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Abstract

The text analyze the racial criminalization of immigrants in Europe and in the United States as phenomenon intrinsic to the frame of neo-liberalism globalization at local, national and worldwide level, in particular from 1990 to 2015. Through researches of the last 20 years, the article refers on the theory of interactionist social construction. The author show how the phenomenon is linked to prohibitionism of migrations and protectionism of dominant nationalities and also to produce inferiorization and neo-slavery of migrants, refugees and also of many autochthonous. The racist criminalization of immigrants has therefore a “mirror function” revealing the brutal drift of devices and practices of dominion often internalized by the dominants as well as by the dominated (autochthonous and migrants). The Italian case study is analysed as emblematic.
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Salvatore Palidda
25 ANNI DI CRIMINALIZZAZIONE RAZZISTA IN EUROPA
Salvatore Palidda1
Il testo analizza la criminalizzazione razzista degli immigrati in Europa
e negli Stati Uniti come fenomeno intrinseco della globalizzazione
neoliberista a livello locale, nazionale e mondiale, in particolare dal
1990 al 2015. Attraverso ricerche degli ultimi 20 anni, l’articolo fa
riferimento alla teoria interazionista della costruzione sociale. L’autore
mostra come il fenomeno è legato al proibizionismo delle migrazioni e
al protezionismo delle nazionalità dominanti e anche alla produzione di
inferiorizzazione e neo-schiavitù dei migranti, dei rifugiati e perfino di
molti autoctoni. La criminalizzazione razzista degli immigrati ha dunque
una “funzione specchio” rivelando la brutale deriva dei dispositivi
e delle pratiche di dominio dei dominanti, spesso interiorizzati dai
dominati (autoctoni e gli immigrati). Il caso italiano è analizzato come
caso rivelatore del governo liberista delle migrazioni contemporanee.
Parole chiave: criminalizzazione razziale, la globalizzazione del
neoliberismo, inferiorizzazione, neo-schiavitù.
Riessione sulle ricerche sulla criminalizzazione razzista degli
immigra in Europa
Nella lunga storia delle immigrazioni si sono sempre riprodotti periodi o
congiunture di criminalizzazione razzista e persecuzioni violente degli immigrati,
alternati a periodi di quasi pacifico inserimento e di massiccia regolarizzazione
di milioni di stranieri nei paesi di arrivo. Basta guardare la storia delle migrazioni
italiane interne e internazionali da prima dell’unità d’Italia sino agli anni sessanta,
una storia che può essere considerata paradigmatica di tutte le migrazioni di ieri e
di oggi2. Ma, come vedremo dopo, oggi si rischia di assistere al peggio, cioè a una
sorta di tanatopolitica riservata ai migranti in particolare da parte dei paesi europei.
1 Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Genova. Genova, Italia.
2 Si veda il film documentario Pane Amaro (in italiano: <https://www.youtube.com/watch?v=MK66S1ji_
PY>; in inglese: <https://www.youtube.com/watch?v=wuEiEXxE5zI)>; Parte dell’emigrazione italiana
(anche Brasile): <https://www.youtube.com/watch?v=8Xd3J0OyHxw>; Immigranti del Sud Italia
al Nord Italia: <https://www.youtube.com/watch?v=RUu9ZEa69KA>; Emigrazione nel secondo
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25 anni di criminalizzazione razzista in Europa
Quasi sempre il carattere sfavorevole o favorevole all’immigrazione
è dipeso dall’andamento economico o da particolari congiunture politiche.
Nei periodi di crescita economica e quindi di forte bisogno di manodopera
l’immigrazione era incitata e aiutata all’integrazione regolare e ciò sino agli anni
ottanta. Le ricerche sulla devianza e la criminalità degli immigrati erano rare e
interessavano solo alcuni criminologi clinici e psichiatri3 che non mancavano di
adottare un approccio più o meno lombrosiano, mentre qualche antropologo
democratico invocava il relativismo culturale4; dopo, la teoria interazionista della
costruzione sociale mostrava come l’approdo dell’immigrato alla devianza o alla
criminalità non è diverso da quello dell’autoctono e cioè dipende dal frame o
contesto e dalle molteplici interazioni al suo interno5.
Con gli anni novanta si sviluppa invece una grande attenzione a questo
argomento affrontato seguendo due principali approcci totalmente opposti6:
- La lettura che si può definire neo-positivista e che, di fatto, è organica
al proibizionismo delle migrazioni, al protezionismo e alla chiusura a difesa dei
privilegi reali o presunti della cittadinanza nazionale o in Europa europea; quindi
una lettura che legittima l’idea che i migranti sono più criminali degli autoctoni
dei paesi di immigrazione usando le statistiche come prova indiscutibile7;
non si riconosce che queste non sono altro che la produzione di un discorso
dominante sugli oggetti di tale criminalizzazione, un discorso che oscilla dalla
discriminazione al razzismo sino alla postura di guerra contro il nemico; questo si
traduce in dispositivi (leggi e direttive) e pratiche delle polizie e di tanti cittadini
che contribuiscono alla criminalizzazione cui corrisponde l’inferiorizzazione che
fa comodo a una buona parte della società.
- La lettura che spiega la devianza e la criminalità innanzitutto come
prodotto della criminalizzazione razzista e comunque di una costruzione sociale
che riguarda una piccola minoranza dei migranti, processo che può iniziare
dopoguerra: <http://www.raistoria.rai.it/articoli/emigrazione-nel-dopoguerra/29031/default.aspx>.
Vari saggi di Sanfilippo, Rinauro, Colucci, Gallo, e il sito asei.eu. Fra tante importanti pubblicazioni, vedi
BEVILACQUA, Piero, DE CLEMENTI, Antonietta, FRANZINA, Emilio (a cura di). Storia dell’emigrazione
italiana; SANFILIPPO, Matteo, CORTI, Paola. Storia d’Italia; COLUCCI, Michele, SANFILIPPO, Matteo,
Guida allo studio dell’emigrazione italiana; RINAURO, Sandro. Il cammino della speranza. L’emigrazione
clandestina degli. Italiani nel secondo dopoguerra; PALIDDA, Salvatore. Mobilità umane.
3 L’idea che il migrante in quanto “spostato” da un “mondo” a un altro fosse sicuramente soggetto
a squilibrio mentale è ancora oggi accreditata da alcuni criminologi, psichiatri e psicologi. Si tratta
palesemente di “scienze” ancillari all’ordine voluto da un potere conservatore che vede ogni
spostamento come una minaccia alla stabilità e al disciplinamento.
4 A volte discutibile perché giustificava comportamenti o atti criminali anche se invocando
giustamente le conseguenze di una sbagliata gestione dello choc fra culture.
5 Il riferimento è ad alcuni autori della c.d. seconda scuola di Chicago fra i quali Goffman e H.S. Becker
6 Ricordo che sino al 1994 in Italia non era stata realizzata nessuna ricerca sulla devianza o criminalità degli
immigrati. Ringrazio la Fondazione Ismu per avermene dato la possibilità sin da allora, dopo ancor meglio
sviluppata grazie al progetto europeo MIGRINF e a quelli che successivamente ho potuto realizzare.
7 Vedi in particolare BARBAGLI, Marzio. Immigrazione e criminalità in Italia.
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nel paese di origine, ma che più spesso si innesca e si sviluppa nel paese di
immigrazione. Come vedremo dopo, questa lettura insiste anche sulla grande
utilità economica e politica di questa criminalizzazione e sulla assoluta necessità
di situare il fenomeno nel contesto del trionfo liberista.
Descriverò queste due letture attraverso i commenti o analisi che entrambe
fanno di fatti particolarmente significativi. Farò ricorso anche al confronto fra
l’immigrazione negli Stati Uniti e in Europa ma anche in altre zone del mondo
perché aiuta molto la comprensione dei fatti.
