degli ultimi decenni, quindi, a un sempre più ampio
utilizzo del concetto di frame e del processo di framing, insieme al ricorrente
richiamo a fenomeni di agenda-setting (Shaw 1979; Bentivegna 1994; Lang,
Lang 1983; Protess, McCombs 1991, Marletti 1994; Marini 2006).
Tali meccanismi hanno conseguenze su due piani: uno relativo al
processo di scelta e selezione delle notizie; un altro riguardante il modo in cui
il pubblico non solo crea una propria opinione sulle risposte politiche
necessarie, ma giudica l’operato stesso della politica (Entman 2007;
Scheufele, Tewksbury 2007; Weaver 2007). A ciò si aggiunge che queste
convenzioni linguistiche possono orientare il modo in cui stakeholders
(Freeman 1984), mondo scientifico e dell’expertise attingono per descriverle
per poi trasformarle in politiche pubbliche (Gamson 2000; Bosco 2002;
Edelman 1964, Gamson, Lasch 1981; Gamson, Modigliani 1989). Spesso le
ricerche sul processo di framing si sono dedicate a verificare come e in che
misura i frame attraversino le diverse arene in cui si forma la definizione
pubblica delle policies e dei problemi sociali (Lawrence 2001; Scheufele,
Iyengar 2014). La letteratura più recente, oltre ad accentuare il ruolo dei
news-frame nella definizione delle politiche pubbliche, tende a restituire
questo risultato come frutto di un processo complesso in un ecosistema
mediale sempre più frammentato e ibrido (Chadwick 2013), di cui la stessa
dimensione empirica nella prospettiva del frame − di per sé eterogenea e
multidimensionale (D’Angelo 2002; D’Angelo, Kuypers 2010) − deve tener
conto. Infatti, con l’ingresso in particolare dei social media nell’ecosistema
mediale, si sono modificati nel breve tempo i processi di produzione e
distribuzione delle notizie (news-sharing), così come quelli di costruzione dei
loro significati e interpretazioni (frame building). Non solo si assistito a un
passaggio importante riguardante la gerarchia delle fonti di informazione –
con Facebook e Twitter che hanno superato tv e stampa come fonti
informative per una quota crescente di popolazione (Pew Research Center
2016; AgCom 2016) − ma anche a una trasformazione in senso orizzontale
delle attività di produzione delle news, apertesi al contributo di attori esterni
alle élite tradizionali (giornalisti e politici). I flussi di informazione, rispetto
al news-cycle tradizionale, appaiono perciò ridefiniti e trasformati (Chadwick
2013, Sorrentino 2016); più variegato e ampio il numero degli attori
MARCO BINOTTO, MARCO BRUNO
20
coinvolti e più complesse sono le strutture temporali che li caratterizzano. In
questo senso, l’analisi delle rappresentazioni sociali, delle immagini e del
linguaggio, come quella del discorso pubblico, devono tener conto sia
dell’importanza delle dinamiche di questa costruzione sempre più
crossmediale e reticolare delle notizie, sia del ruolo svolto dai frame
nell’articolare, sistematizzare e connotare i frammenti di informazione diffusi
tra testate e media. L’approccio analitico ai news-frame (Entman 1993; Reese
et al. 2003; deVreese 2005; Bruno 2014a) permette di connettere il ruolo
delle immagini, dei costrutti lessicali e argomentativi, e le connotazioni
metaforiche come framing devices (Gamson 1992): ‘dispositivi’, quindi, che
contribuiscono a stabilire, strutturare e valorizzare il discorso sull’alterità non
solo come set di messaggi, ma come un dinamico e potenzialmente
conflittuale (e talvolta consensuale) campo di rappresentazioni e forze, e
reindirizzarlo verso una specifica definizione e costruzione della realtà. Il
framing si pone quindi come utile ‘ponte’ tra differenti paradigmi − a partire
da quello costruzionista (Altheide 1997, 2002; Van Gorp 2007) − e tra diversi
approcci analitici − l’analisi del discorso con la sociologia delle emittenti.
Dovendo sintetizzare al massimo le acquisizioni di questi anni di studio
sul tema della rappresentazione mediale dell’immigrazione e delle
minoranze, parliamo di un’operazione di ‘costruzione’ di almeno due frame
che, a loro volta, rappresentano quasi delle coordinate simbolico-discorsive
nella trattazione mediale delle migrazioni (la ‘sicurezza’ e la difesa dal
‘crimine’ da un lato, gli ‘sbarchi’ e l’ingresso nello spazio nazionale
dall’altro). A queste due dimensioni si può aggiungere un terzo frame
minoritario, solo apparentemente alternativo, articolato intorno alle narrazioni
della dimensione ‘umanitaria’, spesso con venature pietistiche.
Per comodità espositiva organizzeremo la trattazione dei frame intorno
a degli eventi-tipo, esemplificativi però delle più generali dinamiche
rappresentative.
2. 29 agosto 2017. L’immigrazione come Ondata di
crimini: il frame ‘sicurezza’
“Stop alla violenza!”. Con questo titolo enfatico si aprivano i titoli di
copertina del Tg5 del 30 agosto 2017 mentre la conduttrice elencava i fatti
criminali a cui ci si riferiva: nei giorni precedenti a Rimini una giovane
coppia e una trans avevano subito una cruenta aggressione seguita da una
violenza sessuale, il titolo di copertina è dedicato alle indagini su quel fatto
riassunto in una frase che conduce alla domanda retorica a cui il notiziario
intende dare risposte: “troppi gli episodi di violenza nelle nostre città, cosa
sta succedendo?”. Il titolo successivo invece dedicato a un’aggressione ai
21
Spazi mediali delle migrazioni. Framing e rappresentazioni del confine nell’informazione italiana
danni di un richiedente asilo “picchiato e ripreso con il cellulare” da due
minorenni. Anche in questo caso “sintomo della tensione che sale nelle città”.
Il legame tra le notizie fornito subito dopo con l’elenco degli argomenti del
vertice al Viminale su “accoglienza, occupazioni e sgomberi” previsto per il
giorno successivo insieme alla notizia dagli esteri che chiude il secondo
argomento di copertina così riassunto dal titolo in sovrimpressione: “Tensioni
sui migranti e l’Ungheria si blinda”.
È a partire da queste notizie di cronaca che viene costruita la copertina
del telegiornale. Nell’introduzione della giornalista in studio si riprendono le
parole del Ministro dell’Interno Minniti, “ho temuto per la democrazia”,
riferite all’“emergenza migranti” dell’estate 2017, che diventano
immediatamente diagnosi e tema usato per spiegare la situazione: “in effetti
che qualcosa non vada nel percorso di integrazione lo conferma l’ondata di
violenza che sta attraversando il nostro paese”. È questa la metafora, l’ondata,
ripresa più volte nel servizio lungo poco più di un minuto e mezzo (1’19’’-
3’02’’). L’incipit, anch’esso enfatico, evidenzia non solo l’immagine di una
serie innumerabile e inquietante di fatti riassunti tutti in pochissime battute,
ma connotate da un’unica spiegazione:
Il segno stato passato da qualche tempo, ma in quest’estate bollente stiamo
perdendo il conto di stupri e di aggressioni, di violenze e di intolleranze che
inquietano e tormentano il paese. Assistiamo inermi a un’ondata di barbarie
che non risparmia nessuno, giovani e vecchi, neri e bianchi, manca solo che ci
scappi il morto ma è già abbastanza grave quello che sta succedendo. Reati
odiosi come le violenze sessuali si moltiplicano nell’indignazione generale e
nell’impotenza di porvi rimedio.
Quest’opera di selezione e accostamento, così ricorrente nel linguaggio
giornalistico, appare però in questo caso particolarmente esplicita,
singolarmente carica di connotazioni e spiegazioni. Fatti più accertati, come
quello di Rimini, vengono accostati a semplici denunce che, tra l’altro, in
alcuni casi non reggeranno ai successivi riscontri o alle indagini degli
inquirenti. Forse proprio per questo l’intento di superare la semplice
elencazione di fatti scollegati e costruire un’unica narrazione distopica viene
rimarcata dal cronista che non assume il compito di chi enumera o cataloga i
fatti ma proprio di chi cerca un legame tra questi. Carmelo Sardo, che firma
la copertina, infatti assicura: “Ma non sono fatti isolati. La stessa bieca
violenza è stata subita in un parco di Milano da una signora di ottantun anni e
nel Salento da una turista diciannovenne in vacanza”. Presto a questo elenco
di reati dello stesso tipo, aggressioni sessuali, si aggiungono fatti di cronaca
di natura diversa in cui il legame tra le notizie rimane uno solo:
l’immigrazione. In questo caso l’immagine di fatti raccolti in modo erratico
viene enfatizzata dalla stessa voce fuori campo: i fatti provengono da luoghi e
MARCO BINOTTO, MARCO BRUNO
22
contesti diversi ma rappresentano, anzi sono la sintesi, termine enfatizzato
dalla voce del giornalista, di qualcos’altro:
Un’ondata di violenza che esaspera gli animi, che mette contro migranti e
italiani, i fatti di Roma al centro che ospita i richiedenti asilo del Tiburtino
sono la sintesi di un disagio crescente. È bastato che si fosse diffusa la voce
che un eritreo avrebbe scagliato sassi contro un ragazzino italiano per
innescare la miccia di una spedizione punitiva finita con il ferimento
dell’africano. Ma qua e là, da un capo all’altro del paese, arrivano notizie di
azioni ignobili, dall’una e dall’altra parte.
