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24 SANTUARI, VILLAGGI, CENTRI FORTIFICATI E PRIMA URBANIZZAZIONE TRA SANNITI E ROMANI 25
DI TESSE D. STEK*, JEREMIA PELGROM**, ANITA CASAROTTO*, JESÚS GARCIA SANCHEZ*,
LISA GÖTZ*, ARTHUR HAMEL*, KETTY IANNANTUONO*, ROGIER A.A. KALKERS*, MARLEEN K.
TERMEER*, JITTE WAAGEN*
* FACOLTÀ DI ARCHEOLOGIA, UNIVERSITÀ DI LEIDEN
** REALE ISTITUTO NEERLANDESE A ROMA
SANTUARI, VILLAGGI,
CENTRI FORTIFICATI E
PRIMA URBANIZZAZIONE
TRA SANNITI E ROMANI:
Nuove ricerche archeologiche nell’Alta Valle del Tappino,
nel territorio della colonia latina di
Aesernia
e in quello
della città frentana di
Larinum
Introduzione
L’interazione tra il mondo sannitico e l’espansioni-
smo romano ha da sempre sollecitato grande inte-
resse tra studiosi e pubblico generale. L’immagine
fornitaci da Livio nella sua narrazione delle Guerre
Sannitiche, in particolar modo, ha contribuito forte-
mente alla formazione di un contrasto percepito tra
il mondo sannitico, tribale e guerriero, da un lato, e
tra il mondo romano, civile ed urbanizzato, dall’al-
tro. Le moderne ricerche, archeologiche e storio-
grafiche, da tempo, hanno corretto e sfumato questa
immagine dicotomica. Soprattutto dagli anni ‘60 in
poi, si è preso coscienza di come il mondo sannitico
fosse ben più strutturato e complesso di quanto non
si pensasse precedentemente. Rimane però ancora
molto da capire circa le modalità di organizzazione
delle comunità sannitiche, in senso socio-politico,
economico, demografico e culturale. Ad esempio,
è ormai divenuto chiaro come centri fortificati e
santuari rivestissero un ruolo di grande rilevanza
nell’organizzazione insediativa e socio-politica del
Sannio antico. Il funzionamento di tali modelli di
insediamento e di organizzazione sociale sul ter-
ritorio, così come le modalità secondo le quali tali
modelli si confrontavano ed integravano – cioè la
relazione tra comunità, santuari, villaggi e centri
fortificati – restano argomenti ancora molto poco
esplorati seppur aspetti di grande importanza per
comprendere i caratteri del mondo osco.
Allo stesso tempo, nel dibattito recente, anche il ca-
rattere dell’espansionismo romano di epoca repub-
blicana è stato ampiamente messo in discussione.
Sulla base della lettura delle fonti antiche e dell’e-
laborazione di pregiudizi propri del colonialismo
moderno, l’espansione romana è stata tradizional-
mente interpretata nei termini di una vittoria del-
la cultura sulla barbarie. In questo immaginario, è
stato fortemente ribadito come Roma, attraverso
la colonizzazione, avesse introdotto nelle aree tri-
bali un nuovo modello insediativo, quello urbano.
La conquista romana del territorio italico, inoltre,
avrebbe portato con sé l’introduzione di innova-
zioni nell’assetto socio-politico e nei modelli eco-
nomici, in primis, l’introduzione dell’agricoltura
organizzata in singoli allottamenti di terreno asse-
gnati equamente a coloni-soldati. Tuttavia, studi
recenti condotti in vari ambiti disciplinari hanno
messo in dubbio, anche in questo campo, una serie
di assiomi fondamentali. A cominciare dalla critica
dell’idea delle colonie latine e romane quali piccole
copie della città di Roma, si è andato sviluppando un
filone critico che ha spinto a dubitare anche di altri
aspetti convenzionalmente attribuiti alle colonie,
specialmente per quanto riguarda il periodo medio-
repubblicano. In particolare sono da menzionare
il modello di insediamento coloniale ed il modello
socio-economico e socio-politico ad esso correla-
to. Nonostante una lunga serie di importanti criti-
che mosse ai modelli convenzionali, è solo da poco
tempo che gli studiosi si trovano nella posizione di
poter accettare questa sfida interpretativa, ripren-
dendo in mano i dati archeologici per confermare o
smentire vecchie e nuove ipotesi.
Per rispondere a queste tematiche essenziali, il
ricco paesaggio archeologico del Molise risulta un
perfetto caso di studio. Qui, infatti, si può indaga-
re come, nella pratica, le comunità sannitiche e le
nuove comunità coloniali romane si organizzarono
e svilupparono su un dicile territorio montano e
collinare. Le interazioni tra “Sanniti montani” e
“Romani coloni” ed i processi di centralizzazione
e urbanizzazione, sia in contesto sannitico sia in
contesto coloniale romano, possono essere studiati
materialmente in Molise.