Dal permissivismo tacito al proibizionismo violento
Già negli anni Ottanta, in tutto il mondo, il trionfo liberista e la sua
globalizzazione provocano innanzitutto una nuova politica e nuove pratiche di
gestione delle migrazioni. Dopo lo smantellamento dell’assetto industriale, nei
paesi dominanti non c’è più domanda di manodopera stabile e regolare per le
grandi e medie fabbriche. Il liberismo è “meno stato più mercato”, “meno lacci e
lacciuoli”, più libertà per gli attori economici. Conseguenza immediata è la crescita
molto veloce delle economie semi-sommerse o del tutto al nero che impiegano
lavoratori autoctoni, immigrati regolari e immigrati irregolari (“clandestini”). Per il
datore di lavoro “medio” l’ideale diventa avere questi tre tipi di lavoratori per poter
giocare sul ricatto incrociato fra loro: ai primi si dà di più, ai secondi un po’ meno
e ai terzi ancora meno e a volte neanche quello; la minaccia per i primi è che
se non accettano possono stare a casa perché c’è una lunga fila di altri pronti a
prendere il loro posto, lo stesso si fa con i secondi e anche con i terzi che in più
sono minacciati di essere consegnati alla polizia e quindi a rischio di espulsione.
Da qui a innescare situazioni di vera e propria neo-schiavitù ci passa poco (vedi
infra). Ovviamente questo “gioco” si può fare solo se il potere politico ha istituito
il dispositivo proibizionista. L’immigrazione regolare diventa quasi impossibile; la
trafila è un calvario e i costi morali e materiali ingenti (dall’accesso al visto, a quello
al permesso, poi al rinnovo del permesso ecc.); si arriva all’apparente paradosso di
esigere dagli immigrati una regolarità e dei requisiti che buona parte degli autoctoni
non hanno. Nei fatti, il proibizionismo e le regole di legge sempre più rigide, oltre
alla discrezionalità sino al libero arbitrio da parte della polizia, delle autorità locali,
dei datori di lavoro e anche dei proprietari di alloggi riproducono immancabilmente
immigrazione irregolare. Come si scrive in diversi rapporti al Congresso USA già nei
primi anni 2000, senza il contributo degli indocumentados non si avrebbe avuto il
successo economico che nei fatti è durato sino al 2007 e dopo, come riconoscono
anche i centri di ricerca di grandi banche, non si avrebbe avuto lo stesso superamento
della crisi. In altre parole, si conferma così che la neo-schiavitù è molto utile alla
massimizzazione dei profitti di cui si nutre l’economia liberista. Ricordiamo che
gli immigrati irregolari negli USA hanno superato i tredici milioni già ai tempi di
Bush e ancora con Obama, nonostante ogni anno centinaia e a volte migliaia sono
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stati uccisi alla frontiera messicana e oltre un milione sono stati espulsi; secondo il
Rapporto IOM8 le stime dei migranti morti tra Messico e Stati Uniti sono allarmanti.
Ma, a differenza dell’Europa, va riconosciuto che allo stesso tempo gli Usa hanno
integrato una quantità di immigrati senza precedenti9: i cittadini statunitensi sono
passati da 250 milioni del 1990 a più di 320 milioni nel 201510. Essi confermano
così il paradigma e quindi le pratiche sui quali è stata costruita tutta la loro storia:
un paese che s’è nutrito del continuo arrivo di immigrati (ben al di là dei Quota Acts
ecc.) come molla fondamentale per l’edificazione della prima potenza mondiale sul
piano militare, economico e politico. Ogni nuovo arrivato sa che deve prima subire
umiliazioni, angherie, razzismo e che però avrà le opportunità della “riuscita”...
spesso sulla pelle di chi arriva subito dopo di lui e a volte persino dei suoi parenti
e compaesani, cioè se ha interiorizzato lo “spirito” americano della sopraffazione
dell’altro per affermarsi; si tratta dell’immaginario western e wasp di sterminio
degli indiani poi trasformato nel pseudo melting pot che è etnicizzazione per la
competizione utile alla riproduzione continua della gerarchizzazione economica e
sociale, il tutto integrato nel nazionalismo della prima potenza mondiale (sempre
pronti a morire per la supremazia USA)11. Chi non si adegua deve essere eliminato,
come limone spremuto o scarto di produzione12 senza neanche la regola three
strikes and you’re out, cioè sei fuori prima ancora della terza volta che mostri di non
andare bene (secondo chi comanda). Le tesi razziste di Huntington (contro arabi
e poi anche latinos) s’inscrivono perfettamente nell’articolazione tra inclusione e
rigetto, quindi nell’inferiorizzazione dell’immigrato così costretto a guadagnarsi la
salvezza mostrando la sua disponibilità a essere schiavizzato13.
8 BRIAN, Tara, LACZKO, Frank/IOM. Fatal Journeys Tracking Lives Lost during Migration.
9 Il Census Bureau stima che nel 2050 la popolazione degli USA raggiungerà 397 milioni grazie
all’immigrazione, ma soltanto 328 milioni senza immigrazione. Secondo il Pew Research Center nel
2050 i non-ispanici bianchi saranno 47% della popolazione (erano 67% nel 2005 e 85% nel 1960).
Dopo gli Stati Uniti, la Francia è il paese la cui popolazione attuale è in maggioranza d’origine
immigrata, ma forse lo stesso si può dire dell’Argentina dove gli indigeni sono stati eliminati o
sopraffatti dagli immigrati italiani e spagnoli.
10 Vedi statistiche sui siti ufficiali/federali, quelli dell’OCSE, dell’ONU e in quelli dei centre di ricerca
fra i quali l’MPI, la Rand Corporation, il Pew ecc.
11 PALIDDA, Salvatore. Emigration, Immigrations, mobilités, un fait politique total.
12 RAHOLA, Federico. Zone definitivamente temporanee. I luoghi dell’umanità in eccesso; BAUMAN,
Zigmunt. Vidas Desperdiçadas (Wasted Lives).
13 E’ importante osservare che l’ideologia wasp può adottare allo stesso tempo pratiche violente e
altre apparentemente soft, ma è assolutamente contraria a qualsiasi mescolamento con i non-
wasp (anche se si tratta di cattolici: fu il caso degli Irlandesi all’inizio massacrati dai wasp che si
definivano “nativi” e oggi è il caso dei Latinos); il razzismo contro i neri non è solo wasp (Ku Klux
Klan) ma comune anche agli arabi, asiatici e ai Latinos seguendo la gerarchia razzista che legittimò
la tratta degli schiavi; lo sciovinismo e il razzismo francesi e di altri paesi europei non hanno il
contenuto ideologico di quello wasp; ricordiamo: la limpieza del sangre e il nazismo hanno avuto
uno scopo sia economico che politico a cominciare dall’espropriazione dei beni delle genti di
‘razza impura’ (per primi gli ebrei) e anche d’ideologie “inaccettabili” (Vedi STOLCKE, Verana;
COELLO, Alexandre (eds.). Identidades ambivalentes en América Latina. Siglos XVI-XXI).
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Rispetto agli USA i paesi europei d’immigrazione sono molto più meschini, più
proibizionisti e meno integrazionisti, come una sorta di monade ossessionata dalla
paura di essere sconvolta dall’arrivo di un qualche diabolico estraneo. Così l’Unione
europea (UE) produce sempre più morti fra i migranti che tentano di arrivarvi, meno
naturalizzati, meno regolarizzati e più precarietà per gli stessi regolari14. In tutta
Europa a 27 (505 milioni di residenti) nel 2012 si hanno meno immigrati regolariche
negli USA, cioè 21 milioni (Eurostat) e, dal 1990 meno naturalizzati15. Fra i residenti le
persone nate nei paesi fuori dall’UE a 27 sarebbero circa 33 milioni. Secondo le stime
più affidabili, il totale degli irregolari in Europa non oltrepasserebbe cinque milioni.
Ben al di là della differenza tra Europa e Stati-Uniti in materia di welfare, osserviamo
che gli USA continuano a puntare sull’immigrazione articolando l’integrazione con
le pratiche di selezione violenta, il razzismo e il rigetto. La gestione dell’immigrazione
è ancora una volta rivelatrice del fatto che c’è sempre coesistenza di paternalismo,
umanitarismo e dominazione violenta, di democrazia e autoritarismo; c’è sempre
la possibilità d’anamorfosi dello stato di diritto (passaggio da una modalità all’altra e
vice-versa, così come nel gioco di uno specchio deformante16).
