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The assessment of narrative skills through the Frog Story

Authors:

Abstract and Figures

The study presents two experiments on the assessment of children's narrative skills using the classic picture book Frog, where are you? A coding procedure was applied to investigate three different narrative levels: story grammar, local linguistic competence and pragmatic mechanisms. Typically developing children (n = 53) with different levels of education (1 vs. 3 vs. 5 vs. 7) were involved in the first study whereas children with specific language impairment (SLI, n = 16) with a similar age-range participated in the second experiment. Results for typically developing children showed a significant increase between class 1 and class 3 for all the story grammar parameters and for the total number of secondary clauses; speech rate increased with a more linear trend across all different classes. The comparison between typical and clinical children revealed significant problems for SLI children within each narrative level (story grammar, linguistic competence and pragmatic style).
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STUDI
La valutazione delle abilità
narrative tramite Frog Story
Proposta di una nuova codifica complessa e
dati preliminari in soggetti a sviluppo tipico
(6-13 anni) e soggetti clinici
Roberto Padovani – Psicologo, Servizio Neuropsichiatria Infanzia Adolescenza,
AUSL di Modena
Cecilia Mestucci – Logopedista
La ricerca propone due studi sulla valutazione delle abilità narrative in bambini
di età scolare (6-13 anni) tramite il libro Frog, where are you? Viene presen-
tata una codifica con numerosi indici relativi a 3 settori funzionali: struttura
globale, struttura linguistica locale, meccanismi pragmatici. Nel primo studio
sono stati coinvolti soggetti a sviluppo tipico (n = 53) suddivisi per scolarità
(1 vs. 3 vs. 5 vs. 7); nel secondo studio sono stati reclutati invece soggetti
clinici con diagnosi di Disturbo Specifico del Linguaggio (DSL, n = 16) ed età
equiparabile ai soggetti tipici. Nei soggetti tipici è emerso un unico scalino
significativo nel passaggio di scolarità da 1 a 3 per quanto riguarda gli indici
della struttura narrativa globale e il numero totale di subordinate per l’area
linguistica; il parametro relativo alla velocità di eloquio ha evidenziato una
crescita più costante e lineare. Il confronto tra soggetti tipici e clinici ha evi-
denziato differenze significative per ogni distretto narrativo (globale, linguistico
e pragmatico) a sfavore dei soggetti DSL.
Parole chiave
Abilità narrative, Disturbi Specifici del Linguaggio, Valutazione della nar-
razione, Sviluppo delle abilità linguistiche, Frog story.
Edizioni Erickson – Trento Logopedia e comunicazione (pp. 77-98)
Vol. 11, n. 1, gennaio 2015
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Le competenze coinvolte nel discorso narrativo
La valutazione clinica delle abilità narrative in soggetti in età evolutiva pre-
senta alcune criticità, in parte riferibili agli strumenti disponibili, in parte anche
in relazione al background teorico che ne definisce il costrutto. Si tratta, infatti,
di un’abilità cognitiva complessa caratterizzata da tre distinti settori funzionali
(Berman e Slobin, 1994; McCabe e Peterson, 1991): a) un ambito legato alla
struttura globale e concettuale del racconto (story grammar), b) un’area «locale»
riferibile alla complessità linguistica, c) una serie di meccanismi o espedienti di
tipo pragmatico (evaluation in accordo a Labov, 1972). Vi è un generale accordo
sul fatto che la qualità narrativa risulti dall’integrazione e dalla maturità di cia-
scuna di queste dimensioni. Le tappe evolutive più utili a cogliere le differenze
maturazionali nei soggetti a sviluppo tipico sono apparse quelle che differenziano:
a) bambini prescolari, b) studenti di 9-10 anni, c) adolescenti e d) adulti. È infatti
solamente intorno ai 10 anni di età che i bambini hanno internalizzato lo schema
narrativo e gestiscono con iniziale padronanza i riferimenti temporali, spaziali e
dei personaggi nel corso del discorso orale (Berman, 2009; Hickmann, 2003).
La struttura globale del racconto orale si organizza nel corso dello sviluppo.
A 4-5 anni di età si osserva un’alta indifferenziazione tra tema centrale, episodi,
conseguenze e risoluzione per giungere, intorno ai 9 anni, alla presenza delle
componenti di base della struttura gerarchica e concettuale degli eventi.
La complessità linguistica del discorso narrativo rimanda in particolare a due
dimensioni (Manhardt e Rescorla, 2002): una risulta legata all’espansione e alla
qualità sintattica delle proposizioni che, ad esempio, a 9 anni di età (ma non a 4-5)
possono includere subordinate relative per riferirsi a personaggi o eventi già citati;
l’altra dimensione riguarda invece i meccanismi di coesione, cioè le modalità di
concatenamento delle proposizioni. Anche in questo caso l’uso dei meccanismi
anaforici (pronomi, clitici) e delle congiunzioni (e, allora) matura con l’età e di-
stingue bambini prescolari, scolari di 9-10 anni, adolescenti e adulti.
In ultimo, gli espedienti pragmatici includono commenti che informano su quale
sia la matrice interpretativa del narratore. In particolare, sono stati studiati l’uso dei
verbi mentalistici/etichette emotive per individuare stati mentali e intenzioni dei
personaggi e la capacità di connettere causalmente gli episodi del racconto. Già a
4 anni è possibile rintracciare la presenza di alcune informazioni di giudizio inter-
pretativo; queste aumentano per numero intorno ai 9 anni di età, fino a diventare
relativamente frequenti nei racconti degli adulti (Bamberg e Damrad-Frye, 1991).
Le competenze narrative in soggetti clinici in età evolutiva
Le competenze narrative sono state indagate in un numero considerevole di studi
in relazione a molte patologie dell’età evolutiva (disturbi dello spettro autistico,
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ritardo cognitivo, sindromi genetiche; ad esempio, Tager-Flusberg e Sullivan, 1995;
Reilly et al., 2004). Per gli scopi del presente lavoro, prenderemo in considerazione
le sole ricerche concernenti le problematiche di area linguistica, con particolare
riferimento ai Disturbi Specifici del Linguaggio (DSL).
In generale, le ricerche su soggetti con problematiche linguistiche in fascia di
età scolare (6-10 anni) hanno identificato molteplici debolezze in ambito narrativo
(ad esempio, Liles, 1993; Liles et al., 1995; Marini et al., 2008; Manhardt e Re-
scorla, 2002). Sinteticamente, sono emerse difficoltà di ambito linguistico locale
(presenza di errori fonologici e di accordo morfo-sintattico, possibili difficoltà di
accesso lessicale, scarso uso della subordinazione) e di gestione della coesione
tra proposizioni (scarso utilizzo dei meccanismi di riferimento anaforico). Oltre
a ciò, alcuni autori sottolineano una generale debolezza degli aspetti globali e
concettuali del racconto, che permane evidente anche controllando la varianza
spiegata dalle difficoltà più prettamente linguistiche (Manhardt e Rescorla, 2002).
Tali caratteristiche si manterrebbero anche in gruppi di soggetti con problematiche
meno specifiche del linguaggio, cioè soggetti con un profilo intellettivo borderline
(Pearce, James e McCormack, 2010).