Lo studio di tali processi storici, in sintesi, è lo scopo
di una combinazione di diversi progetti archeologici
e geomorfologici che dal 2004 il nostro gruppo in-
ternazionale di ricerca porta avanti in diverse aree
del Molise. Tale equipe di ricerca, composta da stu-
diosi di più di 15 diverse nazionalità (olandesi, italia-
ni - tra cui molisani - spagnoli, americani, francesi,
tedeschi ed altri ancora) associati al Centro Didat-
tico Internazionale di Studi Archeologici di Jelsi, è
patrocinato da una durevole e fruttuosa collabora-
zione tra l’Università di Leiden, il Reale Istituto Ne-
erlandese a Roma e la Soprintendenza Archeologia
del Molise. Le nostre ricerche vengono supportate
e finanziate da diverse borse universitarie, dall’Isti-
tuto Nazionale Olandese per la Ricerca (NWO), da
fondi Europei (FP7) e dall’aiuto pratico e logistico
fornito da vari Comuni del Molise, tra i quali Jelsi,
Castelpetroso, S. Giovanni in Galdo, Campodipietra
e Gildone.
In questo breve articolo tenteremo di orire una
prospettiva generale su questi progetti nel loro in-
sieme. Le diverse aree di ricerca, dall‘Alta Valle del
Tappino al territorio della colonia di Aesernia, a
quello della città italica di Larinum, hanno cono-
sciuto percorsi diversi rispetto alle ricerche storiche
ed archeologiche che sono state condotte in queste
aree (Fig. 1). Le zone oggetto di studio sono localiz-
zate in paesaggi anche molto dierenziati e pecu-
liari. Ciò ha permesso di adottare metodi di ricerca
26 SANTUARI, VILLAGGI, CENTRI FORTIFICATI E PRIMA URBANIZZAZIONE TRA SANNITI E ROMANI 27
specifici opportunamente selezionati a seconda
delle caratteristiche del territorio e delle particolari
sfide conoscitive locali. Le diverse metodologie ar-
cheologiche utilizzate nell’ambito di questi progetti
di ricerca, come vedremo brevemente in seguito,
sono in massima parte di carattere non-invasivo e
non-distruttivo: ricognizioni di superficie, fotogra-
fia area tramite piccoli droni, prospezioni geofisiche
nel sottosuolo. Cercheremo di proporre qualche
conclusione, da considerarsi, però, frutto prelimi-
nare dell’analisi di dati provenienti dai vari progetti
tuttora in corso. La grande quantità di nuovi dati
emersi da questo ricco territorio, al momento costi-
tuisce il risultato più importante dei nostri lavori, da
condividere e considerare anche come importante
strumento nella documentazione e tutela di un pa-
trimonio archeologico in pericolo.
Santuari, villaggi, centri fortificati: il
Sannio interno nella valle del Tappino
È noto come, nel mondo sannitico, fossero i santua-
ri rurali e non, invece, i centri urbani “classici”, a
svolgere un ruolo di grande importanza: il numero
impressionante di luoghi di culto, monumentaliz-
zati in pietra, che sono documentati nel paesaggio
molisano, ne costituisce testimonianza. Importanti
aspetti della funzione precisa di questi santuari per
la popolazione sannitica restano, però, poco chiari,
sia a livello pratico, della quotidianità, sia a livello
politico-amministrativo.
Molte ipotesi sono state proposte in merito. Si trat-
tava di santuari lontani, posti alle frontiere delle di-
verse comunità che vivevano principalmente in cen-
tri fortificati, come è stato proposto anche per altre
zone d’Italia? Oppure si trattava di siti funzionali ai
percorsi della transumanza, luoghi di sosta per viag-
giatori, commercianti e pastori, che attraversavano
le colline e le montagne del Sannio per andare dalle
Puglie all’Abruzzo e viceversa?
Uno dei problemi principali per capire la funzione
di questi santuari è il loro apparente isolamento nel
paesaggio. Resti di santuari monumentali sono da
tempo noti. Spesso, invece, mancano informazioni
su altri tipi di siti ed insediamenti, come strade, tom-
be, fattorie, villaggi, di solito meno visibili proprio
poiché raramente monumentali. In qualche modo,
si potrebbe aermare che l’interpretazione dei san-
tuari del Sannio come luoghi di culto rurali, in ef-
fetti, sia stata influenzata dall’apparente moderno
isolamento di queste “cattedrali nel deserto”.
Altro problema cruciale è poi, quello relativo alla
cronologia dei luoghi di culto rispetto alle diverse
dinamiche demografiche nel territorio. In altre pa-
role, la relazione causa-eetto tra l’istallazione (ed
eventuale monumentalizzazione) dei santuari ed il
relativo modello di insediamento che si costituisce
nel territorio risulta ancora poco esplorata. Questo
rapporto, d’altronde, è di grande importanza per ca-
Nell'altra pagina:
Fig. 1. Aree di ricerca in
Molise. In rosso le aree
indagate dal gruppo
internazionale associato
all’Università di Leiden
ed il Centro di Jelsi
(elaborazione grafica: R.