Arriva allora la descrizione dell’aggressione verso due richiedenti asilo subito
completata, e compensata, da un’aggressione da parte di “un gruppetto di
africani” nei confronti dell’autista di un autobus pubblico. Violenze queste
con una semplice e univoca spiegazione: l’esasperazione, il disagio. Mentre
altrettanto chiaro il fronte che divide “loro e noi”, “migranti e italiani”.
Parole illustrate dalle immagini amatoriali che le certificano e ne
esaltano la violenza e il fastidio per chi le guarda. Le prime notizie sono
corredate da immagini didascaliche dei luoghi della riviera adriatica, dove si
alternano visioni notturne e diurne di operazioni delle forze dell’ordine e,
significativamente, dello sfogliare dei titoli di un quotidiano. Per i fatti di
Roma vengono invece mostrate immagini di forze dell’ordine in azione e il
degrado, dietro le sbarre d’ingresso, del centro di accoglienza; ma si ritornerà
sulla spiaggia con un operatore di polizia che ne ispeziona i misteri notturni
con una torcia per la conclusione che ne riassume il senso e la morale:
“cronache di malessere che sta trasformando il paese in un Far West che
tenere sotto controllo sta diventando complicato”.
Questo piccolo esempio, a nostro avviso, sintetizza egregiamente
alcune dinamiche ricorrenti del discorso giornalistico di questi decenni di
rappresentazione mediale, così come analizzate da diverse ricerche. In
particolare il formato della copertina, della descrizione sintetica dei fatti del
giorno, scelta sempre più spesso dai telegiornali nazionali è particolarmente
rilevante della tendenza dei media a costruire una narrazione significativa,
una spiegazione dei fatti. Le notizie, infatti, sono sempre meno presentate
come tali ma selezionate e incastonate in un racconto complessivo che non
solo ne chiarisce la scelta, ma ne fornisce il senso. Costruire una
interpretazione di fatti altrimenti disarticolati e incoerenti. Paradossalmente,
però, l’immagine restituita non affatto rassicurante, il ritratto del mondo e
della nostra società fornito da questa giustapposizione dei fatti di cronaca non
fornisce alcuna spiegazione sulla loro causa, una chiara e rassicurante
disamina dell’ordine delle cose e quindi delle possibili soluzioni. È invece
raccontato il fallimento dell’ordine sociale, della possibilità stessa di una
convivenza pacifica, la presenza di rischi e timori. Della paura.
Diverse ricerche, negli ultimi decenni hanno rintracciato proprio in
23
Spazi mediali delle migrazioni. Framing e rappresentazioni del confine nell’informazione italiana
questa emozione uno dei tratti ricorrenti delle società occidentali e della
rappresentazione fornita dai media. La paura per il crimine, per i rischi che
‘assediano’ la tranquillità del cittadino come il terrorismo, le manifestazioni
atmosferiche estreme, le malattie o, appunto, le migrazioni appaiono tra i
temi principali per costruire narrazioni significative quanto appassionanti.
Questo è il problem frame contemporaneo, la cornice di senso che permette
di concentrare, fornire parametri e confini per interpretare degli eventi-
notizia, ciò che può e, soprattutto, non può essere oggetto di discussione.
Questa cornice promuove i discorsi della paura: “la comunicazione pervasiva,
la consapevolezza simbolica, e l’aspettativa che il pericolo e il rischio siano
le qualità centrali del nostro ambiente” (Altheide 2002, p. 41). Questo senso
comune, oramai così radicato da non dover esser più espresso in modo palese
costruisce verosimiglianza e significato al fluire indistinto delle notizie
(Jalbert 1999). La coerenza interna di questo tipo di frame, insieme al loro
essere ripetuto negli anni e nei decenni, rende sempre meno necessario
“aggiungere una interpretazione esplicita” (Castells 2009, p. 194).
Gli elementi delle cornici interpretative fornite dalle notizie di cronaca
nera o criminale appaiono tra quelle maggiormente consolidate anche in Italia
e quelle più spesso associate ai fenomeni migratori o a persone di origine
straniera (Binotto et al. 2016; Palidda 2011). La notizia di cronaca costituisce
il prototipo di notizia, garantisce la struttura narrativa necessaria a costituire
una ‘buona storia’, una narrazione in cui sono facilmente identificabili i
protagonisti, gli eroi, le vittime e naturalmente gli antagonisti. Un panorama
morale inequivocabile (unambiguous) corredato da particolari e fatti
facilmente trattabili dall’industria dell’informazione (Altheide 2002, 1995).
Questo processo di identificazione e etichettamento delle ‘parti in commedia’
è elemento fondante, da un lato del discrimine morale tra bene e male,
dall’altro di una realtà rappresentata − proprio in virtù di questo scontro −
come disordinata, caotica, pericolosa (Ericson et al. 1989).
In questa direzione furono fondamentali gli studi di Stan Cohen e Jock
Young (Cohen, Young 1981) sull’attività di labelling (etichettamento)
compiuta dai media inglesi su alcuni gruppi giovanili presto definiti e
rappresentati come i rockers e i mods. Tale iniziale definizione, se per il
pubblico comune costruiva l’immagine di un pericolo per la pace e l’ordine
sociale, per tali sub-culture significò, per contro, una rappresentazione
destinata a divenire autorappresentazione e costruzione identitaria intorno alle
mitologie e all’iconografia delle gang di strada di New York (Murdock
1985). In questi termini l’etichettamento della devianza costruiva uno
stereotipo con effetti opposti: da una parte inventava un nemico
potenzialmente criminale, dall’altra ne costruiva l’identità.
Tale analisi congiunta, sia delle procedure di fabbricazione delle news
che del loro contribuito nell’‘amplificazione’ della devianza e quindi del
MARCO BINOTTO, MARCO BRUNO
24
panico intorno a questa, è stato successivamente sistematizzato e organizzato
dall’opera del criminologo britannico Jock Young. Young focalizza
l’attenzione proprio sui meccanismi di selezione e trasmissione delle notizie,
seguendo le orme delle teorie del ‘paradigma consensuale’ i cui esponenti
sarebbero nomi noti alle ricerche sul newsmaking quali Gaye Tuchman e
Harvey Murdock, gli studiosi del Glasgow Media Group e i succitati Graham
Murdock e Stanley Cohen.
Il nocciolo della teoria costituito dall’affermazione secondo cui l’operatore
dei media impiega un particolare paradigma per comprendere gli avvenimenti
del mondo reale. [Egli] biforca il mondo in una maggioranza di persone
normali dotate di libero arbitrio da una parte e, dall’altra, in una minoranza di
devianti (Young 1981, p. 141).
A differenza delle teorie ‘manipolatorie’, seguendo tale ipotesi i media non
sono l’unica istituzione che compie quest’opera di controllo sociale; inoltre
non fornisce una visione passiva del pubblico, né meccanica né
unidirezionale della produzione mediale. In particolare viene evidenziata la
‘normalità’ di questo processo di etichettamento nelle usuali procedure di
selezione e traduzione degli avvenimenti in notizie. Il punto di vista
dell’informazione si baserebbe sulla comune base ideologica, una
rappresentazione consensuale del mondo, dove le violazioni vengono
considerate atipiche (e formano il piano esplicito delle notizie) e messe in
contrasto con la maggioranza ipertipica della popolazione (che forma lo
sfondo implicito o meno cospicuo delle notizie). (Young 1981, p. 144)
In questo senso, il principale compito, o demerito, dell’informazione starebbe
nel generare una rappresentazione di normalità/anormalità attraverso la
mediazione di questa ideologia del consenso. Un effetto realizzato sia dalla
selezione delle notizie che da una narrazione che inserisca la devianza in una
struttura stabile e riconoscibile: ‘l’atipico tipico’. Sia il ‘normale’ che il
‘deviante’ vengono identificati e incastonati in una struttura di senso che li
rende comprensibili e ne spiega la funzione complessiva: “una
categorizzazione stereotipica del mondo che fornisce un quadro interpretativo
di una ininterrotta saga della ragione e della giustizia” (Young 1981, p. 145).
Questa struttura conoscitiva sarebbe tipica di ogni rappresentazione mediale
anche se il ‘mondo di sorpresa istituzionalizzata’ del giornalismo tende a
reinserire continuamente la realtà nello stesso panorama certo e stabile.
Un risultato amplificato dalla ripetizione e dai processi di selezione.
