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LE VARIETÀ DELL'ITALIANO IN ALCUNI MANUALI PER STRANIERI DIFFUSI ALL'ESTERO

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Il presente contributo riporta i risultati di una indagine sulle varietà di lingua proposte nei corsi universitari d’italiano all’estero, attraverso l’analisi di quindici manuali e grammatiche per stranieri, impiegati presso le seguenti università: Universidad de Oviedo “Dante Alighieri” (Asturias-Oviedo, Spagna); Università statale “Goce Delcev” (Štip, Rep. di Macedonia); Youngstown State University (Ohio, USA); University College of Dublin (Irlanda); Università di Varsavia (Polonia); Universidad Autónoma de Baja California (Messico); DalarnaUniversity (Falun, Svezia). La raccolta delle informazioni è stata effettuata somministrando un questionario a docenti operanti all’estero negli aa.aa. 2013-2014 e 2014-2015. L’interesse di questa indagine è sia linguistico, sia glottodidattico. Dal punto di vista linguistico, è interessante osservare se i manuali usati all’estero propongano solo la varietà standard tradizionale (sul piano morfo-sintattico, lessicale e fonetico) o anche registri meno formali (vedi le brachilogie tipiche degli sms e i tratti della lingua colloquiale) e diverse varietà diatopiche. Da un punto di vista glottodidattico, è utile indagare quale varietà sia proposta agli studenti d’italiano LS, tenendo presenti da un lato le loro motivazioni e dall’altro alcuni aspetti tradizionalmente considerati ‘critici’ nell’insegnamento della nostra lingua, in particolare il rapporto norma-uso. Sintetizzando, si è notato come nei corsi universitari all’estero si dia spazio anche a tratti appartenenti a varietà informali (linguaggio colloquiale, linguaggio giovanile, lingua degli sms). Riguardo alle varietà diatopiche, dall’analisi è emerso che la varietà proposta all’estero è un italiano neo-standard in cui prevalgono tratti settentrionali, ai quali però talvolta si mescolano tratti centrali, prefigurando forse la formazione in fieri di un italiano moderno «neutro» anche a livello fonetico. Riguardo, invece, alla presenza di diverse attività esplicite sugli italiani regionali, è stata notata solo in pochi casi la tendenza a far riflettere su alcuni aspetti della variabilità dell’italiano. The variety of italian in popular textbooks for foreigners used abroad This paper reports the results of a survey on the varieties of language proposed in Italian language university courses abroad. Fifteen manuals and text books for foreigners used at the following universities were analyzed: Universidad de Oviedo “Dante Alighieri” (Asturias-Oviedo, Spain); State University “Goce Delcev” (Štip, Rep. of Macedonia); Youngstown State University (Ohio, USA); University College of Dublin (Ireland); University of Warsaw (Poland); Universidad Autónoma de Baja California (Mexico); Dalarna University (Falun, Sweden). The data was collected by administering a questionnaire to teachers working abroad during the 2013-2014 and 2014-2015 academic years. The survey focused on both language and language teaching. From a linguistic point of view, it was interesting to observe whether the text books used abroad only proposed traditional standard varieties (in morpho-syntactic, lexical and phonetic terms) or less formal registers (see the typical sms brachylogies and traits of colloquial language) and several diatopic varieties. From the point of view of language teaching, we investigated which variety was proposed to Italian FL students, taking into account, on the one hand, their motives and on the other, some of the traditionally considered ‘critical issues’ in the teaching of Italian, in particular the rule-use relationship. In brief, it was noted that university courses abroad also gave space to informal varieties (colloquial language, language used by young people, sms language). Regarding diatopic vareties, the analysis showed that the variety of Italian is predominantly northern neo-standardwhich, however, sometimes mingles with the language varieties of Central Italy, perhaps foreshadowing a “neutral” modern Italian, also in phonetic terms. With respect to regional Italian, only in a few cases was there a tendency to reflect on some aspects of variability in Italian.
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LE VARIETÀ DELLITALIANO IN ALCUNI MANUALI PER
STRANIERI DIFFUSI ALLESTERO
Alessandra Cutrì1
1. PREMESSA E OBIETTIVI DELLA RICERCA
La necessità di indagare che tipo d‟italiano viene proposto all‟estero attraverso i
manuali adottati riflette le difficoltà insite nell‟insegnamento di una lingua dall‟ampio
repertorio varietistico, allinterno del quale spesso il docente non è in grado di dare agli
studenti risposte certe su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, ma può piuttosto dare
indicazioni su ciò che è appropriato/non appropriato in un determinato contesto (cfr.
Serianni, 2004 e 2006).
Tali difficoltà, di cui si è preso coscienza in seguito allo sviluppo di discipline come la
pragmatica e la sociolinguistica, sono state messe in luce da grammatici, studiosi di
linguistica e docenti ditaliano per stranieri2. Nellinsegnamento della nostra lingua al
concetto di norma unica si è, infatti, sostituito quello di pluralità di norme
sociolinguistiche, il cui reciproco rapporto è stato rappresentato da Gaetano Berruto
(2012: 24) nello schema di sintesi sull‟«architettura dell‟italiano contemporaneo».
La dialettica norma/uso interessa più da vicino un apprendente L2 che un
apprendente LS. Il primo, infatti, nel contatto quotidiano con i parlanti madrelingua è
esposto a input appartenenti a diversi registri e varietà, non necessariamente adeguati a
tutte le situazioni comunicative (si pensi, ad esempio, allincidenza nelle comunicazioni
informali del pronome indiretto gli in luogo di le, l‟uso del quale non è raccomandato in
contesti formali o è perfino ritenuto inammissibile: cfr. Trifone, Palermo, 2015: 135 e
Patota, 2003: 251); talvolta, dunque, l‟apprendente L2 impiega tratti di varietà informali e
regionalmente marcate senza una piena consapevolezza della loro «usabilità
sociolinguistica» (l‟espressione è di Santipolo, 2008), rischiando così la sanzione dei
madrelingua. Al contrario, l‟apprendente LS è generalmente esposto a un input più
controllato, costituito soprattutto dalla varietà ditaliano proposta in classe dal docente
(cfr. Santipolo, 2006: 3-11). Ciò non toglie che lo studente possa conoscere tratti
varietistici non previsti dal sillabo di LS attraverso i mass media3 e in particolare
attraverso il web (si pensi al canale youtube, ai siti giornalistici o, molto più semplicemente,
Questo lavoro è stato presentato al VII convegno dell‟Associazione degli Italianisti nei Balcani, tenutosi
presso l‟Università di Banja Luka il 18-19 giugno 2015.