Ciò appare ancora più evidente attraverso l’analisi delle pratiche di gestione
quotidiana dell’immigrazione da parte della polizia e di diversi attori privati17.
E’ assai utile ricordare qualche fatto corrente nell’Europa di prima e dopo
caduta del muro.
La prima nuova immigrazione straniera non solo in Italia avvenne negli anni
settanta. In Sicilia gli armatori di pescherecci scoprirono che era assai vantaggioso
reclutare marinai tunisini (“al nero”); poco dopo lo stesso fecero i padroni dei
vasti vigneti per la vendemmia e via via per altri lavori stagionali nell’agricoltura.
Nelle città ci finirono invece le filippine come serve 24/24h. Sino al 1990 molti
paesi europei non richiedevano visto d’ingresso; era quindi normale che nei
paesi dell’Europa occidentale arrivasse qualche migliaia di immigrati soprattutto
da Marocco, Tunisia, Algeria e poi alcuni anche dall’Africa sub-sahariana, mentre
dall’Asia arrivavano solo filippini e dall’America Latina pochi e in gran parte
persone di origini europee più o meno lontane.
Immancabilmente la grande maggioranza di questi immigrati finiva per
svolgere lavoro nero, ma si trattava ancora di qualche centinaio di migliaio in tutti
i paesi Europei e non si erano ancora innescati i meccanismi di razzializzazione
e di criminalizzazione.
14 Fortresse Europe stima a più di venti mila i migranti morti alle frontiere d’Europe tra il 1988 e il
2013, di cui più di nove mila scomparsi in mare, cifra che oggi è cresciuta di circa altri 5 mila morti.
15 Secondo il Rapporto del Dipartimento Affari Economici e Sociali dell’ONU (ONU. International
Migration Report 2013, p. 21), i primi dieci paesi che tra il 1990 e il 2013 hanno avuto il più alto
numero d’immigrati sono gli Stati Uniti, la Russia, la Germania, l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi
Uniti, il Regno Unito, la Francia, il Canada, l’Australia e la Spagna.
16 PALIDDA, Salvatore. L’anamorphose de l’Etat-Nation: le cas italien.
17 PALIDDA, Salvatore. Italians Police Forces into neoliberal turn.
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25 anni di criminalizzazione razzista in Europa
Il grande cambiamento (in negativo) comincia dopo la caduta del muro
di Berlino (fatto ovviamente più che positivo). Da notare che non c’è stata mai
memoria pubblica degli accordi di Helsinki del 1972 coi quali i paesi europei
proclamavano insieme agli Stati Uniti il diritto all’emigrazione (palesemente
adottato contro l’URSS): nessun paese ha mai votato il diritto all’immigrazione.
Dopo il crollo dell’URSS, la prima reazione della maggioranza dei media fu quella
di lanciare l’allarme per l’“invasione” che sicuramente si sarebbe verificata. Alcuni
media arrivarono a dare i numeri: 50 milioni in arrivo; un pseudo sondaggio
avrebbe chiesto per telefono a un grande campione di abitanti dell’Est se
pensavano di andare a Ovest (dopo decenni di totalitarismo e divieto di viaggiare
è ovvio che tutti desiderino questo). Ovviamente non ci fu alcuna invasione e
a tutt’oggi (a 25 anni di distanza facendo tutti i calcoli) siamo ben lungi dai 50
milioni di immigrati provenienti dai paesi ex-URSS.
Il paese che per prima assorbì più immigrati dall’Est fu (e resta ancora)
la Germania, non solo persone di lontane origini tedesche, ma anche gli altri,
quasi tutti “clandestini” e collocati nel sommerso che infine ha dilagato in tutta
l’Unione europea, ma ufficialmente ignorato, nonostante i Rapporti OIM e di altri
organismi internazionali e dello stesso Consiglio d’Europa.
E’ ora indispensabile capire un aspetto che purtroppo le scienze politiche
e sociali ancora oggi trascurano o non riescono a cogliere.
Dalla destruurazione economica e sociale al nuovo asseo liberista:
l’emergenza delle paure, la distrazione di massa e l’ascesa del razzismo
All’inizio degli anni 1990 la società locale e nazionale dei diversi paesi
europei d’immigrazione era sconvolta dalla fine dell’assetto industriale e dal
dilagare della precarizzazione, dalle incertezze del lavoro e del reddito, dal non
capire in che futuro sperare (fatto assai sconvolgente per una popolazione che in
maggioranza si era abituata a relative certezze “dalla culla alla tomba”). Tanti autori
hanno scritto sulla società dell’incertezza, del rischio, delle paure o addirittura
delle paranoie18. Tutte ciò è stato provocato proprio dalla rivoluzione liberista che
però, a differenza delle grandi trasformazioni del passato, non produce distruzione
per la ricostruzione di una società pacifica, inclusiva e che pensa al futuro (come
teorizzava Schumpeter). Il liberismo è massimizzazione del profitto hic et nunc
in ogni campo e a tutti i costi. E passa necessariamente per l’impoverimento di
una parte della popolazione anche dei paesi cosiddetti ricchi, passa per riforme
che limitano o smantellano il welfare ed erodono i diritti acquisiti nei tanti anni
di lotte operaie, popolari e studentesche. Le paure e incertezze sempre più
dilaganti sono conseguenza del liberismo; allora, sin dalla fine degli anni Ottanta,
18 Su questa letteratura si vedano i saggi in DAL LAGO, Alessandro, PALIDDA, Salvatore (eds.).
Conflict, Security and the Reshaping of Society: The Civilisation of War; PALIDDA, Salvatore (ed.).
Razzismo democratico. La persecuzione degli stranieri in Europa.
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prima negli USA e poi in Europa, lo stratagemma vincente pensato dai think tanks
liberisti e adottato dalle autorità economiche e politiche, pubbliche e private
è stato quello di puntare tutto sulla “distrazione di massa” che diventa anche
nuova occasione di business. L’operazione è semplice: l’opinione pubblica è
bombardata da un’informazione che dice: la colpa di tutti i malesseri e problemi
economici e sociali è della criminalità prodotta de immigrati, rom e marginali. La
distrazione (rispetto alle responsabilità delle scelte liberiste) funziona benissimo
non appena si possono mostrare fatti ben precisi e quindi i responsabili di questi
fatti, ossia i nemici di turno19. Quando non c’erano gli immigrati questi erano i
marginali, i tossicodipendenti, o anche i clochards e le prostitute. Nell’escalation
della tolleranza zero si manipolano anche i rapporti numerici: anche se i reati
non aumentano, gli arresti e le denunce conoscono invece una crescita abnorme
(vedi dopo). Come era avvenuto in passato decine e decine di volte agli italiani
e altri emigrati-immigrati in tutti i paesi di immigrazione, il nemico di turno lo si
trova facilmente fra i nuovi immigrati. Le polizie sono sollecitate a fare più arresti
per confermare il paradigma dell’insicurezza dovuta alla criminalità; la soluzione
è presto trovata: il “delitto di faciès” (aspetto o carattere somatico o dizione) è
da sempre il reato non scritto e però più facilmente perseguibile e si coniuga
con il “delitto d’immigrazione” (istituto col proibizionismo che quindi produce la
“doppia pena”). Come avvenuto già negli Stati Uniti, le carceri dei paesi europei
d’immigrazione si riempiono di marginali, tossicodipendenti, barboni e sempre
più di immigrati. E se si guarda bene il rapporto fra i tassi di carcerazione degli
immigrati rispetto a quelli degli autoctoni in Europa si scopre che non sono molto
lontani da quello registrato negli Stati Uniti fra i neri e i latinos rispetto ai bianchi.
