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EVIDENZE CLINICHE DEI RAPPORTI TRA CULTURA E SALUTE
ECONOMIA DELLA CULTURA - a. XXVII, 2017, n. 2
EVIDENZE CLINICHE
DEI RAPPORTI TRA CULTURA
E SALUTE
di ENZO GROSSI*
Summary
Cultural participation and health: Some medical and scientific evi-
dences
In this article the author reviews the medical and scientific evidence of the
role of cultural participation in the promotion of health in term of premature
mortality risk reduction and improvement of subjective wellbeing. The avai-
lable evidence coming from several studies carried out in different countries in
the last twenty years is unanimously converging in favor of an important role
played by cultural participation on protracting the duration of life and on the
prevention of major chronic degenerative diseases. A special emphasis is given
to an Italian study focusing on the impact of cultural participation upon
subjective perceptions of well-being on a large sample of Italian residents. This
study underlines the relevant role of culture as a determinant of individual
psychological well-being, suggesting some innovative public health policies
focused upon the human and social developmental role of culture.
Keywords: culture, health, psychological wellbeing
JEL code: I3, Z18
1. Introduzione
L’arte e la cultura nel nostro paese sono considerate generalmente
«intrattenimento», quindi ricondotte al superfluo. Secondo quanto sarà
esposto in questo articolo l’attività culturale assume invece tutt’altra
valenza, dimostrandosi un toccasana in grado di prevenire malattie cro-
niche anche gravi, assicurare una maggiore longevità e attenuare gli
effetti negativi dello stress cronico sullo stato generale di salute, qui letto
* Professore a Contratto Corso Qualità di Vita e promozione della salute – Università Alma Mater
– Facoltà Scienze Sociali – Strada Maggiore 45 – Bologna, e-mail: enzo.grossi2@unibo.it
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ENZO GROSSI
e interpretato con un concetto olistico, in linea con la nuova interpre-
tazione OMS sulla salute socialmente determinata.
Le evidenze sul ruolo della cultura nella promozione della salute sono
basate essenzialmente su studi osservazionali. Emarginati sino a 10-15
anni fa dall’entourage epidemiologico più sofisticato, tali studi hanno
visto un incremento notevole di interesse da parte della comunità scien-
tifica pubblica e privata, grazie a nuovi contributi metodologici intercor-
si negli ultimi anni. Uno studio osservazionale infatti, svolto in maniera
intelligente per indagare esiti connessi a particolari interventi o tratta-
menti, può avere l’ambizione di raggiungere un livello di «dignità» di
esperimento scientifico.
In questo articolo il significato attribuito al termine cultura è quello
anglosassone, riferito alla visione antropologica e non umanistica, ovve-
ro, in estrema sintesi, l’uso intelligente del tempo libero per contribuire
all’arricchimento interiore, sia esso ottenuto attraverso attività nobili
(musica, pittura, teatro, letteratura) o meno nobili, come assistere ad
esempio ad una partita di calcio.
2. Le evidenze cliniche
Una delle prime ricerche in questo campo è uno studio svedese di
osservazionale longitudinale di Bygren et al. (1996). In questa ricerca
del Dipartimento di Medicina Sociale dell’Università di Umea a Stoc-
colma, Bygren e il suo team hanno voluto investigare la possibile in-
fluenza del partecipare ad eventi culturali, del leggere libri o periodici,
del creare musica o del cantare in un coro come determinanti della so-
pravvivenza. Un totale di 12.675 persone sono state intervistate tra il
1982 e il 1983, con un periodo di follow-up durato 9 anni, fino al
1991, durante il quale 847 soggetti sono deceduti, di cui 533 uomini e
314 donne. Tenendo conto, oltre che della partecipazione culturale,
anche di altre 8 variabili (età, sesso, livello di istruzione, reddito, malat-
tie, rete sociale, abitudine al fumo ed esercizio fisico), si è trovata una
maggiore predisposizione alla mortalità per le persone che attendevano
raramente ad eventi culturali rispetto a coloro che invece li frequenta-
vano più spesso, con un rischio relativo di 1.57. La ricerca ha così di-
mostrato che la frequentazione di eventi culturali può avere un’influenza
positiva sulla sopravvivenza.
