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Beni immateriali
Internet delle cose, Networks
e plusvalore della connettività
di Roberto Moro Visconti
L’Internet delle cose si basa su tecnologie che trasformano oggetti “inanimati”, dotati di sensori
che raccolgono e scambiano dati, in dispositivi interconnessi. La connettività tra oggetti, il net-
work-Web (come piattaforma virtuale di interscambio) e gli intangibili, rappresenta una leva di
creazione di valore, attraverso innovazioni di prodotto e di processo. Le conseguenze di questi
mutamenti epocali delle funzionalità e potenzialità degli intangibili pongono rilevanti quesiti giu-
ridici, anzitutto in tema di responsabilità, privacy e sicurezza, in ordinamenti giuridici diversi e di-
sordinatamente connessi in tempo reale.
Internet delle cose e nuovi
“beni”immateriali
L’Internet delle cose (Internet of Things, IoT)(1) è
fondato su una famiglia di tecnologie innovative
(chips, sensori wired ewireless,tags,codiciqrebar-
codes, identificazioni Rfid a radio frequenza, GPS,
etc.), che collegano oggetti (gadgets ...) - in sé e
per sé “inanimati”- in dispositivi smart sempre
connessi al web (come i cellulari), per raccogliere,
scambiare e processare dati in tempo reale. L’IoT è
l’estensione di internet al mondo degli oggetti e dei
luoghi fisici, che attraverso il web vengono deloca-
lizzati e resi fruibili potenzialmente ovunque, ac-
quisendo un’identità elettronica e un ruolo attivo
con il collegamento alla rete di sensori intercon-
nessi che si interfacciano col mondo fisico.
Attorno all’IoT ruotano protocolli, piattaforme in-
formatiche di interscambio e tecnologie abilitanti,
che consentono di combinare funzioni di hardware,
software, dati e servizi per ottenere nuovi prodotti
in cui la componente “fisica”è intimamente con-
nessa con quella intangibile.
Gli intangibili collegati agli oggetti attraverso in-
ternet acquisiscono un plusvalore potenzialmente
elevato, in funzione delle nuove prospettive di
sfruttamento economico derivanti dal network.La
connettività tra oggetti, il network-web (come piat-
taforma virtuale di interscambio) e gli intangibili,
rappresentano una leva di creazione di valore so-
prattutto se le risorse immateriali interagiscono tra
di loro nell’ambito di un portafoglio sinergico di
Intellectual Property (IP).
Le conseguenze di questi mutamenti epocali delle
funzionalità e potenzialità degli intangibili rilevano
anche sotto il profilo giuridico e richiedono un’in-
novazione nelle forme di tutela che devono confor-
marsi a nuovi paradigmi e modelli di business.
Il valore del network, che funge da “catena di tra-
smissione”dei collegamenti, può essere stimato in
via differenziale dal plusvalore che esso conferisce
agli intangibili ovvero direttamente, considerandolo
un’autonoma piattaforma per l’interscambio di dati.
I principali ambiti operativi e settori interessati
dalla filiera IoT riguardano anzitutto:
- domotica;
- robotica;
- avionica;
- industria automobilistica;
- biomedicale;
- monitoraggio in ambito industriale;
- intelligenza ambientale;
- telemetria;
- reti wireless di sensori;
- sorveglianza;
- rilevazione di eventi avversi;
-smart grid,smart metering ecyber-security;
(1) J. Rifkin, La società a costo marginale zero. L’Internet del-
le cose, l’ascesa del Commons Collaborativo e l’eclissi del capi-
talismo, Milano, 2014.
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-smart home esmart city;
- sistemi embedded (2);
- telematica.
Il valore dei “classici”beni immateriali (marchi,
brevetti, software,know-how, etc.) dipende in ma-
niera crescente dalla circostanza che essi siano o
meno collegati a internet, come piattaforma privile-
giatadiinterscambioefruizionediinformazioniin
tempo reale. I nuovi modelli di business delle im-
prese sono sempre più orientati ad esaltare il valore
differenziale (incrementale) esprimibile dai beni
immateriali per perseguire a livello strategico un
vantaggio competitivo. La versatilità che gli intan-
gibili possono acquisire, se collegati armonicamen-
te tra di loro anche attraverso la connettività a in-
ternet, è essa oppure fonte di plusvalore e può con-
sentire una scalabilità merceologica e geografica,
in grado di coprire nuovi prodotti e mercati.
I nuovi intangibili, sempre più integrati tra di loro
nell’ambito di un portafoglio IP (spesso condiviso
tra società anche autonome, con licenze incrociate
o accordi di rete), sono tendenzialmente concepiti
ab origine per essere costantemente interconnessi
con il web.
Lo scambio di informazioni dei dispositivi, mediato
attraverso internet,riduceleasimmetrieinformati-
ve (con tutte le conseguenze giuridiche del caso) e
consente diverse applicazioni, quali ad esempio la
raccolta di dati statistici (che per volumi possono
diventare “big data”) a supporto di iniziative di
marketing sempre più mirate e personalizzate, nel-
l’ambito dello sviluppo di marchi (digital bran-
ding) (3). O ancora, i sensori applicati agli oggetti
consentono variegate applicazioni, spesso brevetta-
te (si pensi alla domotica, con controllo a distanza
di elettrodomestici o altri apparecchi).