In Europa, i primi a essere designati come i peggiori sono proprio alcuni
originari del Maghreb (i cui discendenti in Francia restano comunque da sempre
le principali “prede facili” della polizia e sono maggioranza nelle carceri dove però
ufficialmente risultano français). Non appena arrivano gli albanesi e poi i rumeni, il
primato passa a questi. Analizzando in dettaglio l’evoluzione del fenomeno si può
osservare che c’è stata una vera e propria sostituzione del deviante e delinquente
o criminale autoctono con lo straniero, fatto in parte vero per quanto riguarda la
manovalanza nello spaccio, furti, piccola ricettazione, manovalanza che comunque
continua a lavorare per autoctoni20. Ma proprio in virtù della logica liberista, la
criminalizzazione degli immigrati e dei rom diventa un business per tanti attori
sociali e istituzionali e politicanti. Il giornalista fa carriera per gli scoop sull’immigrato
criminale; alcuni dirigenti di polizia anche perché aumentano gli arresti effettuati dai
loro subordinati e vanno anche in tv a raccontare le loro performances; gli aspiranti
19 Vedi MANERI, Marcello. I media e la guerra alle migrazioni; PALIDDA, Salvatore (ed.). Governance
of Security and Ignored Insecurities in Contemporary Europe.
20 Questo fatto deriva dalle prime ricerche già anticipate in PALIDDA, Salvatore (ed.). Délit
d’immigration. La criminalisation des immigrés en Europe.
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25 anni di criminalizzazione razzista in Europa
politicanti, sui quali nessuno avrebbe scommesso, improvvisamente riscuotono
successi elettorali sorprendenti a livello locale e persino a livello nazionale (vedi
l’ascesa dei partiti razzisti in tutti i paesi europei). L’accanimento mediatico a
sostegno della criminalizzazione razzista va ovviamente al di là di qualsivoglia
logica razionale: la stragrande maggioranza dei reati gravi sono appannaggio di
autoctoni; la stragrande maggioranza degli immigrati è accusata di reati minori o
di reati di immigrazione irregolare; il numero di reati rimane lo stesso o aumento
di molto poco (e per via di manipolazioni dei dati21), ma gli arrestati e i denunciati
non cessano di aumentare; dal 1990 a oggi gli immigrati regolari e irregolari sono
aumentati di almeno 5 volte ma non solo non c’è stato alcun proporzionale aumento
dei reati, ma anche una netta diminuzione in particolare dei reati gravi. Eppure,
la maggioranza dei media, tanti politicanti che hanno costruito la loro fortuna
essenzialmente gridando contro l’immigrazione e i rom, anche alcuni dirigenti delle
polizie e persino alcuni magistrati, periodicamente, hanno continuato a rilanciare
l’allarme criminalità degli immigrati, come se si trattasse di “barbari assatanati”. In
effetti, questi rilanci corrispondono al loro bisogno di rimettere in moto il gioco
della distrazione di massa in particolare in congiunture nelle quali c’è il rischio di
rivolte popolari a causa della crisi economica; allo stesso tempo tale gioco è assai
utile anche a tutta l’industria della paura: se i media gridano che aumentano i
furti negli alloggi è alta la possibilità che aumenta la richiesta di sistemi di allarme
se non di guardie private o metronotte, nonché di videosorveglianza e di polizze
assicurative; e spesso sono proprio le compagnie di assicurazione a finanziare i
sondaggi allarmistici che, come ammette uno degli esperti spesso “estorcono”
risposte che fanno comodo.
L’altra ragione che spiega la continua riproduzione della criminalizzazione
razzista è che ha una doppia funzione: a) riaffermare che l’immigrato non merita
pari diritti ma che deve restare sempre sul filo del rasoio di una regolarità difficile
da rispettare al cento per cento, notte e giorno e per sempre, senza mai sbagliare
neanche una volta (a dimenticare di timbrare il biglietto sul bus, a passare col
rosso etc.); b) mostrare agli autoctoni che c’è chi è trattato peggio di loro e che
quindi sono superiori a qualcun altro perché titolari della cittadinanza di paesi
dominanti. Non è, infatti, per nulla casuale che in Italia, molti razzisti-leghisti che
la domenica vanno in piazza a gridare contro gli immigrati, il lunedì mattina vanno
a raccogliere i “clandestini” per portarli a lavorare nelle loro fabbrichette o campi
o cantieri. In altre parole, si tratta di un razzismo liberista nel senso che serve a
negare ogni diritto e quindi a poter disporre di manodopera schiavizzabile. Casi
di neo-schiavitù a volte mascherati da semi-legalità e accompagnati da episodi
di violenze in particolare nei confronti delle donne, sono emersi in diversi paesi
europei fra i quali la Germania, la Spagna e ovviamente l’Italia (vedi infra).
21 Queste manipolazioni sono state scoperte sia per quanto riguarda l’amministrazione Giuliani a
New York, sia per Sarkozy in Francia e anche in Italia (PALIDDA, Razzismo democratico..., op. cit.).
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Salvatore Palidda
L’escalaon della criminalizzazione razzista in Europa sulla scia di
quella degli USA
Come è noto, negli Stati Uniti l’aumento della popolazione carceraria
diventa sempre più forte sin dagli anni settanta, nella cui seconda metà era ancora
di mezzo milione di persone mentre nel 2014 si arriva a oltre due milioni e 400
mila, soprattutto maschi e con più del 60 per cento neri (afroamericani / american
citizens) e latinos cioè ispanici (soprattutto messicani). I bianchi sono solo uno ogni
diciassette detenuti, i neri uno ogni tre e i latinos uno ogni sei. Un afroamericano
trentenne ogni dieci è oggi in carcere. La criminalizzazione massiccia di neri è
dovuta in particolare all’impatto della cosiddetta “guerra alla droga”: due terzi dei
detenuti per reati di droga sono persone di colore22. La discrezionalità insita nei
poteri di polizia scivola facilmente verso il libero arbitrio e persino nell’accanimento
razzista che vedi caso si sposa con la corruzione e la stesa criminalità nei ranghi
delle polizie (come hanno mostrato tante serie televisive statunitensi, vedi Wire).
I recenti assassinii di neri da parte di agenti di polizia in diverse città americane
mostra che la “condanna razziale” degli afroamericani non si indebolisce affatto
nonostante le promesse e speranze suscitate da Obama. Nei fatti, c’è una precisa
correlazione fra la continua riproduzione delle guerre permanenti che cominciano
con la prima guerra del Golfo del 1990 e si intensificano dopo l’attentato alle due
torri nel 2001. Il discorso di legittimazione della guerra permanente è diventato
anche un discorso di continuum delle guerre che si traduce nella tolleranza zero e
nella guerra contro ogni comportamento non conforme alla “legge, al decoro e alla
morale”, definiti secondo la logica dei ceti abbienti, del perbenismo razzista e di
odio anche nei confronti dei poveri. A questo s’è aggiunto il fatto che tanti soldati
che hanno fatto servizio nei diversi teatri di guerra sono poi confluiti nei ranghi
delle polizie producendo quindi una sorta di militarizzazione di queste e così il
facile scivolamento verso la gestione violenta del disordine sociale o delle anomie
anziché verso una gestione pacifica e di mediazione.
La seria storica delle statistiche carcerarie nell’Europa occidentale mostra
che l’aumento continuo dei detenuti è cominciato nel 1990 e di fatto non s’è
interrotto nonostante negli ultimi anni anche le autorità di tutela dei diritti umani
hanno avuto un po’ più di eco mediatico a proposito della sfacciata sproporzione
fra il calo dei reati e l’aumento degli arresti23. Come si vede dai dati della tabella i
paesi europei che oggi hanno il più alto tasso di incarcerazione sono la Spagna e il
Regno Unito con la differenza però che nel secondo la percentuale degli stranieri è
la più bassa di tutti i paesi europei. La spiegazione è duplice: in UK come in Francia
e anche in Belgio e nei Paesi Bassi, cioè in tutti i paesi di “vecchia immigrazione”
dove è stata abbastanza praticata la naturalizzazione degli stranieri, i figli dei
22 Vedi <http://www.sentencingproject.org/template/page.cfm?id=122>.
23 PALIDDA, Razzismo democratico..., op. cit.
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25 anni di criminalizzazione razzista in Europa
naturalizzati, che sono fra i più colpiti dalla criminalizzazione, nelle statistiche
figurano come nazionali. L’altra spiegazione è che l’UK e in parte anche la Francia
sono paesi che non hanno esitato a essere abbastanza violenti nell’impedire l’arrivo
di irregolari ed espellere. E’ anche evidente che i paesi con la più alta percentuale
di stranieri fra i detenuti siano quelli di più recente immigrazione e anche più
esposti all’immigrazione irregolare, cioè Spagna, Italia e Grecia. Anche la Germania
e l’Austria sono stati i due paesi di prima destinazione degli irregolari (quando
ancora i paesi dell’Est loro confinanti non erano integrati nell’UE). I meccanismi, i
dispositivi e le pratiche di criminalizzazione razzista sono assai simili in tutti i paesi,
ma è evidente che nei paesi scandinavi e anche in Germania sono alquanto più
attenuati. Guardiamo ora un po’ più in dettaglio il caso italiano.