Anche in questo caso la convergenza tra protagonisti, stereotipi e cliché del
linguaggio del giornalismo e le regole di notiziabilità produce il processo di
‘accumulazione delle paura’ (Altheide 2002). L’immagine dell’‘ondata di
violenze’ costituisce al contempo una delle metafore del gergo giornalistico
25
Spazi mediali delle migrazioni. Framing e rappresentazioni del confine nell’informazione italiana
ma anche il risultato del cambiamento nei meccanismi di selezione e agenda
dei media. La definizione delle ondate di crimini (crime waves) come
produzione ideologica si deve a Mark Fishman in un articolo riportato nel già
citato volume The Manufacture of News (Cohen, Young 1981). È proprio
l’attitudine a incastonare singoli fatti in una tematizzazione (news themes) a
rendere “un incidente l’esempio di qualcosa” (Fishman 1981, p. 102). Il tema
non contribuisce solo a raggruppare notizie diverse caratterizzate da
‘qualcosa in comune’, da una stessa tendenza, ma aumenta la possibilità che
notizie simili vengano selezionate per affiancarsi alle altre nella stessa
edizione del notiziario o in quelle dei giorni successivi. L’interazione tra la
tematizzazione e le altre redazioni può trasformare queste singole scelte in
una vera e propria ondata. Negli anni successivi questo tipo di meccanismo è
stato approfondito e precisato: questi momenti di media storm, di ‘tempesta
mediale’, di attenzione straordinaria verso un particolare evento, tema o tipo
di notizie, appaiono sempre più ricorrenti nel nostro mediascape. La rapidità
della sua ascesa, la sua ampiezza e durata sono tratti caratteristici di un
momento eccezionale, “un aumento esplosivo della copertura di notizie su
uno specifico fatto (evento o issue) che costituisce una quota considerevole
dell’agenda dei media durante un certo periodo tempo” (Boydstun et al.
2014, p. 511). La causa, e la conseguenza, di questa concentrazione
dell’interesse dei news media costituita proprio dai due meccanismi che
abbiamo citato: a) un ampliamento dello spazio nella selezione delle notizie
(gatekeeping) e b) la tendenza delle testate a imitarsi l’una con l’altra nella
scelta e nel trattamento delle notizie.
Questo tipo di meccanismi ha particolare rilevanza nel caso
dell’immigrazione e dell’attenzione riservata a minoranze o persone straniere.
Ondate di notizie come gli episodi di panico morale, ad esempio, sono stati
richiamati da Marcello Maneri per illustrare i dispositivi di “condensazione
dei significati dell’insicurezza” (Maneri 2001, p. 29), identificare responsabili
e ‘nemici pubblici’ (folk devils) o per sollecitare risposte politiche (Binotto
2016; Maneri 2013). Forse non a caso negli ultimi anni sono stati proprio
degli stupri a innescare queste ondate di notizie collegandole
all’immigrazione, come avvenuto con il delitto Reggiani nel 2007 o per una
serie di aggressioni nel 2008, durante la campagna elettorale per il Comune di
Roma (Binotto 2012). Gli stessi fenomeni sono stati più recentemente
utilizzati per spiegare il ruolo delle ‘bufale a sfondo razziale’ (racial hoaxes)
nel rinvigorire i preesistenti news-frame e costruire “le condizioni per
innescare e rinforzare una massiccia condivisione di contenuti su piattaforme
social e un’imponente ondata di commenti indignati” (Cerase, Santoro 2018,
p. 337), ritrovando cio simili meccanismi nell’ibridazione tra i media
tradizionali e quelli digitali (Chadwick 2013; Binotto 2017; Marletti 1983).
MARCO BINOTTO, MARCO BRUNO
26
Riassumendo, abbiamo visto come il connubio tra il formato mediale
della cronaca nera, con il suo corredo di stereotipi criminali, e i frame che
permettono di fornire a questa sequenza sconnessa di fatti un significato, per
quanto semplice, dei problemi in campo, contribuisca a formare momenti di
particolare attenzione e allarme. Nell’analisi di David Altheide (2002, pp. 49-
50) questo insieme di fenomeni comporta alcune conseguenze importanti che
possiamo ritrovare in diversi elementi della copertina del Tg5 da cui abbiamo
preso avvio: a) qualcosa esiste e non desiderabile: “La tensione sale”; b)
molte persone sono colpite dal problema (e questo rilevante): “troppi gli
episodi di violenza”; c) aspetti o parti non ambigue sono facilmente
identificabili: la nazionalità dei protagonisti, “migranti e italiani”; d) tutto ciò
può essere modificato o “risolto” perché esistono meccanismi o procedure per
risolvere il problema. E qui entra in campo una delle metafore più ricorrenti
nell’illustrare i fenomeni criminali e il loro legame con le politiche pubbliche:
il Far west. Il successo di ogni frame risiede nella capacità di collegare in
modo internamente coerente i suoi elementi stilistici costitutivi,
condensandoli in metafore che abbiano delle rilevanti risonanze culturali
(Gamson, Modigliani 1989; Gamson, Lasch 1981). L’immagine richiamata
dall’epopea western rimanda sia al disordine e ai rischi di una situazione
‘sregolata’, ma anche alla sua unica possibile soluzione. Quella del ripristino
del controllo, dell’evocazione ricorrente di Legge e Ordine raffigurata dalla
sempre ricorrente immagine del sindaco-sceriffo. Non a caso è la città il
luogo del rischio e del crimine, la città “al centro dei diversi meccanismi di
sicurezza” costruiti nella genealogia dei sistemi disciplinari individuati da
Michel Foucault (2005, p. 56). La strada come luogo di scambi e commerci e
quindi anche ‘luogo franco’, trivio dove si condensano pericoli e strategie di
controllo (Abruzzese 1995). La città è il luogo metaforico dei rischi del
contemporaneo e insieme il luogo dove riportare l’ordine, lo spazio da
sorvegliare. O, addirittura, da separare e difendere.
3. 11 aprile 2011. L’immigrazione come Disastro del
mare: il frame ‘sbarchi’
Se il crimine rappresenta una rottura del patto sociale, una trasgressione
proveniente dall’esterno dell’ordine simbolico, il crimine realizzato da
persone straniere, immigrate, rappresenta una duplice trasgressione. Un
delitto che ‘non sarebbe dovuto avvenire’ (Binotto 2004). Le migrazioni sono
vissute come premessa e precondizione di queste ‘ondate di violenza’ e le
ondate di barconi, gli ‘sbarchi’, incarnano, sin dall’inizio della storia mediale
dell’Italia come paese di immigrazione, l’immagine-icona degli arrivi. Da
decenni l’emergenza sbarchi, rappresenta l’apice, la manifestazione estrema e
27
Spazi mediali delle migrazioni. Framing e rappresentazioni del confine nell’informazione italiana
al tempo stesso simbolica di quell’infiltrazione che sarebbe altrimenti
invisibile, puntiforme, inavvertita. È il momento in cui il fenomeno
migratorio si materializza in maniera puntuale o eccessiva, ma anche il
momento in cui si condensa quel timore sotterraneo, la tensione accumulata
che quindi richiede un’azione, una difesa, una risposta. La “tragedia nel
mare” costituisce la manifestazione amplificata di qualcosa che già avviene in
maniera più ordinaria. Per la gravità dei fatti costituisce un momento di
maggiore intensità e spettacolarità nei media per un periodo di tempo più
breve (Pantti et al. 2012; Couldry et al. 2009). Soprattutto per il caso delle
migrazioni via mare, la differenza oramai risiede solo nel numero di persone
coinvolte o nelle vittime del fatto, corrispondenti entrambe alla capacità
dell’evento di conquistare un’attenzione simultanea e collettiva da parte dei
news media.
Stanley Cohen, nella sua classica ricerca sul rapporto tra cambiamento
sociale, devianza e media, mette direttamente in correlazione i momenti di
panico morale con i disastri naturali. La reazione pubblica alle situazioni
catastrofiche, o presentate come tali,
1
è particolarmente utile per comprendere
il comportamento sociale: “I ricercatori che si occupano dei disastri hanno
costruito uno dei pochi modelli in sociologia per considerare la reazione del
sistema sociale a qualcosa di stressante, inquietante o minaccioso” (Cohen
1980, p. 15). La sua analisi dell’attenzione rivolta alle sottoculture inglesi
all’inizio degli anni settanta riprendeva, infatti, le fasi e le categorie costruite
dai Disaster Studies. La reazione mediale e sociale alla devianza giovanile
seguiva la stessa curva d’attenzione e gli stessi caratteri della reazione a
eventi come terremoti o inondazioni. Se questa somiglianza poteva risultare
allora allusiva e indiretta appare invece particolarmente adatta all’analisi
della reazione agli arrivi via mare (Ungar 2001; McRobbie, Thornton 1995).
Il coinvolgimento di numerose persone nello stesso momento, la
presenza di parecchie vittime e di strutture di soccorso d’emergenza, la
necessità di un periodo prolungato per recuperare il suo precedente equilibrio
o raggiungere un adattamento stabile ai cambiamenti, accomunano il
momento di particolare attenzione agli sbarchi con quella ai disastri naturali.
Simile è anche la presenza di un momento di ‘avvertimento e minaccia’
durante il quale le istituzioni e i media avvertono le persone sull’imminenza
della tragedia. Sono ricorrenti gli articoli in cui si prevedono le dimensioni, e
quindi di nuovo i numeri, degli sbarchi in arrivo:
L’intelligence teme migliaia di sbarchi nei prossimi mesi.
1
Infatti affermava: “many workers in the field claim that research should not be restricted to
actual disasters – a potential disaster may be just as disruptive as the actual event. Studies of
reactions to hoaxes and false alarms show disaster behaviour in the absence of objective danger”
(Cohen 1980, p. 16).
MARCO BINOTTO, MARCO BRUNO
28
Nelle ultime ventiquattr’ore stato un arrembaggio. È vero che gli arrivi, con
le imbarcazioni cullate dal mare e protette dai nostri mezzi di salvataggio
mentre si avvicinavano al “Miraggio Lampedusa”, sono avvenuti in regime
“controllato”, ma fa sempre una certa impressione leggere e scandire il numero
degli sbarchi avvenuti tra giovedì e venerdì: duemilatrecentotrentatré (2.333).