Un altro studio osservazionale longitudinale svedese, avente sempre
per esito la previsione della sopravvivenza, è stato pubblicato da Kon-
laan et al. (2000), utilizzando in parte lo stesso campione dello studio
di Bygren et al.. Stavolta il campione è stato di 10.609 individui, seguiti
per un periodo di follow-up di 14 anni dal 1982, anno della osservazio-
ne iniziale, fino al dicembre del 1996. Lo scopo dello studio era capire
se la frequentazione di cinema, concerti, musei o mostre d’arte potesse
costituire una determinante della sopravvivenza. Durante il periodo di
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follow-up sono deceduti in tutto 1.516 individui, di cui 916 uomini e
600 donne. Si è riscontrato un rischio di mortalità più alto per le per-
sone con una partecipazione ad eventi culturali più scarsa, rispetto a
coloro che vi partecipavano più frequentemente, e le conclusioni dello
studio sono state che la frequenza ad un certo tipo di eventi culturali
può avere un effetto benefico sulla longevità.
Un analogo studio longitudinale osservazionale è stato condotto da
Hyppa et al. (2006) in Finlandia con un follow-up di ben 20 anni. La
ricerca ambiva a scoprire se la partecipazione culturale potesse conside-
rarsi un fattore in grado di influenzare la sopravvivenza su un campione
di 8.000 finlandesi dai 30 ai 95 anni. Gli autori hanno potuto riscon-
trare come la partecipazione culturale fosse importante per la sopravvi-
venza soprattutto nei maschi finlandesi di mezza età, e come la correla-
zione rimanesse significativa indipendentemente da fattori demografici,
dallo stato di salute o da altri fattori tipicamente correlati con la salute.
Sempre nello stesso anno, ecco uno studio canadese eseguito da Iwa-
saki et al. (2006). In questo caso si tratta di uno studio osservazionale
«cross-sectional» volto ad esaminare se, e in che misura, la partecipazio-
ne ad attività culturali nel tempo libero possa associarsi ad una migliore
risposta a situazioni di stress, contribuendo quindi a mantenere una
buona salute fisica e mentale. Alla ricerca ha preso parte un campione
relativamente ristretto di 132 tra agenti di polizia e persone che lavora-
vano in situazioni di emergenza come vigili del fuoco – individui quindi
che tendono ad avere livelli di stress molto alti – allo scopo di indagare
il tipo di attività da essi svolte nel tempo libero e i livelli di stress a cui
erano sottoposti. I risultati hanno dimostrato che esiste un’effettiva
correlazione tra la partecipazione ad attività di svago nel tempo libero
ed un alleggerimento delle situazioni di stress, con un conseguente mi-
glioramento delle condizioni di salute sia fisica che mentale; nello spe-
cifico, si è scoperto che a diverse tipologie di attività corrispondono
diverse situazioni di adattamento. Ad esempio, la partecipazione ad
attività rilassanti e passive è risultata essere il più forte fattore predittivo
di un buon adattamento alle situazioni di stress, mentre la partecipazione
ad attività di tipo sociale a scopo principalmente di divertimento è ri-
sultata avere più influenza nel prevedere una buona salute mentale.
Infine, è stato riscontrato come il migliore fattore predittivo di una
buona salute fisica sia costituito dalla partecipazione ad attività di tipo
strettamente culturale. Dai risultati emerge quanto sia importante pre-
stare attenzione al tipo di attività che si svolgono nel tempo libero, quali
mezzi per affrontare lo stress e mantenere una buona salute.
Uno studio pubblicato nel 2007 da Wilkinson et al. si rifà agli studi
effettuati da Bygren, Konlaan e Johansson in Svezia, ed è volto a capire
la relazione tra partecipazione ad attività culturali e salute percepita in
un campione di cittadini americani, composto di 1.244 individui che
nel 1998 avevano partecipato al «General Social Survey», promosso dal
governo svedese. Dai risultati è emerso che vi è una relazione significa-
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ENZO GROSSI
tiva tra attività culturale e salute percepita, anche dopo aver aggiustato
i risultati secondo l’età, il sesso, lo stato civile, la razza, la numerosità
della famiglia, la classe sociale, il tipo di impiego, il reddito familiare e
il livello d’educazione. Più nello specifico, si è scoperto che più attività
culturali le persone dichiaravano di frequentare, migliore era il livello di
salute auto-percepita.