L’interscambio tra produttori e fruitori di beni e
servizi, anche attraverso mobile apps (4), con giudizi
e recensioni in tempo reale, consente di intrapren-
dere percorsi condivisi, fino a poco tempo fa im-
pensabili, dai quali emergono nuovi paradigmi, im-
perniati sulla co-creazione di valore. Anche qui, le
conseguenze sotto il profilo giuridico assumono un
rilievo non trascurabile.
Internet delle cose, networks ebig data
I paradigmi innovativi che governano l’IoT ruota-
no intorno ai network (reti) che collegano sensori
e attuatori con internet.
Nella figura sotto riportata (5) si evidenziano le di-
verse fasi dell’IoT, partendo dai sensori collegati ai
sistemi computerizzati e a internet, anche con archi-
viazione in cloud, per poi essere raccolti, classificati
e applicati su larga scala, nell’ambito dei big data:
[1] device-to-device
[2] device-to-cloud
[3] device-to-gateway
(2) Sistemi elettronici integrati di elaborazione a micropro-
cessore progettati per specifiche applicazioni (sistemi di calco-
lo per eseguire ripetutamente un’azione a costo contenuto; ad
es. lettori portatili di musica, decoder per TV satellitari, etc.).
(3) R. Moro Visconti, Valutazione dei big data e impatto su
innovazione e digital branding, in questa Rivista, 2016, 1, 46-53.
(4) R. Moro Visconti, La valutazione delle Mobile App,in
questa Rivista, 2015, 5, 481-491.
(5) Tratta, con adattamenti, da: Internet Society, The Inter-
net of Things: An Overview, 2015, www.internetsociety.org.
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I dispositivi connessi (smart devices) possono comu-
nicare tra di loro (device to device) attraverso una
rete wireless, anche connessa a internet,ovverodi-
rettamente tramite bluetooth. Quando dispositivi
diversi interagiscono raggruppandosi (in cluster),
l’innovazione può crescere sensibilmente.
I dispositivi possono inoltre comunicare e scambia-
re dati (device to cloud) attraverso servizi cloud esi-
stenti con apposite app (application service provi-
der) (6).
È anche possibile utilizzare smartphones o altri di-
spositivi connessi a internet come “porte”per acce-
dere a servizi cloud escambiaredatifraIoT(device
to gateway). I big data possono ristrasmettere infor-
mazioni agli IoT devices - attuatori.
Come si è evidenziato, l’articolazione dell’IoT lun-
go la filiera di processo (supply chain) parte dai sen-
sori collegati a computer seriali (che amplificano
la capacità di ricezione di enormi masse di dati)
tramite internet e spesso in modalità wireless.La
trasmissione dei dati può seguire percorsi e proto-
colli criptati, ove si vogliano perseguire strategie di
cyber security, soprattutto per applicazioni sensibili
(in campo medico, per aspetti di security, etc.).
L’estrazione dei dati dal cloud remoto che archivia
le informazioni segue modalità di data mining epro-
cessing tipiche dei big data,ovverol’insieme di tec-
niche e metodologie che hanno per oggetto l’estra-
zione di un sapere o di una conoscenza, a partire
da grandi quantità di dati (attraverso metodi auto-
matici o semi-automatici), e l’utilizzo scientifico,
industriale od operativo di questo sapere (7). Il data
mining di informazioni eterogenee, condotto anche
attraverso un’interoperabilità (8) di diversi databa-
se, è idoneo a generare significativi incrementi di
valore.
Idiversi passaggi sopra sinteticamente illustrati
possono essere interpretati anche attraverso la teo-
ria dei network (reti), posto che l’IoT fa networ-
king tra le “cose”connesse.
In estrema sintesi e per quanto qui rileva, la teoria
dei network si occupa di relazioni simmetriche o
asimmetriche tra oggetti, quali ad esempio i sensori
e i computer che ne ricevono il segnale. Sensori e
computer rappresentano i nodi (vertici), collegati
attraverso la connettività informatica e grazie alla
struttura modulare della rete internet.
Le relazioni simmetriche sono caratterizzate da una
biunivocità, ad esempio quando i sensori trasmet-
tono informazioni ma anche le ricevono in qualità
di attuatori. Nel paragrafo seguente, ci si sofferme-
rà brevemente sugli aspetti giuridici delle relazioni
(a)simmetriche.
Innovazione di prodotto e di processo
connessa a Internet e soluzioni B2B e B2C
L’innovazione tecnologica consiste “nell’attività
deliberata delle imprese e delle istituzioni tesa a in-
trodurre nuovi prodotti e nuovi servizi, nonché
nuovi metodi per produrli, distribuirli e usarli”(9).
Rileva, in particolare, la distinzione schumpeteria-
na tra innovazione di prodotto (creazione di nuovi
beni o servizi) e di processo (nuovi metodi di pro-
duzione o distribuzione). Entrambe queste tipologie
di innovazione, incrementale o radicale, sono inti-
mamente connesse a beni immateriali (in partico-
lare, know-how, software e brevetti).
L’innovazione di prodotto consente di introdurre
sul mercato nuovi beni o servizi e ha quindi un im-
patto diretto sui ricavi, mentre l’innovazione di
processo (ad es., con soluzioni B2B o B2C nel
commercio elettronico) utilizza in modo più effi-
ciente prodotti o sevizi già esistenti, con risparmi
di costi. Entrambe agiscono sul differenziale ricavi-
costi e quindi sulla marginalità economica della so-
cietà o delle reti d’impresa che sfruttano l’innova-
zione indotta, ad esempio dall’utilizzo dell’IoT.