2
Nelle warning phases come nel momento del disastro il comportamento dei
media ha molti altri punti in comune con la gestione e l’allarme pubblico
diffuso nell’approssimarsi di uragani, eruzioni vulcaniche, terremoti o
epidemie: si possono osservare la percezione e descrizione del pericolo, le
fasi di preparazione, le contromisure e la gestione della crisi (Critcher 2003).
In alcuni casi, per l’importanza o l’entità, un singolo sbarco si trasforma in
‘evento mediale’ producendo un’attenzione straordinaria dei media. Il media-
coverage assume in questi casi un comportamento diverso dal solito così
come abbiamo visto avvenire nelle crime wave o durante un mediastorm o
media-hype. Si modificano i criteri di notiziabilità delle notizie su quel tema,
offrendo all’argomento arrivi, e all’immigrazione in generale, un’attenzione
eccezionale ed esplosiva (Vasterman 2005; Boydstun et al. 2014). Alcuni di
questi disastri in mare hanno assunto i caratteri di eventi chiave. Infatti questi
non solo hanno focalizzato “l’attenzione di lettore e ascoltatori su certi
argomenti”, costruendo un’ondata di notizie sull’argomento (Kepplinger,
Habermeier 1995, p. 374), ma hanno rappresentato un mutamento nella
rappresentazione mediale e collettiva del problema: diventano dei momenti
cardine per descrivere la situazione e raccontarne la storia mentre provocano
un visibile cambiamento nella loro gestione politica. L’affondamento di un
barcone nell’ottobre del 2013 al largo dell’isola di Lampedusa uno degli
esempi più significativi di questi momenti. A seguito dell’attenzione pubblica
intorno alla tragedia verrà progettata e realizzata l’operazione Mare Nostrum.
È interessante notare come la visibilità di questi key events cambi
molto nel corso del tempo, solo in parte in relazione all’impatto in termini di
persone coinvolte o vittime della tragedia. È una constatazione scontata per lo
studio dei media, ma che consente di focalizzare l’attenzione su quali
dinamiche di attenzione e circostanze possano trasformare un ‘semplice’
sbarco in un vero e proprio evento mediale. Come sappiamo, il numero di
persone interessate è solo una delle dimensioni rilevanti per definire la
notiziabilità di un fatto-notizia (Gans 1979; Tuchman 1978; Shoemaker, Vos
2009): la presenza di personalità istituzionali o celebrità, la disponibilità di
immagini dal forte impatto emotivo, la consonanza con frame o temi già
affermati nel discorso pubblico, la presenza o meno di altre notizie rilevanti
nell’agenda possono essere altrettanto o più importarti per assicurare ad un
fatto la scena mediale.
2
Guido Ruotolo, La Stampa, 23 marzo 2014.
29
Spazi mediali delle migrazioni. Framing e rappresentazioni del confine nell’informazione italiana
Possiamo identificare esempi di questa dinamica analizzando
l’attenzione pubblica su alcuni di questi eventi. La tragedia dell’ottobre del
2013, per esempio, mostra come la dimensione simbolica, in particolare del
lutto, si intersechi in modo diretto con quella dell’azione politico-
istituzionale. Il naufragio avvenne al largo di Lampedusa il 3 ottobre 2013 e
le dimensioni della tragedia furono subito molto chiare. Va detto che, anche a
differenza di altri naufragi, quello del 3 ottobre ha acquisito un significato
simbolico molto accentuato rispetto ad altri eventi e non solo per motivi
puramente quantitativi. Ad esempio, il naufragio dell’aprile 2015 – in cui
sono morte tra le 700 e le 900 persone, solo una sessantina le vittime
accertate – ottenne una rilevanza mediale minore (Bruno 2014b). Questa
centralità simbolica nel racconto delle migrazioni nel discorso pubblico
italiano testimoniato dall’istituzione del 3 ottobre di ogni anno come
“Giornata nazionale delle vittime dell’immigrazione”.
3
La copertura giornalistica del naufragio è stata ampia e caratterizzata
da una forte componente di drammatizzazione sia da un punto di vista
lessicale che iconografico; allo stesso tempo, si affida al dibattito strettamente
politico (anche in termini di ‘voci’ di riferimento) la principale e talvolta
unica forma di tematizzazione.
4
La dimensione del dramma umano è in primo
piano nelle prime pagine del giorno successivo alla tragedia. I termini più
usati per la titolazione sono “strage” e “vergogna” (Figura 1).
Va anche detto che questo focus sulla dimensione luttuosa vede
comunque i migranti in una posizione assolutamente passiva (Carta di Roma
2014); la dimensione umana e di partecipazione empatica attraversano
necessariamente questi resoconti, tuttavia la morte, pur molto presente,
appare in qualche modo distaccata dalla materialità dei corpi, subendo un
processo di rarefazione simbolica (Nicolosi 2017), soprattutto se confrontata
con la sensazione di forte embodiment che traspare dalla percezione dei
soccorritori e degli abitanti di Lampedusa.
5
La prima fase, in cui il racconto dell’evento ha assunto subito una
dimensione altamente simbolica attraverso il frame del lutto e della tragedia
ha chiaramente attivato un effetto di priming rispetto al dibattito sul tema,
innescando conseguenze sia all’interno ma soprattutto all’esterno del
3
La Giornata è stata istituita con la Legge n. 45/2016, approvata dal Parlamento nel marzo 2016
su stimolo del Comitato 3 ottobre.
4
La base empirica utilizzata in questa sede per riferirsi a questo specifico evento è la raccolta,
elaborazione ed analisi condotta attraverso metodiche miste (content analysis, lexical analysis,
frame e discourse analysis) dagli autori (sui contenuti televisivi e i talk show) con i partner della
Rete delle Università per la Carta di Roma, in particolare dell’Università di Torino e nello
specifico della prof.ssa Marinella Belluati. Resoconti su questi percorsi di ricerca sono
disponibili anche in Carta di Roma (2014).
5
Su questo tema, si vedano le interviste raccolte in Nicolosi (2017).
MARCO BINOTTO, MARCO BRUNO
30
perimetro dei media; in particolare, sono parte di questa fase simbolica anche
le prime reazioni degli attori politici, dichiarazioni e visite nell’isola (l’allora
primo ministro Letta, il presidente della Commissione europea Barroso,
alcuni ministri) che hanno insistito su una parola chiave come “vergogna”.
6
Figura 1
Prime pagine del 4 aprile 2013.
Questa visibilità della componente politico-istituzionale ha da un lato
mantenuto alta l’attenzione su Lampedusa per tutto il mese di ottobre (in
prima pagina 181 volte nelle 252 edizioni analizzate nel periodo, nove testate
quotidiane: Belluati 2014, pp. 66-67), dall’altro ha innescato e alimentato una
successiva fase regolativa attraverso cui si è modificata la legge italiana
sull’immigrazione e l’ingresso di migranti (abolizione del cosiddetto ‘reato di
clandestinità’) e si legittimato l’avvio dell’operazione di pattugliamento e
salvataggio Mare Nostrum, in cui sono state coinvolte Marina e Aviazione
Militare italiana nel monitoraggio del Canale di Sicilia.
6
Il richiamo a questo termine e al suo relativo campo semantico può indubbiamente essere messo
in relazione con il fatto che proprio su tale concetto si era soffermato Papa Francesco durante la
sua visita a Lampedusa dell’estate precedente, mostrando ancora una volta la forte centralità di
questa figura religiosa nell’orizzonte di praticamente tutti i media italiani, anche quelli in
apparenza più ‘laici’.
31
Spazi mediali delle migrazioni. Framing e rappresentazioni del confine nell’informazione italiana
La “strage del mare” dell’aprile 2011 ha evidenziato, invece, altre
dinamiche nella rappresentazione degli sbarchi. Come visto, la presenza di un
evento di tipo catastrofico si contraddistingue per un’attenzione massiccia dei
news media, una copertura di primo piano caratterizzata da una certa
omogeneità nel comportamento di testate di solito non simili per linea
editoriale e per attenzione nei confronti del tema immigrazione. Un disastro è
una notizia che non si può non coprire. Il 6 aprile 2011, subito prima
dell’alba, una barca partita dalla Libia e stracolma di persone inizia a
imbarcare acqua rovesciandosi poco dopo. Solo 51 persone vengono
recuperate vive dalle navi di soccorso, oltre 250 quelle disperse. Il giorno
successivo le prime pagine di tutti i quotidiani nazionali presentano il fatto tra
le notizie principali. Simili i titoli e il tono dei primi commenti. Simile
addirittura la scelta iconografica: la stessa fotografia compare in praticamente
tutte le copertine (Figura 2). Un’immagine simbolica della sofferenza, uno
dei sopravvissuti, affiancato dalla presenza di un salvatore, emblematica della
topica del sentimento così come studiata da Luc Boltanski (1999) e
Chouliaraki (2013).
Figura 2
Prime pagine del 7 aprile 2011.
Il linguaggio utilizzato è quello tipico delle catastrofi naturali: ecatombe
(Corriere della sera), apocalisse (La Repubblica), Naufragio umanitario
(Liberazione), Soluzione finale (Il Fatto quotidiano), Inferno mediterraneo
(L’Unità), Strage in mare (QN). Per un verso, questo tipo di lessico consolida
l’immagine, già presente nei decenni, di un’immigrazione vista come
cataclisma inevitabile quanto tragico, epocale quanto inspiegabile.