A.A. Kalkers).
In basso:
Fig. 2. Area di frammenti
fittili individuata durante
il field survey (foto: J.
Garcia Sanchez).
ed erudito jelsese Vincenzo D’Amico
aveva documentato l’esistenza di un
santuario già negli anni ’30.
Attraverso ricerche di ricognizione
archeologica tese a mappare tutti gli
aoramenti di materiale archeologi-
co in superficie, si è potuto ricostru-
ire l’antico modello di insediamento
in epoca pre-romana e romana nelle
aree intorno ai due noti santuari. Di
primaria importanza per le nostre ri-
cerche è la ricognizione archeologica
condotta a piedi (Fig. 4). Squadre di
5-6 studenti, a circa 10 m di distanza
l’uno dall’altro, raccolgono e documen-
tano ogni singolo reperto archeologico
che trovano; tali reperti vengono poi
schedati e studiati. Una tale metodolo-
gia di ricerca, cosiddetta osite survey
(dierente da progetti che mappano
solo siti molto visibili ed estesi, come
ad esempio quello della Biferno Valley
Survey, condotta da Graeme Barker in
Molise negli anni ’70 e molti altri pro-
getti di ricognizione di superficie, che
pire vari importanti sviluppi storici in-
tervenuti nel Sannio in epoca classica-
ellenistica e romana.
Per contribuire a risolvere queste do-
mande di ricerca, dal 2004 abbiamo
iniziato a mappare in dettaglio tutti i
siti archeologici presenti nel territo-
rio, anche quelli piccoli ed emeri, ri-
conoscibili attraverso alcune concen-
trazioni di reperti in superficie (Fig. 2),
oppure visibili tramite fotografie aree.
L’area prescelta per questo tipo di ri-
cerca, denominato inizialmente Sacred
Landscape Project, era l’Alta Valle del
Tappino, coincidente con i territori co-
munali di Jelsi, Gildone, Campodipie-
tra, Toro, S. Giovanni in Galdo e Riccia
(Fig. 3). In eetti, ricerche precedenti,
proprio in questa zona, avevano docu-
mentato e messo in luce due santuari:
uno in località Colle Rimontato a S.
Giovanni in Galdo, scavato negli anni
’70 dalla dott.ssa Angela Di Niro, fun-
zionario della Soprintendenza, e uno in
località Cupa a Gildone, dove il medico
28 SANTUARI, VILLAGGI, CENTRI FORTIFICATI E PRIMA URBANIZZAZIONE TRA SANNITI E ROMANI 29
In basso:
Fig. 3. Area di ricerca
nell’Alta Valle del Tappino
(elaborazione grafica: A.
Hamel).
Nell'altra pagina:
Fig. 4. Squadra di
studenti sul campo (foto:
T. D. Stek).
lato, ma fosse, bensì, inserito in un’a-
rea densamente abitata, già in epoca
precedente rispetto all’istallazione del
santuario. Quest’ultima, infatti, coin-
cide invece con l’espansione demo-
grafica, avvenuta in epoca ellenistica,
del primo nucleo di insediamento già
presente dall’età del Ferro. Lo studio
dei materiali di ricognizione, insieme
al riesame dei materiali provenienti
dallo scavo diretto dalla Soprinten-
denza, inoltre, indica come non ci si-
ano grandi dierenze nelle tipologie
di ceramica e vasellame utilizzate nel
santuario rispetto a quelle rinvenute
negli insediamenti circostanti. Ciò sot-
tolinea la funzione del santuario quale
nucleo di riferimento della comunità
insediata localmente. Per capire me-
glio lo sviluppo storico del santuario di
Colle Rimontato, dal 2011 in poi, sono
stati eettuati alcuni saggi di scavo in
punti mirati dell’area sacra, tesi ad evi-
denziare le diverse fasi della struttura
templare. Di particolare interesse, ad
esempio, è la fase, finora poco studia-
ta, di epoca romana-imperiale del sito.
L’obiettivo principale di tali indagini,
che istituiscono un confronto diretto
tra materiali di scavo e materiali rinve-
si avvalgono della metodologia cosid-
detta site survey), permette di studia-
re il paesaggio archeologico come un
continuum, invece di vederlo come un
quadro costituito da singoli siti isolati
l’uno dall’altro.
Pur risultando molto intensiva in
termini di lavoro e di tempo, questa
metodologia ha tuttavia l’importante
vantaggio di rendere possibile la do-
cumentazione anche di quei siti che di
solito non vengono rilevati. In alcuni
casi, grazie all’analisi dei dati prove-
nienti dall’osite survey, la presenza di
siti nel territorio può essere addirittura
ricostruita tramite parametri preditti-
vi, procedura che abbiamo potuto veri-
ficare proprio nell’Alta Valle del Tappi-
no (Fig. 5).