La situazione nelle carceri di alcuni paesi europei e negli Sta Uni
Source: Prison Stock on 01 Jan. 2014 & 2015 http://wp.unil.ch/space/space-i/prison-stock-2014-2015/ e, per
la percentuale degli stranieri: http://wp.unil.ch/space/files/2015/02/SPACE-I-2013-English.pdf; (*) Negli USA la
percentuale degli stranieri in carcere è del 5,5%, ma, il tasso su 100 mila dei bianchi è 680; per i latino 1.775, per
i neri 4.350; il tasso dei neri è quindi 6,4 volte superiore a quello dei bianchi e quello dei latino 2,6 volte. (**)
secondo Prisons Studies, il Brasile ha il tasso più alto dell’America del Sud, seguito da Uruguay, Guyana, Gyana
francese, Colombia, Cile, Perù, Suriname, Venezuela, Ecuador, Paraguay, Argentina e Bolivia; per quanto riguarda
l’America Centrale il tasso di El Salvador, Belize, Panama e Costa Rica è molto più alto di quello del Brasile mentre
quelli del Messico, Honduras, Nicaragua e Guatemala sono più bassi (fonte http://www.prisonstudies.org/highest-
to-lowest/prison_population_rate?field_region_taxonomy_tid=24).
Il caso italiano
Rea e persone denunciate o arrestate dalle forze di polizia
Source: ISTAT. Indicatori demografici. Stime per l’anno 2014. <http://www.istat.it/it/archivio/126613>; Dipartimento
dell’amministrazione penitenziaria (2015) (http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_14_1.wp?previsiousPage=mg_1_1
4&contentId=SST165666) * stime; ** cambiamento del sistema statistico e della legge penale. N.B.: la variazione dei
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Salvatore Palidda
dati è spesso dovuta a cambiamenti nel sistema statistico. In questi 25 anni ci sono state anche diverse innovazioni
normative che ovviamente si ripercuotono sulla “produzione” delle polizie, cioè in aumento di denunce e arresti e
quindi incarcerazioni poiché c’è stata una notevole crescita della penalizzazione anziché della depenalizzazione in
particolare per reati non gravi ma considerati socialmente intollerabili (spaccio, furto, scippo, immigrazione irregolare,
ecc.). Ovviamente questo colpisce soprattutto i marginali, gli immigrati e i rom. Invece, c’è stata una vera e propria
clamorosa depenalizzazione dei reati dei cosiddetti “colletti bianchi” (non solo in Italia) oltre che le note leggi ad
personam che hanno garantito l’impunità non solo a personalità politiche di primo piano, ma anche a alti burocrati
e business men, peraltro sempre dotati di avvocati difensori particolarmente valenti, mentre tanti difensori d’ufficio
degli immigrati a volte vanno contro coloro che dovrebbero difendere. Per un’analisi più dettagliata sia del caso
italiano che dei più importanti paesi europei e degli Stati Uniti, si veda PALIDDA, Razzismo democratico..., op. cit.
La ricerca sulle attività delle polizie nella gestione dell’immigrazione ha
una “funzione specchio”24: è rivelatrice della regolazione economica e sociale
e anche delle caratteristiche culturali e politiche di ogni paese. Il peso di queste
attività sulla produttività totale delle forze di polizia è rilevante, ma in parte
realizzata con l’accordo tacito o esplicito di alcuni soggetti privati (nell’interesse
comune di questi e delle polizie contro gli immigrati ma a volte anche nei tentativi
di aiuto degli immigrati per esempio da parte di associazioni umanitarie quando
sono effettivamente tali). La gestione dell’immigrazione riguarda innanzitutto la
presenza stabile e instabile dell’immigrazione regolare e irregolare: a volte le
polizie fanno finta di non vedere gli irregolari e in altri momenti, invece, agiscono
con la repressione esemplare; a volte «chiudono un occhio» per le illegalità degli
immigrati regolari, ma in altri casi li si priva della regolarità anche quando non vi
è alcun atto illegale (ma per chi può farlo, non è difficile “inventarsi” un reato).
Queste pratiche di inclusione ed esclusione appaiono a volte legali, altre volte
informali e ancora illegali o persino criminali; possono colpire anche autoctoni,
ma gli immigranti sperimentano i comportamenti degli agenti più “zelanti›, che
di fatto sono anche un messaggio agli autoctoni di conferma della superiorità dei
cittadini sugli stranieri, aspetto particolarmente importante in un paese in cui si
registra una certa “immigrantofobia” che si confonde anche con una “romfobia”.
Si potrebbe obiettare che questi dati sono forse enfatizzati da una
congiuntura particolarmente negativa per i rom e per gli immigrati (in genere
quando se ne parla negativamente si assimilano ai musulmani che sono spesso
tout court amalgamati con i terroristi pseudo-islamisti), fenomeno che s’è
esasperato dopo il massacro della redazione di Charlie Hebdo in gennaio 2015.
Ma le congiunture di questo tipo si sono ripetute più volte in particolare dal 1990
in poi e ancora di più dopo l’attentato alle due torri di NY dell’11/9/200125.
Fonte: Pew Research Center 2015. Disponibile su: <http://www.pewglobal.org/2015/06/02/faith-in-european-
project-reviving/>.
24 SAYAD, Abdelmalek. La doppia assenza.
25 Vedi DAL LAGO, PALIDDA, op. cit.; PALIDDA, Razzismo democratico..., op. cit.
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25 anni di criminalizzazione razzista in Europa
Il caso italiano può sembrare estremo anche a causa dell’alto tasso di
economie sommerse che producono violenza e reazioni violente, fra le quali
l’approdo di tanti giovani (maschi e donne) alla devianza o alla delinquenza per
rifiuto della neo-schiavitù (l’illusione di guadagno facile con lo spaccio o con i
furti e la ricettazione o con la prostituzione). E tutto ciò dipende spesso da una
certa diffusione di atteggiamenti sfavorevoli se non razzisti nei ranghi delle polizie
che a volte sono anche marchiate da tanti casi di corruzione o connivenza con
chi schiavizza gli immigrati.
Le pratiche delle polizie dipendono dal discernimento e quindi dalla
discrezionalità che può facilmente scivolare verso il libero arbitrio, ma tutti
questi aspetti sono condivisi da una buona parte della popolazione e ovviamente
innanzitutto da quella parte che conta, che è amica delle polizie per interesse o
perché vuole ordine e disciplina (quasi sempre a comodo suo). La maggioranza
dei poliziotti fanno parte di cerchie sociali oltre che di quelle professionali ed
è in queste che condividono le categorie positive e negative interiorizzate sin
dalla socializzazione primaria e poi secondaria. Se nelle polizie c’è più razzismo
che fra la popolazione è quasi sempre per effetto di un reclutamento che ha
favorito questo per soddisfare una politica migratoria proibizionista che però
deve riprodurre immigrazione irregolare schiavizzabile.
La distinzione fra illecito e lecito, fra tollerabile e intollerabile non sta
nella traduzione rigorosa delle norme dei codici penale, civile, amministrativo
e stradale ecc., sta nella legittimazione apparentemente popolare che la polizia
stabilisce sulla base di quanto considera condiviso dal popolo di suo riferimento.