7
Per
questo le soluzioni intraviste rimandano allo stesso piano immaginifico dei
rimedi estremi, quello a volte fantasioso delle soluzioni finali. Pochi giorni
7
È facile rintracciarne una delle ragioni sempre nel comportamento dei media: il concentrarsi
sulla politica interna e l’oblio in cui cadono le crisi internazionali come le forti diseguaglianze
nello sviluppo economico del globo o sulle politiche di cooperazione internazionale rendono
potenzialmente oscure ai pubblici dei diversi paesi occidentali origini e cause di larga parte dei
fenomeni migratori.
MARCO BINOTTO, MARCO BRUNO
32
prima del fatto, il 29 marzo, aveva fatto scalpore la frase di Umberto Bossi,
allora segretario della Lega Nord, che usando una frase idiomatica in dialetto
rispondeva agli arrivi con un “Fòra da i ball” (Fuori dalle balle). Uno slogan
che aveva conquistato allora le prime pagine dei quotidiani (Figura 3) ed era
stato ripreso il giorno della tragedia da molti commenti, per esempio in modo
ironico dalla vignetta pubblicata in prima pagina da il manifesto.
Figura 3
Prime pagine del 7 aprile 2011.
Per un altro verso le sciagure dell’immigrazione acuiscono una delle
caratteristiche tematiche sempre più peculiari nella rappresentazione nei
media di catastrofi e calamità: la ricerca del responsabile. Il loro carattere
rituale, come nei momenti di panico morale, consiste proprio
nell’identificazione dei colpevoli, nel capire chi da biasimare (Cottle 2006;
Liebes, Curran 1998). Nella definizione del news-frame, a partire dal lavoro
di William Gamson, come nella definizione dei problemi pubblici del
seminale lavoro di Gusfield, due dimensioni cruciali rimandano alle cause
attribuite a un fenomeno: la prima riguarda le origini, la seconda le
responsabilità e quindi, di fatto, le colpe.
Il primo uso guarda alla spiegazione causale degli eventi. Il secondo guarda
alle persone al comando che controllano la situazione o risolvono un
problema. Il primo risponde alla domanda, come mai? Il secondo a quella,
cosa si deve fare? La prima – la responsabilità causale – è materia di credenze
o cognizione, un’asserzione circa la sequenza dei fatti che rappresenta di fatto
l’esistenza del problema. La seconda – la responsabilità politica – è una
questione di policy. (Gusfield 1981, p. 13)
Intorno a queste due domande si forma la risposta politica alla narrazione
degli arrivi. Allo stesso tempo sono i frame dominanti nella narrazione delle
migrazioni via mare a definire il tipo di spiegazione del fenomeno – perché
33
Spazi mediali delle migrazioni. Framing e rappresentazioni del confine nell’informazione italiana
arrivano? –, e quindi la soluzione preferibile – cosa facciamo? come li
fermiamo? Se la prima è sostanzialmente oscurata proprio dalla metafora
della catastrofe migratoria, un “esodo” o uno “tsunami” non hanno cause
umane, resta di volta in volta da definirne la responsabilità politica – chi li fa
partire, arrivare o non riesce a gestirne l’arrivo sempre (apparentemente)
incontrollato? Nelle settimane della tragedia il dibattito politico è proprio
concentrato intorno alle origini e al modo di porre un argine a quell’ultima
“ondata migratoria”. Emblematico il lead del commento di Franco Cangini
pubblicato in prima pagina del Quotidiano nazionale e intitolato “L’atroce
impunità”:
Caccia aperta alle responsabilità per l’atroce naufragio nel Canale di Sicilia,
ma attenzione a non sbagliare bersaglio. Responsabili sono i criminali che
fanno quattrini con il traffico di esseri umani.
8
Per una volta, però, le testate vicine al centro-destra, allora al governo
nazionale, non possono imputare l’accaduto al lassismo della maggioranza in
carica, quindi vengono indicati come “soliti” colpevoli sia i “nuovi
schiavisti” sia i governi degli altri paesi europei per aver scatenato la guerra
contro il regime di Muammar Gheddafi, oppure quelli dei paesi del sud
mediterraneo incapaci di ostacolare la partenza dei natanti. Esplicita, nel suo
solito stile diretto e vernacolare, la ricerca dell’imputato delle “invasioni
barbariche” da parte del quotidiano Libero secondo cui ad “annegare i
clandestini” sarebbe il governo tunisino “che non fa nulla per fermare il
traffico di esseri umani”.
Un trattato con la Tunisia per la gestione dei flussi migratori è infatti in
discussione in quelle settimane, mentre è in corso un contenzioso con la
Francia sull’ingresso nel suo territorio delle persone provenienti dal paese
nordafricano arrivate sul suolo italiano nei mesi precedenti e munite del
permesso temporaneo rilasciato dall’Italia.
Più agevole la risposta dei giornali vicini all’opposizione che possono
facilmente imputare le colpe al governo Berlusconi o alla stessa inefficacia
del trattato con la Tunisia. La responsabilità politica si identifica con i politici
(al governo). Secondo un copione consolidato della retorica giornalistica
questi sarebbero naturalmente inetti, inadeguati, incapaci di prevedere, gestire
o programmare facendo sembrare “l’Italia una barca alla deriva senza più
timone”.
9
Così come riassunto dall’editoriale di prima pagina del quotidiano
conservatore Il Tempo, a fronte della complessità della situazione
internazionale e all’importanza dei problemi sul tappeto, il cui elenco può
8
Franco Cangini ‘L’atroce impunità’, Quotidiano nazionale (11 aprile 2011, p. 1).
9
Dall’editoriale di prima pagina di Antonio Padellaro sul quotidiano di opposizione Il Fatto
quotidiano (7 aprile 2011).
MARCO BINOTTO, MARCO BRUNO
34
essere facilmente formulato, la classe di governo nazionale e delle sue
policies sembra sempre impreparata:
Basta questo elenco per comprendere che siamo di fronte a un cataclisma e che
la classe politica – e non solo quella, purtroppo – è in gran parte priva degli
strumenti culturali per comprenderla e affrontarla.
10
Se il campo della risposta politica è così caratterizzato, con un dibattito che si
struttura intorno al diverso atteggiamento delle testate di volta in volta vicine
al governo o alle forze d’opposizione, il riferimento alle cause, e ai nemici
esterni è di solito più trasversale e omogeneo. Nel tempo è la figura dello
‘scafista’ ad assumere i caratteri del folk devil. Criminale senza scrupoli e,
spesso, senza volto. Vero colpevole di quanto avviene, unisce agevolmente il
linguaggio del disastro con la retorica Law & Order degli stereotipi della
cronaca nera che − come abbiamo visto − sono emblematici
dell’immigrazione già sbarcata. Le soluzioni vedono quindi confluire il
linguaggio militaresco del frame emergenziale degli sbarchi con
l’identificazione di un nemico pubblico da combattere, come evidente nelle
parole dell’allora Ministro dell’Interno riportate dal principale telegiornale
nazionale:
I trafficanti continuano ad agire indisturbati sull’altra sponda del
Mediterraneo. Per combatterli davvero, ricorda il ministro Alfano, servono
degli accordi internazionali: “Si risponde con una dichiarazione di guerra ai
trafficanti di esseri umani, noi abbiamo da tempo chiesto agli organismi
multilaterali internazionali di fare sì che – in un quadro di legalità
internazionale – si possa scatenare un’offensiva contro questa macabra agenzia
di viaggi”.
11
Si congiunge in questo modo quella doppia articolazione dei confini tipica
della rappresentazione mediale dell’immigrazione (Binotto 2015; Binotto et
al. 2016). Il confine esterno rappresentato dall’arrivo via nave identifica il
“trafficante di uomini” come responsabile, mentre il confine interno lo
identifica come criminale, da individuare e reprimere. In questi termini, la
narrazione del disastro può diventare panico morale, con l’urgenza di
‘qualcosa da fare’ e di un nemico da contrastare. A questo nemico molecolare
– in fondo la consueta risposta irregolare e da mercato nero a un’esigenza di
massa – si associa facilmente il nemico morale, i paesi lontani o vicini, del
10
Mario Sechi “Disordine nostro. Esodo altrui”, Il Tempo (7 aprile, p. 1).
11
Giulia Palmieri “Migranti, continuano gli sbarchi”, Tg1, andato in onda il 03 settembre 2015.
http://www.rai.it/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-32eba8d2-a8c4-45da-a8a9-b9adc6b
03148-tg1.html (2.03.2018).
35
Spazi mediali delle migrazioni. Framing e rappresentazioni del confine nell’informazione italiana
sud o dell’Unione Europea, che negano l’aiuto o l’assistenza, che “lasciano
sola l’Italia” di fronte al pericolo.
Da una parte abbiamo il linguaggio poliziesco del contrasto al crimine
e della “lotta al traffico”, dall’altro la retorica intramontabile della “nazione
ferita” e del confronto muscolare o militaresco tra Stati. In entrambi i casi un
confronto manicheo tra bene e male, da una parte virtù, umanità, rigore,
dall’altra il crimine o l’egoismo. Sempre quel linguaggio che unisce nazioni e
muri attraverso il confine liquido dei media.