Non mancano comunque alcuni dati contrastanti. Lo studio di Norbury e
Bishop (2003), ad esempio, che pure ha utilizzato la Frog Story con un’ampia
classificazione di punteggi per tutte le aree funzionali narrative (globale vs. lin-
guistica vs. pragmatica), ha fallito nell’individuare differenze macroscopiche tra
le produzioni di soggetti tipici e quelle di soggetti con differenti diagnosi nosogra-
fiche (DSL tipico vs. DSL pragmatico vs. Spettro autistico). Le poche differenze
emerse tra i gruppi hanno orientato le autrici a concludere che i gruppi clinici, in
modo aspecifico, tendono a produrre narrative orali «più semplificate» in termini
di subordinazione sintattica, ambiguità referenziale e possibili errori di accordo
morfo-sintattico. Nello stesso studio veniva riferita soprattutto un’ampia variabilità
individuale per quanto riguarda i soggetti a sviluppo tipico, fino all’impossibilità
di definire in termini assoluti cosa si intendesse per «narrazione ben formata».
Strumenti disponibili per la valutazione delle abilità narrative in Italia
Vista la ricchezza e complessità delle dimensioni che definiscono la qualità del
discorso narrativo, gli strumenti utili a valutarne eventuali segni clinici dovreb-
bero approfondire molti di questi indicatori. In Italia manca, a quanto ci risulta,
un approccio alla valutazione clinica della narrazione che contempli simultane-
amente le tre macroaree citate. I test narrativi disponibili non paiono cogliere le
già elencate complessità. La Bus Story (Cipriani, Salvadorini e Zarmati, 2012) e la
prova narrativa inserita nel TVL (Cicchetti e Sannio Fancello, 1997) sfruttano un
compito di retelling che sappiamo incidere sulla qualità del racconto del soggetto
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narratore (Schneider e Dubè, 2005); oltre a ciò valutano gli aspetti narrativi con
tarature che non raggiungono i 9 anni di età, periodo in cui nello sviluppo tipico
si giunge all’interiorizzazione dello schema narrativo classico. La Storia del Nido
usata in alcuni studi clinici e non (Tavano et al., 2005; Marini, Tavano e Fabbro,
2008) approfondisce in modo evidente le caratteristiche linguistico-locali della nar-
razione senza valutare gli ambiti globali e i meccanismi pragmatici; va comunque
segnalato che è in uscita un’ampia taratura nazionale del medesimo strumento che
comprenderà anche indici di tipo concettuale (Marini, 2014).
I tentativi precedenti di impiego della Frog Story su soggetti italiani in età
evolutiva presentano alcune debolezze sul piano dell’applicabilità clinica. Alcuni
studi hanno un’impronta clinico-sperimentale e coinvolgono campioni di soggetti
(clinici vs. tipici) molto omogenei ma limitati per numerosità e/o classi di età
coinvolte: il lavoro classico di D’Amico, Devescovi e Tonucci (2002) era rivolto
a soggetti con sindrome di Williams e a un piccolo gruppo di soggetti a sviluppo
tipico di età cronologica molto precoce (3-4 anni e 5-6 anni); più recentemente
un lavoro su soggetti con deficit uditivo (Tomasuolo et al., 2013) ha coinvolto un
gruppo di controllo di 15 partecipanti con un’età variabile compresa fra i 6 e i 13
anni. La versione proposta da Dinucci, Salvadorini e Cipriani (2008) coinvolge
un numero di soggetti tipici più ampio ma comunque in classi di età relativamente
precoci (5 vs. 7 anni) e utilizzando una griglia interpretativa dei contenuti riferiti
dal narratore su due soli indici di tipo semantico (episodi obbligatori e opzionali).
In sintesi, gli strumenti a oggi disponibili per la valutazione clinica della narra-
zione tendono a concentrarsi su età ancora precoci per indagare l’interiorizzazione
dello schema narrativo (tipico dei 9-10 anni di età) e approfondiscono solo pochi
indicatori, tendenzialmente di tipo semantico-concettuale, lasciando inesplorati
gli ambiti più prettamente linguistici e pragmatici. Quest’ultimo aspetto appare
rilevante soprattutto nella necessità di valutare gli esiti linguistico-narrativi di
soggetti di età scolare con precedente diagnosi di DSL. Rispetto alle classiche
prove psicolinguistiche, infatti, il racconto orale fornisce un contesto comunicativo
più naturale ed ecologico di valutazione che, stressando l’utilizzo simultaneo dei
meccanismi linguistici di base (ad esempio, accesso lessicale, programmazione
fonologica, costruzione sintattica), può catturare con più puntualità le difficoltà
residue di questi soggetti che, al contrario, potrebbero risultare almeno parzial-
mente compensate ai compiti linguistici di base (ad esempio, produzione lessicale,
ripetizione di frasi) (Marini, Tavano e Fabbro, 2008).
Scopo della ricerca
L’obiettivo del presente studio è verificare l’applicazione di una nuova codifica
complessa ai resoconti narrativi di bambini elicitati tramite Frog story. Per fare
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questo abbiamo realizzato due studi. Nel primo abbiamo coinvolto bambini a
sviluppo tipico di età compresa fra i 6 e i 13 anni di età per indagare un eventuale
trend di evoluzione delle abilità narrative; nel secondo studio abbiamo invece se-
lezionato un gruppo clinico di soggetti con problematiche relativamente selettive
delle abilità narrative per verificare la capacità discriminativa dello strumento.
Studio 1: soggetti a sviluppo tipico
Partecipanti
I partecipanti a sviluppo tipico (n = 53) erano soggetti di scolarità 1 (n = 12, 6
maschi), 3 (n = 13, 6 maschi), 5 (n = 12, 5 maschi), 7 (n = 16, 7 maschi) (classi pri-
ma, terza e quinta primaria e classe seconda delle scuole secondarie di primo grado)
frequentanti un unico plesso scolare. Nessuno era stato segnalato per problematiche
scolastiche o dello sviluppo; tutti erano di madrelingua italiana. I genitori hanno firma-
to un consenso informato per far partecipare il figlio a una ricerca volta a indagare «lo
sviluppo delle abilità di racconto orale», all’interno del Corso di Laurea in Logopedia
presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Modena. Prima dell’inizio del pro-
getto e al termine dello stesso è stato effettuato un incontro alla presenza di genitori e
insegnanti finalizzato a definire rispettivamente obiettivi e risultati del lavoro svolto.
Materiali
Schema per la codifica delle produzioni narrative
La codifica delle produzioni narrative è stata suddivisa in 3 differenti aree
funzionali (struttura concettuale globale, struttura linguistica locale, meccanismi
pragmatici), che verranno approfondite di seguito.
S  
Sono state predisposte 4 differenti griglie valutative: il punteggio per eventi
mediato da Norbury e Bishop (2003), la narrative maturity scale derivata da
Manhardt e Rescorla (2002), l’organizzazione narrativa da Pearce et al. (2010)
e il punteggio di struttura narrativa utilizzato in diversi studi (Norbury e Bishop,
2003; Losh e Capps, 2003).
Per il punteggio per eventi abbiamo tradotto in italiano la suddivisione pro-
posta da Norbury e Bishop (2003), consistente in 51 proposizioni plausibili per
il racconto alle quali attribuire i punteggi 2 (evento riportato in modo accurato e
completo), 1 (informazione riferita in modo parziale o inaccurato) oppure 0 (evento
non menzionato dal bambino). Range di punteggio: 0-102.