1 Università per Stranieri di Perugia.
2 Una bibliografia di partenza potrebbe includere, oltre al già citato Serianni, Patota, 2005; Diadori,
Palermo, Troncarelli, 2015: 227-245; Andorno, Bosc, Ribotta, 2003 e, come studio pionieristico
sull‟italiano dei manuali per stranieri, Benucci, 1994.
3 Sulla lingua dei media e dei film italiani si vedano Bonomi, Masini, Morgana, 2003; Antonelli, 2007;
Alfieri, Bonomi, 2012; Maraschio, 2011 e Rossi, 2006, con bibliografia ivi indicata.
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ai social network)4. A proposito di comunicazione digitale, occorre aggiungere che negli
ultimi decenni la lingua italiana si è arricchita di nuovi ambiti duso: per esempio, la
comunicazione elettronica o Comunicazione Mediata dal Computer (cfr. Berruto, 2012:
55; Pistolesi 2004 e 2014), che ha un ruolo fondamentale (diventato preminente
soprattutto con l‟avvento degli smartphone) in gran parte delle interazioni quotidiane e ha
avuto ripercussioni sui rapporti di forza fra lingua scritta e lingua parlata, comportando,
per esempio, una maggiore incidenza rispetto al passato dei registri bassi nelle
produzioni dei parlanti (Berruto, 2012: 196).
Attraverso i media, o anche viaggiando in Italia, lo studente LS entrerà
inevitabilmente in contatto con le diverse varietà regionali, le vere realtà parlate
dell‟italiano (cfr. Mengaldo, 2014: 93). Sebbene queste varietà siano caratterizzate anche
sul piano lessicale e su quello morfo-sintattico, è tuttavia sul piano fonetico che la
provenienza geografica dei parlanti è più evidente, in quanto anche l‟eloquio dei
madrelingua con livello socio-culturale alto non è privo di influenze regionali. Lo
studente di L2 impara gli aspetti prosodici e fonetici soprattutto dal contatto con i
madrelingua e spesso, infatti, apprende la varietà regionale d‟italiano cui è esposto ogni
giorno; in contesto LS, al contrario, il ruolo e le scelte del docente appaiono più decisive.
In un momento in cui sempre più peso acquista la didattica delle varietà
nellinsegnamento delle lingue straniere, ai fini dello sviluppo di una competenza a tutti
gli effetti spendibile dal punto di vista comunicativo (sia sul piano produttivo sia
ricettivo), ho trovato interessante pubblicare i risultati di una mia recente indagine, il cui
primo stimolo risale alla stesura della tesi di laurea specialistica, discussa presso
l‟Università per Stranieri di Perugia nel 2012.
Obiettivo della mia ricerca è stato verificare quale varietà di lingua è proposta
all‟estero attraverso i manuali adottati nei corsi universitari. L‟interesse di questa indagine
è sia linguistico sia glottodidattico. Dal punto di vista linguistico, è interessante osservare
se i manuali usati all‟estero propongano solo la varietà standard tradizionale (sul piano
morfo-sintattico, lessicale e fonetico) o anche registri meno formali (vedi le brachilogie
tipiche degli sms e i tratti della lingua colloquiale) e diverse varietà diatopiche. Da un
punto di vista glottodidattico, è utile indagare quale varietà sia proposta agli studenti
d‟italiano LS tenendo presenti da un lato le loro motivazioni e dall‟altro alcuni aspetti
tradizionalmente considerati „critici‟ nell‟insegnamento della nostra lingua.
Per raccogliere questo tipo di informazioni, negli aa.aa. 2013-2014 e 2014-2015 ho
somministrato un questionario (qui riprodotto in appendice) a docenti ditaliano
operanti presso le seguenti università europee e americane: Universidad de Oviedo
«Dante Alighieri» (Asturias-Oviedo, Spagna); Università statale «Goce Delcev» (Štip,
4 Soprattutto in ambito anglofono, lo studente LS potrà avere contatto con varietà linguistiche sub-
standard anche negli ambienti virtuali creati con fini didattici in alcuni manuali adottati dai docenti
all‟estero. Questo aspetto riguarda soltanto uno dei corsi da me analizzati, che prevede attività integrative
on line, usato in alcune università americane: Tognozzi, Cavatorta, 2013. La presenza di un input alternativo
al manuale di lingua è stata, inoltre, riscontrata nei corsi d‟italiano offerti dall‟Università del Dalarna, dove,
grazie alluso di una piattaforma per la formazione asincrona (cfr. Forapani, Nigrisoli, Wärnhjelm, 2011), i
docenti suggeriscono agli studenti la lettura di articoli on line su diversi aspetti della cultura italiana, nei
quali, spesso, emergono tratti del parlato più informale. Anche i docenti della Youngstown State
University e dell‟Universidad de Oviedo nel questionario loro somministrato hanno indicato di impiegare
nei loro corsi materiali alternativi al manuale di lingua (ad esempio spezzoni di film e video tratti da
youtube). Sull‟uso delle nuove tecnologie nell‟insegnamento/apprendimento di una lingua seconda, cfr.
Thouësny, Bradley, 2011, con bibliografia ivi indicata.
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Rep. di Macedonia); Youngstown State University (Ohio, USA); University College of
Dublin (Irlanda); Università di Varsavia (Polonia); Universidad Autónoma de Baja
California (Messico); Dalarna University (Falun, Svezia)5.
Come è emerso dalle risposte al questionario, la motivazione preponderante
all‟apprendimento dell‟italiano nelle università considerate è strumentale: gli studenti
seguono il corso perché incluso nel loro curriculum universitario e, talvolta, lo vedono
come un percorso obbligato per un‟eventuale esperienza di studio in Italia; in alcuni casi,
la motivazione è culturale e/o affettiva o, molto meno spesso, lavorativa6.