4. 3 ottobre 2013. L’immigrazione come Pietà: il frame
‘umanitario’
Accanto ai frame dell’allarme sociale, securitario e relativo agli sbarchi,
possibile evidenziare la presenza di un frame parallelo e in parte alternativo,
caratterizzato dalla dimensione umanitaria e da un atteggiamento ‘pietistico’
e paternalistico. È pero essenziale sottolineare che non è possibile
considerarlo come un frame realmente in competizione con quelli dominanti,
quello della sicurezza e degli sbarchi, ma come un insieme di
rappresentazioni nettamente minoritarie sul piano quantitativo e che al più si
presentano come una possibile alternativa alle comuni pratiche di
rappresentazione del tema sbarchi. Quindi non un controframe in grado di
sfidare la trattazione prevalente, ma al massimo di segnalare possibili
modalità di trattazione meno conformistiche. Va anche detto che questo
stesso frame, soprattutto quando si centra soprattutto sulla dimensione del
‘pietismo’, risulta spesso altrettanto stereotipo nelle etichette e nelle
raffigurazioni utilizzate, attingendo ampiamente da uno speculare deposito di
immagini stereotipe sull’alterità, quello del paternalismo e dello sguardo di
superiorità etnocentrico di derivazione coloniale. Come già notato (Bruno
2004), spesso questo frame è attivato in corrispondenza di notizie relative a
tragedie in mare, l’esempio più evidente quello del grave naufragio del 3
ottobre 2013 al largo dell’isola di Lampedusa che ha causato oltre 360 morti
e, in misura minore, nel caso di articoli e servizi esplicitamente orientati alla
critica della gestione delle politiche di accoglienza (generalmente da testate
politicamente schierate a sinistra).
I riferimenti linguistici sono relativi ai termini “strage”, “tragedia”,
“disperazione”, le metafore prevalenti attingono alla dimensione della morte
(“cimitero Mediterraneo”) o della “scommessa” sul futuro (i “barconi della
speranza”, “alla ricerca di un porto amico”). In alcuni articoli dell’ottobre
2013, dai titoli già di per sé significativi (“Un’altra strage di migranti”, il
Messaggero, “La strage dei migranti: ‘Il mio fratellino scomparso tra le
onde’”, La Stampa; “Naufragati e venduti: i drammi dei migranti”, Avvenire),
MARCO BINOTTO, MARCO BRUNO
36
i protagonisti sono definiti come “profughi”, “disperati”; si conferma inoltre
la tendenza (si veda anche Van Gorp 2005) a presentare nella sezione visuale
immagini di donne o bambini (piuttosto che i giovani uomini che
caratterizzano invece le news che veicolano il frame degli sbarchi in funzione
di allarme).
5. Conclusioni
Come già detto, siamo di fronte a un’opera di costruzione di almeno due
cornici narrative corrispondenti ad altrettanti confini simbolico-discorsivi, cui
si aggiunge un terzo frame minoritario articolato sul pietismo e/o sulla chiave
umanitaria. Se a ogni struttura narrativa corrisponde un repertorio consolidato
di copioni e formati, abbiamo rintracciato diverse metafore e frame ricorrenti
in questa rappresentazione. A questa narrazione corrispondono due metafore
spaziali fondanti riguardanti la definizione di una separazione tra il noi
rappresentato dagli autoctoni (e soprattutto dalle relative istituzioni, politica e
media) e il loro rappresentato dai migranti. I confini così tracciati sono,
quindi, uno esterno e un altro interno.
Nel complesso della rappresentazione mediale lo straniero rappresenta,
come prima minaccia, l’ingresso in un territorio socialmente costruito e
percepito come ‘nostro’. Lo spazio, qui, è infatti immaginato come una
comunità, la nazione-come-luogo. Una metafora questa che rimanda alla
dimensione dello spazio anche in un senso propriamente territoriale,
attraverso la definizione della presenza/assenza di confini e relativi controlli
anche di tipo esplicitamente militare (Musarò 2017), che abbiamo visto
configurarsi come iconico all’interno del più generale coverage delle
migrazioni da parte dei media italiani.
A questo confine comunque fisico, lo spazio territoriale ‘violato’
dall’arrivo dei migranti, si associa un confine fondamentalmente simbolico
quando la costruzione sociale della paura appare la principale chiave di
lettura: in questo senso si marca una differenza e diffidenza attraverso la
“criminalizzazione degli stranieri” (Palidda 2011, p. 23). Si delinea, in questo
modo, un set di rappresentazioni appiattito in modo monodimensionale sulla
cronaca e ulteriormente alimentato dai cosiddetti “imprenditori politici della
paura”, dalla politicizzazione dell’intero discorso sulla sicurezza e da pratiche
discorsive fondate su quella che Dal Lago chiamava la “tautologia della
paura” (Dal Lago 1999, pp. 73-75).
La militarizzazione delle policies corrisponde al linguaggio militare ai
frame dell’emergenza, dell’attacco, dell’invasione. Un linguaggio che nelle
piccole notizie di cronaca nera corrisponde a quello legato alla sicurezza e
alle retoriche Law & Order tipiche della rappresentazione dell’immigrazione
in Italia e in altri paesi. In entrambi i casi ciò che sparisce dalla narrazione è
37
Spazi mediali delle migrazioni. Framing e rappresentazioni del confine nell’informazione italiana
l’individualità delle persone coinvolte: sia rappresentate come masse di
profughi e migranti, sia come singoli delinquenti pericolosi, il tratto comune
di larga parte della copertura informativa degli ultimi decenni è proprio
l’elisione di ogni connotato umano dei protagonisti del fenomeno migratorio.
L’utilizzo di immagini stereotipe, l’assenza del loro protagonismo e della loro
vocalità, il mettere in secondo piano bisogni e diritti le trasforma in quelle
che Alessandro Dal Lago definiva “non persone”. Individui privati, prima da
un punto di vista sociale e giuridico che dai media, delle loro caratteristiche
di umanità, a cui
vengono revocate – di fatto o di diritto, implicitamente o esplicitamente, nelle
transazioni ordinarie o nel linguaggio pubblico – la qualifica di persona e le
relative attribuzioni. [...] Uno straniero sarà volta per volta un
“extracomunitario”, un “immigrato”, un “clandestino”, un “irregolare” −
caratteristiche che non si riferiscono mai a qualche autonoma caratteristica del
suo essere, ma a ciò che egli non è in relazione alle nostre categorie: non è
europeo, non è nativo, non è un cittadino, non è in regola, non è uno di noi.
(Dal Lago 1999, p. 213)
Appare ovvio come l’unica alternativa a queste trame narrative, l’unico
discorso che pare possibile al di fuori di questi frame, è quello di raccontare
questa individualità, restituire centralità a quella persona, alla dignità di
quella presenza e delle tante storie delle persone in viaggio o presenti nel
suolo italiano.
Da una parte c’ il racconto giornalistico dell’‘interesse umano’ di
queste storie mentre dall’altro l’unico discorso da contrapporre alle più
aggressive retoriche è proprio quello umanitario, quel partire dai diritti e dalla
sofferenza individuale. Dall’urgenza di intervenire, di ‘salvare vite’.
Possiamo a questo punto riassumere, nella Tabella 1 (allegato), i tratti
ricorrenti dei due frame maggiori e di questa unica interpretazione
dissonante. Per farlo sintetizziamo in alcuni elementi cardine, alcuni
dispositivi simbolici (framing devices), costitutivi di queste cornici di senso
così come identificati da William Gamson: metafore, esempi ricorrenti, frasi
chiave, raffigurazioni e immagini. A questi abbiamo aggiunto gli elementi
che permettono di identificare la definizione del problema sociale, e quindi
delle soluzioni, indicate da ciascun frame. Il risultato permette di identificare
un terzo frame umanitario che però, come abbiamo visto, si costruisce come
semplice rispecchiamento dei primi due, non costruendo davvero
interpretazioni e proposte di politiche pubbliche realmente alternative ai
discorsi egemonici.
Alle emozioni create dal linguaggio dei frame dominanti – paura,
ansia, allarme corrisponde la ricerca di un responsabile e di una immediata
risoluzione. Una soluzione facilmente identificata intorno a quelle tipiche di
questi frame, intorno a quegli stessi nemici, interni o esterni. Se, infatti, il
MARCO BINOTTO, MARCO BRUNO
38
discorso dei media costruisce in mezzo al mare il confine simbolico tra chi è
‘dentro’ e chi vorrebbe entrare, i frame costruiscono la separazione tra chi
vuole o no frenare questa emergenza, ancora tra amici e nemici.
Bionota: Marco Binotto è Ricercatore e professore aggregato presso il Dipartimento di
Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza Università di Roma dove
insegna Comunicazione, advocacy e consumo responsabile e Comunicazione delle scienze
biomediche. Tra le ultime pubblicazioni: Tracciare confini. L’immigrazione nei media
italiani (a cura di), con M. Binotto e V. Lai, FrancoAngeli, Milano 2016; Manuale
dell’identità visiva per le organizzazioni non profit, con N. Santomartino, Fausto Lupetti
Editore, Milano 2012; Comunicazione sociale 2.0, Nuova Cultura, Roma 2010.