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La narrative maturity scale attribuisce un punteggio di giudizio da 0 a 5, a
seconda che il resoconto del bambino sia classificabile come: 0) rifiuto di narrare;
1) accumulazione di eventi (eventi descritti senza un tema centrale); 2) sequenza
semplice di eventi (eventi collegati a un singolo tema); 3) narrazione primitiva
(presenza di 3 componenti essenziali della struttura narrativa: evento iniziale,
azioni finalizzate allo scopo, conseguenze); 4) catena focalizzata di eventi (pre-
senza di 4 componenti della struttura narrativa: evento iniziale, azioni finalizzate
allo scopo, conseguenze + setting, risoluzione o una formula di chiusura); 5) vera
narrazione (presenza di 5 componenti della struttura narrativa: evento iniziale,
azioni finalizzate allo scopo, conseguenze, risoluzione, formula di chiusura).
Range di punteggio: 0-5.
Il punteggio di organizzazione narrativa ricalca la modalità di attribuzione di
un giudizio come nella narrative maturity scale ma utilizzando solamente 4 pos-
sibili classificazioni: 0) rifiuto di raccontare; 1) narrazione di eventi non diretti a
uno scopo comune (descrizione vaga di personaggi, cose e azioni non finalizzati
a uno scopo); 2) narrazione finalizzata (personaggi impegnati in comportamenti
intenzionali centrati sulla risoluzione del problema e presenza di una struttura
narrativa identificabile); 3) narrazione elaborata (narrazione finalizzata arricchita
da due o più episodi con relazioni causali tra gli eventi e presenza di un evento
iniziale e una conclusione). Range di punteggio: 0-3.
Il punteggio di struttura narrativa risulta dalla presenza/assenza di specifici
eventi riferiti dal bambino durante la narrazione. Sono presenti due eventi in re-
lazione all’episodio problematico iniziale (la rana scappa; il bambino non trova
la rana nella sua stanza), 5 eventi per gli episodi di ricerca (fuori dalla finestra;
la talpa; le api; il gufo; il cervo) e 2 eventi per la risoluzione (il bambino trova la
sua rana; il bambino porta a casa una rana). Range di punteggio: 0-9.
È stato infine predisposto un punteggio globale composito per verificare
l’intrecciarsi degli indici quantitativi (punteggio per eventi e struttura narrativa),
con quelli più chiaramente qualitativi (narrative maturity scale e organizzazione
narrativa), utilizzando la seguente formula: Punteggio globale composito = punteg-
gio per eventi + [struttura narrativa × (narrative maturity scale + organizzazione
narrativa)]. Range di punteggio: 0-237.
S  
Riferendoci a studi compiuti su soggetti italiani (Tavano, De Fabritiis e Fabbro,
2005; Marini et al., 2008), abbiamo rilevato numerosi indici linguistici in qualità
di parametri di base: tempo narrativo, numero totale di parole, numero totale di
clausole (ogni unità sintatticamente completa che contiene un predicato come da
definizione di Berman e Slobin, 1994), lunghezza media della clausola (ottenuta
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dividendo il numero totale di parole, escluse le ripetizioni e le false partenze, per
il numero totale di clausole), velocità di eloquio (in termini di parole al minuto,
tramite la seguente formula = [numero totale di parole X 60 secondi)/tempo nar-
rativo in secondi]).
Gli aspetti della complessità sintattica sono stati indagati tramite 3 indici, in
parte adattati dallo studio di Losh e Capps (2003): numero totale di subordinate
(ottenuto sommando tutti i tipi di clausole subordinate quali temporali, causali,
relative, finali, ecc.), numero di subordinate di secondo grado (ad esempio, il
bambino ha incontrato il cervo che l’ha caricato sulla schiena per buttarlo nel
burrone) e range sintattico, dove viene assegnato un punto per la presenza di almeno
una costruzione sintattica per 5 differenti categorie (proposizioni coordinate, verbi
servili, proposizioni avverbiali, subordinate relative, strutture passive; range: 0-5).
La presenza di errori formali di linguaggio è stata indagata con 4 differenti
indici: errori semantico-lessicali (anomie, circonlocuzioni, parafasie semantiche,
errori percettivi), errori grammaticali e morfologici (strutture grammaticalmente
scorrette ed errori di morfologia libera e legata), errori fonologici (parafasie fone-
miche) e un punteggio totale di errore dato dalla somma dei 3 indici precedenti.
I meccanismi di coesione, in accordo con gli studi di Berman (2009), sono stati
valutati con 4 differenti parametri: a) il conteggio di pronomi, aggettivi possessivi
e clitici impiegati correttamente; b) il conteggio di pronomi, aggettivi possessivi e
clitici usati in modo scorretto o ambiguo; c) il conteggio di articoli indeterminativi
utilizzati per riferirsi a personaggi già introdotti in precedenza nel racconto; d) un
punteggio di coesione totale dato da [a-b-c].
M 
È stato introdotto un punteggio generale di evaluation (Bamberg e Damrad-
Frye, 1991), dato dalla somma dei seguenti 6 espedienti narrativi: a) uso di verbi
mentalistici (ad esempio, pensare, credere, sospettare, ecc.); b) esplicitazione
delle emozioni dei personaggi (ad esempio, il bambino è arrabbiato); c) discorsi
diretti (ad esempio, il bambino dice al cane «fai silenzio»); d) intensificatori della
narrazione comprendenti ripetizioni, onomatopee ed enfasi (ad esempio, il bam-
bino e il cane corrono, corrono e splash cadono nel lago); e) connettivi causali e
finali che spiegano le relazioni tra eventi e inseriscono motivazioni per le azioni
dei personaggi (ad esempio, la rana è scappata perché voleva tornare a casa); f)
espressioni di incertezza (ad esempio, forse, probabilmente, potrebbe essere, ecc.).
Seguendo il lavoro di Norbury e Bishop (2003), abbiamo adottato codifiche per
valutare la qualità delle informazioni aggiuntive inserite dai bambini. Abbiamo
conteggiato tutte le proposizioni narrate non incluse nelle 51 fondamentali del
punteggio per eventi, definendo 3 differenti parametri: a) informazioni coerenti e
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appropriate al racconto; b) informazioni bizzarre, tangenziali o non ben integrabili
nella narrativa; c) un punteggio totale dato da [a-b].
Infine sono stati conteggiati i solleciti, ovvero le eventuali derive narrative del
bambino per le quali era necessario ri-orientarlo al compito o incoraggiarlo per
proseguire la narrazione.
Procedura
I bambini sono stati valutati individualmente, presso la scuola di frequenza, in
un’aula appartata. Come da procedura classica della somministrazione di questo
strumento (Berman e Slobin, 1994), il bambino era dapprima invitato a osservare
il libro silenziosamente, in assenza di commenti da parte dell’esaminatore. Finita
questa fase, era invitato a ritornare all’inizio del libro e a raccontare a voce alta
la storia sfogliando le pagine del testo. Il racconto veniva audioregistrato, per poi
essere trascritto parola per parola e codificato.
Risultati
Per valutare la possibile traiettoria evolutiva delle competenze narrative abbiamo
utilizzato test univariati (Anova) a controllare l’effetto della variabile Classe (1 vs.
3 vs. 5 vs. 7) per ciascuno dei parametri considerati con significatività statistica
per p < .05. Le differenze tra Classi sono state analizzate tramite t di Student. Dato
che molte variabili dipendenti potevano essere funzione della quantità di materiale
linguistico prodotto dai soggetti, per queste abbiamo utilizzato come valori di
cella per le analisi statistiche la proporzione tra il valore assoluto del parametro
e la quantità totale di clausole riferite (numero totale di subordinate, numero di
subordinate di secondo grado, errori linguistici, uso dei meccanismi di coesione,
evaluation, informazioni aggiuntive, solleciti). Per questi parametri, le tabelle
descrittive riportano il valore percentuale.