Due ulteriori studi svedesi pubblicati da Bygren et al. arricchiscono
la letteratura in questo campo: nel primo caso (2009a) si tratta di uno
studio osservazionale-longitudinale con un follow-up di 12 anni, nel
quale si esamina la relazione fra la frequentazione di eventi culturali
(nello specifico cinema, teatri, gallerie d’arte, spettacoli musicali dal vivo
e musei) e la mortalità correlata al cancro. Dai risultati dello studio,
effettuato su un campione di 9.011 partecipanti, si è riscontrato che
coloro che partecipavano raramente o moderatamente agli eventi cultu-
rali avevano rispettivamente un rischio di 3.23 e 2.92 volte superiore di
morire di cancro durante il periodo di follow-up rispetto ai frequentatori
più assidui. Tuttavia, questo effetto fu osservato solo fra i residenti delle
aree urbane.
Il secondo (2009b) è l’unico studio randomizzato in questo campo
effettuato su un campione di 101 funzionari dei servizi sanitari nella cit-
tà di Umea in Svezia, che si sono resi disponibili per partecipare ad
eventi culturali una volta alla settimana per 8 settimane. Il campione è
stato diviso a metà, con la prima metà che ha iniziato subito col pro-
gramma di esposizione culturale, e il resto che è servito come gruppo di
controllo. Lo scopo dello studio era di percepire lo stato di salute delle
persone somministrando agli individui, prima e dopo il periodo del-
l’esperimento, l’SF-36: uno degli strumenti internazionali più popolari
e validati per la misurazione della qualità della vita quantificando il
benessere fisico e mentale. I risultati mostrano che durante l’esperimen-
to la salute fisica ha subito un miglioramento nel gruppo d’intervento
e invece un peggioramento nel gruppo di controllo, con un migliora-
mento parallelo del funzionamento sociale e della vitalità.
Tra i più recenti studi di questa materia vi è infine la ricerca di
Cuypers et al. (2011) denominata The HUNT Study, svolta in Norvegia
con lo scopo di analizzare l’associazione tra le attività culturali e la salute
percepita, il livello di ansia e depressione e la soddisfazione con la pro-
pria vita in entrambi i generi. Lo studio si è basato sul terzo «Nord-
Trondelag Health Study», che include 50.797 partecipanti adulti risie-
denti nella regione di Nord-Trondelag in Norvegia, con dati raccolti
tramite questionari. I risultati hanno mostrato che la partecipazione ad
attività culturali sia recettive che creative è significativamente associata
ad uno stato di buona salute, buona soddisfazione con la propria vita e
ad un basso livello sia di ansia che di depressione in entrambi i generi.
Specie per il genere maschile, la partecipazione ad attività culturali re-
cettive, più che creative, è risultata maggiormente associata con tutti i
fattori collegati alla salute. Poiché sono state trovate associazioni signi-
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ficative tra le singole attività culturali sia creative che ricettive e i fattori
salute-correlati con la propria vita, l’HUNT Study suggerisce una rela-
zione (se pur dipendente dal genere) tra la partecipazione culturale e la
salute percepita: l’ansia, la depressione e la soddisfazione.
3. Ipotesi sui meccanismi biologici in gioco
Si deve a Bygren in massima parte il tentativo di fornire una plausi-
bilità biologica agli effetti osservati sugli indicatori di salute e attribuiti
alla partecipazione culturale.
I meccanismi maggiormente messi in gioco sono di tipo immunore-
gulatorio (Watkins, 1995). Sono infatti ben noti i collegamenti esistenti
tra cervello e sistema immunitario attraverso l’innervazione degli organi
linfoidi, e la messa in circolo di ormoni ipofisari, sotto il controllo
dell’ipotalamo, in grado di influenzare molte ghiandole endocrine, sur-
rene in primo luogo. Le fibre nervose formano giunzioni con gli organi
linfatici e rilasciano neurotrasmettitori in grado di stimolare attraverso
recettori specifici linfociti, macrofagi e granulociti neutrofili. Sono note
d’altra parte le influenze dell’ormone della crescita e della prolattina
sull’immunità, mentre i glucocorticoidi possono proteggere dalla malat-
tia autoimmune. Questa interazione può spiegare in che modo gli stati
emotivi o il sollievo dello stress psicologico influenzano la predisposizio-
ne ad infezioni per immunodepressione, l’insorgenza di malattie autoim-
muni e neoplastiche.