Per quanto riguarda i risultati a livello
storico-interpretativo, di grande inte-
resse è stato, senz’altro, il ritrovamento
di un villaggio protostorico-sannitico e
di una zona di tombe, situati nelle vi-
cinanze del tempio italico di Colle Ri-
montato (Fig. 6). Tali siti, insieme ad
una generale densa concentrazione
dell’insediamento nella zona, hanno
portato a comprendere come il san-
tuario, in epoca antica, non fosse iso-
CB
IS
documentato, invece, a S. Giovanni in Galdo. Questa
possibile relazione tra santuario e centro fortifica-
to, in anni più recenti, è diventata oggetto principale
dei nostri studi nel territorio di Gildone. Tra i risul-
tati più interessanti di queste ricerche, vanno men-
zionati i dati Lidar. Per siti come i centri fortificati,
spesso coperti da fitta vegetazione e localizzati, per
definizione, in porzioni del paesaggio dicilmente
accessibili, la tecnologia Lidar, la quale fornisce la
possibilità di ‘vedere’ strutture nascoste persino at-
nuti in superficie nel territorio circostante, è quello
della ricostruzione della storia del santuario in una
prospettiva di lunga durata (Fig. 7).
Una situazione per certi versi simile a questa, è quel-
la del santuario di località Cupa, a Gildone, dove si
è potuto documentare una densità di insediamenti,
altrettanto alta, posti nell’area gravitante attorno al
luogo di culto. Diversa, però, sembra essere in questo
caso la relazione con il vicino centro fortificato (cioè
quello della Montagna di Gildone), elemento non
30 SANTUARI, VILLAGGI, CENTRI FORTIFICATI E PRIMA URBANIZZAZIONE TRA SANNITI E ROMANI 31
Nell’altra pagina:
Fig. 5. Esempio di
analisi GIS dei reperti di
superficie (elaborazione
grafica: J. Waagen).
In basso:
Fig. 6. Densità di siti
riconosciuti in superficie
intorno al santuario
italico di S. Giovanni in
Galdo, Colle Rimontato
(elaborazione grafica: J.
Waagen).
sarebbe stata altrimenti impossibile
da evidenziare. Altrettanto importan-
te per i nostri tentativi di registrare
siti poco o aatto visibili, è stato l’uso
di piccoli droni UAV. Attraverso il loro
utilizzo, in alcuni casi, è stato possibile
documentare fotograficamente la pre-
senza di resti archeologici sepolti. La
metodologia della fotografia aerea ar-
cheologica, come è noto, si basa sull’in-
dividuazione di colorazioni dierenti
e/o leggere dierenze nella crescita
della vegetazione dovute alla presenza
traverso le foglie degli alberi, è senz’al-
tro di grande aiuto. In questo modo, si
è potuto ricostruire meglio l’aspetto del
sito con l’articolazione sia delle mura
sia del suo interno (Fig. 8). Attraverso
operazioni di pulizia della vegetazione
condotte in zone selezionate all’inter-
no dell’area del centro fortificato, stu-
denti di varie università internazionali,
coordinati e diretti da ricercatori del
Centro Didattico di Jelsi, hanno po-
tuto documentare concentrazioni di
ceramica in superficie la cui presenza
32 SANTUARI, VILLAGGI, CENTRI FORTIFICATI E PRIMA URBANIZZAZIONE TRA SANNITI E ROMANI 33
In alto:
Fig. 7. Scavi al santuario
italico di S. Giovanni in
Galdo, Colle Rimontato
(foto: R. Kalkers).
Nell'altra pagina:
Fig. 8. Immagine di dati
Lidar dalla Regione
Molise, elaborati per
mettere in rilievo le
tracce archeologiche
(elaborazione grafica: J.
Garcia Sanchez).
state interpretate come l’esempio più
forte di questo impatto esercitato da
Roma sulle realtà insediative indigene.
Tra i promotori di tale interpretazio-
ne si annoverano, ad esempio, Arnold
Toynbee ed Edward Togo Salmon. In
anni più recenti, però, ci si è resi conto
di come, per il periodo medio-repub-
blicano – quello cioè della conquista
e colonizzazione romana del Sannio
–, i dati storici ed archeologici, in re-
altà, siano molto scarsi. Nuove analisi
della documentazione archeologica
disponibile, hanno dimostrato, in di-
di eventuali strutture archeologiche
(Fig. 9). Fotografando dall’alto, al mo-
mento opportuno e con la giusta ango-
lazione, mediante fotocamere normali
e fotocamere ad infrarossi, si è potuta
documentare una serie di strutture ar-
cheologiche, anche piuttosto imponen-
ti, presenti nel sottosuolo molisano e
invisibili in superficie (Fig. 10).