Struttura globale
Come evidenziato nella tabella 1, la variabile Classe risulta significativa per
tutti i parametri considerati.
Per quanto riguarda il punteggio per eventi emerge un’unica differenza tra
classi, a evidenziare prestazioni peggiori dei bambini di classe 1 rispetto a quelli di
classe 3. Per tutti gli altri parametri (organizzazione narrativa, narrative maturity
scale, struttura narrativa, punteggio globale composito) emerge invece un pattern
evolutivo omogeneo, con prestazioni inferiori per i bambini di classe 1 rispetto a
tutti i restanti soggetti. Le prestazioni tra i bambini frequentanti le classi 3, 5 e 7,
invece, non differiscono tra di loro.
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Anova Classe di frequenza
F (3,49) p1357
Punteggio per eventi 2.82 = .05 43.2a (6.8) 55.9b (9.0) 47.9 (10.6) 50.9 (15.4)
Organizzazione narrativa 5.04 < .01 1.6a (0.5) 2.2b (0.4) 2.1b (0.3) 2.3b (0.6)
Narrative maturity scale 9.48 < .001 2.0a (0.9) 3.7b (0.8) 3.5b (0.8) 3.3b (0.9)
Struttura narrativa 6.61 < .001 4.6a (1.9) 7.2b (1.3) 6.6b (1.3) 6.6b (1.7)
Punteggio globale composito 6.07 = .001 61.5a (17.5) 99.2b (21.7) 85.3b (19.9) 89.4b (28.7)
Tab. 1 Parametri narrativi di tipo globale nei soggetti a sviluppo tipico. I valori con apici
differenti sulla stessa riga raggiungono significatività statistiche per p < .01.
Struttura linguistica locale
Nella tabella 2 mostriamo i valori dei gruppi di bambini in funzione della classe
di età e le statistiche univariate. Risultano significative le variabili relative alla
velocità di eloquio, al range sintattico utilizzato dai soggetti, alla percentuale di
clausole subordinate e al punteggio totale degli indicatori di coesione.
Anova Classe di frequenza
F (3,49) p1357
Totale parole 1.37 ns 293.3 (66.8) 368.0 (132.1) 293.6 (85.5) 332.9 (126.8)
Totale clausole 1.79 ns 42.9 (6.3) 55.7 (17.7) 44.7 (11.2) 50.2 (19.9)
LM clausola < 1 ns 6.1 (0.6) 6.0 (0.4) 5.9 (0.7) 6.0 (0.5)
Tempo narrativo < 1 ns 198.0 (55.5) 215.2 (78.1) 183.0 (71.2) 179.0 (84.2)
Velocità di eloquio 3.44 = .02 89.7a (12.8) 104.6b (20.9) 103.9 (30.3) 116.3 (20.0)
Range sintattico 3.17 = .03 3.0a (0.7) 3.4b (0.5) 3.3 (0.6) 3.8b (0.8)
% subordinate 6.62 < .01 13.6a (10.3) 24.3b (7.1) 25.6b (9.7) 28.4b (8.9)
% subordinate II grado 2.24 ns 0.5 (1.0) 2.4 (2.4) 2.8 (2.9) 3.0 (3.4)
% errori lessicali < 1 ns 4.1 (3.8) 2.4 (2.3) 2.8 (2.9) 2.7 (2.7)
% errori grammaticali < 1 ns 9.0 (7.4) 7.1 (7.7) 5.8 (4.7) 5.1 (5.2)
% errori fonologici 2.45 ns 0.8 (1.2) 0.2 (0.7) 0.3 (1.0)
% errori totali 1.57 ns 13.9 (10.6) 9.8 (8.2) 8.9 (6.1) 7.8 (5.6)
% coesione pronomi + 2.58 = .06 15.5 (6.6) 15.0 (7.0) 22.4 (12.9) 23.9 (13.0)
% coesione pronomi - 1.53 ns 2.9 (2.9) 2.5 (2.4) 3.8 (3.1) 1.8 (1.6)
% coesione articoli - < 1 ns 0.2 (0.8) 0.3 (0.7) 0.3 (1.4)
% coesione totale 2.78 = .05 12.3a (7.1) 12.2a (8.3) 18.6 (13.0) 21.7b (12.3)
Tab. 2
Parametri narrativi di tipo linguistico-locale nei soggetti a sviluppo tipico. I valori con
apici differenti sulla stessa riga raggiungono significatività statistiche per p < .05.
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La velocità di eloquio evidenzia per i bambini di classe 1 una fluenza del
parlato meno rapida rispetto ai bambini di classe 3 (89.7 vs. 103.9 parole al
minuto). In termini descrittivi, è inoltre evidente un aumento della velocità di
eloquio nei ragazzi di classe 7 (116.3 parole al minuto), anche se questo non
raggiunge la significatività statistica. Il range sintattico evidenzia un uso più
vario dei meccanismi di subordinazione dei soggetti di classe 3 e di classe 7
rispetto ai bambini più piccoli di classe 1. L’uso delle subordinate appare meno
frequente nei bambini di classe 1 rispetto a tutte le altre classi, che non mostrano
differenze significative tra di esse.
I meccanismi di coesione differenziano i bambini delle classi 1 e 3 (in media
12.3% sul totale delle clausole), che appaiono meno brillanti rispetto agli studenti
più grandi di classe 7 (21.7%). In termini descrittivi, pur senza raggiungere alcuna
significatività statistica, i bambini di classe 5 (18.6%) si posizionano a un valore
medio tra la classe 7 e le classi 1 e 3. A incidere in modo particolare sul punteggio
totale di coesione, sembra essere l’uso corretto dei meccanismi pronominali, che
raggiunge una significatività statistica di livello marginale (p = .06) e mostra valori
medi per classe con un pattern del tutto analogo al punteggio totale di coesione
(1 = 3 < 5 < 7).
Meccanismi pragmatici
Dalla tabella 3 emerge un’unica significatività statistica per la quantità di in-
formazioni aggiuntive di tipo inappropriato.
Anova Classe di frequenza
F (3,49) p1357
% evaluation 1.93 ns 7.8 (6.1) 8.8 (6.3) 9.4 (5.6) 13.0 (6.9)
% informazioni aggiuntive + 1.80 ns 15.0 (4.3) 13.2 (5.1) 17.3 (7.2) 18.6 (8.4)
% informazioni aggiuntive - 4.16 = .01 5.2a (3.8) 2.2b (1.8) 3.1 (3.9) 1.4b (2.1)
% informazioni aggiuntive tot 2.45 ns 9.8 (6.4) 11.0 (4.9) 14.1 (9.8) 17.1 (9.3)
% solleciti 1.15 ns 0.5 (1.6)
Tab. 3 Meccanismi pragmatici nei soggetti a sviluppo tipico. I valori con apici differenti sulla
stessa riga raggiungono significatività statistiche per p < .05.
Nello specifico, la quantità di informazioni aggiuntive non pertinenti in classe
1 (5.3%) risulta più elevata di quanto non si osservi in classe 3 (2.2%) e in classe
7 (1.4%).
