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(pp. 59-65)Vol. 16, n. 1, febbraio 2017
I bisogni formativi speciali
dei gifted students.
Gli atteggiamenti
degli insegnanti
Andrea Fiorucci
DSSSU, Università del Salento
monografia
L’avere cura della formazione
dei plusdotati
È ironico come uno degli aspetti più
complessi ed esasperanti nel campo della
gifted education sia proprio l’interrogarsi su
cosa si intenda per plusdotazione (Subotnik,
Olszewski-Kubilius e Worrell, 2011). Dai
(2009) la definisce un «concetto carico di
valore», ma privo di unità e identità nei suoi
referenti e nei suoi significati; un concetto
che richiama a sé descrizioni, valutazioni, ma
anche miti, credenze e pregiudizi inerenti a
profili cognitivi di persone che manifestano
(o hanno il potenziale per farlo) livelli ecce-
zionali di capacità e performances in una o
più aree: abilità intellettiva generale, speci-
fica attitudine scolastica, pensiero creativo,
attitudine alla leadership, arti visive e dello
spettacolo. Purtroppo, è ancora presente l’idea
che la collocazione del soggetto a destra della
campana gaussiana che rappresenta il QI sia
l’unico criterio per identificare un profilo di
plusdotazione.
Negli ultimi anni la formulazione di
modelli di lettura non solo psicometrici, ma
attenti agli elementi contestuali, ha consentito
di guardare alla giftedness non più come un
«dono», ma soprattutto come un’opportunità,
una predisposizione a ottenere successo. Essa
non è garanzia di successo, ma rappresenta
la strada da percorrere per raggiungerlo.
Superare la concezione di plusdotazione
come dono/regalo e predestinazione implica
necessariamente delle conseguenze sul piano
concettuale e teorico — il modello di lettura
—, ma mette soprattutto, in evidenza il ruolo
dei contesti (familiari, sociali, scolastici) e
delle figure coinvolte nel processo di cura
educativa. Permette di porre attenzione non
sulle etichette, ma sulle condizioni necessarie
per offrire alla persona plusdotata l’oppor-
Sommario
Il contributo, partendo dalla cura educativa e dai bisogni formativi speciali
legati alla persona plusdotata, offre un quadro della letteratura sugli atteg-
giamenti degli insegnanti verso gli studenti plusdotati e la gifted education.
Parole chiave
Plusdotazione, atteggiamenti degli insegnanti, inclusione, bisogni educativi.
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tunità di coltivare il proprio potenziale e di
far affiorare il proprio talento (Callahan e
Hertberg-Davis, 2012).
Come ribadisce Renzulli (2012), biso-
gnerebbe etichettare i servizi necessari per
sviluppare alti potenziali piuttosto che gli
studenti. Questo consentire di tralasciare
la vexata quaestio della designazione dei
gifted a favore di un’attenzione pedagogica
verso la gifted education quale strumento di
ri-significazione delle differenze individuali
legate all’alto potenziale, da intendersi non
solo come una «manifestazione di ecceziona-
lità» che deve essere valutata, identificata,
o peggio, certificata, ma soprattutto come
una rilevazione di specifici bisogni formativi.
Questa operazione permetterebbe, così, di
spostare il focus dall’identità della persona
plusdotata alla sua formazione, di porre
attenzione sul sistema formazione (appa-
rati, strutture, mezzi, operatori, interventi,
strumentazioni metodologiche e tecniche) e
sul soggetto come «portatore di una domanda
di formazione e destinatario/elaboratore di
una risposta che lo forma» (Orefice, 2009, p.
87). Permetterebbe, cioè, di porre attenzione
sul processo e sugli elementi metodologico-
strumentali, consentendo alla persona
con questo profilo di dare voce alle proprie
necessità e richieste formative e, allo stesso
tempo, ai contesti e alle figure coinvolte nel
processo formativo, di accogliere tali richieste
e di offrire a esse un’adeguata e funzionale
risposta.
La formazione, però, non va confusa con
un insieme di risposte didattico-operative. È
molto di più. È il raccordo tra istanze etiche
(valori e comportamenti), istanze cognitive e
istanze affettive, una dimensione nella quale
si realizza l’incontro tra educazione-istruzione
(Frabboni e Pinto Minerva, 2003).