Trattandosi di studenti universitari di LS, che studiano con fini “strumentali”
l‟italiano (cui sono esposti soprattutto in classe e attraverso il manuale di lingua), risulta
utile unazione didattica che miri a sostenere la motivazione. Per questo, oltreché a
situazioni formali d‟uso della lingua (tipiche di ambiti come l‟università), potrebbe essere
utile presentare contesti d‟uso informale, in cui si palesino anche i registri “bassi”,
presenti, ad esempio, nei film comici o in situazioni che possono suscitare l‟ilarità dello
studente (come gli sketch televisivi: si pensi a Zelig) o, in generale, in TV, nei mass media
e nei social network. La presenza delle varietà gergali, in particolare il gergo giovanile e
quello studentesco, sarà utile soprattutto se gli apprendenti pianificano unesperienza di
studio in Italia o sono in contatto con amici italiani. Sin dai livelli più bassi, tuttavia, la
varietà di lingua proposta dovrebbe essere lo standard e il neo-standard o varietà
«delluso medio», felice definizione di Francesco Sabatini (1985), tuttora oggetto di
dibattito fra gli studiosi (cfr. Berruto, 2012: 73-75): in sostanza, la lingua che gli studenti
possono incontrare nella fruizione dei mass media e negli scambi comunicativi con i
parlanti L1. Anche una trattazione delle varietà diatopiche può avere un ruolo
importante nel sostenere la motivazione degli studenti, oltre a essere fondamentale per
offrire un‟immagine realistica dell‟italiano. Già Danesi (1981: 192), più di trent‟anni fa,
aveva sottolineato l‟importanza di sensibilizzare gli studenti alla variabilità diatopica della
lingua:
[The teaching of Italian pronunciation] will give student a more accurate
and realistic picture of how Italian is actually spoken. By the use of simple
and clear explanations, illustrations and exercices, students will develop a
sensitivity to geolinguistic differences in pronunciation and thus be able to
recognize and understand the different idiolectal and sociolectal
manifestations of spoken Italian which do not cause any damage to
communication but simply identify the speaker‟s region of origin.
Con il questionario somministrato ho raccolto informazioni relative a tutti i livelli di
5 Ho preso contatti con gran parte dei destinatari del questionario durante un corso di aggiornamento per
docenti d‟italiano, tenutosi presso l‟Università per Stranieri di Perugia nellestate 2014; ho invece
conosciuto i docenti della Dalarna University durante un‟esperienza di studio all‟estero, e tramite Monica
Francioso, che ringrazio, ho interpellato il responsabile della sezione di Italianistica dell‟University College
of Dublin. Rivolgo qui un ringraziamento anche a tutti i docenti che hanno voluto e potuto collaborare a
questa mia piccola indagine.
6 Per informazioni sulle motivazioni allo studio dell‟italiano di studenti universitari allestero a partire da
unindagine di ampio respiro, cfr. Giovanardi, Trifone (2012: 78-79), che, fra i motivi principali
dell‟interesse verso la nostra lingua, individuavano per gli studenti universitari nordamericani e latino-
americani la cultura e, subito dopo, ragioni di mobilità (Nord America) e lavoro (America latina). Per gli
studenti universitari europei preponderante era risultata invece la motivazione professionale, seguita da
quella culturale.
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corsi offerti, ma la presente indagine si è concentrata su quelli destinati ad apprendenti
che devono acquisire una competenza intermedia nella lingua target. A un livello
elementare, infatti, è sconsigliabile, soprattutto in contesto LS, dare un input troppo
vario (che potrebbe indurre demotivazione) e opportuno, di contro, optare più per una
varietà neutra, da usare in tutte le situazioni comunicative; nei corsi di livello avanzato, al
contrario, è più probabile trovare riferimenti alle diverse varietà linguistiche, poiché le
indicazioni del Quadro comune europeo di riferimento per le lingue (d‟ora in poi QCER) sono
abbastanza chiare in merito: lo studente di livello C1 deve conoscere, ad esempio,
un‟ampia gamma di espressioni colloquiali e cogliere i cambiamenti di registro (cfr. la
griglia relativa all‟appropriatezza sociolinguistica: QCER, 2002: 149). Lo stesso si
potrebbe dire a proposito delle varietà diatopiche, che andrebbero introdotte sin dal
livello intermedio7.
2. L‟ANALISI
Riguardo ai tratti dell‟italiano dell‟uso medio e dellitaliano colloquiale accolti nei
manuali, ho scelto di soffermarmi su quelli posti in evidenza dagli autori attraverso varie
attività (riflessione, rinforzo, ripasso, ecc.), senza prendere in considerazione la loro
presenza nei brani input per due motivi:
- esiste già uno studio per alcuni aspetti “quantitativo” sull‟incidenza dei tratti
dell‟italiano medio nei corsi diffusi all‟estero (anche se limitato a quelli di area
svedese) e che analizza la lingua di ogni singola parte del manuale, dai brani alle
consegne degli esercizi e perfino nella guida per l‟insegnante (cfr. Tabaku Sörman,
2014)8;
- essendo ispirati agli approcci comunicativi, i manuali odierni danno ormai spazio a
testi che spesso riproducono tratti del parlato (anche informale); dal punto di vista
glottodidattico è interessante, quindi, indagare non tanto la loro presenza nei brani
input, quanto il peso loro riservato dagli autori dei corsi a livello di riflessione
metalinguistica e a livello applicativo: sono previste attività specifiche su questi tratti
(esercizi di rinforzo, di approfondimento grammaticale, di utilizzo in determinate
situazioni comunicative)? Gli autori mirano a far riconoscere queste forme e a far
che lo studente le usi?
Riguardo invece alle varietà diatopiche, ho analizzato sia i brani input dei manuali
(compresi gli audio dei corsi) sia le parti descrittive esplicitamente dedicate
all‟insegnamento della pronuncia o alla riflessione su tratti morfo-sintattici e lessicali
regionali, per capire qual è, se ce n‟è una, la varietà di pronuncia proposta allestero e se
sono rappresentati anche altri specifici tratti regionali.
L‟analisi ha riguardato i seguenti corsi, grammatiche ed eserciziari, adottati presso le
università considerate: Balì, Ziglio 2003; Chiappini, De Filippo, 2005; La Grassa,
Delitala, Quercioli, 2013; Marin, 2001; Marin, 2008; Marin, Magnelli, 2009; Tognozzi,
7 In questo caso, le indicazioni del QCER risultano abbastanza contraddittorie (quando non inadeguate)
rispetto alla complessità dell‟italiano (su tale aspetto, cfr. Benucci, 2007: 211-232).