R. Padovani e C. Mestucci – La valutazione delle abilità narrative tramite Frog Story
87
Discussione
Lo studio evidenzia la presenza di un unico importante scalino evolutivo signifi-
cativo, che vede i bambini della classe prima primaria in generale più immaturi dal
punto di vista narrativo di tutti i restanti partecipanti allo studio. Le narrazioni dei
bambini più piccoli appaiono semplificate in relazione a tutte e tre le aree funzionali
considerate (globale, locale, pragmatica), pur con alcune doverose distinzioni. Le
differenze più evidenti risultano quelle relative alle caratteristiche globali con-
cettuali, visto che tutti i parametri considerati differiscono significativamente tra
la classe 1 e le restanti. Va comunque segnalato che, tra i 5 punteggi considerati
(punteggio per eventi, narrative maturity scale, organizzazione narrativa, struttura
narrativa, punteggio globale composito), quello meno «significativo» è risultato il
punteggio per eventi che differenzia solamente la classe 1 dalla classe 3 (1 < 3).
Le caratteristiche linguistiche locali sembrano evolvere soprattutto in relazione a
due aspetti: la velocità di eloquio e alcune componenti di natura sintattica (numero
di subordinate e varietà delle stesse). Oltre a ciò, a un minore livello di significati-
vità, si assiste a una leggera evoluzione della coesione narrativa a età superiori: la
qualità generale nell’uso di pronomi e di altri meccanismi anaforici sembra infatti
migliorare soprattutto dalla 5 alla classe 7. In ultimo, le caratteristiche pragmatiche
della narrazione mostrano un unico impulso qualitativo in relazione alla pertinen-
za delle informazioni aggiuntive. È infatti solo durante la classe 1 che i bambini
producono una percentuale di clausole non pertinenti contestualmente superiore
alle restanti classi (circa il 5.2%, contro una media del 2.2% per le restanti classi).
I dati descritti si prestano a due considerazioni. Da una parte sembrano con-
fermare i parametri maturazionali già evidenziati da altri autori (Berman e Slobin,
1994; Hickmann, 2003; Berman, 2009), dove emerge un cruciale passaggio evo-
lutivo ai 9-10 anni di età, quando i bambini riescono in migliori organizzazioni
narrative soprattutto dal punto di vista semantico e concettuale. Nel nostro studio,
le narrazioni in classe 1 sembrano ancora evocative di narrazioni pre-scolari con
scarsa gerarchia degli eventi, possibilità di derive concettuali e pragmatiche e
semplificazione linguistica caratterizzata soprattutto da una scarsa espansione
sintattica. Successivamente, dalla classe 3 in avanti, non emergono salti qualitativi
significativi per i quali servirebbe evidentemente attendere l’età adolescenziale,
almeno in relazione a questa tipologia di strumento narrativo.
Questa descrizione rimanda alla seconda considerazione cruciale, ovvero la rela-
tiva difficoltà di catturare differenze evolutive della narrazione orale nella fascia di
età 8-12 anni, nonostante sia stata impiegata una griglia piuttosto corposa di analisi
psicolinguistica. Questo elemento rimanda direttamente alle idee di Norbury e Bishop
(2003), quando descrivono le ampie differenze individuali nei resoconti narrativi dei
bambini a sviluppo tipico di questa fascia di età, fino all’impossibilità di giudicare con
precisione l’appropriatezza delle stesse o una chiara soglia clinica di demarcazione.
Logopedia e comunicazione
88
– Vol. 11, n. 1, gennaio 2015
Introduzione allo studio 2
L’applicazione clinica della griglia sperimentata nello studio 1 è stata proposta
a soggetti in carico al Servizio di Neuropsichiatria Infanzia Adolescenza (NPIA)
dell’AUSL di Modena, al fine di documentare difficoltà narrative relativamente evi-
denti all’impressione clinica all’interno di quadri patologici neuroevolutivi di tipo
specifico (Disturbi Specifici del Linguaggio/DSL e Disturbi Specifici dell’Appren-
dimento/DSA). Si tratta di una casistica molto frequente, spesso comorbida (DSL
+ DSA), in cui il difetto narrativo non sempre trova adeguati strumenti di indagine
e non sempre proviene da preesistenti deficit linguistici marcati e documentati.
Per rendere il gruppo relativamente omogeneo in termini di profilo intellettivo
e debolezze di ambito linguistico, abbiamo scelto soggetti in cui fosse evidente
una discrepanza significativa alla WISC-III (Wechsler, 2006) tra gli ambiti del
ragionamento astrattivo verbale e le performance visive, spaziali e motorie (QIV
< QIP). Fine ultimo dello studio 2 non è quello di descrivere il profilo narrativo
di una particolare popolazione clinica, quanto quello di verificare la capacità di-
scriminativa dello strumento proposto tra soggetti a sviluppo tipico e soggetti con
difetti relativamente selettivi delle competenze narrative in assenza di altri quadri
patologici più pervasivi.
Studio 2: soggetti clinici
Partecipanti
Il gruppo di soggetti clinici (n = 16, 11 maschi) è stato identificato all’interno
della casistica in carico al Servizio di NPIA dell’AUSL di Modena. Sono stati
specificati i seguenti criteri di inclusione: a) riferite problematiche nel racconto
orale da parte della scuola e dei genitori; b) impressione clinica di problematiche
narrative da parte dei referenti clinici che hanno conosciuto il caso; c) QIP alla
scala WISC-III > 85; c) discrepanza significativa al test intellettivo WISC-III con
QIV < QIP (in media, 79.8 vs. 99.8).
I soggetti sono stati reclutati in modo da avere una numerosità omogenea per
le medesime classi scolari coinvolte nello studio 1 (n = 4 per ciascuna classe);
l’età media dei soggetti clinici (8.9 ± 2.2) non differisce pertanto da quella dei
soggetti a sviluppo tipico (9.2 ± 2.3; t (67) < 1). Dal punto di vista diagnostico, i
soggetti clinici erano per la maggior parte inquadrati nell’ambito del DSL fono-
logico (F80.0) o espressivo (F80.1). I 4 soggetti di classe 1 avevano una diagnosi
di DSL fonologico; i 4 soggetti di classe 3 avevano tutti un DSA di lettura (F81.0)
con associati quadri non omogenei di DSL: 3 soggetti mostravano un precedente
DSL fonologico ormai compensato, un soggetto manifestava un DSL espressivo
R. Padovani e C. Mestucci – La valutazione delle abilità narrative tramite Frog Story
89
ancora evidente per difficoltà di accesso lessicale e costruzione sintattica; i sog-
getti di classe 5 esibivano quadri di DSL espressivo (2 soggetti su 4) o fonologico
(2 soggetti su 4) con associate comorbilità di DSA. Infine, i soggetti di classe 7
avevano le seguenti caratteristiche: 2 soggetti mostravano un DSA di tipo misto
(F81.3) con diagnosi precedenti ma ormai compensate di DSL fonologico; 2 sog-
getti avevano un quadro di DSL espressivo in atto con complicanze di DSA sul
versante matematico (F81.2).
Procedura
La Frog Story è stata proposta ambulatorialmente ai soggetti nell’ambito dei
controlli clinici di routine, con le modalità di somministrazione già presentate
nello studio 1.
Risultati
Il confronto tra i punteggi ottenuti dai soggetti a sviluppo tipico e dai soggetti
clinici è stato effettuato mediate statistica t di Student con significatività per p < .05.
Nelle tabelle 4, 5 e 6 vengono presentati i punteggi medi per ciascun parametro
e il livello di significatività del confronto «tipici vs. clinici».