Marco Bruno, PhD in Scienze della Comunicazione, è Ricercatore in Sociologia dei
processi culturali e comunicativi presso il Dipartimento di Comunicazione e Ricerca
Sociale della Sapienza Università di Roma. Insegna Sociologia dei processi culturali e
Storia e modelli del giornalismo, svolge attività di ricerca su giornalismo, mass-media e
diversità culturale, media partecipazione e comunicazione politica. È tra i curatori del
volume Tracciare confini. L’immigrazione nei media italiani, Milano, 2016. Tra le sue
pubblicazioni, L’islam immaginato. Rappresentazioni e stereotipi nei media italiani,
Milano, 2008 e Cornici di realtà. Il frame e l’analisi dell’informazione, Milano, 2014.
Recapito autori: marco.binotto@uniroma1.it, marco.bruno@uniroma1.it
39
Spazi mediali delle migrazioni. Framing e rappresentazioni del confine nell’informazione italiana
Bibliografia
Abruzzese A. 1995, Lo splendore della tv. Origini e destino del linguaggio televisivo.
Costa & Nolan, Genova.
AgCom 2016, Il consumo di informazione e la comunicazione politica in campagna
elettorale, Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.
Altheide D.L. 1995, An Ecology of Communication: Cultural Formats of Control, Aldine
de Gruyter, New York.
Altheide D.L. 1997, The News Media, the Problem Frame, and the Production of Fear, in
“Sociological Quarterly” 38 [4], pp. 647-668.
Altheide D.L. 2002, Creating Fear: News and the Construction of Crisis, Aldine de
Gruyter, New York.
Appadurai A. 1996, Modernity at Large: Cultural Dimensions of Globalization,
University of Minnesota Press, Minneapolis.
Associazione Carta di Roma (a cura di) 2014, Carta di Roma. Notizie alla deriva. Secondo
rapporto annuale, Ponte Sisto, Roma.
Belluati M. 2014, Lampedusa, 3 ottobre 2013. Cronaca di una tragedia, in Associazione
Carta di Roma (a cura di), Carta di Roma, Notizie alla deriva. Secondo rapporto
annuale, Ponte Sisto, Roma, pp. 63-68.
Bentivegna S. (a cura di) 1994, Mediare la realtà. Mass media, sistema politico e opinione
pubblica, FrancoAngeli, Milano.
Binotto M. 2004, La cronaca, in Binotto M. e Martino V. (a cura di), FuoriLuogo.
L’immigrazione e i media italiani, Pellegrini/Rai-ERI, Cosenza, pp. 45-81.
Binotto M. 2012, Contenuti e discorsi, in Binotto M., Bruno M. e Lai V. (a cura di),
Gigantografie in nero. Ricerca su sicurezza, immigrazione e asilo nei media
italiani, Lulu Press, Raleigh, pp. 171-214.
Binotto M. 2015, Invaders, Aliens and Criminals. Metaphors and Spaces in the Media
Definition of Migration and Security Policies, in Bond E., Bonsaver G. and
Faloppa F. (eds.), Destination Italy: Representing Migration in Contemporary
Media and Narrative, Peter Lang, Oxford, pp. 31-58.
Binotto M. 2016, Tracciare i confini interni. Cronaca e pericoli urbani: la sicurezza come
difesa, in Binotto M., Bruno M. e Lai V. (a cura di), Tracciare confini.
L’immigrazione nei media italiani, FrancoAngeli, Milano, pp. 184-218.
Binotto M. 2017, “L’informazione come scandalo”. Dall’iperrealtà dell’industria
dell’informazione alle fake news del sistema mediale ibrido, in “Mediascape
Journal” 9, pp. 137-150.
Binotto M. e Martino V. (a cura di) 2004, FuoriLuogo. L’immigrazione e i media italiani,
Pellegrini/Rai-ERI, Cosenza.
Binotto M., Bruno M. e Lai V. (a cura di) 2012, Gigantografie in nero. Ricerca su
sicurezza, immigrazione e asilo nei media italiani, Lulu Press, Raleigh.
Binotto M., Bruno M. e Lai V. (a cura di) 2016, Tracciare confini. L’immigrazione nei
media italiani, FrancoAngeli, Milano.
Blackwood R., Lanza E. and Woldemarian N. (2016), Negotiating and Contesting
Identities in Linguistic Landscapes, Bloomsbury, New York.
Boltanski L. 1999, Distant Suffering: Morality, Media and Politics, Cambridge University
Press, Cambridge.
Bosco N. 2002, Dilemmi del welfare, Guerini e Associati, Milano.
MARCO BINOTTO, MARCO BRUNO
40
Boydstun A.E., Hardy A. and Walgrave S. 2014, Two Faces of Media Attention: Media
Storm Versus Non-Storm Coverage, in “Political Communication” 31 [4], pp. 509-
531.
Bruno M. 2004, “L’ennesimo sbarco di clandestine”. La tematica dell’arrivo nella
comunicazione italiana, in Binotto M. e Martino V. (a cura di), FuoriLuogo.
L’immigrazione e i media italiani, Pellegrini/Rai-ERI, Cosenza, pp. 95-107.
Bruno M. 2008, L’islam immaginato. Rappresentazioni e stereotipi nei media italiani,
Guerini e Associati, Milano.
Bruno M. 2014a, Cornici di realtà. Il frame e l’analisi dell’informazione, Guerini e
Associati, Milano.
Bruno M. 2014b, Frame e discorsi televisivi nel racconto del dolore. Il naufragio di
Lampedusa nei talk italiani, in Associazione Carta di Roma (a cura di), Carta di
Roma, Notizie alla deriva. Secondo rapporto annuale, Ponte Sisto, Roma, pp. 80-
98.
Bucholtz M. and Hall K. 2005, Identity and interaction: A sociocultural linguistic
approach, in “Discourse studies” 7 [4/5], pp. 585-614.
Castells M. 2009, Comunicazione e potere, Università Bocconi Editore, Milano.
Cerase A. and Santoro C. 2018, From racial hoaxes to media hypes. Fake news’ real
consequences, in Vasterman P. (ed.), From Media Hype to Twitter Storm. News
Explosions and Their Impact on Issues, Crises, and Public Opinion, Amsterdam
University Press, Amsterdam.
Chadwick A. 2013, The Hybrid Media System: Politics and Power, Oxford University
Press, Oxford.
Chouliaraki L. 2013, The Ironic Spectator: Solidarity in the Age of Post-Humanitarianism,
John Wiley & Sons, London.
Cohen S. 1980, Folk Devils and Moral Panics: the Creation of the Mods and Rockers,
Robertson, Oxford.
Cohen S. and Young J. (eds.) 1981, The Manufacture of News; Social problems, Deviance
and the Mass Media. (Revised edition), Constable/Sage, London.
Cottle S. 2006, Mediatized Rituals: Beyond Manufacturing Consent, in “Media, Culture &
Society” 28 [3], pp. 411-432.
Couldry N., Hepp A. and Krotz F. 2009, Media Events in a Global Age, Routledge,
London.
Critcher C. 2003, Moral Panics and the Media, Open University Press, Buckingham.
D’Angelo P. 2002, News Framing as a Multi-Paradigmatic Research Program: a
Response to Entman, in “Journal of Communication” 52, pp. 870-888.
D’Angelo P. and Kuypers J.A. (eds.) 2010, Doing News Framing Analysis. Empirical and
Theoretical Perspectives, Routledge, New York/London.
Dal Lago A. 1999, Non Persone. L’esclusione dei migranti in una società globale.
Feltrinelli, Milano.
de Vreese C.H. 2005, News Framing: Theory and Typology, in “Information Design
Journal + Document Design” 13 [1], pp. 51-62.
Edelman M. 1964, The Symbolic Uses of Politics, University of Illinois Press, Urbana.
Entman R.M. 1993, Framing: Toward Clarification of a Fractured Paradigm, in “Journal
of Communication” 43 [4], pp. 51-58.
Entman R.M. 2007, Framing Bias: Media in the Distribution of Power, in “Journal of
Communication” 57 [1], pp. 163-173.
Ericson R.V., Baranek P.M. and Chan J.B.L. 1989, Negotiating Control: A Study of News
Sources, University of Toronto Press, Toronto/Buffalo.
41
Spazi mediali delle migrazioni. Framing e rappresentazioni del confine nell’informazione italiana
Etchegaray N. and Correa T. 2015, Media Consumption and Immigration: Factors related
to the Perception of Stigmatization among Immigrants, in “International Journal of
Communication” 9, pp. 3601-3620.
Fishman M. 1981, Crime Waves as Ideology, in Cohen S. and Young J. (eds.), The
Manufacture of News; Social Problems, Deviance and the Mass Media (Revised
edition), Constable/Sage, London, pp. 98-117.
Fleras A. 2011, The Media Gaze: Representation of Diversities in Canada, UBC Press,
Vancouver.
Foucault M. 2005, Sicurezza, territorio, popolazione. Corso al Collége de France (1977-
1978), Feltrinelli, Milano.
Freeman R.E. 1984, Strategic Management: A Stakeholder Approach, Cambridge
University Press, New York.
Gamson W.A. 1992, Talking politics, Cambridge University Press, Cambridge.
Gamson W.A. 2000, Framing Social Policy, in “The Nonprofit Quarterly” 7, pp. 40-42.
Gamson W.A. and Lasch K.E. 1981, The Political Culture of Social Welfare Policy, in
Spiro S.E. and Yuchtman-Yaar E. (eds.), Evaluating the Welfare State: Social and
Political Perspectives, Academic Press, New York, pp. 397-414.