Le ricerche nella zona dell’Alta Valle
del Tappino, finora, hanno contribui-
to a definire con maggiore precisione
il modello di insediamento di epoca
sannitico-romana, documentando
oltre 100 nuovi siti. La densità e la di-
stribuzione dei siti, ai quali da poco si è
aggiunto almeno un terzo luogo di cul-
to, hanno implicazioni importanti per
la nostra comprensione del modello
socio-politico sannitico e della demo-
grafia antica del Sannio. Le ricerche ar-
cheologiche condotte in quest’area, dal
2013 sotto la denominazione di Tappi-
no Area Archaeology Project, grazie alla
rinnovata collaborazione tra l’Univer-
sità di Leiden e la Soprintendenza Ar-
cheologia del Molise, avranno modo di
proseguire, nel territorio e nella base
logistica costituita dal Centro Didatti-
co Internazionale di Studi Archeologici
di Jelsi (Convento di Santa Maria delle
Grazie), anche nei prossimi anni.
La colonizzazione romana
nel Sannio: il territorio della
colonia latina di Aesernia
Dalla lettura delle fonti antiche, sap-
piamo che, dopo le Guerre Sanniti-
che, la zona dell’odierna Isernia venne
conquistata ed incorporata da Roma
e che una colonia latina fu stabilita
in quest’area nel 263 a.C. Come ab-
biamo accennato precedentemente,
la colonizzazione romana viene tra-
dizionalmente immaginata come un
capovolgimento radicale del modello
insediativo e dell’assetto territoriale
precedente, sconvolto dall’introduzio-
ne del modello della città-stato. È inte-
ressante come proprio le aree “tribali”
e abitate “per villaggi” del Sannio siano
versi casi, come ad esempio la colonia
latina di Cosa e di Alba Fucens, quanto
l’immagine della colonia quale picco-
la Roma, caratterizzata da un centro
urbano definito a controllo di un pae-
saggio regolare, centuriato e coltivato
da coloni-soldati, non possa essere una
ricostruzione automaticamente accet-
tabile. Sembra possibile, al contrario,
che l’impatto romano, in questo perio-
do repubblicano di massimo espansio-
nismo, si esplicasse in forme diverse
rispetto all’imposizione del modello
ideale della città-stato ai territori con-
quistati. Il territorio dell’antica colonia
latina di Aesernia, alla luce di tali con-
siderazioni e nuove domande di ricer-
ca, si configura come un’area partico-
larmente adatta quale banco di prova
per vecchie ipotesi e recenti critiche.
Mentre il centro urbano coloniale, con
le sue mura ed i suoi templi centrali,
era stato relativamente ben studiato,
il territorio circostante risultava poco
conosciuto dal punto di vista archeo-
logico. Proprio lo studio approfondito
di tale territorio - in particolare di una
vasta area attorno al centro urbano di
Isernia, ha costituito l’oggetto princi-
pale delle ricerche intraprese nel 2011
con il Colonial Landscape Project.
Scopo principale di tale progetto è
quello di mappare le evidenze arche-
ologiche di questa porzione di territo-
rio, riservando particolare attenzione
a quelle riferibili al periodo sannitico-
romano, nel tentativo di orire una
visione complessiva della realtà della
colonia e del suo impatto sul paesag-
gio circostante. Attraverso successive
campagne di ricognizione archeologi-
ca di superficie condotte - a piedi - da
squadre di ricercatori e studenti, se-
condo le modalità precedentemente
descritte per l’area dell’Alta Valle del
Tappino, è stata campionata una area di
ca. 120 km². Queste ricognizioni svolte
in autunno, quando le condizioni di vi-
sibilità archeologica risultano ottimali
per le particolari caratteristiche topo-
grafiche del territorio isernino, hanno
finora condotto alla documentazione di
a
b
c
d
34 SANTUARI, VILLAGGI, CENTRI FORTIFICATI E PRIMA URBANIZZAZIONE TRA SANNITI E ROMANI 35
In basso:
Fig. 9. Il principio di
archeologia aerea
(elaborazione grafica: A.
Hamel).
paiono tanto esegui nel territorio, sia
piuttosto il risultato di un difetto me-
todologico della ricerca archeologica
stessa, il quale porterebbe al mancato
ritrovamento di siti eettivamente esi-
stenti, o della distruzione del patrimo-
nio archeologico, avvenuto a causa di
eetti geomorfologici (come erosione)
oppure antropici (come lavori di agri-
coltura pesante o cementificazione).
Tutti questi fattori, sicuramente, gio-
cano un ruolo di primaria importanza
nella definizione del paesaggio arche-
ologico del territorio di Isernia, forte-
mente minacciato da processi degene-
rativi sia naturali sia antropici. È stato
pertanto condotto uno studio integra-
to del paesaggio storico-archeologico
che prendesse in considerazione tali
importanti aspetti di tipo geologico e
geomorfologico, al fine di valutare lo
stato di conservazione della stratigra-
fia archeologica e di poter approntare
specifiche metodologie di ricerca, a se-
conda della tipologia di suoli indagati.