Soggetti tipici Soggetti clinici t (67) p
Punteggio per eventi 49.7 (11.9) 36.0 (8.9) 4.3 < .001
Organizzazione narrativa 2.1 (0.5) 1.5 (0.5) 3.7 < .001
Narrative maturity scale 3.2 (1.1) 2.1 (0.9) 3.5 < .001
Struttura narrativa 6.3 (1.8) 4.4 (1.1) 3.9 < .001
Punteggio globale composito 84.6 (26.1) 53.0 (15.2) 4.6 < .001
Tab. 4 Confronto dei parametri narrativi di tipo globale tra soggetti a sviluppo tipico e
soggetti clinici.
Tutti i parametri globali-concettuali evidenziano differenze significative tra
soggetti tipici e soggetti clinici a sfavore di questi ultimi. Per quanto riguarda gli
ambiti linguistici le differenze tra gruppi appaiono meno evidenti. Emerge una
certa tendenza per i soggetti con problematiche linguistiche a produrre narrative
più brevi in termini di numero di parole e di clausole, a parità di lunghezza media
della clausola. Risultano significativi alcuni indici di natura sintattica (range sin-
tattico e % di clausole subordinate), che individuano narrative più semplici per i
soggetti clinici. Appare inoltre interessante la differenza in termini di velocità di
eloquio, che risulta significativamente più ridotta per i soggetti clinici. Gli errori
Logopedia e comunicazione
90
– Vol. 11, n. 1, gennaio 2015
formali del parlato differenziano i gruppi soprattutto in termini di errori fonologici,
virtualmente assenti nei soggetti a sviluppo tipico e invece presenti per i soggetti
clinici nel 3.6% delle clausole prodotte.
Soggetti tipici Soggetti clinici t (67) p
Totale parole 323.7 (110.0) 263.3 (84.5) 2.0 .05
Totale clausole 48.6 (15.7) 40.3 (8.9) 2.0 .05
LM clausola 5.9 (0.5) 5.7 (0.5) 1.7 ns
Tempo narrativo 193.1 (73.4) 203.9 (83.9) < 1 ns
Velocità di eloquio 104.8 (23.0) 81.0 (16.2) 3.9 < .001
Range sintattico 3.4 (0.7) 2.7 (0.9) 2.9 < .01
% subordinate 23.5 (10.3) 15.2 (7.5) 2.9 < .01
% subordinate II grado 2.3 (2.7) 0.8 (1.4) 2.0 .05
% errori lessicali 2.9 (2.9) 4.8 (4.7) 1.9 .06
% errori grammaticali 6.5 (6.3) 8.7 (9.5) 1.1 ns
% errori fonologici 0.3 (0.9) 3.6 (5.0) 4.7 < .001
% errori totali 9.8 (7.8) 17.2 (16.6) 2.4 .02
% coesione pronomi + 19.3 (11.0) 14.3 (11.0) 1.5 ns
% coesione pronomi - 2.6 (2.6) 4.3 (4.9) 1.8 ns
% coesione articoli - 0.2 (0.9) 0.3 (0.9) < 1 ns
% coesione totale 16.4 (11.1) 9.7 (14.0) 2.0 .05
Tab. 5 Confronto dei parametri narrativi di tipo linguistico-locale tra soggetti a sviluppo
tipico e soggetti clinici.
Soggetti tipici Soggetti clinici t (67) p
% evaluation 10.0 (6.4) 10.1 (5.3) < 1 ns
% informazioni aggiuntive + 16.2 (6.7) 10.6 (4.8) 3.0 < .01
% informazioni aggiuntive - 2.8 (3.2) 8.4 (7.4) 4.3 < .001
% informazioni aggiuntive tot 13.4 (8.2) 1.7 (9.5) 4.7 < .001
% solleciti 0.1 (0.7) 1.6 (3.4) 3.0 < .01
Tab. 6 Confronto dei meccanismi pragmatici tra soggetti a sviluppo tipico e soggetti clinici.
R. Padovani e C. Mestucci – La valutazione delle abilità narrative tramite Frog Story
91
Appaiono inoltre marginalmente significativi gli errori di tipo lessicale, pro-
dotti con più frequenza dai soggetti clinici. I parametri di coesione non sembrano
differenziare in modo macroscopico i due gruppi; nonostante ciò l’equilibrio
tra uso corretto vs. ambiguo dei pronomi è a favore dei soggetti tipici, come
dimostrato dalla significatività statistica del punteggio totale di coesione. I
meccanismi narrativi di tipo pragmatico differenziano chiaramente i due gruppi
di soggetti, ad eccezione dei dispositivi di evaluation utilizzati con percentuali
del tutto analoghe tra gruppi. I soggetti clinici tendono a introdurre un minor
numero di informazioni aggiuntive pertinenti e, allo stesso tempo, producono
una maggiore quantità di clausole poco attinenti al tema del racconto; possono
inoltre avere bisogno di alcuni solleciti per proseguire il racconto, aspetto pra-
ticamente assente nei soggetti tipici.
0
-0,5
-1
-1,5
-2
Punteggio
per eventi
Organizzazione
narrativa
Narrative
maturity scale
Struttura
narrativa
Punteggio globale
composisto
Fig. 1
Punteggi z medi ottenuti
dal gruppo di soggetti
clinici in relazione ai
parametri globali.
Dato che le differenze significative tra gruppi non sempre corrispondono a
segni di entità clinica importante (Norbury e Bishop, 2003), abbiamo rappre-
sentato graficamente i punteggi z medi dei soggetti clinici per tutti i parametri
narrativi considerati (figure 1, 2 e 3). Considerando come elemento di rilievo
clinico una prestazione inferiore di almeno 1 DS rispetto al gruppo di controllo
(Bishop e Norbury, 2008), è evidente che gli ambiti di livello globale-concettuale
e pragmatico risultano in difficoltà, con prestazioni che si attestano in generale
tra -1 e -2 DS. Per quanto riguarda gli elementi più prettamente linguistici, per-
mangono una certa lentezza di eloquio narrativo, l’uso poco vario delle tipologie
di clausole subordinate (prestazioni a -1 DS) e, soprattutto, gli errori di natura
fonologica (-3.7 DS).
Logopedia e comunicazione
92
– Vol. 11, n. 1, gennaio 2015
0
-1
-2
-3
-4
Fig. 2
Punteggi z medi ottenuti
dal gruppo di soggetti
clinici in relazione ai
parametri di tipo linguisti-
co-locale. Tutti i punteggi
sono stati portati sull’asse
negativo, a testimoniare
prestazioni peggiori rispet-
to ai soggetti a sviluppo
tipico. Sono riportate le
etichette per i soli punteggi
per raggiungono un livello
uguale o inferiore a 1 DS.
Velocità di eloquio
Range sintattico
Errori fonologici
0
-0,5
-1
-1,5
-2
-2,5
Evaluation Info aggiuntive
+
Info aggiuntive
Info aggiuntive
tot
Solleciti
Fig. 3
Punteggi z medi ottenuti
dal gruppo di soggetti
clinici in relazione ai
parametri pragmatici.
Discussione
I risultati dell’applicazione clinica dello strumento proposto confermano innan-
zitutto la possibilità di documentare, in termini quantitativi, le difficoltà narrative
rilevate dagli operatori. In accordo con altri studi precedenti, tali difficoltà sembra-
no innanzitutto attestarsi a livello dello schema narrativo riferito dai soggetti, cioè
in relazione alla struttura concettuale sottostante il racconto. A questa immaturità
si associa una debolezza relativa ai meccanismi pragmatici del narrare, nel senso
di una certa tendenza a inserire clausole non pertinenti nel corso del racconto. Le
limitazioni linguistiche dei soggetti clinici risultano evidenti in termini di varietà
R. Padovani e C. Mestucci – La valutazione delle abilità narrative tramite Frog Story
93
sintattica, rapidità del parlato e residui fonologici. Tutti quanti questi elementi,
congiuntamente, offrono lo spaccato, per i soggetti clinici coinvolti in questo
studio, di una narrazione profondamente immatura, non propriamente efficace
e fluida in termini pragmatici e caratterizzata da possibili limitazioni di ambito
prettamente linguistico.