Il paradigma prodotto-ricavo e processo-costo sopra
evidenziato non va peraltro letto in maniera dog-
matica, né necessariamente riferito a singoli intan-
gibili: vi sono infatti intersezioni sempre più evi-
denti tra prodotti e processi e conseguenti sinergie
che intersecano le innovazioni, coinvolgendo un
portafoglio di intangibili. Si pensi a nuovi prodotti,
ad esempio in ambito informatico o digitale
(smartphone geolocalizzati in tempo reale), che
consentono di modificare i processi (vendite B2C,
etc.), con un plusvalore sinergico che coinvolge
una filiera di intangibili tra loro coordinati.
In questo contesto di riferimento, il ruolo dell’IoT
assume un rilievo precipuo, nella misura in cui
(6) W.K.Hon-C.Millard-J.Singh,Twenty Legal Conside-
rations for Clouds of Things, Legal Studies Research Paper no.
216, 2016, Queen Mary University of London, School of Law.
(7) G.Xintong-W.Hongzhi-Y.Song-G.Hong,Brief sur-
vey of crowdsourcing for data mining,inExpert Systems with
Applications, 2014, 41, 7987-7994.
(8) L’interoperabilità è, in ambito informatico, la capacità di
un sistema o di un prodotto informatico di cooperare e di
scambiare informazioni o servizi con altri sistemi o prodotti in
maniera più o meno completa e priva di errori, con affidabilità
e ottimizzazione delle risorse.
(9) G. Sirilli, Innovazione tecnologica.Voce dell’Enciclopedia
Treccani.
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consente di sviluppare nuovi prodotti e mercati,
quali quelli elencati nel paragrafo iniziale, e con
essi di proporre soluzioni operative, nell’ambito di
supply chain (catene di fornitura) informatizzate,
che innovano profondamente i processi e i modelli
di business, riformulandone i paradigmi.
Isupply chain networks connessi all’IoT sono anzi-
tutto di tipo informativo (trasmissione e avanza-
mento ordini ...) per B2B all’ingrosso o B2C al det-
taglio. In questi networks interagisce una moltepli-
cità di stakeholders virtuali (10), in ecosistemi ca-
ratterizzati da perimetri contrattuali spesso difficili
da identificare.
Cenni sulle problematiche giuridiche:
dal nesso di causalità e reciprocità
alla tutela della privacy
Le problematiche giuridiche afferenti la filiera
IoT (11) ruotano intorno alla natura, caratteristi-
che e funzioni dei beni (oggetti), dati e/o servizi
che li inquadrano da un punto di vista tecnico-
merceologico, in un mercato multi-layered, articola-
to e stratificato su più livelli interoperabili e inter-
scambiabili.
La comprensione delle caratteristiche tecniche e
delle finalità dei dispositivi animati dalla connetti-
vità a internet rappresenta quindi il logico e impre-
scindibile presupposto per una contestualizzazione
e analisi delle problematiche giuridiche. Esse sono
rese ancora più complesse dalla difficoltà di adatta-
re strumenti e orientamenti anche giurisprudenziali
arealtàtalmenteinnovativedaesserenonsempre
interpretabili in via analogica o esperienziale con
gli strumenti e la codificazione normativa esistenti.
L’IoT non pare definibile ed inquadrabile come un
(singolo) “bene”immateriale, in quanto esso iden-
tifica un processo innovativo multifase, con titola-
rietà spesso differenti lungo la catena del valore (il
proprietario di un sensore animato non necessaria-
mente lo è anche dei computer eserver che ne pro-
cessano il segnale e/o dei classificatori ed interpreti
dei big data). La proprietà o il possesso degli stru-
menti ben possono essere dissociati dal servizio ad
esso correlato. L’IoT identifica un nuovo concetto
di “prodotto”, caratterizzato da una sinergica e in-
separabile compenetrazione di hardware,software e
servizi, in cui la componente intangibile è tipica-
mente del tutto preponderante, ancorché non
esclusiva. Le problematiche giuridiche che ne di-
scendono, ancora in buona parte inesplorate, meri-
tano approfondimenti sotto diversi profili (titola-
rietà, esclusiva, condivisione di responsabilità, giu-
risdizione, etc.).
I diversi passaggi logico-iterativi della catena del
valore legata alla filiera IoT (come si è anticipato
anche nel grafico funzionale riportato nel paragrafo
precedente) possono conseguentemente essere og-
getto di problematiche giuridiche che li consideri-
no singolarmente ovvero anche nel loro complesso
sequenziale.
Così, ad esempio, potranno sorgere fattispecie giu-
ridicamente rilevanti ove si esamini la sola connet-
tività iniziale tra oggetti (sensori) e i sistemi com-
puterizzati legati al web, ovvero anche i passaggi
successivi in cui le informazioni sono archiviate,
classificate (nell’ambito dei big data), interpretate,
applicate e condivise, fornendo input di ritorno ai
sensori che in tal caso diventano attuatori. Si pen-
si, sempre a titolo di esempio, al ruolo biunivoco
dei sensori, che nel momento in cui divengono an-
che attuatori assumono profili di responsabili-
tà (12) ben più pregnanti, soprattutto in settori
particolarmente delicati (come il biomedicale lega-
to alla telemedicina, la cyber-sorveglianza, etc.).
Avendo riguardo alla filiera IoT e alla relativa sup-
ply chain,icloud data includono i thing data trasferiti
sulla “nuvola”e possono differire se il proprietario
ol’avente diritto all’accesso è diverso. Spesso sono
coinvolte, oltre al proprietario e all’utilizzatore del-
le “cose”(in cloud), anche altre figure (intermedia-
ri che trasferiscono le informazioni, etc.) in un am-
bito giurisdizionale virtuale, non territorialmente
definito.