In Italia e anche altrove, il recente tentativo di introdurre nella polizia di stato
un’apertura al multiculturalismo è di fatto una piccola operazione di facciata di
cui nessuno sa nulla ma che utile per dare un contentino al mondo cattolico e
laico pro-immigrati26. Nei fatti, non c’è stato alcun effettivo investimento nella
formazione delle polizie e i casi di angherie, violenze, torture sono numerosi27.
In gennaio 2015, in Italia, c’erano 5 milioni e 73 mila immigranti regolari
(8.3% del totale della popolazione28), circa 400,000 naturalizzati29 e circa 300,000
irregolari30. La maggioranza di questa popolazione “ne ha visto di tutti i colori”
passando quasi sempre da una fase di irregolarità e poi alla regolarità grazie a ben
cinque sanatorie e altre regolarizzazioni (a volte “sottobanco”). Le difficoltà di accesso e
26 MINISTERO DELL’INTERNO. Il servizio di polizia per una società multiculturale. Un manuale per la
Polizia di Stato.
27 PALIDDA, Mobilità umane, op. cit.
28 ISTAT. Indicatori demografici.
29 Secondo EUROSTAT (2011), in Europa più di 15 milioni d’immigrati hanno acquisito la cittadinanza
del paese di residenza (in particolare in Francia, UK, Germania, Paesi Bassi, Belgio, ecc. (PALIDDA,
Italians Police Forces..., op. cit.).
30 I paesi con il più alto numero di regolari sono Germania, Spagna, Italia, UK, Francia, Belgio (circa
81% di tutti gli immigrati nell’EU a 27).
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mantenimento della regolarità e il proibizionismo hanno favorito un mercato criminale
per procacciarsi i requisiti necessari: un mercato di brokers, magliari, truffatori amici di
alcuni poliziotti, avvocati azzeccagarbugli ecc. Tanti agenti delle polizie sono umanitari,
ma la maggioranza condivide un’opinione e anche comportamenti razzisti31.
Nel 2011 (non diversamente dagli anni precedenti e seguenti) il numero totale
degli immigranti denunciati o arrestati era 283.164, cioè 31.4% del totale. Analizzando
altri dati si può calcolare che il tasso di denunciati fra gli stranieri è 3,4 volte più alto
che tra gli Italiani e il tasso degli arrestati 6.8 volte più alto che fra gli Italiani32. Possiamo
quindi dire che nel trattamento degli immigrati l’Italia non è da meno degli Stati Uniti
(dove il tasso dei neri in carcere è 6,4 volte superiore a quello dei bianchi e quello dei
latino 2,6 volte). Lo stesso si può dire per la Francia dove però le statistiche camuffano
la realtà indicando solo dati generali di francesi senza distinzione di quelli di origini
straniera che è risaputo sono la maggioranza nelle carceri.
La spiegazione della sovra-rappresentazione degli stranieri fra i “clienti”
delle polizie sta: a) nel carattere discriminatorio se non razzista delle pratiche
di buona parte degli agenti di polizia nel perseguire questa categoria di persone
(a cominciare del delitto di faciès), vale a dire nell’abuso della discrezionalità
insita nei loro poteri; b) nella costruzione sociale del deviante o delinquente o
criminale di origine straniera, processo che in genere si compie nel paese di
immigrazione, ossia nell’insieme dei dispositivi e meccanismi che spingono una
minoranza di immigrati a scivolare in questa deriva.
Questa tesi si basa su 20 anni di ricerche etnografiche e di accurate analisi
di statistiche e documenti fra i quali quelli di processi a stranieri e italiani imputati
dello stesso reato. Questo lavoro induce a pensare che non ci sono molte
differenze fra la criminalizzazione razzista in Italia, in Europa e negli StatiUniti33.
I crimini più frequentemente attribuiti agli stranieri sono furto e rapina (49,9%
di tutti i furti commessi in Italia nel 2011, il 38,8% delle rapine e 42,5 di tutto spaccio
di droga); ma, molti crimini non sono commessi da stranieri e, in alcuni casi le polizie
accusano più di una persona per un solo furto o rapina e ancor più spesso quando
si tratta di spaccio di droga; molti furti sono soltanto tentavi di furto che a volte sono
trasformati persino in rapine. Quando capita il giudice che rispetta rigorosamente le
garanzie di legge per tutti indistintamente, gli stranieri sono spesso assolti.
Come detto prima, è ovvio che nei ranghi degli immigrati ci sono devianti,
delinquenti e anche criminali. In base alle biografie di tanti di questi conosciuti
31 Vedi LUNARIA 2014. Cronache di ordinario razzismo. Terzo rapporto sul razzismo in Italia; NAGA.
Cittadini senza diritti. Rapporto Naga 2014. Stanno tutti bene.
32 Per ogni calcolo di percentuali e tassi ho preso in considerazione solo la popolazione degli stranieri
regolari e irregolari maschi stranieri e italiani di 18-65 ani d’età.
33 QUASSOLI, Fabio. Immigrazione uguale criminalità: rappresentazioni di senso comune e pratiche
degli operatori del diritto; SBRACCIA, Alvise. Migranti tra mobilità sociale e carcere. Storie di vita e
processi di criminalizzazione; DE GIORGI, Alessandro. L’esperimento penale americano; PALIDDA,
Razzismo democratico..., op. cit.
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25 anni di criminalizzazione razzista in Europa
in carcere e fuori dal 1994 a oggi, si può dire che è in Italia che la maggioranza è
approdata a una di queste categorie sopra citate. Una costatazione assai semplice
ma rivelatrice: laddove la manovalanza deviante, delinquente o criminale è
composta soprattutto da autoctoni (per esempio l’Italia del Sud dove c’è un tasso
di disoccupazione giovanile che supera il 60%) non c’è spazio per gli stranieri
e la maggioranza degli arrestati sono nazionali; al contrario laddove il mercato
delle attività illegali ha innescato la sostituzione degli italiani con gli stranieri
questi sono diventati maggioranza della manovalanza. E’ il caso dei venditori
di strada abusivi, dello spaccio, dei piccoli furti che sono fra i più arrestati nelle
città del nord et del centro Italia. Per quanto riguarda l’evoluzione del numero di
detenuti italiani e stranieri come abbiamo già analizzato in recenti pubblicazioni,
l’aumento è solo in parte proporzionale a quello degli stranieri regolari e irregolari
(che passano da meno di un milione nel 1990 a quasi sei milioni nel 201534).
Guardiamo i reati di cui sono imputati i detenuti italiani e stranieri in carcere35.
Detenu per pologia di reato al 31 Dicembre 2014*
34 L’evoluzione semestrale dal 1991 al 2015 è qui http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_14_1.
wp;jsessionid=64E5593CA399C0D608F045001047EA3C.ajpAL01?previsiousPage=mg_1_1
4&contentId=SST165666; tutte le statistiche ufficiali (di tipo “amministrativo” ) si trovano qui:
http://www.libertaciviliimmigrazione.interno.it/dipim/site/it/documentazione/statistiche/politiche_
immigrazione_asilo/.
35 I più numerosi fra i detenuti stranieri in Italia sono originari della Romania, Marocco, Albania,
Tunisia, Nigeria, Egitto, Algeria e Senegal; i primi quattro costituiscono quasi il 60% del totale e
sono da sempre i più numerosi il che conferma l’idea corrente che fra queste nazionalità ci sono
più criminali o la c.d. propensione a delinquere.
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Salvatore Palidda
Fonte: Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria - Ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo
automatizzato - sezione statistica (disponibile su: <http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_14_1.wp;jsessionid=D11
016FDD81D1387A8F6F74E0B2147A5.ajpAL03?previsiousPage=mg_1_14&contentId=SST1112345>. Consultata
il 15/6/2015. (*) La cifra di ogni categoria di reato corrisponde al numero di soggetti coinvolti. Nel caso in cui ad un
soggetto siano ascritti reati appartenenti a categorie diverse egli viene conteggiato all’interno di ognuna di esse. Ne
consegue che ogni categoria deve essere considerata a sé stante e non risulta corretto sommare le frequenze.