Insieme alla raccolta dei dati per l’e-
laborazione di una carta archeologica
della zona, stiamo quindi collaborando
con geologi e pedologi per la stesura di
una carta geologico-pedologica dell’a-
rea di Isernia. Entrambe le carte costi-
tuiscono uno strumento fondamentale
per la valutazione delle aree a rischio
e/o potenziale archeologico presenti
nel territorio.
Per quanto riguarda l’interpretazione
storica, è interessante notare come,
anche se un considerevole numero dei
siti rinvenuti può essere datato all’epo-
ca dell’istituzione della colonia, non è
stato possibile documentare il model-
lo convenzionalmente atteso. Le cam-
pagne di ricognizione eettuate nel
territorio di Aesernia hanno pertanto
documentato la stessa mancata corri-
spondenza censita negli altri territori
coloniali esaminati, registrando una
situazione ben diversa da quella corri-
spondente con un alto numero di fat-
torie coloniali equamente distribuite
in un paesaggio regolarmente ordinato
e centuriato. Al contrario, quella che si
oltre 100 nuovi siti (Fig. 11).
Una delle sfide più grandi che il terri-
torio di Isernia ci ha posto innanzi, è
costituita proprio dalla sua particolare
conformazione paesaggistica e geo-
morfologica, aspramente montana in
numerose aree, fittamente ricoperta da
vegetazione boschiva e comunque for-
temente frammentata. Tale paesaggio,
d’altra parte, si combina perfettamente
con la precisa domanda storica circa le
modalità insediative e le dinamiche di
trasformazione generate dalla coloniz-
zazione romana, rendendo il territorio
di Aesernia un caso di studio emblema-
tico. La ricostruzione tradizionale del-
le tipologie di insediamenti introdotte
dai romani nei territori conquistati,
prevede, oltre al centro urbano, la pre-
senza di piccole fattorie regolarmente
distribuite nel territorio, convenzio-
nalmente le abitazioni dei coloni-sol-
dati. Finora, però, per il primo periodo
coloniale, in nessuna colonia indagata
in Italia queste fattorie sono state do-
cumentate in numero suciente per
poter confermare una tale ricostruzio-
ne storica. Resta valida, va sottolineato,
la possibilità che la scarsa attestazione
archeologica di questo tipo di siti, che
A sinistra:
Fig. 10. Foto scattata da
un drone (foto: T. D. Stek).
si potrà arrivare ad una ricostruzione
più precisa del modello di insediamen-
to preromano della zona e dell’impatto
esercitato dalla conquista romana su
di esso.
Nell’ambito del progetto più ampio,
denominato Landscapes of Early Ro-
man Colonization, coordinato dall’U-
niversità di Leiden, dal Reale Istituto
Neerlandese a Roma, sotto il patroci-
nio della Soprintendenza Archeologia
del Molise, inoltre, abbiamo istituito
un confronto diretto tra la situazione
documentabile per Isernia con quella
presente nella colonia latina di Ve-
nusia, l’attuale Venosa in Basilicata,
fondata nel 291 a. C. Nel territorio lu-
cano, si è pertanto avviata una colla-
borazione con l’Università di Foggia e
la Soprintendenza Archeologia della
Basilicata. Il confronto tra il territorio
coloniale di Aesernia e quello di Venu-
sia risulta ancor più interessante alla
luce delle loro profonde dierenze ge-
omorfologiche e paesaggistiche: questa
area del territorio lucano, dolcemente
collinare e caratterizzata da valli ben
più aperte, infatti, ore una prospetti-
va sulla colonizzazione romana molto
diversa da quella aspramente montana
del territorio isernino (Fig. 13).
è potuta registrare pare una strategia
insediativa molto più diversificata ed
organica in rapporto alla complessa
geomorfologia del territorio. Ricerche
più approfondite, condotte solo in al-
cune aree, in particolare attraverso
prospezioni geofisiche non-invasive,
hanno messo in luce siti talvolta ben
conservati. I risultati di tali indagini
geofisiche indicano non tanto l’esisten-
za di singole strutture disperse nel ter-
ritorio, quanto quella di siti elaborati e
complessi, talvolta collegati alla viabi-
lità locale, caratterizzati da una mol-
teplicità di strutture reciprocamente
connesse (Fig. 12).