In aggiunta a questi potrebbero esistere altri meccanismi di influenza.
Il numero di recettori glucocorticoidi nell’ippocampo risulta aumentato
dall’arricchimento ambientale (Ader et al., 1995) in modelli animali, e
questo potrebbe essere importante nella depressione (Olson et al., 1995).
L’impegno teatrale è stato storicamente ampiamente utilizzato nella
psichiatria in Europa (Drees and Brade, 1969; Schacherl, 1970; Struyf,
1983; Sekl et al., 1995) e negli Stati Uniti (Thoret and Attigui, 1994)
ed effetti simili potrebbero essere attesi dall’immedesimazione dello
spettatore che assiste a spettacoli teatrali. Un simile tipo di comparteci-
pazione drammatica si svolge spesso in corso di eventi sportivi (Nuetzel,
1995) e questo potrebbe avere effetti di tipo medico.
4. Partecipazione culturale e wellbeing psicologico: il contributo italiano
Nel 2008 un consorzio di Enti promotori – Università IUAV di Ve-
nezia, Facoltà di Arti e Design Industriale, Dipartimento di Arti e Design
e Industriale – Centro EPOCA – Economia e Politiche Culturali Avan-
zate; Libera Università di Bolzano, Facoltà di Scienze della Formazione;
Ripartizione Italiana Cultura Provincia Autonoma di Bolzano; Fonda-
zione Garrone; Bracco Spa – hanno dato il via ad una inedita indagine
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che ha interessato 1.500 cittadini selezionati da Doxa per essere rappre-
sentativi della popolazione italiana, gettando le basi per una piccola
rivoluzione concettuale sul ruolo della cultura nei confronti del benes-
sere psicologico.
Uno degli obiettivi dell’iniziativa, unica nel suo genere in Italia e in
Europa, è quello di fornire un quadro interpretativo della relazione tra
consumo culturale e benessere ed evidenziare l’incidenza della cultura (e
del consumo culturale) rispetto ai processi di sviluppo dell’individuo
(inteso come capitale umano e sociale).
Il processo di inserimento delle domande della sezione cultura è av-
venuto attraverso la selezione di alcune domande, parte di un questio-
nario realizzato dall’Università IUAV di Venezia e dalla AIRESIS Con-
sulting di Milano – società specializzata in ricerche di mercato e stati-
stiche – utilizzato nel 2006 per la rilevazione degli effetti del consumo
culturale nei processi di sviluppo urbano.
Il livello di benessere psicologico soggettivo è stato misurato attraverso
l’Indice di Benessere Psicologico Generale (PGWBI – Psychological Gene-
ral Well Being Index), uno strumento validato da decenni di pratica clinica
(Grossi et al., 2006). Il PGWBI è stato sviluppato come strumento per
misurare le auto-rappresentazioni degli stati emozionali ed affettivi intra-
personali che rispecchiano un senso di benessere soggettivo o di disagio,
catturando ciò che possiamo definire la percezione soggettiva del benes-
sere. Il PGWBI originale consiste in 22 item auto-somministrati che va-
lutano, su una scala di 6 punti, il benessere generale e psicologico degli
intervistati in sei domini di qualità di vita: ansia, umore depresso, benes-
sere positivo, autocontrollo, vitalità e salute generale. Ciascun item ha sei
possibili punteggi (da 0 a 5), riferiti alle ultime quattro settimane del
soggetto intervistato. Ciascun dominio è definito da un minimo di 3 ad
un massimo di 5 item. I punteggi per tutti i domini possono essere sin-
tetizzati nel riepilogo del punteggio globale che raggiunge un punteggio
massimo teorico di 110 punti, rappresentando il miglior livello raggiun-
gibile di benessere, una specie di «stato di beatitudine» (Dupuy, 1990).