8 Io stessa, nella mia tesi di laurea, ho analizzato la presenza di tratti del neostandard (come ad esempio il
pronome complemento indiretto gli come alternativa ad (a) loro, il presente pro futuro, l‟imperfetto di
cortesia, ecc.) in un gruppo di manuali prodotti in Italia, prendendo in considerazione anche i brani input.
Da questa mia esperienza ho tratto le conclusioni esposte nel punto successivo.
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Cavatorta, 2013; Trifone, Filippone, Sgaglione, 2008; Bailini, Consonno, 2004; De Giuli,
2001; Naddeo, 1999; Nocchi, 2011; Ricci, 2011; Ziglio, 20049.
3. LE VARIETÀ DIAFASICHE E DIASTRATICHE NEI MANUALI
Dall‟analisi dei manuali e delle grammatiche è emerso che gli autori dei corsi
dedicano spazio a tratti morfo-sintattici riferibili all‟italiano dell‟uso medio/italiano neo-
standard e all‟italiano colloquiale10, in particolare attraverso una loro descrizione nelle
parti del manuale dedicate alla riflessione metalinguistica, ma in alcuni casi anche
attraverso la loro inclusione all‟interno degli esercizi proposti. Qui di seguito elencati i
tratti dell‟italiano dell‟uso medio oggetto di attenzione da parte dei corsi analizzati:
- costruzione riflessiva apparente o di affetto (cfr. Sabatini, 1985: mi bevo una birra, ci
vediamo un bel film): Bailini, Consonno (2004: 41-42), che stimola lo studente anche a
usare il tratto negli esercizi proposti; Nocchi, 2011: 63; Balì, Ziglio, 2003: 41; Ziglio,
2004: 25;
- alternanza indicativo/congiuntivo nelle proposizioni oggettive rette dai verbi di
opinione: in Nocchi, 2011: 203; Ricci, 2011: 202, e anche in Balì, Ziglio, 2003: 206;
- uso dell‟imperfetto indicativo nel periodo ipotetico del terzo tipo: in Nocchi, 2011:
208; Ricci, 2011: 250; La Grassa, Delitala, Quercioli, 2013: 181 e Balì, Ziglio, 2003:
208;
- verbi pronominali tipici del parlato informale, per es. fregarsene11: Naddeo, 1999: 63-
70;
- alternanza dei pronomi indiretti gli/loro per la terza persona plurale: nel corso di
Tognozzi-Cavatorta (2013: 116-117) e nelle grammatiche di Naddeo (1999: 14-16),
Nocchi (2011: 105-108) e Ricci (2011: 113-114); in questi manuali, pur essendo
illustrate entrambe le alternative, si propongono esercizi in cui lo studente deve
usare costantemente solo la prima; la grammatica di Ricci in questo contesto
presenta, inoltre, un‟attività incentrata sulla dislocazione a sinistra dei complementi
indiretti: gli studenti devono, infatti, inserire pronomi anaforici in frasi come A me
Paola [mi] ha detto molte bugie, Ai suoi amici Paola [gli] ha detto molte bugie, tipiche del
registro informale (cfr. Trifone, Palermo, 2015: 147);
- imperfetto di cortesia: in Ricci (2011: 117); Nocchi (2011: 115); Tognozzi, Cavatorta
(2013: 57); La Grassa, Delitala, Quercioli (2013: 41);
- presente pro futuro: in Ricci (2011: 136); La Grassa, Delitala, Quercioli (2013: 61,
254); Tognozzi, Cavatorta (2013: 208).
9 Fra le grammatiche impiegate allestero risultano anche i due volumi di Fausto Díaz Padilla, Milagro
Martín Clavijo, 2005, dal titolo Lengua italiana 1 e 2, che purtroppo non mi è stato possibile reperire.
10 Per una trattazione sul rapporto fra varietà neo-standard e varietà colloquiale, cfr. Berruto (2012: 163 e
segg.), che definisce l‟italiano colloquiale come una varietà intermedia fra l‟italiano popolare e l‟italiano
neo-standard, con il quale condivide alcuni tratti linguistici; lo studioso afferma che «nell‟it. colloquiale
sono frequenti o frequentissimi (a volte, categorici) tratti che nell‟it. neo-standard hanno una frequenza
assai minore o ricorrono solo sporadicamente...» (ivi: 163-64). Inoltre, l‟italiano colloquiale sarebbe
caratterizzato soprattutto sul piano del lessico e della fraseologia.
11 Per giudicare la colloquialità del lessico ho fatto riferimento al Grande dizionario italiano dell’uso di De
Mauro, 1999-2007, dove il verbo fregarsene è etichettato come “popolare.
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La presenza di questi tratti è favorita, inoltre, dal ricorso a testi autentici e/o adattati e
dalla tipologia molto varia: dalle lettere informali a quelle formali, alle e-mail, alle
vignette, ai messaggi, agli articoli da riviste e quotidiani, ai brani di narrativa
contemporanea, ai dialoghi formali e informali.
A livello lessicale, si è notato che nei manuali trovano posto anche espressioni
proprie del linguaggio giovanile, che lo studente deve imparare a riconoscere, come nel
corso di La Grassa, Delitala, Quercioli (2013: 11), destinato a studenti universitari, dove
viene utilizzata perché sia compresa e riconosciuta l‟espressione ‹‹roba ganza››, in seguito
riproposta in un‟attività dell‟eserciziario:
Figura 1. Un’attività dell’eserciziario La Grassa, Delitala, Quercioli (2013: 239).
Questo corso propone anche espressioni della lingua degli sms e della chat (La
Grassa, Delitala, Quercioli, 2013: 183), che lo studente, anche in questo caso, è stimolato
a riconoscere in attività delleserciziario. Di seguito alcuni esempi
Figura 2. Un altro esempio tratto da La Grassa, Delitala, Quercioli (2013: 183).
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Figura 2. Una proposta dell’eserciziario in La Grassa, Delitala, Quercioli (2013: 298)
La scheda sulla lingua degli sms è, inoltre, corredata da unintervista a un esperto di
comunicazione, che parla delle trasformazioni causate dalle nuove tecnologie nelluso
della lingua e, in particolare, dell‟avvicinamento della lingua scritta alla lingua parlata.