Gamson W.A. and Modigliani A. 1989, Media Discourse and Public Opinion on Nuclear
Power: A Constructionist Approach, in “American Journal of Sociology” 95 [1],
pp. 1-37.
Gans H.J. 1979, Deciding What’s News: A Study of CBS Evening News, NBC Nightly
News, Newsweek, and Time, Northwestern University Press, Evanston.
Gritti R., Bruno M. and Laurano P. (a cura di) 2009, Oltre l’Orientalismo e
l’Occidentalismo. La rappresentazione dell’Altro nello spazio euro-mediterraneo,
Guerini e Associati, Milano.
Gumperz J.J. 1971, Language in Social Groups, Stanford University Press, Stanford.
Gusfield J.R. 1981, The Culture of Public Problems: Drinking-Driving and the Symbolic
Order, University of Chicago Press, Chicago.
Hannerz U. 1992, Cultural Complexity: Studies in the Social Organization of Meaning
Columbia University Press, New York.
Jalbert P.L. 1999, Media studies: Ethnomethodological Approaches. Studies in
ethnomethodology and conversation analysis 5, University Press of America,
Washington.
Jaworski A. and Thurlow C. 2010. Introducing Semiotic Landscapes, in Jaworski A. and
Thurlow C., “Semiotic Landscapes: Language, Image, Space”, Bloomsbury, New
York, pp. 1-40.
Kepplinger H. and Habermeier J. 1995, The Impact of Key Events on the Presentation of
Reality, in “European Journal of Communication” 10 [3], pp. 371-390.
Landry R. and Bourhis R. 1997, Linguistic Landscape and Ethnolinguistic Vitality: An
Empirical Study, in “Journal of Language and Social Psychology” 16 [1], pp. 23-
49.
Lang G.E. and Lang K. 1983, The Battle for Public Opinion: the President, the Press, and
the Polls during Watergate, Columbia University Press, New York.
Lawrence R.G. 2001, Defining Events: Problem Definition in the Media arena, in Hart
R.P. and Sparrow B.H. (eds.), Politics, Discourse, and American Society: New
agendas, Rowman and Littlefield, Lanham, pp. 91-110.
Liebes T. and Curran J. (eds.) 1998, Media, Ritual and Identity, Routledge, London/New
York.
MARCO BINOTTO, MARCO BRUNO
42
Maneri M. 2001, Il panico morale come dispositivo di trasformazione dell’insicurezza, in
“Rassegna Italiana di Sociologia” 1 (gennaio-marzo), pp. 5-40.
Maneri M. 2011, Media Discourse on Immigration. The Translation of Control Practices
into the Language We Live by, in Palidda S. (ed.), Racial Criminalization of
Migrants in the 21st Century, Ashgate, Farnham.
Maneri M. 2013, From Media Hypes to Moral Panics: Theoretical and Methodological
Tools, in Petley J., Critcher C. and Hughes J. (eds.), Moral Panics in the
Contemporary World, Bloomsbury, London/New York, pp. 171-192.
Marini R., 2006, Mass-media e discussione pubblica. Le teorie dell’agenda setting,
Laterza, Roma/Bari.
Marletti C. 1983, Falsi giornalistici e costruzione della realtà, in “Problemi
dell’informazione” 2, pp. 203-239.
Marletti C. 1994, Prima e dopo: tematizzazione e comunicazione politica, Eri-Rai, Torino.
McRobbie A. and Thornton S. 1995, Rethinking “Moral Panic” for Multi-mediated Social
Worlds, in “British Journal of Sociology” 46 [4], pp. 559-574.
Murdock G. 1985, Abbandonare il behaviourismo: due decenni di ricerca sui mass media
e la devianza in Gran Bretagna, in Grandi R., Pavarini M. e Simondi M. (a cura
di), I segni di Caino. L’immagine della devianza nella comunicazione di massa,
Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, pp. 57-78.
Musarò P. 2017, Mare Nostrum: the Visual Politics of a Military-Humanitarian Operation
in the Mediterranean Sea, in “Media, Culture & Society” 39 [1], pp. 11-28.
Musarò P. e Parmiggiani P. 2014, Media e migrazioni. Etica, estetica e politica del
discorso umanitario, FrancoAngeli, Milano.
Nicolosi G. 2017, Lampedusa, 3 October 2013: Anatomy of a Social Representation, in
“International Journal of Cultural Studies” first published online: February 16, 2017.
Pagliaro P. 2017, Punto. Fermiamo il declino dell’informazione, il Mulino, Bologna.
Palidda S. 2011, Racial Criminalization of Migrants in the 21st Century, Ashgate,
Farnham.
Pantti M., Wahl-Jorgensen K. and Cottle S. 2012, Disasters and the Media, Peter Lang,
London.
Pew Research Center 2016, The Modern News Consumer. News Attitudes and Practices in
the Digital Era, Pew Research Center.
Protess D.L and McCombs M. 1991, Agenda Setting: Readings on Media, Public Opinion,
and Policymaking, Lawrence Herlbaum Associates, Hillsdale.
Reese S.D., Gandy O.H. and Grant A.E. (eds.) 2003, Framing Public Life: Perspectives on
Media and our Understanding of the Social World, Lawrence Erlbaum Associates,
Mahwah.
Scheufele D.A. and Iyengar S. 2014, The State of Framing Research: a Call for New
Directions, in The Oxford Handbook of Political Communication Theories, Oxford
University Press, New York.
Scheufele D.A. and Tewksbury D. 2007, Framing, Agenda Setting, and Priming: the
Evolution of Three Media Effects Models, in “Journal of Communication” 57 [1],
pp. 9-20.
Shaw E.F. 1979, Agenda-Setting and Mass Communication Theory, in “International
Communication Gazette” 25, pp. 96-105.
Shoemaker P.J. and Vos T. 2009, Gatekeeping Theory, Routledge, London/New York.
Sorrentino C. (a cura di) 2016, L’integrazione delle notizie. Come le testate giornalistiche
televisive italiane si preparano alla sfida del digitale, Focus in Media, Fondazione
per la Sussidiarietà, Milano.
43
Spazi mediali delle migrazioni. Framing e rappresentazioni del confine nell’informazione italiana
Tuchman G. 1978, Making News: A Study in the Construction of Reality, Free Press, New
York.
Ungar S. 2001, Moral Panic Versus the Risk Society: The Implications of the Changing
Sites of Social Anxiety, in “The British Journal of Sociology” 52 [2], pp. 271-291.
Van Gorp B. 2005, Victims and Intruders in the Belgian Press Coverage of the Asylum
Issue, in “European Journal of Communication” 20, pp. 485-508.
Van Gorp B. 2007, The Constructionist Approach to Framing: Bringing Culture Back In,
in “Journal of Communication” 57, pp. 60-78.
Vasterman P. 2005, Media-Hype: Self-Reinforcing News Waves, Journalistic Standards
and the Construction of Social Problems, in “European Journal of
Communication” 20 [4], pp. 508-530.
Weaver D.H. 2007, Thoughts on Agenda Setting, Framing, and Priming, in “Journal of
Communication” 57 [1], pp. 142-147.
Young J. 1981, Beyond Consensual Paradigm Theory, in Cohen S. and Young J. (eds.),
The Manufacture of News; Social problems, Deviance and the Mass Media.
(Revised edition), Constable/Sage, London.
MARCO BINOTTO, MARCO BRUNO
44
Allegati
Dispositivi del
Frame
Sicurezza
Sbarchi
Umanitario
(minoritario)
Raffigurazioni
/ Etichette
Nazionalità,
“Immigrato/a”
Clandestini, migranti,
migranti irregolari,
profughi, richiedenti
asilo
Disperati, migranti,
profughi, richiedenti
asilo.
Ruolo dei
soggetti
Attivo
Attivo
Passivo, vittime
Metafore e
Catchphrases
“Ondata di crimini”,
barbarie, branco, Far
west, “Paura nelle
città”, “emergenza
sicurezza”
“Tsunami umano”.
“Maxi sbarco”.
“Ondate migratorie”,
“emergenza sbarchi”.
“Cimitero
Mediterraneo”
Esempi
Particolari spesso
truculenti del crimine o
Descrizione del
contesto o
dell’“ambiente
criminale”
Casi di cronaca simili
del passato.
“Gli sbarchi e il caos
dello scorso anno”.
Emigrazione italiana
del passato.
Precedenti incidenti
in mare.
Immagini
Operazioni delle forze
dell’ordine, prigioni,
rilievi della polizia
scientifica, luoghi di
degrado cittadino, armi
o prove.
Giovani uomini.
Forze dell’ordine e
militari.
Donne e bambini.
Soccorritori,
imbarcazioni
Definizione
del tema
Law & Order,
sicurezza e controllo
del territorio,
repressione e
prevenzione,
emergenza sicurezza.
Invasione,
immigrazione
incontrollata,
emergenza sbarchi
Emergenza
umanitaria. Fuga dei
rifugiati dalla guerra
e dalla miseria.
Attribuzione
delle
responsabilità
Forze politiche
garantiste o “buoniste”.
Insufficienza dei reati o
dei finanziamenti per il
controllo del territorio.
Leggi penali troppo
blande.
Lassismo e pochi
controlli. Mancanza
di azione da parte
dell’Europa.
Paesi occidentali,
Europa. Trafficanti
Tabella 1
Quadro sintetico dei dispositivi di frame nello spazio discorsivo mediale sulle migrazioni.