In questa ricerca, si è adottato la forma abbreviata di PGWBI, che
consiste di sei item che generalmente spiegano più del 92% della varian-
za globale del questionario. Il PGWBI completo (la versione di 22 item)
è stato adottato in due precedenti ricerche sul benessere della popolazio-
ne italiana (2000 e 2004). Questa versione ridotta è stata validata in un
progetto a lungo termine condotto dal 2000 al 2006 in Italia. In una
sezione specifica del questionario abbiamo aggiunto i dati che si riferi-
scono all’accesso culturale, e le informazioni raccolte attraverso le inter-
viste sono state espresse in termini quantitativi (quantità ottenute dalle
risposte, ad esempio il numero di volte in un anno in cui l’intervistato
aveva partecipato a determinate attività).
Secondo quanto era lecito aspettarsi, si è osservata una relazione in-
versa fra il valore del PGWBI e l’età. Tuttavia, nonostante questa chiara
tendenza nei valori medi assoluti, le differenze di punteggio non rag-
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EVIDENZE CLINICHE DEI RAPPORTI TRA CULTURA E SALUTE
giungono facilmente livelli statisticamente significativi, se non a partire
dai 40 vs i 15-17 anni di età, e dai 50 vs. i 18-20 anni. Quindi l’età è
importante per i cambiamenti del PGWBI, ma si verificano grandi so-
vrapposizioni.
Cosa sappiamo sul genere (maschile/femminile)? I soggetti di sesso
maschile si sentono in media meglio delle donne, con uno spread di sei
punti nella media PGWBI. Questo divario di genere che favorisce gli
uomini è statisticamente significativo nonostante il divario del punteggio
assoluto sia inferiore, in questo momento, ai valori dell’età. Ciò vale
anche per il reddito: le persone con un reddito inferiore ai 1.000 euro
al mese mostrano dei valori PGWBI statisticamente più bassi rispetto a
tutti gli altri livelli di reddito, ma qualunque ulteriore differenza di
reddito non risulta essere statisticamente significativa. In questo modo,
al di là di una certa soglia, il livello di reddito non sembra giocare un
ruolo maggiore degli altri nella percezione del benessere.
Le categorie lavorative sono associate ad un’ampia gamma di valori
del benessere, con una media del PGWBI che oscilla intorno a 70 nel
caso si tratti di agricoltori o disoccupati e a 84 per i manager. Anche in
questo caso, la variabilità del punteggio è così ampia che non emergono
differenze statisticamente significative. Lo stesso discorso vale per lo stato
civile, per la scolarizzazione e l’istruzione, sempre determinati dall’am-
piezza della variabilità del punteggio, in modo da disordinare le diffe-
renze assolute attese – ad esempio, fra la scuola primaria e il liceo.
Lo stato di salute è chiaramente più specifico nel determinare le dif-
ferenze sostanziali nei valori del benessere. Osserviamo già differenze sta-
tisticamente significative comparando le classi «assenza di malattia» vs le
classi «solo una malattia», e ad ogni aumento del numero di malattie, i
gruppi sono statisticamente ben distinti, con l’eccezione delle classi «1
malattia» vs «2 malattie».
Inoltre, i livelli di accesso culturale sono associati a differenze statistica-
mente significative nei punteggi del benessere. Infatti, le persone che non
accedono ad alcun tipo di attività culturale mostrano valori PGWBI medi
statisticamente più bassi rispetto a coloro che hanno da 1 a 25 attività al-
l’anno, una categoria il cui benessere risulta a sua volta statisticamente in-
feriore rispetto alla categoria da 26 a 103 attività all’anno. Al di là di que-
sto aspetto, ulteriori incrementi nell’accesso culturale non riflettono ulte-
riori incrementi statisticamente significativi nel benessere. Già da questa
analisi uni-variata, è abbastanza chiaro che lo stato di salute e l’accesso
culturale dominano lo scenario dei fattori che influenzano potenzialmente
il benessere. Questa evidenza è ulteriormente avvalorata dal confronto
degli effetti della grandezza del punteggio assoluto per ciascuna variabile.