Un altro corso molto orientato alla rappresentazione di una varietà colloquiale e della
varietà giovanile è Tognozzi, Cavatorta, 2013, che propone attività sulla lingua della
comunicazione on line (a partire da un articolo di Alessio Balbi dal titolo Bella e scialla: ecco
come parla la «generazione 20 parole», 222-223). Nell‟attività di comprensione che segue, gli
studenti devono individuare il significato di alcune abbreviazioni e riflettere sulla «lingua
dei giovani»:
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Figura 3. Un’attività di comprensione sulla lingua dei giovani (Tognozzi, Cavatorta, 2013: 223)
Di seguito nel testo, gli autori Tognozzi e Cavatorta riaffrontano il discorso sulle
abbreviazioni per dare indicazioni mirate allo sviluppo della capacità di prendere
appunti; nell‟immagine riprodotta sotto si può notare, inoltre, la compresenza di forme
brachigrafiche, come cmq, e di acronimi, come NB e PS, i cui ambiti duso non sono
sempre esclusivi della scrittura giovanile on line):
Figura 4. Un‟attività sulle tachigrafie giovanili (Tognozzi, Cavatorta, 2013: 305).
L‟importanza di questo tipo di attività è direttamente dipendente dai bisogni: sarà
utile, ad esempio, nel caso di studenti che vogliano trascorrere un periodo di studio
presso le università italiane o come attività motivante, finalizzata a una discussione sulla
lingua usata dai giovani nelle chat.
Anche l‟eserciziario (Ziglio, 2004) che accompagna il corso di Balì, Ziglio, 2003
propone alcune attività (nellunità Parole, parole, parole...) sulla lingua degli sms,
richiedendo agli studenti di riscrivere alcuni messaggi in italiano «corrente»:
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Figura 5. Un esempio di attività tratta dall’eserciziario (Ziglio 2004: 30) del manuale Balì, Ziglio (2003).
Molto interessante è la proposta del corso (di livello B2) di Trifone, Filippone,
Sgaglione, 2009, che offre diversi esempi di gradazione sinonimica (dallinformale al
formale) attraverso l‟uso di immagini, come nel caso illustrato sotto: ai vocaboli neutri
paura e batticuore si affiancano il colloquiale fifa e il termine scientifico tachicardia.
Figura 6. Un esercizio sulla sinonimia in Trifone, Filippone, Sgaglione (2009: 10).
La presenza della lingua colloquiale e delle varietà informali del repertorio è evidente
nel corso di La Grassa, Delitala, Quercioli, 2013, nel quale appaiono espressioni come
iella, iellato, sfiga, sfigato, scalogna, come si può notare dallo schema, che si riproduce di
seguito, posto alla fine dellunità dal titolo Ma sei davvero così superstizioso?:
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Figura 7. Schema di fine unità in La Grassa, Delitala, Quercioli (2013: 270).
In questi casi il docente dovrà offrire indicazioni d‟uso sulle singole espressioni.
Anche il corso di Chiappini, De Filippo, 2005 è attento alle espressioni della lingua
colloquiale, come si può notare dalla riproduzione seguente, in cui si chiede allo studente
di ricercare nel brano appena letto tutte le espressioni equivalenti a un mucchio di
notevole quantità (locuzione marcata come familiare in De Mauro, 1999-2007, s.v.
mucchio):
Figura 8. Un esercizio sulle locuzioni dell’italiano colloquiale in Chiappini, De Filippo, 2005: 13.
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4. LE VARIETÀ DIATOPICHE NEI MANUALI
L‟aspetto varietistico più evidente dell‟italiano, tuttavia, è costituito dai diversi italiani
regionali, che si differenziano soprattutto sul piano fonetico e prosodico poiché la nostra
lingua non ha una pronuncia standard socialmente accettata, paragonabile alla Received
Pronunciation inglese (cfr. Lepschy, Lepschy, 1981: 9-13).
Il problema di quale pronuncia insegnare agli stranieri è stato oggetto di numerose
riflessioni, soprattutto negli anni Settanta e Ottanta del Novecento, quando studiosi
come i Lepschy (cfr. Lepschy, 1977 e Lepschy, Lepschy, 1981) e Francescato, 1977
hanno avanzato proposte pratiche miranti a individuare un modello il più regolare
possibile di pronuncia da insegnare agli stranieri. In tale contesto, notevole importanza è
stata riconosciuta al modello settentrionale, che presenta una maggiore aderenza tra
fonia e grafia e sembra godere di grande prestigio (cfr. Galli de Paratesi, 1984).
Secondo Canepàri e Giovannelli (2012: 77), oggi si può legittimamente usare
l‟espressione «italiano neutro» per individuare una pronuncia che nella realtà italiana
esiste e che può essere acquisita, nella quale si è imposto per certi versi «il modello
nordico». Ciò sembrerebbe evidente, fra l‟altro, nella neutralizzazione avvenuta nel neo-
standard dell‟opposizione fra s sorda ed s sonora, a favore della sonora, proprio per
l‟influsso esercitato dalle varietà settentrionali. Tale neutralizzazione sarebbe presente, ad
esempio, nel parlato cinematografico e televisivo contemporaneo. Non è nostro
obiettivo stabilire quale debba essere e se debba esserci un modello di pronuncia per
litaliano LS, ma semplicemente capire a quale italiano siano esposti i discenti allestero.
Dall‟analisi degli audio che corredano i manuali analizzati è emerso che il modello
proposto è l‟italiano standard o una pronuncia neo-standard che si lascia influenzare
soprattutto dalle varietà settentrionali.
Il corso di La Grassa, Delitala, Quercioli, 2013 presenta una lingua ricca di tratti
settentrionali, come la resa sonora della s, anche laddove lo standard tradizionale
(toscano emendato dei tratti popolari) prescriverebbe la sorda (famoso /fa'mozo/, casa
/'kaza/, peso /'pezo/, pericoloso /periko'lozo/, così /ko'zi/, annusare /an:u'zare/). Solo
sporadicamente appaiono tratti centro-meridionali, come l‟affricazione della sibilante
sorda alveolare che segue vibrante o nasale: sommersi /so'm:erʦi/, pensiamo /pen'ʦjamo/,
insieme /in'ʦjɛme/, /'mwɔverʦi/ e la fricativizzazione dell‟affricata prepalatale sorda,
come in si dice /si'diʃe/, specifico /spe'ʃifiko/.