Con riferimento ai profili di responsabilità, va rile-
vato che, essendo la filiera IoT un’interazione in-
scindibile di hardware,software e servizi, una singo-
la criticità può avere reazioni a catena sulle altre
componenti, con una causalità spesso difficile da
ricostruire eziologicamente a posteriori. Il monito-
raggio in remoto e in tempo reale della supply chain
rappresenta, in questo ambito, un elemento di ri-
duzione dei rischi, con rilievi giuridici spesso deli-
cati (il monitoraggio è contrattualmente imposto?
Chi ne è responsabile? In quale misura l’autonomia
(10) Sviluppatori di tecnologie in remoto; fornitori di hard-
ware, software e piattaforme interattive; interpreti di big data;
clienti e utilizzatori finali, etc.
(11) G.N. La Diega - I. Walden, Contracting for the ‘Internet
of Things’: Looking into the Nest, Legal Studies Research Paper
no. 219, 2016, Queen Mary University of London, School of
Law.
(12) Le smart things (smartphones, smart cars,etc.)non
hanno bisogno dell’intervento umano per funzionare e la loro
autonomia pone delicati problemi giuridici, anzitutto in tema di
responsabilità.
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delle smart things vincola e responsabilizza il pro-
prietario? etc.).
Alcuni istituti giuridici come il nesso di causali-
tà (13) ovvero anche, in taluni casi, il nesso sinal-
lagmatico di reciprocità, propongono chiavi inter-
pretative che vanno opportunamente adattate alle
complesse fattispecie, attraverso il citato inquadra-
mento tecnologico, che ne chiarisce ruoli e funzio-
nalità. Così, il nesso di causalità potrà fornire lumi
in merito ai profili di responsabilità civile e/o pe-
nale, agendo unidirezionalmente (dall’oggetto ani-
mato dalla connettività fino all’informazione / im-
pulso decisionale che da esso deriva) o anche biu-
nivocamente, nel caso in cui i sensori siano anche
attuatori di decisioni elaborate anche grazie alle in-
formazioni preliminari da loro fornite.
La connettività agisce, nei network fisici e immate-
riali (dalle “cose”al web, andata e ritorno), come
cinghia di trasmissione del nesso causale, assumendo
in tale ambito un ruolo eziologicamente rilevante.
Il nesso di causalità è foriero non solo di criticità
giuridicamente rilevanti ma anche e soprattutto di
opportunità derivanti dal plusvalore ad esso asso-
ciabile: gli oggetti inanimati (soprattutto se di pro-
venienza eterogenea) hanno infatti un valore ben
inferiore (potenzialmente infimo) rispetto a quello
che essi assumono grazie alla connettività. A tali
opportunità sono associabili previsioni contrattuali
che regolamentino le prestazioni dei contraenti e
fruitori (in senso lato, stakeholders), lungo tutta la
catena del (plus)valore intangible-driven (14).
I contratti in essere hanno, al momento, una limi-
tata portabilità verso altri providers (con conse-
guente potenziale rendita monopolistica, a danno
dei consumatori). Il livello di customizzazione e in-
teroperabilità dei contratti può rappresentare un
freno alla concorrenza, peraltro tipico dei settori
innovativi che cambiano radicalmente le regole
del gioco tramite tecnologie game changing.Icon-
sumatori finali tendono spesso ad avere un potere
limitato lungo la catena di fornitura (supply chain),
a causa del basso controllo che essi possono eserci-
tare sul flusso di dati che, partendo dai sensori, ali-
mentano i big data.
La causalità biunivoca, anche caratterizzata da una
reciprocità sinallagmatica, è il fondamento di una
co-creazione di valore che talora risulta possibile
nell’IoT. Ciò avviene, ad esempio, nella relazione
tra produttori e utenti, che costituisce un tratto sa-
liente dei nuovi paradigmi di internet (si pensi al
commercio elettronico B2C). Si consideri, a titolo
di esempio, l’utilizzo di una mobile app che trae ori-
gine da sensori connessi al web (ad esempio, per
accendere in remoto il riscaldamento), in cui il
cliente non è un mero esecutore / fruitore di un
servizio, ben potendo concorrere, con i suoi feed-
back in tempo reale (giudizi espressi sul web via
chat;contattiviae-mail con il produttore, etc.) al
miglioramento della app. Le problematiche giuridi-
che che ne discendono sono rilevanti, ancorché
largamente inesplorate (come vanno condivise le
responsabilità? Quanto vale, in termini economici,
il contributo dell’utente? Chi può vantare diritti su
innovazioni “co-create”?, etc.).
Lo sfruttamento economico dell’IoT e delle sue ap-
plicazioni può avvenire internamente, allorché esse
siano direttamenteu
tilizzatedall’impresa, ovvero
esternamente, in caso di concessione in licenza a
terzi. La monetizzazione rappresenta l’ultimo anello
della catena sequenziale del valore, che parte dalla
raccolta di dati IoT (data capture), per poi prose-
guire con l’immagazzinamento (cloud storage), il
processing (data mining), la condivisione (sharing).