L’analisi dell’impatto di ciascuna variabile sulla media dei punteggi
PGWBI, in termini di dimensione dell’effetto assoluto rispetto ai princi-
pali determinanti considerati, ha permesso di stabilire una sorta di classi-
fica di importanza dei potenziali determinanti del benessere psicologico.
L’accesso culturale è venuto a distinguersi chiaramente come la secon-
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ENZO GROSSI
da variabile in termini di dimensione dell’effetto assoluto sul benessere
percepito, subito dopo lo stato di salute. Sulla base di questi risultati, è
sembrato interessante andare più a fondo nella relazione fra il regno
culturale e quello della salute per determinare il benessere, e cercare di
catturare, se ve ne sono, alcune, forse elusive, ma importanti e più pro-
fonde relazioni fra di essi. Non ha sorpreso rilevare come il fattore che
maggiormente influenza la percezione di benessere soggettivo è il pro-
prio stato di salute. Vi è infatti una relazione lineare tra numero di
patologie concomitanti e decremento del punteggio PGWBI, che supera
il livello ritenuto espressione di distress severo a partire dalla presenza di
3 malattie concomitanti.
Al di là di questo dato atteso, i risultati preliminari ottenuti confer-
mano in pieno il costrutto di riferimento: livelli elevati di consumo cul-
turale nelle sue diverse espressioni si associano ad elevati valori di benes-
sere psicologico percepito anche dopo la correzioni per gli altri poten-
ziali determinanti del benessere.
A scopo esemplificativo consideriamo la frequenza dei cittadini agli
spettacoli teatrali. Ebbene oltre metà del campione intervistato non fre-
quenta abitualmente il teatro. mentre la percentuale dei cittadini che vi-
sitano almeno poche volte all’anno un museo presenta una curva con un
picco intorno a 1-2 volte all’anno. Stratificando la popolazione proprio in
base a questo comportamento e mettendo a confronto i sottogruppi che
frequentano «mai, molto poco, poco, abbastanza e spesso» i teatri, si nota
una relazione lineare tra benessere psicologico percepito e consumo cul-
turale, come se la fruizione di stimoli culturali potesse avere un ruolo
decisivo nel modificare la qualità di vita. L’indagine peraltro ha permesso
di valutare l’associazione tra molte altre attività culturali e di svago e
benessere psicologico percepito, che risulta infatti decisamente influenzato
dal non svolgere o svolgere intensamente specifiche attività. Questa ten-
denza è particolarmente accentuata nel soggetto anziano, in cui la co-
morbilità tende a ridurre il benessere percepito.
Ordinando le varie attività rispetto alla differenza percentuale del livel-
lo di benessere tra massimo consumo e minimo consumo, risulta chiaro
che per alcune attività, quali la frequentazione di concerti di musica o la
pratica dello sport, ci sono scarti anche di 10 punti della scala PGWBI,
sicuramente rilevanti dal punto di vista statistico ed epidemiologico .
Queste evidenze mostrano che, almeno per quanto riguarda forme
specifiche di accesso culturale, il benessere individuale viene influenzato
in modo sostanziale e che le politiche che puntano a promuovere l’ac-
cesso culturale possono essere considerate (e conseguentemente trasfor-
mate e riprogettate) anche come politiche per la salute. L’uso di reti
neurali artificiali, che permette di lavorare con modelli predittivi molto
complessi, prendendo in esame, comunque, tutti i tipi di interazione fra
le variabili complesse, mostra che il contributo dell’accesso culturale non
è semplicemente correlato a fattori determinanti ben noti di benessere
soggettivo, come il grado di istruzione, il reddito o l’età, come sostenuto
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EVIDENZE CLINICHE DEI RAPPORTI TRA CULTURA E SALUTE
dalla saggezza convenzionale in questo ambito. In modo specifico, sulla
base dei nostri dati, in una scala ipotetica dei fattori maggiormente deter-
minanti di PGWBI, la cultura (basata sulle capacità e che include la pra-
tica sportiva) si attesta al secondo posto, subito dopo lo stato di salute e
prima del reddito, e si rivela essere più importante di categorie come l’età,
l’educazione, il genere o il tipo di impiego, che hanno sinora ricevuto
un’attenzione considerevolmente maggiore nella letteratura di settore.