Pertanto, asserire che i gifted students
hanno dei bisogni formativi speciali vuol dire
riconoscere loro delle caratteristiche e delle
esigenze che riguardano lo sviluppo integrale
della persona. La letteratura scientifica (Da-
vis e Rimm, 2004; Harris e Hemmings, 2008)
conferma che gli studenti con alto potenziale
non sono un gruppo omogeneo, ma hanno
caratteristiche ed esigenze varie e differenti,
alle volte divergenti tra loro.
Ciò che li accomuna è il diritto ad avere
una risposta formativa specifica e speciale,
capace di intercettare e valorizzare il loro
potenziale e di far emergere il talento.
Gli aggettivi «speciale» e «specifico»
non devono intimorire chi vive e chi legge
la differenza come alto potenziale. Sono
aggettivi, come abbiamo ribadito, che qua-
lificano i bisogni e le risposte formative, ma
anche, soprattutto, che definiscono la cura
educativa come presa in carico dei bisogni
dell’Altro e come processo di empowerment
pedagogicamente orientato. Di conseguenza,
è la cura educativa — l’aver cura, il prendersi
cura, la cura sui — a sentire l’esigenza di
qualificarsi come «speciale», cioè sensibile
e attenta ai bisogni che la persona (ri)porta
nella relazione.
Essa diventa formazione quando si tra-
duce in quello che Cambi (2010) definisce
l’«aver-cura-della-formazione» di una per-
sona: «un processo di ricerca aperto di cui
l’ars majeutica è il fattore determinante»
(Cambi, 2010, p. 22) e che riconosce un ruolo
decisivo e una grande responsabilità a chi
esercita — a livello formale e informale
— una funzione di guida per lo sviluppo
integrale della persona.
Pertanto, rapportando questo ragionamen-
to al tema della gifted education, è possibile
intravedere nella famiglia e nella scuola
una grande risorsa formativa, capace di pre-
occuparsi dei bisogni speciali delle persone
plusdotate e del loro ben-essere.
Di seguito, si approfondirà il ruolo degli
insegnanti, con una specifica attenzione ai
loro atteggiamenti.
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I bisogni formativi speciali dei gifted students
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Gli atteggiamenti degli insegnanti
Gli insegnanti possono contribuire in modo
significativo alla formazione degli studenti
plusdotati valorizzandone o impedendone lo
sviluppo del potenziale (Geake e Gross, 2008).
Molapo e Salyers (2014) evidenziano come il
successo della gifted education dipenda dagli
atteggiamenti degli insegnanti. Per questo
motivo, secondo Davis e Rimm, gli insegnanti,
prima di prendere parte a una formazione o
di avviare un intervento didattico-educativo,
dovrebbero porsi la seguente domanda: «What
is our attitude toward gifted children?»1 (Davis
e Rimm, 2004, p. 55).
Negli ultimi anni gli studi sugli atteggia-
menti dei docenti verso la plusdotazione sono
diventati sempre più numerosi, mostrando
però tra loro delle forti scollature e contrad-
dizioni. Alcuni studi rilevano nei docenti
atteggiamenti molto positivi e di apertura,
mentre altri atteggiamenti negativi e di re-
sistenza (McCoach e Siegle, 2007). Molteplici
studi hanno utilizzato come strumento di
ricerca l’oramai noto Opinions about the gifted
and their education questionnaire di Gagne
e Nadeau (1991) composto da sei differenti
dimensioni: Needs and Support (bisogni degli
studenti e specifici servizi di supporto), Resi-
stance to Objectives (contrarietà e resistenza
al perseguimento degli obiettivi formativi),
Social Value (percezione sociale), Rejection
(isolamento sociale), Ability Grouping (at-
teggiamenti verso gruppi omogenei, classi e
scuole speciali) e Acceleration (atteggiamenti
verso l’arricchimento accelerativo). In conside-
razione delle dimensioni individuate da Gagné
e Nadeau, e della forte eterogeneità culturale
e metodologica che caratterizza il quadro delle
ricerche in ambito internazionale, l’analisi
che segue presenta una focalizzazione mirata
1 Qual è il nostro atteggiamento verso i bambini plusdo-
tati? (Traduzione dell’autore).
sugli elementi di maggiore interesse per la
riflessione pedagogica.