Le principali questioni giuridiche che nascono dal-
l’ubiquitous computing derivante dall’IoT concernono:
- la tutela dei consumatori di prodotti e servizi
nuovi;
- la tutela della proprietà intellettuale (15);
- le attività di profilazione degli utenti;
- la geolocalizzazione (16);
- le modalità di acquisizione del consenso informa-
to al trattamento dei dati (privacy);
- le misure di sicurezza (17);
- i contratti associativi di rete (18);
(13) Giuridicamente, il nesso di causalità è quel rapporto tra
l’evento dannoso e il comportamento del soggetto (autore del
fatto), astrattamente considerato. Il legame eziologico tra la
condotta (commissiva o omissiva) e l’evento rappresenta la
condizione imprescindibile per l’attribuibilità del fatto illecito
(e, conseguentemente, del danno ) al soggetto. Tale esig enza è
statuita, con valenza generale, dall’art. 40, comma 1, c.p.
(14) Essendo la predetta animazione/connettività una com-
ponente intrinsecamente immateriale.
(15) Anche ai fini di brevettabilità delle nuove invenzioni. Si
veda Robinson, W. Keith, Patent Law Challenges for the Inter-
net of Things (May 24, 2015). Wake Forest Intellectual Proper-
ty Law Journal, Vol. 15, No. 4, 2015; SMU Dedman School of
Law Legal Studies Research Paper No. 203. Available at
SSRN: http://ssrn.com/abstract=2630972.
(16) La geolocalizzazione è l’identificazione spazio-tempora-
le della posizione geografica di un dato oggetto, come ad
esempiountelefonocellulareouncomputer, attraverso la
connessione ad internet. Ad essa si associa l’utilizzo di Geogra-
fic Information Systems (GIS).
(17) Fonte: http://www.osservatori.net/video/dettaglio-vi-
deo/journal_content/56_instance_sor1/10402/1966511.
(18) Con il contratto associativo di rete (network contrac-
ting), due o più imprese si obbligano ad esercitare in comune
una o più attività economiche rientranti nei rispettivi oggetti
sociali, allo scopo di accrescere la reciproca capacità innovati-
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- le problematiche giurisdizionali e normative lega-
te a prodotti e servizi di cui non sempre è agevole
la localizzazione.
Nell’ambito della filiera IoT, non ci sono da tute-
lare solo piattaforme e dispositivi o sensori, ma al-
tresì quello che questi producono, cioè dati e algo-
ritmi (19), e come lo producono e trasmettono.
Tutela della privacy
Lo sviluppo di soluzioni che fanno leva sul paradig-
ma dell’IoT pone problemi di conformità alle nor-
mative vigenti, non sempre adeguate, con partico-
lare riferimento alla protezione dei dati personali,
che devono essere tenuti in considerazione sin dal-
la fase progettazione.
Per quanto riguarda gli istituti previsti dall’ordina-
mento a tutela delle raccolte di dati, risultano ap-
plicabili le norme contenute nella Legge sul diritto
d’autore, ed in particolare l’art. 102 bis relativo al
diritto sui generis sullebanchedidati,eledisposi-
zioni di cui agli artt. 98 e 99 c.p.i., aventi ad ogget-
to le informazioni aziendali riservate: paiono anche
invocabili, ove ne ricorrano i presupposti, le norme
in materia di concorrenza sleale, e segnatamente
l’art. 2598, n. 3, c.c. (20).
La pervasività e ubiquità dei sensori, non sempre
percepibili da coloro che con essi anche involonta-
riamente interagiscono, ha le potenzialità e la mas-
sa critica per generare big data ma pone problemi
di confidenzialità e riservatezza che vanno ben al
di là del vissuto esperienziale fin qui maturato. Si
pensi ai problemi che possono nascere dall’intera-
zione tra dispositivi diversi, con applicazioni anche
in termini di data sharing che possono essere con-
flittuali. Ovvero si consideri la conoscibilità del
grado di protezione dei dati personali, quando ri-
sulta difficile distinguere tra chi li controlla e chi li
processa (magari in paesi e ordinamenti giuridici
diversi). Il tutto con tempistiche che l’informatica
comprime fino al limite dell’istantaneità.
La tutela della privacy edell’anonimato (21) fino al
diritto all’oblio e la richiesta di maggiore trasparen-
za sono criticità per le quali gli strumenti oggi a di-
sposizione non sono ancora sufficienti, così come
l’implementazione di architetture IT sempre più si-
cure. La regolamentazione sotto il profilo giuridico
si trova ad inseguire una realtà in continuo diveni-
re tecnologico che al momento supera assetti nor-
mativi largamente inadeguati.
Le problematiche in tema di riservatezza sono acui-
te da modelli di business articolati tra diversi inter-
mediari lungo la filiera IoT, in cui i big data acqui-
siscono un valore commerciale intrinseco, svinco-
lato dalle funzioni e applicazioni dei sensori. Così
ad esempio l’accensione a distanza del riscaldamen-
to genera dati sulle abitudini dei consumatori (geo-
localizzandoli, interpretando le loro attitudini nei
confronti della temperatura delle abitazioni, etc.)
che spesso sono utilizzati, a loro insaputa, per fina-
lità di marketing che poco o nulla hanno a che ve-
dere con la funzione primaria del prodotto (dimmi
come accendi a distanza il riscaldamento e ti ver-
ranno proposti capi di abbigliamento più o meno
pesanti ...).
Il valore delle informazioni sulle abitudini dei con-
sumatori è, in molti casi, assai più elevato di quello
del servizio offerto con l’IoT, che spesso ha una na-
tura simile a quella dei prodotti “civetta”, cavallo
di Troia per attrarre e veicolare i consumatori ver-
so ben altri articoli. Si pensi, in via analogica, alle
app oaisocial networks (Facebook, LinkedIn, Insta-
gram, Twitter, Google+, etc.) totalmente gratuiti,
con modelli di business che spesso si sostentano sul-
la (più o meno surrettizia) raccolta e rivendita di
dati personali degli ignari aderenti.