Diverse considerazioni appaiono di interesse. Le limitazioni di ambito globale-
concettuale sembrano confermare l’ipotesi forte di un rischio di difficoltà formali
del «pensiero narrativo» per una certa sottopopolazione di soggetti con quadri di
DSL (Manhardt e Rescorla, 2002). I nostri partecipanti mostravano una consistente
discrepanza a livello del profilo intellettivo (QIV < QIP), che va a supportare questa
considerazione, nel senso di una scarsa capacità di organizzare le informazioni
cognitive in forma narrativa (Bruner, 1992).
Dal punto di vista pragmatico non ci pare di trovare antecedenti di letteratura
ai nostri dati, forse anche in funzione del fatto che spesso l’area delle competenze
pragmatiche è stata del tutto omessa o concentrata sui soli meccanismi di evaluation
che, anche in questo lavoro, non hanno differenziato soggetti tipici da soggetti
clinici. Al contrario sono apparse significative caratteristiche quali la necessità di
solleciti per proseguire il racconto e la possibilità di inserire clausole non pertinenti
alla struttura concettuale della storia. I dati concernenti le abilità linguistiche lo-
cali confermano gran parte della letteratura precedente, con debolezze per quanto
riguarda soprattutto gli aspetti fonologici e sintattici.
Particolarmente interessante ci sembra il dato relativo alla rapidità di eloquio:
essa appare evolvere con una certa gradualità nello sviluppo tipico e permette di
differenziare con accuratezza i soggetti tipici da quelli clinici. Già altri studi in
lingua italiana avevano riportato questo dato (Marini, Tavano e Fabbro, 2008; Ta-
vano, De Fabritiis e Fabbro, 2005) e un nostro lavoro precedente aveva correlato
questa debolezza nei soggetti con DSL alla prestazione alla prova di ripetizione
di non parole (Padovani et al., 2013). Tale elemento potrebbe rappresentare un
possibile residuo di difficoltà di elaborazione fonologica nei soggetti con DSL,
che merita un approfondimento specifico; si potrebbe ipotizzare una certa fatica di
manipolazione delle rappresentazioni fonologiche che rallenta l’eloquio generale
dei soggetti oppure una limitazione a carico della memoria di lavoro fonologica
che sappiamo essere un elemento cruciale di rischio neuropsicologico, specie per
situazioni con comorbidità DSL + DSA (Rispens e Baker, 2012).
Occorre anche sottolineare alcune differenze tra i risultati di questo studio e
quelli di altri precedenti. Il lavoro di Marini et al. (2008), ad esempio, ha indagato
le produzioni narrative di 62 bambini italiani con DSL e con età analoga a quella
dei nostri partecipanti. Gli autori hanno rintracciato maggiori complicanze dal
punto di vista degli errori formali di linguaggio, di tipo non solo fonologico, ma
anche semantico-lessicale (parafasie semantiche, omissione di parole contenuto)
Logopedia e comunicazione
94
– Vol. 11, n. 1, gennaio 2015
e morfo-sintattico (sostituzione di morfemi liberi e legati, omissione di funtori).
Questa differenza potrebbe essere dovuta al differente profilo linguistico dei
campioni clinici: più compromesso quello nello studio di Marini et al. (2008),
con diagnosi anche sul versante recettivo (F80.2); più conservato quello dei nostri
partecipanti con diagnosi di DSL espressivo (F80.1) o di precedenti problematiche
fonologiche ormai risolte (F80.0).
Conclusioni e implicazioni cliniche
Il recente DSM-5 (APA, 2013) è molto esplicito nel descrivere i Disturbi del
Linguaggio (con deficit più estesi delle sole componenti fonologiche) come quadri
che, se perdurano oltre i 4 anni di età, tipicamente persistono con residui evidenti
fino all’età adulta. Riteniamo che la valutazione delle competenze narrative do-
vrebbe inserirsi in quest’ottica come indicatore fondamentale per il monitoraggio
e la valutazione di esito nei soggetti con DSL. La griglia di codifica proposta in
questo lavoro permette di costruire uno spaccato ampio delle abilità narrative tra-
mite la rilevazione di numerosi indicatori (globali concettuali, linguistici locali,
pragmatici), che permettono la definizione di un profilo con specifiche aree di
debolezza e di competenza. In questo modo dovrebbe essere possibile orientare
con più precisione anche eventuali percorsi di riabilitazione con obiettivi calibrati
sugli indicatori più fragili.
Ovviamente occorre ampliare la casistica clinica di indagine e soprattutto
indirizzarla a popolazioni nosografiche più specifiche, differenziando ad esempio
quadri di DSL più precisi, sia nel senso delle competenze linguistiche (fonologici
vs. espressivi vs. recettivi) sia in relazione alle comorbidità neuropsicologiche più
comuni (con o senza DSA; con o senza deficit di memoria di lavoro). Risulterebbe
anche utile utilizzare questo strumento per quelle popolazioni con segni clinici
più attinenti alla sfera comunicativa-sociale dove il deficit narrativo, pur presente,
non sempre proviene da precedenti quadri di franche problematiche di linguaggio
strutturale (ad esempio, disturbo dello spettro autistico, disturbo pragmatico del
linguaggio; Botting, 2002).
Ringraziamenti
Gli autori ringraziano Pamela Stagni, Alessia Fortuna, Paola Budri, Paola To-
selli, Gaia Barbieri, Gabriella Fenzi e Christine Cavallari, che hanno contribuito
alla riuscita di questo lavoro.
R. Padovani e C. Mestucci – La valutazione delle abilità narrative tramite Frog Story
95
Corrispondenza
Roberto Padovani
Servizio Neuropsichiatria Infanzia Adolescenza
Azienda USL di Modena
Via Cardarelli, 43
41124 Modena
E-mail: r.padovani@ausl.mo.it
Abstract
The study presents two experiments on the assessment of children’s
narrative skills using the classic picture book Frog, where are you? A
coding procedure was applied to investigate three different narrative
levels: story grammar, local linguistic competence and pragmatic
mechanisms. Typically developing children (n = 53) with different
levels of education (1 vs. 3 vs. 5 vs. 7) were involved in the first study
whereas children with specific language impairment (SLI, n = 16)
with a similar age-range participated in the second experiment. Re-
sults for typically developing children showed a significant increase
between class 1 and class 3 for all the story grammar parameters
and for the total number of secondary clauses; speech rate increased
with a more linear trend across all different classes. The comparison
between typical and clinical children revealed significant problems
for SLI children within each narrative level (story grammar, linguistic
competence and pragmatic style).
Keywords
Narrative skills, Specific Language Impairment, Narrative asses-
sment, Development of narrative skills, Frog story.