Attraverso un particolare tipo di rete neurale sviluppata dal prof.
Massimo Buscema del Centro Ricerche Semeion – in grado di tracciare
le relazioni naturali tra le variabili mettendo in evidenza legami sfumati
e deboli che sfuggirebbero ad analisi statistiche tradizionali – abbiamo
potuto mettere in evidenza (Buscema and Grossi, 2007) la mappa se-
mantica delle variabili in studio in soggetti di età maggiore ai 60 anni
considerando le singole attività culturali (Fig. 1). Per rappresentare la
presenza di benessere e malessere psicologico sono stati presi in consi-
derazione i soggetti con valori di PGWBI superiori ad 85 e inferiori a
70 rispettivamente, escludendo la fascia intermedia.
FIG. 1 – Mappa semantica delle variabili in gioco nei soggetti ultrasessantenni ottenuta con il
sistema Auto-CM, Centro Ricerche Semeion, Roma.
Come è possibile notare il nodo relativo al benessere occupa una po-
sizione centrale nel grafico, riflettendo il suo ruolo chiave. Il benessere
risulta direttamente connesso alla presenza di una sola patologia (il li-
vello migliore di salute di questa fascia di popolazione dal momento che
nessun soggetto oltre i 60 anni risultava privo di patologie), alla localiz-
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ENZO GROSSI
zazione geografica settentrionale, e cosa questa molto interessante, alle
attività sociale e sportiva e agli hobbies. A differenza della mappa otte-
nuta nei soggetti sotto i 60 anni (che per ragioni di spazio non viene
mostrata) i soggetti più anziani beneficiano più direttamente di alcune
attività culturali: nell’anziano in altri termini la cultura conta di più.
Come è possibile interpretare l’insieme di questi risultati? Sappiamo
ormai da diverse fonti che la cultura e le arti influenzano diversi aspetti
della nostra vita e che la pratica delle arti e la fruizione della cultura
possono avere effetti fisici, mentali e sociali. I nostri risultati aggiungono
qualcosa di nuovo al quadro complessivo, in quanto evidenziano l’im-
portanza della partecipazione culturale per il benessere psicologico e
offrono il fondamento razionale per una nuova stagione di politiche ri-
guardanti questioni individuali e sociali della deprivazione umana, allar-
gando la portata delle strategie politiche per il benessere. Ad esempio,
le politiche di trasformazione urbana dovrebbero essere incentrate su arti
e cultura come motore per un cambiamento individuale e sociale che
potrebbe favorire effetti emozionali quali l’impegno e l’arricchimento
sociale, il cui impatto sul benessere soggettivo può essere sostanziale.
Un’architettura sociale delle comunità più attenta alla socialità e alla
partecipazione culturale può esercitare un’influenza profonda sulla per-
cezione del significato del modo di ciascuno di impiegare il proprio
tempo libero e le proprie energie. I legami tra accesso culturale e svilup-
po umano e sociale sono quindi molto più sostanziali di quanto ci si
potrebbe aspettare di primo acchito. Questo legame profondo non si
presta a ricette meccanicistiche sullo sviluppo culturale e creativo che
sono normalmente gli approcci a tali temi (Florida, 2002). I nostri ri-
sultati tendono a suggerire che la qualità della partecipazione culturale,
può da sola generare potenti effetti di sviluppo, indipendentemente
dall’impatto economico-strumentale dell’attività culturale, e che la di-
mensione della salute pubblica è, a questo riguardo, più importante. Dal
nostro punto di vista, gli approcci strumentali allo sviluppo culturale
possono provocare mancanza di sostenibilità sociale e perdita di benes-
sere sociale, in quanto scoraggiano la partecipazione motivata intrinseca
dell’individuo a favore della appropriazione dei suoi effetti economici
opportunisticamente motivata (Sacco and Tavano Bessi, 2009).