Un altro corso che la priorità negli audio alla rappresentazione di una pronuncia
settentrionale, con emersione talvolta di tratti fonetici dellItalia centrale (soprattutto
toscani) è Balì, Ziglio, 2003, in cui si è potuta constatare la prevalenza di realizzazioni
fonetiche settentrionali, ad esempio in parole come mese, inglese, così (con s sonora,
contrariamente allo standard tradizionale) e casi di scempiamento di consonanti doppie;
in linea con lo standard e con la pronuncia settentrionale, la non affricazione di s
preceduta da vibrante o nasale, come in pensare /pen'sare/. Alcune voci presentano tratti
delle varietà mediane, come la fricativizzazione dellaffricata sorda intervocalica (filosofici
/filo'sɔfiʃi/, la Sicilia /lasi'ʃilja/, la città di Milano /laʃi't:adimi'lano/)12 e la gorgia toscana,
evidente in fonetica sintattica nella pronuncia aspirata dellocclusiva sorda intervocalica
/k/ (per es., la mano dell’uomo che disegna, che fa un’architettura, che costruisce... viene
12 Questo tratto è presente anche in altri italiani regionali, per esempio in quello di Messina.
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pronunciata come /la'manode'l:wɔmokedi'zeɲ:a he'fawnarkite't:ura heko'strwiʃ:e/).
Il corso di Tognozzi, Cavatorta, 2013 cerca invece di proporre una pronuncia
artificiale “forzatamente” standard, che talvolta però presenta una resa erronea dei suoni
critici dello standard (per es. apertura/chiusura delle vocali medie)13. Tuttavia, lo
studente è esposto anche alle varietà regionali (soprattutto meridionali) attraverso le
attività incluse nelle sezioni Cinema Ponti. Un esempio è la scena tratta dal film Tu la
conosci Claudia di Massimo Venier, con Aldo, Giovanni e Giacomo, in cui campeggia la
pronuncia marcatamente siciliana di Aldo. Gli studenti devono anche leggere la
trascrizione del dialogo di questa scena (che contiene espressioni colloquiali, come
cappuccio per cappuccino, e disfemismi), cercando di imitare i personaggi nel tono della
voce, nei gesti, nella pronuncia; dunque, sono chiamati a produrre una varietà regionale
meridionale d‟italiano: lattività è non solo finalizzata a riflettere sulle caratteristiche della
pronuncia siciliana ma anche a sostenere la motivazione. Marcel Danesi (1981: 192) ha
sottolineato l‟importanza di prevedere in classe simili attività motivanti di
drammatizzazione14, per sensibilizzare gli studenti alle differenze diatopiche.
La pronuncia toscana è invece trattata esplicitamente in un‟attività che correda la
visione di una scena del film-documentario Four Days in Summer di Jonathan Darby
(Tognozzi, Cavatorta, 2013: 166-167). Si spiegano allo studente le caratteristiche
fonetiche di questa varietà e lo si invita a individuare nellaudio i punti in cui la
pronuncia proposta non corrisponde con quella toscana.
Un altro esempio di varietà regionale è offerto da una scena del film di Giuseppe
Tornatore Nuovo Cinema Paradiso, che presenta tratti non solo prosodici ma anche
morfosintattici e lessicali siciliani o colloquiali; notevole anche il ricorso ai disfemismi
(ivi: 347).
Tuttavia, pure nel corso di Tognozzi, Cavatorta, 2013 ho notato la prevalenza (nei
brani audio non autentici) della pronuncia sonora della sibilante s intervocalica, anche
quando lo standard prescriverebbe la sorda (scherzosamente /skerʦoza'mente/, pesante
/pe'zante/, delizioso /deli'ʦ:jozo/, casa /'kaza/, mese /'meze/, chiese /'kjεze/, ha reso
/a'rezo/, ecc.).
Un orientamento analogo è riscontrabile nel corso di Marin, Magnelli, 2009, come
dimostra la resa sonora della s in cosa /'koza/, mesi /'mezi/, casa /'kaza/, così /ko'zi/, pesi
/'pezi/; la pronuncia chiusa di e tonica in parole come ben „bene‟, stipendio, differenze, ecc.;
la pronuncia del sintagma è vero senza raddoppiamento fonosintattico, ecc. Il modello
proposto, dunque, sembra anche in questo caso settentrionale. Il livello successivo dello
stesso corso (Marin, 2008, parte B2) non si discosta da questa linea, con solo rare
inserzioni di brani autentici in cui sono percettibili tratti tipici delle varietà centro-
meridionali (come nell‟audio Unit1, che contiene parole come difficile /di'f:iʃile/, specifiche
/spe'ʃifike/, semplice /'sɛmpliʃe/).
Nel corso di Trifone, Filippone, Sgaglione, 2011 prevale, invece, la pronuncia
standard e si propongono allo studente attività di riconoscimento di tratti regionali,
come la resa scempia/doppia delle consonanti intervocaliche, il raddoppiamento
fonosintattico e la realizzazione aperta/chiusa delle vocali medie. Si vedano, ad esempio,
13 Negli audio non autentici dei primi capitoli del manuale l‟eloquio dei parlanti è, fra l‟altro,
particolarmente lento, se si considera il fatto che il corso è rivolto ad apprendenti di livello intermedio.
14 Per la drammatizzazione come tecnica didattica utile per sviluppare gli aspetti fonetici e paralinguistici, si
veda Balboni (1998: 55-56).
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le seguenti attività, che mostrano come gli autori siano interessati a spiegare le
caratteristiche specifiche della pronuncia italiana tradizionale:
Figura 9. Un attività sull’ortoepia in Trifone, Filippone, Sgaglione (2011: 141).