Da questa tabella della fine del 2014 possiamo osservare che nonostante in
diversi casi gli immigrati siano imputati di più reati e quindi conteggiati più volte,
sono imputati del 25,9 del totale dei reati di tutti i detenuti, una percentuale più
bassa di quella degli stranieri sul totale dei detenuti a quella data (32,56%); si hanno
quindi 31.939 reati imputati a 17.462 detenuti stranieri, ossia 1,82 reati a testa
mentre per gli italiani 2,53, poiché molti italiani beneficiano dei domiciliari o pene
alternative alla detenzione in carcere soprattutto se imputati di reati minori e anche
di reati gravissimi ma in attesa di giudizio e considerati non connotati da pericolo
di fuga (valutazione discrezionale che dipende molto dal “calibro” dell’avvocato
difensore). Infatti, la percentuale dei detenuti stranieri in attesa di giudizio è molto
più alta di quella che c’è fra gli italiani. Notiamo subito che non è casuale che la
percentuale è più alta fra le donne proprio perché la maggioranza delle straniere
detenute sono prostitute di strada mentre è noto agli esperti che le italiane si
prostituiscono solo in casa o come escort cioè attraverso circuiti non visibili e quindi
non perseguite dalle polizie. La violazione della legge sulle droghe, essenzialmente
lo spaccio di strada, è quello in cui gli stranieri hanno la percentuale più alta. Il
fenomeno dello spaccio praticato da giovani stranieri, soprattutto maghrebini,
albanesi, nigeriani ma anche di altri paesi africani prima considerati “immuni”
(come il Senegal) e probabilmente in futuro anche da ispanici, ha cominciato a
svilupparsi alla fine degli anni 1980 quando questi giovani si sono trovati in situazioni
di marginalità e sono stati sollecitati a svolgere questa “attività” dai fornitori di droga
che non si fidavano più degli italiani perché tutti tossicodipendenti “irrecuperabili”
e spesso confidenti di polizia. Negli anni 2000 il fenomeno s’è diffuso fra altri
giovani neo-arrivati e già marchiati dalle illusioni di fare soldi velocemente con lo
spaccio. Per quanto riguarda il reato contro l’ordine pubblico, non si tratta quasi
mai di manifestazioni non autorizzate o disordini di piazza ma spesso di semplici
assembramenti o raduni spontanei che gli immigrati si trovano a praticare perché
non dispongono di spazi a tale scopo né di alloggi decenti. Quanto al reato contro
il patrimonio si tratta quasi sempre di tentativi di furto più che di furti veri e propri e
comunque di un reato predatorio in genere di scarso valore. A volte si tratta persino
di un sospetto di furto per evidente “delitto di faciès” (somatico), cioè per chiara
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25 anni di criminalizzazione razzista in Europa
discriminazione tradotta in criminalizzazione razzista. E un semplice tentativo di
furto può anche essere classificato come tentativo di rapina anche senza alcuna
arma né propria né impropria ma sol perché il guardiano o padrone del negozio
dichiarano con qualche testimone compiacente che il ladro lo ha anche aggredito
mentre a volte è esattamente il contrario. Vi sono anche casi clamorosi come quello
di un homeless incensurato che tenta di rubare un oggetto del varo di 4,60 euro ed
è condannato a sei mesi e migliaia di lire di multa per giunta in appello perché gli
avvocati del supermercato esigono una sentenza esemplare data la congiuntura di
crisi che rischia di far aumentare gli homeless e quindi i piccoli furti. Il reato contro
l’amministrazione pubblica per gli stranieri riguarda spesso la documentazione falsa
o il non rispetto di un ordine del questore (espulsione) o una contravvenzione
non pagata, insomma reati che spesso sono legati direttamente alla condizione di
irregolarità e quindi dovuti al proibizionismo. A questo s’accompagna la violazione
delle leggi sugli stranieri così come quelli contro l’amm.ne della giustizia, la
personalità dello stato. Quanto ai reati contro la fede pubblica, contro la moralità
pubblica e contro la famiglia siamo chiaramente nel campo di una definizione
discrezionale che si innerva immancabilmente con la discriminazione culturale se
non col razzismo di chi stabilisce l’imputazione per tali reati.
Facendo un bilancio di 25 anni di criminalizzazione razzista, si può
persino dire che non solo non c’è stato aumento della criminalità che si possa
minimamente collegare all’aumento degli immigrati regolari e irregolari, ma
anche che quest’ultimo permette di affermare anche “matematicamente” che ha
fatto diminuire i reati, tranne quelli dei “colletti bianchi”.
Vime ignorate
L’aspetto più emblematico, in particolare da 25 anni, è l’aumento della
vittimizzazione dei marginali, dei rom e degli immigrati, un fenomeno del tutto
ignorato proprio perché le scienze politiche e sociali dominate dalla logica
mainstream ossia organiche al proibizionismo e al protezionismo, al contrario
hanno costruito ricerche per mostrare il contrario e cioè che i carnefici sarebbero
rom, stranieri o marginali autoctoni. Infatti, i cosiddetti sondaggi di vittimizzazione
considerati l’ultima grande scoperta scientifica della criminologia e della
sociologia della devianza e del controllo sociale, sono realizzati via telefono solo
su un campione di persone dotate di telefono fisso, secondo gli abituali criteri
dei sondaggi di opinione. Questo fatto, in quanto tale, può essere considerato
una “mostruosità scientifica” poiché è arcinoto che: 1) la grande maggioranza
della popolazione anche autoctona non ha telefono fisso; anche quelli che ce
l’avevano l’hanno tolto per la diffusione quasi totale dei telefoni portatili; 2)
proprio le persone più suscettibili di essere vittime di violenze (rom, immigrati
irregolari, marginali, ma anche autoctoni deboli come le persone costrette a forme
di neo-schiavitù nelle economie sommerse e persino gli studenti fuori sede) non
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Salvatore Palidda
hanno telefono fisso né sono prese in considerazione come componente dei
campioni di questi sondaggi. Si ottengono quindi risultati assai falsanti non solo per
come sono concepite le domande e le risposte proposte, ma perché corrispondono
a una specie di campione di una popolazione statica, più o meno abbiente che
spesso lascia supporre che i carnefici siano gli “altri”, cioè i soggetti socialmente
stigmatizzati o considerati asociali se non nemici. A questo corrisponde anche
la mancanza di tutela da parte delle forze di polizia di queste vittime ignorate
che a loro volta neanche immaginano di poter aver diritto a tale tutela. Si pensi
alle donne polacche, rumene o anche italiane e di altre nazionalità che lavorano
al nero nei campi e sono spesso soggette a molestie e violenze sessuali e che
quando si rifiutano o si rivoltano rischiano persino di essere uccise. Nella ricerca
di Sciurba e Carnemolla36 si mostra come tante donne polacche senza permesso
di soggiorno sono alla mercé degli abusi sessuali dei padroni e caporali, oltre a
essere supersfruttate e recluse nelle serre. Ben 119 polacche che lavoravano come
raccoglitrici di pomodori sono segnalate come scomparse e si teme siano state
uccise visto che se ne sono trovate già 15 corpi martoriati, bruciati, torturati37.
Ion Cazacu fu bruciato vivo dal suo caporale nel 1999 a 20 km di Milano, perché
chiedeva di essere messo in regola e di essere pagato quanto pattuito38. Questi
e tanti altri fatti terribili non solo per quanto riguarda assassini razzisti, non si
spiegano altrimenti che sempre il prodotto di una società in parte razzista a cui
corrisponde anche il comportamento di una parte delle autorità e delle polizie
che non si preoccupa di offrire alcuna protezione ai più deboli.