L’importanza strategica della cultura in questo particolare contesto ha
a che fare non soltanto con la sua capacità di influenzare il benessere
migliorando i processi collettivi di attribuzione di senso e promuovendo
nuove forme di socialità, ma anche con la produzione sociale di altre
risorse intangibili quali l’istruzione e le abilità, che sono fondamentali
per i processi di sviluppo locale. Un resoconto esaustivo di questi effetti
complessi, e una discussione teorica meno schematica del ruolo di svilup-
po della cultura mediati dal benessere psicologico, saranno l’oggetto degli
studi futuri, anche su iniziativa di enti pubblici interessati al nuovo e
affascinante tema.
Lo studio in oggetto è, a nostro avviso, uno dei primi tentativi di va-
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EVIDENZE CLINICHE DEI RAPPORTI TRA CULTURA E SALUTE
lutare le implicazioni sul benessere delle attività culturali condotto su un
campione relativamente ampio a livello nazionale, e in questo senso ha
i prerequisiti per fornire alcuni risultati empiricamente fondati e quindi
una valutazione preliminare della rilevanza dell’accesso culturale per le
scelte politiche e le teorie sulla salute pubblica. In particolare, crediamo
che riconoscere l’accesso culturale come uno dei maggiori fattori deter-
minanti del benessere soggettivo può essere utile ad approcci stimolanti
di progettazione e implementazione di strategie per la salute pubblica.
La relazione fra l’accesso culturale ed il benessere soggettivo, tuttavia,
è probabilmente molto sottile ed elusiva, per lo meno quando è analizzata
attraverso gli strumenti dell’analisi statistica convenzionale, multivariata,
bi-variata o uni-variata. Le abitudini culturali sono molteplici, e raramente
riconducibili a modelli univoci: le persone che hanno interessi culturali
tendono a distribuire il loro tempo, la loro attenzione ed energia fra
molte e differenziate attività. Se vogliamo quindi capire come l’accesso
culturale contribuisca al benessere psicologico, dobbiamo affidarci a stru-
menti che consentano al ricercatore di prendere in considerazione questa
associazione multi-dimensionale inestricabile fra le variabili che traducono
i modelli comportamentali tipici della scelta (culturale). Con questo obiet-
tivo dobbiamo respingere i modelli in cui solo poche variabili sono sele-
zionate attraverso le correlazioni lineari, a favore di un modello che sia in
grado di considerare pienamente l’interazione dinamica delle variabili, al
fine di valutare il fattore predittivo potenziale comune. Le tecniche delle
ANN (Artificial Neural Networks) avanzate adottate in questo articolo
ci permettono, tuttavia, di operare in modo più preciso, valutando l’in-
sieme migliore di variabili che spieghi la variabilità del target, e la gradua-
toria interna di tali variabili nei termini del potere predittivo relativo.
Una volta posto il collegamento fra cultura e benessere sotto il giusto
set di lenti analitiche, risulta abbastanza chiaro che « la cultura conta», e
che vi è una prova evidente che l’accesso culturale ha un impatto deter-
minante sul benessere psicologico individuale (in particolare quando esso
si svolge in una prospettiva ben bilanciata mente-corpo), ed inoltre che la
cultura fornisce alcuni dei più efficaci fattori predittivi di benessere.
5. Conclusioni
L’analisi delle relazioni tra cultura e salute ha visto solo negli ultimi
anni una notevole crescita di interesse, dopo la pubblicazione di alcuni
studi epidemiologici, frutto di osservazioni prolungate nel tempo di cam-
pioni rappresentativi di popolazione generale. Studi che hanno dimostrato
in maniera inequivocabile come l’intensità di fruizione intelligente del
tempo libero si associ ad un prolungamento dell’aspettativa di vita, alla
riduzione di gravi patologie croniche degenerative, come la malattia di
Alzheimer o il cancro e al miglioramento del benessere psicologico.
La mole di evidenze sul ruolo potenziale della cultura sulla promo-
186
ENZO GROSSI
zione della salute è piuttosto sorprendente. Altrettanto sorprendente è
l’ignoranza dei medici, operatori sanitari in senso lato e manager pub-
blici relativamente a questo corpo di conoscenze.
Ne consegue che le politiche che puntano a promuovere l’accesso
culturale possono essere considerate (e conseguentemente trasformate e
riprogettate) come politiche per il welfare.
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