Le numerose finalità dell’utilizzo dei dati, spesso
sensibili e di carattere personale, dovrebbero trova-
re adeguata tutela e standardizzazione a livello in-
ternazionale, con una regolamentazione che consi-
deri adeguatamente l’estensione ormai globale del-
la filiera legata allo sfruttamento dei dati, anche al
fine di evitare localizzazioni di comodo di server e
cloud in paesi meno attenti a fattispecie delicate,
come ad esempio i profili impositivi o la sicurezza e
tutela delle persone.
Ciò che assume particolare rilevanza in questo
contesto è il Codice sulla privacy (D.Lgs. n.
196/2003), il quale, all’art. 23, prevede che nessun
va e la competitività sul mercato (art. 3, comma 4 ter,D.L.10
febbraio 2009, n. 5, convertito con L. 9 aprile 2009, n. 33). La
sopra menzionata legge prevede espressamente che, con il
contratto di rete, le parti “si obbligano, sulla base di un pro-
gramma comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti
predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese ov-
vero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura indu-
striale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad
esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto
della propria impresa”.SivedaT.Arrigo,Il contratto di rete.
Profili giuridici,inEconomia e diritto del terziario, 2014, 1, 9-27.
(19) P. Paganini, Verso l’internet delle cose,inquestaRivi-
sta, 2015, 2, 107-113.
(20) M. Bogni - A. Defant, Big Data: diritti IP e problemi della
privacy, in questa Rivista, 2015, 2, 117-126.
(21) E. Germani - L. Ferola, Il wearable computing e gli oriz-
zonti futuri della privacy,inDir. inf., 2014, 1, 75; M. Soffientini,
Il futuro della privacy: dall’Internet of Things ai Big Data,inDir.
prat. lav., 2015, 32, 13.
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trattamento di dati personali - a meno che non
rientri in una serie limitata di eccezioni - possa es-
sere posto in essere senza un previo consenso
espresso dell’interessato.
Valutazione del portafoglio di intangibili
collegati a Internet
Il plusvalore originato dall’IoT ha un impatto rile-
vante sulla valutazione economica degli intangibles
connessi ad oggetti originariamente “inanimati”.
I flussi di informazioni dagli oggetti-sensori ai siste-
mi computerizzati e i flussi di ritorno agli oggetti-
attuatori possono essere misurati e mappati con al-
goritmi che ne rilevano le caratteristiche qualitati-
ve e quantitative. Le rilevazioni qualitative dipen-
dono da una stima delle capacità elaborative dei
dati e dal plusvalore interpretativo degli stessi, reso
possibile da un’analisi dei big data chesispingeal
di là di una mera correlazione casuale (ottenuta ac-
coppiando statisticamente dati eterogenei, proces-
sati da supercomputer), identificando elementi di
interazione e collegandoli con la ben più pregnante
causalità. Del nesso di causalità sono note le appli-
cazioni in ambito giuridico (richiamate supra)o
anche scientifico, attraverso la replicabilità del me-
todo galileiano. Sapere che le informazioni desumi-
bili da più sensori sono correlate (magari casual-
mente) è infatti un primo passo per analizzarne il
nesso causale unidirezionale o biunivoco, al fine di
far emergere un valore ermeneutico potenzialmen-
te assai rilevante.
L’instabilità di modelli di business in continuo di-
venire (22) ne accentua peraltro i profili di rischio,
da scontare nel processo di valutazione.
I tradizionali criteri di valutazione degli intangibi-
li (23) saranno qui di seguito sinteticamente richia-
mati. Le caratteristiche della filiera IoT sono peral-
tro così diverse dagli intangibili tradizionali da ri-
chiedere un adattamento e una contestualizzazione
di tali criteri.
L’approccio del costo, spesso scarsamente rilevante
(anche) per gli intangibili tradizionali, è ancora
meno rappresentativo del valore per la filiera IoT,
limitandosi a fornire, tuttalpiù, indicazioni circa
l’entità degli investimenti necessari, intesi anche
come barriera all’ingresso a tutela degli incumbents
nei confronti di potenziali competitors.
L’approccio economico-reddituale / finanziario si
fonda, almeno in parte, su una comparazione tra
prodotti marchiati o non marchiati ovvero con o
senza copertura brevettuale, al fine di stimare in
via differenziale (incrementale) il plusvalore del
bene branded opatented e, tramite esso, il (plus)va-
lore attribuibile al marchio o brevetto. Nel caso
della filiera IoT, questa comparazione deve consi-
derare il fatto che l’oggetto-sensore inanimato (pa-
ragonato al bene unbranded ounpatented) ha un va-
lore che spesso tende a zero, con un conseguente
plusvalore della connettività - soprattutto se biuni-
voca, per il sensore/ricettore - che rappresenta qua-
si per intero il valore complessivo.
Fatte queste premesse d’inquadramento, si esami-
nano sinteticamente i principali criteri di stima de-
gli intangibili, proposti dalla prassi valutativa:
1. approccio del costo di riproduzione / sostituzio-
ne;
2. approccio economico-reddituale / finanziario
(with or without /benchmarking; excess earning;relief
from royalty);
3. metodi empirici (transazioni comparabili).
Approccio del costo
Secondo tale approccio, il valore di un bene imma-
teriale può essere ottenuto attraverso la stima dei
costi sostenuti per la realizzazione della risorsa im-
materiale o da sostenere per la sua riproduzione.