Il corso di Chiappini, De Filippo, 2005 appare più aperto al neo-standard, includendo
tratti tipici di varie parti d‟Italia, con la prevalenza della pronuncia delle regioni centrali e
meridionali (frequente la fricativizzazione dell‟affricata prepalatale /ʧ/ in posizione
intervocalica, come in /di'ʃɛmbre/ per dicembre, l‟apertura di vocali, come in /'sᴐɳ:o/ per
sogno, la pronuncia intensa dell‟affricata prepalatale sonora in posizione intervocalica (e
quindi anche in fonetica sintattica), come in /a'moriʤ:ova'nili/, l‟affricazione della
sibilante sorda dopo nasale: /'nʦom:a/ per insomma). Va precisato, però, tornando al
questionario che è stato sottoposto ai docenti, che nell‟università che utilizza questo
corso è adottato anche il manuale di Marin, Magnelli, 2009, che, si è visto, predilige una
pronuncia neo-standard con inflessioni settentrionali.
Sembra, dunque, che la varietà fonetica proposta all‟estero nelle università
considerate (quella cioè che risulta prevalente negli audio dei corsi adottati) sia una
varietà che potremmo definire neo-standard centro-settentrionale15. Delle pronunce
15 Ciò potrebbe essere una conferma dell‟effettiva formazione di un neo-standard di ascendenza
settentrionale, come affermato da Canepàri e Giovannelli (2012: 77), neo-standard che pare riflettersi
anche nei manuali d‟italiano per stranieri. Canepàri mette anche in luce, però, il potere standardizzante
sull‟italiano di oggi delle varietà centrali (cfr. per es. www.dipionline.it/guida/), aspetto su cui richiama
l‟attenzione anche Maturi (2014: 120-121); ciò potrebbe essere dimostrato, ad esempio, dalla diffusione
della pronuncia fricativa dell‟affricata prepalatale sorda intervocalica (/ʧ/ > /ʃ/), che è forse in
espansione, ma occorrerebbero studi approfonditi su ampi corpora di parlato di diversa provenienza
regionale per sostenere tale ipotesi. A proposito della ristandardizzazione in atto nellitaliano
contemporaneo, Berruto (2012: 105) ha notato, ad esempio, «una certa indifferenza [nelle produzioni dei
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centro-meridionali, oltre a quella toscana e romana, la più rappresentata sembra essere
quella siciliana, che ha acquistato notorietà grazie al cinema.
Non bisogna trascurare il ruolo del docente nella classe di LS: proprio alla sua
pronuncia sono maggiormente esposti gli studenti. Dal sondaggio è emerso che non
tutti i docenti delle università considerate sono di madrelingua; tutti, comunque, «usano
un italiano standard», al più, come molti hanno dichiarato, «con inflessioni regionali». Ma
dalle risposte al questionario relative alla pronuncia non sembra che quest‟ultima rivesta
un ruolo fondamentale nellinsegnamento (le risposte dei docenti sono state, infatti,
alquanto diverse e contrastanti e, del resto, bisognerebbe anche verificare cosa essi
intendano con l‟espressione «italiano standard»).
Le varietà regionali sono rappresentate talvolta anche a livello morfo-sintattico,
soprattutto rispetto allalternanza di passato prossimo/passato remoto, tempi verbali
che, com‟è noto, vengono selezionati in modo diverso dai parlanti meridionali, toscani o
settentrionali, e con effetti che possono risultare stilisticamente marcati. Il tratto trova
esplicite indicazioni duso in quasi tutti i corsi analizzati, due dei quali (Naddeo, 1999: 21
e Nocchi, 2011: 48) illustrano anche (per le regioni meridionali) la ricorrenza del
pronome allocutivo di cortesia Voi in luogo di Lei16. Non vi è traccia, invece, di altri
fenomeni morfo-sintattici, come ad esempio laccusativo preposizionale, tanto diffuso
nelle regioni meridionali, ma dotato di una connotazione diastratica più bassa rispetto ai
tratti precedenti (cfr. Cortelazzo, 1976: 113).
In alcuni casi si dà spazio ai geosinonimi, come si può notare nellimmagine seguente,
tratta dal corso di Trifone, Filippone, Sgaglione, 2011:
Figura 10. Un focus sui geosinonimi nel manuale Trifone, Filippone, Sgaglione (2011: 68)
parlanti italiano] per le realizzazioni aperte e chiuse di e e di o, che in ogni caso presentano una
distribuzione non tradizionale (con tendenza conseguente a un sistema pentavocalico, come preconizzato
da Devoto 1964, p. 10)».
16 Tratto ancora abbastanza vivo al Sud, almeno per quanto riguarda la Calabria (cfr. Orlandi, 2015).
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5. CONCLUSIONI
Concludendo questa breve trattazione, possiamo affermare, sulla base dell‟analisi di
manuali impiegati presso alcune università europee e americane, che la varietà d‟italiano
proposta sia una varietà neo-standard che, dal punto di vista diafasico, dando spazio a
unampia tipologia di testi appartenenti anche al registro non formale, si arricchisce di
tratti del parlato colloquiale, in linea con i recenti cambiamenti avvenuti nellitaliano
contemporaneo (cfr. Berruto, 2012). Nei manuali, infatti, si fanno strada espressioni
pragmaticamente efficaci appartenenti al registro colloquiale e tipiche anche del
linguaggio giovanile (per es. fregarsene, bersi una birra, iellato, sfigato, roba ganza, ecc.) o
semplicemente tratti dell‟italiano «dell‟uso medio» ormai accettati nel neo-standard (vedi
il caso del pronome indiretto gli in luogo di (a)loro). Tali tratti sono presentati in vista
dello sviluppo di una competenza produttiva o ricettiva del discente e non solo come
parte dei brani input cui egli è esposto. La presenza del linguaggio giovanile e delle
brachigrafie tipiche della lingua degli sms sembra essere finalizzata anche a sostenere la
motivazione dell‟apprendente: questo tipo di input è proprio, infatti, di situazioni
comunicative cui possono essere frequentemente esposti i giovani studenti universitari.
Sul piano delle varietà diatopiche, pare che la pronuncia proposta all‟estero attraverso
gli audio dei corsi rappresenti soprattutto un italiano neo-standard, in cui prevalgono
influssi settentrionali, ai quali però talvolta si mescolano tratti centrali, prefigurando
forse, a conferma delle affermazioni di Canepàri, Giovannelli (2012: 77), la formazione
in fieri di un italiano moderno «neutro» anche a livello fonetico17. In ogni caso, ho
riscontrato un‟estesa riflessione esplicita sulle varietà diatopiche solo in alcuni dei
manuali (Tognozzi, Cavatorta, 2013 e Trifone, Filippone, Sgaglione, 2005), se si eccettua
il caso dell‟alternanza passato prossimo/passato remoto, tratto commentato in tutti i
corsi analizzati.