Un fragile auto-didatta
La convinzione che pervade molti docen-
ti è che gli studenti con un alto potenziale
siano già scolasticamente avvantaggiati
e che possano raggiungere gli obiettivi di
apprendimento e l’eccellenza senza nessun
intervento da parte dell’insegnante (Lassig,
2009; Taylor e Milton, 2006). Di contro, la
ricerca evidenzia che questo aspetto, oltre a
essere un mito, si pone come un «feroce» osta-
colo allo sviluppo del talento, contribuendo
ad accrescere nel discente non tanto un senso
di autonomia, quanto piuttosto di abbandono
e di solitudine. Da un punto di vista psico-
logico, i docenti descrivono la personalità di
questi alunni come complessa e articolata.
Li rappresentano come emotivamente fra-
gili e socialmente disadattati, confermando
quanto suggerisce la disharmony hypothesis
(Baudson e Preckel, 2013): gli studenti hanno
un alto potenziale cognitivo a discapito di
quello socio-relazionale. Tuttavia, la perce-
zione degli insegnanti diverge notevolmente
sulla questione se la giftedness incrementi la
resilienza o accresca la vulnerabilità (Martin,
Burns e Schönlau, 2010).
Una risorsa per la società, ma non per la
classe
Secondo gli insegnanti, questa tipologia
di studenti rappresenta un grande valore
per la società. Sono convinti che da adulti la
«genialità» di queste persone potrà contribuire
allo sviluppo «economico» del Paese (Perković-
Krijan, Jurčec e Borić, 2015). Di contro, però,
credono che, in ambito scolastico, lo studente
con plusdotazione ostacoli l’apprendimento
tra pari (Polyzopoulou et al., 2014), generando
in classe squilibri e tensioni. L’alunno gifted è
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percepito dai compagni come poco empatico e
non incline alle relazioni, un battitore libero
che segue il proprio gioco.
Un supporto speciale, ma non elitario
Gli insegnanti hanno perlopiù atteggia-
menti positivi verso il riconoscimento di
specifici bisogni e di un adeguato supporto
formativo (Lassig, 2009; Troxclair, 2013;
Watts, 2006). Gli studi evidenziano, però,
che gli special education teachers hanno
poca esperienza e contatto con la giftedness
e ripongono poca fiducia nella tecnica dell’ac-
celerazione e del raggruppamento. Hanno
il timore che tali tecniche siano inadatte e
pericolose, poiché dis-greganti e dannose per
lo sviluppo socio-relazionale di questi alunni.
Questa diffidenza descrive la percezione di
una moltitudine di insegnanti (speciali e
no), con una più marcata manifestazione
verso l’accelerazione nei general teachers.
Tuttavia, secondo Troxclair (2013), questi
atteggiamenti sfavorevoli riflettono i miti e
gli stereotipi che prevalgono nella cultura di
appartenenza e sono alimentati dalla scarsa
conoscenza ed esperienza riguardo a questi
approcci. Essi sono fortemente condizionati
dallo «spauracchio» dell’elitarismo: gli ap-
procci e le tecniche di supporto sono percepiti
come esclusivi ed elitari.
L’alleanza educativa scuola-famiglia
La parent-teacher partnership è percepita
dai docenti come uno dei maggiori predittori
per l’attuazione e la riuscita di azioni forma-
tive di supporto per l’alunno gifted (Molapo
e Salyers, 2014). La condivisione di intenti,
di finalità e di programmi formativi produce
degli effetti positivi sul piano performativo e
su quello del benessere psicologico dell’alunno
gifted. Di contro, un rapporto conflittuale,
caratterizzato da reciproche resistenze e
arroccamenti, si traduce in un intervento
educativo disfunzionale. I docenti, pur rile-
vando una forte eterogeneità degli approcci
genitoriali alla plusdotazione, riconoscono il
ruolo determinante che le famiglie svolgono
nella cura educativa dei loro figli e nella lotta
per il riconoscimento dei loro bisogni/diritti
formativi (Wiskow, Fowler e Christopher,
2011).