Conclusione
Contrariamente a quanto gridano i media che di fatto aizzano all’odio
verso gli immigrati, dal 1990 a oggi in Europa non si è affatto avuta una
immigrazione più importante di quella conosciuta dopo la prima e ancora di più
la seconda guerra mondiale (tanto più se si considerano le migrazioni interne
che spesso erano trattate al pari di come è oggi trattata quella straniera). E non
è anche falso affermare che oggi in Europa c’è più delinquenza e criminalità di
quanto se ne registrasse nel XX secolo e ancora più falso dire che quella che
oggi si registra sia il prodotto dell’immigrazione e non invece il prodotto di
un’anomia provocata dalla dinamica liberista che dal 1990 ha aumentato sempre
più la distanza fra ricchezza e povertà, le ingiustizie, gli abusi e la neo-schiavitù
(una criminalità comunque di gran lunga meno grave degli anni precedenti e
inferiore a quella degli Stati Uniti). Ne consegue che se si osserva e si analizzano
36 SCIURBA, Alessandra (ed.). Due volte sfruttate. Le donne rumene nella fascia trasformata del
ragusano.
37 LEOGRANDE, Alessandro. I desaparecidos polacchi nei campi di pomodoro del Tavoliere delle
Puglie (28 gennaio).
38 FO, Dario, CAZACU, Florina (eds.). Un uomo bruciato vivo. Storia di Ion Cazacu.
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25 anni di criminalizzazione razzista in Europa
tutti i fatti, informazioni e dati con onestà intellettuale si può affermare che la
riproduzione della criminalizzazione razzista oggi in Europa come negli Stati Uniti
persegue la logica della distrazione di massa che serve innanzitutto a legittimare
l’inferiorizzazione economica, sociale e giuridica degli immigrati. Si sperimenta
così sulla pelle degli immigrati ciò che poi si pratica anche su buona parte degli
stessi autoctoni, ossia una pratica di dominio con lo scopo economico e politico
di accentuare i profitti e l’asimmetria di potere. Non stupisce quindi che anche
in paesi che oggi cercano di imitare l’esempio di quelli dominanti si inneschi
una simile criminalizzazione razzista. Lo si può constatare persino in Marocco39
e in altri paesi di immigrazione, come in Brasile e altrove. In altre parole, la
globalizzazione del liberismo è immancabilmente anche mondializzazione della
criminalizzazione razzismo come delle neo-schiavitù.
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Abstract
25 years of racial criminalization in Europe
The text analyze the racial criminalization of immigrants in Europe and in
the United States as phenomenon intrinsic to the frame of neo-liberalism
globalization at local, national and worldwide level, in particular from
1990 to 2015. Through researches of the last 20 years, the article refers on
the theory of interactionist social construction. The author show how the
phenomenon is linked to prohibitionism of migrations and protectionism
of dominant nationalities and also to produce inferiorization and neo-
slavery of migrants, refugees and also of many autochthonous. The racist
criminalization of immigrants has therefore a “mirror function” revealing
the brutal drift of devices and practices of dominion often internalized by
the dominants as well as by the dominated (autochthonous and migrants).
The Italian case study is analysed as emblematic.
Keywords: racial criminalization, globalisation of neo-liberalism,
inferiorization, neo-slavery.
Articolo ricevuto il 18/06/2015
Accettato per la pubblicazione il 15/09/2015
Received for publication in June 18th, 2015
Accepted for publication in September 15th, 2015
ISSN impresso 1980-8585
ISSN eletrônico 2237-9843
http://dx.doi.org/10.1590/1980-85852503880004505
Chapter
Full-text available
This chapter outlines how to use focus groups (FGs) in migration studies, considering this method a forum for “public thinking” and discussing controversial issues. Moreover, the use of FGs allows us to understand the process of creating consensus and dissent via interaction. The chapter is structured in five sections: the first one introduces what FGs are and why they are useful for migration research; the second focuses on how to build the groups and how to do comparative migration research with FGs; the third illustrates how to prepare and to facilitate group discussion, and how to ask questions and engage participants in collaborative migration research; the fourth introduces how to interpret discussions and how to analyse the everyday naturalization of nation, ethnicity and race; the final section discusses how to communicate FG results. Each section is devoted to a specific methodological issue and it includes at least one “box” with an example from European migration research.
Article
Full-text available
Ce travail résume mes dix ans de recherches pour le doctorat que j’ai terminé en 1990 et passé en janvier 1991 (directeur Alain Joxe, mention très honorable à l’unanimité du jury, président Maurice Aymard, autres membres Gianfranco Pasquino, Michel Dobry, Michel Wieviorka). Pendant ces dix ans j’ai mené des recherches en sociologie des affaires militaires en tant que membre du Groupe Sociologie de la Dèfense dirigé par A. Joxe à l’EHESS et aussi en tant que chercher à contrat chez la Fondation pour les Etudes de Défense Nationale (Fr) et encore, parallèlement, dans le champs des émigrations et immigrations en tant que chercheur étranger associé au CNRS (GRECO13 et Chryseis). http://www.jstor.org/stable/40690507?seq=1#page_scan_tab_contents
Chapter
Full-text available
A PDF version of this book is available for free in open access via www.tandfebooks.com as well as the OAPEN Library platform, www.oapen.org. It has been made available under a Creative Commons Attribution-Non Commercial-No Derivatives 3.0 license and is part of the OAPEN-UK research project. This book is an examination of the effect of contemporary wars (such as the 'War on Terror') on civil life at a global level. Contemporary literature on war is mainly devoted to recent changes in the theory and practice of warfare, particular those in which terrorists or insurgents are involved (for example, the 'revolution in military affairs', 'small wars', and so on). On the other hand, today's research on security is focused, among other themes, on the effects of the war on terrorism, and on civil liberties and social control. This volume connects these two fields of research, showing how 'war' and 'security' tend to exchange targets and forms of action as well as personnel (for instance, the spreading use of private contractors in wars and of military experts in the 'struggle for security') in modern society. This shows how, contrary to Clausewitz's belief war should be conceived of as a "continuation of politics by other means", the opposite statement is also true: that politics, insofar as it concerns security, can be defined as the 'continuation of war by other means'. This book will be of much interest to students of critical security studies, war and conflict studies, terrorism studies, sociology and IR in general. © 2010 Selection and editorial matter, Alessandro Dal Lago and Salvatore Palidda.
Immigrazione e criminalità in Italia Storia dell'emigrazione italiana
  • Marzio Barbagli
BARBAGLI, Marzio. Immigrazione e criminalità in Italia. Bologna: il Mulino, 1998. BAUMAN, Zigmunt. Vidas Desperdiçadas. Jorge Zahar Editor, 2004. BEVILACQUA Piero; DE CLEMENTI Antonietta; FRANZINA Emilio (eds.). Storia dell'emigrazione italiana. Volume II, Roma: Donzelli Editore, 2002.
Rapporto Naga 2014 Stanno tutti bene
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NAGA. Cittadini senza diritti. Rapporto Naga 2014. Stanno tutti bene. Disponibile su: <http://www.naga.it/tl_files/naga/comunicati/INVITI/Report_ CitttadiniSenzaDiritti_Rapporto_2014.pdf>.
Délit d'immigration. La criminalisation des immigrés en Europe
PALIDDA, Salvatore (ed.). Délit d'immigration. La criminalisation des immigrés en Europe. Bruxelles: COST, 1996.
Immigrazione uguale criminalità: rappresentazioni di senso comune e pratiche degli operatori del diritto
QUASSOLI, Fabio. Immigrazione uguale criminalità: rappresentazioni di senso comune e pratiche degli operatori del diritto. Rassegna Italiana di Sociologia, v. XL, n. 1, 1999, p. 43-76.
Migranti tra mobilità sociale e carcere Storie di vita e processi di criminalizzazione
  • Alvise Sbraccia
SBRACCIA, Alvise. Migranti tra mobilità sociale e carcere. Storie di vita e processi di criminalizzazione. Milano: Franco Angeli, 2007.
Il servizio di polizia per una società multiculturale. Un manuale per la Polizia di Stato. Ministero dell'Interno
  • Ministero Dell'interno
MINISTERO DELL'INTERNO. Il servizio di polizia per una società multiculturale. Un manuale per la Polizia di Stato. Ministero dell'Interno, 2004.
Italians Police Forces into neoliberal turn
  • Salvatore Palidda
PALIDDA, Salvatore. Italians Police Forces into neoliberal turn. European Journal of Policing Studies. Settembre, 2015.