L’approccio del costo ha una valenza semantica ri-
levante, a livello di inquadramento del processo di
stima, ma non sempre consente di esprimere una
puntuale correlazione tra costi sostenuti e valore
potenziale, che dipende essenzialmente da altre va-
riabili (come la marginalità attesa a livello econo-
mico-finanziario).
Approccio reddituale / finanziario
Costituisce l’approccio di valutazione maggiormen-
te utilizzato e si basa principalmente sulle seguenti
metodologie:
-with or without - benchmarking;
-excess earning;
-relief from royalty.
Tale approccio si basa sull’ipotesi che il valore di
un bene immateriale corrisponde al valore attuale
dei benefici economici che ci si attende che esso
generi lungo la sua vita utile residua e sul fatto che
(22) Da valutare anche ex art. 2381, commi 3 e 5, c.c. e ai
sensidelprincipiodirevisioneISAE3400suidatifinanziari
prospettici.
(23) Per approfondimenti, si veda: R. Moro Visconti, Valuta-
zione dei marchi e risarcimento del danno da contraffazione:
best practices e standard internazionali, in questa Rivista, 2014,
1, 43-54; Organismo Italiano di Valutazione (OIV), Principi Ita-
liani di Valutazione (PIV), Milano, 2015.
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il plusvalore degli intangibili consenta di ottenere,
alla società che detiene i beni:
- vantaggi in termini di costi e/o prezzo e/o volumi
di vendita rispetto alla concorrenza;
- redditività superiore a quella di società compara-
bili, che non dispongono di beni immateriali simili
a quelli considerati.
With and without - benchmarking
Si basa sulla quantificazione e attualizzazione dei
benefici e dei vantaggi specifici del bene immate-
riale rispetto a situazioni “normali”, cioè di prodot-
ti non tutelati giuridicamente. Il reddito incremen-
tale è ottenuto per differenza tra i ricavi e costi re-
lativi al bene immateriale, con attualizzazione dei
flussi differenziali e con esclusione di componenti
reddituali estranei o poco rilevanti; tale metodolo-
gia può essere utilmente integrata attraverso un’a-
nalisi della redditività (in termini di marginalità
operativa, ad esempio) anche di comparabili.
In questo caso la prospettiva adottata per la stima
delbeneimmaterialeèquellapropriadell’analisi
differenziale, che muove dalla comparazione con
imprese simili ma sprovviste del bene immateriale
oggetto di valutazione (metrica comparativa del
benchmarking).
Il cosiddetto “premium price”è dato dalla differenza
tra il prezzo (più elevato) del prodotto ottenuto o
venduto con il supporto del bene immateriale da
stimare e il prezzo praticabile con un prodotto si-
milare ma ottenuto o venduto senza l’ausilio del
bene immateriale oggetto di valutazione. Marchi,
brevetti, copyright (etc.) sono spesso all’origine del-
la capacità dell’impresa di praticare prezzi di vendi-
ta che incorporano un “premio”rispetto a prodot-
ti/servizi concorrenti, che rispondono ai medesimi
bisogni, ma offerti da imprese che non dispongono
di intangibile o di un intangibile equivalente.
Excess earnings
Il criterio dell’Excess Earning costituisce un metodo
reddituale di stima del valore di una attività che
svolge un ruolo primario (o comunque rilevante)
nella formazione del reddito d’impresa (il c.d. PI-
GA - Primary Income Generating Asset). Il fonda-
mento teorico del criterio è che il reddito di perti-
nenza di un bene prioritario o rilevante può essere
ottenuto calcolando il reddito che l’impresa regi-
strerebbe nel caso in cui si liberasse della proprietà
di tutti gli altri beni per riacquisirne il diritto d’uso
tramite contratti di licenza o di affitto o di noleg-
gio.
In questo caso, l’impresa dovrebbe sostenere i costi
delle licenze e/o degli affitti o noleggi, cosicché il
reddito che residuerebbe (o in eccesso) dopo aver
corrispostoicanonidiaffittoedilicenzaedino-
leggio per tutti gli altri beni di cui l’impresa dispo-
ne (materiali ed immateriali a prescindere che sia-
no iscritti o meno in bilancio) sarebbe per intero
da attribuire al bene intangibile primario.
Il criterio dell’Excess earnings, al contrario del cri-
terio del Relief-from-royalty, stima il valore econo-
mico del bene immateriale nella prospettiva esclu-
siva della specifica entità che detiene o fa uso del
bene immateriale. Il criterio del Relief-from-royal-
ty stima invece il reddito del bene immateriale sul-
la base del risparmio di costi (in termini di ipoteti-
co canone di licenza evitato) e non invece in ter-
mini di valore aggiunto che lo specifico bene im-
materiale produce in capo alla specifica entità.
Relief from royalty
Il criterio tradizionalmente più noto per la deter-
minazione del reddito figurativo correlato allo
sfruttamento di un bene immateriale “tradizionale”
è il c.d. metodo delle royalties risparmiate (“Relief-
from-royalty”). Tale metodologia permette di stima-
re il valore dell’intangibile detraendo dalla royalty
figurativa che sarebbe riconosciuta da un terzo per
l’utilizzo in licenza del bene immateriale gli even-
tuali costi diretti e indiretti di mantenimento/svi-
luppo del bene immateriale stesso, non già dedotti
dalla royalty figurativa.