L’insegnante facilitatore: un puzzle in
costruzione
Diversi ricercatori e studi hanno tentato
di dare un’identità a quel vital facilitator
cui fanno cenno Fraser-Seeto, Howard e Wo-
odcock (2015). Begin e Gagné (1994) hanno
preso in esame un totale di trentacinque
studi e individuato quasi cinquanta diversi
fattori predittivi degli atteggiamenti degli
insegnanti. Tra le variabili maggiormente
incidenti ritroviamo: l’età, gli anni di servi-
zio, il livello di istruzione, l’esperienza e il
contatto con le persone plusdotate. I risul-
tati concernenti l’età variano: alcuni studi
riconoscono agli insegnanti più giovani un
atteggiamento più positivo, mentre altri con-
siderano i professionisti con più esperienza
maggiormente accoglienti (Tomlinson, 2005).
Gli anni di servizio incidono positivamente
sugli atteggiamenti (Lassig, 2009). La forma-
zione rafforza le credenze positive e agisce
sulla motivazione, sul senso di sicurezza e
di autoefficacia, liberando i docenti dalla
paura del fallimento. La formazione mira-
ta consente di mettere in campo una serie
di strategie didattico-educative volte alla
personalizzazione e alla differenziazione
dell’insegnamento (Taylor e Milton, 2006).
Contrariamente, alcuni ricercatori hanno
evidenziato che la formazione non ha alcun
impatto sugli atteggiamenti degli insegnanti
e sulla loro pratica didattica se si risolve in
uno scandaglio teorico, a dispetto invece
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dell’esperienza e del contatto (McCoach e
Siegle, 2007).
Una visione parziale dell’inclusione
Gli atteggiamenti degli insegnanti eviden-
ziano un’interpretazione riduttiva dell’inclu-
sione scolastica (Oswald e de Villiers, 2013),
che guarda alle differenze esclusivamente
come dis-abilità. Questa reductio ad unum,
spesso, si traduce in una estromissione della
giftedness dall’area della special and inclusive
education (Moltzen, 2006). È soprattutto il
significato di equità — fare parti diverse,
dando di più a chi ha di meno — a stridere
con il concetto di eccellenza (Lassig, 2009).
Scommettere sugli insegnanti è la
strada giusta
Gli insegnanti giocano un ruolo essenziale
per l’inclusione. Possono rappresentare, uti-
lizzando i qualificatori dei fattori ambientali
dell’ICF (OMS, 2001), dei facilitatori o, al
contrario, una barriera al funzionamento
bio-psico-sociale della persona, interve-
nendo in modo positivo o negativo sulle sue
performaces e sulla percezione del Sé. I loro
atteggiamenti rilevano il cambiamento verso o
contro una prospettiva di tutela e promozione
delle differenze e, al contempo, rievocano dei
modelli di lettura dell’alterità con una forte
valenza per-formativa e di significazione. Gli
insegnanti svolgono, così, un ruolo formativo
di regia e di modello. È in ragione di questo
doppio ruolo che la letteratura scientifica
sugli atteggiamenti verso la plusdotazione
rimarca il bisogno, questa volta della scuola
inclusiva, di contare su insegnanti compe-
tenti e coraggiosi, che non abbiano paura di
soccombere al cambiamento — l’apertura
verso altri bisogni speciali —, insegnanti
che possano rappresentare quella risorsa
necessaria che serve al contesto scolastico
per fare il necessario passo in avanti verso
l’inclusione; insegnanti che non perdano mai
di vista la missione formativa della scuola, la
quale, sempre e comunque, si ri-volge a tutti.
Pertanto, i docenti, se utilizzano la cor-
nice giusta — l’inclusione — e gli strumenti
adeguati — una didattica sensibile e attenta
alle differenze, che «si fa persona» (persona-
lizzazione) —, non sentiranno più il bisogno
di ricevere la prescrizione «medica» o «norma-
tiva» per pre-occuparsi di chi, con passo più
lento o più veloce o semplicemente differente,
procede per la propria strada.
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The special educational needs of gifted students.
Teachers’ attitudes
Abstract
The paper, starting from educational care and special educational needs related to gifted people, provides an
overview of literature about teachers’ attitudes towards gifted students and gifted education.
Keywords
Giftedness, teachers’ attitudes, inclusion, special educational needs.
Autore per corrispondenza
Andrea Fiorucci
Università del Salento
Dipartimento di Storia Società e Studi sull’Uomo
Viale San Nicola, ex Monastero degli Olivetani
73100 Lecce
E-mail: andrea.fiorucci@unisalento.it
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