Logopedia e comunicazione
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– Vol. 11, n. 1, gennaio 2015
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BiBliografia
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Narrative ability is one of the most interesting and ecologically valid ways in which to measure communicative competence both in normal populations and in clinical groups, since narratives form the basis of many childhood speech acts. Narrative may also prove to be a good tool for distinguishing clinical groups who show overlapping symptoms but who are thought to experience subtly different impairments. This article gives an overview of some of the theoretical reasons for using narrative to assess both linguistic and pragmatic impairments. As part of a preliminary investigation examining possible similarities and differences across groups, five children with severe pragmatic language impairments (PLI) and five with more typical specific language impairments (SLI) completed short picture based narratives using the Bus Story and the Frog Story. These illustrative data are included throughout the paper to highlight features of use to clinicians, particularly with respect to differences in the narratives of children with PLI compared to their peers with SLI. Furthermore, when compared to Tager-Flusberg’s (1995) data from children with autism, SLI narratives seem to be more similar to those of the group with autism than did PLI narratives. Narrative ability was found to relate directly to pragmatic skill but in different ways according to clinical subgroup. Implications for both theory and practice are discussed.
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The present study examined whether full access to sign language as a medium for instruction could influence performance in Theory of Mind (ToM) tasks. Three groups of Italian participants (age range: 6-14 years) participated in the study: Two groups of deaf signing children and one group of hearing-speaking children. The two groups of deaf children differed only in their school environment: One group attended a school with a teaching assistant (TA; Sign Language is offered only by the TA to a single deaf child), and the other group attended a bilingual program (Italian Sign Language and Italian). Linguistic abilities and understanding of false belief were assessed using similar materials and procedures in spoken Italian with hearing children and in Italian Sign Language with deaf children. Deaf children attending the bilingual school performed significantly better than deaf children attending school with the TA in tasks assessing lexical comprehension and ToM, whereas the performance of hearing children was in between that of the two deaf groups. As for lexical production, deaf children attending the bilingual school performed significantly better than the two other groups. No significant differences were found between early and late signers or between children with deaf and hearing parents.
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Purpose This study investigates the relative contributions of phonological short-term memory and phonological representations to nonword repetition (NWR). This was evaluated in children with specific language impairment (SLI) and/or reading impairment (RI); it was also studied from a developmental perspective by comparing 2 groups of typically developing (TD) children who differed in age. Method NWR, digit span, vocabulary, and word and nonword discrimination were tested in 2 groups of TD children: one group matched on chronological age (CA TD group: n = 41, mean age = 7;8 [months;years]), and one language age–matched control group (LA TD group: n = 16, mean age = 5;8). Also, 10 children with SLI, 14 children with RI, and 23 children with SLI and RI (hereafter, SLI + RI) participated and were matched to the age of the CA TD group. Results For the TD children, NWR was predicted by discrimination, digit span, and age. The interaction between discrimination ability and age was also significant. Children with SLI + RI were significantly impaired on NWR compared with all other groups. A regression analysis, including the CA TD group and the children with SLI and/or RI, showed that digit span, discrimination ability, and group (SLI + RI) contributed significantly to NWR. Conclusions Phonological short-term memory and phonological representations both significantly contribute to NWR. The predictive strength of the quality of phonological representations changes during development.
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This research investigated whether children with specific language impairment (SLI) and non-specific language impairment (NLI) could be differentiated by their oral narrative characteristics. Oral narrative samples were collected from 69 children and comparisons were made among four groups of participants. The two language impairment groups (SLI and NLI), aged 4;11-6;03, were matched for age and their linguistics skills. Their oral narratives were compared between these diagnostic groups and with age-matched and language-matched control groups. Measures of narrative structure, cohesion, and information did not significantly differentiate the SLI and NLI groups, suggesting that the influence of their similar linguistic skills on oral narrative measures was stronger than the influence of their differing non-verbal cognition. The SLI group produced significantly more complex and informative oral narratives than the language-matched group, while the NLI group differed from the language-matched group on fewer measures. Interactions among linguistic, cognitive, maturational, and task factors are discussed.
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Child and adolescent psychiatry in Portugal includes diagnosis, treatment, prevention, and rehabilitation of psychiatric and psychosomatic disorders, psychological, and social development disturbances during childhood and adolescence. But it also deals with problems which fall into the scope of other specialities: psy-chopathology of the pregnant woman, mother-child psychiatry, psychopathology of parent-child relationship, family psychopathology. This action must be developed by an interdisciplinary team including child psychiatrists, psychologists, social workers, nurses, nursery school teachers, and other therapists in order to obtain a better rationalization and profitability of efforts.
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This study investigated narrative abilities and their relation to theory of mind in autistic and mentally retarded subjects, who were matched for their linguistic competence on standardized measures of comprehension and production. We asked 27 autistic, 27 mentally retarded, and 17 normal subjects (whose age range matched the verbal mental age ranges of the developmentally disordered groups) to tell the story from a wordless picture book. Following their spontaneous narratives, a set of probe questions was asked about the story characters' feeling states. The autistic and mentally retarded subjects were also given a standard test of false belief. The main findings were that, when closely matched on language ability, no significant group differences were found on measures of narrative length, use of lexical cohesion devices, and mental state terms. On the probed questions, the autistic and mentally retarded subjects gave fewer appropriate emotion responses than the normal subjects, and the autistic subjects had difficulty explaining the emotional states correctly. For the autistic sample, the narrative measures were significantly correlated with performance on the theory of mind task. The findings are interpreted in terms of the contributions of both linguistic and social–cognitive factors in narrative ability.
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This study compared the oral narrative skills of 31 school-aged children diagnosed at 24 to 31 months with expressive language delay (late talkers) with those of 23 typically developing peers. Based upon an extensively studied picture-book task, Frog, Where are You?, narratives were elicited from all participants both at age 8 and age 9. At age 9, children were asked to tell the story again and to increase their references to evaluative information (characters' emotions, character speech, and causal explanations of events "supported" telling condition). Groups were compared on Syntax, Story Grammar, Cohesion, and Evaluative Information factor scores derived from the narrative measures. Children with histories of early language delay obtained lower Syntax, Story Grammar. and Evaluative Information factor scores than typically developing peers for each of their three narrative productions. The late talkers scored in the average range at age 8 on the Clinical Evaluation of Language Fundamentals-Revised (CELF-R), but their scores were significantly lower than those of the comparison peers. When the group differences on the Story Grammar factor were reanalyzed with the CELF-R score as a covariate, the late talkers demonstrated weaknesses in story grammar skills independent of the variance accounted for by their weaker general language skills. This suggests that the use of narrative structure may be a specific area of underachievement for late talkers, in addition to their continuing weakness in syntactic and lexical abilities, relative to typically developing peers from the same SES background.
Article
This study investigated the changing functions of evaluative devices in children's narratives. The evaluative devices included (a) references to 'frames of mind', particularly to emotions, (b) character speech, (c) 'hedges', (d) negative qualifiers, and (e) causal connectors. Narratives were elicited from a 24-picture story book. The subjects were three groups of native English-speaking Americans (12 per group): five- and nine-year-old children and college undergraduate students. A quantitative comparison revealed that (i) adults used evaluative devices three times as often as five-year-olds, and two-and-a-half times as often as the nine-year-old children; (ii) adults used significantly more references to 'frames of mind' and 'hedges' than the children; and (iii) whereas five-year-olds used each evaluative type equally often, nine-year-olds and adults used references to 'frames of mind' significantly more than the other four evaluation types. A second analysis, focusing specifically on the discourse functions of references to 'frames of mind' revealed that, early on, this particular device is used to express a local evaluative perspective on particular events, while with increasing age it is used to signal the hierarchial organization of the story events. These findings are discussed with regard to two non-linguistic developmental achievements, the formation of event schemas and the formation of a theory of mind.