La pressione della norma scritta tradizionale, dunque, non sembra più così forte,
almeno per quanto riguarda la didattica di L218. Al contrario, l‟italiano definito dell‟uso
medio (Sabatini, 1985) o neo-standard (Berruto, 1987) o tendenziale (Mioni, 1983) è
sempre più accettato come varietà di insegnamento, affiancato anche dalla lingua
colloquiale (Berruto, 1987).
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17 Intendo un italiano medio cólto, in via di assestamento su un modello di pronuncia panitaliano,
prevalentemente settentrionale o centro-settentrionale.
18 Per l‟italiano L1, cfr. invece Serianni, 2007.
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APPENDICE
QUESTIONARIO PER LINDAGINE SUI MANUALI ADOTTATI NEI CORSI DI ITALIANO
ALLESTERO
Nome: Cognome:
Città: Paese:
Università/Scuola/Ente di riferimento
(se possibile, si prega di indicare anche la fascia d‟età degli apprendenti):
Se possibile, indicare il profilo di apprendente (se si tratta di studente universitario, di
apprendente di lingua d‟origine, di apprendente con motivazioni culturali, lavorative, ecc.):
- Manuali adottati nei corsi di livello di livello elementare (A1-A2 del QCER):
- Manuali adottati nei corsi di livello intermedio (B1-B2 del QCER):
- Manuali adottati nei corsi di livello avanzato (C1-C2 del QCER):
- Nelle classi di livello elementare vengono usati anche altri tipi di materiali didattici? Se si,
può indicare quali?
- E nelle classi di livello intermedio e avanzato?
- Che tipo di lingua viene proposta, secondo lei? Solo una lingua standard e formale o anche
le diverse varietà regionali e situazionali-contestuali?
- I docenti sono tutti di madrelingua? Parlano un italiano standard o regionale?
- Nei corsi si dà formalmente spazio all‟insegnamento della pronuncia standard dell‟italiano?
Per esempio, si insegna la differenza di pronuncia fra e ed o aperte e chiuse, fra s sorda e
sonora e fra z sorda e z sonora?
- Se sì, a quale livello?
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- Lo studente impara che queste particolarità riguardano diverse varietà regionali di italiano?
- Lo studente impara la pronuncia standard a livello produttivo?
- Si insegna la variabilità geografica dell‟italiano sul piano lessicale (per es. geosinonimi),
morfologico (per es. uso diverso di passato prossimo/passato remoto tra Nord e Sud) e sintattico
(per es. ordine dei costituenti di frase)?
- Se sì, a quale livello e come?
- Si svolgono lezioni sulle varietà situazionali-contestuali dell‟italiano? Per es. si fa cenno/si
insegna la varietà giovanile e il gergo studentesco?
- Se sì, a quale livello e come?
- Si fa cenno/si insegnano i registri informali della lingua (per es. quello colloquiale)?
- Se sì, a quale livello e come?
Thesis
Cette thèse de doctorat a pour but d‘explorer l’insertion d’un parcours d’intercompréhension dans la visée de l’enseignement de deux langues romanes, le français en Italie et l’italien en France dans le secondaire au sein de deux formes d’enseignement bilingue (section européenne en France et dispositif EsaBac en Italie). Ces parcours ont été imaginés autour de deux orientations différentes selon le cours pour lequel ils ont été pensés : apprentissage de la langue voisine (le français ou l’italien), apprentissage de la discipline enseignée en langue cible (histoire-géographie en France ; histoire en Italie). Dans la première orientation, nous nous sommes concentrés sur les usages oraux de la langue voisine en sélectionnant cinq faits linguistiques susceptibles de variation. L’originalité de notre approche a été d’utiliser deux types de supports : des dialogues littéraires et des extraits de corpus oral authentique. Ces faits linguistiques ont été présentés en plusieurs langues (les deux langues de scolarisation et une troisième langue romane, l’espagnol ou le portugais), permettant de développer la dimension plurilingue de notre projet. Dans notre seconde orientation, l’emploi d’un parcours en intercompréhension intégrée a permis de dépasser l’alternance des langues initiale pour parvenir à une meilleure intégration de l’ensemble des langues proposées comme des contenus disciplinaires envisagés. Les données récoltées par cette étude contrastive sur deux terrains de cultures éducatives distinctes ont apporté un certain nombre de résultats : la confrontation entre les conceptions de la variation de ces deux publics, dont la réflexion a été enrichie par le choix d’utiliser la littérature comme mise en valeur des éléments variationnels présents dans les supports utilisés pour mieux discuter des usages ; les possibilités d’appui sur plusieurs langues dans une continuité entre les apprentissages langagiers, favorisant des liens avec la didactique intégrée. L’intercompréhension intégrée adaptée à l’enseignement bilingue a généré une reconfiguration des rôles et places des langues en présence dans le cadre du travail sur les contenus disciplinaires ; l’analyse autour de deux contextes a mis en évidence les modalités les plus pertinentes pour mobiliser et étudier l’apport de la proximité linguistique des langues comme bénéfique pour un travail sur la discipline. Par les expériences menées et les résultats obtenus, notre étude essaie enfin d'apporter des voies d'apprentissage renouvelées dans l'enseignement intégré des langues et des disciplines en contexte scolaire et de consolider le rôle de l’intercompréhension dans cette visée.
Tecniche didattiche per l'educazione linguistica. Italiano, lingue straniere, lingue classiche
  • P E Balboni
Balboni P. E. (1998), Tecniche didattiche per l'educazione linguistica. Italiano, lingue straniere, lingue classiche, UTET, Torino.
La grammatica nell'insegnamento a stranieri
  • A Benucci
Benucci A. (1994), La grammatica nell'insegnamento a stranieri, Bonacci, Roma.
Sillabo di italiano per stranieri. Una proposta del Centro Linguistico dell'Università per Stranieri di Siena
  • A Benucci
Benucci A. (2007), Aspetti sociolinguistici, in Ead. (a cura di), Sillabo di italiano per stranieri. Una proposta del Centro Linguistico dell'Università per Stranieri di Siena, Guerra, Perugia, pp. 211-232.