Argomento di particolare interesse per
la comprensione delle dinamiche stori-
che relative all’area di Aesernia, è inol-
tre quello relativo alla sorte dei centri
fortificati presenti nell’area dopo la
colonizzazione romana. Per questa ra-
gione, sono stati indagati in dettaglio la
cronologia e la funzione dei siti d’altura
del territorio isernino, come quello di
Castelromano, applicando una meto-
dologia di ricognizione di superficie
iper-intensiva. Mettendo insieme i dati
provenienti da questo tipo di ricogni-
zioni, i dati ottenuti dalle prospezioni
geofisiche e dell’analisi delle foto aree,
36 SANTUARI, VILLAGGI, CENTRI FORTIFICATI E PRIMA URBANIZZAZIONE TRA SANNITI E ROMANI 37
della carta archeologica per la serie
della Forma Italiae, progetti intrapre-
si negli anni ‘70 e ‘80 del secolo scorso
(Fig. 14). Nel contesto di un progetto
di tutela più ampio, promosso dalla
Soprintendenza Archeologia del Moli-
se, al fine di valutare la condizione e la
caratterizzazione dei siti archeologici
già noti nel territorio, si è proceduto
ad una loro rianalisi, condotta su due
livelli di ricerca principali. Dal 2008 è
stato eseguito un programma di rivisi-
ta e ricognizione di superficie dei siti
noti, nel tentativo di integrare i dati
dei progetti precedenti. In seguito si è
proceduto allo studio di tutti i materia-
li provenienti da questi siti, sia di quelli
già documentati sia di quelli rinvenuti
durante le nuove ricognizioni, allo sco-
po di definire con più precisione il loro
quadro cronologico e la loro funzione.
La conoscenza dei materiali ceramici,
nei decenni tra la conclusione dei pro-
Centralizzazione e
urbanizzazione in ambito
sannitico: il territorio di
Larinum
Altro progetto di ricerca di particolare
rilevanza, è quello relativo al territo-
rio di Larino. Essendo uno dei pochi
centri urbanizzati italici noti nel San-
nio, il caso di Larinum è di enorme
interesse sia per il paragone con la
situazione insediativa del Sannio più
interno, come l’Alta Valle del Tappino,
ma anche altrove, sia per il confronto
con la situazione di Aesernia, spesso
interpretata come diretto risultato di
una forzata urbanizzazione introdotta
dalla conquista romana. La storia delle
ricerche nell’area di Larino è diversa
rispetto alle altre zone del Molise, in
quanto oggetto di ben due progetti di
archeologia del paesaggio, quello della
citata Biferno Valley Survey, e quello
In basso:
Fig. 11. Area di ricerca
intorno alla colonia di
Aesernia (elaborazione
grafica: A. Hamel).
Nell’altra pagina:
Fig. 12. Esempio di
immagine georadar
(elaborazione grafica: R.
A.A. Kalkers).
tutto il materiale ceramico a vernice nera.
In questo modo, senza bisogno di intraprendere
nuovi scavi o altre ricerche invasive e distruttive,
è stato possibile recuperare un grande numero di
informazioni dai dati già raccolti da progetti pre-
cedenti, informazioni che possono dare importanti
indizi sull’interpretazione della realtà storico-ar-
cheologica dell’area (Fig. 15).
Conclusioni: dalla carta archeologica
alla tutela
Nello stesso spirito dei vari progetti precedenti,
quello della Forma Italiae intrapreso nel 1926, o di
quelli diretti dalle scuole straniere a Roma nel ‘900,
getti precedenti ed oggi, si è grandemente anata e,
ora, anche tramite nuove tecnologie, siamo in grado
di datare e valutare con maggior dettaglio i materiali
rinvenuti. Attraverso un’attenta disamina di tutti i
frammenti di ceramica a vernice nera (particolar-
mente indicativa per il periodo ellenistico-repubbli-
cano) proveniente dalle ricognizioni e dai materiali
editi precedentemente, abbiamo potuto formare
un compendio delle forme della ceramica a vernice
nera diuse in Molise, strumento che speriamo pos-
sa risultare utile a tutti gli studiosi che si occupano
della regione e delle zone confinanti. In proposito,
si desidera ringraziare il fondamentale contributo
della dott.ssa Sheila Cherubini e della dott.ssa Helga
Di Giuseppe, le quali si sono occupate dell’analisi di
38 SANTUARI, VILLAGGI, CENTRI FORTIFICATI E PRIMA URBANIZZAZIONE TRA SANNITI E ROMANI 39
è proprio la presa di coscienza di quan-
to il paesaggio archeologico molisano
sia a grande rischio. I risultati prelimi-
nari, eettivamente, documentano in
modo chiaro il preoccupante degrado
del repertorio archeologico di super-
ficie. Il paesaggio archeologico visibile
ai ricercatori degli anni ’70 e ‘80, oggi
risulta in gran parte dissolto o forte-
uno degli scopi fondamentali delle no-
stre ricerche è quello di documentare
e salvaguardare il ricco e, purtroppo,
fortemente minacciato patrimonio
culturale del Molise. In eetti, va con-
statato come uno degli esiti delle no-
stre indagini di ricognizione e rivaluta-
zione dei siti noti e stesura della carta
pedologico-archeologica del territorio
In questa pagina, dal basso
verso l'alto:
Fig. 14. Area di ricerca
intorno a Larinum
(elaborazione grafica: A.