Nel mondo IoT, la concessione del diritto di sfrut-
tamento e le conseguenti royalties sono ancora po-
co diffusi, anche se esistono ampi margini di cresci-
ta, soprattutto per quanto concerne i big data ele
loro applicazioni di marketing personalizzato. Stan-
te la novità della filiera IoT, la casistica disponibi-
le, da utilizzare analogicamente a titolo di bench-
marking (24), è ancora molto limitata.
Metodi empirici
La stima del valore di mercato si basa sullo scree-
ning delle transazioni comparabili (limitate dalla
novità del campione, come si è accennato) che ri-
guardano risorse immateriali, a titolo di vendita o
licenza, utilizzando i database internazionali oggi
disponibili sul web (25), può fornire utili indizi sul
(24) Come avviene, in ambito fiscale, per tematiche inerenti
il transfer pricing oilpatent box.
(25) Si vedano, ad esempio, i seguenti siti: www.markable-
s.com,www.royaltysource.com;www.ktmine.com;www.royal-
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loro valore (anche in termini di confronto del
prezzo).
Conclusioni
La filiera IoT è un’infrastruttura informatica di dati
che può essere valorizzata utilizzando i criteri stan-
dard descritti supra, con ulteriori adattamenti che
considerino che si tratta di un prodotto / processo
di supply chain (legato ad una innovazione di pro-
dotto e processo spesso inscindibile, poiché il “pro-
dotto”nuovo nasce dal “processo”innovativo).
L’interazione sinergica di prodotti e processi attra-
verso network che garantiscono la connettività è
fonte di plusvalore del portafoglio IP incorporato
nella filiera IoT.
I singoli elementi del network della filiera IoT sono
da considerare come anelli di una catena del valore
che assume pieno rilievo a livello complessivo. I
singoli anelli hanno peraltro un valore atomistico,
cui si associa un plusvalore olistico, quando tutti
gli anelli sono correttamente concatenati: in altri
termini, se il valore degli anelli si realizza compiu-
tamente a livello associativo, solo nell’ambito di
una catena complessiva che rappresenti l’intera fi-
liera, esso ha anche un valore singolarmente misu-
rabile (e giuridicamente apprezzabile). Alcuni
anelli possono assumere un rilievo strategico parti-
colare, se assumono caratteristiche di esclusiva,
con un potere contrattuale che può sconfinare nel-
le rendite monopolistiche (tipiche di taluni brevet-
ti). In ambito digitale, l’interoperabilità tra i singo-
li anelli della filiera e protocolli standard sempre
più convergenti riducono peraltro gli ambiti di
esclusiva e consentono applicazioni ad ampio rag-
gio, che aumentano la versatilità - e quindi il valo-
re - degli stessi anelli (o nodi del network).
La creazione di (plus)valore si associa alla sua dif-
fusione e condivisione, anche a titolo di co-crea-
zione (come si è anticipato, a proposito delle inter-
relazioni B2C tra produttore e consumatore proat-
tivo), in un contesto evolutivo in cui il valore del-
le informazioni assume una portata sempre più rile-
vante. L’IoT va quindi considerato come un pro-
cesso fortemente innovativo, che incorpora intan-
gibili coordinati e connessi, attribuendo loro un
plusvalore sistemico anche assai rilevante. Ciò
considerando la scalabilità del “modello”IoT, che
lo rende replicabile ed estendibile (geograficamen-
te o anche merceologicamente, in settori diversi)
con costi incrementali del tutto limitati e con evi-
denti benefici in termini di aumento della margi-
nalità economica (ricavi al netto dei costi). L’in-
novazione schumpeteriana chenederivacreanuovi
mercati e opportunità, distruggendo nel contempo
modelli di business diventati rapidamente obsoleti.
La tracciabilità informatica dei passaggi della sup-
ply chain può consentirne una rilevazione e codifi-
cazione tramite algoritmi (26), da utilizzare anche
per finalità di valorizzazione economica della filiera
IoT.
Le problematiche giuridiche, sinteticamente illu-
strate in precedenza, discendono dall’osservazione
edall’ermeneutica di questi nuovi paradigmi di co-
creazione di valore, non privi di rischi sotto il pro-
filo della responsabilità di prodotto o della tutela
della privacy (messa a dura prova dalla pervasività
e ubiquità dei sensori, oltre che da un filiera artico-
lata di utilizzo dei dati sensibili).
La necessità di regolamentazione che ne deriva
può assumere diverse gradazioni, con un approccio
piùomenorepressivo.L’esperienza statuniten-
se (27) tende a privilegiare un orientamento pro-
attivo e creativo, con un approccio empirico mu-
tuato dalla realtà sottostante (bottom up), che ne
colga gli elementi propositivi e innovativi, conte-
nendone pragmaticamente gli eccessi (con strate-
gie di autoregolamentazione, best practices condivi-
se, pressioni sociali e dell’opinione pubblica, sensi-
bilizzazione, trasparenza, etc.).
Tutto ciò in un contesto sempre più globalizzato,
in cui interagiscono in tempo reale ordinamenti
giuridici diversi, faticosamente alla ricerca di rego-
le comuni e condivise che delimitano la concor-
renza sleale posta in essere da localizzazioni elusive
in “paradisi”informatici.
tyconnection.com;www.royaltystat.com.
(26) Ad esempio la metrica degli accessi a internet (misura-
bile attraverso Google Analytics o altre fonti).
(27) A.D. Thierer, The Internet of Things and Wearable Tech-
nology: Addressing Privacy and Security Concerns without De-
railing Innovation (February 18, 2015), http://ssrn.com/ab-
stract=2494382.
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