Hamel).
Fig. 15. Reperti ceramici
a vernice nera rinvenuti
in superficie (foto: M. K.
Termeer).
CBIS
mente eroso. Solamente attraverso metodologie di
ricerca molto intensive e l’istituzione di collabora-
zioni interdisciplinari, le tracce più emere degli
insediamenti antichi possono essere ancora indivi-
duate. Parte di esse è destinata a non essere più rin-
tracciabile. Questa considerazione, frutto della no-
stra esperienza di ricerca nel territorio molisano, si
aggancia ad altre recenti prognosi circa il patrimo-
nio archeologico di superficie italiano in generale, la
maggior parte del quale, secondo tali stime, tra due
generazioni sarà irrimediabilmente distrutto da
processi d’erosione, antropici e naturali. L’urgenza
di recuperare e documentare quante più informa-
zioni possibili in tempi brevi, per poter studiare e
comprendere la ricca storia del Sannio anche nel fu-
turo, risulta quindi inderogabile proprio per questa
nostra generazione. D’altro canto, si può constata-
re come nuove opportunità di supporto alla salva-
guardia del patrimonio archeologico stiano emer-
gendo sempre più numerose. Al di là dei numerosi
sistemi innovativi messi in campo dagli operatori
del settore per l’individuazione di nuove eviden-
ze archeologiche e per il loro monitoraggio, grazie
all’introduzione di varie tecnologie digitali, i nuovi
inventari di reperti archeologici vengono ormai re-
alizzati principalmente nella qualità di banche dati,
le quali possono essere combinate con altri sistemi
informativi e formare, in tal modo, strumenti vitali
per la catalogazione e la conoscenza del patrimonio
archeologico. In questo senso, la conoscenza com-
plessiva della storia evolutiva del paesaggio storico-
archeologico di un determinato territorio, acquisita
da progetti di ricerca condotti in collaborazione con
le Soprintendenze archeologiche locali, possono
tradursi nell’elaborazione di carte del rischio o del
potenziale archeologico. Tali carte risultano non
solo elementi necessari per un’organica raccolta
delle informazioni disponibili ma anche vitali stru-
menti da utilizzare per la pianificazione urbanistica
e territoriale.
Per approfondire
Cherubini, S, Di Giuseppe, H, Pelgrom J, Stek, TD
2016, Repertorio della ceramica a vernice nera
diffusa in Molise, Scienze e Lettere, in press.
Pelgrom, J & Stek, TD 2010, ‘A landscape
archaeological perspective on the functioning of a
rural cult place in Samnium: field surveys around the
sanctuary of S. Giovanni in Galdo (Molise)’, Rivista di
Topografia Antica / Journal of Ancient Topography,
20, pp. 41-102.
Stek, TD 2016, ‘Drones over Mediterranean
landscapes. The potential of small UAV’s (drones)
for site detection and heritage management in
archaeological survey projects: a case-study from
Le Pianelle in the Tappino Valley, Molise (Italy)’,
Journal of Cultural Heritage, in press.
Stek, TD 2015, ‘The Importance of Rural Sanctuaries
in Structuring Non-Urban Society in Ancient
Samnium: Approaches from Architecture and
Landscape’ Oxford Journal of Archaeology, 34.4,
pp. 397-406.
Stek, TD 2009, Cult places and cultural change in
Republican Italy. A contextual approach to religious
aspects of rural society after the Roman conquest,
Amsterdam Archaeological Series, Amsterdam.
Stek, TD, Modrall, EB, Kalkers, RAA, van Otterloo,
RH, Sevink, J 2015, ‘An early Roman colonial
landscape in the Apennine mountains: landscape
archaeological research in the territory of Aesernia
(Central-Southern Italy)’, Analysis Archaeologica.
An International Journal of Western Mediterranean
Archaeology, 1, pp. 229-282.
Stek, TD & Pelgrom, J (eds) 2014, Roman Republican
Colonization. New perspectives from archaeology
and ancient history, Papers of the Royal Netherlands
Institute in Rome, 62, Palombi Editori, Roma.
Stek, TD & Pelgrom, J 2005, ‘Samnite sanctuaries
surveyed: preliminary report of the sacred landscape
project 2004’, BABESCH, 80, pp. 65-71.
Waagen, J 2014, ‘Evaluating background noise:
Assessing off-site data from field surveys around
the Italic sanctuary of S. Giovanni in Galdo, Molise,
Italy’, Journal of Field Archaeology, 39(4), pp. 417-
429.
È in preparazione un volume dal titolo “Lo stato dei
Sanniti/ The state of the Samnites”, con gli atti del
convegno tenutosi presso l’istituto olandese a Roma
il 28-30 gennaio 2016.